Curatore- Marilena Squicciarini– Stilo Editrice Scrl BARI
Descrizione del libro di Luigi Fallacara-È questa la storia di Mimì Accettura e della sua famiglia, mercanti d’olio nella Bari degli anni Trenta, declinata nei toni che Macrì accosta a un certo verismo meridionale. Il Verismo è tutto nelle descrizioni di gesti, luoghi, cose, antichi modi di vivere, restituite in pagine che assumono, ai nostri occhi, il valore aggiunto di documento storico, tanto prezioso quanto raro. La vicenda pugliese, costruttiva e ariosa, avviene nel cerchio protettivo della famiglia, quel «tessuto vivo di affetti» vero protagonista del romanzo. Tra vecchio e nuovo, tra poesia e prosa, Luigi Fallacara ci parla di una città che cambia – che riceve dal regime fascista l’investitura di metropoli mediterranea e assiste alla grandiosa inaugurazione della Fiera del Levante – ma sa indugiare anche sul mare e sugli ulivi della campagna pugliese in splendidi squarci lirici. Sono proprio gli ulivi a donare alla terra la particolare lucentezza dell’argento: «L’automobile, […] si precipitò per certe discese, dove la terra diventava fine come tabacco e gli ulivi splendevano, congiungendosi quasi sul cielo della strada, di un loro più mite e sereno argento».
Biografia dell’autore
Luigi Fallacara (Bari 1890-Firenze 1963) esordì con la raccolta di poesie Primo vere (1908), avviando nel capoluogo pugliese i suoi primi contatti culturali e collaborando con la rivista «Humanitas». Lasciò Bari nel 1912 per completare gli studi umanistici in una Firenze dallo straordinario fervore culturale. Qui entrò in contatto con la prima rivista dell’avanguardia letteraria, «Lacerba», e poi con «Il Frontespizio», rivista incunabolo dell’ermetismo, che più di tutte segnò il suo percorso. La sua intensa attività poetica, pienamente inserita all’interno dei fenomeni culturali del primo Novecento, vide la pubblicazione di numerose raccolte; la scrittura di racconti e romanzi accompagnò costantemente la più centrale attività poetica. Ricordiamo le prose dei Giorni incantati (1930) e i romanzi A quindici anni (1932), Io sono, tu sei (1933), oltre a Terra d’argento(1936)
RASSEGNA STAMPA
Gazzetta del Mezzogiorno
Terra d’argento di Luigi Fallacara
Articolo Pubblicato da Claudio Crapis-22 aprile 2018
Terra d’argento, romanzo del barese Luigi Fallacara, merita di essere letto e pienamente apprezzato. Pubblicato nel 1936, è stato rieditato per Stilo Editrice nel 2013 a cura della prof.ssa Marilena Squicciarini, che ha scritto una preziosa e ricca Introduzione, ripercorrendo gli snodi creativi più significativi di Luigi Fallacara. Pertanto all’Introduzione si rimanda per un inquadramento di ampio respiro della sua produzione letteraria e per una lettura critica del romanzo. Qui si propongono invece solo delle sparse note di lettura.
Il romanzo di Luigi Fallacara narra le vicende della famiglia Accettura – importanti commercianti e produttori d’olio nella Bari degli anni Trenta, con la loro casa in Piazza Mercantile – soprattutto attraverso gli occhi e la coscienza di Mimì, con le sorelle Carmelina e Rosalba, con il fratello Giacinto (una sorta di antagonista e antieroe), con Mammà, con la moglie Gisella. E con il temuto e vezzeggiato zio Minguccio, titolare dell’intero patrimonio. Ma ben delineati sono anche altri personaggi minori, a cominciare da Donna Lina, la madre di Gisella, con la sua insofferenza signorile verso i modi a suo dire rozzi della famiglia del genero, che avrebbero rovinato inesorabilmente anche sua figlia.
Le dinamiche all’interno della famiglia, le invidie, le piccole cattiverie, i sogni e le meschinità sono colti con garbo. Le figure di Mimì e di sua moglie Gisella sembrano quelle meglio caratterizzate attraverso anche alcuni monologhi interiori, che interrompono la narrazione in terza persona. Sia Mimì che Gisella in maniera diversa subiscono delle piccole ma continue umiliazioni (Mimì solo in ambiente domestico, perché in quello lavorativo sa il fatto suo). E le pagine si susseguono piacevolmente alle pagine con il racconto dei vari eventi che punteggiano la storia familiare: il matrimonio di Mimì, l’acquisto di una tenuta importante, la festa con tutti i suoi riti (compresi i corteggiamenti e il gioco di sguardi che Rosalba pagherà a caro prezzo), l’arrivo dell’automobile, i viaggi di zio Minguccio trascinato dal dissoluto nipote Giacinto per teatri e cafés chantants, la prima edizione della Fiera del Levante ecc.
Mimì e Gisella, personaggi positivi, fanno intravedere una sorta di evoluzione e di riscatto, mostrandosi via via più forti in famiglia, più uniti nel loro legame e capaci di affrontare il mondo. E proprio quando zio Minguccio appare rinsavito, quando lo spessore umano di Mimì si sta affermando a pieno, ecco che, come in un feuilletton che si rispetti, vien fuori la rocambolesca questione del testamento. E qui ci fermiamo, ma il finale è degno di una novecentesca opera aperta.
Nella prosa tersa e – come nota Squicciarini – dalle risonanze liriche e pittoriche compaiono termini ormai poco usati come barbazzali, obliquare, pontone o cogoma; fa capolino il dialetto in alcuni canti popolari: “Ammine la rota ecc.” (pp. 210 e 212), “Sabato santo viene currendo ecc.” (p. 205); in alcuni termini come recchitelle (orecchiette, p. 189) o paddicchi. E non poteva mancare il melodramma: Gisella prima di sposarsi suona al pianoforte La Gioconda – opera di Ponchielli su libretto di Arrigo Boito – e Mimì canticchia stonando “tutt’avvolta in bianco vel” (atto terzo).
Il tipico gioco cromatico delle foglie d’ulivo – così importante nella campagna pugliese – in cui forse non sono estranee suggestioni dannunziane (“Argentei gli olivi ondeggiano”, Taccuini) dà il titolo a questo romanzo che tutti i pugliesi, almeno, dovrebbero leggere.
Descrizione del libro di Simona Tanzini-Conosci l’estate?-Viola, romana trapiantata a Palermo per un combinarsi di caso e di scelta, è un «volto televisivo», una giornalista tv. Ha un disturbo della percezione (lei preferisce «una particolarità»), la sinestesia: ogni cosa, ogni luogo, ogni persona che guarda si unisce, per lei, a una musica e la musica a un colore; ma non tutti, alcuni non hanno musica e quindi colore, «meglio tenersi lontani». A questo si accompagna una più grave malattia degenerativa, «neuroni bucati» che, senza disabilitarla, determinano il suo modo di muoversi e l’approccio alla realtà. Nel pieno di un’ondata di scirocco è morta strangolata Romina, una ventenne di buona famiglia. È immediatamente sospettato Zefir, un popolarissimo cantautore. Viola vaga per tutti i luoghi coinvolti dal crimine, conducendo la sua vita movimentata, curiosando nelle case e nelle giornate di ogni tipo di gente. Santo, l’ex caporedattore, trincerato dietro tenaci silenzi la mette in contatto con un suo amico, un poliziotto che lei chiama Zelig perché cangiante di colore, il quale sembra sfruttare le sue intuizioni, le sue visioni, l’abilità di profittare del caso. L’inchiesta diventa una storia in una prima persona insolita, né flusso di coscienza né descrizione; un registrare emozioni, eventi e coincidenze lontani, mischiati a pensieri contemporanei su se stessa, sulla città, su fatti e persone, con spirito ironia sarcasmo pena cinismo amore, sentimenti tutti orientati all’obiettivo di rubare la verità a una realtà frammentaria. Conosci l’estate? scandaglia senza trovare fondo il tema della colpa e dell’innocenza. E dietro la vicenda gialla traspare il vero cuore del romanzo: il ritratto commovente, quasi un diario, di una donna che avverte che in lei «si sta allargando il buio», che è lei «quella diversa» e perciò attraversa la vita in modo totale con tristezza e divertimento, malinconia ed entusiasmo, dolore e godimento. Di queste contraddizioni Palermo è il simbolo oltre che il luogo, «città ossimoro»: i suoi odori, la sua compassione e ferocia; e l’Altra Palermo disillusa, «più ipocrita e indifferente di prima». Ma è a Viola che non si può non voler bene.
Pёtr Il’ič Čajkovskij LETTERE DA SANREMO (1877-1878)
A cura di Marina Moretti-Introduzione di Valerij Sokolov
Zecchini Editore Varese
Il soggiorno di Pёtr Il’ič Čajkovskij a Sanremo, dalla fine di dicembre 1877 alla metà di febbraio 1878, si colloca in un periodo cruciale della vita del compositore, che nella fitta corrispondenza indirizzata alle persone più vicine e legate a lui da rapporti di affetto e di lavoro rivela il complesso e a volte contraddittorio e tormentoso intreccio di sentimenti che agitavano il suo animo. Le lettere alla baronessa Nadežda von Meck, al fratello Anatolij, alla sorella Aleksandra Davydova e ad alcuni tra i più importanti esponenti del mondo musicale russo, qui presentate per la prima volta in traduzione italiana, tra le descrizioni dell’ambiente, della vita quotidiana e della sua “anima malata”, ruotano sempre intorno a ciò che per il compositore è centrale: la sua musica e la possibilità di dedicarsi ad essa con tutte le sue forze, per poter “lasciare di se stesso un ricordo duraturo”. E questo gli riuscì anche grazie al periodo sanremese, una tappa importante sulla strada del suo destino.
Biografia di Pёtr Il’ič ČajkovskijMusicista russo (Votkinsk 1840 – San Pietroburgo 1893). Compositore geniale e versatile, tra le sue opere più celebri spiccano Eugenio Oneghin (1879) e La Dama di picche (1890). Assai importante è la produzione che dedicò al balletto, di cui C̆. è considerato, sotto l’aspetto musicale, uno dei padri. I suoi capolavori (Il lago dei cigni, 1876; La bella addormentata nel bosco, 1890; Schiaccianoci, 1892), tengono presenti le esigenze coreografiche e ritmiche della rappresentazione, imponendo e suggerendo agli interpreti nuove e ardite soluzioni. Vita e opereStudiò con A. Rubinstein, e si diplomò a San Pietroburgo nel 1865. Fu professore al conservatorio di Mosca. Compì numerosi giri artistici, quale compositore e direttore, in Francia, Germania, Italia e in altri paesi. Tra le sue musiche emergono specialmente le opere Eugenio Oneghin (1879) e La Dama di picche (1890); i balletti Il lago dei cigni (1876), La bella addormentata nel bosco (1890), Schiaccianoci (1892); la musica per La fanciulla di neve (1873); la IV, la V e la VI (Patetica) tra le sei sinfonie; i concerti per violino op. 35 (1877) e per pianoforte (specie il III, op. 75; 1893). Fu musicista di schietta e generosa natura, non molto disciplinata spiritualmente e piuttosto incline a certa sentimentale eloquenza (soprattutto melodica), oltremodo comunicativa anche per la frequente amplificazione oratoria. Rispetto ai musicisti nazionalisti russi del Gruppo dei Cinque, egli fu il principale esponente della tendenza “occidentalizzante”, anche se i caratteri nazionali sono tutt’altro che assenti nella sua produzione. I suoi lavori sono tuttora popolarissimi: egli è l’autore russo più eseguito in patria, mentre la sua Sinfonia patetica ed anche le Sinfonie IV e V e i Concerti per violino e orchestra e per pianoforte e orchestra sono fra i brani del repertorio sinfonico più frequentemente eseguiti nelle sale da concerto d’Europa e d’America. I suoi balletti sono considerati come pezzi classici del genere e le sue opere teatrali sono state oLe lettere alla baronessa Nadežda von Meck, al fratello Anatolij, alla sorella Aleksandra Davydova e ad alcuni tra i più importanti esponenti del mondo musicale russo, qui presentate per la prima volta in traduzione italiana, tra le descrizioni dell’ambiente, della vita quotidiana e della sua “anima malata”,
Il 6 novembre 1893, a San Pietroburgo, muore Pёtr Il’ič Čajkovskij.Di Čajkovskij sono ben note le pagine strumentali ispirate al nostro Paese: e in questa raccolta inedita di lettere da Sanremo troviamo le ragioni più profonde dell’estetica del compositore più russo di tutti, e insieme più cosmopolita.
Nuova edizione per il volume di Marcella Olschki “Terza liceo 1939” che verrà presentato sabato 26 novembre alle ore 16 nella Sala consiliare del Palazzo del Vicario a Pescia, in piazza Mazzini. All’evento intervengono Simonetta Soldani dell’Università di Firenze, Andrea Lottini dell’Associazione ‘9cento, Daniele Olschki della Casa Editrice Leo S. Olschki. Coordina Laura Melosi, ISL Storia e Storie al femminile.
La storia di Marcella Olschki – Siamo alla fine degli anni ‘30 in una classe di liceo classico che si prepara alla maturità. Tra versioni di greco e latino, l’Armani Bertoli che non azzecca un’interrogazione nonostante i suggerimenti dei compagni, l’Ausili che concentra la sua attenzione di sognatore su ciò che accade oltre la finestra e le ridicole iniziative del Regime, che in qualche caso sono un ottimo alleato per fare forca, Marcella Olschki osserva da protagonista felice la sua piccola comunità, i cui eventi potrebbero essere quelli di qualsiasi terza liceo di ogni tempo, se non che… uno scherzo causa un processo per oltraggio al professore fascista con l’ulteriore rischio di un cognome perseguibile dalle leggi razziali. Questa terza liceo racconta ancora quegli anni bui.
«Stasera […] sono stati assegnati i Premi Bagutta, Le assegnazioni sono state doppie, vale a dire valevoli per il 1954 e per il 1955. I vincitori sono: Alfonso Gatto (Bagutta 1954, lire 200 mila), per il volume di versi «La forza degli occhi», editore Mondadori; Giuseppe Lanza (Bagutta 1955, lire 200 mila) per il libro di novelle «Rosso sul lago», editore Cappelli; Marcella Olschki (Bagutta Opera Prima 1954, lire 100 mila) per «Terza liceo 1939», editrice Avanti; Max David (Bagutta Opera Prima 1955, lire 100 mila) per il libro «Volapié», Editrice Libraria Italiana»
John Ronald Reuel Tolkien- Il libro dei racconti perduti
– Bompiani- Giunti Editore-
Descrizione del libro di John Ronald Reuel Tolkien ha scritto nel corso della vita molti racconti e versi che arricchiscono la mitologia e le storie della Terra di Mezzo. Dopo la sua scomparsa il figlio Christopher per volontà del padre ha seguito con cura la pubblicazione di questo tesoro, portando alla luce nuovi personaggi, episodi epici e luoghi incantati. Il libro dei racconti perduti – seconda parte segna il ritorno di alcuni personaggi e vicende incontrati nel primo volume della Storia della Terra di Mezzo ma anche la comparsa di creature, episodi e leggende nuovi raccontati con tutta la forza creativa e il genio di J.R.R. Tolkien. Tra le narrazioni che costituiscono i pilastri su cui si regge la storia di Arda si trova la storia d’amore tra Beren e Lúthien, le avventure di Túrin Turambar e lo spaventoso confronto con il drago Glorund, ma anche la strenua resistenza dei signori elfici contro l’esercito di Morgoth e la creazione della collana dei Nani, la splendente Nauglafring. Le sei storie qui raccolte sono arricchite dai commenti e dalle note di Christopher Tolkien, che indica ai lettori riferimenti e percorsi per continuare ad esplorare la vastità e la profondità della fantasia ma anche della competenza storica e linguistica del padre. E il viaggio non è che all’inizio…
Breve biografia di John Ronald Reuel Tolkiennacque il 3 gennaio 1892 a Bloemfontein, in Sudafrica, da genitori inglesi. Insegnò Lingua e letteratura anglosassone a Oxford, e poi Lingua e letteratura inglese. Morì a Bournemouth, nello Hampshire, il 2 settembre 1973. Tra le sue opere, tutte pubblicate da Bompiani, ricordiamo Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit e I figli di Húrin. Sempre per Bompiani è in corso di pubblicazione il ciclo di volumi La storia della Terra di Mezzo, curato da Christopher Tolkien.
Bompiani è un marchio Giunti Editore Sede operativa Via Bolognese 165, 50139 Firenze
Marco Mondini- Roma 1922 -Il fascismo e la guerra mai finita
Editore Il Mulino
Descrizione del libro di Marco Mondini-Roma 1922 -Il fascismo e la guerra mai finita «I fascisti erano ossessionati dal potere, e dalla possibilità di redimere la nazione e di trasformare gli italiani, anche a costo di eliminare tutti quelli che non erano d’accordo con loro. […] Le armi non sarebbero state deposte, fino al compimento di questa missione.» L’ascesa al potere del fascismo e il suo atto culminante, la cosiddetta marcia su Roma, possono essere capiti solo all’interno di un quadro più vasto, quello di un’Europa incapace di chiudere i conti con la Grande guerra. E se furono soprattutto i paesi sconfitti a scoprire che uscire dalla cultura dell’odio e della violenza quotidiana non era facile, frustrazione, scontento e desiderio di rivalsa si impossessarono anche degli italiani che pure – almeno formalmente – la guerra l’avevano vinta. Marco Mondini compone la storia corale e implacabile di un’Italia in cui la lotta politica si trasforma in guerra civile e che scivola via via verso il lungo ventennio della dittatura fascista.
Breve biografia di Marco Mondini-Storico
Si è laureato all’Università di Pisa in storia militare nel marzo 1998, e nel novembre dello stesso anno si è diplomato alla Scuola Normale Superiore in discipline storiche. Ha conseguito il perfezionamento (dottorato) in storia contemporanea presso la Scuola Normale Superiore nel 2003[1]. Tra 1999 e 2000 ha prestato servizio nell’Esercito Italiano come ufficiale di complemento, prima alla Brigata “Tridentina” e poi, come ufficiale incaricato della pubblica informazione, presso il Comando Truppe Alpine.
Dal 2003 al 2005 è stato borsista di post-doc all’Università di Padova. Nel 2006 è stato borsista della Fondazione Luigi Einaudi di Torino. Dal 2006 al 2010 assegnista di ricerca in Storia contemporanea alla Scuola Normale Superiore. Dal 2011 al 2017 è stato ricercatore all’Istituto storico italo Germanico-FBK di Trento, dove ha diretto il gruppo di ricerca “1914-1918” (FBK – Università di Trento), e dove dal 2017 è affiliated fellow.[2] Negli stessi anni è stato anche visiting fellow all’ENS di Parigi, all’università di Lille “Charles De Gaulle”, all’università di Paris 7 “Diderot”, all’Oberlin College (USA) e allo US Army War College di Carlisle (Pennsylvania, USA) ed è stato nominato chercheur associé al CNRS e all’Università di Paris-Sorbonne[3]. Dal 2017 è diventato prima ricercatore e poi professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali dell’Università di Padova, dove insegna History of conflicts e Storia contemporanea e dove, dal 2023, è Delegato alla comunicazione e alla terza missione [3]. Dal 2019 è membro del Comité directeur del Centre International de Recherche dell’Historial de la Grande Guerre di Péronne.
Durante il Centenario della Grande Guerra, ha fatto parte come consulente della Struttura di missione anniversari nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.[4] Collabora con Il Corriere della Sera, con Il Foglio e con Rai Storia, per la quale ha scritto e condotto diversi documentari e le trasmissioni “Archivi. Miniere di Storia” (2018-2019) e dal 2020 al 2024, quando il rapporto tra i due si è interrotto, insieme a Michela Ponzani, “Storie Contemporanee”.[5] Dalla sua prima stagione, è ripetutamente ospite della trasmissione Passato e Presente condotto da Paolo Mieli (Rai 3 – Rai Storia) [6]Nella stagione 2023/2024 e 2024/2025 ha collaborato con Aldo Cazzullo per alcune puntate della trasmissione Una giornata particolare(La7).[7] Nel 2023 ha partecipato al documentario “La caduta”, condotto da Ezio Mauro per La7, sul 25 luglio 1943.[8] Nel 2024 è consulente e tra le voci narranti del documentario “I survived the Holocaust” diretto da Sanela Prašović Gadžo, presentato al Sarajevo Film Festival e allo Stockolm Film Festival.[9]
Gli sono stati attribuiti diversi riconoscimenti tra cui il premio nazionale “Friuli Storia” (2017) per la biografia di Luigi CadornaIl Capo, e il premio “Acqui Storia. Storico in TV” (2022) per il documentario L’ultimo eroe. Viaggio nell’Italia del Milite Ignoto (RAI Storia[10]), scritto e condotto insieme a Nicola Maranesi e Fabrizio Marini.
Opere
Veneto in armi. Tra mito della nazione e piccola patria 1866-1918, Collana Le guerre, Gorizia, LEG, 2002, ISBN 978-88-869-2853-3.
Armi e potere. Militari e politica nel primo Dopoguerra, Quaderni della Fondazione Luigi Salvator, Roma, Aracne, 2006, ISBN978-88-548-0745-7.
La politica delle armi. Il ruolo dell’esercito italiano nell’avvento del fascismo, Collana Quadrante, Roma-Bari, Laterza, 2006, ISBN 978-88-420-7804-3.
Dalla guerra alla pace. Retoriche e pratiche della smobilitazione nell’Italia del Novecento, con Guri Schwarz, Collana Nord-Est. Nuova serie, Verona, Cierre, 2008, ISBN 978-88-831-4439-4.
Alpini. Parole e immagini di un mito guerriero, Collana Percorsi, Roma-Bari, Laterza, 2008, ISBN 978-88-420-8652-9.
Venezia, Treviso e Padova nella grande guerra, con Lisa Bregantin e Livio Fantina, Collana 900 Veneto. La Grande Guerra, Istresco, 2008, ISBN978-88-888-8039-6.
Fiume! Scene, volti, parole di una rivoluzione immaginata 1919-1920, con Alessio Quercioli e Fabrizio Rasera, Museo Storico Italiano della Guerra, 2010, ISBN 978-88-322-6612-2.
Generazioni intellettuali. Storia sociale degli allievi della Scuola Normale Superiore di Pisa nel Novecento (1918-1946), Edizioni della Normale, Pisa, 2011, ISBN 978-88-764-2405-2.
La guerra italiana. Partire, raccontare, tornare 1914-1918, Collana Biblioteca storica, Bologna, Il Mulino, 2014, ISBN 978-88-152-51633.
De Gasperi e la Prima guerra mondiale, con Maurizio Cau, FBK Press, 2015, ISBN978-88-989-8923-2.
Andare per i luoghi della grande guerra, Collana Ritrovare l’Italia, Bologna, Il Mulino, 2015, ISBN 978-88-152-5794-9.
Il capo. La Grande Guerra del generale Luigi Cadorna, Biblioteca Storica, Bologna, Il Mulino, 2017, ISBN 978-88-152-7284-3. [Audiolibro letto da Ezio Bianchi, Feltre, Centro Internazionale del Libro Parlato, 2017], traduzione in tedesco: Der Feldherr. Luigi Cadorna im Grossen Krieg 1915-1918, Berlino / Boston, De Gruyter 2022 ISBN 978-3-11-069342-3
Fiume 1919. Una guerra civile italiana, Collana Aculei, Roma, Salerno Editrice, 2019, ISBN978-88-697-3364-2. – Collana Itinerari nella storia n.24, Milano, RCS MediaGroup, 2024.
Tutti giovani sui vent’anni. Una storia di alpini dal 1872 a oggi, Collezione Le Scie. Nuova serie, Milano, Mondadori, 2019, ISBN 978-88-047-1224-4.
Roma 1922. Il fascismo e la guerra mai finita, Biblioteca storica, Bologna, Il Mulino, 2022, ISBN 978-88-152-9927-7.
Il ritorno della guerra, Collana Biblioteca storica, Bologna, Il Mulino, 2024, ISBN978-88-153-8810-0.
Curatele
Armi e politica. Esercito e società nell’Europa contemporanea, con J.F. Chanet, D. Ceschin, H. Kuprian, C. Jahr, A. Argenio, numero monografico di “Memoria e Ricerca”, 2008, 28.
Narrating War. Early Modern and Contemporary Perspectives, con M. Rospocher, Duncker&Humblot – Il Mulino, Berlino-Bologna, 2013.
Breve biografia di Marina Carullo – Nata a Busto Arsizio nel 1971, Marina Carullo vive a Somma Lombardo con la famiglia. Laureata in giurisprudenza, esercita la professione di avvocato. Ha iniziato a scrivere qualche anno fa, in un periodo particolarmente intenso e impegnativo della propria carriera professionale, scoprendo che tale attività le regalava emozioni e spensieratezza. Questa passione é sfociata nel romanzo “Il Colore delle foglie” primo di una serie dedicata alle avventure della giovane e bella Elena Carabelli.
Descrizione del libro di Marina Carullo “Il colore delle foglie”–Elena Carabelli è una giovane donna benestante che vive un’esistenza serena fino a quando, improvvisamente, si trova ad affrontare un lutto straziante: il suo amato marito, mentre è in viaggio per lavoro, ha un grave incidente d’auto e muore sul colpo. Le dinamiche dell’avvenimento, nebulose e confuse, portano la donna a voler far luce a tutti i costi sull’accaduto. Da quel momento nulla, nella vita della giovane, sarà più come prima. In un susseguirsi di colpi di scena, dove mistero ed amore si mescolano sapientemente, il lettore viene catapultato dentro la vita della protagonista che si dimostra capace di districarsi tra il lutto del compagno, una serie di efferati omicidi, un nuovo amore e una rocambolesca caccia al tesoro per scoprire la verità dietro alla scia di morte che pare perseguitarla.
Sarà in questo viaggio appassionante che Elena imparerà a sue spese che niente è come sembra e che, nella vita reale, bisogna essere sempre disposti a scendere a compromessi.
Breve biografia di Marina Carullo – Nata a Busto Arsizio nel 1971, Marina Carullo vive a Somma Lombardo con la famiglia. Laureata in giurisprudenza, esercita la professione di avvocato. Ha iniziato a scrivere qualche anno fa, in un periodo particolarmente intenso e impegnativo della propria carriera professionale, scoprendo che tale attività le regalava emozioni e spensieratezza. Questa passione é sfociata nel romanzo “Il Colore delle foglie” primo di una serie dedicata alle avventure della giovane e bella Elena Carabelli.
Il Colore delle Foglie –Leggi l’anteprima
Capitolo I
Venerdì 9 settembre 2016
Venticinque anni, compiuti proprio oggi, una laurea in giurisprudenza e un’abilitazione all’esercizio della professione d’avvocato, ambedue nel cassetto; un matrimonio, durato quasi quattro anni e, sempre oggi, il funerale di mio marito. La mia testa era confusa, cercavo di prepararmi in modo dignitoso al funerale, ma la mente divagava ossessivamente sul giorno del mio matrimonio con Alberto… Era il 9 ottobre del 2011, la giornata era soleggiata, fresca e mia madre mi sistemava il velo in testa, terrorizzata dall’idea di rovinarmi l’acconciatura. «Elena, stai ferma! Devo infilarti questo benedetto pettinino senza rovinarti lo chignon.» Il tutto avveniva sotto lo sguardo divertito di mio padre che, ridendo sotto i baffi, guardava amorevolmente mia madre cimentarsi in quell’ardua impresa. Chissà se riuscirò, pensavo nel frattempo, ad avere un matrimonio felice e duraturo come il loro! I miei pensieri vennero bruscamente interrotti dall’arrivo della mia migliore amica, Laura. «È ora di sbrigarsi, lo sposo è già arrivato in chiesa, non vorrai che ci ripensi!» disse con un sorriso compiaciuto per la battuta. «Non sia mai» risposi io. Mi affrettai ad alzarmi e a guardarmi per l’ultima volta allo specchio prima di raggiungere la chiesa. L’abito era veramente meraviglioso, di un tessuto morbido e avvolgente che accarezzava sinuoso la mia figura, mi infilai in fretta le scarpe e, pronti, partenza, via! Destinazione altare! La piccola chiesa in riva al lago era gremita, ma non ci feci molto caso, la mia attenzione era tutta diretta a lui, il mio Alberto che, elegantissimo, mi sorrideva vedendomi varcare la navata della chiesa. Con le gambe tremanti lo raggiunsi all’altare, lui mi prese la mano e me la baciò con discrezione, guardandomi, complice, diritto negli occhi e facendomi pensare a quanto fossi fortunata io, Elena Carabelli, bella ragazza di provincia, a prendere come mio sposo Alberto Mascetti, eclettico e affascinante top manager milanese. Improvvisamente i miei pensieri furono interrotti dal suono del telefono. Risposi. «Elena, amore, io e papà stiamo passando in macchina sotto casa tua, ti accompagniamo noi in chiesa». «Non ti preoccupare, mamma. Sto preparando le ultime cose, vi raggiungo fra poco. Ciao». Riattaccai. Mi guardai allo specchio, la pelle ancora abbronzata, gli occhi azzurro intenso arrossati dalle lacrime, il mio vestito nero e quel senso di vuoto, misto a disperazione, che mi accompagnava da quel giorno. Mi infilai gli occhiali da sole, uscii dall’appartamento e presi l’ascensore. Antonio, il portiere, mi aprì la porta con uno sguardo di sincero rincrescimento. «Ancora tante con[1]doglianze, signora Mascetti». Lo ringraziai, accennandogli un sorriso, e mi diressi verso la macchina, parcheggiata per strada. Faceva ancora molto caldo a Milano e il traffico, dopo la tregua estiva, era ritornato caotico. Mi separavano pochi minuti dalla chiesa, dove entrai malvolentieri fra gli sguardi compassionevoli di tutti. Mi vennero incontro i miei genitori e Laura. «Fatti forza, Elena» disse mia madre. Le sorrisi non molto convinta, attendendo l’arrivo del feretro. La funzione procedeva veloce, in un’atmosfera di composto dolore: quasi non me ne accorsi e il funerale era finito. Una fila di persone, che mi sembrava interminabile, si avvicendava a porgermi le sue condoglianze; le ringraziai garbatamente, non vedendo l’ora di andarmene. Fra i tanti anche l’ingegner Hermann Fisher, amministratore delegato della Betafarma, l’azienda farmaceutica dove lavorava Alberto. «Non la lasceremo sola, Elena, l’azienda penserà a lei in questo momento di grande dolore». Annuii con un sorriso accennato, ricordando fuggevolmente l’occasione in cui lo conobbi… Era a Lugano, all’Hotel du Lac, ad una delle lussuose ed esclusive feste organizzate dalla Betafarma. Io e Alberto eravamo appena sposati. Indossavo un vestito blu elettrico e un paio di orecchini di brillanti e zaffiri regalatimi da lui. Un uomo attraente, sulla trentacinquina, mi guardava da lontano e subito capii di piacergli. Poi si era avvicinato. «Dottor Mascetti, non mi presenta questa splendida signora?» «Oh dottor Fisher, come no. Mia moglie Elena, l’ingegner Fisher, l’amministratore delegato di Betafarma». Subito gli sorrisi e lui mi baciò la mano con galanteria. «Hai fatto colpo sul capo!» mi disse poi Alberto quando Fisher si allontanò. «Meglio così» gli risposi senza pensarci troppo. Nel frattempo la chiesa si era svuotata e tutti ci avviammo al cimitero per la sepoltura. Solo quando l’ultima manciata di terra soffocò la sua bara, mi resi conto che non l’avrei più rivisto!
Capitolo II
Sabato 10 settembre 2016
Sola, nella mia camera, mi giravo e rigiravo nel letto. Era l’una di notte e non riuscivo a dormire, rimbombava nelle mie orecchie lo squillo del telefono di qualche giorno prima, il primo settembre. «Signora Mascetti?» «Sì…» «Sono l’ispettore Vannucci del commissariato di Sanremo, e purtroppo… devo darle una brutta notizia. Suo marito è stato vittima di un terribile incidente stradale. Abbiamo da poco recuperato dal mare la sua macchina. Dovrebbe venire all’obitorio… per il riconoscimento». Incidente, obitorio, riconoscimento? Stavo preparando la cena e quasi pensai d’essere vittima di uno scherzo. «Signora? Signora, si sente bene?» Che idiozia, pensai, come potrei sentirmi bene dopo una notizia del genere? «Sì…», gli risposi col fiato corto, «sto bene».
Venerdì 02 settembre 2016
Sanremo, cosa faceva a Sanremo? pensavo mentre il treno partito da Milano mi portava lì. M’aveva detto che si trattava di un breve viaggio di lavoro, in Svizzera, e invece era a Sanremo… Risvegliatami dai miei pensieri, mi accorsi che il treno, percorrendo meravigliosi paesaggi marittimi, si avvicinava alla stazione di destinazione. Presi velocemente le mie cose e, una volta scesa, un taxi, inerpicandosi sulle colline sanremesi, raggiunse l’ospedale. Lì mi aspettava l’ispettore Vannucci, un bel ragazzo sulla trentina, che mi accolse con un sorriso, forse un po’ troppo smagliante date le circostanze. Se ne accorse e cercò di darsi maggior contegno. «Signora Mascetti?» mi chiese, con un accento romano. «Sì» gli risposi. «Sono Vannucci, ci siamo sentiti telefonicamente. Sentite condoglianze». «La ringrazio». Con il braccio mi invitò a entrare, aprendomi la porta, e mi condusse verso l’obitorio. Una luce metallica illuminava quell’ambiente spaventosamente asettico e spoglio, mi sembrava una situazione surreale, come se stessi vivendo la storia di qualcun altro, non era possibile che tutto questo stesse capitando a me! Mentre ero assorta nei miei pensieri un signore sulla sessantina mi avvicinò, tendendomi la mano. «Buongiorno, sono Giovanni Grasso, il medico legale!» «Buongiorno, Elena Mascetti». Seguito da Vannucci, Grasso mi condusse in un altro locale, freddissimo, con grossi cassettoni a parete. Ne estrasse uno, tolse il lenzuolo che ricopriva il corpo e vidi che era lui, Alberto. «Lo riconosce, signora Mascetti?» «Sì, è mio marito» dissi con la voce rotta dal pianto. Mentre Vannucci cercava maldestramente di consolarmi, offrendomi dei fazzoletti di carta, Grasso si dirigeva verso un altro cassettone; aprendolo, scostò il lenzuolo dal volto e mi chiese: «Sa chi sia questa donna?» Mi avvicinai e la guardai con attenzione: era bella, giovane e bionda; dal rigonfiamento del suo ventre capii che era incinta. «Non ne ho la più pallida idea…» «Era in macchina con suo marito, signora Mascetti» disse Vannucci. Ci fu un attimo di silenzio: mio marito a Sanremo in macchina con una ragazza bella e giovane, ma soprattutto incinta? Ero totalmente spiazzata. Vannucci mi osservava imbarazzato e io non sapevo proprio che dire. «Le ripeto che non so chi sia!» dissi con tono infastidito. «E, soprattutto, non so cosa facesse in macchina con mio marito». «Va bene, signora» affermò Vannucci. «Dovrebbe solo passare in commissariato a formalizzare le sue dichiarazioni e poi la riaccompagno in stazione». Annuii. Vannucci verbalizzò le mie dichiarazioni presso il commissariato e mi accompagnò, in totale silenzio, alla stazione. «Buon viaggio, signora Mascetti». «Grazie ispettore» gli risposi, e così ci congedammo. In realtà, quello fu tutt’altro che un buon viaggio: non solo la morte di mio marito, ma anche quell’inspiegabile compagnia femminile, che forse, però, solo io non riuscivo a spiegarmi. Vedevo gli sguardi dei poliziotti in commissariato, e dicevano chiaramente: «È arrivata la cornuta!»
Capitolo III
Sabato 03 settembre 2016
Arrivai a Milano Centrale alle due di notte, presi un taxi che mi portò a casa. Finalmente sola – dopo quella giornata convulsa e surreale – scoppiai a piangere. Mio marito era veramente quel[1]lo sconosciuto che mi tradiva con una ragazzina, per giunta incinta? Pensai a quel giorno di tanti anni prima in cui lo conobbi sul treno, lui che tornava a Milano dalla Svizzera e io che andavo all’università per un esame; presa dal ripasso frenetico degli ultimi concetti di diritto costituzionale, non mi ero neppure accorta d’essermi seduta vicino a lui. Lui però si accorse di me. «Un esame, signorina?» «Sì» risposi un po’ imbarazzata. Si notava così tanto? «Che materia?» «Diritto costituzionale». «Oh, giurisprudenza allora! Anch’io sono laureato in giurisprudenza! Sono un avvocato e lavoro per una grande casa farmaceutica». Che carino, pensai, così elegante ed educato, deve avere qual[1]che anno più di me. «Anch’io vorrei fare l’avvocato» gli dissi. Mi sorrise. «Bene, allora le lascio il mio numero di telefono, così mi potrà ragguagliare sulla realizzazione dei suoi sogni anche se, sinceramente, spererei che mi chiamasse un po’ prima!». Così si concluse la nostra conversazione. L’avvocato in realtà non l’ho fatto, ma lo chiamai lo stesso… La luce del mattino entrava dalla finestra, avrei voluto dormire ancora, per non pensare a tutto quello che era successo, ma lo squillo del telefono mi riportò prepotentemente nel vortice di quelle giornate assurde. Risposi di malavoglia: «Pronto!» «Elena, tesoro!» sentii dall’altro capo del telefono. «Mamma…» bofonchiai, e in quello stesso istante mi resi conto che non l’avevo ancora informata di nulla. «Ma ti ho svegliata? Dormite ancora a quest’ora? Io e papà aspettavamo te e Alberto per la festa di San Tito!» Oddio, m’ero completamente dimenticata! Sopraffatta dal dolore e dalla frustrazione scoppiai a piangere e le raccontai tutto. In poco meno di un’ora mamma, papà e Laura erano lì con me, per me… «Non puoi stare qui da sola in queste condizioni, Elena, lasciati aiutare!» disse mia mamma. «Prepara le tue cose e vieni qualche giorno da noi, ti farà bene!» «Sì tesoro», replicò mio padre, «staremo tutti insieme come una volta». Anche a me, sinceramente, sembrava una buona idea: la loro presenza e quella di Laura mi avrebbe distratto dall’incubo. In fretta misi in un borsone poche cose, chiusi la porta di casa e me ne andai con loro. Maddalena era una minuscola cittadina sulle rive del Ticino, fresca e lussureggiante, dove tornavo sempre volentieri, soprattutto per disintossicarmi dalla grande città. Non so come fosse possibile, ma al mio arrivo già tutti sapevano del grave lutto, e la cittadinanza al completo, non che fosse molto numerosa, mi attendeva sul sagrato della chiesa. 15 «Elena, cara, che grave perdita…» mi disse il parroco stringendosi a me. Annuii piuttosto forzatamente sotto lo sguardo vigile e curioso di tutti i presenti. «Noi siamo con te cara, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno». «Grazie, don Antonio» dissi, e mi congedai. Tutte le volte mi dimenticavo di quanto fosse bella la nostra casetta, immersa nei fiori sulle rive del Ticino. «La mia piccola reggia» dissi. «Non esagerare» replicò mia madre, inorgoglita dal complimento. Mi mancava l’atmosfera di casa mia, così tranquilla e rilassata. Qui sembrava che il tempo si fosse fermato: i ricami sugli asciugamani, i lavori a maglia, le marmellate e la pasta fatta in casa. La mia vita a Milano era diventata tutt’altra cosa: colazione al bar con le amiche, corsetta al parco, pranzo veloce, al club a giocare a tennis e poi a casa per preparare la cena, aspettando il mio Alberto. Mi sembrava di sentire ancora la sua voce: «Elena, sono tornato, cosa c’è di buono per cena? Oltre alla mia bella mogliettina, ovviamente». E, la mente ritornò lì: chi era quella donna, perché era con lui, di chi era quel figlio che portava in grembo? Tutti questi pensieri mi rimbombavano nella testa, quando venni riportata sulla Terra dalla voce di mia madre. «Cosa vuoi per cena?» «Quello che vuoi tu, mamma». «Bene, allora faccio io! Vienimi ad aiutare». Impastando, frullando e tagliando, per un’oretta non pensai a nulla. Ci sedemmo a tavola e mio padre, come di consueto, accese la televisione per il telegiornale della sera. Stavo sussumendo il mio passato di verdura, quando una notizia mi fece trasalire: il manager milanese Alberto Mascetti ha perso la vita in un tragico incidente automobilistico, sul quale indaga la procura di Imperia. Nello stesso incidente ha perso la vita anche una giovane donna incinta, ancora non identificata, che viaggiava nella medesima vettura dell’uomo. Tutti mi guardarono in silenzio, aspettando una mia reazione. «Bene», dissi, «se ancora qualcuno non sapeva della relazione di mio marito, adesso abbiamo rimediato».
Capitolo IV
Domenica 4 settembre 2016
Se affrontare la morte del proprio marito è un’esperienza tragica, non immaginate quanto possa esserlo reggere gli sguardi di chi ti compatisce per essere stata l’ignara e inconsapevole vittima di un adulterio. «È una così bella ragazza, perché il marito l’ha tradita?» «Vai a capirli, gli uomini!» Questo brusio animava l’abitualmente annoiata parrocchia di Maddalena, dove, con il mio arrivo, calò un improvviso ed eloquente silenzio. Don Antonio iniziò l’omelia: «Cari fedeli, sono felice della vostra presenza così numerosa in questi giorni di grande dolore per la nostra cara Elena». Oh no, pensai, e tutti si girarono verso di me. «Uniamo, quindi, le nostre voci in una preghiera per il nostro caro fratello Alberto». Almeno non ha esteso la preghiera alla sua misteriosa compagna di viaggio, pensai fra me e me!
Martedì 6 settembre 2016
Le giornate passavano veloci a casa, già eravamo arrivati a martedì pomeriggio. Sulla veranda aiutavo mia madre a sbrogliare una matassa di lana dall’improbabile colore fucsia, quando il telefono suonò. «Pronto?» «Buongiorno signorina… signora… sono Vannucci». «Buongiorno ispettore». «Ehm… volevo informarla che il dottor Grasso ha ultimato gli accertamenti medico-legali sulla salma di suo marito che, domani, sarà trasportata all’obitorio di Milano per le esequie». «Grazie» gli dissi, interrompendo rapidamente la conversazione. Era arrivato il momento di ripartire alla volta di Milano, dovevo contattare le pompe funebri e organizzarmi quanto prima per il funerale. La sera stessa mi feci accompagnare alla stazione e arrivai a Milano Centrale verso le diciannove. La città era ancora illuminata dal sole, ma quando varcai la porta di casa mi si raggelò il sangue. Con tutto quanto già mi era successo, pensai proprio a un feroce accanimento del destino: anche i ladri in casa! Sembrava che nell’appartamento fosse passato uno tsunami: tende strappate, cassonetti aperti, divani tagliati, cassetti sparpagliati ovunque, un impietoso scempio della mia casa e della mia vita. Pareva che Attila in persona con la sua orda avesse fatto sosta da me. La vicina di casa, signora Spadoni, una donna separata con due figli, era nella casa di campagna dei genitori a trascorrere le vacanze estive. Citofonai, quindi, al dottor Giorgetti, ma anche lui non era in casa. Avrei chiesto in portineria la mattina seguente. Preferii non informare mia madre dell’accaduto e chiamai i carabinieri per la denuncia. Circa un’ora dopo suonò il campanello. «Signora Mascetti?» «Sì». «Siamo i carabinieri, ci apre?» Aprii subito il portone e la porta d’ingresso. Devo dire che anche loro rimasero piuttosto impressionati dallo scempio. «Cosa le hanno rubato, signora?» Da quanto avevo visto, la fedina di brillanti, un paio di orecchini di rubini e qualche cornice d’argento. «Sono entrati con una chiave bulgara, probabilmente. Non ci sono segni di scasso» disse uno dei due. Redassero il verbale e me lo fecero firmare. «Signora, se è assicurata deve consegnarlo al suo agente per il risarcimento». Mentre cercavo di mettere un po’ d’ordine in quel disastro, suonò il campanello di casa. Dovevo aspettarmi altro da questa giornata? «Sono il fiorista, la signora Elena Mascetti?» «Sì!» Dei fiori, pensai fra me e me, e lo feci salire fino alla porta di casa. Sussultai quando mi consegnò uno splendido mazzo di iris, i miei fiori preferiti, quelli che Alberto mi regalava sempre a ogni ricorrenza. Entrai frettolosamente in casa per vedere se c’era un biglietto. «Eccolo!» Lo aprii e lessi: Cara Elena, sono vicino al suo grande dolore. Conti su di me per ogni cosa. Hermann Fisher. E, unito, trovai il suo biglietto da visita. Era la prima volta che, in occasione di un funerale, vedevo i fiori recapitati al vivo e non al morto!
Descrizione del libro di Monica Ferrando «Bruna sono ma bella, / o figlie di Gerusalemme, / come le tende di Chedar, / come i padiglioni di Salma»: cosí i versi del Cantico dei Cantici (I, 5-6). Perché questa bellezza bruna piena di mistero, in cui avviene l’elezione di Israele a Sposa di Dio, è stata ripudiata? Perché la poesia del Cantico, invece di stagliarsi come impenetrabile testimonianza di un’elezione «erotica» è stata sostituita da una teologia dell’elezione avanzata da un’altra religione? Queste sono le domande da cui muove questo agile libro in cui Monica Ferrando mostra come il crescente dominio economico-tecnologico del mondo, non solo del mondo umano ma anche di quello naturale, è avvenuto attraverso un capovolgimento del paradigma biblico dell’elezione. Un capovolgimento in cui il paradigma teologico della predestinazione, dell’imperscrutabilità dell’elezione divina, ha permesso ai gruppi dominanti dei cristiano-protestanti, luterani e calvinisti di vantare un preteso primato su ebrei e cristiani greci e latini. I prescelti sono divenuti gli appartenenti a un certo tipo umano (bianco) e a una certa classe (alta) i quali, grazie a un estorto messianismo fondato sul privilegio di razza, di censo e di cultura, hanno edificato un sistema tecnico ed economico che si arroga il diritto sovrano e patriarcal-maschilista di decidere al posto della divina varietà dell’umano e dell’umanità nel suo complesso.
RECENSIONI
«Per secoli i gruppi dominanti dei cristiano-protestanti, luterani e calvinisti, forti di un monoteismo teologico cui avrebbero dato crescente legittimazione politica, hanno vantato un preteso primato su ebrei e cristiani greci e latini».
AUTORE
Breve biografia di Monica Ferrando ha pubblicato vari studi di filosofia e pittura. Ha curato le edizioni italiane di Triade e de I nomi degli Dei di Hermann Usener, di Ercole al bivio di Erwin Panofsky e di La pittura e lo sguardo di Avigdor Arikha (Neri Pozza, 2016). Dirige la rivista on-line «de pictura» www.quodlibet.it/riviste/testata/80. Ha pubblicato L’oro e le ombre (Quodlibet, 2015).
Quarta di copertina del libro lettere a Pier Paolo Pasolini-Sii generoso, ti prego, tu che sei marxista, con la mia gioia decadente. Per conto mio, non mi resta che augurarti nuovi linciaggi, nuovi processi, nuovi guai: che l’ingiustizia pubblica possa riconsegnarti, intatta, la tua «sognante vita interiore» (Kafka) e che tu abbia il tempo per ricordare di darmi quella sceneggiatura che mi hai promesso (perché è proprio ora). Con allegria,
Il libro sarà In libreria dal 6 dicembre 2024
Risvolto-del libro Lettere a P. P. Pasolini a cura di Massimo Ferretti- Nonostante i quasi quarant’anni trascorsi dalla sua pubblicazione, il volume delle Lettere a Pier Paolo Pasolini mantiene tuttora, a rileggerlo, la freschezza primitiva di un carteggio (tra i più compiuti e i più belli, oltretutto, dell’epistolario pasoliniano) dove prende corpo l’amicizia o anzi il vergiliato fra un autore di nativa vocazione socratica, che ha appena attinto la sua prima maturità, ed uno invece giovanissimo, l’adolescente segnato dalla malattia e da un’inquietudine perpetua come un personaggio di Thomas Mann. Nel loro rapporto breve e persino violento, dove ognuno pare oscuramente rivolgersi alla parte più introversa e lacerata dell’altro, si consuma uno straziante rito di reciproca cognizione di sé che si interrompe, deragliando, proprio nel momento dell’effettivo e rispettivo auto-riconoscimento. Poi entrambi vorranno prodigare a vicenda gli ossimori della amicizia appassionata e del susseguente disamore, quando colui che aveva detto nel ’55 al suo giovane e ignoto corrispondente «sei un mistero davvero appassionante» (poi per contrappasso, alla fine, «sei un fascista che vuole morire») si sentirà ritrarre da costui come un individuo «meravigliosamente affascinato dal solo bene del mondo: la corruzione».
Dal Poscritto alla nuova edizione di Massimo Raffaeli
Pier Paolo Pasolini: riassunto della vita, le opere più importanti e il pensiero del poeta, regista e giornalista tra i maggiori artisti del Novecento. Pier Paolo Pasolini nacque nella città di Bologna nell’anno 1922 ed impiegò la maggior parte della sua adolescenza proprio nella sua città di origine, ottenendo la laurea in lettere all’università di Bologna. In seguito alla guerra, egli si trasferì nella regione del Friuli Venezia Giulia e successivamente nel 1949 si spostò a Roma dove occupò il resto della sua vita. Pasolini morì nella città di Roma. La sua attività di scrittore è stata particolare, egli è considerato una persona osservatrice riguardante il cambiamento che è avvenuto in Italia nel periodo dopo la guerra e le sue opere hano sempre fatto scaturire discussioni e contrasti.
Lo scrittore Pasolini può essere considerato uno dei maggiori e più significativi autori contemporanei poiché produsse molteplici raccolte letterarie poetiche, tra cui possiamo ricordare “Poesie a Casarsa” che rappresenta una raccolta di liriche composte in dialetto friulano; “La meglio gioventù”, “Le ceneri di Gramsci”, “Il canto popolare”.
Soprattutto le Poesie di Casarsa e La meglio gioventù sono invase da una corrente autobiografica in modo particolare. “Ragazzi di vita” suscitò in quegli anni molto scalpore in quanto l’argomento che venne trattato era l’omosessualità e la prostituzione maschile. Molti attacchi e polemiche nacquero all’uscita di questo romanzo che trattava per l’opinione pubblica un tema scandaloso.
L’opera dal titolo “La religione del mio tempo” rappresenta la sua controversia originale e personale contro ogni assioma e principio politico o religioso che venga a confinare le indipendenze importantissime dell’essere umano. La sua opera poetica e letteraria è particolarmente penetrata da una complicata capacità creativa artistica ed umana infatti vengono approfonditi temi quali la celebrazione del mondo originario, l’ambizione ad una visione storica e ragionevole della realtà e la necessità di adesione umana.
Nota opera letteraria di Pasolini è sicuramente “Trasumanar e organizzar” composta nel 1971, essa rappresenta una famosa raccolta di poesie e composizioni poetiche che si possono considerare delle testimonianze private e letterarie; vi sono dichiarazioni personali e linguistiche. L’opera “La nuova gioventù” rappresenta la seconda parte della “La meglio gioventù” ed essa riprende gli stessi argomenti poetici della composizione precedente confermandoli e modificandoli però in qualche modo nella forma.
Pier Paolo Pasolini che fu continuamente indirizzato verso una cultura letteraria di tipo sperimentale scrisse anche importanti opere di carattere più narrativo come “Ragazzi di vita”, “Una vita violenta” e “Il sogno di una cosa”. Quest’ultima opera è un romanzo alquanto immaturo ed inesperto di Pier Paolo Pasolini ma particolarmente incantevole, in cui l’autore rappresenta ed esprime le insufficienti e povere condizioni in cui vivono i contadini che risiedono nella regione italiana del Friuli Venezia Giulia negli anni successivi alla guerra.
Il poema dal titolo “Una vita violenta” invece possiede un’espressione ed una forma realistica, in cui la descrizione dinamica ed energica del mondo popolare e popolano che risiede nei villaggi e borghi della città di Roma e l’esposizione e l’enunciazione delle vicende e della storia personale e psicologica del personaggio principale del romanzo nella sua graduale presa di consapevolezza, si traspongono in scritti di sofferente e brusca partecipazione e trasporto poetico. Le opere di Pier Paolo Pasolini sono caratteristiche del periodo storico che fa parte della letteratura del Novecento con le sue peculiarità espressive e stilistiche. Egli può essere considerato infatti, a tutti gli effetti, uno dei principali e più importanti esponenti della letteratura italiana del Novecento.
Ian Johnson-Scintille. Storia clandestina della Cina-
Traduzione di Annalisa Di Liddo, Loredana Serratore-Neri Pozza Editore
Sinossi del libro di Ian Johnson-Scintille. Storia clandestina della Cina-Se qualcosa accomuna tutti i paesi è che la storia diventa sempre più terreno di scontro sul presente. In Cina l’interazione tra passato, presente e futuro è un’ossessione millenaria. Le dinastie imperiali riscrivevano il passato per giustificare il loro dominio e dimostrare l’indegnità dei predecessori. Il marxismo ha modernizzato facendo della storia un processo inarrestabile verso la vittoria del comunismo. Il Partito comunista cinese, forte di questo assunto, da decenni riscrive misfatti e tragedie, giustifica poteri e violenze. A fronte di una storia autorizzata, fin dagli albori della Repubblica popolare, la controstoria era affidata al coraggio di un pugno di dissidenti. Negli ultimi vent’anni, però, a riscrivere la versione del regime è una rete diffusa attraverso il paese: scrittori, artisti, filmmaker, giornalisti, “cronisti” clandestini che, sfruttando la velocità e l’anonimato della tecnologia digitale, sfidano il governo sul suo terreno più sacro, il monopolio del passato. Una documentarista fa un film su un famigerato campo di lavoro dell’era di Mao. Una giornalista studia le vicende di una fanzine studentesca del 1960, Xinghuo (Scintilla), “spenta” subito nel sangue. Un editore elude la polizia segreta e pubblica un periodico samizdat di argomento storico. Una giornalista indipendente dà voce alle sofferenze di milioni di persone per i lockdown a oltranza. Sono alcune delle persone che partecipano di questa testimonianza corale raccolta dal Premio Pulitzer Ian Johnson. Scintille dà atto di un cambiamento poderoso in essere: le voci di dissenso stanno incrinando la versione ufficiale, combattono una delle grandi battaglie dell’umanità, memoria contro oblio. Una battaglia che darà forma alla Cina di domani.
Siamo talmente abituati al buio della Cina di oggi che ogni genere di luce ci risulta accecante. Forse, alla fine di questo libro, potrete decidere se queste persone sono lumicini di candela o soli abbaglianti, o se sono tutte e due le cose: lumicini oggi, soli fiammeggianti domani.
«È una profonda soddisfazione leggere un libro come questo sulla Cina, scritto da qualcuno che per decenni l’ha vissuta da dentro». The Guardian
«Leggere Scintille è un modo per impedire alla storia cinese di finire nel buco nero della memoria». The New York Times
«Gli storici clandestini cinesi che Johnson ci fa conoscere giocano una partita lunga, spesso inefficace nell’immediato, ma di esempio morale per la ricostruzione nel giorno che verrà». The New Yorker
L’Autore- Ian Johnson (1962), giornalista Premio Pulitzer e scrittore americano di origine canadese, ha vissuto molti anni in Cina lavorando come corrispondente per The New York Times, New York Review of Books e Wall Street Journal. Durante l’epidemia da Covid-19, a causa delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, gli è stato revocato il visto e dal 2020 vive a New York.
Neri Pozza Editore S.p.a.
Via Enrico Fermi, 205
36100 Vicenza
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