Museo Civico di Bracciano (ROMA) -Roberto Di Costanzo – Tributo al disegno classico –
Bracciano (RM)- al Museo Civico di Bracciano Inaugura il 18 Giugno, dalle ore 17.00, Roberto Di Costanzo Atelier, nel centro storico di Bracciano, ubicato in via Giuseppe Palazzi 8, un best opening irrinunciabile per i cultori dell’arte, curato nei minimi dettagli da Massimiliano Orrù Eventi.
Roberto Di Costanzo Atelier nasce dall’idea del maestro Roberto Di Costanzo, pittore, illustratore, ritrattista, professore di disegno anatomico, di restituire valore alla maestria italiana del disegno, nell’esplorazione contemporanea di grandi formati e tecniche legate ai maestri del Rinascimento.
Nel suo nuovo studio, immerso in una atmosfera nostalgica ed aristocratica, l’artista ritrae dal vivo su commissione, principalmente ad inchiostro di china, restituendo valore alla pregevolezza italiana del disegno.
Museo Civico di Bracciano -Roberto Di Costanzo – Tributo al disegno classico
Di Costanzo in occasione dell’opening esporrà per la prima volta un disegno a sanguigna che ritrae il celebre Apollo di Vicarello conservato nel suggestivo Museo Civico di Bracciano. Un tributo alla bellezza classica, fonte di ispirazione per le sue opere, ed un riconoscimento che esprime la gratitudine per il centro storico che ospita il suo nuovo studio d’arte.
Museo Civico di Bracciano -Roberto Di Costanzo – Tributo al disegno classico
Dopo il grande successo del suo primo atelier inaugurato in via Giulia 111 a Roma nel 2019, ed il secondo a Palazzo Massimo, nella centralissima via dell’Orso, l’artista mantiene la sua missione didattica e culturale a Bracciano, sul romantico lago, attraverso corsi di ritratto, di disegno del paesaggio, nudo artistico, pittura ad olio, attualizzando e rinnovando l’interesse internazionale per l’arte figurativa in forte crescita.
Molto valorizzata anche la collezione di ritratti ad olio proveniente da collezioni private e per l’occasione esposte a rievocare una antica quadreria di famiglia. Lo spazio artistico di due piani con alti soffitti lignei, ed una parete interamente in pietra ambisce ad essere sede di incontro e confronto tra appassionati di arte, collezionisti ed estimatori del disegno attraverso salotti culturali, presentazioni di libri ed eventi su temi artistici; al piano superiore lo spazio dedicato alla pittura ad olio ed il disegno della scultura, rievocando il sapore degli studi d’arte ottocenteschi e delle affascinanti gipsoteche.
Breve Bio del Maestro Roberto Di Costanzo
Museo Civico di Bracciano -Roberto Di Costanzo – Tributo al disegno classico
Dopo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia in costume, scenografia e arredamento per il cinema, da quindici anni si propone al pubblico italiano ed internazionale, attraverso una costante ricerca artistica ed accademica in ambito anatomico ed architettonico.
Le sue opere a china, pastello, sanguigna e tecniche miste, danno vita ad un itinerario la cui intensità espressiva è da rintracciarsi nel fecondo percorso di studi artistici e nella formazione al fianco di grandi maestri del cinema italiano come il Premio Oscar Piero Tosi, suo mentore, ed il celebre truccatore delle dive Francesco Freda.
Negli ultimi anni la sua maestria nel “live drawing” ad inchiostro di china ha impreziosito eventi di prestigiosi luxury brand, quali Aurora e Dolce & Gabbana, ed eventi charity organizzati dalla maison Anna Fendi.
Una carriera artistica quella del Di Costanzo che lo ha portato ad esporre le sue opere in prestigiose gallerie e luoghi istituzionali italiani ed esteri, quali l’Espace Cardin di Parigi, su invito del Maestro Pierre Cardin (Patrocinio dell’Ambasciata Italiana), alla Casa dell’Architettura di Roma (Patrocinio dell’Ordine degli Architetti di Roma), all’Istituto di Cultura Francese Centre Saint-Louis (con l’autorevole Patrocinio sia dell’Ambasciata Italiana presso la Santa Sede sia del maestro Pierre Cardin), alla 71sima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e, da ultimo, a Palazzo Valdina – Camera dei Deputati con due esposizioni “Via Crucis” a Roma ed “Aeterni. Le gerarchie celesti”.
Museo Civico di Bracciano -Roberto Di Costanzo – Tributo al disegno classico
Ha presentato i suoi numerosi libri illustrati al Salon du livre di Le Mans, al Salon du livre di Parigi, alla Fiera dell’editoria di Roma e al Salone del libro di Torino, collaborando come illustratore per numerose case editrici italiane ed estere, tra le quali Editions Nomades ed Edizioni Efesto.
Le sue opere figurano in collezioni private, nella galleria d’arte contemporanea Pavart – Roma e nel prestigioso studio di interior design “THESIGN”.
Ad oggi, inoltre, è docente presso l’Accademia Italiana di Roma di “Iconografia e disegno anatomico”, presso l’Accademia del Lusso di Roma di “Storia del costume” ed è professore di “tecniche del disegno” presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria. Conduce masterclass e seminari di disegno del paesaggio e dell’architettura in Italia e all’estero ed in prestigiose fondazioni (Forte di Bard).
Si ringraziano gli sponsor : Massimiliano Orrù Eventi, Vigna Caio Relais & Spa, Etruscaia di Stefano Cardoni, Granducato di Bracciano, Gioielleria Dominici, Incasa ed E.L.I.M.A.R. Laundry.
Roma Capitale -Il Museo storico dei Bersaglieri, per famiglie ed appassionati di storia, un’ampia offerta culturale immersiva-
Roma Capitale-Il Museo Storico dei Bersaglieri si apre ai visitatori grazie all’offerta didattica approntata da Opera Laboratori, società leader nelle gestioni museali in Italia. In occasione del 189° anniversario della nascita del Corpo dei Bersaglieri, oltre agli eventi commemorativi di quel giorno, mercoledì prossimo sono previste due visite guidate gratuite organizzate da Opera alle ore 10 e alle 18.
Museo Storico dei Bersaglieri
Lo storico museo romano, che si sviluppa all’interno della michelangiolesca cornice di Porta Pia, è nato per esporre cimeli, documentazioni e ricordi relativi alle campagne del Corpo dei Bersaglieri. Il patrimonio custodito al suo interno tramanda alle future generazioni la storia, le vicende, le tradizioni e le gesta del Corpo mantenendone vivo il decalogo stilato dal fondatore, Generale Alessandro Ferrero della Marmora.
Tra gli oggetti esposti la bicicletta di Enrico Toti, bersagliere ciclista caduto nella Prima guerra mondiale decorato di medaglia d’oro al valor militare. Il sito, che dispone anche di una sala polifunzionale destinata a presentazioni e conferenze, una biblioteca e di un archivio storico, si sviluppa in quattro sale tematiche, che descrivono la storia d’Italia dal periodo risorgimentale fino ad oggi.
Grazie all’approfondimento didattico si pone come punto di riferimento per appassionati, famiglie, visitatori che vogliono vivere la storia in modo dinamico e partecipativo. Ogni attività è pensata per rendere la storia vicina anche all’attenzione dei più piccoli, coinvolgendoli in esperienze che li avvicinano al patrimonio storico e culturale del Paese. Per scoprire tutte le attività disponibili è possibile contattare il numero 06/42006604 o inviare una e-mail a: c.felicioni@operalaboratori.com.
Il Museo Storico dei Bersaglieri
Porta Pia e il Museo Storico dei Bersaglieri
“Nomentana dicevasi anticamente quella porta, dipoi si disse di S. Agnese per la vicina chiesa di detta Santa, ora però la diciamo Porta Pia, perché da Pio IV fu ornata col disegno da celebre Buonarroti; ma essendo rimasta imperfetta, fu poi proseguita dal Cav. Bernini, il quale neppure la terminò. A sinistra di questa porta fu l’antico e famoso Castro Pretorio, ed appresso il Vivario, vedendosene ancor le mura distese in fuori, e 4 miglia lungi dalla Città fu’ la famosa villa di Faonte liberto di Nerone, in cui egli uccise se stesso.”
Giuseppe Vasi, Indice istorico del gran prospetto di Roma – Itinerario istruttivo, 1765
Tra il 1561 ed il 1565 l’antica Porta Nomentana venne sostituita da Porta Pia che, situata sull’omonima piazza, è una delle 18 porte inserite nella cinta muraria difensiva delle Mura Aureliane.
Papa Pio IV Medici ne affidò i lavori di progettazione a Michelangelo. La porta fu una delle ultime opere architettoniche del grande artista. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1564, infatti, il progetto venne preso in carico dall’architetto Giacomo Del Duca.
Lo stile unico di Porta Pia è in bilico tra le tendenze classicheggianti del tardo Rinascimento e le nuove aspirazioni del Barocco, i disegni dell’attico e della facciata esterna che si apre verso via Nomentana risalgono, invece, al XIX secolo e non sono collegati al progetto michelangiolesco.
Una piccola curiosità è legata alla decorazione della facciata interna: le patene (i piccoli piatti usati nella celebrazione eucaristica durante la Messa) cinte da una stola e con al centro un cubo di marmo ricordano i bacini da barbiere dell’epoca con un asciugamano intorno e un pezzo di sapone al centro. Secondo la leggenda, Michelangelo avrebbe voluto alludere alle origini di Pio IV Medici, non risalenti alla celebre famiglia fiorentina, ma semplice discendente di barbieri milanesi. Nonostante ciò, il papa aveva comunque avuto il permesso di alzare le insegne medicee e, visto il profondo legame che univa la casa Medici a Michelangelo, quest’ultimo volle “vendicarsi” in questo modo.
In epoca moderna, la porta è legata a un evento epocale della storia italiana. Il 20 settembre 1870, alle 9 del mattino, risuonò il segnale di Raffaele Cadorna: nell’aria si diffusero il frastuono delle cannonate e il rumore del crollo del tratto di mura a qualche decina di metri da Porta Pia, la celebre Breccia, primo atto della vittoriosa battaglia delle truppe del Regno d’Italia sullo Stato Pontificio e della conseguente Presa di Roma, così restituita all’Italia. Un monumento di marmo del 1920, e una colonna commemorativa, ricordano l’avvenimento. Ancora oggi sono visibili i segni dei combattimenti su parte delle Mura Aureliane e sulla porta stessa. Fuori della porta, in mezzo al piazzale di Porta Pia, nel 1932 fu collocato il Monumento al Bersagliere, opera dello scultore Publio Morbiducci.
MUSEO STORICO DEI BERSAGLIERI
Tra le due facciate che costituiscono la porta, collegate da piccoli edifici in origine aventi funzione difensiva, trova spazio un piccolo cortile sede oggi sede del Museo Storico dei Bersaglieri, inaugurato il 18 settembre 1932, che conserva cimeli ed i ricordi relativi alla istituzione e all’evoluzione del corpo dei Bersaglieri.
Nel cortile del Museo sono collocati busti in bronzo dei più illustri rappresentanti del Corpo, tra cui quello a Enrico Toti, eroe del Risorgimento. Nel Salone d’Onore tra i diversi preziosi cimeli c’è la Proposizione originale, uno scritto di pugno da La Marmora per ottenere dal re Carlo Alberto la costituzione del Corpo. Il pianterreno ospita il Sacrario dedicato agli oltre centomila Caduti per la Patria. Al centro della sala è esposta la sciabola che La Marmora impugnò l’8 aprile 1848 a Goito. Nei locali del primo piano sono esposti i cimeli, quali uniformi, armi da fuoco e armi bianche, le documentazioni e i ricordi relativi alle campagne del Risorgimento, dal 1848 al 1866. Il piano superiore è dedicato alle campagne coloniali, dal primo sbarco dei bersaglieri a Massaua, il 5 febbraio 1885, alla conquista dell’Africa Orientale, nel 1936. Il piano inferiore è dedicato alla Prima Guerra Mondiale con targhe, fotografie, gagliardetti di reparto, statue celebrative, ritratti e medaglieri di comandanti e bersaglieri semplici, armi italiane e austriache. Alla Seconda Guerra Mondiale è dedicato il pianterreno dove sono raccolti ed esposti i cimeli e gli oggetti relativi ai numerosi teatri operativi nei quali i bersaglieri combatterono.
Porta Pia and the Museo Storico dei Bersaglieri
Museo Storico dei Bersaglieri
Between 1561 and 1565 the ancient Porta Nomentana was replaced by Porta Pia which, located on the square of the same name, is one of the 18 gates inserted in the defensive Aurelian Walls. Pope Pius IV Medici entrusted the design work to Michelangelo. The door was one of the last architectural works by the great artist. After his death in 1564, in fact, the project was taken over by the architect Giacomo Del Duca.
The unique style of Porta Pia is poised between the classical trends of the late Renaissance and the new aspirations of the Baroque, the design of the external façade, which opens towards Via Nomentana, and the attic, date back to the 19th century and is not connected to the Michelangelo project.
The door, built along the perimeter of the Aurelian Walls, hides a small curiosity linked to the decoration of the internal façade, where two marble bowls surrounded by a stole are placed to recall the barber trays with a towel around and a piece of soap at the centre. The legend tells that, with this joke, Michelangelo wanted to allude to the origin of Pius IV Medici, who did not belong to the famous Florentine family, but was a simple descendant of Milanese barbers. Despite this, the pope was nevertheless allowed to raise the Medici insignia.
On September 20, 1870, at 9 in the morning, the signal of Raffaele Cadorna resounded: the noise of cannon fire and the that of the collapse of the stretch of wall spreading a few dozen meters from Porta Pia, the famous Breccia, spread in the air, first act of the victorious battle of the troops of the Regno d’Italia over the Stato Papale and the consequent Presa di Roma, thus returned to Italy. A marble monument from 1920, and a commemorative column, recall the event. Still today the signs of the fighting are visible on part of the Aurelian Walls and on the door itself. In 1932, in front of the external door, is an eternal memory of the liberation of the city from the Austrian troops during World War I, the monument to the Bersaglieri.
MUSEO STORICO DEI BERSAGLIERI
Between the two facades of the door, connected by small buildings originally having a defensive function, there is a small courtyard, now seat of the Museo Storico dei Bersaglieri, inaugurated on 18 September 1932, which preserves memorabilia and memories relating to the institution and to the evolution of this military corps. In the courtyard of the Museum, several bronze busts celebrate the most illustrious representatives of the Corps, including of Enrico Toti, a hero of the Risorgimento. In the Hall of Honor, among the various precious relics, is the original Propositione, written by Generale La Marmora to obtain the constitution of the Corps from King Carlo Alberto. The ground floor houses the Shrine dedicated to the over one hundred thousand fallen. At the center of the room is the saber that La Marmora used in the 8 April 1848 combat in Goito. On the first floor halls are exhibited relics such as uniforms, firearms and weapons, documents and memories relating to the campaigns of the Risorgimento, from 1848 to 1866. The upper floor is dedicated to colonial campaigns, from the first landing of the Bersaglieri to Massaua, on 5 February 1885, to the conquest of East Africa, in 1936. The lower floor is dedicated to the World War I with plaques, photographs, department pennants, celebratory statues, portraits and medals of simple commanders and bersaglieri, Italian and Austrian weapons. The ground floor is dedicated to the World War II where the memorabilia and objects relating to the numerous theatres of operations in which the bersaglieri fought were collected and displayed.
Fonte -Comune di Roma Cpitale
Per la foto si ringraziano il Ministero della Difesa e l’Esercito Italiano
Il Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia organizza aperture straordinarie per ammirare: la Tomba dei Rilievi
Il Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia (PACT) organizza un ciclo di aperture straordinarie per ammirare uno dei capolavori dell’arte funeraria etrusca: la Tomba dei Rilievi, conosciuta anche come “Tomba bella”. Solitamente infatti i visitatori possono vederla solo attraverso vetri trasparenti anti-appannamento; le aperture straordinarie quindi rappresentano un’occasione per entrare in questo capolavoro e conoscerlo da vicino.
Tomba dei Rilievi, conosciuta anche come “Tomba bella”
Le visite si svolgeranno all’interno della Necropoli della Banditaccia di Cerveteri, patrimonio UNESCO, in nove date tra giugno e settembre 2025 (13 giugno, 27 giugno, 4 luglio, 11 luglio, 25 luglio, 1 agosto, 28 agosto, 5 settembre, 26 settembre), e saranno incluse nel biglietto di ingresso.
I visitatori saranno accompagnati dai funzionari del Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia (Patrizio Fileri, Maria Cristina Tomassetti e Marina Zingarelli) che li condurranno nella “lettura” di una “stanza delle meraviglie” normalmente chiusa al pubblico per motivi di conservazione.
Tomba dei Rilievi, conosciuta anche come “Tomba bella”
Datata alla fine del IV secolo a.C., la Tomba dei Rilievi è una sepoltura gentilizia appartenuta alla famiglia Matuna, una delle più illustri e potenti della città di Caere. È un sepolcro unico nel suo genere per il realismo degli oggetti raffigurati in rilievo, realizzati con una tecnica raffinata: elementi che riproducono armi e utensili legati alla sfera militare, a quella sacrificale, nonché alle più alte cariche magistratuali, rivelando non solo l’alto status socio-politico raggiunto da questa gens etrusca, ma anche la volontà dei suoi personaggi più illustri di lasciare un messaggio di continuità e prestigio per la propria discendenza. Gli oggetti raffigurati sono modellati in malta e appesi in modo illusionistico con chiodi di estremo realismo. Si tratta di una tecnica molto particolare, che ad oggi non é stata riscontrata in nessun’altro contesto funerario di quel periodo.
L’ingresso è consentito a un massimo di 24 persone al giorno, in gruppi da 6.
Orari: 09.30 – 10.30 – 11.30 – 12.30
Ingresso su prenotazione scrivendo a pa-certa.info@cultura.gov.it
Roma, all’Ara Pacis conferenze con James Franco e Lola Ponce per far incontrare cinema e arte-
Un evento, a Roma al Pantheon e Ara Pacis, per parlare del rapporto tra arte e cinema. S’intitola Filming Italy: Il cinema incontra l’arte l’evento che anima la capitale nelle serate del 16 e 17 giugno 2025, proponendo un incontro inedito tra il mondo del cinema e il patrimonio artistico e culturale della Capitale. L’iniziativa, promossa dall’Associazione Agnus Dei guidata da Tiziana Rocca e realizzata in collaborazione con la Direzione Musei Statali di Roma e la direttrice del Pantheon Gabriella Musto, mette in scena un dialogo tra grandi e piccoli schermi e i monumenti simbolo di Roma.
Roma-Museo dell’Ara Pacis
Da sempre la città eterna è musa e set di celebri pellicole che ne hanno esaltato le atmosfere, dai vicoli nascosti ai monumenti più celebri. Il cinema ha contribuito a costruire l’immagine di Roma nel mondo, con film cult come La Dolce Vita di Fellini, dove la Fontana di Trevi diventa icona eterna di bellezza e desiderio, o La Grande Bellezza, che ha incantato gli spettatori con le sue suggestive passeggiate notturne tra le meraviglie romane.
Tiziana Rocca, General Director di Filming Italy, sintetizza così la filosofia dell’evento: “Sono convinta che se l’arte ispira il cinema, anche il cinema si si avvicina all’arte. Così apriremo le porte di due dei siti storici e museali più rappresentativi di Roma, il Pantheon e l’Ara Pacis, per un evento assolutamente inedito e unico nel suo genere, in cui il pubblico avrà per la prima volta l’occasione di partecipare a dibattiti con esperti di cinema, star internazionali e italiane, all’interno di monumenti mozzafiato”.
La due giorni si configura come un’occasione per conoscere non solo i luoghi già noti per essere stati protagonisti sul grande schermo, ma anche per scoprire nuove connessioni e suggestioni culturali, in un intreccio di arte, storia e cinema che celebra la Capitale da punti di vista diversi e complementari.
Masterclass tra grandi nomi del cinema
Il programma di Filming Italy prevede due giornate ricche di incontri e approfondimenti. Il 16 giugno, al Museo dell’Ara Pacis, Tiziana Rocca modera una serie di masterclass con ospiti d’eccezione: alle 19 aprirà la serata James Franco, noto per la trilogia di Spider-Man e Hey Joe; alle 21:30 toccherà invece a Lola Ponce, protagonista del musical Notre Dame de Paris. Nel mezzo, alle 19:30 ci sarà l’incontro con Yvonne Sciò, interprete di H.P. Lovecraft: Two Left Arms, mentre alle 20:30 sarà la volta di Matteo Paolillo, attore della serie TV Mare Fuori.
Il 17 giugno, invece, il suggestivo Pronao del Pantheon ospiterà nuove masterclass sempre con la moderazione di Rocca. Qui si alterneranno, alle 19:20, Fran Drescher, celebre interprete della sitcom La Tata e presidente di SAG-AFTRA; poi, alle 20:05, ci sarà Darko Perić, volto noto della serie televisiva La Casa di Carta; e infine alle 20:50 chiuderà l’evento Ilenia Pastorelli, protagonista di Lo chiamavano Jeeg Robot.
Gli incontri permetteranno agli appassionati di cinema di entrare in contatto diretto con gli artisti e di scoprire retroscena, tecniche e suggestioni artistiche, il tutto incorniciato dall’atmosfera magica di due monumenti simbolo della storia e della cultura romana.
Pantheon e Ara Pacis: teatro di una cultura in dialogo
L’Ara Pacis e il Pantheon, simboli rispettivamente della Roma antica e della magnificenza architettonica, diventano sedi ideali per una forma originale di divulgazione culturale, che coniuga il patrimonio storico con le espressioni contemporanee del cinema internazionale. Questi spazi accolgono non solo i visitatori e i pellegrini, ma anche un pubblico di appassionati di cinema e cultura, offrendo un’esperienza multisensoriale e multidisciplinare.
L’evento si pone così come un modello innovativo di dialogo tra le arti, capace di valorizzare il ruolo della Capitale come centro di cultura, creatività e confronto internazionale, in una cornice di rara suggestione.
Filming Italy: Il cinema incontra l’arte è patrocinato dal Ministero della Cultura, dalla Regione Lazio, da Roma Capitale, ANEC, 100 Autori, Agiscuola, Anica e CSC. Un ampio sostegno che conferma l’importanza e la qualità dell’evento, pronto a consolidare il legame profondo tra Roma e il cinema, in un percorso di crescita culturale condivisa.
Fiumicino (RM)-Considerazioni da una mostra fotografica allestita nel Borgo di Testa di Lepre-
Fiumicino– Borgo di Testa di Lepre- 15 giugno 2025-La Mostra Fotografica organizzata, è stata ideata e realizzata dalla Signora Grazia Amici e rappresenta un’immersione nel tempo racchiuso in album dei ricordi fotografici gelosamente custoditi nei cassetti. Il visitatore non si aspetti di entrare in una “galleria d’Arte” ma, appunto, si troverà immerso nei segni e nelle tracce che si sono concretizzati e realizzati ,con il tenace lavoro delle persone che hanno dato vita e anima al Borgo di Testa di Lepre. Persone che, con immensa umiltà, hanno affondato le mani nella terra ed hanno fatto nascere e prosperare il Borgo ,ora conosciuto come la “Perla della Campagna Romana”. L’audacia e la bellezza di questa mostra è tutta nelle foto in B/N di quelle persone che hanno saputo trasformare la loro visione in una realtà che oggi è sotto gli occhi di tutti noi .
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
60 anni della Storia del Borgo.
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
60 anni della Storia del Borgo.
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
In questa mostra fotografica , se hai la sensibilità, puoi percepire il tempo che scorre sotto la pelle , fatto di stagioni, di silenzi e di “respiri” ,vissuti nella quotidianità dagli abitanti del Borgo, persone che si sono fatti pionieri in questo spazio enorme della Campagna Romana.
In questa mostra si trova il sorriso oltre la fatica, foto che testimoniano come una volta si lasciava che il tempo scivolasse via così semplicemente, senza avere l’ansia e la necessità di volerlo controllare o riempire.
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .Signora GRAZIA AMICI, ideatrice e realizzatrice Evento :Testa di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
La Signora Grazia Amici ideatrice e realizzatrice della Mostra, con l’aiuto per l’allestimento dell’Architetto Sophia Marri, ci ha detto:” Questa mostra vuole far riscoprire gli usi e i costumi di Testa di Lepre, veri tesori che non possono andare perduti e sepolti nell’oblio, nonostante sia legata a tradizioni regionali del Centro e Nord Italia .Il nostro Borgo vive e si nutre ancora delle tradizioni dei nostri genitori e dei nostri nonni. Con questa mostra, allestita con foto che sono frutto di una seria e accurata ricerca storica e socio-culturale, ho voluto testimoniare questa realtà che è mia intenzione divulgare anche con una pubblicazione sulla nuova iniziativa editoriale online “QUADERNI della CAMPAGNA ROMANA”. Desidero evidenziare e sottolineare anche l’aspetto indistruttibile della vita comune di ogni giorno :la vita di semplici Contadini. Questa mostra vuole essere il mio omaggio ai Protagonisti, ai Pionieri di queste terre della Campagna Romana, che hanno inciso con l’aratro il primo solco per la realizzazione del nostro Borgo. Mostra che vuole essere un omaggio e gratitudine a tutti i Pionieri che, con forza d’animo, volontà e una forte motivazione di riscatto, hanno contribuito alla nascita della “Perla della Campagna Romana”. Sono convinta, prosegue Grazia Amici, che una comunità consapevole e fiera delle proprie radici , rafforzi la propria identità culturale e guardi con fiducia e sicurezza al proprio avvenire”. Al termine di questa nota la curatrice della mostra , la Signora Grazia Amicichiosa così:” Credo che una foto scattata oltre 50anni fa , con vecchie fotocamere e con un semplicissimo obiettivo “fisso”, possa aver “cristallizzato” e immortalato l’attimo e la Storia creando “la testimonianza” visiva della condizione contadina e del lavoro che si svolgeva nei campi ma è, sicuramente, testimonianza anche di progresso e di momenti ludici della Collettività . Mostra che è ,a mio avviso, ancora oggi, esempio del buon vivere tra le persone oltre che testimonianza di valori come solidarietà, ospitalità e altruismo”.
INFORMAZIONI SULLA MOSTRA
–Apertura dal 26 al 29 giugno 2025 nell’Aula Magna delle Scuole Elementari-
La seconda apertura sarà in occasione della “Giornata della Cultura 2025” organizzata dal Comune di Fiumicino dal 04 al 06 luglio 2025-
Nota – durante la Mostra di venerdì 27 giugno alle ore 19:00 verrà presentato a cura del Dott. Gianluca Ciampi e dal Dott. Riccardo Tomassini il libro :SUOLO e SALUTE di Albert Howard.
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
60 anni della Storia del Borgo.
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .
Roma-Tesori dei Faraoni alle Scuderie del Quirinale: la più grande mostra in Italia con reperti dall’Egitto-
Roma-Sarà una delle mostre più attese dell’autunno 2025 e dell’intera stagione culturale italiana quella che aprirà il 24 ottobre alle Scuderie del Quirinale a Roma. Tesori dei Faraoni, questo il titolo dell’esposizione organizzata dal Consiglio Supremo delle Antichità Egizie in collaborazione con le Scuderie del Quirinale, propone un viaggio attraverso millenni di civiltà faraonica, offrendo al pubblico italiano e internazionale l’occasione unica di ammirare 130 capolavori provenienti direttamente dai principali musei egiziani.
Roma-Tesori dei Faraoni alle Scuderie del Quirinale
In programma fino al 3 maggio 2026, la mostra si configura come un evento storico di grande portata: è infatti soltanto la seconda volta che l’Egitto concede un prestito così rilevante al nostro Paese: la prima risale alla celebre mostra di Palazzo Grassi a Venezia nel 2002-2003, che contava 80 reperti e segnò una tappa fondamentale nella divulgazione dell’archeologia egizia in Italia. Stavolta, l’esposizione romana supera per ampiezza, ricchezza e qualità il precedente veneziano, ponendosi come un’esperienza immersiva e approfondita nella vita, nei culti e nell’arte dell’antico Egitto.
Curata dall’egittologo Tarek El Awady, Tesori dei Faraoni è il frutto di una iniziativa di diplomazia culturale tra Italia ed Egitto, promossa con il sostegno dell’Ambasciata Italiana al Cairo. Il dialogo tra istituzioni ha reso possibile il prestito di capolavori conservati nei più prestigiosi musei egiziani, come il Museo Egizio del Cairo e quello di Luxor. A questi si affianca anche il contributo del Museo Egizio di Torino, che partecipa all’iniziativa prestando un prezioso manufatto della propria collezione, la Mensa Isiaca, in un simbolico ponte tra le due grandi realtà museali dedicate alla civiltà dei faraoni.
La mostra si articola in sei sezioni tematiche che esplorano gli aspetti fondamentali della civiltà egizia: l’autorità divina dei sovrani, la complessità della società, la vita quotidiana, le credenze religiose, i riti funerari e le più recenti scoperte archeologiche. Attraverso queste sezioni, il visitatore sarà accompagnato in un percorso che unisce la suggestione visiva dei capolavori esposti con una narrazione storica accurata e accessibile.
Tra le opere più significative in mostra spicca la celebre Triade di Micerino, faraone dell’Antico Regno vissuto oltre 4.500 anni fa, raffigurato in una scultura monumentale assieme alla dea Hathor e alla divinità protettrice della regione tebana. L’opera rappresenta un altissimo esempio della concezione egizia del potere regale come emanazione divina, oltre a essere un capolavoro assoluto dell’arte scultorea.
Altro protagonista assoluto dell’esposizione è il sarcofago d’oro della regina Ahhotep, risalente al Nuovo Regno. La raffinatezza della lavorazione e la ricchezza dei materiali testimoniano lo status della sovrana, madre di Ahmose I, considerata una figura chiave nel mantenimento della stabilità dell’Egitto in uno dei suoi momenti più delicati. Ad essa è legata anche la leggendaria Collana delle Mosche d’Oro, onorificenza militare riservata ai più valorosi condottieri: un simbolo di eroismo che, nel caso di Ahhotep, sottolinea il ruolo militare e politico della regina.
L’oro, metallo sacro e simbolo di immortalità, è presente in numerose opere in mostra. Tra queste la maschera funeraria d’oro di Amenemope, che colpisce per la precisione dell’esecuzione e la forza spirituale che emana. Non meno straordinario è il sarcofago d’oro di Thuya, nonna del faraone Akhenaton, decorato con simboli magici e iscrizioni geroglifiche che accompagnavano l’anima della defunta nel viaggio verso l’aldilà. Chiude la panoramica aurea la copertura funeraria del faraone Psusennes I, una delle più importanti testimonianze del Terzo Periodo Intermedio, con i suoi raffinati motivi ornamentali intesi a garantire la protezione del sovrano nell’aldilà.
La mostra non trascura la dimensione quotidiana della civiltà egizia. Oltre agli oggetti regali, saranno esposti utensili finemente lavorati, gioielli, statue e reperti che testimoniano la vita degli artigiani, dei funzionari e dei membri delle élite. Un’intera sezione sarà dedicata alla cosiddetta Città d’Oro, uno degli scavi più importanti degli ultimi decenni, avvenuto nei pressi di Tebe, che ha portato alla luce un grande insediamento urbano del tempo di Amenhotep III e Akhenaton. Le scoperte raccontano la vita degli artigiani al servizio della corte: utensili, ceramiche, amuleti e oggetti personali che rivelano con straordinaria chiarezza il livello di organizzazione sociale, il sapere tecnico e la cultura materiale del tempo.
Il percorso espositivo sarà accompagnato da un ricco programma di approfondimento. Sono previste conferenze con egittologi di fama internazionale, visite guidate, attività laboratoriali per bambini e adulti, pensati per coinvolgere pubblici diversi e rendere la conoscenza dell’antico Egitto accessibile, viva e coinvolgente. Un catalogo ufficiale, curato dal celebre archeologo egiziano Zahi Hawass e pubblicato da Allemandi Editore, accompagnerà la mostra e raccoglierà testi di approfondimento, immagini in alta definizione e schede dettagliate dei reperti.
L’apertura della prevendita per i biglietti è fissata a venerdì 30 maggio 2025. Viste la rilevanza internazionale dell’iniziativa e l’eccezionalità dei prestiti, è facile prevedere una grande affluenza di visitatori.
Roma-Tesori dei Faraoni alle Scuderie del Quirinale
Dichiarazioni
“La mostra Tesori dei Faraoni rappresenta un’opportunità straordinaria per consolidare il dialogo tra Italia e Egitto”, dichiara Alessandro Giuli, ministro della cultura. “Un dialogo fondato sulla valorizzazione del patrimonio culturale e sulla ricerca scientifica. In questo contesto non posso non richiamare il Piano Mattei, un modello che non si limita agli ambiti economici ed energetici, ma che punta a rafforzare anche le relazioni culturali. Il nostro paese, con un patrimonio artistico unico al mondo, ha saputo trasformare la propria esperienza millenaria in un sistema di competenze, conoscenze e professionalità riconosciute a livello internazionale. Le Scuderie del Quirinale, in questo senso, rappresentano un’eccellenza autentica. Da anni, sotto la gestione di Ales, si sono imposte come un punto di riferimento per mostre di respiro internazionale, capace di attrarre centinaia di migliaia di visitatori e di portare a Roma capolavori provenienti dai più importanti musei del mondo. Mostre come Tesori dei Faraoni non soltanto mettono in luce l’arte e la storia di una delle civiltà più affascinanti del mondo antico ma valorizzano anche il sistema Italia, in cui pubblico e privato, istituzioni e imprese, lavorano insieme per diffondere cultura e conoscenze”.
“La diplomazia culturale”, afferma l’ambasciatore italiano in Egitto, Michele Quaroni, “ci permette di parlare un linguaggio universale che supera i confini e mette in contatto le persone. Questa mostra è una potente espressione di questa idea. Riunisce istituzioni, studiosi e cittadini di entrambi i Paesi, ricordandoci che la cultura non riguarda solo il passato, ma guarda soprattutto al futuro. I legami culturali di lunga data tra l’Italia e l’Egitto, radicati in millenni di scambi mediterranei, continuano a fiorire attraverso iniziative come questa, approfondendo l’apprezzamento reciproco e la collaborazione”.
“Le mostre archeologiche temporanee all’estero”, sottolinea Mohamed Ismail Khaled, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, “rappresentano un ponte culturale fondamentale: permettono al pubblico internazionale di esplorare la ricchezza della civiltà dell’antico Egitto, mettendo in luce l’ingegno degli antichi Egizi nei campi della scienza, dell’ingegneria e delle arti. Queste esposizioni svolgono un ruolo chiave nel promuovere il dialogo interculturale e nel favorire l’avvicinamento tra i popoli attraverso l’apprezzamento condiviso del patrimonio umano. Questa è la seconda più grande esposizione di antichità egizie mai allestita in Italia dopo quella del 2002, intitolata “Faraoni”, che si tenne a Venezia e si concentrava sul ruolo dei sovrani egizi durante il Nuovo Regno. Oggi siamo orgogliosi di tornare con una collezione che riflette la ricchezza della nostra storia e il fascino senza tempo del nostro patrimonio. La selezione di questi reperti dal Museo Egizio di Tahrir lancia un messaggio chiaro: il museo continua a essere un pilastro della nostra eredità culturale ed educativa. Contrariamente alla percezione secondo cui possa essere oscurato dall’imminente inaugurazione del Grand Egyptian Museum il 3 luglio, il museo di Tahrir è oggetto di importanti interventi di riqualificazione degli spazi espositivi e del racconto curatoriale. Questi sviluppi sono realizzati in collaborazione con l’Unione Europea e con cinque dei principali musei europei, tra cui il Museo Egizio di Torino. Il nostro obiettivo è preservare il carattere storico del Museo di Tahrir migliorandone al tempo stesso la presentazione e l’esperienza del visitatore”.
“Questa mostra rappresenta il culmine di oltre un anno di collaborazione dedicata con i nostri partner italiani”, dice Moamen Othman, direttore del Settore Musei presso il Consiglio Supremo delle Antichità. “È stata resa possibile grazie a una stretta cooperazione con ALES – ARTE LAVORO E SERVIZI S.p.A., un ente interno del Ministero della Cultura italiano, oltre a MondoMostre, un’istituzione rinomata con vasta esperienza nell’organizzazione di mostre internazionali. Le Scuderie del Quirinale, che ospiteranno la mostra, sono una delle sedi culturali più prestigiose d’Italia. Situate adiacenti ai Giardini della Colonna e sopra le rovine del grandioso Tempio di Serapide, e in prossimità del Palazzo del Quirinale — residenza ufficiale del Presidente della Repubblica Italiana — oltre che della Corte Costituzionale, la location ha un’enorme rilevanza politica e storica. Ospitare qui la mostra invia un forte messaggio simbolico sul profondo rispetto e ammirazione che il popolo italiano nutre per l’antica civiltà egizia”.
“Con la grande mostra Tesori dei Faraoni, resa possibile grazie alla eccezionale generosità del governo egiziano e dei suoi musei statali, ALES SpA”, dice il suo presidente Fabio Tagliaferri, “centra uno degli obiettivi programmatici più ambiziosi e strategici assunti con il MiC per la gestione delle Scuderie del Quirinale: organizzare e produrre progetti espositivi di ampio respiro storico-geografico in grado di dimostrare come la cultura sia un veicolo straordinario per costruire relazioni internazionali solide e proficue”.
Roma-Tesori dei Faraoni alle Scuderie del Quirinale
“Curare la mostra Tesori dei Faraoni”, dice Tarek El Awady, “è stata l’esperienza più impegnativa ed entusiasmante della mia carriera professionale. È difficile descrivere cosa significhi realizzare una mostra che porterà l’anima dell’antico Egitto nel cuore di Roma — non solo attraverso oggetti splendenti d’oro e pietra, ma attraverso storie. Storie di scoperta, di resilienza, di ingegno umano. E storie che non erano mai state raccontate oltre i confini dell’Egitto — fino ad ora”.
“Per Scuderie del Quirinale”, sottolinea il direttore Michele Lafranconi, “presentare la mostra “Tesori dei Faraoni” rappresenta un immenso onore dato dall’importanza ed eccezionalità dei prestiti generosamente concessi dalla Repubblica araba d’Egitto, nonché un’opportunità irripetibile per presentare al pubblico italiano un progetto di grande ambizione culturale nel solco delle linee programmatiche tracciate dalla sua Commissione scientifica: rappresentare con un’offerta culturale di massimo prestigio il sistema di valori assoluti che l’immaginario quirinalizio porta con sé. Un sistema dalle radici millenarie generato dal fondersi e dal reciproco compenetrarsi delle grandi civiltà nate sulle varie sponde del Mediterraneo”.
Alla Rocca Roveresca di Senigallia- La forma dell’oro. storie di gioielli dall’Italia antica-
Alla Rocca Roveresca di Senigallia, giovedì 12 giugno, alle 11.00, si inaugura la mostra “La forma dell’oro. Storie di gioielli dall’Italia antica”, a cura di Massimo Osanna (Direttore generale dei musei) e di Luana Toniolo direttrice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma).
Allestita nelle sale rinascimentali della fortezza roveresca e di portata nazionale, la mostra propone una selezione di preziose testimonianze archeologiche provenienti da varie parti d’Italia: si potranno ammirare oltre 400 reperti di produzioni ornamentali nell’Italia peninsulare e in Sardegna dalla Preistoria all’Alto Medioevo.
Grazie all’impegno di Luigi Gallo, Direttore di Palazzo Ducale di Urbino – Direzione regionale Musei nazionali Marche – e del suo staff, la mostra sarà visibile su due piani della Rocca costituendo il primo appuntamento dopo i lavori di adeguamento, implementazione ed efficientamento energetico degli impianti di climatizzazione a servizio delle sale espositive realizzati con i fondi del PNRR, con i quali il monumento del XV secolo è ora adeguato agli attuali standard museali.
«La mostra che si apre nell’antica fortezza di Senigallia – afferma il Direttore Gallo – dimostra innanzi tutto che con il lavoro sinergico di vari istituti, i musei italiani sanno far rete per valorizzare e promuovere il nostro straordinario patrimonio, trasmettendolo alle generazioni future; inoltre l’esposizione certifica una volta di più quanto sia importante che il museo, oltre che luogo privilegiato di esposizione, si affermi anche come ambiente dedito alla ricerca scientifica: spazio vivo e vitale per creare infinite occasioni di conoscenza».
Il progetto è frutto della collaborazione scientifica tra le ex Direzioni Regionali Musei di Sardegna, Campania, Calabria, Molise, Marche, Puglia, Basilicata e il Parco archeologico di Pompei, in un progetto del Sistema Museale Nazionale, che permette di valorizzare le ricchezze e i tesori di molti musei.
L’evento espositivo è alla sua terza tappa: il primo appuntamento è stato presso il Museo Nazionale Archeologico ed Etnografico “Giovanni Antonio Sanna” di Sassari, poi al Museo Archeologico di Santa Maria delle monache di Isernia.
Da sottolineare che la tappa marchigiana inserisce nell’esposizione due cifre stilistiche perseguite dalla Rocca negli ultimi anni: l’attenzione ad una fruizione accessibile, grazie alla riproduzione di alcuni reperti e il dialogo con la realtà senigalliese insignita del titolo Città della fotografia, grazie ad una piccola esposizione fotografica in stretto dialogo con i reperti esposti.
Senigallia- La forma dell’oro
Una mostra “preziosa”
Il gioiello è da sempre espressione di identità, complemento di seduzione e bellezza, segno di legami, di consuetudini e mode. Lucente, incorruttibile, prezioso, l’oro è materia nobile in cui plasmare elaborati ornamenti. Ma l’arte di adornarsi si compone anche di altri metalli, come bronzo, ferro, argento e, inoltre, di gemme e paste vitree, di composti organici come ambra, conchiglie, ossa e denti di animali, che raccontano una lunga storia di sperimentazioni e conquiste tecnologiche, di gusto estetico, di creatività artigianale. E allo stesso tempo è la storia di vivaci contatti tra le genti del Mediterraneo antico, dove agli scambi di beni si associano ideologie, comportamenti, usanze e riti in un amalgama denso di contaminazioni culturali.
La ricca selezione di oggetti di grande valore storico-archeologico, in mostra a Senigallia fino al prossimo 8 dicembre, consente un affascinante viaggio geografico e temporale nell’Italia antica, dalla Preistoria all’alto Medioevo, tra ornamenti e gioielli che portano con sé, non solo bellezza e unicità, ma anche valenze simboliche legate agli ambiti del sacro, della magia, del potere e del prestigio sociale, attribuite in passato a questi oggetti che ancora suscitano attrazione e meraviglia in chi li guarda.
Torre Pellice(To)- Una Torre di Libri 2025-Ecco il programma della rassegna libraria-
Torre Pellice(Torino)- Festival del Comune di Torre Pellice-Dopo l’anteprima con Sigfrido Ranucci, che ha registrato il tutto esaurito, la rassegna Una Torre di Libri ha reso noto il programma completo della sua diciottesima edizione, che si svolgerà, come da tradizione, a Torre Pellice (è un festival del Comune di Torre Pellice, organizzato dalla Libreria Claudiana e dall’Associazione Diversi Sguardi, con il sostegno dell’Otto per Mille della Chiesa Valdese).
Torre Pellice(To)- Una Torre di Libri 2025
Si parte con un doppio appuntamento, sabato 28 giugno alle 17, stavolta alla Galleria Civica F. Scroppo, con Andrea Bouchard, autore di “Fuochi d’artificio”, romanzo per ragazzi sulla la Resistenza, già diventato serie TV di grande successo, e “Ho ingoiato il sole”, nuovissimo romanzo (Salani) che ha dentro tante storie: il cambiamento climatico, il rispetto per gli altri, la scoperta del diverso. Alle 18,15, anteprima assoluta dell’ultimo libro di Giorgio Tourn, “La mia Emmaus. Storia di un pastore valdese” (Claudiana). Intervengono Sara Tourn, curatrice del libro e redattrice di Riforma – Eco delle valli valdesi, e Bruna Peyrot, Presidente della Fondazione Centro Culturale Valdese.
Da giovedì 10 a domenica 13 luglio, la manifestazione, interamente a ingresso gratuito, avrà nuovamente il suo fulcro in piazza dal Municipio. Tutti gli eventi sono gratuiti e si terranno anche in caso di pioggia.
Giovedì 10 luglio Sarah Mustafa presenta La spia ha i capelli rossi, l’autrice ne parla con Raffaella Tolicetti, libraia. Alle 21, arriva Murubutu con il talk LetteratuRap.
Venerdì 11 si inizia alle 17 con Simone Lanza e L’attenzione contesa. Come il tempo schermo modifica l’infanzia. Con l’autore dialoga Emilia Caizzo, biologa, tecnico dell’apprendimento e ricercatrice. Alle 18,15 Fabio Geda con La casa dell’attesa. Con l’autore si confronta Marco Pratesi, medico e cooperante Cuamm. Alle 21,15 al Teatro del Forte Gabriele Del Grande presenta Il secolo è mobile.
Sabato 12 nel prato del Tempio Valdese, alle 10,30 Una Torre di… libriccini, con Paola Rattazzi, evento in collaborazione con la Biblioteca civica “Carlo Levi”, una mattinata per bimbi e bimbe. Alle 10,30 appuntamento davanti alla Foresteria Valdese e passeggiata nel centenario della nascita di Marina Jarre. Lungo il cammino le letture di Paola Grand del circolo LaAV Torre Pellice. Alle 16 in piazza del Municipio Marco Bouchard racconta La vergogna del giusto e dell’ingiusto. Storie e pensieri di un’emozione inattuale, con Alberto Corsani, direttore del settimanale Riforma – Eco delle valli valdesi. Alle 17 Roberta Mori con Svegliarsi adulti. Sandro Delmastro partigiano e amico di Primo Levi e Lorenzo Tibaldo con Il vento della libertà. Storia dell’antifascismo in Italia. Alle 18,15 Stefano Corradino con Note di cronaca, modera Susanna Ricci (Responsabile comunicazione Servizi Inclusione Diaconia Valdese). Nel pomeriggio, in piazza: “Con-tatto: l’accessibilità diventa esperienza”. All’interno del progetto Territori S.M.A.R.T.² prende vita uno stand interattivo a cura di Diaconia Valdese, dove l’accessibilità si fa esperienza concreta e condivisa. Alle 21,15 concerto-spettacolo Yo Yo Mundi (Canzoni Resistenti unplugged).
Domenica 13 sempre in piazza del Municipio alle 11,30 Sabina Baral con Timidi cristiani. Claudio Pasquet pastore emerito della Chiesa valdese, ne parla con l’autrice. Alle 16 Francesca Mautino con Tutti conoscono tutti. L’evento è condotto dalla redattrice di Radio Beckwith evangelica Daniela Grill. Alle 17 arriva Carlo Greppi con Figlia mia. Vita di Franca Jarach, desaparecida; sul palco, assieme all’autore, Alessio Lerda e Francesco Piperis, speaker e redattori di Rbe. Alle 18,15 Giovanni De Luna con Una domenica d’aprile. Piazzale Loreto, 1945: una fine, un inizio ne discute con Carlo Greppi, a partire dal suo ultimo libro (UTET) e infine alle 21,15 un concerto-spettacolo dell’Associazione Musicainsieme e delle Scuole di Musica Intercomunali della Val Pellice, Chisone, Germanasca e del Pinerolese dal titolo Parallèles – Paralleli.
Torre Pellice Centro della provincia di Torino (Piemonte), a m. 516 s. m., nella sezione inferiore della Val Pellice, presso l’influenza del torrente Angrogna nel Pellice; sorge sulle alluvioni terrazzate a contatto con quelle recenti e l’imponente massa micascistica. Contava 3080 ab. nel 1931 ed ha notevolissima importanza storica e religiosa, essendo il centro principale delle Valli Valdesi, ricco di chiese, di palazzi, di fiorenti istituti d’istruzione e di beneficenza, di industrie. È divenuto anche centro turistico di una certa rinomanza, favorito dalla ferrovia elettrica, a semplice binario, proveniente da Torino (km. 55) e dalla rotabile che da Pinerolo (km. 15) porta a Bobbio Pellice (km. 9,7), servita da linee automobilistiche pubbliche. Il comune ha una superficie di kmq. 21,22, di cui il 91% è agrario-forestale ed offre le caratteristiche della media montagna, ricca di prati permanenti e di pascoli (46,2% della superficie agrario-forestale), di boschi (31%), di seminativi (12%); diffuso è anche il castagneto, favorito dalle ottime condizioni ambientali (10%); fiorenti anche le colture legnose specializzate (2,7%; soprattutto vigneto). Il patrimonio zootecnico comprende (1930) 616 bovini, 370 ovini e 165 caprini. Le industrie occupavano nel 1927 909 operai; più importanti le tessili con 3 stabilimenti e 534 persone impiegate. La popolazione complessiva del comune risultò nel 1931 di 4745 abitanti presenti di cui 3193 agglomerati, ed è pressoché stazionaria rispetto al 1871 (4780): accusò un notevole aumento al censimento del 1901 (5706 ab.), ma da quell’epoca si avverte una costante diminuzione fino al 1921 (4565 ab.).
Storia. – Chiamata anticamente Torre di Luserna, fu sempre soggetta all’antica famiglia dei signori di Luserna, specialmente dei due rami Bigliatore o Bigliore e Rorengo, sotto l’alta sovranità di Casa Savoia. Deve il suo nome all’antico castello fortificato che i Luserna vi avevano edificato. Come nel resto della valle, alla fine del sec. XII o al principio del XIII vi si rifugiarono i Valdesi venuti dalla Francia i quali, accolti nel 1532 i principî della Riforma vi inaugurarono nel 1556 il culto pubblico riformato. Dal 1536 al 1559, come la maggior parte del Piemonte, fu soggetta ai Francesi che la sgombrarono per il trattato di Cateau-Cambrésis. Sotto Emanuele Filiberto nel 1565 fu sede del governatore Sebastiano Grazioli, detto Castrocaro, imposto a quelle valli dal duca; nel 1592 al tempo di Carlo Emanuele I ridiventò per un paio d’anni francese perché occupata con altri luoghi dal contestabile Lesdiguières. Il forte nel 1549, d’ordine del principe di Melfi, governatore per la Francia, venne distrutto; il 10 giugno 1690 fu occupato dal maresciallo Catinat, indi incendiato.
Fara in Sabina-Grande entusiasmo per le Giornate Europee dell’Archeologia
Fara in Sabina, 15 giugno 2025 –Fara in Sabina ha celebrato con entusiasmo le Giornate Europee dell’Archeologia, con un evento svoltosi sabato pomeriggio registrando una notevole affluenza di pubblico e un vivo interesse per le iniziative proposte. Ieri infatti il borgo sabino ha ospitato una giornata di studi dedicata al tema “Archeologia locale e identità comunitaria: storie di partenze e di ritorni”, con al centro la straordinaria vicenda del Carro di Eretum, prestigioso manufatto del VII secolo a.C. trafugato nel 1970 dalla necropoli di Colle del Forno e restituito all’Italia nel 2016 grazie all’intervento del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale: dopo un accurato restauro, il Carro è oggi esposto in modo permanente nel Museo Civico Archeologico della Sabina Tiberina di Fara in Sabina.
L’iniziativa, organizzata con il patrocinio del Ministero della Cultura, dell’Istituto Centrale per l’Archeologia, della Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, del Comune di Fara in Sabina e del MIBAC – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e la provincia di Rieti, in collaborazione con la Pro Loco di Fara in Sabina APS (che gestisce attualmente sia il Museo di Fara in Sabina sia l’ufficio turistico comunale), ha preso il via nel suggestivo Palazzo Martini ed è proseguita tra le sale del Museo Civico Archeologico della Sabina Tiberina. Dopo i saluti istituzionali del sindaco di Fara in Sabina, Roberta Cuneo, sono intervenuti diversi esperti del settore tra cui la dott.ssa archeologa Paola Santoro, dirigente emerito del CNR, la dott.ssa Irma Della Giovampaola, direttrice dell’Istituto Centrale per l’Archeologia, la dott.ssa Nadia Fagiani, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma e la Provincia di Rieti, la dott.ssa Annalisa Falcone, Istituto Centrale per l’Archeologia e il Ten. Col. Diego Polio, Comandante del Gruppo Carabinieri TPC di Roma (competenza Centro-Sud Italia). Dopodiché, i partecipanti sono andati alla scoperta dei preziosi reperti del Museo Civico grazia alla visita guidata della dott.ssa Paola Santoro: un’opportunità unica per esplorare le ricchezze storiche custodite in uno dei luoghi storici più importanti del territorio.
Giornate Europee dell’Archeologia a Fara in Sabina-
Gli organizzatori dunque ci tengono a ringraziare chi ha partecipato, tra curiosità ed entusiasmo, e chi ha reso possibile questo evento, tra cui la consigliera comunale Paola Trambusti e il dott. Luciano Martini, proprietario di Palazzo Martini.
Giornate Europee dell’Archeologia a Fara in Sabina-
Descrizione Museo archeologico di Fara in Sabina
Palazzo Brancaleoni ospita la sezione arcaica del Museo Civico Archeologico di Fara in Sabina e l’Archivio storico comunale mentre la sezione medievale è situata all’interno dell’Abbazia di Farfa.
Il Palazzo è un edificio del XV secolo, appartenuto alla nobile famiglia Brancaleoni. Nasce dall’accorpamento di alcune strutture medievali, tra cui sono riconoscibili due case-torri inglobate nella ristrutturazione rinascimentale, adattate ai nuovi canoni architettonici ed abitativi quattrocenteschi che prevedevano piani di rappresentanza riservati ai proprietari, riccamente decorati con affreschi e soffitti lignei a cassettoni. Nella cinque sale del piano “nobile” sono esposti materiali per un arco cronologico compreso tra la preistoria e l’età romana. In particolare tra i reperti esposti sono presenti i materiali provenienti dalla capanna di Cures (VIII secolo a.C.) e le lamine in oro del corredo della sepoltura principesca di Colle del Forno (tomba XI-fine VII secolo a.C.).
Al piano terra l’Archivio storico comunale conserva la documentazione del territorio a partire dalla fine del XV secolo.
Di fronte al Colle di Fara sorge l’altura di Monte San Martino, abitata in epoca protostorica da un esteso ed articolato insediamento risalente all’età del Bronzo finale (la maggior parte del materiale è venuto alla luce presso le pendici orientali del monte, in località Quattro Venti). Le ricerche hanno evidenziato la presenza di alcune opere di terrazzamento con recinti di mura realizzati in pietrame a secco, di cui si ipotizzò in alcuni casi una datazione ad epoca protostorica. È stato possibile ricostruire l’andamento di almeno tre cinte murarie, irregolarmente ellissoidali, che seguivano le curve di livello[4]. Oggi questo abitato protostorico è stato identificato con Mefula,[5] antica città degli Aborigeni (mitologia), che secondo Dionigi di Alicarnasso sorgeva ad appena 5 km di distanza da Suna (Toffia)[6]. Dionigi riferisce inoltre della presenza di mura, unico caso a riguardo del popolo aborigeno, un dato che trova conferma dall’effettiva presenza sul monte di murature a secco attribuibili ad epoca protostorica (peraltro rare in questo periodo).
L’insediamento aborigeno di Mefula scompare già durante la prima età del Ferro (forse in relazione alla contemporanea nascita dei centri sabini in pianura, come la vicina Cures).
Tra il IX secolo a.C. e il VI secolo a.C. nella località di Santa Maria in Arci si era stabilito un insediamento sabino, identificato con la città di Cures, che continuò a vivere in età romana (resti di terme e di un piccolo teatro e necropoli). Il territorio era sfruttato dal punto di vista agricolo con una fitta rete di ville, costruite su terrazzamenti in opera poligonale nel II secolo a.C. e in opera quasi reticolata nel I secolo a.C. (“villa di Grotte di Torri” e ancora di Fonteluna, di Mirteto, di Cagnani e di San Lorenzo a Canneto, di Sant’Andrea e di San Pietro presso Borgo Salario, di Grottaglie, di Piano San Giovanni, di Grotta Scura, di Monte San Martino, di Fonte Vecchia).
Le origini dell’attuale abitato sembrano risalire ad epoca longobarda, alla fine del VI secolo, come sembra indicare il toponimo, derivante dal termine longobardo fara, con il significato di “clan familiare”. Il castello è attestato dal 1006 e dal 1050 fu sotto il controllo dell’abbazia di Farfa. Fu quindi feudo degli Orsini. Dal 1400 è divenuto sede dell’abate commendatario di Farfa e si sono succedute le varie famiglie proprio a partire dagli Orsini fino alla famiglia Barberini, con il cardinale Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII, che nel 1678 ha fondato, con sede nell’antico castello, il monastero delle Clarisse Eremite.
Nel 1867 fu toccata con la frazione di Coltodino dalla Campagna garibaldina dell’Agro Romano per la liberazione di Roma. Giuseppe Garibaldi dopo la sconfitta di Mentana raggiunse con i suoi Volontari la stazione ferroviaria di Passo Corese in comune di Fara dove partì in direzione del nord. Sempre da Fara sulla riva del Tevere partì con alcune barche la sfortunata spedizione dei Fratelli Cairoli conclusa tragicamente a Villa Glori. Testimonianze della Campagna dell’Agro Romano per la liberazione di Roma (1867) sono conservate nel Museo nazionale di Mentana.
Il 10 dicembre 1920 la frazione di Canneto Sabino fu teatro di un eccidio, il più cruento, quanto a numero di morti del cosiddetto Biennio rosso. Durante una manifestazione organizzata dai braccianti nel tentativo di ottenere migliori condizioni di lavoro un gruppo di Carabinieri ne uccise 11 in località Colle San Lorenzo.
Simboli
Lo stemma e il gonfalone sono stati riconosciuti con DCG del 7 novembre 1941.[7]
«D’azzurro, a tre fruste d’olivo fogliate di verde, poste sopra un monte d’oro di sei cime.»
Il gonfalone è un drappo partito di giallo e di rosso.
-Franco Leggeri Fotoreportage-“Il Castello di Torre in Pietra”
Franco Leggeri Fotoreportage-Il Castello di Torre in Pietra, detto anche Castello Falconieri, è un castello situato a Torrimpietra, frazione del comune di Fiumicino, in provincia di Roma. Inizialmente il borgo era un castra attorniato da torri e da mura di cinta. Nel 1254 il castello era proprietà della famiglia normanna degli Alberteschi, poi passò agli Anguillara che, nel 1457, per mano di Lorenzo e Felice Anguillara, per 3000 ducati d’oro lo vendettero a Massimo di Lello di Cecco dei Massimo, quindi passò ai Peretti. Nel 1639 fu venduta ai principi Falconieri. Ferdinando Fuga realizzò la chiesa e lo scalone del piano nobile del castello, indi Pier Leone Ghezzi ne realizzò gli interni, perlopiù gli affreschi inerenti all’anno giubilare 1725. Il Castello che oggi ammiriamo è sostanzialmente quello che ci hanno lasciato i Falconieri. Gli affreschi sono perfettamente conservati: possiamo rivivere i fasti dell’anno giubilare 1725, quando il Ghezzi viene chiamato da Alessandro Falconieri a decorare il piano nobile con scene celebranti la visita al castello del Papa Benedetto XIII. All’interno della chiesa ottagonale, gli affreschi sugli altari laterali sono ulteriori testimonianze della sua opera. Infine, nella seconda metà dell’ottocento, i Falconieri si estinguono e Torre in Pietra conosce un’epoca di decadenza[2]. Nel 1926 passò al senatore Luigi Albertini che ne bonificò le terre secondo le moderne tecniche e la rese tra le più prestigiose aziende zootecniche italiane. Nel 1941 passò a sua figlia Elena Albertini, sposata con il conte Nicolò Carandini, i cui eredi tuttora risultano proprietari del castello-Fonte Wikipedia-
Foto di Franco Leggeri-Le foto del Castello di Torre in Pietra , sono stati scatti eseguiti per provare vari obiettivi e fotocamere Reflex-:NIKON e CANON-
il CASTELLO DI TORRE IN PIETRA
Castello di Torre in Pietra
Il Borgo di Torre in Pietra che sorge in una vasta zona agricola e boschiva protetta in antico da una “Turris in petra” poco distante e ancora esistente.
Il Borgo si identifica essenzialmente nella struttura denominata più specificamente “Castello” cioè l’insieme delimitato da mura, ma comprende anche alcuni edifici ai margini della cinta muraria, abitativi e commerciali (ristorante, cantina). Il Castello, che si ritiene sorga nel luogo della stazione romana Baebiana, ha origine medioevale e di quell’epoca conserva ancora quasi intatta la struttura rettangolare cinta da mura e definita da torri angolari.
Tra i vari edifici c’è il “Palazzo”, una residenza signorile risultato di interventi di ampliamento e di fusione di più edifici preesistenti ad opera delle famiglie Peretti e Falconieri. A difesa del castrum, al di sopra di un fossato ormai colmato, in direzione Roma, si erge una torre angolare con funzione abitativa e di avvistamento, che si affaccia sul cortile medioevale detto dei cavalli, dalla presenza della scuderia e della selleria. Un edificio seicentesco, a destinazione abitativa, è addossato al lato esterno delle mura, che ne costituiscono la facciata verso il giardino, e ingloba al suo interno una delle torri minori medioevali. Il giardino conserva una fontana seicentesca, tratti di basolato romano, platani e pini secolari.
Il Castello di Torre in Pietra nel 1254 è citato tra i possedimenti della nobile famiglia Normanni Alberteschi, poi diviene proprietà degli Anguillara e dei Massimo. Nel 1590 viene acquistato da Camilla Peretti, sorella di Papa Sisto V. Nei primi anni del 600 il Principe Michele Peretti fa costruire nel borgo fortificato una nuova, grande e sfarzosa residenza signorile dall’architetto Michele Peperelli.
Nel 1639 la tenuta e il Castello sono venduti ai Principi Falconieri, che chiamano a lavorare a Torre in Pietra due grandi ingegni del tempo: l’architetto Ferdinando Fuga, che realizza la chiesa e il nuovo scalone di accesso al piano nobile, e il pittore Pier Leone Ghezzi, che esegue gli affreschi nei saloni del piano nobile e su due altari della Chiesa, ancora oggi perfettamente conservati.
Nella seconda metà dell’800 i Falconieri si estinguono e Torre in Pietra conosce un’epoca di decadenza. Il castello passa nelle mani di diverse famiglie, tra le quali i Florio di Sicilia, fino a quando, nel 1926, diviene proprietà del Senatore Luigi Albertini che, insieme ai figli Leonardo ed Elena e al genero Nicolò Carandini, si impegna in un’imponente opera di bonifica della tenuta agricola e di restauro di castello, chiesa e borgo. I lavori sono condotti dall’architetto Michele Busiri Vici, con il contributo del pittore Eugenio Cisterna.
Dal 1990 i figli e nipoti eredi di Elena e Nicolò Carandini conservano e abitano il Castello, aperto a visite ed eventi, e conducono l’azienda agricola e la cantina.
Foto di Franco Leggeri-Le foto del Castello di Torre in Pietra , sono stati scatti eseguiti per provare vari obiettivi e fotocamere Reflex-:NIKON e CANON-
il CASTELLO DI TORRE IN PIETRA
Il Castello di Torre in Pietra è un meraviglioso complesso architettonico di origine Medioevale, con importanti testimonianze di architettura e pittura sei-Settecentesche. Sono ancora perfettamente conservati il fossato, la torre di guardia e le mura di cinta che abbracciano tutto il complesso, all’interno del quale, nel corso dei secoli, sono stati costruiti e trasformati diversi importanti edifici. Domina su tutto il palazzo Seicentesco, posto al centro del Borgo all’interno del quale, salendo al piano Nobile, si possono ammirare i magnifici affreschi, opera del pittore Pier Leone Ghezzi, che ha decorato le sale con una sequenza di paesaggi, trompe l’oeil, scene religiose, figure di nobili e chierici, figure allegoriche, stemmi, ritratti di Cardinali e di Papa Benedetto XIII. Davanti al palazzo un ampio cortile, in parte lastricato da basolato Romano, conduce a due grandi giardini, ombreggiati da platani e pini secolari, con al centro un’antica fontana. Sul lato destro si affaccia la bella Chiesa ottagonale di S. Antonio Abate, opera Settecentesca del celebre architetto Ferdinando Fuga, decorata anch’essa dal Ghezzi. Sulla sinistra, al piano terra di un altro edificio, si raggiunge la vasta Sala Peretti, con il suo imponente soffitto a volta e il bel camino, recentemente restaurata. Una cintura di boschi circonda e protegge il Castello che mantiene il suo carattere affascinante e segreto nonostante la sua vicinanza alla via Aurelia e a Roma.
La storia del Castello di Torre in Pietra L’attuale complesso di edifici ha origini Medioevali e si è costituito nella forma di un castrum, un villaggio agricolo fortificato attorno a una residenza signorile, secondo un modello di insediamento rurale molto diffuso all’epoca nella campagna Romana; lo si può veder ancora oggi osservando le torri, il bastione, il fossato e le mura di cinta.
Il primo documento nel quale si descrive questo insediamento con l’antico nome di “Castrum Castiglionis” è un testamento che risale al 1254, nel quale viene menzionato tra i beni che un Nobile della famiglia Romana dei Normanni Alberteschi lascia in eredità a uno dei suoi figli. Diventa in seguito proprietà degli Anguillara e dei Massimo.
Il nome di Torre in Pietra, che deriva da una Torre isolata costruita su un roccione di pietra nei pressi del castello, è indicato per la prima volta in una pianta del 1620 dove sono illustrate le tenute dei principi Peretti. Nel 1590, infatti, la tenuta venne acquistata da Camilla Peretti, sorella di Papa Sisto V°, e Michele Peretti, nipote del Papa, commissionò all’architetto Francesco Peperelli la costruzione di una nuova residenza signorile sui resti del castrum Medioevale.
Al piano Nobile alcune sale, secondo l’usanza del tempo, vennero rivestite con pannelli di cuoio decorato, altre affrescate. Il palazzo che noi oggi vediamo conserva ancora quasi intatto il suo impianto seicentesco e lo stemma Peretti campeggia ancora sul portone d’ingresso. Ma l’altissimo tenore di vita intaccò irrimediabilmente il loro patrimonio familiare e così, nel 1639, i Peretti dovettero vendere il castello e la tenuta al principe Orazio Falconieri.
I Falconieri, che ebbero Torre in Pietra tra i loro possedimenti per più di due Secoli, erano dei potenti banchieri che raggiunsero l’apice del potere e della ricchezza quando nel 1724 Alessandro, nipote di Orazio, fu nominato Cardinale dal Papa Benedetto XIII°. Tra il 1712 e il 1725, Alessandro volle mutare in parte l’aspetto seicentesco del Castello, chiamando due ingegni del suo tempo: l’architetto Ferdinando Fuga e il pittore Pier Leone Ghezzi. La chiesa Medioevale venne abbattuta e ricostruita su disegno del Fuga, che progettò anche il nuovo scalone d’ingresso al palazzo. Sia la Chiesa che i saloni del piano Nobile vennero poi affrescati dal Ghezzi.
Dal 1870 il castello e la tenuta passarono nelle mani di numerosi proprietari (i Carpegna, i Florio, la Società Bonifiche Agrarie) e conobbero un lungo periodo di abbandono, fino a quando nel 1926 divennero di proprietà del Senatore Luigi Albertini. Egli, avendo dovuto abbandonare la direzione del Corriere della Sera per la sua opposizione al fascismo, dedicò tutte le sue risorse a una imponente opera di bonifica dei terreni paludosi, di avvio di un’azienda agricola modello, e di restauro del castello, della chiesa e del borgo, coadiuvato dal figlio Leonardo Albertini e dal genero Nicolò Carandini.
Matrimoni al castello di Torre in Pietra Il castello è il luogo ideale per celebrare matrimoni religiosi nella Chiesa dedicata a S. Antonio Abate e, grazie alla convenzione con il Comune di Fiumicino, il rito del matrimonio civile.
Visite al castello e alla cantina Organizziamo anche visite guidate al Castello e alla Chiesa e, in collaborazione con la Cantina, degustazioni di vini e visite guidate della Cantina.
Torrimpietra è stata la quarantaseiesima zona di Roma nell’Agro romano, indicata con Z. XLVI, istituita con delibera del commissario straordinario n. 2453 del 13 settembre 1961 e soppressa con delibera del commissario straordinario n° 1529 dell’8 settembre 1993[2] a seguito dell’istituzione del comune di Fiumicino, avvenuta con legge regionale n. 25 del 6 marzo 1992.
Il toponimo deriva dalla Torre In Pietra, castello del XIII secolo.
Chiesa di Sant’Antonio Abate, su via Francesco Marcolini.
Chiesa di San Pietro
Chiesa della Misericordia
Economia
Fino alla fine degli anni novanta del Novecento l’economia comunale, tra cui l’allevamento di bovini, era legata principalmente all’azienda locale, denominata appunto Torre in Pietra, che produceva latte fresco pastorizzato e yogurt, un tempo appartenuta ai proprietari della Tenuta Torre in Pietra; lo storico marchio ha poi spostato la sua produzione altrove e oggi non è più legato alla realtà locale. È ancora in attività invece la produzione di vino nella storica cantina del castello[3].
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