Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
Fotoreportage di Franco Leggeri-
ROMA-Castel di Guido-Scavi Archeologici nella Villa Romana delle Colonnacce
CASTEL DI GUIDO-Roma Municipio 13- Villa Romana delle Colonnacce .
I Volontari del Gruppo Archeologico Romano (GAR) nel Fotoreportage di Franco Leggeri nella Villa Romana delle Colonnacce.I Volontari capitanati dall’Arch. VALERIA GASPARI hanno ripreso, a pieno ritmo, gli scavi nella Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido. La Villa Romana è del II-III secolo d.C. è sita su di un pianoro all’interno dell’Azienda agricola comunale. La Villa ha strutture di epoca repubblicana che sono le più antiche e di epoca imperiale. La villa ha una zona produttiva di e la parte residenziale di epoca imperiale. La parte produttiva comprende l’aia o cortile coperto: il grande ambiente conserva le basi di tre sostegni per il tetto, mentre è stato asportato il pavimento, al centro si trova un pozzo circolare. Vi è una cisterna per la conservazione dell’acqua meteorica, all’interno della cisterna si trovano le basi dei pilastri che sorreggevano il soffitto a volta. A giudicare dallo spessore dei muri e dei contrafforti si può desumere che avesse un altezza di circa 5 metri. Nell’ambiente di lavoro si trovano un pozzo e la relativa condotta sotterranea. Torcular : sono due ambienti che ospitavano un impianto per la lavorazione del vino e dell’olio. Vi era un torchio collegato alle vasche di raccolta, mentre in un ambiente più basso vi era l’alloggiamento dei contrappesi del torchio medesimo ed una cucina con contenitori in terracotta di grandi dimensioni (dolii). La parte residenziale ha un atrio, cuore più antico dell’abitazione romana, in cui si conservava l’altare dei Lari, divinità protettrici della casa. Al centro vi è una vasca ( compluvio) in marmo in cui si raccoglieva l’acqua piovana che cadeva da un foro rettangolare sito nel tetto (impluvio). Sale da pranzo, forse triclinari , ampie e dotate di ricchi pavimenti e di belle decorazioni affrescate sulle pareti. Cubicoli, stanze da letto . Vi erano dei corridoi che consentivano il transito della servitù alle spalle delle grandi sale da pranzo senza disturbare i commensali o il riposo dei proprietari. Il Peristilio o giardino porticato: era l’ambiente più amato della casa, di solito con giardino centrale ed una fontana. Dodici colonne sostenevano il tetto del porticato, che spioveva verso la zona centrale. I volontari del GAR –Zona Aurelio , scavano con perizia e recuperano frammenti, “i cocci”, li puliscono, catalogano e , quindi, li trasportano nella sede di via Contessa di Bertinoro dove vengono restaurati e conservati . Nel 1976 la Soprintendenza Archeologica di Roma recuperò preziosi mosaici e pregevoli pitture che sono ora esposti al pubblico nella sede del museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo. Se la Villa è visitabile e ben conservata lo si deve all’ottimo lavoro dell’Archeologo Dott.ssa Daniela Rossi che la si può definire “Ambasciatore e protettrice del Borgo romano di Lorium “. Ricordiamo il recente, superbo, lavoro della Dott.ssa Daniela Rossi nel quartiere Massimina sulla via Aurelia. La descrizione della Villa delle Colonnacce sono tratte da un saggio-lezione che la Dott.ssa Daniela.Rossi ha tenuto nella sala grande del Castello nel borgo di Castel di Guido il 18/04/09 .
Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.
Note a margine dell’articolo-
Oggi erano presenti, tra gli altri, il mitico Archeologo VINCENZO ARNESE, ATTILIO PASSERINI in rappresentanza del CRSA –SOTTERRANEI di ROMA- il simpaticissimo NICOLA CURCIO e alla sua prima uscita sul campo la Dott.ssa ALESSIA NATALE-Oggi è venuto a visitare gli scavi anche il Dott. STEVE BASLEY famoso ornitologo inglese.
Associazione CORNELIA ANTIQUA– Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Si consiglia anche la visita all’Oasi Lipu di Castel di Guido, adiacente alla Villa romana, la Direttrice dell’Oasi è la Dott.ssa Alessia de Lorenzis-
Contatti -Tel.328 55 69123-e.mail:. oasi.casteldiguido@lipu.it
Articolo e Foto di FRANCO LEGGERI per Associazione CORNELIA ANTIQUA
Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.mitico Archeologo VINCENZO ARNESEVolontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? 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Franco Leggeri Fotoreportage -L’Alba nella Campagna Romana
Franco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna Romana
La Campagna Romana-Con la locuzioneCampagna romana si indica la vasta pianura del Lazio, ondulata e intersecata da fossi o marrane, della provincia di Roma, che si estende nel territorio circostante l’intera area della città di Roma fino ad Anzio con il piano collinare prossimo, comprendente parte dell’Agro romano, fino al confine con l’Agro Pontino.
Il termine “Campagna” deriva dalla provincia di “Campania” istituita nel tardo impero in sostituzione della preesistente Regio I. Una paretimologia la fa derivare invece dal latinocampus (volgare “campagna” nel senso di area rurale). Va notato che “Campagna Romana” non è sinonimo di “Agro Romano“ – espressione, quest’ultima, utilizzata per indicare l’area di Campagna Romana nel distretto municipale di Roma. Il paesaggio
Nel XVIII e nel XIX secolo il paesaggio della Campagna romana, rappresentato da vaste aree pressoché disabitate dove spesso era possibile imbattersi nelle vestigia di imponenti costruzioni romane in rovina, divenne un luogo comune, un simbolo della tramontata grandezza di Roma, insieme con l’immagine del quotidiano pittoresco rappresentato dai briganti, dai pastori e dai popolani di Bartolomeo Pinelli e dei pittori europei del Grand Tour.
Secondo Carocci e Vendittelli la struttura fondiaria e produttiva della Campagna Romana risale al tardo medioevo e si è conservata senza soluzione di continuo fino alla riforma agraria a metà del XX secolo.
Le invasioni barbariche, la guerra greco-gotica e la definitiva caduta dell’Impero romano d’Occidente favorirono il generale spopolamento delle campagne, compresa quella romana, e i grandi latifondi imperiali passarono nelle mani della Chiesa, che aveva ereditato le funzioni assistenziali e di governo già assolte dai funzionari imperiali, e le esercitava nei limiti del possibile.
A partire dall’VIII secolo le aziende agricole (villae rusticae) di epoca imperiale si trasformarono – dove sopravvissero – in domuscultae, entità residenziali e produttive autosufficienti e fortificate, dipendenti da una diocesi – o una chiesa, o un’abbazia – che deteneva la proprietà delle terre e le assegnava in enfiteusi ai contadini residenti. Questi spesso ne erano gli originali proprietari, ed avevano conferito la proprietà dei fondi alla Chiesa in cambio di un piccolo canone di affitto e dell’esenzione dalle tasse. Queste comunità godevano di completa autonomia, che implicava anche il diritto ad armarsi per autodifesa (da dove la costruzione di torri e torrette), e in alcuni casi giunsero anche a battere moneta.
Già dal X secolo, tuttavia, la feudalizzazione costrinse i contadini ad aggregarsi attorno ai castelli dei baroni ai quali veniva man mano attribuito il possesso – a vario titolo – di molte proprietà ecclesiastiche, e la coltivazione della pianura impaludata e malarica fu abbandonata, col tempo, quasi completamente. Là dove si continuava a coltivare, questi nuovi latifondi ormai deserti, nei quali sorgevano sparsi casali fortificati, furono destinati a colture estensive di cereali e a pascolo per l’allevamento di bestiame grande e piccolo. Il loro scarso panorama umano era costituito da pastori, bovari e cavallari, braccianti al tempo delle mietiture, briganti.
L’abbandono delle terre giunse a tal punto che con la conseguente scomparsa degli insediamenti urbani nel territorio circostante Roma attorno alle vie Appia e Latina, l’ex Latium Vetus, venne ripartito in “casali”, tenute agricole di centinaia di ettari dedicato all’allevamento di bestiame, soprattutto ovini, e alla coltivazione di cereali, a cui erano addetti lavoratori salariati spesso stagionali. Questi latifondi in età rinascimentale e moderna divennero proprietà delle famiglie legate al papato. A seguito dello spopolamento delle terre pianeggianti ritornate a pascolo, si aggravò il grave problema dell’impaludamento e della malaria.
Nel XVII secolo, dopo la redazione del Catasto Alessandrino[1], furono concessi ai contadini, ai piccoli proprietari e agli abitanti dei borghi l’uso civico dei terreni spopolati e abbandonati ed esenzioni fiscali (mentre venivano aggravate le imposizioni sui proprietari noncuranti), allo scopo di stimolare il ripopolamento di quelle campagne. Territorio
Dal libro: Fotoreportage per raccontare Roma e la sua Campagna Romana
di Franco Leggeri.
La bellezza, la poesia e la “bioarchitettura” del Viale dei pini nella Campagna Romana. V.le del sito Archeologico Torre della BOTTACCIA-Brano e Fotoreportage tratto dalla Monografia “Torri Segnaletiche-Saracene della Campagna Romana “di Franco Leggeri.
L’ecologia è un concetto che fa parte della coscienza universale, di cui dobbiamo essere ogni giorno sempre più consapevoli. Il grande scienziato della natura e poeta Goethe riassume tale consapevolezza con queste parole: “Nulla si impara a conoscere, se non ciò che si ama, e più forte è l’amore tanto maggiore sarà la conoscenza”. Imparare a “godere” dello spazio naturale che ci circonda è uno strumento di straordinario valore per diffondere e sedimentare nell’agire una vera e propria cultura della sostenibilità. In tal senso, probabilmente la più spontanea e potente istanza pedagogica è proprio il paesaggio, capace di impartire una sua prima e fondamentale educazione implicita: il paesaggio è infatti come scrive , molto bene, nel suo saggio ”Paesaggio Educatore” il Regni R. “ maestro di una cultura dell’ascolto dell’armonia dell’uomo e del cosmo, propria di un ambiente come realtà da condividere e non solo come qualcosa a cui badare”(Ed.Armando -2009). L’ammirazione per lo splendore della natura è il motore che genera e, conseguentemente, moltiplica in ognuno di noi , sin dalla più giovane età, i sentimenti di affezione , rispetto e curiosità verso il patrimonio ambientale che ci circonda. D’altra parte tale affezione e desiderio di cura tutela non può che scaturire dalla conoscenza e dalla relazione . Ci è istintivamente estraneo ciò che non conosciamo, con cui non possiamo dialogare per assenza di codici condivisi e a cui non siamo socializzati . L’estraneità si supera a mio avviso, solo attraverso un flusso comunicativo e relazionare che deve essere continuamente alimentato e che dà luogo ad una empatia prodromica a comportamenti di cura , tutela e di salvaguardia . Per recuperare i “codici” che ci consentono , nell’ascolto, di comprendere il linguaggio della natura bisogna , infatti, conoscere quest’ultima, perché solo coltivando una conoscenza profonda e radicata , ma anche istintiva, di qualcosa possiamo affezionarci ad essa, amarla e far crescere in noi il desiderio spontaneo di difenderla e preservarla.
Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-
Campagna romana
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.-Con la locuzioneCampagna romana si indica la vasta pianura del Lazio, ondulata e intersecata da fossi o marrane, della provincia di Roma, che si estende nel territorio circostante l’intera area della città di Roma fino ad Anzio con il piano collinare prossimo, comprendente parte dell’Agro romano, fino al confine con l’Agro Pontino.
Il termine “Campagna” deriva dalla provincia di “Campania” istituita nel tardo impero in sostituzione della preesistente Regio I. Una paretimologia la fa derivare invece dal latinocampus (volgare “campagna” nel senso di area rurale). Va notato che “Campagna Romana” non è sinonimo di “Agro Romano“ – espressione, quest’ultima, utilizzata per indicare l’area di Campagna Romana nel distretto municipale di Roma.
Storia
Secondo Carocci e Vendittelli la struttura fondiaria e produttiva della Campagna Romana risale al tardo medioevo e si è conservata senza soluzione di continuo fino alla riforma agraria a metà del XX secolo.
Le invasioni barbariche, la guerra greco-gotica e la definitiva caduta dell’Impero romano d’Occidente favorirono il generale spopolamento delle campagne, compresa quella romana, e i grandi latifondi imperiali passarono nelle mani della Chiesa, che aveva ereditato le funzioni assistenziali e di governo già assolte dai funzionari imperiali, e le esercitava nei limiti del possibile.
A partire dall’VIII secolo le aziende agricole (villae rusticae) di epoca imperiale si trasformarono – dove sopravvissero – in domuscultae, entità residenziali e produttive autosufficienti e fortificate, dipendenti da una diocesi – o una chiesa, o un’abbazia – che deteneva la proprietà delle terre e le assegnava in enfiteusi ai contadini residenti. Questi spesso ne erano gli originali proprietari, ed avevano conferito la proprietà dei fondi alla Chiesa in cambio di un piccolo canone di affitto e dell’esenzione dalle tasse. Queste comunità godevano di completa autonomia, che implicava anche il diritto ad armarsi per autodifesa (da dove la costruzione di torri e torrette), e in alcuni casi giunsero anche a battere moneta.
Già dal X secolo, tuttavia, la feudalizzazione costrinse i contadini ad aggregarsi attorno ai castelli dei baroni ai quali veniva man mano attribuito il possesso – a vario titolo – di molte proprietà ecclesiastiche, e la coltivazione della pianura impaludata e malarica fu abbandonata, col tempo, quasi completamente. Là dove si continuava a coltivare, questi nuovi latifondi ormai deserti, nei quali sorgevano sparsi casali fortificati, furono destinati a colture estensive di cereali e a pascolo per l’allevamento di bestiame grande e piccolo. Il loro scarso panorama umano era costituito da pastori, bovari e cavallari, braccianti al tempo delle mietiture, briganti.
L’abbandono delle terre giunse a tal punto che con la conseguente scomparsa degli insediamenti urbani nel territorio circostante Roma attorno alle vie Appia e Latina, l’ex Latium Vetus, venne ripartito in “casali”, tenute agricole di centinaia di ettari dedicato all’allevamento di bestiame, soprattutto ovini, e alla coltivazione di cereali, a cui erano addetti lavoratori salariati spesso stagionali. Questi latifondi in età rinascimentale e moderna divennero proprietà delle famiglie legate al papato. A seguito dello spopolamento delle terre pianeggianti ritornate a pascolo, si aggravò il grave problema dell’impaludamento e della malaria.
Nel XVII secolo, dopo la redazione del Catasto Alessandrino[1], furono concessi ai contadini, ai piccoli proprietari e agli abitanti dei borghi l’uso civico dei terreni spopolati e abbandonati ed esenzioni fiscali (mentre venivano aggravate le imposizioni sui proprietari noncuranti), allo scopo di stimolare il ripopolamento di quelle campagne.
Nel XVIII e nel XIX secolo il paesaggio della Campagna romana, rappresentato da vaste aree pressoché disabitate dove spesso era possibile imbattersi nelle vestigia di imponenti costruzioni romane in rovina, divenne un luogo comune, un simbolo della tramontata grandezza di Roma, insieme con l’immagine del quotidiano pittoresco rappresentato dai briganti, dai pastori e dai popolani di Bartolomeo Pinelli e dei pittori europei del Grand Tour.
ROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaFoto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-ROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaFoto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-ROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaFoto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-
ROMA Municipio XIII–Castel di Guido – 9 settembre 2022-Articolo e Fotoreportage di Franco Leggeri-Le prime notizie del ponte sull’Arrone si hanno già in un documento dell’XI secolo dove viene citato un “Pons de Arrone”, mentre in una bolla papale del 1019 è citato un “pons marmoreus qui est super Arronem”; si ha notizia del rinvenimento, nelle vicinanze, di una lapide la quale testimonia che un certo “Dorus Latro” aveva restaurato le sponde del fiume, come si legge nella scheda 35 del Quilici .
CASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.Foto B/N anni 1960-
Bibl.: La via Aurelia, scheda 35 ; Quilici, scheda 315; Brunetti Nardi, op.cit.,II,pag.64.
-Notizie Storiche del Fiume ARRONE-
Fiume della Comarca, il quale ha origine dal lago di Bracciano, essendo l’emissario naturale, e si scarica nel mare presso Maccarese. Esce dal lago a settentrione della Terra dell’Anguillara : passa sotto il ponte la Trave serve di limite ai tenimenti di Camoscie e Quarto s.Saba : traversa la via Claudia dopo la Osteria Nuova verso il XIV. Miglio da Roma: scorre sotto il Castello di Galera in un letto molto profondo, servendo di confine al tenimento di questo nome ed a quello di Centrone: traversa quelli di Monte Mario, e Buccèa: passa fra quelli di Testa di Lepre , Torrimpietra, Castel di Guido, e finalmente entra in quello di Maccarese, dove dopo aver servito allo irrigamento de’ campi entra in mare. Il ponte a due archi, sotto il quale attraversa la via Aurelia dopo Castel di Guido è antico e di massi quadrilateri. Quantunque negli scrittori greci e latini non si faccia menzione di questo fiume , null’altro il suo nome risente la origine etrusca, derivando probabilmente dalla stessa radice di ARUNS. Col nome di ARRONE viene ricordato l’anno 1053 in una bolla di Leone IX, nella quale fra i confini dei fondi Camelianum ,Olibula , Angellum, Pinum, Camaranum, Lauretum ec. Si pone così: a quarto (latere)rivum qui vocatur Arrone positum in territorio Galeriae . Veggasi il Bullarium Vaticanum T.L.
Si può vedere(foto allegate) il vecchio ponte dell’Arrone , ormai in disuso , il quale conserva il suo selciato originale .Nel parapetto si trova incorporato un blasone nobiliare medievale in marmo, mentre sono ancora visibili le vecchie paratie metalliche , vera archeologia industriale, le quali servivano per regolare il flusso dell’acqua destinata all’irrigazione della campagna circostante.
Lungo la strada che conduce a Fregene , sulla sinistra ,si vede il laghetto di “Mezzaluna” ed è proprio qui che Guido, Duca di Spoleto, condusse alla vittoria, contro i Saraceni nell856 d.C., le “milizie di Campagna” come le definì lo storico Prudenzio da Troyes.
-CURIOSITA’-
I volontari della Protezione Civile di Castel di Guido ,Capitanata dal Fondatore Attilio ZANIN, durante un lavoro di bonifica del canale di gronda dell’Aurelia che sversa le acque meteoriche nell’Arrone al Bivio di Fregene, hanno effettuato un lavoro di recupero molto interessante cioè quello di riportare alla “luce” le vecchie “CASEMATTE”. Queste strutture in c.a. furono costruite durante l’ultimo conflitto al fine di difendere Roma da possibili attacchi e neutralizzare l’avanzata di colonne motorizzate lungo la via Aurelia. Nota di colore sulla “CASAMATTA “. In una di queste strutture vi ha prestato servizio di guardia il musicista romano ARMANDO TROVAJOLI autore ,tra le altre melodie. della rivista musicale RUGANTINO .
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Articolo e Fotoreportage di Franco Leggeri-per Ass.ne CORNELIA ANTIQUA
CASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERI
CASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERICASTEL di GUIDO-PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.-FOTO DI FRANCO LEGGERIAssociazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.:cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–Roma via Aurelia Bivio di Fregene vecchie “CASEMATTE”-Foto di Franco LeggeriRoma via Aurelia Bivio di Fregene vecchie “CASEMATTE”-Foto di Franco LeggeriRoma via Aurelia Bivio di Fregene vecchie “CASEMATTE”-Foto di Franco LeggeriRoma via Aurelia Bivio di Fregene vecchie “CASEMATTE”-Foto di Franco LeggeriAssociazione CORNELIA ANTIQUA– Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Diciamo subito che il termine Polledrara di Cecanibbio, fotoreportage, non si riferisce ad allevamenti di polli o similari che dir si voglia, ma bensì ad un recinto per cavalli (puledri) e che la località di Cecanibbio,Museo Paleontologico Polledrara di Cecanibbio ,nonostante il nome che sembrerebbe di fantasia, esiste davvero e si trova fra la via Aurelia e la Boccea a circa sei chilometri dall’incrocio che dalla statale porta a Fregene, andando però dalla parte opposta verso l’interno e non verso il mare.
CASTEL DI GUIDO-La Polledrara di Cecanibbio- MUSEO PALEONTOLOGICO
La Polledrara di Cecanibbio, la quale come luogo e nome alla maggior parte delle persone non dice assolutamente nulla essendo peraltro completamente sconosciuta ai più, gode invece di fama internazionale fra gli archeologi e i paleontologi di tutto il mondo per tutta una serie di motivi ed in particolare per alcuni che a seguire cercheremo di spiegare in maniera dignitosa. Nel Pleistocene medio- superiore (300.000 anni fa), la campagna romana si presentava come è oggi il cuore dell’Africa, ciò vuoi per motivi climatici, che per quelli ambientali con grande varietà e ricchezza di vegetazione ed una forte presenza di corsi d’acqua e di grandi zone paludose; un habitat questo che permise la sopravvivenza di una fauna estremamente varia ad iniziare dall’elefante antico (Palaeoloxodon antiquus), un gigante di circa 6 metri d’altezza con zanne di 4 metri e mezzo, per proseguire poi con rinoceronti, bufali (tanti stando ai ritrovamenti), lupi, cervi, cinghiali ed anche scimmie della specie macaco, per non dire poi di varie specie di rettili (tartarughe d’acqua e di terra incluse) e di uccelli particolarmente di specie acquatica.
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Ma la Polledrara di Cecanibbio è famosa fra gli esperti soprattutto perché in una estensione di circa un chilometro quadrato si trova un grande accumulo di resti fossili degli animali succitati mantenutisi in maniera eccezionale ed ivi accumulati in un alveo torrentizio (un torrente di circa 40 metri di larghezza con una profondità di un metro e mezzo che le portò con le sue piene, una sorta quasi di Arrone ante litteram; Arrone che, attualmente, per inciso, scorre non lontano da lì) furono inglobati perfettamente nei sedimenti vulcanici ivi “sparati” dal vulcano Sabatino (ora lago di Bracciano – tutti i laghi del Lazio sono il frutto del riempimento acqueo di ex coni vulcanici) tali da conservarsi, fino ai nostri giorni, in maniera ineccepibile per la “gioia” degli specialisti di cui sopra e per la curiosità ed il piacere visivo dei visitatori di oggi.
CASTEL DI GUIDO-La Polledrara di Cecanibbio- MUSEO PALEONTOLOGICO
I primi indizi di questo ampio giacimento di fauna fossile si ebbero già nel 1984 quando in una ricognizione di superficie la Soprintendenza Archeologica individuò lungo i fianchi di una collinetta un gran numero di resti, con, a seguire, delle ricerche più approfondite, fatte in loco successivamente in vari periodi.
CASTEL DI GUIDO-La Polledrara di Cecanibbio- MUSEO PALEONTOLOGICO
Nel corso degli anni l’area ha restituito resti non completi di una cinquantina di elefanti antichi, tra cui – per la prima volta in Italia – sette crani di individui adulti appartenenti a questa specie. Ma anche, tramite la campagna di scavo iniziata nel 2011, un reperto assolutamente straordinario (sempre di elefante antico) di cui vale la pena di parlare visto e considerato che si tratta di una vera e propria “tragedia” animale nella quale incappò un rappresentante di tale specie.
CASTEL DI GUIDO-La Polledrara di Cecanibbio- MUSEO PALEONTOLOGICO
Ecco la stupefacente storia emersa dalle ricerche effettuate. Uno di questi elefanti giganti scivolò all’interno di una grande e profonda fossa completamente piena di vischioso fango e, purtroppo per lui, cadde dentro con le zampe messe in malo modo, in particolare quelle posteriori, tanto da non poter più spingersi in alto verso la liberazione, anzi, probabilmente quei pochi movimenti che riuscì a fare complicarono ulteriormente la sua situazione avviandolo verso una bruttissima fine ed anzi esponendolo ai brutali attacchi animali ed umani che mai si sarebbero verificati se fosse stato libero di muoversi disponendo a difesa, verso qualsiasi direzione, le sue tremende zanne e la sua potente proboscide. C’è da dire che l’esemplare fossile della Polledrara di Cecanibbio con il fatto che rimase bloccato in posizione anatomica verticale ha permesso degli studi particolarmente esaustivi su questa specie e delle precise comparazioni con gli elefanti dei nostri giorni.
CASTEL DI GUIDO-La Polledrara di Cecanibbio- MUSEO PALEONTOLOGICO
A proposito degli attacchi che l’elefante prigioniero subì vanno segnalati quelli che effettuò l’uomo preistorico nello specifico l’Homo Heidelbergensis (ritrovato, in prima battuta, presso Haidelberg in Germania ed antenato dell’Homo Sapiens) che stanziava anche lui nella zona, probabilmente proprio per le ampie opportunità di caccia che essa offriva. Anzi, come dimostrato dagli istrumenti rinvenuti intorno alla carcassa del grande animale, lo macellò letteralmente fratturandogli anche le ossa sia a scopo alimentare che per trarne strumenti appunto di quella natura. E di ciò vi è assoluta certezza in quanto le analisi effettuate al microscopio elettronico, pure tramite l’Università La Sapienza, hanno infatti evidenziato, su alcuni oggetti usati dall’Homo Heidelbergensis, delle sicure tracce lasciate dal taglio della pelle, della carne e dell’osso. Va anche detto che la capacità cerebrale dell’Homo Heidelbergensis è praticamente quasi uguale alla nostra per cui non si può escludere totalmente che il Palaeoloxodon antiquus fu spinto volutamente nella fangaia per poi poter infierire su di esso con il minor pericolo possibile considerando la mole la forza dell’animale che libero di muoversi sarebbe stato un avversario estremamente poderoso molto difficile da uccidere.
CASTEL DI GUIDO-La Polledrara di Cecanibbio- MUSEO PALEONTOLOGICO
Fra l’altro non è da trascurare, sempre alla Polledrara di Cecanibbio, il fatto del ritrovamento dei resti fossili di bufali visto e considerato che, fino a questi rinvenimenti, mai nel Pleistocene medio – superiore tali animali erano stati, fino ad allora, documentati nell’Europa meridionale. Attualmente questo luogo, molto particolare e molto speciale, è visitabile dal pubblico sia in gruppi che singolarmente (guardare per informazioni orari e giorni su internet digitando “Polledrara di Cecanibbio”) in maniera estremamente intelligente attraverso delle funzionali passerelle aeree che evitano, in tal modo, il calpestio di questa interessantissima area preistorica. Dimenticavo di dire che dei grandi e bei pannelli illustrativi a colori fanno vedere come doveva presentarsi tutta la zona 300.000 anni fa sia in ambito botanico che animale.
CASTEL DI GUIDO-La Polledrara di Cecanibbio- MUSEO PALEONTOLOGICO
Articolo scritto dal Prof.Arnaldo Gioacchini – Membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale Unesco
Foto di Franco Leggeri-
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Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.
Franco Leggeri Fotoreportage-
Roma Capitale-CASTEL DI GUIDO-
GAR-Sessione di scavo Villa Romana delle Colonnacce-
Roma- 30 marzo 2017-Sabato 22 aprile dalle ore 9:00 alle ore 17:00-I Volontari del Gruppo Archeologico Romano saranno presenti a Castel di Guido, presso l’Azienda Agricola Comunale di Roma Capitale e OASI della LIPU, per condurre gli scavi nella Villa Romana delle Colonnacce.La Villa Romana è databile tra il III sec. a.C. e il III sec. d.C. ed è costituita da strutture sia di epoca repubblicana sia imperiale.
Foto di FRANCO LEGGERI per REDREPORT
Per ulteriori informazioni si prega di contattare la segreteria del GAR: Gruppo Archeologico Romano Via Contessa di Bertinoro 6, Roma Tel. 06/6385256 info@gruppoarcheologico.it
Descrizione della Villa Romana delle Colonnacce sono tratte da un saggio-lezione della Dott.ssa Daniela Rossi- Archeologa .
Castel di Guido- La Villa Romana è del II-III secolo d.C. è sita su di un pianoro all’interno dell’Azienda agricola comunale. La Villa ha strutture di epoca repubblicana che sono le più antiche e di epoca imperiale. La villa ha una zona produttiva di e la parte residenziale di epoca imperiale. La parte produttiva comprende l’aia o cortile coperto: il grande ambiente conserva le basi di tre sostegni per il tetto, mentre è stato asportato il pavimento, al centro si trova un pozzo circolare. Vi è una cisterna per la conservazione dell’acqua meteorica, all’interno della cisterna si trovano le basi dei pilastri che sorreggevano il soffitto a volta. A giudicare dallo spessore dei muri e dei contrafforti si può desumere che avesse un altezza di circa 5 metri. Nell’ambiente di lavoro si trovano un pozzo e la relativa condotta sotterranea. Torcular : sono due ambienti che ospitavano un impianto per la lavorazione del vino e dell’olio. Vi era un torchio collegato alle vasche di raccolta, mentre in un ambiente più basso vi era l’alloggiamento dei contrappesi del torchio medesimo ed una cucina con contenitori in terracotta di grandi dimensioni (dolii). La parte residenziale ha un atrio, cuore più antico dell’abitazione romana, in cui si conservava l’altare dei Lari, divinità protettrici della casa. Al centro vi è una vasca ( compluvio) in marmo in cui si raccoglieva l’acqua piovana che cadeva da un foro rettangolare sito nel tetto (impluvio). Sale da pranzo, forse triclinari , ampie e dotate di ricchi pavimenti e di belle decorazioni affrescate sulle pareti. Cubicoli, stanze da letto . Vi erano dei corridoi che consentivano il transito della servitù alle spalle delle grandi sale da pranzo senza disturbare i commensali o il riposo dei proprietari. Il Peristilio o giardino porticato: era l’ambiente più amato della casa, di solito con giardino centrale ed una fontana. Dodici colonne sostenevano il tetto del porticato, che spioveva verso la zona centrale. I volontari del GAR –Zona Aurelio , scavano con perizia e recuperano frammenti, “i cocci”, li puliscono,catalogano e , quindi, li trasportano nella sede di via Baldo degli Ubaldi dove vengono restaurati e conservati . Nel 1976 la Soprintendenza Archeologica di Roma recuperò preziosi mosaici e pregevoli pitture che sono ora esposti al pubblico nella sede del museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo. Se la Villa è visitabile e ben conservata lo si deve all’ottimo lavoro dell’Archeologo Dott.ssa Daniela Rossi che la si può definire “Ambasciatore e protettrice del Borgo romano di Lorium “.
N.B. Franco Leggeri:”La descrizione della Villa delle Colonnacce sono tratte da un saggio-lezione che la Dott.ssa Daniela Rossi ha tenuto nella sala grande del Castello nel Borgo di Castel di Guido il 18/04/09 .”
FOTO GALLERY -Villa Romana delle Colonnacce-Foto di Franco Leggeri
Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.GAR-Gruppo Archeologico RomanoVolontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.VILLA ROMANA DELLE COLONNACCEVILLA ROMANA DELLE COLONNACCEVolontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Arch. VALERIA GASPARI Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Castel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-Visita Villa Romana delle ColonnacceVisita Villa Romana delle ColonnacceCastel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-Castel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-Castel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-Castel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-
La Campagna Romana nelle tempere e nei pastelli di Giulio Aristide Sartorio
Articolo e ricerche a cura di Franco Leggeri-le foto in B/N sono originali del 1906 –
La Campagna Romana nelle tempere e nei pastelli di Giulio Aristide Sartorio,Man mano che la via Appia scende nelle paludi un silenzio innaturale comincia a gravare sul paesaggio . I canti si affievoliscono , non si sentono grida di gioia, ma solo l’indefesso zirlio delle cicale e un gracidare assordante . Qualche bifolco , qualche contadino , qualche buttero giallo di febbre vi fanno un triste saluto . Pian piano si scoprono tra le canne dei lustri sospetti: è l’acqua stagnante … Nei rari casali , nelle povere osterie, vi salutano uomini dall’aspetto fraterno , ma come scaturiti dal passato. Paiono di una stirpe che non è morta mai ; le loro facce sembrano lavorate come i ruderi della Campagna e su di esse si leggono i sacrifici secolari. La via Appia procede così per miglia e miglia, attraverso un paese sospetto , ricco di pascoli , di macchie, ma silenzioso . Gli archi della strada superano i canali fangosi nei quali si vedono i bufali immobili, mentre rari guizzi accusano i pesci. Qualche famiglia di pescatori ha costruito le capanne sulle palizzate e vive come gli uomini primitivi fabbricando le stuoie e le nasse. Sembra di essere catapultati in un paesaggio arretrato nei secoli; sembra d’essere in una specie di Stige e la nostra vita civile
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
“sembra un inganno , un’illusione”.
Questo paesaggio e questa vita –triste, solenne, straordinariamente caratteristica- il Sartorio delinea con tocchi rapidi e suggestivi in un conferenza su Terracina e traduce da tempo in piccole tempere e pastelli.
Giulio Aristide Sartorio , uscito da una famiglia d’artisti imbevuti di classicismo e che consideravano , quindi, il paesaggio come manifestazione artistica di scarsa importanza, non si dedicò sin dai primi anni agli studi che poi ha privilegiato. Fino alla Gorgone e alla Diana Efesina il Sartorio fu sotto l’influenza deli insegnamenti paterni e deve al pittore Francesco Paolo Michetti il primo impulso verso questi nuovi orizzonti.
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
Nell’Esposizione parigina del 1889 un suo quadro – I figli di Caino- fu premiato con una medaglia d’oro; e in questa occasione egli si recò , insieme al Michetti, alla Mostra di Parigi.
L’amore e la conoscenza profonda che il Michetti aveva per i paesisti francesi del ‘30 gli rivelarono tutto un mondo quasi ignoto, lo appassionarono per una manifestazione artistica da lui prima poco stimata. Ed a Francavilla a Mare, subito dopo Parigi , segnò con i pastelli del suo grande amico le prime impressioni di paese. Venuto a Roma, trovò nell’amicizia di due nobili illustratori della Campagna Romana- il Carlandi e il Calemann- stimolo costante a che l’improvvisa rivelazione non impallidisse. E il Carlandi e il Colemann gli furono guida nelle prime escursioni attraverso l’Agro Romano: anzi fra loro tre si fermò il progetto di una illustrazione completa di esso; progetto che, purtroppo, pare abbandonato. Ed ora ben pochi conoscono come il Sartorio le segrete bellezze e le ardenti emozioni che può offrire a
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
chi la contempli con anima candida e fervente l’interminata desolazione della Campagna Romana. Finora il Sartorio, sotto l’aspetto assai cospicuo di paesista, era stato conosciuto frammentariamente- quasi si potrebbe dire saggiato- nelle mostre di Venezia, di Roma, di Milano. Nel febbraio, però, sono state esposte a Londra settantatrè opere – metà tempere, metà pastelli- fra nuove e vecchie sensazioni paesistiche di lui, sì che la mostra offre la visione completa di quel che il Sartorio rappresenta non solo come paesista, ma anche come interprete di una regione nello svolgimento dell’Arte moderna. A Roma, nel salone Corrodi, si è tenuta la prova generale del grande spettacolo londinese: e artisti, amatori, studiosi, giornalisti sono accorsi: e in tutti era profondo il convincimento che il Sartorio fosse il vero multiforme poeta della Campagna Romana e che la mostra odierna avesse una significazione e una organicità profonda che la rendeva un avvenimento artistico affatto insolito. Bisognava vedere, infatti, quale tenace legame spirituale collegava tutte queste Opere così varie di soggetto, di sentimento, di tecnica e come il loro
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
intimo valore d’arte si intensificasse e si accendesse nel dispiegamento magnifico! La semplicità aristocratica e originale del taglio – rarissima perché segno di una personalità squisita-;la varietà dei momenti colti e la tecnica varia e sensibilissima con cui son resi ; la finezza e la intensità del sentimento onde son tutti materiali; la suggestiva magia evocatrice che li anima pareva che si avvivasse e si ampliasse in una vita più ricca e più ardente. Il Sartorio mantiene nel suo spirito una spiccata propensione per il mondo classico di cui egli ha una conoscenza straordinaria per un artista e perciò predilige quei luoghi della Campagna Romana avvolti nei veli fantasiosi delle leggende oppure onusti di memorie. Così si spiega il gran numero di quadri nei quali egli canta Terracina e il Circeo. E’ il mare di Omero e di Virgilio e-scrive il Sartorio nella conferenza citata- :”i navigli a vela che oggi lo solcano potrebbero essere le navi di Giasone, di Ulisse, di Enea, di Augusto, di Genserico; potrebbero essere flotte che portarono la Poesia , l’Arte, la Guerra, la conquista, la distruzione: pare che noi stessi abbiamo vissute tutte le vicissitudini antiche.” Circe, l’incantatrice di Colchide, ebbe nella regione il suo regno fatale: e il suo spirito sembra che aleggi ancora sul mare azzurro , sulle azzurre lenee dei monti , sulle rovine dei Templi, sugli stagni putridi e mortali . Una solenne atmosfera di silenzio
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
circonfonde Terracina squallida , chiusa tragicamente nella luce del suo passato, quando i traffici ed il commercio urgevano, quando gli eroi turbinavano intorno, quando l’arte risplendeva nel tempio di Anxur che prometteva al suo popolo la giovinezza eterna e in molti altri Templi e Fori e Basiliche e case. L barcgìhe pescherecce sotto al Circeo con le vele tessute di luce . gonfie e veloci sulla solenne distesa del mare azzurrissimo nella violenza del sole sembrano quelle che passarono innanzi l’isola a vele spiegate una notte remota tra il ruggire dei leoni incatenati e l’ululare dei lupi, mentre Odisseo era tenuto prigioniero nel palazzo incantato di Circe. I bufali pigri, fangosi, dagli occhi iniettati di sangue che triano una pesante carrozza presso Terracina, guazzando in mezzo all’acqua, sembrano veramente quelli abbandonati dalle torme unne di Genserico nella loro partenza precipitosa. Altri bufali lenti e grevi tirano un carro dalle enormi ruote ai monti Ausoni di linea sobria e sdegnosa, interrotta dal Pesco montano, una rupe a foggia di torre sporgente dal Tirreno come faro ciclopico. Esso fu tagliato sotto il primo impero perché contenesse la via Appia, la quale solo colà toccava il mare ed era un punto strategico guardato dal presidio romano chiuso nel Castrum che circondava il tempio di Anxur. Sul davanti del quadro il terriccio melmoso si affloscia ed affonda . L’ampio paesaggio sembra fasciato in tedio profondo , in un silenzio pauroso ed il carro ed i bufali ed i conducenti sembrano silenziose apparizioni fantastiche. Ancora altri bufali affogati nel fango , con le teste torte in alto , ansanti, guardati da due butteri monumentali, selvaggi ruderi di una remota età eroica. Desolazione epica domina anche nelle rovine del porto di Trajano, ora pozzanghera in cui guazzano i bufali, ma un tempo rifugio ricco di vele e di grida che vide partire verso l’Africa gran parte del bottino di Genserico. E’ un arco di terra melmosa cui sono attaccati ancora gli anelli per le navi e al di là di essa si stende sconfinato il mare, rompendosi in spuma sulla terra
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
superstite ch’esso ogni dì più incalza e sopprime. L’organismo coloristico è squisito : i toni aurati iridescenti delle nuvole pendule sul mare si fondono mirabilmente con quelli oscuri e sordi dell’acqua opaca e della terra che scoscende , rilevati dalla massa azzurra del monte e dalla macchia rossa della casetta che si erge a destra . Molti di questi finissimi quadri si fan notare , oltre che per la loro significazione sempre profonda , per la raffinata seduzione del colore. Vi è una tempera – L’aratura a Foro Appio- che è tutta una delicata sinfonia di toni gialli nell’immensità triste del piano, nelle figure dell’uomo e dei buoi, atomi perduti nello spazio. Un’altra tempera –Nel lago di Nemi, sotto villa Cesarini- in cui attraverso un incrocio fantastico di olmi e platani s’intravvede il cielo roseo sorridente sulle masse azzurrine dei monti, è un accordo finissimo di giallo, verde , rosso , azzurro. Nell’Aratura con i bufali è il roseo chiarore dei monti che anima il paesaggio illuminandolo di un sorriso infinito di pace e di gioia, mentre un lungo convoglio di bufali immani passa con andatura lenta grave come nell’eternità del tempo. Fini illustrazioni ha anche Ostia. Una tempera
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che ritrae un piccolo cimitero settecentesco , il cui modesto ingresso è fiancheggiato da due colonne joniche, ornamento forse di qualche villa romana, è una visione di una semplicità e di una signorilità più che squisita, resa con magnifica nitidezza e rilievo, animata da un occhieggiare vivace di papaveri che squillano nella chiara luminosità diffusa sulla campagna. E’, come tante cose del Sartorio, una cosa fatta di niente, ma piena di freschezza e di aristocratica distinzione. Guardate il Pagliaio così morbido, tagliato finemente sull’orizzonte luminosissimo, perlaceo per lo sfolgorare del sole. Guardate lo studio di Tor di Quinto: una semplicissima linea di colline su cui si arrampicano curve le pecore, tutta soffusa di una tristezza e di una poesia infinita. Il Sartotio ha la virtù dei grandi artisti, quella di innalzare ad espressione di arte le forme più umili della vita e della natura, di essere sempre semplice ed originale insieme, di animare come per incantesimo perfino manifestazioni d’arte strascinate per tutte le mostre e tutte le botteghe. Vuol rendere le rovine dei
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
monumenti romani e non fa né la veduta, né la cartolina illustrata. Le colonne superstiti del Teatro di Ostia sembrano membra sparse, ma ancora viventi, di un organismo già vibrante e pare che anelino all’alto agili e fulgide; le rovine delle Terme antoniniane , quadro di fattura finissima, sembrano penetrare in ogni pietra, in ogni linea di una vita profonda e anche gli acquedotti hanno una grandiosità altera, solenne di voci remote che li rende una vera e grande evocazione di vita fuggente nei secoli. Le paludi e il Litorale pontino sono evocati in alcuni quadretti che sono i migliori della serie, specie quello rappresentante un armento di bufali che attraversa un ponte di pietra, il cui riflesso rossastro anima l’acqua appena increspata e, più ancora, quel lembo di litorale , vero capolavoro, in cui è reso possentemente l’infinito del mare e quel senso di timoroso stupore, di tristezza, di annichilimento che esso produce e che la tenue vita delle pecore beventi intensifica. Delle illustrazioni di Tivoli è assai fine quella che ritrae una cascata, ora scomparsa, scendere rumorosa e fresca tra rigogliose siepi verdi, e le due rive dell’Aniene , eleganti nella loro pace un po’ triste, fresche di ombre animatrici. Di Castel Fusano si
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vede lo Stagno del Levante , immobile, triste, armonia di toni verdi, e il viale del coniglio, grandioso, in cui le masse brune dei pini ondeggianti staccano sopra il cielo diafano che appare a tratti tra esilità dei rami. La pineta di Sant’Anastasia è resa in due aspetti diversissimi- una volta oasi perduta in una desolazione immensa, affondata in un orizzonte torbido, chiuso da una monotona linea di monti- un’altra come parco signorile racchiudente una casetta candidissima: una visione gaia, fresca, aristocratica. Molti altri quadri ritraggono svariati aspetti della Campagna Romana. La strada attraverso la selva laurentina, oltre a rivelare una straordinaria abilità tecnica , è altamente suggestiva per lo sfondo misterioso, per la immobilità quasi esanime degli alberi e delle erbe che sembrano forme di una vita lontana. Di morbidezza squisita e finissima di chiaroscuro è la Raccolta del fieno. Più fine e possente il Temporale sulla via Cassia bianca di polvere, su cui rotolano con grave incedere carri tirati da bufali. L’appesantimento dell’aria , l’attenuazione dei colori pel filtrare lieve del sole, l’aspettazione misteriosa e raccolta che si diffonde sugli
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
uomini e sulle cose insieme a una tristezza profonda fanno apparire imminente l’abbattersi della bufera. L’Aratura di settembre in una sterminata e desolata campagna chiusa da monti assume una grandiosità sovrannaturale come se fosse una funzione sacra. Assai delicata è la Pastorale, pervasa di una tristezza elegiaca che si effonde non solo dal volto accasciato del suonatore gonfio e lacero, ma anche da quel rudero-voce d’altri tempi- staccante sul piano erboso e dalla squallida distesa interminata avvolta in una luminosità diffusa. Epica è la Sera nella Campagna Romana per il rossore tragico che avvolge come di un velo di nebbia il desolato piano erboso, le pecore strette l’una all’altra, timidamente. Certi grandi quadri hanno raggiunto una vita straordinaria, riprodotti in piccole dimensioni. Così quello già a Venezia in cui si vedono le pecore disposte a semicerchio come per un misterioso rito sotto il tenue chiarore roseo dell’estremo crepuscolo, mentre la luna rosseggia pallida e incerta dietro i vapori : pare che un silenzio argentino circonfonda ogni cosa ; pare che un infinito senso di poesia da ogni cosa emani. Così da Tonnara , esposta a
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
Milano nel 1906, che appare più intensa nell’azione, più armonica nella costruzione , più accordata nel colore. La pittura , con questi lavori, il Sartorio ha superbamente rappresentato e descritto la Campagna Romana.
Articolo e ricerche a cura di Franco Leggeri-le foto in B/N sono originali del 1906 –
Biografia di Giulio Aristide Sartorio.
Giulio Aristide Sartorio
Allievo prima del padre e poi dell’Accademia di San Luca fece i suoi primi passi all’insegna del fortunismo alla moda con quadi in costume settecentesco o comunque contrassegnati dalla pennellata virtuoso e dalla tematica facilmente leggibile. Nel 1883 inviò all’Esposizione di Belle Arti di Roma Dum Romae consulitur morbus imperat ovvero Malaria (opera dispersa), potente dipinto neo caravaggesco di denuncia sociale. Nel 1889 vinse la medaglia d’oro a Parigi con I figli di Caino e si avvicinò a Francesco paolo Michetti, da cui derivò l’amore per il pastello e per il paesaggio. Contemporaneamente alla frequentazione di In Arte Libertas realizza il trittico Le Vergini Savie e Le Vergini Folli per il conte Gegè Primoli, opera intrisa di umori neo bizantini. Un passo successivo fu il dittico Diana d’Efeso e gli Schiavi e La Gorgone e gli Eroi – vera e propria summa della sua stagione simbolista e delle sue riflessioni sull’arte – opera che alla Biennale di Venezia del 1899 ottenne l’acquisto statale per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Tra il 1908 e il 1912
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realizzò l’intero fregio per la nuova aula del Parlamento mettendo a punto un nuovo linguaggio per la decorazione ambientale dove si coniugava il classicismo michelangiolesco con la propria sigla inconfondibile. Allo stesso periodo risale la partecipazione al gruppo dei XXV della Campagna Romana, con il quale perlustrò tutti gli amati dintorni di Roma riportandone i segni distintivi in procinto di essere cambiati per sempre dal progresso. Nel 1915 partì volontario per la guerra che documentò con una serie di lavori di straordinaria modernità caratterizzati da tagli fotografici arditi e da contrasti cromatici d’effetto. Negli anni ’20 compì una serie di viaggi in Oriente e Sud America grazie ai quali realizzò una serie straordinaria di opere contraddistinte dall’immediatezza del reportage dal vivo. L’ultimo periodo si dedicò a ritrarre la famiglia Fregene mettendo a punto un’innovativa pittura di luce post impressionista di straordinaria modernità. Morì nel 1932 a Roma durante la progettazione della decorazione del Duomo di Messina. Biografia: Nasce a Roma l’11 febbraio 1860, il nonno Girolamo e il padre Raffaele, entrambi scultori, lo avviano
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all’arte. Frequenta i corsi di Francesco Podesti all’Istituto di Belle Arti. 1877-79 Si mantiene realizzando soggetti alla moda neo settecenteschi e neo pompeiani sulla scia del successo di Mariano Fortuny. Si reca a Napoli dove conosce Domenico Morelli. 1883 Partecipa all’Esposizione internazionale di Roma con Malaria (Dum Romae consulitur morbus imperat). 1884 Visita a Parigi il Salon e attraverso Vittorio Corcos viene in contatto con l’ambiente degli artisti italiani ivi operanti. 1885 Lavora come illustratore per la “Cronaca Bizantina” di Angelo Sommaruga, che lo presenta a Gabriele D’Annunzio. 1886 Stringe amicizia con Francesco Paolo Michetti ed Edoardo Scarfoglio e viene in contatto con il gruppo di artisti di “In Arte Libertas” legati a Nino Costa. Prende parte all’editio picta dell’Isaotta Guttadauro di D’Annunzio. 1889 Ottiene la medaglia d’oro all’Esposizione universale di Parigi con I figli di Caino (1887-89). Durante l’estate soggiorna con D’Annunzio a Francavilla ospite di Michetti, che lo introduce alla tecnica del pastello e alla pittura di paesaggio. 1890 Frequenta il salotto del conte Giuseppe Primoli, che gli commissiona
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il trittico Vergini savie e vergini folli (Roma, Galleria comunale d’arte moderna). Espone per la prima volta con il gruppo “In Arte Libertas”. 1893 Si reca in Inghilterra per studiare le opere dei preraffaelliti e conosce a Londra William Morris. In una tappa a Parigi visita nuovamente il Salon. Invia da Parigi e Londra articoli sull’arte europea alla “Nuova Rassegna”. 1895 Espone alla I Biennale di Venezia, cui sarà presente con assiduità. 1896-99 Insegna pittura alla Scuola d’arte di Weimar su invito del granduca Carlo Alessandro di Sassonia. Si accosta al simbolismo tedesco e compie studi di animali nel giardino zoologico di Weimar. 1899 La III Biennale di Venezia gli dedica una sala personale, in cui espone il dittico Diana d’Efeso e Gorgone e gli eroi (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna). 1901 È nominato membro dell’Accademia di San Luca. Sposa Giulia Bonn. 1903 Nasce la figlia Angiola. 1904 È tra i fondatori del gruppo dei XXV della Campagna romana. 1905 Giulia Bonn rientra a Francoforte portando con sé la figlia. Pubblica il romanzo Roma Carrus Navalis – favola contemporanea. 1906 Partecipa all’Esposizione di
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Milano per l’apertura del traforo del Sempione con il Fregio del Lazio, poi suddiviso in diversi pannelli. 1907 Decora il salone centrale della Biennale di Venezia con il ciclo allegorico La Luce, Le Tenebre, L’Amore e la Morte (Venezia, Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro). 1908-12 Realizza il fregio decorativo della nuova aula del Parlamento italiano progettata da Ernesto Basile. 1914 Espone all’XI Biennale di Venezia. 1914-15 Allo scoppio della prima guerra mondiale si arruola come volontario con il grado di sottotenente di cavalleria. Ferito e catturato a Lucino sull’Isonzo è trattenuto nel campo di prigionia di Mauthausen, da cui viene liberato diversi mesi dopo grazie all’intercessione di papa Benedetto XV. Torna al fronte dove dipinge scene di guerra. 1917 Pubblica Tre novelle a perdita. 1919 Sposa l’attrice Marga Sevilla, con cui vive nella villa Horti Galateae. Dirige la moglie nel film Il mistero di Galatea. Si reca in Egitto per realizzare il ritratto di re Fuad I e visita Palestina, Libano e Siria. Il 14 settembre nasce la figlia Lidia. 1919-21 Collabora la casa di produzione cinematografica Triumphalis, firmando il soggetto di Clemente
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VII e il sacco di Roma e dirigendo il San Giorgio. 1921 Espone alla Galleria Pesaro. 1922 Pubblica il poema illustrato Sibilla e lo scritto teorico Flores et Humus. 1923 Il 23 novembre nasce il figlio Lucio. 1924 Effettua il periplo dell’America Latina a bordo della Regia Nave Italia. 1929 Si imbarca sulla nave militare italiana Caio Duilio per una crociera nel Mediterraneo. 1930-32 Lavora alla decorazione musiva del nuovo Duomo di Messina. 1932 Muore il 2 ottobre e viene sepolto nella chiesa di San Sebastiano fuori le mura.
Articolo e ricerche a cura di Franco Leggeri-le foto in B/N sono originali del 1906 –
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Foto Gallery dei Serbatori Idrici della Campagna Romana- Nord-Ovest-
-Castel di Guido-Residenza Aurelia di Castel di Guido- Borgo di Testa di Lepre- Serbatorio di Cecanibbio-
Serbatoi e torri piezometriche
Le prime torri piezometriche si fanno risalire all’Impero Romano, poiché la loro funzione, oltre ad avere un serbatoio come riserva per l’accumulo di acqua, è quella di, naturalmente, compensare la rete idrica in particolar modo lavorando per vasi comunicanti, proprio per ottenere una maggiore pressione nelle condutture rispetto alla pressione nella rete urbana dell’acquedotto.Negli schemi acquedottistici, spesso sono necessarie le torri piezometriche: in pratica sono delle vere e proprie “torri” composte da un serbatoio sollevato da terra grazie a tralicci, i quali possono essere in metallo o, molto più spesso, in muratura.
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Casteldi Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio tipo ENTE MAREMMA- 1956 Sito in Via di Castel di Guido-
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di via Alberto CAMETTI
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di via Alberto CAMETTI
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di via Alberto CAMETTI
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di via Alberto CAMETTI
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di via Alberto CAMETTI
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di via di TRAGLIATA
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di via di TRAGLIATA
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di via BRACCIANESE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di via BRACCIANESE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio dei TERZI-TRAGLIATELLA
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio dei TERZI-TRAGLIATELLA
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre- Via Occioni
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
SERBATOIO IDRICO VIA SODINI -loc. Le Pulcette- Castel di Guido
SERBATOIO IDRICO VIA SODINI -loc. Le Pulcette- Castel di Guido
SERBATOIO IDRICO VIA SODINI -loc. Le Pulcette- Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
SERBATOIO IDRICO VIA SODINI -loc. Le Pulcette- Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio della TORRE della RESIDENZA AURELIA di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre- Via Occioni
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio zona Tragliata
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre- Via Occioni
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di Castel di Guido
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CECANIBBIO
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di via Alberto CAMETTI
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di via Alberto CAMETTI
Borgo TESTA di LEPRE via Alberto CAMETTI
Borgo TESTA di LEPRE via Alberto CAMETTI
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di via Alberto CAMETTI
Borgo TESTA di LEPRE via Alberto CAMETTI incrocio con via di Tragliata
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di via Alberto CAMETTI
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio di CASTEL CAMPANILE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio dei TERZI-TRAGLIATELLA
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di via BRACCIANESE
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio METALLICO di via di TRAGLIATA
SERBATOIO IDRICO VIA SODINI -loc. Le Pulcette- Castel di Guido
La tela raffigura il “Martirio delle sante Rufina e Seconda”, ed è meglio conosciuta come il “Quadro delle tre mani” perché compiuta oltre che dal Cerano, da Giulio Cesare Procaccini e dal Morazzone, due degli interpreti più raffinati dell’ambiente lombardo del primo Seicento.
Un’occasione utile, quasi un compendio, voluto dal raffinato committente, Scipione Tosi, per mettere alla prova sullo stesso campo tre diversissimi modi di interpretare la pittura e la società al tempo dei Borromeo.
Descrizione del dipinto-
Il soggetto del dipinto è il martirio di due sorelle, Rufina e Seconda, avvenuto durante le persecuzioni della Roma imperiale. Lo spazio dell’opera è interamente saturato dalle figure, mostrando un accurato studio compositivo. A motivo di questo calcolo, la struttura generale, nonostante i tre distinti interventi, si mostra organica ed unitaria. Lo stile dei tre maestri mostra, al di là delle differenziazioni formali, una comune matrice culturale. La composizione infatti è un chiaro esempio dell'”intellettualismo artificioso e barocco” caratteristico del tempo
Santa Rufina è raffigurata nell’angolo destro della tela, inginocchiata in attesa del martirio, con le mani giunte e gli occhi rivolti al cielo. La macchia chiara del suo collo scoperto offerto al carnefice spicca violentemente dal fondo scuro della tela, cogliendo l’attenzione dello spettatore. Accanto a lei un angelo le posa delicatamente una mano sul braccio, fissandola negli occhi. L’eleganza delle figure, la dolcezza degli incarnati rosacei e dei panneggi, la delicatezza con cui sono descritte le mani affusolate della santa, rendono facilmente riconoscibile la mano del Procaccini in questo gruppo. Dietro la santa emerge dalla penombra la mole scura e teatrale del carnefice che brandisce la spada, in contrasto con le figure retrostanti, dell’angioletto che porge la palma del martirio, dell’uomo dalla veste dorata e del giovinetto di cui si scorge solo il viso incorniciato dai riccioli biondi. Il gruppo, tratteggiato con forti accenti luministici, rappresenta il contributo del Morazzone. Al Cerano sono infine dovuti il cavaliere sullo sfondo e l’angelo che trattiene il cane che sta per avventarsi sul corpo decapitato di Seconda. La resa più scultorea e naturalistica degli incarnati lividi e degli animali caratterizza il suo intervento-
sante Rufina e Seconda, Martiri di Selva CANDIDA
(Breve Storia)-Sono due celebri martiri romane ricordate in tutti i più antichi elenchi e in molti documenti storici. La loro morte avvenne durante la persecuzione di Valeriano e Gallieno, attorno al 260. Nel racconto del loro martirio sono presentate come sorelle, fidanzate con due giovani cristiani che per timore della morte avevano rinnegato la fede. A causa del rifiuto del matrimonio esse furono denunciate ed imprigionate mentre fuggivano da Roma. In seguito al loro diniego di sacrificare agli idoli le due giovani furono condotte in un bosco sulla via Cornelia, a dieci miglia da Roma in un terreno detto “Buxo”, dove vennero uccise e lasciate insepolte. Plautilla, matrona romana, che le aveva viste in sogno, provvide alla loro sepoltura in quello stesso luogo dove, già nel sec. IV, fu eretta una basilica, iniziata da Giulio 1 (336) e completata da papa Damaso, rinnovata con l’aggiunta del battistero da Adriano 1 (772-95) ed arricchita di doni da Leone IV (847–55). A questa chiesa si fa riferimento nei diplomi pontifici anche oltre l’ XI secolo, essendo divenuta Cattedrale della diocesi di Lorium, che presumibilmente ebbe un suo Vescovo proprio per provvedere alla quotidiana celebrazione dei sacri misteri nei tre santuari del territorio (sante Rufina e Seconda, san Mario e compagni e san Basilide) e per il decoro della vicina residenza imperiale. Il primo vescovo del quale si ha certezza storica è Pietro nell’anno 487. Attorno a quel luogo di culto, divenuto celebre meta di pellegrinaggio assieme alle catacombe di san Mario, era sorta gradualmente una città, che fu saccheggiata e distrutta dai Saraceni nell’847 e poi nell’870. Sergio III, nel 904, provvide alla riparazione della Chiesa, ma il centro abitato era oramai quasi del tutto abbandonato a causa dei pericoli delle incursioni barbariche e dello squallore del luogo. Papa Anastasio IV, nel 1153, fece trasportare il corpo delle due Sante nel
dove venne loro dedicata una cappella che fu posta Sotto la giurisdizione del vescovo di Porto e Santa Rufina, come è provato dalla bolla di Gregorio IX del 1236. A Trastevere, in via della Lungaretta, esiste ancora un antico monastero loro intitolato e che si dice edificato nel luogo dove era la loro casa natale. Della chiesa adiacente, ornata con un campanile del XIII sec., si hanno notizie fin dal 1123, dato che in una bolla di Callisto Il è annoverata fra le filiali di santa Maria in Trastevere. I resti archeologici sulla via Boccea (loc. Porcareccina), gi–á individuati e descritti da Antonio Bosio (1632), furono di nuovo studiati nel nostro secolo.
S.E.Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINA –
Festa delle Sante Rufina e Seconda, patrone della Diocesi –
Preghiera di S.E.. Monsignor GINO REALI in onore della Sante Patrone della nostra Diocesi
Padre di misericordia,
che hai chiamato alla gloria del martirio le sante sorelle Rufina e Seconda,
congiunte in vita e in morte dall’amore per l’unico Sposo,
e le hai donate alla nostra Chiesa come modello di fede e di fortezza,
concedi a noi, per il loro esempio e la loro intercessione,
di seguire il Signore Gesù con fede viva, speranza ferma e carità ardente.
Questa terra, bagnata dal sangue dei Martiri,
germogli ancora il frutto della santità e dell’amore.
Per la loro comune intercessione, dona alle nostre famiglie unità e pace;
per il loro esempio rafforza i nostri giovani nella lotta per la virtù ed il bene,
e dona loro limpidezza di cuore e generosità d’impegno;
per i loro meriti, sostieni i nostri passi nel cammino verso la patria eterna.
A te, o Padre, affidiamo la nostra vita:
liberaci da ogni pericolo dell’anima e del corpo,
e donaci la grazia che ti chiediamo …
Tu che vivi e regni, con Cristo tuo Figlio e lo Spirito Santo,
nei secoli glorioso. Amen.
+ Gino Reali Vescovo di Porto – Santa Rufina 7 giugno 2007
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