Roma –Castel di Guido :Sit-in delle Associazioni per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia.
Roma Il Presidente dell’Associazione Cornelia Antiqua CRISTIAN NICOLETTA a Castel di Guido :Sit-in delle Associazioni per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia.
Roma Municipio XIII-Castel di Guido 26 giugno 2022-Si è svolto puntualmente , sulla piazza del Borgo, il sit-in organizzato dalle Associazioni Cornelia Antiqua e Castel di Guido e altro . Il Presidente, Cristian Nicoletta, organizzatore dell’evento, aprendo la manifestazione, ha ringraziato le tantissime Associazioni e i Cittadini presenti per aver risposto all’appello di Cornelia Antiqua a partecipare a questo sit-in al fine di salvare e riqualificare il sito Archeologico della Bottaccia , sottolineando:” che la concretezza operativa, ha iniziato a smuovere qualcosa e, finalmente , i vari “bla-bla” sembrerebbero destinati a finire nella cartella delle inutili promesse ”.
Il Presidente Cristian ha ringraziato la Presidente Diana Calcagni e i Volontari di Retake che proprio oggi , ancora una volta, hanno pulito la via di Castel di Guido e ,come fanno da anni, l’area antistante il Casale . Ha preso poi la parola il dott. Alessio De Cristoforo, funzionario della Soprintendenza responsabile per il Municipio XIII, sotto cui ricade il sito Archeologico della Bottaccia . Il dott. De Cristoforo ha illustrato ,con chiarezza, la Convenzione di Faro (Portogallo) del 2005, recentemente ratificata anche dal nostro Parlamento.
Il Vice-Presidente di Cornelia Antiqua, Gianluca Chiovelli nel suo intervento ha voluto evidenziare il ruolo delle Associazioni con queste parole :”Per riuscire a centrare l’obiettivo è necessario creare una rete di Associazioni e coinvolgere i Cittadini perché-chiosa Chiovelli-le Istituzioni devono essere sollecitate nelle azioni di recupero e valorizzazione dei Siti Archeologici e conservarli come eredità per le generazioni future”. La Presidente del CdQ Castel di Guido, Elisabetta Gasparri, ha elencato le attività in programma per l’Estate Romana nel Borgo le più importanti saranno “Il Teatro di Paglia” e i Concerti Musicali. Sono intervenuti dal podio tutti i Presidenti delle Associazioni presenti e che sono attivamente impegnate nella tutela e salvaguardia della nostra Campagna Romana.
-Fabio Scaccia (presidente Castel di Guido e altro);
-Riccardo Paolucci (Sotterranei di Roma);
-Enzo Stefanoni (Gar sezione Cerveteri);
-Alessandro Capitoni (presidente Mos Maiorum);
-Sandro Visci (presidente Romars);
-Romano del Valli (Civiltà Romana);
-Luigi Plos (Luoghi segreti a due passi da Roma);
-Pietro Mac (presidente Ager Veientanus);
-Pietro Serra (Associazione Schola Armaturarum);
-Ida Oliva (Forestale);
-Claudia Graziani (presidente Wow);
-Marco Collanega (Lorium);
-Andrea Silenzi Schifano (presidente Fonte di Mimir);
-Diana Calcagni (Retake);
-Luigi Conte(Priore del Palio dei Fontanili di Testa di Lepre);
-Elisabetta Gasparri (comitato Castel di Guido).
La logistica e il buffet sono stati curati dalle Associazioni Cornelia Antiqua e Castel di Guido e altro.
Articolo di Gianluca Chiovelli.
Galleria fotografica del Sit-in per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia
Roma –Castel di Guido :Sit-in delle Associazioni per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia.-L’intervento dott. Alessio De Cristoforo, funzionario della Soprintendenza responsabile per il Municipio XIII, sotto cui ricade il sito Archeologico della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .
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Castel di Guido :Sit-in delle Associazioni per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia.La logistica e il buffet sono stati curati dalle Associazioni Cornelia Antiqua e Castel di Guido e altro.
Galleria fotografica del Sit-in per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia
Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .
ROMA Municipi XIII-XIV –Il 26 giugno 2022 Sit-in nel Borgo di Castel di Guido:
” SALVIAMO IL SITO ARCHEOLOGICO del CASALE della BOTTACCIA”
CASALE della BOTTACCIA
ROMA Municipio XIII-XIV- Le Associazioni:Cornelia Antiqua e Amici di Castel di Guido, con i rispettivi Presidenti: Cristian Nicoletta e Fabio Scaccia rinnoveranno l’Appello per il salvataggio ed il restauro dell’Antichissimo Casale della Bottaccia.
Saranno Presenti –Alberto Barbattini ,Presidente della Coop. IL PARCHETTO, Luigi Conti, Priore del Palio dei Fontanili di Testa di Lepre, La Dott.ssa Gianna Capannolo per Amici di Castel di Guido ed altre Associazioni che lavorano per il Bene Comune nei Municipi XIII e XIV-
Il Presidente di Cornelia Antiqua, Cristian Nicoletta,rivolge un Appello a tutti gli amanti della Storia e della Campagna Romana:” Supportate questa iniziativa!!! Oltre alle Associazioni è importante la presenza dei Cittadini romani. Proprio in questi giorni i nostri Fotoreportage, relativi al Casale della Bottaccia, sono stati ripresi e pubblicati da molti organi d’informazione”.
L’Appuntamento è per le ore 19:00 presso la Piazza del Borgo di Castel di Guido .
Al termine dell’incontro le Associazioni offriranno un piccolo buffet .
-Fotoreportage-Castel di Guido :”Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia”-
Roma Municipio XIII- 19 giugno 2022-Fotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-
Associazione Cornelia Antiqua, nella foto, Tatiana CONCAS, Mirko ANTONUCCI e Damiano FILIPPONI capitanati dal Presidente CRISTIAN NICOLETTA
Roma Municipio XIII- 19 giugno 2022-Gli Indiana Jones dell’Associazione Cornelia Antiqua, nella foto, Tatiana CONCAS, Mirko ANTONUCCI e Damiano FILIPPONI capitanati dal Presidente CRISTIAN NICOLETTA sono, anche oggi , entrati all’interno dei ruderi del Casale della Bottaccia . A corredo di questo articolo pubblichiamo il loro Reportage Fotografico :”Cartoline dall’inferno-Castel di Guido- Il Degrado e abbandono del Sito Archeologico del Casale della Bottaccia.
In Italia esistono luoghi, se pur carichi di storia per i Borghi dove sorgono,sono lasciati nel degrado e nella più completa rovina .Il Casale della Bottaccia di Castel di Guido non sono “pietre disperse” e senza storia , ma è sicuramente un edificio, porzione di edificio, dal passato antico che per qualche ragione sconosciuta non gode dei “diritti” di recupero e restauro come di altri luoghi simili esistenti a Roma . Il Casale è forse condannato a una fine ignobile, soffocata dai suoi stessi calcinacci?
Fotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia
Breve cronologia degli eventi degli ultimi anni- Storia-Ricerca Bibliografica-(Parziale e non esaustiva) cura di Franco Leggeri -le foto originali sono dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA .
-Il Casale della Bottaccia è, risulta, in stato di abbandono già dal 1964, come documentato da una foto in possesso della soprintendenza dei BB.CC.; in tale foto si vede anche la presenza di alcuni infissi e dei tetti oggi tutti crollati e del fienile, costruito nel 1700, di cui oggi rimane solo la parte basamentale..
Nel 1992 i tetti sono mancanti in alcune parti del fabbricato come si vede dalla foto in “Elisabetta Carnabuci, Antiche Strade – Lazio- Via Aurelia, I.P.Z.S., Roma 1992”; dalla quale si nota anche come a quel tempo le aperture non fossero ancora state murate e la tettoia all’ingresso fosse ancora in piedi. Nello stesso volume si afferma che la proprietà sembra essere ancora della famiglia Pamphilj.
Nel 2018 Dopo tantissimi appelli ,anche d’ITALIA NOSTRA, e tante promesse di politici in cerca di voti, il Sito Archeologico Casale della Bottaccia era ancora in stato di abbandono , di degrado e regno incontrastato della prostituzione.
Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia-Dettaglio facciata nord 1964 (Soprintendenza BB.CC.)
Breve Storia-Ricerca Bibliografica-(Parziale e non esaustiva) cura di Franco Leggeri –
Intorno alla metà del 1600 ,per la grande opera di Carità dell’abate Ottavio Sacco da Reggio Calabria (morto nel 1660) e per la benevolenza del Principe Camillo Pamphilj, che aveva acquistato nel 1641 la tenuta dal Card. Alessandro Peretti detto anche Cardinal Montalto, fu edificata la cappella annessa al Casale della Bottaccia . La Cappella fu dedicata a Sant’ Antonio Abate, che , da subito, diventa anche un “piccolo ospedale” per il primo soccorso degli ammalati. Si racconta che nei pressi della Cappella di Sant’Antonio era sempre pronto un carro, con cavalli attaccati, per raccogliere gli ammalati nella Campagna Romana .Gli ammalati o infortunati più gravi venivano inviati nell’Ospedale Santo Spirito di Roma.Una Cappella simile a quella del Casale della Bottaccia fu edificata , ancora esistente e visibile, a fianco del Casale Panphilj sito nel Borgo di Testa di Lepre di Sotto in via dell’Arrone.
Nei primi del ‘700 fu realizzato, probabilmente nel corpo a sud con grandi saloni ai piani superiori, un piccolo ospedale per il primo soccorso: l’Eschinardi infatti scrive: “. . omissis . . e parte del Principe Panpfilj di rub. 281 con la seguente detta della Bottaccia di rub. 333 dove si trova sempre pronta una sua carrozza per condurre a Roma gl’ammalati della campagna.” ed anche il Metalli: “Il Principe Panfili vi istituì un piccolo ospedale ed un’ambulanza pel trasporto dei malati poveri a Roma.” . Tale notizia da quanto riportato sul sito del X Dipartimento sarebbe desunta anche dai registri parrocchiali di Castel di Guido: “ . . .omissis . , l’oste assumeva un ruolo delicato: nel contratto di affitto dei locali aveva anche l’obbligo di accogliere i malati e portarli al vicino ospedale. Il Casale della Bottaccia fungeva non solo per la zona di Castel di Guido ma per tutto l’Agro Romano da ospedale. E due volte a settimana i malati più gravi si trasferivano all’Ospedale di Roma.”; questo riferimento del XVIII secolo conferma anche l’utilizzo di parte del casale come osteria, ribadito anche nella “Rubrica delle tenute e dei casali della carta Cingolana”. Quest’ultima destinazione d’uso probabilmente rimane fino al secolo scorso poiché se ne trovano ancora le tracce nel Casale, e L’ipotesi è sostenuta anche da Luigi Cherubini:”Le vecchie osterie della Campagna si danno da fare: per non restare tristemente abbandonate e inutilizzate, anche se hanno una storia, com’è successo alla “Bottaccia” di Castel di Guido e al Casale dei Francesi di Ciampino…(Omissis) per non morire” (Catasto Alessandrino 433bis/19 19 Ottobre 1661 “Sviluppo della strada che da Porta S. Pancrazio passa per Pisana e arriva a Maccarese” agrimensore Legendre Domenico; Isa Belli Barsali e M. G. Branchetti, “Ville della Campagna Romana”, ed. SISAR, Milano 1975, pag. 249-250-
Articolo di Franco Leggeri
Associazione CORNELIA ANTIQUA -Fotoreportage -Castel di Guido Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaAssociazione CORNELIA ANTIQUA -Fotoreportage -Castel di Guido Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia
Fotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-
Roma Municipio XIII- 19 giugno 2022–-Castel di Guido :”Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia”-
Fotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaAssociazione CORNELIA ANTIQUA -Fotoreportage -Castel di Guido Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaAssociazione CORNELIA ANTIQUA -Fotoreportage -Castel di Guido Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaAssociazione CORNELIA ANTIQUA -Fotoreportage -Castel di Guido Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia
Associazione CORNELIA ANTIQUA -Fotoreportage -Castel di Guido Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia- ATTUALE LUPANAREAssociazione CORNELIA ANTIQUA -Fotoreportage -Castel di Guido Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia- ATTUALE LUPANAREFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia- Tegole ASPORTATEFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaAssociazione CORNELIA ANTIQUA -Fotoreportage -Castel di Guido Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia- FACCIATA PERICOLANTEFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia- ATTUALE LUPANAREFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia-PAVIMENTO ASPORTATOFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaFotoreportage dell’Associazione CORNELIA ANTIQUA-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia
Prof.Giorgio Giannini- “IL PRIMO SCIOPERO DEI BRACCIANTI AGRICOLI NELLO STATO PONTIFICIO “-Roma maggio 1832
Prof.Giorgio GianniniCASTEL DI GUIDO-Roma
LE CONDIZIONI DEI LAVORATORI AGRICOLI NELLE TENUTE DELL’AGRO ROMANO
All’inizio dell’Ottocento l’Agro romano, cioè la zona intorno a Roma compresa tra il Mare Tirreno ad Ovest, l’Appennino ad Est, l’Agro Pontino al Sud e l’Agro di Tarquinia a Nord, ha una estensione di oltre 200.000 ettari. Vi abitano stabilmente poche migliaia di persone per le difficili condizioni di vita e per la presenza della malaria, che è endemica e provoca molte vittime. Secondo il censimento del 1871 ci sono 2 residenti per Kmq mentre i “presenti” (che vi lavorano) sono 7 per Kmq. Mezzo secolo prima, la situazione demografica era certamente peggiore.
Ci sono pochi borghi abitati, che rappresentano il “centro” delle molte Tenute agricole, di proprietà di Enti religiosi o di Nobili, date in affitto ai cosiddetti Mercanti di Campagna, che, per massimizzare il profitto, sfruttano al massimo i lavoratori agricoli (pochi sono assunti stabilmente mentre la maggior parte sono braccianti stagionali, provenienti dalle altre Regioni dello Stato Pontificio (soprattutto le Marche e l’Umbria) ed anche dal Regno delle Due Sicilie (soprattutto l’Abruzzo), che sono assunti in occasione dei lavori più impegnativi, quali la raccolta dei cereali e la fienagione) e conducono una vita di stenti, con la misera paga che ricevono, in moneta o in natura (in beni alimentari), e spesso sono addirittura indebitati con i loro datori di lavoro. La vita di questi lavoratori è raccontata dai Viaggiatori del Gran Tour del 700 e del 800.
Le attività agricole principali sono l’agricoltura, che è molto arcaica e poco produttiva, e l’allevamento del bestiame allo stato brado.
I lavoratori agricoli delle Tenute sono strutturati secondo una rigida gerarchia sociale, che comprende il Fattore, il Sotto Fattore, il Capoccia, il Capoccetta, il Guardiano, il Dispensiere (che consegna i beni alimentari previsti dalla “paga in natura” oppure li vende – a caro prezzo- ai dipendenti), i Salariati fissi, che ricevono un salario mensile e possono essere licenziati con un preavviso di tre mesi), gli Avventizi (detti anche Bifolchi), che sono reclutati per un periodo di tempo limitato, quasi sempre attraverso i Caporali, nei paesi di origine oppure in alcune “piazze di Roma “ (tra le quali Campo de’ Fiori e Piazza Navona) e che ricevono un “compenso a giornata” e possono essere licenziati senza preavviso, nei giorni di mercoledì e di sabato. In fondo alla scala sociale dei lavoratori ci sono le donne ed i ragazzi, reclutati dal Caporale, che svolgono le mansioni più semplici ed umili.
I lavoratori sono aggregati in Compagnie di 25-30 persone, che si chiamano “scelte”, se sono formate per almeno la metà da lavoratori specializzati (addetti a mansioni specifiche, come i mietitori dei cereali ed i falciatori del fieno) oppure “bastarde”, se sono formate per più della metà da donne e da ragazzi.
Il lavoro è molto duro: dura da un’ora prima dell’alba al tramonto, con due pause di un’ora, per la colazione ed il pranzo.
IL PRIMO SCIOPERO DEL 16 MAGGIO 1832
Carlo Travaglini
Lo sciopero dei lavoratori Avventizi inizia mercoledì 16 maggio 1832 (il mercoledì era il giorno in cui potevano essere licenziati senza preavviso), come risulta dall’esposto presentato al Governatore di Roma, Mons. Capelletti, dal Mercante di Campagna Luigi Gentili, affittuario della Tenuta di Ponte Galeria. Aderiscono alla protesta anche i Bifolchi della vicina Tenuta del Pisciarello, gestita in affitto dalla vedova Regis.
In un rapporto della Polizia pontificia è scritto che alcuni lavoratori in agitazione vanno nella Tenuta di Castel di Guido, gestita direttamente dall’Istituto di Santo Spirito, per “sollevare” (convincere a partecipare alla protesta) i Bifolchi locali e consegnano al Capoccia un foglio scritto a mano contenente le “rivendicazioni” avanzate per far cessare lo sciopero. In seguito si sparge la voce di un raduno di lavoratori a Campo de’ Fiori ed a Piazza Farnese per domenica 20 maggio.
All’alba di giovedì 17 maggio, il Capo delle Guardie di Polizia Giovanni Galanti, evidentemente informato di quanto è accaduto il giorno prima, arriva con sette poliziotti a cavallo nella Tenuta di Boccea (di proprietà del Capitolo di San Pietro), dove trova 51 Bifolchi (lavoratori di varie Tenute, che si sono lì riuniti), 23 dei quali dipendenti della Tenuta di Torre in Pietra (gestita dai 4 Fratelli Merolli), 8 della Tenuta di Tragliata, 6 della Tenuta di Ponte Galeria, 5 della Tenuta della Bottaccia, 3 delle Tenute di Boccea, Castel di Guido e Pisciarello. Solo 2 Bifolchi sono di Roma. Gli altri sono originari dei paesi della Provincia romana e del Viterbese. Tutti i 51 Bifolchi sono arrestati e condotti nel carcere romano. 41 però sono liberati il giorno seguente, venerdì 18 maggio, tranne 10 che sono considerati i “caporioni” della protesta.
Dalle indagini fatte da Galanti, interrogando il sig. Cesare Sinibaldi, affittuario della Tenuta di Boccea, risulta che i Bifolchi sono arrivati nella Tenuta con un foglio scritto a mano contenente le loro richieste. In particolare lamentano il cattivo trattamento ricevuto dai Mercanti di Campagna, affittuari delle varie Tenute, soprattutto dai Fratelli Merolli, affittuari della Tenuta di Torre in Pietra, che danno loro del pane cattivo, anche con i vermi. Al riguardo avevano mandato “suppliche” al Cardinale Segretario di Stato e perfino al Papa, senza avere alcun riscontro. Pertanto erano stati costretti a fare la “protesta”.
Sinibaldi riferisce anche che i lavoratori hanno tenuto un comportamento pacifico ed hanno chiesto, per sfamarsi, di avere del pane, che hanno ricevuto.
Il 18 maggio il Delegato apostolico di Civitavecchia informa il Segretario di Stato che il giorno prima c’è stato un “ammutinamento” di Campagnoli a Cerveteri e nelle zone vicine, dove una quarantina di persone, armate di bastoni, hanno obbligato i Bifolchi delle Tenute locali a lasciare il lavoro sulla base di un documento scritto a mano intitolato “rivoluzione campagnola”. Lo stesso giorno il Delegato invia al Segretario di Stato un’altra lettera per informarlo che ha inviato a Cerveteri, Santa Severa e Santa Marinella “mezza Compagnia” di soldati e vari Carabinieri e Finanzieri a cavallo, per convincere i Campagnoli a tornare al lavoro nelle loro Tenute.
Anche il Capitano Giorgi, comandante della “forza di sicurezza” inviata per reprimere la “rivoluzione campagnola”, riferisce nel suo Rapporto che più di 40 persone hanno obbligato i Bifolchi delle Tenute a lasciare i lavoro e che il motivo della protesta era il “pane pessimo” fornito dai Mercanti di Campagna.
Anche in altri rapporti di Polizia si riferisce che la protesta non ha una motivazione politica, contro il Governo pontificio, ma è diretta contro i Mercanti di Campagna. Al riguardo nel Rapporto dell’Aggiunto giudiziario L. Silvagni del 20 maggio 1832 è specificato chiaramente che la protesta è diretta non contro il Governo pontificio, ma contro gli imprenditori agricoli che gestiscono le Tenute lungo la Via Aurelia, da Civitavecchia a Palidoro, che sono state tutte “investigate” (controllate). In particolare la protesta dei Campagnoli è stata causata dalla “paga bassa” e dallo “scarso e cattivo alimento” (pane), che comporta “frequenti malattie e mortalità assai maggiore degli anni decorsi”. Nel Rapporto si scrive che i Mercanti “più avidi e crudeli” sono i quattro Fratelli Merolli, che gestiscono la Tenuta di Torre in Pietra, e Marco Liberti, che gestisce la Tenuta di Castel di Guido, tanto che, “dalle indagini fatte sembra che i bifolchi di costoro siano stati i primi a sollevarsi ed abbiano eccitati gli altri alla rivolta”, come ha dichiarato il Capoccia della Tenuta di Castel di Guido, Benedetto Monti. L’Aggiunto giudiziario Silvagni inoltre dichiara nel Rapporto che ha “personalmente verificato che il pane è effettivamente scarso, poco salubre, come “troppo tenue sembra la paga mensile”. Infine, in merito al foglio scritto a mano ed in forma sgrammaticata, contenente le richieste dei Campagnoli, di cui sono state trovate quattro copie, tutte intestate “ad esitto della rivolsione deli campagnioli”, l’Aggiunto ritiene, anche se è scritto in modo sgrammaticato, che è “opera di persona più istruita” rispetto ai Campagnoli. In conclusione, le richieste dei lavoratori sono economiche e non politiche, nonostante sia stata usata la parola “rivolsione” (rivoluzione). Inoltre, nella loro protesta non hanno usato violenza e si sono rivolti ai Padroni delle Tenute, negli scritti, in modo rispettoso, chiamandoli “Signori” (“Noi pregiattissimi Signori padroni non ricerchiamo altro che loro Signori ci aricrescino la mesata…per che co sì tenua mesata non ci possiamo campare”). Alla fine i lavoratori confidano nell’intervento del Governatore di Roma.
I VERBALI DEGLI INTERROGATORI
Ricerca storica su: “Campagna Romana-Castel di Guido “
Altre notizie sulla causa della protesta e sul contenuto delle richieste dei lavoratori si ricavano dai verbali degli interrogatori, fatti in carcere il 17 maggio. Al riguardo nel suo verbale, Gregorio Chiodi, originario di un paese del Viterbese, di anni 40, scapolo, in servizio come Bifolco nella Tenuta di Pisciarello, gestita dalla vedova Regis, dichiara che da due settimane ricevevano “pane cattivo e paga poca, in modo da non poter vivere avendo tutti dei debiti” (con i Mercanti di Campagna), per cui si erano “passati parola fra loro, onde tutti in un tempo abbandonare i lavori, e costringere così i padroni delle Tenute a dare loro miglior pane, e crescere le mesate di qualche cosa, onde poter vivere competentemente”. Afferma inoltre che la vedova Regis “tratta meglio degli altri” i suoi dipendenti e che nella loro protesta “non eravi alcun fine cattivo per il Governo”. Riferisce infine che la sera di mercoledì, finito il lavoro, si sono riniti nella Tenuta di Boccea, dove sono stati trovati da Capo delle Guardie di Polizia Giovanni Galanti, che li ha arrestati e portati nel carcere romano.
Nel suo verbale, Luigi Papetti, originario di un paese del Viterbese, di anni 26, scapolo, in servizio come Buttero nella Tenuta di Pisciarello, gestita dalla vedova Regis, afferma: che il pane dato dai Mercanti “è spesso cattivo in modo da non potersi mangiare”; che i dipendenti “vengono anche strapazzati dai caporali”; che la loro paga è “meschina” e quindi sono carichi di debiti coi padroni i quali approfittando di ciò li tengono come legati nei loro terreni”. Pertanto, poiché i padroni “non hanno voluto e vogliono più sentirli”, si sono accordati per riunirsi mercoledì sera, 16 maggio, nella Tenuta di Boccea.
Nel suo verbale, Lorenzo Zamparelli, originario di Nepi, di anni 23, scapolo, in servizio come Bifolco nella Tenuta di Pisciarello, gestita dalla vedova Regis, ribadisce che hanno protestato per la paga “meschina” e che si sono accordati per riunirsi mercoledì sera nella Tenuta di Boccea.
Il 18 maggio la Direzione di Polizia dispone la liberazione di 41 dei 51 Campagnoli arrestati e portati in carcere a Roma.
Il 19 maggio è interrogata anche la vedova Regis, affittuaria della Tenuta di Pisciarello, nella sua abitazione romana, la quale dichiara di essere stata avvertita dal Capoccia della protesta e di essere quindi andata nella Tenuta per convincere i lavoratori a riprendere il lavoro e che loro le avevano comunicato che chiedevano un aumento della paga, altrimenti “sarebbero ritornati alle proprie case”. Dichiara poi che da alcuni anni frequenta la Tenuta un “sedicente sacerdote”, che si fa chiamare “Don Luca”, che si intrattiene a parlare con i lavoratori. Infine riconosce: che alcuni Mercanti somministrano ai lavoratori un “pane pessimo” e che questa cosa “merita una seria sorveglianza”; che la paga data ai lavoratori è “meschina e merita un amento” ; che non c’è nella protesta un “fine politico”.
La Direzione di Polizia individua “Don Luca” in Don Luca Riccelli, un sacerdote impiegato presso la Segreteria dei Brevi (un ufficio della Curia Romana), che è interrogato il 19 maggio e riconosce che negli ultimi 5 anni era andato spesso nella Tenuta Pisciarello, l’ultima volta il 10 maggio, e che ha parlato con i lavoratori delle loro condizioni di lavoro e di vita. Conferma che alcuni lavoratori gli hanno chiesto consiglio su come fare per migliorare la loro “condizione” e lui li aveva consigliati di rivolgersi al Tribunale dell’Agricoltura.
LA MEDIAZIONE DELLE AUTORITA’ PONTIFICIE TRA I MERCANTI ED I LAVORATORI
Castel di Guido-chiesa dello SPIRITO SANTO anno di costruzione 1600
Pertanto, in base ai Rapporti di Polizia ed agli interrogatori, le Autorità pontificie hanno subito un quadro preciso in merito alle cause ed alle modalità della “protesta contadina”. Quindi in una riunione tra il Papa Gregorio XVI, il Governatore di Roma, Mons. Benedetto Capelletti, ed il Segretario di Stato, Cardinale Tommaso Bernetti, considerato che i motivi della protesta sono solo di carattere economico e non politici, cioè di opposizione al Governo pontificio, si decide di non ricorrere all’azione repressiva, ma di svolgere una attività di mediazione tra i Mercanti di Campagna ed i Bifolchi, i quali sono “ammoniti” a ritornare alle “loro occupazioni” e a non fare altre proteste, ma eventualmente una “petizione”. In cambio il Governo pontifico si impegna a difendere i loro diritti ad un vitto “sano e di buona qualità” ed a un “salario giusto”. Al riguardo, i Mercanti di Campagna sono richiamati a dare un “equo trattamento“ economico ai Campagnoli per migliorare le loro condizioni. Sono anche avvisati che il “problema” è seguito personalmente sia dal Pontefice che dal Segretario di Stato.
Il 19 maggio è convocato dalla Polizia Carlo Merolli (che ha in affitto la Tenuta di Torre in Pietra, insieme con i tre fratelli Antonio, Francesco e Tommaso), il quale è ammonito che “i viveri, ed in specie il pane, che si somministra ai campagnoli addetti alle loro terre, siano di buona e sana qualità”, sia per prevenire “nuovi reclami”, sia per evitare le sanzioni previste dalle leggi sanitarie.
Sempre il 19 maggio il Governatore di Roma chiede al Cavaliere Valentini, Presidente della Camera di Commercio (istituita l’8 luglio 1831 come organo consultivo del Governo pontificio e composta da 15 membri, tutti “negozianti distinti per probità e per relazioni commerciali”), di convocare per il giorno seguente la Camera. Allega alla richiesta uno dei pani sequestrati ai Merolli, che erano di solito dati ai Campagnoli, affinché i componenti della Camera possano controllarne la “natura”.
Lo stesso 19 maggio il Direttore Generale della Polizia invia una lettera al Presidente della Camera di Commercio, nella quale afferma che i Campagnoli “mal soddisfatti del cattivo trattamento e della scarsa mercede, che ricevevano dai Mercanti di Campagna a cui erano addetti, si sono ammutinati ed hanno unanimemente sospeso il lavoro”. Pertanto, la responsabilità della agitazione è attribuita dal Direttore della Polizia ai Mercanti di Campagna, la maggior parte dei quali trattano i propri lavoratori “in un modo assai duro, sia nello stipendio, sia nelle cibarie, e specialmente nel pane” e sono quindi richiamati perché si temono conseguenze sia politiche (nuovi moti popolari come quelli avvenuti l’anno precedente) che sanitarie, dato che la somministrazione di alimenti di “cattiva qualità” potrebbe provocare un’epidemia di colera. Al riguardo, il 19 maggio la Segreteria della Sacra Consulta invita il Cardinale Camerlengo a disporre gli opportuni controlli per garantire “la qualità sana dei generi commestibili che si smerciano per il consumo”, allo scopo di evitare “malattie contagiose”.
LE DECISIONI DELLA CAMERA DI COMMERCIO
LA TOSA-Ricerca storica su: “Campagna Romana-Castel di Guido di Roma.”
Il pomeriggio del 20 maggio si riunisce la Camera di Commercio, allargata ai principali Mercanti di Campagna che “seminano le Tenute dell’Agro Romano”, 16 dei quali partecipano (compresi due dei 4 Fratelli Merolli).
Il giorno seguente, 21 maggio, il Cavaliere Valentini, Presidente della Camera, invia una relazione al Governatore di Roma, nella quale cerca di condurre la causa dell’agitazione contadina alla “cattiva qualità” del vitto distribuito ai lavoratori dai Fratelli Merolli, in particolare il pane che è definito “orrido” e che ha “commosso a sdegno” tutti i presenti. Al riguardo Tommaso Merolli riconosce che il pane è stato distribuito ai lavoratori, ma “una volta sola… per equivoco” e promette che non sarebbe più avvenuto.
Però, poiché il pane era stato cotto in un forno di Roma, Valentini chiede al Governatore di Roma di far controllare meglio la salubrità dei cibi da parte della Prefettura dell’Annona, attraverso i tanti Agenti incaricati. In questo modo, secondo Valentini i Mercanti di Campagna da “imputati” diventano “critici” verso la Prefettura dell’Annona, ritenuta responsabile per il mancato controllo della produzione del pane avariato nel forno di via dei Chiavari.
Inoltre il Presidente della Camera di Commercio Valentini accusa i Campagnoli di essere “infingardi” ed “insubordinati” dato che tutti i Mercanti di Campagna affermano che “nelle loro Tenute i lavoratori non avevano di che lagnarsi…tanto per ragione delle cibarie quanto per ragione delle mercedi”.
In merito all’invito del Governatore di Roma, a nome del Papa, di migliorare il salario dei lavoratori agricoli, il Cavaliere Valentini, molto diplomaticamente, afferma che la questione merita un esame approfondito, ma fa presente che i vantaggi salariati acquisiti dai Campagnoli sarebbero stati poi richiesti anche da altre categorie di lavoratori, mettendo in difficoltà l’economia dello Stato.
La Camera di Commercio incarica uno dei suoi membri più autorevoli, il Mercante di Campagna Gaetano Giorgi, di preparare una “memoria” sul problema dell’aumento del salario, che viene discusso ed approvato il 30 maggio. Al riguardo, Valentini toglie dal testo l’introduzione nella quale Giorgi, pur essendo un Mercante di Campagna, denuncia le difficili condizioni di vita dei Campagnoli, affermando in particolare che la loro condizione è “più che dura”, dato che lavorano “dalla mattina alla sera, sottoposti alle intemperie delle stagioni ed alle stravaganze dei tempi” e che hanno diritto ad “un cibo proporzionato la bisogno, a un sufficiente vestito e a un sicuro ricovero”. Riconosce inoltre che la mercede in denaro è “scarsa”.
Nel documento della Camera di Commercio si afferma la netta opposizione a stabilire per legge il salario minimo, che deve essere lasciato alla “libera contrattazione delle parti”. Si propone inoltre l’abolizione delle Tariffa per le mercedi dei lavoratori agricoli dell’Agro Romano, prevista nello Statuto dell’Arte Agraria approvato nel 1718, che avvantaggia i “Caporali” (intermediari) che speculano sull’offerta di lavoro (da parte dei Campagnoli), che è sempre maggiore rispetto alla domanda di lavoro (da parte dei Mercanti di Campagna). Inoltre, rispetto alla parte del salario corrisposto in natura (come alimenti) si afferma l’opportunità che fosse determinato in termini quantitativi e non monetari per garantire ai lavoratori agricoli una razione alimentare costante, considerato l’aumento dei prezzi, in conseguenza dell’inflazione, che comportava una diminuzione continua della quantità della razione alimentare.
Si propone una Bozza di Regolamento di Polizia Rurale per regolare i rapporti tra i Mercanti di Campagna ed i lavoratori, come ad esempio la determinazione precisa dei vari lavori, la loro esecuzione ottimale e la loro durata…e la puntualità del pagamento del salario. Si propone anche di istituire un Libretto di Lavoro, come è stato fatto nel Lombardo-Veneto (possedimento austriaco) ed in Toscana, e di far costruire dai proprietari terrieri delle Tenute, e non dai Mercanti di Campagna che le hanno in gestione, un numero adeguato di casali (abitazioni rurali) per ospitare, la notte ed in caso di maltempo, i lavoratori agricoli che altrimenti sono costretti a “dormire sulla nuda terra e a cielo scoperto”, con la conseguenza che si ammalano e poi riempiono gli ospedali di Roma.
Con questa Relazione la Camera di Commercio va molto oltre la richiesta fatta dal Governatore di Roma. In particolare si chiede al Governo un intervento repressivo, che invece era stato escluso, considerata la legittimità dei motivi economici della protesta per evitare nuove agitazioni che avrebbero danneggiato l’imminente raccolto dei cereali.
IL NUOVO SCIOPERO DEL 29 MAGGIO 1832
Castel di Guido-Casale della Bottaccia
Il 29 maggio 1832 protestano i lavoratori delle Tenute ubicate lungo la Via Tuscolana e Tiburtina. Infatti nel pomeriggio di mercoledì 29 maggio il Governatore di Frascati informa la Segreteria di Stato che la mattina una “quantità di bifolchi”, provenienti dalla Tenuta di Lunghezza, sono arrivati nella Tenuta di Pantano, dove hanno persuaso “altri simili operaj” ad abbandonare il lavoro, reclamando “l’aumento del salario”, e poi sono andati, tutti insieme, alla Tenuta Pallavicina, per convincere anche i lavoratori di quella azienda a lasciare il lavoro.
Il fatto è confermato dalla denuncia, presentata nella stessa giornata alla Direzione di Polizia, dal Capoccia della Tenuta di Lunghezza, Franco Caldari, il quale dichiara che la mattina 16 Bifolchi “di comune accordo” avevano rifiutato di obbedire all’ordine di attaccare gli aratri ai buoi, per fare l’aratura dei campi, ed avevano addirittura impedito di farlo al Capoccetto. In seguito i Bifolchi erano andati verso al Tenuta di Pantano. Caldari dichiara inoltre che il motivo addotto dai Bifolchi per la protesta è stato quello “di non poter vivere colla meschina mesata che hanno”, e che non si sono lamentati del vitto fornito, che è considerato “eccellente”.
Nei giorni seguenti, 30 e 31 maggio, arrivano alla Direzione di Polizia, al Governatore di Roma ed alla Segreteria di Stato vari rapporti da parte di Carabinieri, di poliziotti e di autorità locali. In particolare il Governatore di Gennazzano riferisce il 30 maggio che il giorno precedente circa 200 Bifolchi, anche armati di falce, di zappe e di altri attrezzi, giravano per le Tenute, convincendo “a viva forza” i lavoratori a lasciare il lavoro.
Sempre il 30 maggio il Comandante del distaccamento dei Carabinieri di Zagarolo invia un rapporto al Comandante la Tenenza di Palestrina, sulla base delle informazioni fornite dal fattore della Tenuta San Cesareo, il quale aveva dichiarato che “circa 80 bifolchi” erano arrivati nella Tenuta ed avevano convinto con la forza 16 lavoratori a lasciare il lavoro. Quindi, tutti insieme, erano andati alla Tenuta di Corcollo e poi alla Tenuta di Pantano, dove hanno bivaccato, dopo aver abbondantemente bevuto. La mattina seguente dovevano andare nelle Tenute Pallavicina e Torre Nova, per poi andare a manifestare a Roma, ma durante la notte molti Bifolchi se ne sono andati e gli altri sono ritornati nelle loro Tenute la mattina del 30 maggio.
La sera del 30 maggio è inviato alla Segreteria di Stato ed al Governatore di Roma un rapporto dettagliato dal Capo delle Guardie di Polizia Giovanni Galanti, il quale riferisce che un drappello di guardie a cavallo aveva trovato vicino alle Tenute Pantano e Pallavicina “un’orda di 20 campagnoli”, che erano stati fermati, interrogati e poi condotti alle loro Tenute. Dagli interrogatori era emersa la situazione di “disagio” dei lavoratori agricoli, che li aveva indotti a fare la protesta. Galanti chiede inoltre al Governatore di Roma l’adozione di misure repressive, che però non sono accolte dal Governo, dato che era stata accertata l’inesistenza di motivazioni politiche per la protesta, che era causata solo dalle difficili condizioni di vita dei Campagnoli.
Anche il Priore di Zagarolo, nella lettera inviata il 30 maggio al Governatore di Palestrina, afferma che lo scopo dei Bifolchi era quello “di avere il pane e il salario come lo avevano prima”.
Il motivo economico della protesta emerge anche dal rapporto inviato il 31 maggio dai Carabinieri, nel quale si afferma che i Campagnoli “erano mal governati dai Proprietari delle Tenute”, che facevano loro mangiare “pane assai cattivo” ed inoltre erano “tenuamente pagati”. Pertanto, emerge chiaramente che il motivo della protesta era la qualità del vitto (il salario corrisposto in natura) e la insufficienza del salario. Però non emerge dalle indagini fatte dalla Polizia un collegamento con la precedente protesta del 16 maggio, che aveva riguardato le Tenute lungo la via Aurelia, molto lontane da quelle interessate dalla protesta del 29 maggio. Certamente la notizia della protesta del 16 maggio, che non era stata repressa, si era diffusa in tutto l’Agro Romano. Sicuramente era anche nota la disponibilità del Governo pontificio ad ascoltare le rivendicazioni dei lavoratori (addirittura considerate giuste e legittime). Pertanto, tutto questo aveva indotto anche i Bifolchi dell’altra parte dell’Agro Romano a protestare.
La nuova protesta, anche se non c’erano fogli scritti a mano con le richieste dei lavoratori, suscita un notevole allarme sia nel Governo pontificio che negli ambienti dei Proprietari terrieri e dei Mercanti di Campagna.
I PROVVEDIMENTI ADOTTATI
Castel di Guido di Roma-Epigrafe marmorea sulla facciata degli edifici della piazza del Borgo-
Il 12 giugno il Governatore di Roma, Mons. Capelletti, scrive al Cavaliere Valentini, Presidente della Camera di Commercio, chiedendo di aggiornare la Tariffa salariale prevista negli Statuti dell’Agricoltura del 1718.
Inoltre ordina alle Guardie ed ai Carabinieri di perlustrare l’Agro Romano sia per prevenire nuove proteste, sia per verificare che nelle varie Tenute si somministrasse ai lavoratori un vitto adeguato sia per qualità che per quantità. Al riguardo, infatti, continuano ad arrivare “rimostranze” di Campagnoli per il vitto di pessima qualità somministrato dai Mercanti di Campagna. In particolare, l’11 giugno si presenta alla Direzione Generale di Polizia il sig. Carlo Lucchetti, Caporaletto della Tenuta di Ponte Galera, affittata dal Mercante Giuseppe Gentili, il quale lamenta che da sette giorni è somministrato un “pessimo pane ”, per cui “si sentono tutti gli omini malati con pene di stommaco e dolori”. Hanno reclamato più volte, ma inutilmente. La Direzione di Polizia assicura Lucchetti che il Governo avrebbe provveduto onde il pane fosse somministrato di “bona qualità”.
Nel mese di giugno c’è una fitta corrispondenza del Governatore di Roma con il Presidente dell’Annona, Mons. Luzi, al quale chiede in particolare di aumentare i controlli nei forni e di reprimere le frodi attraverso l’uso nella panificazione di farine malsane.
Lo stesso Pontefice aveva chiesto al Governatore di Roma di tenerlo informato ed in particolare aveva chiesto che ai Fratelli Merolli, affittuari della Tenuta di Torre in Pietra, fosse applicata una forte multa, che sarebbe stata usata per scopi caritativi. Al riguardo, il 27 luglio Mons. Luzi annuncia al Governatore di Roma che la multa è stata fissata in 350 scudi in seguito ad una perizia che ha accertato che nella panificazione del pane somministrato dai Fratelli Merolli ai propri lavoratori erano state usate farine “pregiudizievoli alla pubblica salute”, dato che contenevano “sostanze straniere…cioè terra, sassolini stritolati e carbone”.
Tra il giugno e la metà di luglio, il Capo delle Guardie Giovanni Galanti invia cinque importanti rapporti al Segretario di Stato Cardinale Bernetti. In uno riferisce sul salario mensile in moneta corrisposto ai Bifolchi nei vari mesi dell’anno, che è risultato crescente: a gennaio-marzo era di scudi 1,50 (1 scudo equivale a 100 bajocchi); ad aprile di scudi 2; a maggio di scudi 2,50; a giugno di scudi 3,50; a luglio di scudi 5,50; ad agosto di scudi 4,50; a settembre- ottobre-novembre di scudi 3; a dicembre di scudi 2. Questo dimostra il maggior potere contrattuale dei Bifolchi nei periodi dell’anno (luglio ed agosto) nei quali si devono svolgere i lavori non rinviabili (ad esempio la mietitura dei cereali). Però il livello del salario monetario mensile, dopo l’impennata che c’era stata negli ultimi anni del Settecento, in particolare durante la Repubblica Romana del 1799, quando era raddoppiato rispetto al 1718, era tornato, con la Restaurazione, al livello degli anni 1775-1777, per cui le condizioni economiche dei Bifolchi erano notevolmente peggiorate.
In un altro rapporto Galanti riferisce sulla situazione della quantità e della qualità del salario in natura, costituito dai “viveri” (generi alimentari) corrisposti dai Mercanti di Campagna ai propri dipendenti, che per circa i 4/5 era costituito dal pane, che in molti casi continuava ad essere di pessima qualità, in particolare a Castel di Guido, dove è “mescolato con grossumi…malcotto e di cattiva masticazione per la terra che contiene”. Galanti riferisce anche che il peso della pagnotta che costa 1 bajocco era costantemente diminuito, passando da otto once del Settecento a sei once del 1832, con una perdita di peso di circa il 25% .Galanti riferisce inoltre che è molto diffusa la “frode sul peso” del pane somministrato. In questo modo i Bifolchi erano penalizzati due volte. Pertanto, Galanti suggerisce al Governatore di Roma, anche per evitare nuove proteste, nel suo rapporto del 17 giugno, di “intimare” ai Mercanti di Campagna, che egli chiama “delinquenti”, “l’osservanza esatta” dei loro doveri, minacciando altrimenti la surrogazione del Governo pontificio nella corresponsione di un “equo salario”, che naturalmente sarebbe stato rimborsato dai Mercanti.
Nel rapporto del 29 giugno Galanti afferma che pur essendo ora “in generale il pane ed il companatico pei campagnoli di buona qualità”, ci sono ancora dei Mercanti che “continuano a distribuire un pane di qualità scadente” ed il “peggiore di tutti” è ancora quello dei Fratelli Merolli, i quali per questo motivo sono sanzionati con una multa di ben 350 scudi.
Nello stesso rapporto del 29 giugno Galanti afferma che i Campagnoli “sono rimasti oltremodo soddisfatti delle premure a loro vantaggio” prese dal Governo pontificio.
Nel rapporto del 15 luglio Galanti ribadisce che “gli ammutinamenti dei villici hanno tratta origine dal cattivo trattamento dei Mercanti ed in particolare dei Fratelli Merolli”.
Purtroppo la Tariffa degli Statuti di Agricoltura del 1718 non è modificata per le resistenze frapposte dalla Camera di Commercio, che approfitta anche del fatto che era passato il periodo della trebbiatura e quindi i Bifolchi avevano perso il loro potere contrattuale. In verità avrebbero potuto riattivare la protesta l’anno seguente, ma purtroppo questo non è avvenuto. Si dovrà aspettare 30 anni per un nuovo “sciopero”, fatto nel giugno 1863 dai mietitori.
BIBLIOGRAFIA
Carlo Maria Travaglini, Analisi di un’agitazione contadina nella campagna romana all’epoca della Restaurazione, Pubblicazione dell’Istituto di Storia Economica, Facoltà di Economia e Commercio dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Roma 1984.
BREVISSIMA BIOGRAFIA del Professor GIORGIO GIANNINI-Nato a Roma il 23 ottobre 1949.
Prof.Giorgio Giannini
Giorgio GIANNINI, Ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza, la Specializzazione in Diritto penale e Criminologia ed il Perfezionamento in Scienze Amministrative presso l’Università “La Sapienza”, di Roma.
E’ stato obiettore di coscienza al servizio militare, svolgendo il servizio civile sostitutivo, e docente di ruolo di Discipline Giuridiche ed Economiche dal 1978 al 2009.
Negli anni 1996-97 e 1997-98 ha prestato servizio in “assegnazione” presso il Museo Storico della Liberazione di Roma in Via Tasso 145, Roma.
Dal 1989 al 2001 è stato Consigliere per i Verdi nella Circoscrizione 18 e dal 2006 al 2008 nel Municipio 13.
Nel 2008 è stato Consulente presso l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.
Dal 2006 è presidente dell’associazione pacifista e nonviolenta Centro Studi Difesa Civile (www.pacedifesa.org), di cui è stato cofondatore nel 1988.
Fa parte del Direttivo del Circolo Giustizia e Libertà, fondato a Roma nel 1948 da partigiani del Partito d’Azione, e della Associazione democratica Giuditta Tavani Arquati, fondata a Roma nel 1887 per tutelare gli ideali risorgimentali, ed è membro della Associazione nazionale del libero pensiero Giordano Bruno, costituita a Roma nel 1906 per tutelare gli ideali di libertà e di laicità.
Ha pubblicato i seguenti libri:
Il servizio di leva, Buffetti Editore, Roma,1985;
L’obiezione di coscienza, Cooperativa Editrice Satyagraha, Torino 1986;
L’obiezione di coscienza Saggio storico giuridico, Edizioni Dehoniane, Napoli 1987;
La lotta non armata nella resistenza (a cura di), Centro Studi Difesa Civile, Roma 1994;
La resistenza non armata (a cura di), Sinnos Editrice, Roma 1995;
L’opposizione popolare al fascismo (a cura di ), Edizioni Qualevita ,Sulmona (AQ) 1996;
I forti di Roma, Newton Compton Editori, Roma 1998;
Lotta per la libertà, Resistenza a Roma 1943-1944, Edizioni Associate, Roma 2000;
Il giorno della memoria Per non dimenticare, Edizioni Associate, Roma 2005;
Vittime dimenticate, Lo sterminio dei disabili,dei Rom,degli omosessuali e dei Testimoni di Geova, Stampa Alternativa, Viterbo 2011.
L’inutile strage, Controstoria della Prima guerra mondiale, Luoghi Interiori, Città di Castello (PG) 2018
La tragedia del confine orientale, L’italianizzazione degli Slavi, le foibe,l’esodo giuliano-dalmata, Luoghi Interiori, Città di Castello (PG) 2018
Le mie tre vite, La vita avventurosa del Comandante partigiano romano Mario Fiorentini, Luoghi Interiori Città di Castello (PG) 202
Ha inoltre pubblicato più di 300 articoli, pubblicati su varie Riviste cartacee ed online.
Torre della Bottaccia disegno ricavato dal Catasto Alessandrino del sec. XVII
ROMA-La Torre della Bottaccia è sita sulla via Aurelia Antica, Municipio XIII- Brano e foto tratto dalla Monografia “Torri Segnaletiche-Saracene della Campagna Romana “di Franco Leggeri.In Italia esistono luoghi, se pur carichi di storia per le Città e i Borghi dove sorgono, lasciati nel degrado e nella più completa rovina. Le Torri della Campagna Romana non sono “pietre disperse” e senza storia , ma sono sicuramente edifici, porzione di edifici, dal passato antico che per qualche ragione sconosciuta non godono dei “diritti” di recupero e restauro come di altri luoghi simili esistenti nella Roma Capitale d’Italia.La Torre della Bottaccia è forse condannata a una fine ignobile, soffocata dai suoi stessi calcinacci?
A proposito delle Torri della Campagna Romana il Tomassetti scrisse:”…pensi il lettore , contemplandole ora così poeticamente desolate, quasi giganti feriti ed impietriti sul posto , a ricostruire la Storia con l’immaginazione , e figurarsi le feste, gli armamenti, le battaglie, tutto ciò che formò la vita agiata della Campagna Romana nel Medioevo; ed egli dovrà convenire con me che esse esercitano grande seduzione nella nostra mente. Pensino pertanto i proprietari dell’Agro Romano a conservare gelosamente questi ruderi dell’Arte e della Poesia; ne impediscano ai pecorari e ai contadini la continua malversazione; pensi il Governo a farne compilare l’esatto elenco ed a farne regolare consegna ai proprietari, come dei Monumenti Antichi, sia perché hanno aspetto pittoresco , sia perché appartengono alla Storia; e col tempo la posterità domanderà conto alla presente generazione del non aver arrestato e posto fine ai guasti dovuti all’ignoranza dei nostri predecessori ”.Brano e foto tratto dalla Monografia “Torri Segnaletiche-Saracene della Campagna Romana “di Franco Leggeri.
Campagna Romana.
ROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della Bottaccia Foto di Franco Leggeri
Disegno copiato dal catasto Alessandrino del secolo XVII.
Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaTorre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIAROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaTorre della BOTTACCIA
Torre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIAROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaTorre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIATorre della BOTTACCIA
LE MARTIRI DI SELVA CANDIDA-SANTE RUFINA e SECONDA
Biblioteca DEA SABINA-Sante RUFINA e SECONDA Martiri di SELVA CANDIDA-Diocesi di Porto e Santa Rufina–(Breve Storia)–
Sante RUFINA e SECONDA-Sono due celebri martiri romane ricordate in tutti i più antichi elenchi e in molti documenti storici. La loro morte avvenne durante la persecuzione di Valeriano e Gallieno, attorno al 260. Nel racconto del loro martirio sono presentate come sorelle, fidanzate con due giovani cristiani che per timore della morte avevano rinnegato la fede. A causa del rifiuto del matrimonio esse furono denunciate ed imprigionate mentre fuggivano da Roma. In seguito al loro diniego di sacrificare agli idoli le due giovani furono condotte in un bosco sulla via Cornelia, a dieci miglia da Roma in un terreno detto “Buxo”, dove vennero uccise e lasciate insepolte. Plautilla, matrona romana, che le aveva viste in sogno, provvide alla loro sepoltura in quello stesso luogo dove, già nel sec. IV, fu eretta una basilica, iniziata da Giulio 1 (336) e completata da papa Damaso, rinnovata con l’aggiunta del battistero da Adriano 1 (772-95) ed arricchita di doni da Leone IV (847–55). A questa chiesa si fa riferimento nei diplomi pontifici anche oltre l’ XI secolo, essendo divenuta Cattedrale della diocesi di Lorium, che presumibilmente ebbe un suo Vescovo proprio per provvedere alla quotidiana celebrazione dei sacri misteri nei tre santuari del territorio (sante Rufina e Seconda, san Mario e compagni e san Basilide) e per il decoro della vicina residenza imperiale. Il primo vescovo del quale si ha certezza storica è Pietro nell’anno 487. Attorno a quel luogo di culto, divenuto celebre meta di pellegrinaggio assieme alle catacombe di san Mario, era sorta gradualmente una città, che fu saccheggiata e distrutta dai Saraceni nell’847 e poi nell’870. Sergio III, nel 904, provvide alla riparazione della Chiesa, ma il centro abitato era oramai quasi del tutto abbandonato a causa dei pericoli delle incursioni barbariche e dello squallore del luogo. Papa Anastasio IV, nel 1153, fece trasportare il corpo delle due Sante nel dove venne loro dedicata una cappella che fu posta Sotto la giurisdizione del vescovo di Porto e Santa Rufina, come è provato dalla bolla di Gregorio IX del 1236. A Trastevere, in via della Lungaretta, esiste ancora un antico monastero loro intitolato e che si dice edificato nel luogo dove era la loro casa natale. Della chiesa adiacente, ornata con un campanile del XIII sec., si hanno notizie fin dal 1123, dato che in una bolla di Callisto Il è annoverata fra le filiali di santa Maria in Trastevere. I resti archeologici sulla via Boccea (loc. Porcareccina), gi–á individuati e descritti da Antonio Bosio (1632), furono di nuovo studiati nel nostro secolo.
S.E. Monsignor Gino Reali-Vescovo di Porto – Santa Rufina
Festa delle Sante Rufina e Seconda, patrone della Diocesi –
Preghiera di S.E.. Monsignor GINO REALI in onore della Sante Patrone della nostra Diocesi
Padre di misericordia, che hai chiamato alla gloria del martirio le sante sorelle Rufina e Seconda, congiunte in vita e in morte dall’amore per l’unico Sposo, e le hai donate alla nostra Chiesa come modello di fede e di fortezza, concedi a noi, per il loro esempio e la loro intercessione, di seguire il Signore Gesù con fede viva, speranza ferma e carità ardente. Questa terra, bagnata dal sangue dei Martiri, germogli ancora il frutto della santità e dell’amore. Per la loro comune intercessione, dona alle nostre famiglie unità e pace; per il loro esempio rafforza i nostri giovani nella lotta per la virtù ed il bene, e dona loro limpidezza di cuore e generosità d’impegno; per i loro meriti, sostieni i nostri passi nel cammino verso la patria eterna. A te, o Padre, affidiamo la nostra vita: liberaci da ogni pericolo dell’anima e del corpo, e donaci la grazia che ti chiediamo … Tu che vivi e regni, con Cristo tuo Figlio e lo Spirito Santo, nei secoli glorioso. Amen.
Monsignor Gino Reali Vescovo di Porto – Santa Rufina 7 giugno 2007
Battistero LateranenseLE MARTIRI DI SELVA CANDIDA-SANTE RUFINA e SECONDASante RUFINA e SECONDAMartiri di SELVA CANDIDA
Ricerca storica “Origini della Diocesi di Porto e Santa Rufina”
Cattedrale-Diocesi di Porto e Santa Rufina Parrocchia dei SS Cuori di Gesù e Maria
Biblioteca DEA SABINA– Franco Leggeri –Ricerca storica “Origini della Diocesi di Porto e Santa Rufina”-La Diocesi di Porto con le altre di Ostia, Albano, Palestrina, Frascati e Sabina fa parte delle sedi suburbicarie. Fino al 1120, epoca in cui Callisto II unì alla diocesi di Porto quella delle Sante Rufina e Seconda, le diocesi suburbicarie furono sette. I vescovi suburbicari hanno grado di cardinali ed occupano il primo luogo ne sacro Collegio. La circoscrizione delle diocesi di Porto, dopo l’unione con quella delle Sante Rufina e Seconda, comprendeva i seguenti abitati e tenute: Porto-Maccarese-Palo-Santa Severa-Santa Marinella-Palidoro – Castel di Guido- Cerveteri-Ceri-Sasso- Giuliano- Santa Maria di Galera-Casaccia-Cesano- Isola Farnese-Storta-San Nicola-Olgiata-Vaccareccia-Riano-Primaporta-Bottaccio-Testa di Lepre-Leprignano-Castiglione Ricci-Tragliata-Magliana-Massimilla-Massimina-Pescaccio-Pisana-Ponte Galeria-Buccea-Porcareccia-Torrimpietra-Pisana.Castelnuovo. La Diocesi ebbe anche giurisdizione episcopale nel Rione Trastevere, e, dopo la ricordata unione con Santa Rufina, anche nella città Leonina. Sulle origini della sede Vescovile di Selva Candida e delle Ss.Rufina e Seconda il Moroni dà le seguenti notizie:” Nel martirologio di Adone, in Tillemont, T.4,p.5, ed in Bollando, T.3, Julii,p.28, si leggono gli Atti delle Sante Sorelle Rufina e Seconda vergini e martiri. Nate da Asterio ed Aurelia di stirpe romana, illustre e senatoria, furono fidanzate e promesse spose ad Armentario e Verino, i quali apostarono il cristianesimo nel 257 0 260 per la persecuzione di Valeriano e di Gallieno. Rufina e Seconda rigettarono con orrore la proposta che loro fu fatta di abiurare anch’esse la fede di Gesù Cristo. Volendosi rifugiare in una loro terra in Toscana, per delazione de’ due apostati furono inseguite da Archesilavo conte, e arrestate al 14° miglio della via Flaminia. Ricondotte in Roma dinanzi al prefetto Giunio Donato, questi, prima con le lusinghe , poi colle minacce di fieri tormenti, fece battere Rufina alla presenza della sorella per intimorirla, la quale invece si gravò perché a lei non fosse concesso tanto onore di patire per Gesù. Riportate in tetra prigione , ivi fu bruciato letame perché rimanessero , dal puzzo e dal fumo, soffocate, invece comparve splendida luce e si sentì in soave odore. Indispettito il prefetto le fece gettare in ardente bagno, dal quale uscite illese, ordinò che si precipitassero, con grosse pietre al collo, nel Tevere, ove un Angelo le prese , sciolse e condusse a riva. Allora Giunio le consegnò di nuovo ad Archesilavo perché o le facesse morire o le lasciasse libere a sua arbitrio. Ma il crudele conte le fece condurre in una selva folta ed oscura , perché appena vi penetrava il sole, chiamata Selva Nera, nel fondo di Busso o Buxo o Boccea nella via Aurelia o Cornelia, che conduceva a Porto e Civitavecchia, 10 miglia lontano da Roma (circa 8 delle moderne miglia). Ivi fece loro troncare le teste, lasciando i loro corpi insepolti esposti alle fiere. Comparse in visione a Plautilla matrona romana e signora del territorio, sebbene ancor gentile, l’esortarono a farsi cristiana ed a seppellirle. Tutto Plautilla eseguì, e trovati i cadaveri incorrotti diè loro sepoltura in onorevole monumento. Pel concorso de’ fedeli a venerarle , reso chiarissimo il luogo pel martirio più tardi patito anche dai SS.Marcellino e Pietro (V.Chiesa dei SS. Marcellino e Pietro) e pei miracoli da Dio operati, fu denominato Selva Candida, Sylva Candida. Vi fabbricò una magnifica basilica San Giulio I papa del 336, vi ripose i corpi delle dette Sante e Santi (secondo Piazza, che però nell’Emerologio di Roma dice che i corpi dei SS. Marcellino e Pietro furono sepolti nel Cimitero di Tiburzio in sontuoso mausoleo da Sant’Elena), ed in loro onore la dedicò prevalendo il nome delle Sante Rufina e Seconda, chiesa che San Damaso I nel 367 terminò. Frequentando la chiesa i cristiani, a poco a poco si fabbricarono abitazioni e si formò una popolata e nobile città, che meritò la Sede vescovile immediatamente soggetta alla Santa Sede, la seconda delle Suburbicarie dopo quella di Ostia. La città prese il nome delle Sante Rufina e Seconda e di Selva Candida, come vescovato.
Ricerca e trascrizione dal testo originario di Franco Leggeri
Foto originali di Franco Leggeri
Testi consultati,Papiri Diplomatici,Le origini delle Diocesi in Italia,Sedi Episcopali nell’antico ducato di Roma,Storia dell’Agro Romano.
S.E. Monsignor Gino Reali ,Il Vescovo di Porto e Santa RufinaCardinale EUGENIO TISSERANT Vescovo di Porto e Santa Rufina-Foto ,con dedica alla parrocchia dello Spirito Santo di Castel di GuidoDiocesi di Porto e Santa Rufina-La Cattedrale S.Eccellenza Cardinale EUGENIO TISSERANT benedice la campana (24 marzo 1955)Diocesi di Porto e Santa Rufina-La Cattedrale consacrata nel 1950 ANNO GIUBILAREDiocesi di Porto e Santa Rufina-La Cattedrale consacrata nel 1950 ANNO GIUBILAREDiocesi di Porto e Santa Rufina- Papa Pio XII visita la Cattedrale (29 ottobre 1957) ricevuto dal Cardinale TisserantDiocesi di Porto e Santa Rufina- Papa Pio XII visita la Cattedrale (29 ottobre 1957) ricevuto dal Cardinale TisserantS.E. Monsignor Tito Mancini, Vescovo Ausiliare per la Diocesi di Porto e Santa Rufina.Mons. Diego BONA- Vescovo della Diocesi di Porto e Santa RufinaS.E. Monsignor Gino Reali ,Il Vescovo di Porto e Santa RufinaDiocesi di Porto e Santa Rufina-La Cattedrale consacrata nel 1950 ANNO GIUBILARES.E. Monsignor Gino Reali ,Il Vescovo di Porto e Santa Rufina
S.E. Monsignor Gino Reali ,Il Vescovo di Porto e Santa RufinaDiocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa Rufina Parrocchia dei SS Cuori di Gesù e MariaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa Rufina Parrocchia dei SS Cuori di Gesù e MariaParrocchia dei SS Cuori di Gesù e MariaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa Rufina Parrocchia dei SS Cuori di Gesù e MariaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa Rufina Parrocchia dei SS Cuori di Gesù e MariaDiocesi di Porto e Santa Rufina Parrocchia dei SS Cuori di Gesù e MariaCattedrale della Diocesi di Porto e Santa Rufina a La Storta la tomba del Cardinale Eugenio Tisserant , Monsignor Luigi Martinelli, Monsignor Pietro Villa e Vescovo Andrea PangrazioCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa Rufina-Foto di Alessandra Finiti-Cattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaDiocesi di Porto e Santa RufinaDiocesi di Porto e Santa RufinaDiocesi di Porto e Santa RufinaDiocesi di Porto e Santa RufinaOLYMPUS DIGITAL CAMERADiocesi di Porto e Santa RufinaDiocesi di Porto e Santa Rufina
Cattedrale- Campanile-Diocesi di Porto e Santa RufinaCattedrale-Diocesi di Porto e Santa RufinaDiocesi di Porto e Santa Rufina
CARTOLINE DALL’INFERNO-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia.
Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia
Castel di Guido-12 marzo 2022-Il Casale della Bottaccia è, risulta, in stato di abbandono già dal 1964, come documentato da una foto in possesso della soprintendenza dei BB.CC.; in tale foto si vede anche la presenza di alcuni infissi e dei tetti oggi tutti crollati e del fienile di cui oggi rimane solo la parte basamentale.
Nel 1992 i tetti sono mancanti in alcune parti del fabbricato come si vede dalla foto in “Elisabetta Carnabuci, Antiche Strade – Lazio- Via Aurelia, I.P.Z.S., Roma 1992”; dalla quale si nota anche come a quel tempo le aperture non fossero ancora state murate e la tettoia all’ingresso fosse ancora in piedi. Nello stesso volume si afferma che la proprietà sembra essere ancora della famiglia Pamphili.
Oggi (2018) dopo appelli ,anche d’ITALIA NOSTRA, e tante promesse di politici in cerca di voti, il Sito Archeologico Casale della Bottaccia è ancora in stato di abbandono , di degrado e regno incontrastato della prostituzione.
CARTOLINE DALL’INFERNO-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia.
Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaIL CAMINO MONUMENTALE “ASPORTATO”Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia- Scale interne divelte ed asportateCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia- Quel che resta dei Saloni interni-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale 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della Bottaccia- ATTUALE LUPANARE
Roma Municipio XIII- MUSEO PALEONTOLOGICO:” La Polledrara di Cecanibbio”-
CASTEL DI GUIDO-La Polledrara di Cecanibbio- MUSEO PALEONTOLOGICO
ROMA-Articolo scritto dalla Dott.ssa Anna Paola Anzidei, Soprintendenza Archeologica di Roma-Foto originali di Franco Leggeri–Il giacimento pleistocenico de “la Polledrara di Cecanibbio” è ubicato a circa 20 km a Nord-Ovest di Roma tra la via Boccea e la via Aurelia , ad una quota di circa 83 metri s.l.m., nell’ambito dei rilievi periferici del Vulcano Sabatino. Il sito, venuto alla luce a seguito dell’erosione naturale di un pendio di collina, è stato parzialmente disturbato dall’aratura moderna. In base ai dati forniti dallo scavo archeologico, iniziato nel 1985 dalla Soprintendenza Archeologica di Roma e tuttora in corso e che ha rimesso alla luce un’area di oltre 700 mq, il giacimento è stato associato al paleo alveo ed ai margini di un piccolo corso d’acqua, presente in un paesaggio a lieve gradiente ,caratterizzato da canali fluviali a percorso instabile e da acque stagnanti . Il tratto dell’alveo conservato, inciso in un banco di tufite granulare compatta, raggiunge la larghezza massima di 40-50 m. Sulla paleo superficie erano irregolarmente distribuiti oltre 9000 (novemila) reperti faunistici fossili associati a circa 400 strumenti litici e a pochi strumenti su osso, attribuibili culturalmente al Paleolitico inferiore. L’associazione faunistica è costituita prevalentemente da Elefante antico e Bue primigenio; scarsa invece la presenza di altre specie quali il cervo, il cavallo, il lupo , il rinoceronte. Pochi i resti di microfauna e di uccelli acquatici. Le ossa erano accumulate in più livelli nel canale centrale , mentre nelle aree periferiche pianeggianti erano sparse su di un unico livello, con alcune concentrazioni in piccoli avvallamenti . Lo stato di conservazione è ottimo; le ossa presentano un buon grado di fossilizzazione ed un aspetto delle superfici vario, da quello molto fresco nei reperti che hanno subito poco o meno trasporto, a quello fortemente fluitato per quelli di minori dimensioni trascinati dalla corrente . I reperti erano stati successivamente seppelliti, in un tempo relativamente breve, da uno strato di tufite , derivata da prodotti vulcanici rimaneggiati. La distribuzione caotica del materiale, causata dai processi di trasporto e di deposizione che avvengono in un percorso d’acqua, è stata in parte determinata , soprattutto nelle aree marginali, dall’attività di animali da preda quali il lupo , e dall’intervento dell’uomo. Questi doveva avere frequentato le sponde del corso d’acqua , intensamente popolate da animali di varie specie, sia per procacciarsi il cibo , come è testimoniato dalla presenza di strumenti e dalle numerosissime ossa metapodiali di Bue primigenio fratturate per estrarne il midollo . Le ossa di Elefante sono in assoluto le più abbondanti, con la presenza di tutti gli elementi dello scheletro ; alcuni crani quasi completi sono di particolare interesse in quanto offrono una più ampia conoscenza sulla morfologia degli esemplari di Elefante antico nella penisola italiana. Numerose le zanne , le mandibole, i denti isolati e le ossa dello scheletro postcraniale , attribuibili ad almeno 25 individui prevalentemente adulti. Nel corso delle ultime campagne di scavo è stato parzialmente rimesso in luce un microambiente, di poco successivo all’episodio fluviale, caratterizzato da acqua a lentissimo scorrimento. In quest’area sono stati identificati i resti ossei di almeno due elefanti, in parziale connessione anatomica e con le superfici in perfetto stato di conservazione. Finora sono stati rimessi in luce un cranio ed alcune ossa dello scheletro postcraniale : una zampa anteriore, le ossa di una mano, le tibie e peroni, alcune vertebre e costole. Accanto alle vertebre di una degli esemplari vi erano i resti di un lupo , anch’essi parzialmente in connessione. Evidentemente le carcasse degli animali erano rimaste intrappolate nella melma e le ossa non avevano quindi subito spostamenti di rilievo. Sparsi tra i reperti faunistici sono stai raccolti 400(quattrocento) strumenti litici culturalmente riferibili al Paleolitico inferiore. La materia prima, costituita da piccoli ciottoli silicei e calcareo-silicei di colore variabile dal grigio al grigio scuro, non appartiene all’ambiente fluvio-palustre ricostruito, ed è stata evidentemente trasportata dall’uomo. Questi si procurava il materiale nei livelli a ghiaie attribuibili alla Formazione Galeria, i cui affioramenti sono attualmente individuabili alla quota di 40-45 metri s.l.m. lungo la parte terminale dei fossi Arrone e Galeria, ad una distanza minima di km 3 (tre) dal giacimento de La Polledrara. L’industria è caratterizzata dalla presenza di strumenti su ciottolo, in particolare choppers e raschiatoi , molti dei quali con il margine ottenuto con ritocco erto. Numerosi i denticolati , i grattatoi e gli strumenti con caratteri tipologici non ben definiti. Comunemente i manufatti presentano più margini ritoccati; tale sfruttamento intensivo dei ciottoli era probabilmente dovuto proprio alla difficoltà di reperimento della materia prima. Non sono presenti fino ad oggi strumenti bifacciali , comuni negli altri siti dell’area Nord-Ovest di Roma (Castel di Guido, Malagrotta, Torre in Pietra). Vario è la stato fisico dei manufatti; molti dei quali presentano le superfici alterate dal trasporto in acqua. Alcuni strumenti litici , rinvenuti associati alle ossa di elefante in connessione anatomica nell’ambiente di tipo palustre, presentano invece un aspetto fisico freschissimo e margini taglienti. L’analisi delle tracce d’uso ha permesso di riscontrare la presenza di tracce prodotte dal contatto di tessuti animali (ossa, carne e pelle) nel corso della macellazione delle carcasse. Pochi sono gli strumenti su osso, ricavati tutti da frammenti di diafisi di ossa lunghe di elefante , con estremità o margini laterali resi taglienti mediante il distacco di grosse schegge . In occasione del Giubileo dell’anno 2000 è stata attuata una struttura museale , dell’estensione di 900 (novecento) mq, per la fruizione , da parte del pubblico, della paleo superficie rimessa in luce e restaurata.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Anna Paola Anzidei, Soprintendenza Archeologica di Roma-
Dal Volume- CASTEL DI GUIDO dalla Preistoria all’Età moderna. Edizione PALOMBI- ed. 2001-
Foto originali di Franco Leggeri
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Bibliografia
Anzidei, A.P., 2001. Tools from elephant bones at La Polledrara di Cecanibbio and Rebibbia-Casal de’ Pazzi . In: Cavarretta, G., Gioia, P., Mussi, M., Palombo M.R. (Eds), Proceedings of the 1st International Congress The World of Elephants, CNR, Roma, 415-418.
Anzidei, A.P., Arnoldus Arnoldus Huizendveld, A., 1992. The Lower Palaeolithic site of La Polledrara di Cecanibbio (Rome, Italy). Papers of the Fourth Conference of Italian Archaeology. In: Herring, Whitehouse, Wilkins, J. (Eds), 3, 141-153.
Arnoldus Huizendveld, A., Anzidei, A.P., 1993. Ricostruzione di un ambiente fluvio-palustre nella regione vulcanica di R