Giuseppe LANZA-All’albergo del sole- Solaria Editore-Firenze -1932
Articolo scritto da Sergio SOLMI per la Rivista PEGASO diretta da Ugo OJETTI
Giuseppe Lanza (Valguarnera Caropepe, 1º gennaio 1900 – Milano, 11 settembre 1988) è stato uno scrittore, drammaturgo e critico teatrale italiano, vincitore del Premio Bagutta nel 1956 per Rosso sul lago.
In ricordo della antifascista Gerda Taro,( l’altra metà di Robert Capa)
la prima reporter donna uccisa nella guerra di Spagna.
Ma la lotta di resistenza antifascista non fu appannaggio dei soli uomini come apprendiamo dalle mille testimonianzeche attestano i mille sacrifici ed eroismi delle donne in quel teatro mondiale di lotta al nazifascismo ancor prima che esso si affermasse con i suoi regimi in mezza Europa. Lo testimonia il sacrificio di Rosa Luxemburg , ma anche delle donne della Repubblica spagnola contro il fascista Franco appoggiato da Mussolini ed Hitler. A render pubblico il loro ruolo contribuirono i reporter internazionali antifascisti che con le loro foto testimoniarono tuti gli aspetti di quella sanguinosa guerra civile. Tra essi/e , oggi , in questo luglio 2017, a 80 anni dalla sua crudele morte , vogliamo ricordare, per non dimenticare la bellissima, coraggiosissima nonostante la sua giovane età (26 anni) Gerda Taro, l’altra metà di Robert Capa. Quanto il suo esempio di donna tedesca antifascista e ribelle fosse temuto e lo sia ancor oggi lo testimonia l’accanimento col quale i nazisti di ieri e di oggi cerchino di distruggere il suo ricordo. Durante la seconda guerra mondiale i nazisti profanarono la sua tomba , a Parigi e distrussero l’epitaffio che nessuno ha voluto ricostruire. L’anno scorso nel 2016 , nella sua natìa Germania, fu esposta una mostra di sua fotografie e al termine di quel festival fotografico a Leipzig rimase una grande riproduzione della sua opera. Il 4 agosto 2016, esattamente un anno fa, ignoti hanno distrutto l’opera con della vernice nera. I sospetti sono caduti sulle organizzazioni neo-naziste antisemite che protestano contro la presenza dei migranti. Un accanimento contro la sua memoria che ricorda quello dei nazisti contro quella della rivoluzionaria comunista Rosa Luxemburg . Tra le tantissime foto scattate da lei nella guerra di Spagna ne abbiamo scelte due , la prima quella di un combattente antifascista che cancella l’Arriba Spagna e con il pennello sul muro scrive Arriba Russia, disegnado una falce e martello, testimonianza di come la Rivoluzione d’Ottobre fosse un punto di riferimento dei “proiletari di tutto il mondo”. L’altra è quella di un miliziano repubblicano rannicchiato con il suo moschetto che difende più che con il suo corpo che con il fucile che impugna , la donna che gli sta a fianco, sorridente. Infine la fotyo scattata dal suo compagno di fede e di amore Firedman alias la metà maschile di Robert Capa. Una foto che la vede riposarsi stremata dopo la vittoriosa battaglia di Brunete, appoggiata ad un cippo miliare di una strada.Una stanchezza di chi vive intensamente una vita vissurta pericolosamente al servizio della Rivoluzione. In quel corpo fragile , in quel viso quasi angelico, si nascondeva una grande donna che noi salutiamo a pugno chiuso! Il ricordo della sua vita , rintracciabile anche su wikipedia lo lasciamo all’articolo scritto da un’altra donna, Maria Grazia Giordano Paperi, sul sito librario l’Undici alla pagina http://www.lundici.it/2016/07/gerda-taro-laltra-meta-di-capa/
Di lei vogliamo ricordare un paio di8 libri anche se diverse sono le pubblkicazioni internazionali che la ricordano:” L’ombra di una fotografa” di François Maspero Ed. Archinto. “Gerda Taro. Una fotografa rivoluzionaria nella Guerra civile spagnola” di Irme Schaber Ed. Derive Approdi
Gerda Taro. L’altra metà di Capa
All’alba del 26 luglio 1937 a Madrid, in un ospedale allestito all’Escorial, moriva Gerda Taro, il 1° di Agosto avrebbe compiuto 27 anni.
Al suo funerale, celebrato a Parigi proprio quel 1°di Agosto, parteciparono personalità di spicco della politica e della cultura, mentre una banda suonava la Marcia Funebre di Chopin, una folla di oltre 100.000 persone seguiva il feretro.
Pablo Neruda, fra gli altri, lesse un elogio funebre in memoria di Gerda e Alberto Giacometti realizzò il monumento sepolcrale per la tomba che fu collocata al Père Lachaise, nella zona dedicata ai rivoluzionari.
Negli anni dell’occupazione tedesca e del regime collaborazionista francese il sepolcro di Gerda fu violato e l’epitaffio danneggiato, non fu mai restaurato. La memoria stessa di Gerda per decenni fu smarrita nell’oblio del tempo.
Anni fa ho passato un’intera mattinata alla ricerca di quella tomba, senza successo.
Chi era Gerda Taro? Nacque a Stoccarda nel 1910 con il nome di Gerta Pohorylle in una famiglia della buona borghesia ebraica di origini galiziane. Crebbe a Lipsia, adolescente spensierata, studentessa eccellente. Bella, estroversa, ribelle, il 19 marzo 1933 venne arrestata e imprigionata perchè sospettata di aver partecipato alla distribuzione di volantini antinazisti. Il 30 gennaio di quello stesso anno tale Adolf Hitler era diventato cancelliere, eletto dalla maggioranza del popolo tedesco. Gerta non era, e probabilmente non fu mai, iscritta ufficialmente ad alcuna organizzazione o partito comunista, ma la sua educazione e la sua cultura erano squisitamente laici e di sinistra e la sua natura profondamente rivoluzionaria.
Di quella esperienza di detenzione ci è arrivata la testimonianza di una compagna che racconta come Gerta al suo ingresso in cella si fosse scusata con le altre detenute per il proprio abbigliamento “(…) le SA mi hanno arrestata proprio mentre stavo uscendo per andare a ballare”. Divenne presto la Liebling, l’idolo, delle prigioniere: distribuiva le sigarette che il padre riusciva a farle arrivare, cantava arie americane, insegnava alle compagne parole di inglese e francese, lingue che lei padroneggiava con disinvoltura. Gerta escogitò ed insegnò anche a comunicare con le celle vicine con l’alfabeto dei colpi.
Restò in prigione 17 giorni, salvata anche dal proprio passaporto polacco, dopo il suo rilascio decise, o i suoi genitori per lei, di lasciare la Germania. Alla fine dell’estate del 1933, raggiunse Parigi , come tanti esuli antifascisti italiani o tedeschi.
A Parigi i primi tempi furono duri, sistemazioni di fortuna presso amici o conoscenti, piccoli lavori: ragazza alla pari, segretaria, modella. Parigi era il centro di un’intensa attività artistica, letteraria e politica e molti dei protagonisti erano emigrati come Gerta. Nei caffè che anche lei frequentava si potevano incontrare grandi nomi, Walter Benjamin, Joseph Roth, Ernest Hemingway e personaggi meno conosciuti. Era il settembre del 1934 quando Gerta incontrò un giovane fotografo ungherese, Endre Friedmann, francesizzato in Andrè Friedmann. Fu l’incontro del destino.
Nelle parole di chi conobbe Gerta e Andrè sono descritti belli, affascinanti, traboccanti di vita e intensamente liberi. Dopo il loro incontro si innamorarono, vissero insieme, si separarono, si ritrovarono, non si persero mai di vista.
Gerta si avvicinò alla fotografia e grazie ad Andrè ottenne un impiego fisso all’ agenzia anglocontinentale Alliance di cui, per un anno, fu la factotum, dove perfezionò la tecnica della fotografia e della stampa e imparò a conoscere e trattare il mercato del fotogiornalismo in crescita.
E’ a questo punto che la storia di Gerta e Andrè si confonde alla leggenda.
I due giovani innamorati, ambiziosi, talentuosi e decisi a conquistare il mondo, si inventarono un personaggio, un fotografo americano, ricco, famoso e molto costoso, temporaneamente in Europa. Il personaggio doveva avere un nome, la scelta cadde su Robert Capa, che ricordava il cognome del famoso regista Frank Capra. Pare che l’idea venne a Gerta, magari dopo essersi amati, nell’esaltazione della passione reciproca, o forse dopo una sera al cinema, quando ci si lascia trasportare dai sogni, o dopo qualche bicchiere di vino buono non accompagnato da regolare cena, la vita da giovani bohemien non sempre contemplava pasti regolari.
Anche Gerta cambiò il proprio nome in Gerda, Taro. Entrambi gli pseudonimi avevano il vantaggio di suonare esotici e dall’origine poco riconoscibile.
Lo stratagemma funzionò. Robert Capa nel giro di qualche mese diventò un fotografo richiestissimo e molto apprezzato.
Nel luglio del 1936 scoppiò l’insurrezione franchista, Gerda e Bob si recarono in Spagna. Avevano due macchine fotografiche una Rolleiflex e una Leica, entrambi usavano entrambe, fotografavano la folla, il fermento, le barricate, le milizie, il fronte. Entrambi firmavano indifferentemente le proprie fotografie “CAPA”.
Ritornarono a Parigi e poi diverse volte in Spagna. Il sodalizio professionale e sentimentale era intenso e proficuo. Erano una coppia, ma Gerda rifiutò ripetutamente di sposare Andrè. Voleva “rimanere un essere libero. La sua compagna, pari in ogni campo, compreso l’amore: non sua moglie”.
Nel Luglio del 1937 i Capa erano ancora in Spagna a documentare la guerra. Andrè doveva rientrare a Parigi per trattare con alcune agenzie e cercare finanziatori per un viaggio in Cina. Gerda rimase a Madrid. Si lasciarono con l’intesa di ritrovarsi a Parigi dopo una decina di giorni. Non si videro più.
Se una foto non è buona non eri abbastanza vicino”. (Robert Capa)
In quei giorni di assenza di Robert Gerda realizzò il suo più importante reportage sulla battaglia di Brunete e fu proprio di ritorno da quel fronte che la giovane fotoreporter perse la vita, era stata troppo vicina. Aveva lavorato intensamente, incurante del pericolo, dopo ore passate in un buco a fotografare aveva terminato i rullini, così aveva trovato un passaggio per rientrare a Madrid viaggiando aggrappata al predellino di un’auto colma di feriti.
Inaspettatamente aerei tedeschi attaccarono il convoglio. Un carro armato “amico” perse il controllo e investì l’auto a cui era attaccata Gerda che cadde rimanendo schiacciata sotto i cingoli.
“Avete messo al sicuro le mie macchine? Sono nuove” Chiedeva. Raccontarono che “Durante tutto il trasporto, con le mani sulla pancia, tenne premute le sue stesse viscere”. Si mostrò incredibilmente forte e coraggiosa, ma era ferita molto gravemente. Fu sottoposta a trasfusione e operata. Il medico che l’aveva in cura raccomandò di non farle mancare la morfina per renderle più sopportabili quelle ore. Le ultime. All’alba del 26 Luglio chiuse gli occhi. Per sempre. Ecco dunque chi era Gerda Taro, una giovane donna bella, affascinante, talentuosa e libera che è stata, sia pur brevemente, l’altra metà del grande artista e fotografo celato dallo pseudonimo Robert Capa e poi troppo a lungo fu dimenticata. Più volte Robert Capa raccontò che all’alba di quel 26 luglio 1937 era morto anche lui.
La Società Dante Alighieri di Mosca e la Società dell’Amicizia Italia-Russia sono liete di presentare all’attenzione dell’edizione italiana RussiaPrivet un articolo di Laman Baghirova sul celebre poeta, politico, personaggio pubblico, personaggio unico italiano Gabriele d’Annunzio (1863-1938) , che è stato recentemente pubblicato nell’edizione russa “Klausura”. Siamo lieti di promuovere la collaborazione tra queste due grandi edizioni. Da parte nostra voremmo dire che abbiamo incontrato per la prima volta il nome Gabriele d’Annunzio durante la nostra traduzione del romanzo di Felice Trojani (1897-1971) “La Coda di Minosse”, in cui l’autore del libro, contemporaneo di d’Annunzio, che prese parte alla famosa spedizione al Polo Nord sul dirigibile “Italia” sotto la guida di Umberto Nobile, descrisse sia la spedizione stessa che presentò anche un quadro realistico del mondo dell’aviazione italiana del primo Novecento. In quest’opera storica il nome Gabriele d’Annunzio è citato molto spesso.
Così Felice Trojani descrive quel momento difficile nello sviluppo dell’aviazione dopo la prima guerra mondiale nel suo romanzo, e in quale contesto cita D’Annunzio: «Fra i piloti e il personale tecnico smobilitato erano grandi la disoccupazione e il disagio material e morale; di aviazione civile non esisteva che qualche misero embrione dovuto alla loro iniziatva.
Luigi Garrone, il pilota ‘del mio bel SIA 9 B sparvierato” aveva fondato la Cooperativa Nazionale Aeronautica fra piloti, osservatori, tecnici, motoristi e montatori d’aviazione, ala quale d’Annunzio aveva aderito dando cinquemila lire e il motto “Col Nostro Ardore”.
Ma Garrone era morto cadendo “in vista di quell’Isonzo che piu’ non trascina al mare corpi d’uccisi ma speranze disfatte” mentre portava in Russia un bombardiere monomotore FIAT.” (pp.120 “La Coda di Minosse”)
Il motto “Col nostro ardore” è stato inventato da Gabriele d’Annunzio – il miglior inventore di marchi commerciali e motti dell’epoca. D’Annunzio ha ideato questo motto per un gruppo di giovani pieni di sentimento, determinati a superare tutti i divieti e gli ostacoli nei mesi più difficili dopo la tregua. E il verso riportato nel romanzo ” in vista di quell’Isonzo che piu’ non trascina al mare corpi d’uccisi ma speranze disfatte” è tratto dalla raccolta di Gabriele d’Annunzio “Noturno” , una raccolta di appunti sulla Prima Guerra Mondiale (https://it.wikisource.org/wiki/Notturno_(D’Annunzio)).
Senza dubbio, l’articolo su Gabriele d’Annunzio interesserà sia i lettori russi che quelli italiani. Era una persona davvero unica e insolita che rimarrà per sempre nella nostra memoria.
La poesia di Gabriele d’Annunzio e’ unica, bella, filosofica attirerà sempre l’attenzione dei traduttori di poesie di diversi paesi, e la sua stessa vita è un esempio della vita di una persona che l’ha amata follemente e ha amato il paese in cui è nato, l’Italia!
Gabriele D’Annunzio “O Pisa, o Pisa, per la fluviale melodia”
O Pisa, o Pisa, per la fluviale
melodìa che fa sì dolce il tuo riposo
ti loderò come colui che vide
immemore del suo male
fluirti in cuore
il sangue dell’aurore
e la fiamma dei vespri
e il pianto delle stelle adamantino
e il filtro della luna oblivioso.
Quale una donna presso il davanzale,
socchiusa i cigli, tiepida nella sua vesta
di biondo lino,
che non è desta ed il suo sogno muore;
tale su le bell’acque pallido sorride
il tuo sopore.
E i santi marmi ascendono leggeri,
quasi lungi da te, come se gli echi
li animassero d’anime canore.
Ma il tuo segreto è forse tra i due neri
cipressi nati dal seno
de la morte, incontro alla foresta trionfale
di giovinezze e d’arbori che in festa
l’artefice creò su i sordi e ciechi
muri come su un ciel sereno.
Forse avverrà che quivi un giorno io rechi
il mio spirito, fuor della tempesta,
a mutar d’ale.
Gabriele D’Annunzio (1863-1938)
Nataliya Nikishkina -Presidente della Società Dante Alighieri a Mosca.
Ekaterina Spirova -Presidente della Società dell’Amicizia Italia-Russia.
Un articolo su CLAUSURE su Gabriel d’Annunzio. La firma dell’autore e la sua nota sono alla fine dell’articolo. Il link alla pubblicazione in “Klauzura” è: klauzura.ru
È un poeta, è un aviatore, è…
21.07.2021 / Edizione
Il calore aleggia sulla città… Domina su tutto. Non si scioglie solo l’asfalto, ma anche il cervello. Sembra che si stia trasformando in una sostanza pigra, che ricorda le proteine mal montate. Questo è veramente – “tu, rovinando tutte le capacità mentali, tormentaci; come i campi soffriamo la siccità”. Pushkin, è Pushkin per tutte le stagioni!
Ma il pensiero è una cosa strana. Nella sostanza pigra, in cui il cervello umano si trasforma in estate, sorgono connessioni associative a volte incomprensibili. Posso garantire che pochi lo ricorderanno ora, e molti, forse, non sanno che esattamente 35 anni fa, nel 1986, uscì su un grande schermo l’ultimo film di Alexander Zarkhi “Chicherin”. Tuttavia, ora poche persone ricordano chi fosse. E per qualche ragione mi sono ricordato di questo film proprio ora. E niente affatto perché ho un interesse speciale per la biografia del primo Commissario del popolo per gli affari esteri dell’URSS. E nemmeno perché il suo ruolo nel film è stato interpretato dal meraviglioso Leonid Filatov. Ricordo questo film con una sola osservazione. Nella seconda puntata Filatov cita dei versi in italiano: “Non amarmi e io non amo te, ma c’è ancora una particella di tenerezza tra noi”.
Un verso di una poesia del poeta finora sconosciuto Gabriele d’Annunzio. Mi ha colpito con la sua assillante sincerità. La tenerezza, come una tranquilla luce del tramonto, rimane quando l’amore se ne va. O anche quando non c’era proprio amore. Bastava questa piccola riga per ricordare sia il film che il nome del poeta stesso. E saperne di più su di lui.
Allora, Gabriele d’Annunzio. 1863-1938. Poeta, e non solo… Parigi non vedeva una cosa del genere dai tempi della Comune! Persone di diversa età e condizione sociale si sono riversate per le strade! La gioia genuina brillava nei loro occhi! Sventolavano bandiere, cantavano, ballavano, si abbracciavano. L’11 novembre 1918 iniziò a operare una tregua che fermò la prima guerra mondiale. La capitale della Francia, che fino a poco tempo fa era bombardata dall’artiglieria tedesca, celebrava l’avvento della pace. Rappresentanti di diversi paesi sono venuti a Parigi per concordare finalmente un nuovo ordine mondiale. Negli uffici di Versailles, le mappe raffiguravano i nuovi confini di vecchi e nuovi stati. Il mondo è stato rimodellato (per l’ennesima volta!). L’Italia faceva parte dei cosiddetti Big Four, insieme a Inghilterra, Francia e Stati Uniti. Era la più debole di tutte, ma aveva un’ambizione tremenda. Bene, bene… Come si dice, un soldato che non sogna di diventare un generale è cattivo.
Le controversie sulla redistribuzione del Vecchio Continente si diffusero in Italia. Alcuni paesi volevano ampliare i propri possedimenti a scapito di terre che un tempo appartenevano alla Repubblica di Venezia. Le migliori sono la costa adriatica orientale. Ma sono sorte polemiche. Inoltre, i membri della delegazione italiana hanno litigato tra loro. Hanno lasciato le trattative, poi sono tornati di nuovo. Nella stessa Italia questa situazione ha suscitato un’ondata di indignazione. La società raccolse facilmente il termine “vittoria mutilata”. Il suo autore fu il poeta, soldato e romantico Gabriele d’Annunzio.
È stata una delle figure più importanti in Italia tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Ha fatto parte di quei venti di cambiamento che hanno creato l’arte della decadenza. Inoltre uno stile di vita incredibilmente brillante, persino scioccante. E per favore, una persona che ha avuto un enorme impatto sull’Italia in quel momento.
La sua vocazione era l’arte. Soprattutto per come l’ha visto lui. La vita ruotava attorno alla ricerca del piacere, che cercò di trovare anche durante la guerra. Gabriele d’Annunzio nacque il 12 marzo 1863 nella città italiana di Pescara. Il padre portava il doppio cognome Rapanetta d’Annunzio, ma, fortunatamente per il figlio, abbandonò la prima parte. “Rapanetta” nella traduzione dall’italiano significa “rapa”. “Annunzio” – “messaggio”. La seconda parte del cognome era più adatta al poeta e al politico.
Gabriele d’Annunzio ha ereditato dalla madre la reattività e i tratti delicati del viso in gioventù, dal padre – un carattere irascibile e un amore indomito per le donne. Ha iniziato a scrivere a scuola. Il processo con la penna non ha avuto molto successo. Il collegio dei gesuiti disapprovava i sospiri del giovane poeta sugli “eteri persiani” e il “calore barbarico dei baci”.
All’età di 16 anni Gabriele pubblica la sua prima raccolta di poesie “La Primavera” con i soldi del padre. Un anno dopo, il libro è stato ristampato. Per attirare l’interesse su di lei, il giovane inviò un telegramma al giornale informandolo che l’autore era morto dopo essere caduto da cavallo. Ha trovato la sua strada. La collezione vendette molto bene e anche i critici letterari se ne accorsero. Ben presto, anche a Roma, iniziarono a parlare del giovane poeta. Si trasferì lì in cerca di lavoro, entrò nella facoltà di filologia dell’università e trovò lavoro come corrispondente per un giornale.
Aveva una fantastica capacità di lavoro e ha scritto centinaia di articoli sotto vari pseudonimi. La nuova raccolta di poesie “Intermezzo di rime” ha scioccato il pubblico con rivelazioni erotiche. L’erotismo è presente nella maggior parte delle opere di D’Annunzio, a cominciare da quelle scritte a 16 anni delle prime poesie. E i libri nella sua biblioteca di casa erano contrassegnati da un ex libris erotico. Ho provato la mia mano con la prosa – è andata altrettanto bene. Pubblicato nel 1889, il romanzo “Piacere” rese celebre d’Annunzio. Hanno iniziato a parlare del personaggio principale del romanzo come di un eroe del loro tempo. Il prototipo del protagonista era l’autore, e il nome era una delle parole principali della visione del mondo di D’Annunzio. La vita per lui era un placare la sete di lusso e piacere, in primo luogo l’amore. La passione e la tenerezza nel romanzo di d’Annunzio hanno conquistato la routine, ed è proprio questo che sognavano segretamente abitanti abbastanza perbene. (A proposito, se parliamo dei romanzi dello scrittore, sarà utile notare che anche il film sensazionale di Luchino Visconti “Innocenzo” è stato girato sulla base delle opere di D’Annunzio).
Il talento letterario del giovane d’Annunzio è molto brillante. Spende quasi tutti i suoi soldi in scarpe alla moda e cravatte lussuose e cerca di essere come quelli di cui scrive: salvavita. Il lavoro crea condizioni eccellenti per la divulgazione di un altro talento di Gabriele: la capacità di compiacere le donne. Il suo primo matrimonio fu con la duchessa Maria Harduin di Gallese. Si potrebbe definire un matrimonio di convenienza: la duchessa era già incinta. La loro vicinanza a Gabriele si immortalerà nelle poesie “IL PECCATO DI MAGGIO”. Grazie a questo matrimonio, Gabriele riceverà un altro scandalo che gli darà fama.
Alla ricerca della fama e delle donne, Gabriele lascerà la moglie. Cominciarono a circolare leggende sulle innumerevoli amanti del poeta. Tra i suoi prescelti c’era la grande attrice italiana di fama mondiale Eleanor Duse. Era l’incarnazione delle donne, simile alle eroine delle opere di d’Annunzio – una natura nevrotica emancipata. Ha cercato di esporre le bugie di una vita coniugale misurata, lottando per la libera scelta e il diritto alla passione.
Eleonora lo trascinò a Firenze e lo aiutò a pagare grossi prestiti. E scrisse per lei le sue migliori commedie. Ma il romanzo è andato in pezzi dopo che l’attrice ha scoperto che il poeta lo tradiva. Gabriele ha flirtato con ogni donna lungo la strada. Ha sedotto i più ricchi. Così è stato con la moglie del conte Mancini, la figlia dell’ex presidente del Consiglio italiano Alessandro de Rudini, la scioccante socialiste marchesa Luisa Casatti, così come con una delle prime interpreti di danze erotiche sul grande palcoscenico – Ida Rubinstein. La descrizione di d’Annunzio sta in due parole: genio e sconvolgente.
Le storie d’amore vivide si intrecciavano con i duelli. Il poeta ribelle si lasciava facilmente coinvolgere nei conflitti. Una delle scaramucce si è conclusa con un fallimento. Il poeta fu ferito e le droghe che avrebbero dovuto mettere in piedi il duellante provocarono la calvizie. Ma questo non ha intaccato l’arte della seduzione di Gabriele. Un uomo calvo, basso e poco appariscente, è rimasto il sex symbol dell’Italia. Dava alle donne ciò che più desideravano: in sua compagnia, si sentivano al centro dell’universo. Sapeva convincere chiunque di qualunque cosa, tanto era grande il suo fascino.
Dalle liriche erotiche, d’Annunzio è passato ai poemi patriottici, la rinascita dell’antica gloria dell’antica Roma nell’Italia moderna. Alla vigilia della prima guerra mondiale, glorifica le imprese degli italiani nella guerra contro gli ottomani per la Libia, chiede l’uso della guerra come un’opportunità per espandere i confini. Quando il Regno d’Italia entrò in guerra nel 1915, il poeta si offrì volontario senza esitazione. Ha anche usato la guerra per le sue pubbliche relazioni. Si arruolò nell’élite – solo le forze aeree create. Durante la prima guerra mondiale, era difficile trovare qualcosa di più onorevole dell’essere un cavaliere celeste. Dopo un breve corso, il poeta nel 52 ° anno divenne il pilota più adulto dell’aviazione italiana. E poi è nato il suo aforisma: “Mai dire:” È troppo tardi per me per iniziare … “”
Tutta l’Italia lo seguì. Nella parte anteriore, è stato molto sentito. Ha ispirato i soldati solo con il suo coraggio, glorificando la grandezza di Roma e l’eroismo di Giuseppe Garibaldi. Durante una delle battaglie, il suo aereo è stato messo fuori combattimento. L’atterraggio è stato duro. Gabriele si è battuto violentemente al viso e si è ferito all’occhio. Tutta l’Italia applaudì quando, pochi mesi dopo, tornò in servizio. L’applauso è stato assordante quando il poeta-soldato ha organizzato il primo bombardamento ibrido. Lo squadrone di D’Annunzio percorse mille chilometri e lanciò 4.000 proclami su Vienna. Hanno predetto la sconfitta dell’Austria-Ungheria nello scontro con gli italiani e si sono conclusi pateticamente, dicono, potremmo sganciarvi bombe sulla testa, ma finora solo volantini!
D’Annunzio pose fine alla guerra con grande autorità alle spalle. E… si è buttato a capofitto nella vita pubblica! L’obiettivo principale del suo scherno erano i politici responsabili del fallimento dei negoziati sui nuovi confini del paese. La città portuale di Rijeka sul territorio dell’attuale Croazia (tra l’altro, Rijeka è chiamata così perché sorge sul fiume) era un pomo della contesa tra il regno d’Italia e il nuovo stato di serbi e croati. La città era abitata principalmente da italiani, che la chiamarono Fiume. Ma nelle terre circostanti vivevano per lo più croati, e non intendevano dare nulla agli italiani.
I negoziati a Parigi per Rijeka dovevano recidere. Tutti erano scioccati dal fatto che l’Italia non potesse fare nulla con la sua gente, che ha issato le bandiere italiane a Fiume. Fiume sembrava cercare qualcuno che avesse il coraggio di prendersi le proprie responsabilità e fosse il primo a proclamare la città italiana. Uno dei ricorsi è stato accolto da d’Annunzio. Ha accettato felicemente di guidare i temerari che hanno rifiutato l’accordo internazionale. Vedeva il ritorno di Fiume come una rinascita dell’antica potenza italiana.
A Fiume iniziò una sorta di rivoluzione, che avrebbe dovuto cambiare nella sostanza il potere in Italia. È emerso un movimento di camicie nere, combattenti per la giustizia per l’Italia. Il loro slogan era l’antico grido di battaglia greco: “Ay-ya, ah-ya, a-la-la-la!” Né la polizia né i militari potevano fermarli. Impossibile fermare D’Annunzio, che guidava il movimento delle camicie nere. Fu un eroe di guerra e un famoso poeta.
Fiume era controllata dal mare dalla flotta austro-ungarica. Era una posizione strategica. Fino a quando il destino di Fiume non fu deciso a Parigi, gli austro-ungarici cercarono di mantenere lo status quo. Nel febbraio 1918 d’Annunzio iniziò la sua campagna. Tre velieri italiani sfondarono le difese austro-ungariche nei pressi di Capo Bokar, ritenuto inespugnabile. Quando si avvicinarono alle navi nemiche, il sito del siluro inviò agli austro-ungarici delle bottiglie, nelle quali c’erano messaggi con scherno. D’Annunzio amava infastidire i nemici e scioccare il pubblico. Sapeva che la propaganda a volte sembra una bomba.
Per evitare inutili spargimenti di sangue, le truppe dell’Intesa lasciarono Fiume. La popolazione italiana salutò d’Annunzio con gioia, e il poeta si dilettava al potere. Uscito sul balcone tra una standing ovation, baciò teatralmente la bandiera italiana, la gettò a terra e proclamò solennemente Fiume una città italiana. La folla in basso ruggì di gioia! La Conferenza di pace di Parigi è in stallo. Gli Stati Uniti e l’Inghilterra sono rimasti scioccati. Hanno invitato l’Italia a fermare la cattura di Fiume.
D’Annunzio era molto arrabbiato con la risposta di Roma. Già non gli piacevano né il re né i suoi rappresentanti alla conferenza, e dopo l’ordine di lasciare Fiume perse le staffe e definì tale decisione antipopolare. Roma rifiutò di accettare Fiume. D’Annunzio ha perso tutto. Nel 1920, scioccò gli italiani locali, che stavano semplicemente cercando di unirsi alla maggior parte del paese, e proclamò una Repubblica popolare di Fiume separata. I piani dei suoi governanti erano di aspettare il nuovo potere a Roma, che non avrebbe avuto paura di prendere Fiume in loro possesso.
Fiume fu riconosciuta solo dalla Catalogna e dalla Russia sovietica. E Fiume fu la prima a riconoscere la Russia sovietica. Gabriele d’Annunzio si proclama dittatore. Ha redatto in versi la costituzione dello stato autoproclamato! C’erano molte cose interessanti in esso. Ad esempio – educazione musicale obbligatoria per tutti i cittadini di Fiume. C’erano molte persone strane nel suo governo. Ad esempio, il ministro delle finanze è un uomo con più condanne per frode! Ha nominato il suo caro amico, direttore d’orchestra Arturo Toscanini, ministro della cultura.
La gioia generale è stata rafforzata da innumerevoli sfilate, celebrazioni festive, lunghi discorsi patetici dal palazzo. C’era nell’aria uno strano miscuglio di decadenza, anarchia e dittatura. C’erano droghe in libera circolazione. Il divieto è stato revocato da molti argomenti precedentemente tabù. Ciò riguardava la libertà delle relazioni intime, la legalizzazione della prostituzione, i problemi dell’emancipazione delle donne: tutto ciò risvegliava febbrilmente l’immaginazione.
La cocaina era ufficialmente legale a Fiume. Divenne un’abitudine per d’Annunzio. Gli era stato troppo affezionato sin dalla guerra. Questo spiega in parte la sua incessante storia d’amore e l’ossessione per il lato sensuale della vita. (Interessante! Sherlock Holmes di Conan Doyle era anche un cocainomane, ma non aveva romanzi e non era interessato al lato sensuale della vita. Fatta eccezione per la fugace passione di Irene Adler. Anche se… forse suonare il violino era una sublimazione di sensualità per lui?! – LB) Nel dicembre 1920, l’Intesa e gli Stati Uniti ordinarono all’Italia di porre fine all’autoproclamata Fiume. In cambio, all’Italia è stato promesso sostegno e generosi investimenti. Cominciarono a bloccare la città da terra e mare. In risposta alle azioni di Roma, d’Annunzio dichiarò guerra all’Italia e inviò diverse navi semplicemente pirata. (di V. Zhabotinsky)
Laman Bagirova. Durante la stesura del saggio, sono stati utilizzati materiali dall’articolo di Ilya Kormiltsev “Le tre vite di Gabriel D. Annunzio e estratti dal libro di E. Schwartz” Il ciclope alato “, nonché da altre fonti. Ulteriori informazioni su questo testo di origine. Per avere ulteriori informazioni sulla traduzione è necessario il testo di origine dato la città e la residenza del poeta-soldato. D’Annunzio era a pezzi. Si sentiva tradito. Un altro suo aforisma, triste in sostanza, appartiene a questo periodo: “Controlla attentamente tutti quelli che ti lodano e ti chiamano maestro. Tra loro potrebbe esserci non solo il tuo Giuda, ma anche il tuo Mussolini».
La città-stato di Fiume cessò di esistere dopo 15 mesi. I legionari in camicia nera hanno lasciato la città sotto tutela. Insieme a loro, D’Annunzio ha portato nella sua patria i sogni dell’Italia. Ma non è mai tornato alla politica seria. Il leader del nuovo partito, Benito Mussolini, lo mise in una gabbia d’oro. Era desideroso di potere e non aveva bisogno di un vecchio leader carismatico. Il governo ha assegnato un terreno a d’Annunzio, un’antica fattoria. Lo ha trasformato in un complesso artistico. Ben presto Villa Vittoriale divenne un monumento d’arte.
Ulteriori informazioni su questo testo di origine Per avere ulteriori informazioni sulla traduzione è necessario il testo di origine il campeggio divenne una nave da guerra nel parco vicino all’edificio. Uscendo sul ponte, il poeta amava scrivere le sue memorie.
In questa villa terminarono le giornate terrene del poeta. Morì nella primavera del 1938. L’eredità della vita colorata di un poeta, amante, aviatore, soldato e politico ha avuto un enorme impatto sull’Italia. Il simbolo principale, sua idea, la città-stato di Fiume, emigrò al partito di Mussolini. Inoltre i soldati di d’Annunzio insegnarono ai nazisti a salutare. Mussolini, e poi Hitler, raccolsero di buon grado il gesto dei legionari romani, che sollevò dall’oblio proprio Gabriele d’Annunzio – poeta, critico d’arte, soldato, politico… Un uomo di oltraggio. Teatrale in tutto e per tutto e allo stesso tempo estremamente sincero. Credeva davvero in quello che stava facendo. È bene anche se la sincerità è diretta al bene.
Sono come un pescatore stanco di pescare. Si sdraiò all’ombra sotto un melo. La giornata è vissuta: non disturberà i cervi sensibili e non tirerà più la corda dell’arco. – I frutti invitano attraverso il fogliame luminoso – è pigro per loro di cadere, non aiuterà: solleverà solo quello (e potrebbe essere), che il ramo cadrà liberamente sull’erba. – Ma anche per immergersi profondamente nella dolcezza non lo darà ai denti: quello che c’è in fondo è veleno. Bevendo il profumo, beve le gocce di rugiada del succo senza fretta, non triste e non felice, alimentato dal mondo della luce morente. – La sua canzone era breve e cantata.
Laman Bagirova
Durante la stesura del saggio, sono stati utilizzati materiali dall’articolo di Ilya Kormiltsev “Le tre vite di Gabriel D. Annunzio e estratti dal libro di E. Schwartz” Il ciclope alato “, nonché da altre fonti.
Ritratti Opere dell’Artista Vittorio Corcos (1859 – 1933).Il pittore livornese, conosciuto in particolare per i suoi ritratti fortemente realistici, è diventato l’immagine della Belle Époque.
TRAMA-E se un giorno un politico cominciasse a dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità? Il politico in questione si chiama Michele Spagnolo, un nome forte, di quelli che comandano, ed ha tre figli: Riccardo, medico integerrimo e socialmente impegnato; Susanna, attrice di fiction senza alcun talento; Valerio, un buonannulla in carriera che deve tutto al padre. In oltre trent’anni di onorata carriera Michele ha sempre anteposto i suoi interessi personali a quelli della collettività ed è passato indenne attraverso i mille scandali che hanno flagellato il nostro paese. L’ultima cosa al mondo che dovrebbe succedere ad un uomo del genere è dire la verità…Eppure, dopo una notte trascorsa con una “promettente” soubrette televisiva, Michele viene colto da un malore, si salva, ma non senza conseguenze. L’apoplessia ha colpito proprio la parte del cervello che controlla i freni inibitori ed ora il politico dice tutto ciò che gli passa per la testa, fa tutto quello che gli va e non ha la minima cognizione della gravità delle sue azioni.
• ANNO: 2012
• REGIA: Massimiliano Bruno
• SCENEGGIATURA: Massimiliano Bruno, Edoardo Falcone
• ATTORI: Raoul Bova, Michele Placido, Rocco Papaleo, Ambra Angiolini, Alessandro Gassmann, Edoardo Leo, Maurizio Mattioli, Sarah Felberbaum, Isa Barzizza, Rolando Ravello, Imma Piro, Camilla Filippi, Barbara Folchitto, Nicola Pistoia, Valerio Aprea, Ninni Bruschetta, Stefano Fresi, Sergio Fiorentini, Remo Remotti
• • FOTOGRAFIA: Alessandro Pesci
• MONTAGGIO: Patrizio Marone
• MUSICHE: Giuliano Taviani, Carmelo Travia
• PRODUZIONE: Italian International Film
-Nuova Campagna di Scavi presso il santuario della dea Vacuna-
Montenero in Sabina- 2 luglio 2022-Riparte- lunedì 4 luglio – la Campagna di Scavi presso il santuario della dea Vacuna in località Leone. La missione, giunta alla sua quarta edizione, è svolta dal Comune in convenzione con l’Université Lyon 2 e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti-
Ispirato a una storia vera. Liceo Léon Blum di Créteil, città nella banlieue sud-est di Parigi: una scuola che è un incrocio esplosivo di etnie, confessioni religiose e conflitti sociali. Una professoressa, Anne Gueguen (Ariane Ascaride), propone alla sua classe più problematica un progetto comune: partecipare a un concorso nazionale di storia dedicato alla Resistenza e alla Deportazione. Un incontro, quello con la memoria della Shoah, che cambierà per sempre la vita degli studenti.
Bellissimo film da far vedere nelle scuole- Il film lo dovrebbero vedere anche tutti gli insegnanti.
“Bisogna ripartire dalla scuola”: Ariane Ascaride ci racconta Una volta nella vita.
Il suo volto particolare, al di fuori delle convenzioni cinematografiche, ha reso Ariane Ascaride una musa insolita per il suo compagno, il regista Robert Guédiguian. La metà della sua filmografia è segnata da questo rapporto sinergico, artistico oltre che sentimentale. Ma nel giorno della memoria esce in Italia un film in cui il marito non è coinvolto. Una volta nella vita è la storia vera – cosceneggiata da Ahmed Dramé, uno dei ragazzi che l’ha vissuta solo alcuni anni fa – di una classe apparentemente irrecuperabile di un liceo disagiato della banlieue parigina. Una professoressa, la stessa Aristide, non si arrende a darli per spacciati. Li convince pian piano a partecipare a un concorso sulla resistenza e la deportazione, indetto ogni anno dal governo francese. Occasione per guardare alla scuola in maniera positiva. Concorda l’attrice, che abbiamo incontrato qualche giorno fa a Parigi, in occasione dei Rendez-Vous di Unifrance.
“Soprattutto è una storia vera, non si può obiettare in alcun modo, è qualcosa che è accaduto. Una cosa così eccezionale che Ahmed ha voluto raccontarla. Non è stato solo un film, per me, ma un momento della mia vita.”
Le riprese immagino siano state effettuate in un clima particolare, con tutti quei ragazzi.
C’erano pochi attori, molti erano ragazzi che frequentano ancora la scuola. Si sono davvero sentiti coinvolti in questa storia. Dovevo trovare il modo giusto per relazionarmi con loro, in modo che avessero fiducia in me. Mi ha dato modo di capire quanto sia difficile fare l’insegnante, per cui ho grande ammirazione. Naturalmente giravamo solo un film, ma dovevo avvicinarli a me, stabilire un contatto in modo da rendere tutto credibile.
Una classe piena di colori, religioni, esperienze diverse, come spesso accade nelle periferie.
Sono stati straordinari. Oltretutto abbiamo girato durante il ramadan, per cui in molti passavano la giornata senza mangiare né bere. La prima settimana mi guardavano come fossi veramente una professoressa, non sapevano bene quando si girava o no. Dopo una decina di giorni, fra un ciak e l’altro, non ero un’amica, ma neanche più la professoressa; piuttosto qualcuno con cui parlare e scoprire cose che non conoscevano.
Cosa comporta per un’attrice con tanti anni di esperienza lavorare con ragazzi non professionisti?
È formidabile, ti obbliga a un grande coinvolgimento, ponendoti molti interrogativi sul tuo lavoro. Sono così veri, sono alta tensione, e non puoi che essere reale anche tu. La mattina arrivavo e li guardavo, li seguivo, poi mi comportavo come una ballerina di tango: ad azione segue reazione. Due passi avanti, uno indietro. È andata così. Abbiamo girato durante l’estate nella vera scuola, il Liceo Léon Blum a Créteil, nella banlieue parigina. I ragazzi hanno presto preso le abitudini che avevano durante l’anno scolastico, mettendosi a fare confusione e a chiacchierare durante le pause. La sola cosa che dicevo era: “se sento ancora qualcuno urlare gli metto le mani alla gola”. Ecco, questo le professoresse non possono dirlo, ma io sì.
Ha incontrato la professoressa che interpreta?
Non prima delle riprese, soltanto dopo, e siamo diventate molto amiche.
Come mai non l’ha incontrata prima?
Perché non volevo riprodurla, volevo costruire il personaggio intorno a quello che avevo letto e alla sceneggiatura. Se avessi cercato solamente di riprodurla non sarei mai riuscita a farlo, non è questo il mio lavoro; devo creare il personaggio, non riprodurlo.
Spesso sulle prime pagine si parla della scuola solo come fonte di problemi. Lei è ottimista?
Non era un vostro grande intellettuale, Gramsci, che parlava di pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà? La penso così. Se guardiamo bene il mondo viene da chiedersi come se la caveranno questi ragazzi, ma allo stesso tempo non voglio cedere a pensieri del genere. Sono pieni d’energia e di risorse, il mondo di domani è loro. Faranno delle proposte che noi neanche immaginiamo; ho una fiducia assoluta in loro, bisogna solo ascoltarli.
Lei è madre, questo l’ha portata a una maggiore identificazione con questi mesi bui, specie per i giovani?
Penso di sì. Mia figlia è stata particolarmente sconvolta dopo il 13 novembre: ha perso dei cari amici. Non voleva più uscire di casa, per lei il mondo in cui è cresciuta è finito quella notte, non vuole più avere figli. Penso che mai come oggi il ruolo di madre sia di importanza cruciale.
Non pensa che nelle grandi manifestazioni, dopo Charlie Hebdo e gli attentati di novembre, siano mancate le banlieue?
È proprio questo il problema. Nelle periferie ci sono moltissimi giovani che lavorano, superano gli esami, che vogliono integrarsi, e si integrano, all’interno della società francese. Allo stesso tempo c’è una frangia di persone in sofferenza, senza armi se non la violenza, verbale o del tipo peggiore. Sono fascisti, assassini, folli. Uccidono dei giovani con cui magari sono andati a farsi un bicchiere sei mesi prima. Giovani esattamente come loro. L’errore dello stato francese è non aver compreso come mai siano diventati così, dell’abbandono di queste persone. Non sono che il risultato delle azioni dei nostri governi, i quali, quando non c’è stato più lavoro, li ha assistiti, con il sussidio di disoccupazione, cancellando la loro identità, rendendoli una massa informe.
In fondo nel film quello che fa il suo personaggio è proprio far emergere la specificità di ogni ragazzo, riconoscerlo, senza considerare tutti come un’unica classe problematica.
È esattamente riconoscere il termine giusto, quello che non facciamo. Lo sa che i ragazzi delle banlieue hanno paura di andare sugli Champs-Élysées, non per paura degli attentati, ma anche da prima?
Pensano non sia il loro mondo. Parlo di giovani nati qui, in Francia. È falso, ma gli abbiamo così tanto fatto sentire che non è il loro mondo, che i più fragili o perduti hanno ascoltato sirene mostruose finendo per uccidere altri giovani. Per questo la scuola è fondamentale: se la scuola va male, anche la società andrà male. Se sapesse da quanto tempo dico questa cosa; fino a che non si farà uno sforzo particolare nelle scuole, aiutando i professori, non cambierà niente. Fino a che ci saranno i licei ghetto e le scuole private, senza che i ragazzi si mescolino realmente, non accadrà niente di diverso. È complicato, soprattutto considerato che noi siamo andati a cercare il loro petrolio, tracciando dei confini senza sentire il loro parere. Abbiamo fatto di tutto e preso di tutto, e ora puntiamo il dito dicendo che sono cattivi.
La storia e l’integrazione sono aspetti importanti della sua carriera.
Da figlia di immigrati italiani posso solo dire che è molto difficile essere un’immigrata. Una frase di mio padre la conservo sempre nella mia testa: è incredibilmente duro, perché sei insultato anche vivendo in una città mista come Marsiglia. Sei meno che niente, un ladro, di qualsiasi immigrazione tu faccia parte. È terribile. Tutto questo avendo la stessa religione, immaginate i musulmani. Provo una grande ammirazione per i giovani che riescono ad uscire da tutto questo, ci vuole un coraggio inimmaginabile. Io ho imparato l’italiano, ma non da mio padre, che non ha mai voluto parlarci in quella lingua. Voleva che fossimo francese. Gli scappavano delle parole in italiano solo quando si arrabbiava.
Un’artista e una donna appassionata, Ariane Ascaride. Colpita come tutti i francesi dagli attentati di novembre, ha scritto per “Le Monde” delle parole che suonano ancora più attuali oggi, giorno della memoria, mentre le prime targhe di marmo sui fatti di Charlie Hebdo sono entrate a far parte del tessuto urbano di Parigi, e il ricordo si confonde con l’attualità. Di seguito alcune delle sue parole.
“Obblighiamo i politici a riconsiderare il loro lavoro, le loro responsabilità storiche. I nostri figli non ci hanno chiesto di venire al mondo, tutti dobbiamo loro un rispetto totale e un mondo luminoso. Facciamo ascoltare la nostra voce in modo che conoscano ancora la spensieratezza della giovinezza. Obblighiamo quelli che nelle sfere privilegiate del potere tavolta se ne dimenticano, a considerare le vere ragioni che portano un giovane a uccidere una ragazza o un ragazzo, che magari ascoltano la sua stessa musica.
Parliamo alto e forte, parliamo a quelli che pensano al mondo nella stessa maniera. Cambiamo, impariamo uno dall’altro, salviamo i nostri figli”.
“Lessico famigliare” è il libro di Natalia Ginzburg che ha avuto maggiori e più duraturi riflessi nella critica e nei lettori. La chiave di questo romanzo è delineata già nel titolo. Famigliare, perché racconta la storia di una famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino tra gli anni Trenta e i Cinquanta del Novecento. E Lessico perché le strade della memoria passano attraverso il ricordo di frasi, modi di dire, espressioni gergali. Scrive la Ginzburg: “Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c’incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti, o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire ‘Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna’ o ‘De cosa spussa l’acido cloridrico’, per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole”.
-Valentina Bandiera-Il Petrarca nel III millennio Dal Secretum al regresso emotivo-
-Divergenze Edizioni-
“Il Petrarca nel III Millennio” è un saggio breve, che indaga la scienza dei rapporti e delle funzioni che animarono il dissidio del poeta, alla luce degli sviluppi attuali. Un’analisi che va dal Secretum all’odierno incubo del regresso emotivo-
DESCRIZIONE
Francesco Petrarca,come altri autori, è noto al grande pubblico per aver perso la testa per una donna. Un venerdì santo del 1327, il sei aprile per la precisione, l’allora ventitreenne vide Laura in una chiesa e cominciò a lodarla… e lo fece anche dopo un altro tragico venerdì, quello della sua morte causata dalle peste.
Petrarca, non è però solo l’autore del “Canzoniere” con le poesie in vita e in morte di Madonna Laura, è una delle tre corone, è il padre dell’Umanesimo, è il primo poeta laureato e anche il primo filologo.
Petrarca ha scritto opere di rilievo in volgare pur riuscendo a elaborare tesi (come dissidi) anche in latino. Già questa premessa basterebbe per voler conoscere più approfonditamente uno dei pilastri della letteratura italiana, ed è questo l’obiettivo di Valentina Bandiera con “Il Petrarca nel III millennio. Dal Secretum al regresso emotivo”, edito da Divergenze.
Si tratta di un saggio breve e conciso che racconta la vita e le opere di Petrarca, offrendo numerosi spunti per poterne cogliere l’attualità.
In ottanta pagine l’autrice sintetizza il percorso biografico e autoriale mettendo a disposizione del lettore la sua conoscenza approfondita del Petrarca e offrendo allo stesso tempo una visione moderna per creare delle connessioni significative con la contemporaneità.
Non a caso Petrarca rimarrà un modello imprescindibile per secoli, riuscendo a arrivare fino al Novecento e tuttora è ancora possibile scorgere un’eco in qualche poeta più contemporaneo.
Petrarca è stato anche un grande romanziere di se stesso, producendo una notevole quantità di scritti attorno alla sua persona, disseminando parti di sé in lettere e opere, come nel suo famoso confessionale, il “Secretum” un testo che ha poco da invidiare ai diari psicanalitici.
Petrarca ci ha fornito numerose informazioni, provando anche a sviarci di tanto in tanto, riscrivendo e correggendo la sua biografia come forse avrebbe fatto con la sua vita. La sua non era una radicale revisione, piuttosto un voler aggiustare e limare qualche dettaglio per aderire a quel modello di perfezione a cui tanto anelava. Petrarca è stato un uomo in crisi che è riuscito a portare il pesante fardello medievale e allo stesso tempo proiettarsi verso l’umanesimo.
Questo, di pari passo alla sua incredibile modernità nell’autoanalizzarsi e nello scendere nei propri abissi, lo rende a tutt’oggi un autore godibilissimo.
Petrarca ha cantato l’instabilità dei sentimenti, rendendo partecipe il lettore di quell’impossibilità spirituale di affrontare il dolore e spesso di accettare la gioia ma con quella capacità di trasformare le emozioni in immagini e in suoni rendendole così eterne.
Il Petrarca nel III millennio. Dal Secretum al regresso emotivo
di Valentina Bandiera Edito Divergenze, 2020 divergenze.eu
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.