Franco Leggeri Fotoreportage Roma Municipi XIII-XIV
-Ass. Cornelia Antiqua- Narrare il passato
– PONTI sul FIUME ARRONE –
Franco Leggeri Fotoreportage-Roma Municipio XIII- Ponti sul fiume ARRONE-Il vecchio ponte sull’Arrone , oramai in disuso , pavimentato ancora con il suo selciato originale ; incorporato nel parapetto si trova un blasone nobiliare medievale in marmo e poi vi sono ancora installate le vecchie paratie, vera archeologia industriale, le quali servivano per regolare il flusso dell’acqua destinata all’irrigazione della campagna romana circostante.
BREVI NOTIZIE SUL FIUME ARRONE IL CONFINE TRA ROMA E FIUMICINO.
L’Arrone è un fiume del Lazio; scorre nella provincia di Roma, è lungo 35 chilometri, nasce nella parte sud-orientale del lago di Bracciano ad Anguillara Sabazia e sfocia a Fiumicino nel mar Tirreno tra Maccarese e Fregene. Il bacino misura 125 km² di superficie. Pur configurandosi emissario del lago di Bracciano, il contributo del lago alla portata del fiume è esiguo, e in alcuni mesi dell’anno del tutto nullo. Nell’alto bacino sono presenti le sorgenti dell’Acqua Claudia. Dall’estremità sudorientale del lago, a quota 164 metri slm, il fiume si dirige da Nord Ovest a Sud Est per circa 3 km, poi si dirige a Sud per 12 km e quindi a Sud Ovest fino alla foce. In questo tratto confluisce il Rio Maggiore, affluente di destra. Subito a valle di questa confluenza il bacino dell’Arrone è attraversato dalla Strada Statale Aurelia. Alla foce è presente un prezioso ambiente umido che, insieme a tutta l’area contigua coperta da macchia mediterranea detta Bosco Foce dell’Arrone, fa parte della Riserva naturale Litorale romano.
TORRE di MACCARESE-nota anche come TORRE PRIMAVERA o di FREGENE
La Torre di Maccarese si trova a circa 500 metri dalla foce dell’Arrone, sulla sponda sinistra. La Torre fu costruita probabilmente . al pari di quella di Palidoro nota come Torre Perla, per difendere la foce del fiume dagli sbarchi dei saraceni.
CURIOSITA’
“Sulle rive dell’Arrone” è il titolo di una canzone di Daniele Silvestri, contenuta nell’album “Il Latitante” (2007), in cui si parla della prospettiva, raggiungibile dalle rive del fiume, con cui si riescono a vedere diversamente le cose. All’Arrone accenna in tutt’altri termini lo spettacolo teatrale “Storie di scorie” di Ulderico Pesce, in cui si affronta il problema delle scorie nucleari, come quelle stoccate nel deposito nucleare alla Casaccia che avrebbero contaminato in passato anche il fiume, con danni incalcolabili all’ambiente.
Foto originali nota dalla Monografia TORRI SEGNALETICHE e SARACENE della Campagna Romana di Franco Leggeri
Quattro Poesie dalla raccolta MURALES CASTELNUOVESI
di Franco Leggeri
Franco Leggeri Fotoreportage-Castelnuovo di Farfa e i suoi colori-Biblioteca DEA SABINA-Brano da “Murales Castelnuovesi” di Franco Leggeri-Muoversi nelle intuizioni e immergersi nei problemi irrisolti . Era questa l’equazione che sia i bambini e sia i giovani castelnuovesi degli anni ’50 dovevano risolvere in assenza dei media : radio, televisione , giornali e cinema.I media che dovevano essere vitamina e “stimolatori” della fantasia e creatività per le giovani menti castelnuovesi non esistevano ancora per tutti, sino al giorno in cui fu aperta la “scatola magica” della “piccola-grande “ sala cinematografica “su nell’Acchiesola”, ora Aula consigliare .Questa sala fu una prima miniera della fantasia , in Bianco e Nero, per le giovani menti castelnuovesi. Fu il cinema, per la sua capacità di “parlare” ad ogni pubblico : dal proletario, la maggioranza di noi castelnuovesi, sino a quello “aristocratico” .Proprio per il suo linguaggio, il cinema è un luogo comune nel senso di condiviso. Il cinema è allo stesso tempo un formidabile mezzo per la trasmissione, sia di mentalità che di ideologie, sia che si presenti nella forma di documentario e sia come finzione. Con il cinema, molti di noi giovani scoprimmo la grande città e l’esotismo di luoghi lontani. Scoprimmo le melodie delle colonne sonore, la sottolineatura e il clima da suspense che solo la musica e il gioco delle luci sanno evidenziare. Il vento prese “voce” e scoprimmo il canto dei fiumi e del mare. Ho nella memoria una presenza reale dell’attesa per l‘inizio del film, poi il silenzio e le immagini “enormi” proiettate sullo schermo che ci raccontavano una storia . Devo dire che ero affascinato! Ricordo, per esempio ,la “fantasiosa e furbesca” storia di un assalto alla diligenza e gli spari delle “colt”. E così che provai a risolvere l’equazione del paradosso dell’algebra astratta. La fantasia veniva , man mano, trovando i passaggi giusti nelle semplificazioni, tra realtà, finzione ed emozione, sino al coinvolgimento e all’identificazione nei personaggi del film . Fu allora che scoprimmo il Far West ( poi imparammo che il West era l’Ovest delle grandi praterie) e fu così che riuscimmo, in questa “Grande-minuscola sala”, a provare l’emozione di essere partecipi di una avventura sino a scoprire che , alla fine, “arrivava sempre il settimo cavalleria” e tutto aveva un lieto fine.
P.S. “Su nell’Acchiesola” noi “monelli de Castellu” quelli della generazione del dopoguerra abbiamo votato per la prima volta, perché “l’Acchiesola” era adibita, sin dall’800 , a sede di seggio elettorale. E’ qui che per molti Castelnuovesi ebbe inizio la speranza del “biennio rosso” del 1919 -1921 ,con il voto al Partito Socialista Italiano di Filippo Turati . In questa sala fu pronunciato, per la prima volta a Castelnuovo, il voto alla Lista “Falce, Martello e Libro”. Di queste elezioni del 1919 ne ho raccolto e trascritto la testimonianza diretta così come mi è stata raccontata dal nostro compaesano Fiore Tancioni che , assieme ad altri compaesani da me intervistati, ne fu testimone . Ma questa è una storia che tratto in un capitolo del libro “Castenuovo, la riva sinistra del Farfa”.
Franco Leggeri, Castelnuovese
Quattro Poesie dalla raccolta MURALES CASTELNUOVESI
di Franco Leggeri
Se Castelnuovo (Archivio 1981)
Castelnuovo,
Parole meravigliose, se le saprò vestire e dipingere, con le foglie degli ulivi , nella dolcezza della sera.
Castelnuovo, se saprò descrivere, scrivere e incidere, il fascino raffinato dei colori, così come sono tradotti e vissuti nella spiritualità dell’anima.
Non ho un teschio in mano, non ho i dubbi di Amleto, non scriverò i tormenti, i miei dubbi, non sono Shakespeare.
Non trovo statico il legittimo dubbio che vaga , da sempre, nel labirinto di Dedalo.
Castelnuovo, non è il Castello di Elsinore o quello di Dracula. Castelnuovo è, a volte ,un inquieto schema di vie dove si rincorrono i pensieri partoriti da uno spirito notturno per un progetto del bello.
Castelnuovo è un pensiero filtrato, Castelnuovo è potenzialità: non idea, ma sostanza.
Il fuori posto della mia poesia ,Castelnuovo se lo chiami “musica” o “poesia”,
( neanche Cartesio mi aiuta ad uscire dai meandri del nozionismo)
Le ferite aperte sono il suono di una domanda antica, la pericolosa,( gesuitica?), insoddisfazione. Eppure la notte si adagia , sempre, sui tetti e il “genio maligno” fugge, finalmente , dalla mia esistenza.
Conosco la luce di Castelnuovo, Castelnuovo non è la mia “provincia oscura”. Castelnuovo è una divinità ed io ai suoi piedi ho lasciato i miei sogni, i miei sguardi, i miei pensieri, i miei versi.
Castelnuovo: ora non confondo più il buio con la tenebra. Oggi, ora non ho più paura della notte.
Castelnuovo, i colori e l’ideologia.
Questa mattina i colori di Castelnuovo
si disperdono come stelle filanti.
Colori profumati, impercettibili, e nascosti
tra il linguaggio degli ulivi.
E’ questa una mia visione interiorizzata,
ma sempre in cerca di un approdo sicuro.
Si, Castelnuovo non può essere un racconto sommario
ma, come le sequenze chimiche , deve espandersi
in una litania nell’immenso cielo.
Castelnuovo diventa una litania senza amen,
e senza consistenza, un oggetto fantasma
all’interno di una storia inaccessibile
che si frantuma come stelle filanti
nell’intimità di esperienze sofferte e malate
che diventano , esse stesse, oggetti appesi alle pareti del mio io.
Castelnuovo mi tenta ancora al peccato dell’illuminismo,
e così l’ideologia diventa il mio luogo del “niente”,
l’elemento misterioso di una poesia forgiata con i colori della pietra.
Colori castelnuovesi e tristezza ideologica
che sono come i dubbi di Amleto
in cerca di Ofelia che disperde, così tremante, i colori
della sua fragile innocenza.
Piange Castelnuovo in cerca dei colori,
sepolti trai vecchi tronchi deposti a terra ,
terra scura come i sogni svaniti all’alba
di questa poesia, ora diventata logora e affaticata
mentre rincorre il colore di questo giorno
sempre uguale agli altri.
I vecchi libri
I vecchi libri sono come sculture
Di una vita del dopo
Sono ritagli di tempo
E risultati di calcoli per una rotta tracciata
alla ricerca di sentieri che segnano l’anima.
Sentieri solitari e sospesi sulle emozioni
Che si anellano all’interno di un cerchio
Di passione e scrittura.
Ed è così, mentre i gatti si addormentano
Sull’autobiografica di un’oscura psicologa analista,
Che io mi interrogo sui Dialoghi, ormai scheletri, di Platone,
Si, proprio quelli
Che ho sepolto
Nei miei appunti tra i libri, nascosti in alto sugli scaffali.
L’Estate castelnuovese (1978)
Dai campi si leva
Un coro serrato di cicale
Il rosso , taciturno, dei papaveri
Veglia il riposo delle poche parole
di desiderio silenzio.
Poi, la sera ,lo sguardo abbraccia fosforescenti geometrie
Che nascono dall’immobilità della stanchezza.
Ascolto note di avventure eccessive, affogate in follie singolari.
I miei occhi (pallidi) sono sguardi (stanchi) ai margini dei campi.
Ora,
Del giorno, che corre al tramonto, ne dimentico l’alba.
SPAGNA-Fotoreportage -Parco Nazionale della Sierra de Guadarrama
Il Parco Nazionale della Sierra de Guadarrama è situato a nord di Madrid, capitale della Spagna.La catena montuosa del Guadarrama domina il parco. Forma il tratto principale orientale del Sistema Central – l’ammasso di catene montuose che attraversa il centro della penisola iberica. La catena montuosa del Guadarrama è salita due volte – la prima volta circa 380 milioni di anni fa, la seconda circa 80 milioni di anni fa. Dopo questa seconda spinta verso l’alto, la catena montuosa ha iniziato a erodere nuovamente, creando il sistema dei corsi d’acqua della montagna. Inoltre, l’episodio glaciale e interglaciale durante il Periodo Quaternario ha portato alla formazione dei ghiacciai nell’area e ai processi periglaciali. Sono questi eventi di erosione che forniscono l’attuale topografia della catena montuosa Guadarrama, come il massiccio Peñalara. Situata sulle pendici meridionali delle montagne Guadarrama, La Pedriza è una particolare caratteristica montuosa unica della penisola iberica – una collezione di rocce e dirupi dalla forma sorprendente.
Sette diverse specie di lucertola vivono nel parco – una di queste è la rara lucertola da muro di Guadarrama.
Poiché il parco non è lontano da Madrid, è fortemente frequentato da appassionati di escursioni tutto l’anno. La rete di sentieri, strade e servizi pubblici è ben sviluppata. E poiché l’area è rimasta in gran parte non colpita dalle attività umane, il parco è un rifugio eccezionale per la biodiversità. Si può sperimentare un gran numero di avvoltoi grifoni e la zona ospita almeno 100 coppie di avvoltoi grifoni da riproduzione. È anche la sede dello stambecco spagnolo.
Per saperne di più nella nostra Guida al Parco Nazionale, Europa, che puoi acquistare qui:
L’Aquila la mostra fotografica di Ilaria Di Giustili :”La Venere”
L’Aquila la mostra fotograficaLa Venere, di Ilaria Di Giustili: una mostra che si muove tra immagini e poesia, con un contributo di testi di Stefania Macchione e frammenti poetici di Carmela de Felice, con il con il Patrocinio del Comune dell’Aquila.
Il progetto fotografico La Venere, di Ilaria Di Giustili, arriva a L’Aquila dopo una lunga gestazione, che l’ha vista esposta a Roma in una edizione precedente, con altra forma: un percorso di crescita personale oltre che visivo della fotografa l’ha riportata negli anni sul tema della Donna, della sua relazione con sé stessa e con il mondo che la circonda.
Venere, dea dell’amore, è intesa come simbolo di tutte le donne attraverso una serie di scatti che la rappresentano in tutte le sue età e declinazioni spirituali.
La mostra si divide in tre sezioni, la prima dedicata al lato oscuro della Donna archetipo di bellezza e forza, anche – e diremmo soprattutto – quando è fragile e sottoposta a tensioni e violenze fisiche e psicologiche: scatti che vedono i corpi femminili quasi prigionieri delle cornici, allegorie appunto di uno spazio troppo stretto per muoversi nel quale le donne sono rinchiuse, ma non di rado si rinchiudono anche da sole.
La seconda sezione, dal titolo La Venere svelata, vede invece donne immerse in clima di tenerezza e di dolcezza, di relazioni familiari, di complicità, di generazioni che dialogano, da “album di famiglia”
Infine, nella terza sezione, gli abbracci, i baci e la sensualità, con presenze maschili anche nelle fotografie.
Stampe di grandi dimensioni e pannelli con i testi poetici animano il bellissimo sotterraneo del Palazzetto dei Nobili, quasi un labirinto di ambienti misteriosi nei quali l’allestimento guida per mano i visitatori in un viaggio nell’animo della Donna.
Un viaggio che prende maggior valore per essere esposto nel mese di Novembre, ormai dedicato in particolare alla sensibilizzazione contro la violenza sulle donne.
La mostra si propone animata, ogni settimana, da eventi diversi: reading poetici e intermezzi musicali dal vivo più un importante incontro con Salute Donna ODV che si occupa di prevenzione e lotta ai tumori.
· Programma
Opening: sabato 9 novembre ore 17.00
Presentazione con la curatrice Penelope Filacchione presidente dell’Associazione Artsharing Roma – ETS; reading poetico di Carmela de Felice, performance musicale live Dora Ruggiero e Simona Rossi (violino) Clara Gizzi (arpa)
venerdì 15 novembre ore 17:00 Incontro con Salute Donna ODV Associazione per la prevenzione e lotta ai tumori, con la partecipazione dell’Ass. Ersilia Lancia e con visita guidata alla mostra.
venerdì 22 novembre ore 18:00: Serata conclusiva: la poetessa, giornalista, editrice Alessandra Prospero e lo scrittore e regista Federico Del Monaco leggono “Colpa di Alfredo?” di/con Carmela de Felice, performance musicale live Dora Ruggiero e Simona Rossi (violino) Clara Gizzi (arpa), con visita guidata alla mostra.
Fotoreportage di Franco Leggeri -La Cappella di Santa Brigida di Svezia è stata costruita nel territorio di Castelnuovo di Farfa, si accede dall’Agriturismo Zucchegni, proprio sui ruderi dell’antico “ripostiglio” o “capanno”, dove Santa Brigida aveva trovato posto nel periodo in cui si trovò a Farfa. Quei ruderi, sopravvissero alle intemperie dei secoli successivi, e nel 2007 furono portati a termine i lavori per la costruzione della Cappella, che è ora luogo di culto per i gruppi che frequentano la Casa e per quanti desiderano recarsi sulle orme di Santa Brigida.
Nel corso di questi anni, le suore hanno continuato a pregare e a lavorare in questo luogo e il ricordo della figura di Santa Brigida è andato sempre più crescendo; nel 1993 il Santo Papa Giovanni Paolo II, visitando la Diocesi di Sabina-Poggio Mirteto, il 19 marzo, si fermò a Farfa, dove benedisse una statua di Santa Brigida. La statua è posta sul piazzale antistante la Cappella delle Suore, presso la foresteria del monastero.
Breve biografia della Santa-
Santa Brigida di Svezia, Brigida o Brigitta o Birgitta, nacque nel giugno 1303 nel castello di Finsta presso Uppsala in Svezia; suo padre Birgen Persson era ‘lagman’, cioè giudice e governatore della regione dell’Upplan, la madre Ingeborga era anch’essa di nobile stirpe. la prima parte della sua vita fu quella di una laica felicemente sposata,ebbe ben otto figli. Il suo ceto sociale le permise di studiare. La vita di corte la mette in contatto con la travagliata vita sociale del suo tempo e con la politica europea. Ebbe grande influenza sui giovani sovrani e finché fu ascoltata, la Svezia ebbe buone leggi e furono abolite ingiuste ed inumane consuetudini, come il diritto regio di rapina su tutti i beni dei naufraghi, inoltre furono mitigate le tasse che opprimevano il popolo. Ma poiché non ha mai smesso di pensare alla vita religiosa, studia la letteratura mistica, legge molto, principalmente le Sacre Scritture. Questa fu la sua vita per oltre vent’anni, finché il marito morì nel 1344. Dopo un pellegrinaggio a Santiago de Compostela Brigida diventa una grande mistica, è anche una donna molto pratica, quindi non appena stabilita a Roma nella casa di piazza Farnese, la adattò per i pellegrini che fossero giunti dai paesi scandinavi, a cui si offrivano ospitalità e alta spiritualità. La sua vita era molto austera, totale la sua povertà. Brigida ha una natura forte e volitiva.Per il Papa e per l’Europa si sentirà spinta a partire alla volta di Roma in occasione dell’anno santo del 1350 e da lì non se ne andrà più.
Per Brigida ora è il momento della svolta. Decide di indossare l’abito cinerino del Crocifisso della Verna, simbolo di povertà e penitenza. Ha fondato un Ordine contemplativo femminile e maschile, l’Ordine Suore Brigidine del SS.Salvatore – la cui Regola venne approvata nel 1370 – che disgraziatamente fu spazzato via in seguito alla Riforma protestante in Europa. Profetessa dei tempi nuovi, questa grande santa scandinava, lavorò instancabilmente per la pace in Europa. Morì dopo lunga malattia nel 1373.
Fonte Suore Brigidine dell’Abbazia di FARFA (RIETI)-
Il Castello di Boccea- Articolo e Fotoreportage di Franco Leggeri-Roma Municipio XIV-Il Castello sorge sul “fundus Bucciea” che domina la valle del fiume Arrone e il fondo denominato anticamente “Ad Nimphas Catabasi”, sito al decimo miglio dell’antica via Cornelia,(domina il ristorante i SALICI sito sulla via Boccea). Si accede da una via sterrata all’interno della campagna e, come d’incanto, si vedono i resti del vecchio castello, luogo dove albergano le fiabe e ciò che rimane di una architettura delle allucinazioni per chi ha voglia di emozioni, le grandi emozioni, con un percorso iniziatico alla fantasia. Della vecchia costruzione , oltre ai cunicoli e gallerie, è visibile il Torrione, costruito in pietra selce e mattoni con rinforzi di possenti barbacani, necessari per contenere ed arginare il progressivo cedimento del banco tufaceo che costituisce la base naturale del fabbricato. Il Castello domina i boschi dove, nel 260 d.C. furono martirizzate S.s. Rufina e Seconda, mentre nelle vicinanze, al XIII miglio della stessa via Cornelia, nel 270 d.C. sotto l’Imperatore Claudio il Gotico, subirono il martirio Mario e Marta con i figli Audiface ed Abachum, famiglia nobile di origine persiana, come si legge nel Martirologio Romano”Via Cornelia melario terbio decimo ad urbe Roma in coementerio ad Nimphas, sanctorum Marii, Marthae, Audifacis et Abaci, martyrum”. Le prime tracce cartacee documentali del Castello si trovano nella bolla di Papa Leone IV, conservata negli archivi vaticani,tomo I pag. 16, con la quale si conferma la donazione al monastero di San Martino del “fundus Buccia” e delle chiese dei Santi Martiri Mario e Marta. Il Papa Adriano IV nel 1158 confermò alla basilica vaticana il Castello e i fondi di Atticiano, Colle e Paolo. In un antico atto conservato in Vaticano, al fascicolo 142,si legge che nel 1166 Stefano, Cencio e Pietro, fratelli germani e figli del fu Pietro di Cencio, cedettero a Tebaldo, altro fratello, la loro porzione del Castello di “Buccega”. Sempre dal medesimo archivio si apprende che Giacomo, Oddo, Francesco e Giovanni di Obicione, Senatori di Roma nell’anno 58 ( 1201), stabilivano che la basilica di San Pietro possedesse e godesse tutti i beni e gli abitanti del Castello di Buccia fossero sotto la protezione del Senato. Si stabilì che anche i canonici del Castello usufruissero dei privilegi e consuetudini accordati ai loro vicini, cioè come l’esercitavano nei loro castelli i figli di Stefano Normanno, Guido di Galeria e Giacomo di Tragliata (Vitale, “Storia diplomatica dei Senatori di Roma”, pag. 74 ). Da una bolla di Gregorio IX del 1240 si ha notizia di un incendio che distrusse il Castello e che il Pontefice ordinò di prelevare il denaro necessario alla ricostruzione direttamente dal tesoro della Basilica Vaticana (Bolla vaticana Tomo I, pag.124).In un lodo del 1270,che tratta di una lite di confini della tenuta,si menziona tra i testimoni Carbone,Visconte del Castello di Boccea. Il Castello subì nel 1341 l’attacco di Giacomo de’ Savelli, figlio di Pandolfo che, dopo averlo preso, scacciò gli abitanti e lo incendiò. Papa Benedetto XII, che era ad Avignone, scrisse al Rettore del patrimonio di San Pietro di”costringere quel prepotente a risarcire il danno”. Dopo il saccheggio da parte del Savelli il luogo rimase deserto secondo il Nibby mentre il Tomassetti, nella sua opera (pag.153) ci descrive il castello e la tenuta ancora abitato da una popolazione di 600 anime, cifra ricavata dalle quote sulla tassa del sale dell’anno 1480/81, durante il papato di Sisto IV. Della trasformazione da Castello a Casale di Boccea, moderna denominazione, si trova traccia nel Catasto Alessandrino del 1661,dove la costruzione viene indicata come “Casale con Torre”. Va ricordato che da 20 ettari di uliveto di Boccea si produceva l’olio destinato ai lumi della Basilica Vaticana, come si può desumere dalla cartografia seicentesca di G.B.Cingolani dove si legge”seguita a destra il procoio pure detto delle Vacche Rosse del Venerabile Capitolo di San Pietro, chiamato Buccea, olium Buxetum”. Attualmente il Casale di Boccea è in ristrutturazione con destinazione turistico-alberghiera, con un grande ristorante nel quale troneggia un imponente camino seicentesco in pietra. Altre tracce del passato sono i vari stemmi papali inseriti nei muri ed un frantoio manuale di recente ritrovamento, del tutto simile a quelli del Castello della Porcareccia e di Santa Maria di Galeria.
Brighton…..where else could you find such a variety in a small area in a short space of time-Brighton è una città balneare inglese. Dennis Hunt – Fotoreportage-Situata a circa un’ora in treno a sud di Londra, è una destinazione molto amata per le gite in giornata. La sua ampia spiaggia di ghiaia è caratterizzata da sale giochi ed edifici in stile regency. Il Brighton Pier, nella sezione centrale del lungomare, è stato inaugurato nel 1899 e ora ha di giostre e punti di ristoro. La città è nota anche per la vita notturna, la scena artistica, i negozi e i festival.
Il termine reportage viene utilizzato per indicare tutto ciò che riguarda lo studio degli eventi di cronaca, di conseguenza il fotoreportage è un tipo di stile fotografico basato sulle opere dei fotoreporter, ovvero di coloro che vanno a creare contenuti specifici per motivi di divulgazione.
In cosa consiste lo stile del fotoreportage
La fotografia permette di accompagnare alcuni dei momenti più belli della propria vita, come ad esempio le cerimonie e i matrimoni. Durante questi momenti è possibile scegliere uno stile fotografico a cui attenersi per andare a sviluppare poi un album fotografico pieno di momenti memorabili e significativi. Ecco esempi di fotoreportage di matrimonio.
Il fotoreportage è proprio uno di questi stili, che consiste nel catturare le circostanze più belle e memorabili dell’evento, cercando di documentare in maniera completamente autentica tutto ciò che accade.
Di conseguenza i fattori che vanno ad influire maggiormente sullo stile del fotoreportage sono quelli che incidono sulla spontaneità dell’attimo ritratto in foto, i cui soggetti sono ripresi nei momenti più interessanti della cerimonia. Un tratto caratteristico del fotoreportage, inoltre, è l’utilizzo del bianco e nero, che permette di accentuare lo stile puramente documentarista e “di cronaca”.
Come avvengono le fotografie in stile reportage
Dato che l’obiettivo principale di questo stile è quello di ritrarre le situazioni nella loro naturalità più totale, uno dei fattori più importanti da prendere in considerazione per eseguire scatti in fotoreportage è cercare sempre di ritrarre le circostanze così come si presentano. Ciò significa che non c’è bisogno di organizzare lo sfondo, di pose stilistiche o di artifici di alcun genere.
Il fotoreporter professionista sa sempre quale angolo utilizzare per mettere in risalto i momenti salienti, senza andare a modificare la naturalezza dello scatto in alcun modo. Le doti di un buon fotografo vengono messe assolutamente alla prova in questo stile fotografico, perché è molto difficile riuscire a sviluppare degli scatti memorabili e allo stesso tempo esteticamente soddisfacenti senza andare ad influire in alcun modo sui soggetti ritratti.
I fattori positivi dello stile fotoreportage
Grazie al fatto che i momenti vengono ritratti così come avvengono, il fotoreportage è sicuramente il metodo migliore per immortalare i ricordi più memorabili in tutta la loro purezza.
Spesso gli album fotografici vengono riempiti di foto studiate a tavolino, che possono sicuramente rappresentare un buon prodotto per quanto riguarda il fattore estetico, ma che hanno poco da regalare per quanto riguarda invece la purezza del ricordo. Lo stile del fotoreportage ha proprio l’obiettivo di riuscire a catturare tutto ciò che accade all’improvviso, spesso senza la completa consapevolezza dei soggetti che vengono ritratti.
Si tratta di un espediente eccezionale per ritrarre alcuni momenti specifici, come un bacio o un abbraccio, oppure il momento della rivelazione di un regalo, della presentazione della sposa al marito e così via.
Campi di applicazione del fotoreportage
Alcuni esempi di fotoreportage possono essere proprio i giornali e i siti di divulgazione di fatti di cronaca, che utilizzano le foto scattate da reporter professionisti che sono riusciti a ritrarre l’argomento di cui si parla all’interno degli articoli di giornale. In queste foto i soggetti sono quasi sempre all’oscuro della presenza del fotoreporter, di conseguenza il loro comportamento non viene manomesso dalla sua presenza.
Inoltre un altro esempio molto affidabile di fotoreportage possono essere i ritratti in ambito bellico, che riescono a rappresentare le scene che si presentano al fotografo in tutta la loro crudezza. Per tutti questi motivi, lo stile del fotoreportage rappresenta sicuramente un ottimo compromesso per riuscire ad immortalare i propri ricordi così come sono avvenuti, senza manomissioni di alcun tipo.
Questo stile fotografico deve essere sicuramente sviluppato da un vero professionista, perché la scelta degli angoli, del dispositivo giusto, delle impostazioni della fotocamera e di tutti gli altri fattori tecnici che influiscono sulla qualità finale della foto vanno ponderati in maniera corretta e molto rapidamente
Franco Leggeri-Fotoreportage-ROMA e il suo GAZOMETRO
Dalla raccolta:Fotografie per raccontare Roma e la sua Campagna Romana.
FOTO di Franco Leggeri IL SORGERE DEL SOLE su ROMA e il suo GAZOMETRO 14 giugno 2023
“Storia del Gasometro (o Gazometro) di Roma”
Dove si trova
Lungo la via Ostiense, sul lato destro uscendo da Roma, per la precisione in via del Commercio 9/11, si impone la presenza di un’enorme struttura cilindrica, metallica che ormai fa parte del paesaggio urbano della città di Roma. Anzi, è stato definito “un pezzo pregiato dello skyline di Roma”. Si tratta del gasometro o gazometro. L’area che ospita il gasometro, fin dall’antichità, è stata deputata ad accogliere le derrate alimentari e le merci necessarie all’approvvigionamento dell’Urbe.
Nel 1863 la zona è stata attraversata dalla ferrovia costruita da Pio IX e vi è stato costruito il ponte dell’Industria (che i romani chiamano “ponte di ferro”). La presenza della ferrovia ha stimolato la crescita di alcuni insediamenti commerciali ed industriali, come il mattatoio e i Mercati Generali (dove confluivano tutta la frutta e la verdura destinate al commercio al dettaglio).
Perché è stato costruito e che cosa è
Agli inizi del XX secolo il sindaco Ernesto Nathan, uno dei migliori che abbia servito Roma, ha cominciato a promuovere una politica industriale, perciò nella zona fu costruito lo stabilimento del Gas (ora Italgas) con il Gasometro. Il gasometro è una struttura inventata nel 1789 dal fisico francese Antoine-Laurent de Lavoisier che veniva usata per accumulare il gas che in origine veniva prodotto per gassificazione del carbone e poi per cracking del petrolio.
La gassificazione è un processo chimico che permette di trasformare in monossido di carbonio, in idrogeno e in altre sostanze gassose materiali ricchi di carbonio, come per esempio carbone, petrolio o biomassa. Nel gasometro romano veniva distillato e opportunamente depurato, soprattutto il carbon fossile. Il gas veniva prodotto nei forni di distillazione e poi temporaneamente immagazzinato nei gasometri.
Quando è stato costruito
Il complesso del gasometro di Roma fu progettato nel 1909 e la struttura oggi visibile è stata preceduta da tre gasometri “minori” che sono stati costruiti dalla Samuel Cuttler & Sons di Londra tra il 1910 e il 1912. Il gas ivi prodotto veniva utilizzato sia per l’illuminazione pubblica, sia per quella domestica.
La struttura ancora visibile, in ferro, è stata messa in opera tra il 1935 e il 1937 dalla società Ansaldo di Genova e dalla tedesca Klonne Dortmund. Misura un’altezza di m 89,10 e un diametro di m 63; i pali che la compongono raggiungono una lunghezza totale di km 36; la sua capienza è di 200.000 mc di gas.
Come funziona
Il gasometro aveva la funzione di contenere il gas, dopo la sua produzione che avveniva nei forni e prima della distribuzione. Il gasometro, quando era in funzione, si alzava e si abbassava; il nostro gasometro è del tipo detto a “telescopio” che vuol dire che il cilindro interno si innalza e si abbassa, attraverso le guide laterali, indicando la quantità di gas contenuto.
I gasometri non avevano un grande capienza e quindi non potevano essere utilizzati come serbatoio a lungo termine, ma si limitavano solo a regolare a breve termine il passaggio tra la produzione del gas e il suo consumo.
Quando e perché è stato dismesso
Con la diffusione del gas metano il gasometro è caduto in disuso. Infatti nel 1960 si decide di portare a Roma il metano naturale. Nel 1970 il gas metano ha cominciato ad alimentare il quartiere di Spinaceto e nel 1981 è stata avviata la completa metanizzazione della città di Roma. La società Italgas che prima produceva il gas, attualmente si occupa solo della sua distribuzione.
Dagli anni ’90 sono state avanzate varie ipotesi di recupero del gasometro, ma ad oggi non è stato realizzato nulla. Nella zona limitrofa però, dalla fine degli anni ’90, sono stati aperti numerosi locali (discoteche, ristoranti, pub, gelaterie) e adesso il quartiere intorno al gasometro si annovera tra quelli che fanno da sfondo alla “movida” romana.
Trevignano Romano è uno dei tre borghi che sorgono sulle sponde del Lago di Bracciano (gli altri due sono per l’appunto Bracciano, che da il nome al lago, e Anguillara Sabazia). La particolarità si Trevignano, rispetto agli altri borghi che si sviluppano anche in altezza, è quella di avere un centro storico quasi interamente al livello del lago, molto comodo se si vuole unire una passeggiata tra i vicoli ad una sul lago senza dover ricorrere alla macchina e senza doversi inerpicare per salite infinite che, sopra tutto con un passeggino al seguito, non sono propriamente comode.Le foto sono state scattate :”Lungo il lago di Trevignano in un luminoso giorno della scorsa primavera ….”
Trevignano Romano
Antico borgo medievale sulle rive del lago di Bracciano-
Trevignano Romano ti aspetta con la sua Natura e la bellezza selvaggia dei sui dintorni, parti da qui per scoprire tutto-Alla scoperta di un borgo medievale sulle sponde del lago, tra cultura, religione e turismo… a Trevignano Romano
DOVE SI TROVA-a due passi dal lago e dalla Capitale
Il centro storico di Trevignano Romano è un piccolo borgo di epoca medievale ad appena 30 min da Roma. Il fascino di questo piccolo centro che si affaccia sul lago, al centro del moderno abitato, ti avvolgerà facendoti sentire in un ambiente familiare e sorprendente.
VIENI A CONOSCERE IL CENTRO STORICO DI TREVIGNANO ROMANO
Passeggia con noi tra i vicoli e ammira gli scorci sul lago
Vieni a conoscere con noi il centro storico, iniziamo da Piazza Vittorio Emanuele III. Nella piazza centrale del paese, catturerà la tua attenzione l’elegante palazzo comunale costruito in epoca rinascimentale, nella facciata trovi lo stemma comunale composto dalle tre vigne, simbolo di uno dei prodotti locali del nostro territorio, le bande araldiche rosse e bianche appartenenti alla famiglia Orsini, antica famiglia romana che possedeva questo territorio ed infine le onde di un lago azzurro sfumato simbolo univoco della nostra cittadina. Ora inizia la passeggiata varcando l’antica porta dell’orologio, porta principale del borgo sovrastata da un antico orologio del XVIII sec., ed entrerai in un mondo nuovo fatto di colori, profumi e sensazioni uniche. Passeggiando lungo la via principale Umberto I, scoprirai come la strada principale si intreccia con le numerose vie e viuzze che ricordano i luoghi simbolo di Trevignano Romano; ad esempio la prima via sulla sinistra prende il nome di Via del castello.
VIA DEL CASTELLO
Alla scoperta delle antiche strade del centro storico di Trevignano Romano
Percorrendo via del castello scoprirai scorci di vita quotidiana e piccoli balconi che guardano direttamente alla piazza principale offrendoti un panorama inedito. Continuando a salire lungo la tortuosa via arriverai appena dietro la chiesa dell’Assunta all’inizio del percorso per raggiungere le antiche rovine del castello, e tanto sarà lo stupore quando capirai di essere al centro della storia.
LUNGO LA VIA CENTRALE
Continua su Via Umberto I e scopri gli antichi mestieri
Continuando sulla via centrale del borgo, sarai meravigliato dai mille colori che arredano le piccole e strette viuzze che scendono verso il lago o salgono verso il monte. A pochi metri dalla porta dell’orologio, sul lato sinistro, incontrerai due botteghe storiche, la prima di uno scultore e la seconda di un rigattiere. Fuori dalla prima bottega il sig. Mariano sarà felice di illustrarti le suo opere di stile moderno ma che tanto ricordano la storia e le tradizioni del nostro paese. Subito dopo, dal sig. Sauro potrai imparare i mille segreti dei pianoforti e di alcuni strumenti antichi indispensabili nei tempi passati. Continua poi lungo la via centrale per raggiungere una piccola piazzetta da cui puoi raggiungere la Chiesa dell’Assunta.
Scopri gli illustri personaggi di Trevignano
Continuando lungo via Umberto I, scoprirai che il tempo in questo piccolo borgo si è fermato all’epoca medievale, dove i portoni d’entrata delle case venivano costruiti rialzati per evitare che la polvere, il fango e la pioggia entrassero nelle case e anche per evitare che le ruote dei carri potessero provocare spiacevoli incidenti; mentre le botteghe avevano l’entrata direttamente a terra per poter meglio ospitare le derrate alimentari e il pescato.
Tommaso Silvestri, il primo educatore italiano dei sordumuti
Continua fino a piazza Tommaso Silvestri.
Proprio in questa piazzetta devi immaginare il nostro illustre compaesano, l’abate Tommaso Silvestri, mentre accoglieva le suppliche dei fedeli che bisognosi di aiuto potevano contare su di lui. Tommaso Silvestri è stato il primo educatore italiano dei sordomuti nato e morto nei palazzi del centro storico di Trevignano. Tommaso Silvestri, abate del nostro piccolo borgo, nacque a Trevignano agli inizi del 1700, ultimo di sette figli fin da bambino sentì la vocazione per la fede. Dopo un apprendistato tra Roma e la provincia, aiutato da un suo amico francese si trasferisce a Parigi per studiare il metodo fonetico, nuovo metodo per aiutare i sordomuti ad interagire con il mondo. Una volta imparato il metodo, tornò a Roma dove proprio il Papa Pio VI gli chiese di aprire una scuola per sordomuti, scuola che ancora oggi esiste. Intorno al 1789, affetto da una grave malattia, tornò a Trevignano per passare gli ultimi mesi della sua vita. Dalla piazzetta scendendo verso il vicolo con l’arco di Truman potrai uscire di fianco al palazzo dove per anni ha vissuto la famiglia di Tommaso Silvestri e dove l’abate ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita.
Il nostro borgo, luogo amato dagli stranieri
L’arco di Truman…ma chi è Truman? Truman era un signore americano che negli ultimi anni della sua vita decise di vivere a Trevignano divenendo famoso per i tanti aneddoti che gli piaceva raccontare. Scomparso a 109 anni, il suo spirito continua ad aleggiare nel piccolo borgo, come dimostra la sua sedia rimasta lì dove l’ha lasciata, accanto alla finestrella della bottega dove poteva godere del fresco dell’aria gelida che dagli antichi cunicoli medievali del castello arriva fino in strada…metti la mano nella finestra attraverso la grata, e in alcuni giorni potrai goderne anche tu!
Tanti sono gli abitanti stranieri che amano vivere nel piccolo centro storico, tanti da creare una piccola comunità! Ad esempio proseguendo poco più avanti sulla destra troverai lo studio di un noto pittore francese che compone ed espone opere in tutto il mondo!
LA SALITA VERSO LA CHIESA
Dalla piazzetta centrale del borgo sali verso la chiesa e le rovine del castello
Dalla piazzetta al centro del borgo sali sulla sinistra su Via della parrocchia e potrai arrivare al cortile della chiesa dell’Assunta e all’inizio del percorso per andare sulla Rocca di Trevignano.
La chiesa si staglia davanti a te imponente e maestosa. Al centro della facciata è la porta d’entrata che permette di immergersi in un mondo nuovo, spirituale. La chiesa venne eretta agli inizi del 1500 su un preesistente edificio. Venne eretta a seguito della battaglia di Papa Alessandro VI Borgia che decise di conquistare i territori degli Orsini. Trevignano e la sua popolazione cercarono di contrastare l’imponente esercito ma purtroppo il borgo venne completamente distrutto e il castello messo a ferro e fuoco. Quando gli Orsini tornarono in possesso dei territori decisero di omaggiare la fedele comunità con la costruzione della chiesa.
Entrando dal piccolo portone ti troverai in un ambiente semplice, aulico e la tua attenzione verrà rapita dal grande affresco dell’abside.
RAFFAELLO A TREVIGNANO
L’arte del maestro dalla mano dell’allievo
Di grandi dimensioni, l’affresco venne dipinto da un allievo di Raffaello…Pellegrino da Modena.
Ti colpirà subito l’immagine crudele di un personaggio con le mani tagliate vicino alla vergine. La storia rappresentata è l’antica leggenda aurea che ricorda come due sacerdoti ebrei cercarono di prendere il corpo della Vergine, ma vennero fermati da un angelo che gli tagliò le mani. In alto è dipinta l’incoronazione della Vergine mentre sui lati due profeti tramandano l’accaduto. Interessante è il disegno dell’antico castello dipinto sul lato sinistro appena sopra l’ebreo in fuga.
Le altre opere
Nelle cappelle di sinistra ti segnalo un affresco appena restaurato che rappresenta la Vergine col bambino e donatore accompagnato da due santi. Il donatore potrebbe essere un esponente della famiglia Orsini.
Nella cappella successiva un trittico bizantino forse proveniente da Roma e rappresentante il Cristo in trono con la vergine e San Giovanni Battista. il trittico è composto da tre tavole decorate finemante con colori pregiati su sfondo dorato.
il alto allentrata è l’organo del 1700 da poco restaurato, mentre vicino al portone d’uscita puo nammirare un tabernacolo marmoreo di epoca rinascimentale con al centro la figura di cristo trionfante. nel lato opposto del poertone è, invece, il quadro della Vergine che viene portato in processione il 15 di Agosto, festività molto sentita in paese.
UN PANORAMA MOZZAFIATO
Saliamo sulla Rocca di Trevignano Romano
Uscendo dalla chiesa, alla fine della piazzetta, appena a sinistra segui il percorso che sale verso la rocca. La lunga e comoda passeggiata vi farà raggiungere in pochi minuti le rovine del castello. salendo lungo il percorso ammirate lo splendido panorama che il lago ti offre, sembrerà come poter volare sulle acque cristalline del lago. Ad ogni gradino potrai apprezzare il lago con colori diversi, ottimi per i vostri selfie.
Arriavndo nel castello sarai sorpreso ed emozianato sapendo che in quelle stesse stanze un tempo vivevano i nostri avi.
Rra uno scorcio e laltro potrai scendere seguendo il medesimo percorso dell’andata.
Non ti resta che venire a trovarci, Ti Aspettiamo!!!
ROMA Municipio XIII-La VILLA ROMANA delle COLONNACCE
– Fotoreportage di Franco Leggeri
Roma- Municipio XIII-Castel di Guido- Fotoreportage di Franco Leggeri –I visitatori che in questi giorni , a seguito delle varie manifestazioni organizzate dalla LIPU, sono stati ospiti del GAR a Villa Romana delle Colonnacce e qui guidati dal mitico Archeologo Luca nel tour tra gli scavi archeologici. Durante la visita alla Villa Romana molti ospiti sono stati incuriositi dalla presenza di alcuni alberi , muniti di cartello con la relativa descrizione di Plinio, che si trovano nell’angolo in fondo all’area archeologica sono alcuni esemplari di : CIPRESSO,LECCIO,FRASSINO e NOCCIOLO.
Questi alberi sono qui a testimoniare che, tra fine dell’età repubblicana e primi decenni dell’epoca imperiale, come si può anche leggere nelle Opere di Plinio il Vecchio, Plinio il Giovane, Catone e Columella , il giardinaggio non è più considerato una occupazione produttiva, ma anche attività svolta per piacere e diletto. Celebre il brano di Plinio il Vecchio: “I decoratori di giardini distinguono, nell’ambito del mirto coltivato, quello tarantino a foglia piccola, il nostrano a foglia larga, l’esastico a fogliame densissimo, con le foglie disposte a file di sei” ed ancora: “Esistono anche dei platani nani, che sono costretti artificialmente a rimanere di piccola altezza”.
ROMA – Municipio XIII-Castel Di Guido – Villa Romana delle Colonnacce
Fotoreportage di Franco Leggeri -Anno 2005-
Castel di Guido- La Villa Romana è del II-III secolo d.C. è sita su di un pianoro all’interno dell’Azienda agricola comunale.La Villa ha strutture di epoca repubblicana che sono le più antiche e di epoca imperiale. La villa ha una zona produttiva di e la parte residenziale di epoca imperiale. La parte produttiva comprende l’aia o cortile coperto: il grande ambiente conserva le basi di tre sostegni per il tetto, mentre è stato asportato il pavimento, al centro si trova un pozzo circolare. Vi è una cisterna per la conservazione dell’acqua meteorica, all’interno della cisterna si trovano le basi dei pilastri che sorreggevano il soffitto a volta. A giudicare dallo spessore dei muri e dei contrafforti si può desumere che avesse un altezza di circa 5 metri. Nell’ambiente di lavoro si trovano un pozzo e la relativa condotta sotterranea. Torcular : sono due ambienti che ospitavano un impianto per la lavorazione del vino e dell’olio. Vi era un torchio collegato alle vasche di raccolta, mentre in un ambiente più basso vi era l’alloggiamento dei contrappesi del torchio medesimo ed una cucina con contenitori in terracotta di grandi dimensioni (dolii). La parte residenziale ha un atrio, cuore più antico dell’abitazione romana, in cui si conservava l’altare dei Lari, divinità protettrici della casa. Al centro vi è una vasca ( compluvio) in marmo in cui si raccoglieva l’acqua piovana che cadeva da un foro rettangolare sito nel tetto (impluvio). Sale da pranzo, forse triclinari , ampie e dotate di ricchi pavimenti e di belle decorazioni affrescate sulle pareti. Cubicoli, stanze da letto . Vi erano dei corridoi che consentivano il transito della servitù alle spalle delle grandi sale da pranzo senza disturbare i commensali o il riposo dei proprietari. Il Peristilio o giardino porticato: era l’ambiente più amato della casa, di solito con giardino centrale ed una fontana. Dodici colonne sostenevano il tetto del porticato, che spioveva verso la zona centrale. I volontari del GAR –Zona Aurelio , scavano con perizia e recuperano frammenti, “i cocci”, li puliscono,catalogano e , quindi, li trasportano nella sede di via Baldo degli Ubaldi dove vengono restaurati e conservati . Nel 1976 la Soprintendenza Archeologica di Roma recuperò preziosi mosaici e pregevoli pitture che sono ora esposti al pubblico nella sede del museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo. Se la Villa è visitabile e ben conservata lo si deve all’ottimo lavoro dell’Archeologo Dott.ssa Daniela Rossi che la si può definire “Ambasciatore e protettrice del Borgo romano di Lorium “. Ricordiamo il recente, superbo, lavoro della Dott.ssa Daniela Rossi nel quartiere Massimina sulla via Aurelia. La descrizione della Villa delle Colonnacce sono tratte da un saggio-lezione che la Dott.ssa Daniela.Rossi ha tenuto nella sala grande del Castello nel borgo di Castel di Guido il 18/04/09 .
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