Terni-Palazzo Carrara-Mostra fotografica di Sergio Coppi, a dieci anni dalla sua scomparsa-
Terni-Palazzo Carrara- Giovedì 19 giugno 2025 a Terni oggi verrà inaugurerà la Mostra Fotografica “Sergio Coppi fotografo ambulante”, mostra fotografica diffusa del fotografo ternano Sergio Coppi, a dieci anni dalla sua scomparsa, che sarà allestita in tre diverse sedi dislocate nel territorio cittadino e nella frazione montana di Cesi: la Chiesa di Sant’Angelo di Cesi, la Sala Apollo e Dafne di Palazzo Carrara di Terni e la Chiostrina della Biblioteca Comunale di Terni.
L’esposizione, che proseguirà fino al 31 luglio 2025, propone, nella ricorrenza dei dieci anni dalla scomparsa dell’autore, un’accurata selezione di fotografie realizzate da Sergio Coppi in vari momenti della sua lunga attività, che lo ha portato a guardare e interpretare il mondo attraverso un obiettivo, non per scelta professionale ma per esigenza esistenziale. Le sue, infatti, non sono mai state foto di reportage, ma si configurano come brani di un vissuto intensamente partecipato e condiviso.
Mostra fotografica di Sergio Coppi
In una brevissima presentazione, con la sua consueta icastica immediatezza, Coppi ha scritto: “Non c’è confine tra la mia vita e il mio lavoro. Faccio foto quasi da mezzo secolo, uso indistintamente analogico e digitale, non sono un purista della fotografia, amo la contaminazione e la sperimentazione. Credo che una foto debba sempre dire di più di quello che mostra e per questo non amo le foto di fiori e di tramonti, li trovo esercizi di stile del tutto inutili, a parte qualche rara eccezione, narcisismi per chi li fa, stucchevoli per chi li guarda!”
Mostra fotografica di Sergio Coppi
Mostra fotografica di Sergio Coppi
Mostra fotografica di Sergio Coppi
L’interesse di Sergio Coppi era rivolto soprattutto alla gente, alle situazioni sociali, agli eventi della collettività. Le sue fotografie raccontano storie personali e collettive che iniziano non con il consueto “C’era una volta…” ma con un incisivo “C’ero anch’io!”.
Lo stretto legame tra l’esperienza di Coppi come fotografo e la vita sociale, politica, culturale, della città di Terni, che l’autore ha raccontato per decenni utilizzando l’obiettivo della sua macchina fotografica, trova la sua attestazione in cinque scatti significativi, che richiamano simbolicamente momenti rilevanti della storia cittadina novecentesca: il presidente Sandro Pertini che indossa il casco protettivo tra i lavoratori dell’Acciaieria di Terni; Papa Giovanni Paolo II inginocchiato davanti all’altare del Duomo; la foto che ritrae Enrico Berlinguer di spalle, dinnanzi alla folla radunata in Piazza del Popolo; un concerto di Umbria Jazz a Villa Lago; il montaggio della Lancia di Luce di Arnaldo Pomodoro.
La mostra, curata da Francesco Maria Giuli, Francesco Santaniello e Fabio Coppi, si inserisce nell’ambito del progetto “PAZ /// Esperienza Cesi. La Comunità tra pensiero e azione”, una delle azioni ricomprese nel più ampio progetto “Cesi 2026 – Cesi porta dell’Umbria, porta delle meraviglie: open doors for outdoor” ( https://cesiportadellumbria.it/ ), unico progetto in Umbria, tra i 21 italiani, finanziato dal Ministero della Cultura attraverso il PNRR – M1C3 – Intervento 2.1 – Attrattività dei borghi storici, che ha come obiettivo essenziale il recupero e la valorizzazione del patrimonio di valori storici, artistici, archeologici e antropologici del borgo di Cesi, situato a oltre 400 metri di altitudine, tra la città di Terni ed il sito archeologico di Carsulae (III secolo a.C.), città di epoca romana dislocata lungo il ramo occidentale della Via Flaminia.
“PAZ /// esperienza Cesi”, promosso grazie alla collaborazione dell’Università Sapienza di Roma e dell’Università degli Studi di Perugia, è strutturato come un vero e proprio campo progettuale, rivolto a progettisti, studenti, designer, architetti, e vedrà il suo culmine dal 15 al 18 luglio 2025, per poi ripetersi durante l’autunno, impegnando i partecipanti attraverso tavoli di lavoro, con il coinvolgimento di figure professionali attive in diversi ambiti come intellettuali, designers, antropologi, archeologi, amministratori, giornalisti ed artisti.
Mostra fotografica di Sergio Coppi
Tra i relatori e le figure che interverranno, coinvolgendo gli studenti aspiranti designers in laboratori, visite guidate e momenti di confronto, ci sarà Franco Arminio, poeta, scrittore e “paesologo”, che ha indagato i piccoli paesi d’Italia descrivendo con estremo realismo la loro situazione sociale, soprattutto nel Mezzogiorno; Carlo Gubellini, sindaco di Castenaso (Bo) in Emilia-Romagna, località colpita dai recenti eventi alluvionali, che porterà la sua esperienza di amministratore nella messa in campo delle pratiche di buon design della pubblica amministrazione; Rosa Tiziana Bruno, ricercatrice presso l’Università ‘Complutense’ di Madrid, esperta in strategie educative orientate al pensiero ecologico; Chiara Zhu e Matteo Carboni designers esperti di “Design Thinking”; il gruppo di Utilità manifesta, designer con un alta esperienza nel design sociale; Massimiliano Gasperini, dottore di ricerca in Topografia Antica presso l’Università Sapienza di Roma, archeologo e responsabile degli scavi archeologici di Carsulae; Alessandro Ubertis, presidente Unicom – Unione Nazionale Imprese di Comunicazione, che parlerà del ruolo della comunicazione all’interno di un progetto di marketing territoriale.
Roma -All’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone- Immaginari Rock nell’era del vinile-
Roma -All’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone la mostra Immaginari Rock nell’era del vinile, curata da Stefano Dello Schiavo, conclude il percorso espositivo promosso dalla Fondazione Musica per Roma, iniziato con “Synchronicity. Record Covers by Artists” (2010), dedicata alle copertine firmate da artisti visivi e “Grandi fotografi a 33 giri” (2012), incentrata sulle cover realizzate da celebri fotografi. Entrambe le esposizioni hanno raccontato il forte legame tra musica e immaginario visivo, un connubio che per oltre sessant’anni ha trovato nella copertina del disco un potente strumento di espressione artistica e comunicazione culturale, con esiti talvolta molto radicali.
Immaginari Rock
Questa terza mostra presenta oltre 150 copertine di dischi in vinile e quattro opere pittoriche provenienti dalla collezione Dello Schiavo, e intende raccontare come, tra la seconda metà degli anni Cinquanta e la fine degli Ottanta, la grafica discografica sia diventata un fenomeno culturale di ampia portata. Lungi dall’essere una forma espressiva riservata a pochi appassionati, le copertine hanno saputo influenzare mode, stili e immaginari di intere generazioni, raggiungendo pubblici diversi per età, provenienza e condizione sociale.
Il percorso espositivo si concentra sul periodo di massimo splendore del vinile e si articola in sezioni tematiche e autoriali che mettono in luce la creatività dei graphic designer italiani e internazionali – Mario Convertino, Cesare Monti, Gianni Sassi Roger Dean, Rick Griffin, Martin Sharp – e di studi affermati come Hipgnosis, a cui si devono alcune delle cover più iconiche della storia del rock.
Fino al 1964 la grafica rock si era caratterizzata per una elaborazione formale meno raffinata rispetto a quella della musica classica e jazz: l’immagine fotografica del cantante o del gruppo, spesso elaborata secondo uno stile convenzionale, era uno strumento promozionale utile a rafforzare l’aura divistica del musicista e ad aumentare le vendite. È a partire dalla metà degli anni Sessanta che si assiste a una svolta decisiva: le band iniziano a considerare la copertina come parte integrante del messaggio musicale e a sviluppare un’identità visiva coerente con il proprio stile sonoro. Nasce così una stretta connessione tra musica e immagine, testimoniata dalle copertine psichedeliche, hippy e visionarie dei Beatles, dei Rolling Stones o dei Grateful Dead e di altri protagonisti della scena internazionale e della controcultura, anch’essi presenti in mostra. Un fenomeno di convergenza tra linguaggio musicale e ricerca grafica che si intensifica nel decennio successivo, trovando una delle sue espressioni più radicali nell’estetica punk dei Sex Pistols, di Richard Hell o degli X-Ray Spex. Il punk, attraverso il rifiuto dei codici visivi dominanti e l’adozione di uno stile estremo e provocatorio, imprime una svolta radicale nella storia del design musicale, trasformando la copertina in uno spazio di dissenso visivo e di sperimentazione politica, in aperta opposizione alle logiche dell’industria culturale.
In questo nuovo contesto, la copertina si configura sempre più come un territorio ibrido, capace di attrarre autori provenienti da ambiti contigui ma autonomi, come il fumetto d’autore. Figure come Robert Crumb, Guido Crepax, Hugo Pratt e Andrea Pazienza, tra gli altri, riconoscono nel supporto discografico una piattaforma ideale di espressione, un laboratorio grafico in cui linguaggio musicale e narrazione visuale si intrecciano in forme spesso audaci.
Accanto alle copertine, sono esposte alcune opere pittoriche che evidenziano lo scambio tra grafica musicale e arti visive contemporanee. L’influenza è reciproca: i graphic designer guardano con interesse alle avanguardie artistiche, mentre molti artisti si ispirano alle atmosfere e alle iconografie delle cover. Ne sono esempi emblematici le opere di Pablo Echaurren, Giuseppe Tubi e Prof. Bad Trip, anch’esse in esposizione.
Roma- Gli spazi de Il Margutta Veggy Food & Art ospitano la mostra di Luca Terribili – Pop in Time. Intagli iconici
Roma-Gli spazi de Il Margutta Veggy Food & Art Da venerdì 20 giugno sino a lunedì 22 settembre 2025, gli spazi de Il Margutta Veggy Food & Art ospitano la prima mostra personale di Luca Terribili, Pop in Time – Intagli iconici, un’esposizione che trasforma il legno in linguaggio visivo per esplorare i concetti universali di tempo, memoria e identità urbana. La mostra, curata da Flaminia Gallo e Tina Vannini, rappresenta anche un omaggio all’artigianato che torna in via Margutta in chiave pop, reinterpretando lo spirito artistico della storica via romana attraverso uno sguardo contemporaneo.
Luca Terribili, Pop in Time
Le opere in mostra – L’esposizione si articola in una selezione di opere che dialogano con la Pop Art, il design contemporaneo e l’artigianato artistico. Orologi in legno intagliato raffiguranti città simboliche del mondo, figure iconiche della cultura visiva e lavori dal forte impatto grafico e cromatico costruiscono un racconto in cui il tempo non è solo un’unità di misura, ma una forma del pensiero e della percezione.
Tra tempi e non luoghi – Ogni orologio, tagliato e dipinto a mano, rappresenta non solo un luogo geografico ma anche una dimensione emotiva, evocando viaggi, suggestioni e simboli collettivi. Le lancette segnano l’ora reale della città rappresentata, in una mappa emozionale del mondo che sfida l’uniformità dei “non luoghi” contemporanei. Accanto, una galleria di personaggi iconici restituisce il volto umano e popolare delle metropoli globali.
Legno come memoria – Il legno, materiale primordiale e vivo, diventa protagonista assoluto: non solo supporto, ma simbolo di memoria, manualità e appartenenza. Un legame che per l’artista è anche personale: il padre, ingegnere, lavorava il legno per diletto, trasmettendogli una passione che oggi si è evoluta in linguaggio creativo.
“Il mio lavoro nasce da una riflessione sul tempo: non quello astratto dei calendari, ma quello vissuto, che lascia segni, tracce, impronte – dichiara Luca Terribili – Ogni città che intaglio è una memoria collettiva, un luogo che vive nell’immaginario di tutti noi. Il legno mi permette di dare forma a queste immagini: lo taglio, lo scolpisco, lo accarezzo, ed è come se ogni opera custodisse una storia da raccontare. Pop in Time è una raccolta di questi racconti: ironici, precisi, affettuosi, a volte malinconici, sempre sinceri.”
“Le opere di Luca sono racconti che si scolpiscono nel tempo – spiega Flaminia Gallo, curatrice della mostra -Ogni orologio, ogni figura, ha la forza di evocare non solo luoghi, ma stati d’animo, ricordi condivisi. Abbiamo costruito un percorso espositivo che è insieme riflessione e omaggio: al tempo, alla città, alla manualità come forma di pensiero visivo.”
“Questa mostra è più di un’esposizione – conclude Tina Vannini, titolare de Il Margutta e curatrice della mostra – è un’esperienza che parla attraverso forme e simboli accessibili, ma carichi di significato. Ho avuto il privilegio di vedere crescere Luca Terribili negli anni, testimone di un percorso artistico che ha visto passaggi importanti, dalle sue prime opere fino a quelle che oggi siamo orgogliosi di presentare. Un’evoluzione costante, che trova oggi la sua espressione matura in questi intagli iconici, che raccontano storie non solo di luoghi, ma anche di emozioni, di esperienze vissute. Il suo lavoro coniuga tecnica e poesia, materia e immaginario. È un progetto che sentiamo vicino, perché crede in un’arte viva, inclusiva e autentica.”
L’esposizione sarà visitabile tutti i giorni negli orari di apertura del ristorante e rappresenta un’occasione unica per riscoprire l’arte come esperienza sensoriale totale, tra gusto, visione e riflessione.
Il Margutta Vegetarian Food & Art
Il Margutta Vegetarian Food & ArtSituato nella storica via degli artisti, via Margutta 118 a Roma, Il Margutta Vegetarian Food & Art ha aperto i battenti nel 1979 e da allora è diventato un punto di riferimento per chi cerca una cucina vegetariana e vegana nella capitale. Il locale offre un menu ampio e ricco di proposte stagionali, che spaziano dalla millefoglie croccante farcita con porcini crudi e cotti, robiola ai tre latti e nocciole della Tuscia su crema di kale, ai cavatelli con cime di rapa, granella di capperi, stracciatella e pomodori canditi, passando per il saltimbocca di seitan alla romana. Il ristorante propone vari degustazioni, menu speciali a pranzo durante la settimana e, la domenica, un delizioso brunch al buffet.Il Margutta è sempre aperto e accetta circuiti di pagamento come Csi, MCard, Visa, Diners e POS. Per ulteriori informazioni e per restare aggiornati sulle novità, è possibile visitare il sito web ilmargutta.bio o la pagina Facebook all’indirizzo https://www.facebook.com/IlMarguttaRistorArte/?locale=it_IT.
Roma alla Gallery Morphè la mostra di Antonio Del Donno – “Illeggibile è il mondo”
Roma alla Gallery Morphè La mostra Illeggibile è il mondo presenta un’ampia selezione di opere di Antonio Del Donno,tra pitture materiche e Vangeli d’artista. Lontano da ogni intento celebrativo o narrativo, il progetto esplora la tensione tra gesto e linguaggio, tra superficie e scrittura, tra sacralità emutismo.
Antonio Del Donno – “Illeggibile è il mondo”-
In un tempo in cui il linguaggio si dissolve nella comunicazione automatica e il simbolo perde consistenza, l’opera di Del Donno resiste. Le sue superfici segnate, bruciate, silenziose, sono atti di opposizione: forme che non chiedono interpretazione ma presenza.
Illeggibile è il mondo rompe la distinzione tra parola e immagine. I Vangeli sono libri muti,croci implose, frammenti di una scrittura che non si lascia leggere. In questa crisi del senso,Del Donno non cerca di spiegare. Espone. Incide. Insiste.
Le opere in mostra provengono dall’Archivio Antonio Del Donno, punto di riferimento per la tutela e la diffusione dell’eredità artistica del Maestro. Curato da Alberto Molinari, l’Archivio raccoglie, cataloga e promuove il lavoro di Del Donno, rendendone accessibili i materiali inediti e sostenendo progetti espositivi e culturali legati alla sua opera.
NANCY CUNARD, la poetessa dalla vita intensa e spericolata….
LA POETESSA PIÙ BELLA DEL MONDO NANCY CUNARD,EREDITIERA, MUSA DI HUXLEY E MAN RAY, AMANTE DI POUND, ELIOT E ARAGON, VIAGGIATRICE E PASIONARIA, FU LA PRIMA A PUBBLICARE BECKETT CON LA SUA CASA EDITRICE – IMITATISSIMO IL SUO STILE: CILINDRO, ABITI D’ARGENTO, BRACCIALI E CAPELLI CORTI – NON SPOSATA, RIBELLE, FUMAVA, BEVEVA E AMAVA IL SESSO-Articolo scritto da Eleonora Barbieri per “il Giornale”
NANCY CUNARDNANCY CUNARDNANCY CUNARD
Quando nel 1925 scrive Parallax, Nancy Cunard ha in mente due uomini: T.S. Eliot e Ezra Pound. Il primo perché, due anni prima, aveva scritto La terra desolata, che è il modello per il poema lungo della Cunard; le due opere sono pubblicate dalla stessa casa editrice, la piccola e prestigiosa Hogarth Press di Leonard e Virginia Woolf.
Il secondo perché era stato proprio Pound, dopo avere letto le poesie della raccolta Outlaws del 1921, a spingere la Cunard a continuare a scrivere, spiegandole, in una lunga lettera, che doveva riuscire a «rendere il discorso della poesia perfino più vivido di quello della prosa» e ricordandole che «l’arte è lunga».
In quella lettera, Pound le diceva anche quanto desiderasse che Nancy tornasse a Parigi. La loro storia d’amore, lunga cinque anni, era già cominciata. In realtà anche Eliot era stato amante di Nancy Cunard, pur se per una notte soltanto, nell’estate del ’22: anche se la disapprovava, e la considerava una tentatrice (in seguito l’aveva perfino dipinta come una prostituta, sotto le spoglie di Fresca, in una parte della Terra desolata che Pound lo convinse a tagliare), nemmeno lui era riuscito a resisterle, come lei stessa raccontò in una Lettera in versi scritta dopo la morte del poeta nel gennaio del 1965 (lei morì due mesi dopo), e pubblicata ora nei Selected Poems, una raccolta di poesie, in parte inedite, a cura di Sandeep Parmar (Fyfield Books).
Del resto era difficile, quasi impossibile resistere a Nancy Cunard. Nata nel 1896 a Nevill Holt, nel Leicestershire, in una residenza immensa (il salone da solo era più grande della New York Public Library), erede di un impero di costruttori navali baronetti dai tempi della Regina Vittoria, discendente di Benjamin Franklin, figlia di un padre, Bache, interessato soltanto alla caccia e alla campagna inglese e di una madre americana ricchissima, Maud, arrivata in Europa per ottenere un titolo e entrare nell’alta società politica, aristocratica e letteraria di Londra (e Lady Cunard ne fu una regina), Nancy si abitua subito ad alcune cose poco comuni, specialmente per l’epoca: i suoi genitori vivono vite separate;
la madre ha decine di amanti, e non li nasconde affatto; il suo primo amico a quattro anni non è una bambina, bensì il romanziere irlandese George Moore, amante della madre, a cui resta legata per tutta la vita e che le fa da padre insieme a Norman Douglas; viaggia e viene istruita per tutta Europa; ai balli e ai tè organizzati da Lady Cunard arrivano Somerset Maugham, i Balfour, gli Asquits, Pound (che chiede soldi per sostenere James Joyce mentre scrive l’Ulisse), Eliot…
Ereditiera, poetessa, editrice per tre anni, come racconta nel libro, ricchissimo di aneddoti, These were the Hours – Memories of My Hours Press, scrittrice, giornalista in prima fila durante la guerra di Spagna, pasionaria quasi ossessiva per le cause della repubblica in Spagna e per la difesa della cultura e dei diritti dei neri in America (sua è la raccolta Negro, una antologia che è la prima nel suo genere, e che nel ’34, quando esce, è accolta con derisione perfino dalla stampa di sinistra), collezionista di arte «primitiva» dall’Africa all’Oceania e, in particolare, di vistosissimi braccialetti d’avorio che portava a decine fino al gomito, amante di artisti, poeti, scrittori e musicisti celebri, fra cui T.S. Eliot, Samuel Beckett e Pablo Neruda (tutti anni prima del Nobel…) e poi Ezra Pound, Louis Aragon, Tristan Tzara e Aldous Huxley, Nancy Cunard era una donna bellissima e magnetica.
Gli occhi enormi e blu, la figura esile, la voce dolce e acuta insieme, la falcata leggendaria. E poi lo stile, imitatissimo per il resto del secolo, dal cilindro agli abiti d’argento, dai quattrocento bracciali ai capelli corti, una giovane donna non sposata (lo fu per pochissimi anni, con un soldato australiano), ribelle, che fumava e beveva e non si negava nulla.
Così racconta Anthony Thorne nel volume Nancy Cunard. Brave Poet, Indomitable Rebel (1968, a cura di Hugh Ford) che raccoglie i ricordi di amici e ammiratori: «Un giorno una ragazza mi ha detto: Entro in una stanza e in fondo c’è la donna più bella che abbia mai visto. Poi mi avvicino e mi rendo conto che è Nancy Cunard».
Thorne incontra Nancy per la prima volta a Venezia, dove lei versa una flûte di champagne nel Canal Grande in nome di un suo vecchio amore, il jazzista di colore Henry Crowder; poi, dopo una notte insieme, lasciano il palazzo a bordo di una gondola. Undici anni dopo, di nuovo a Venezia, Thorne ritrova lo stesso gondoliere che ricorda esattamente Nancy.
Anche quando è ormai anziana, zoppicante, rovinata dall’alcol, dalle malattie respiratorie e dalla magrezza eccessiva, se entra in un locale, o si presenta a teatro, tutti gli occhi si volgono immediatamente verso di lei, e nel silenzio che si crea si sente solo il tintinnio dei suoi bracciali. Questa è Nancy Cunard, «un corpo come una scultura» a detta di Langston Hughes, che collaborò a Negro.
Non soltanto una avventuriera: lo è stata, nel sesso (si dice che si sia fatta asportare l’utero per avere libertà totale), nelle abitudini quotidiane, nei viaggi per mezzo mondo, nelle cause sposate spesso d’istinto.
Ma è stata una figura letteraria, e non soltanto come musa, anche se ha ispirato Huxley (innamorato perso, l’ha riprodotta in varie sue eroine), il bestseller degli anni Venti Green Hat di Michael Arlen, Aragon (che fu quasi sul punto di sposare), Tzara, Evelyn Waugh, Pound e Neruda, e poi pittori come Oskar Kokoschka e Alvaro Chile Guevara, fotografi come Man Ray e Cecil Beaton, lo scultore Brancusi. Williams Carlos Williams, che giocava a tennis con lei e Hemingway, la definì «uno dei più grandi fenomeni di quel mondo», gli anni Venti.
La prova della sua sensibilità letteraria, oltre che nelle opere di poesia, è soprattutto nella sua attività di editrice e curatrice di raccolte. L’avventura della sua Hours Press comincia nel 1928 e finisce nel 1931. Nasce in Normandia, a Réanville, in una casa di campagna acquistata e arredata da Nancy con grande amore (sua madre riteneva che «solo i banali hanno bisogno di una casa»); poi si sposta a Parigi, in rue Guenégaud, a due passi dalla Galleria Surrealista.
Londra non era la città giusta per Nancy, anche se si era creata una sua «Corrupt Coterie», cenava con Keynes e Lytton Strachey, frequentava i Woolf (poco, perché Virginia era gelosa…). È a Parigi, nei primi anni Venti, che trova il suo mondo: fra i Surrealisti e i Dada, tutti suoi amici e spesso amanti, ospiti fissi nel suo appartamento all’Île Saint-Louis, che era appartenuto a Modigliani.
In nemmeno quattro anni la Hours Press pubblica 23 libri di pregio, con copertine firmate da artisti come Man Ray, John Banting, Yves Tanguy: in catalogo vanta George Moore, l’amico che le garantisce un esordio da «tutto esaurito»; Louis Aragon che traduce l’«intraducibile» Caccia allo Snark di Lewis Carroll; due titoli di Norman Douglas; Mes Souvenirs, saggi scritti apposta per lei da Arthur Symons, il critico letterario che «esportò» Verlaine e i simbolisti Oltremanica; le poesie di Robert Graves e Laura Riding; i versi di Richard Aldington (suo è il bestseller della casa editrice, Last Straws); This Chaos di Harold Acton, per il quale Nancy è stata «la Gioconda degli anni Venti»; i primi trenta Cantos di Pound (A Draft of XXX Cantos); una raccolta di poesie di John Rodker, editore di Eliot e della «più bella edizione dei Cantos» di Pound, secondo la stessa Cunard. Le promette «qualcosa» James Joyce, «il mio visitatore più famoso in rue Guenégaud», dove si reca con insistenza in cerca di una raccomandazione per un suo amico, un cantante irlandese.
Non se ne fa nulla, né per la raccomandazione, né per l’opera da pubblicare. Ma la sua vera «scoperta» è Samuel Beckett. Nel senso che è la prima a pubblicarlo. In These were the Hours (pubblicato postumo nel ’69) la Cunard spiega il suo obiettivo di editrice: «Fare soprattutto poesia contemporanea di genere sperimentale – sempre cose molto moderne, pezzi brevi di grande qualità che, per loro natura, possono avere difficoltà a trovare editori commerciali». Così, a caccia di talenti nuovi, lancia un concorso: dieci sterline in premio all’autore della migliore poesia sul tempo, cento righe al massimo. Fino all’ultimo, Nancy e l’amico Aldington si trovano a leggere roba impubblicabile; ma, la notte della scadenza…
Qualcuno ha lasciato una poesia, si intitola Whoroscope; l’autore è sconosciuto, si chiama Samuel Beckett, è nato a Dublino e già questo lo rende simpatico alla Cunard che ha antenati illustri e ribelli anche in Irlanda, e comunque le basta scorrere i versi per capire che il vincitore del concorso è proprio lui.
E che felicità prova venticinque anni dopo, quando Aspettando Godot va in scena a Parigi e il mondo si accorge del merito che spetta al suo autore. Beckett le rimane sempre amico e affezionato; nel 1956 le scrive: «Ho ancora Negro comodo nella mia libreria, a differenza della maggior parte di ciò che avevo… E perfino qualche Whoroscope».
Le chiede di spedirgli una copia di Parallax, perché vorrebbe rileggerlo. Per l’antologia black Beckett ha tradotto diciotto saggi, fra cui un Manifesto dei Surrealisti francesi e un articolo su Louis Armstrong e il jazz; ha firmato per Henry-Music, versi dedicati alla musica di Henry Crowder, uno dei volumi di maggior pregio della Hours Press. Il loro legame dura per tutta la vita, anche se Beckett la trova sempre più esile e troppo «ossessionata» dalla questione spagnola.
Eppure, anche in questo caso, la Cunard dimostra il suo talento. Nel 1937 rimette in funzione la vecchia pressa Mathieu di Réanville per pubblicare sei pamphlet, o plaquettes, che finiscono sotto il titolo The Poets of the World Defend the Spanish people!. A stampare accanto a lei c’è Pablo Neruda, i versi, in inglese, spagnolo e francese sono di Tzara, Aragon, Hughes, García Lorca e W.H. Auden, di cui appare la controversa Spain.
Dopo le plaquettes è la volta di un questionario agli scrittori, un’idea nuova all’epoca: Nancy spedisce a tutti quelli che conosce (e non) delle domande sulla guerra, per capire da che parte stiano. Il volume che raccoglie le 148 risposte si intitola Authors Take Sides on the Spanish War: non pubblicata quella indimenticabile di George Orwell, che la prega di non scocciarlo più. Lui, in Spagna, si è appena preso una pallottola.
Dopo la guerra, la vita per Nancy non è più la stessa. La sua casa di Réanville è distrutta dai nazisti, il suo mondo è in pezzi. La madre l’ha diseredata da un decennio, al grido di: «Davvero mia figlia conosce un Negro?». Ha ancora degli amanti, sempre più giovani; continua a viaggiare, a bere troppo e a scrivere: nel ’54 e nel ’56 pubblica due biografie di George Moore e Norman Douglas, molto elogiate dalla critica. Rifiuta ogni proposta di scrivere la sua autobiografia (perciò bisogna accontentarsi di due biografie, comunque ricche di dettagli, una del ’79 di Anne Chisholm e una del 2007 di Lois Gordon).
Paga, più che mai, l’esclusione da un mondo per il quale lei è troppo diversa. E che l’ha punita, a modo suo: non potendole impedire la libertà di dire, scrivere e fare, per lo più ha tentato di negarle la patente della serietà intellettuale.
Descrivendo Lucy, l’anti-eroina di Punto contro punto, Huxley parla così (indirettamente) di Nancy: «Era tutto ciò che le persone, per invidia o per disapprovazione, dicevano di lei, eppure era la più squisita e meravigliosa delle creature». Muore sola, a Parigi, pochi giorni dopo avere compiuto 69 anni. Le sue ceneri sono al Père-Lachaise, il cimitero degli immortali.
Fonte Articolo scritto da Eleonora Barbieri per “il Giornale”
Breve biografia di Alice Walker ha vinto il Pulitzer Prize e l’American Book Award per il romanzo The Color Purple (Colore di porpora). Altri suoi romanzi sono: Now Is the Time to Open Your Heart (È questo il momento di aprire il tuo cuore), By the Light of My Father’s Smile (Nella luce del sorriso paterno), Possessing the Secret of Joy ( Per possedere il segreto della gioia) e In the Temple of My Familiar (Nel tempio del mio familiare). È autore di tre volumi di racconti, tre libri di saggi, altri sei volumi di poesia, tra i quali A (Una poesia percorse il mio braccio) oltre a vari libri per i giovani. Nata a Eatonton, Georgia, tuttora abita nel lato nord della California. Poesie scelte da Revolutionary Petunias (Petunie revoluzionarie), di Alice Walker; A Harvest Book, Harcourt Brace & Company, San Diego, New York, London,1972; e da Absolute Trust in the Goodness of the Earth (Fiducia assoluta nella bontà della terra), Random House Trade Paperbacks, 2004.
Prima di lasciare il palco
Prima di lasciare il palco
Canterò l’unica canzone
Che davvero dovevo cantare.
È la canzone
IO SONO.
Sì: Io sono Io
&
Tu.
NOI SIAMO.
Amo Noi con ogni goccia
del nostro sangue
ogni atomo delle nostre cellule
le nostre particelle ondeggianti
-imperterrite bandiere del nostro Essere-
Né qua né là.
Traduzione di Rocio Bolanos
Nuovo viso
Ho imparato a non preoccuparmi dell’amore
ma di onorare le sue visite
con tutto il mio cuore.
Esaminare i cupi misteri
del sangue
con mente allegra e
leggera,
conoscere il flusso delle emozioni
sciolte e veloci
come l’acqua.
La fonte sembra
qualche inesauribile
sorgente
all’interno della nostra doppia
o triplice essenza;
il nuovo viso che io
rivolgo a te
nessuno al mondo
l’ha visto
ancora.
Breve biografia di Alice Walker ha vinto il Pulitzer Prize e l’American Book Award per il romanzo The Color Purple (Colore di porpora). Altri suoi romanzi sono: Now Is the Time to Open Your Heart (È questo il momento di aprire il tuo cuore), By the Light of My Father’s Smile (Nella luce del sorriso paterno), Possessing the Secret of Joy ( Per possedere il segreto della gioia) e In the Temple of My Familiar (Nel tempio del mio familiare). È autore di tre volumi di racconti, tre libri di saggi, altri sei volumi di poesia, tra i quali A (Una poesia percorse il mio braccio) oltre a vari libri per i giovani. Nata a Eatonton, Georgia, tuttora abita nel lato nord della California. Poesie scelte da Revolutionary Petunias (Petunie revoluzionarie), di Alice Walker; A Harvest Book, Harcourt Brace & Company, San Diego, New York, London,1972; e da Absolute Trust in the Goodness of the Earth (Fiducia assoluta nella bontà della terra), Random House Trade Paperbacks, 2004.
Raccontare l’Afghanistan è come fare un viaggio tra conflitti, umanità, violenza e droga. I signori della guerra, padroni del paese, hanno fatto dell’Afghanistan la loro cassaforte personale, oltre che spogliato la popolazione civile di qualunque diritto e futuro. Dal 1979, anno dell’invasione sovietica, non c’è mai stato un solo giorno di pace. Guerre e massacri sono da allora l’aspra quotidianità di chi è costretto a vivere in condizioni provvisorie e inventarsi una possibilità di sopravvivenza. Dopo la cacciata dell’Armata Rossa nel 1989, i Talebani presero il potere a metà degli anni ‘90 e lo mantennero fino al 2001, anno dell’abbattimento delle Torri Gemelle.
Ugo Panella-Fotografo
Massud “il leone del Panshjir”, artefice della vittoria sui sovietici e successivamente contro i talebani con il suo esercito dei Mujaheddin, venne eliminato dai servizi segreti occidentali per impedirgli di realizzare una rivoluzione in proprio, che sarebbe stata destabilizzante per i molteplici interessi economici in gioco.
Ugo Panella-Fotografo
Nel 2001 intervennero l’Alleanza del Nord e i contingenti internazionali per cercare di imporre un assetto politico che garantisse loro un’adeguata presenza sul territorio. Un territorio che è stato da sempre appetibile, da Alessandro Magno agli Inglesi, e anche oggi chi controlla l’Afghanistan controlla di fatto i confini di Cina, Pakistan, India e Russia.
Ugo Panella-Fotografo-KANDAHAR, AFGHANISTAN – OCTOBER 13: (EDITORS NOTE: Image contains graphic content.) Asan Bibi, 9, (R) and her sister Salima,13, (L) stand in the hallway of Mirwais hospital October 13, 2009 Kandahar, Afghanistan. Both were burned when a helicopter fired into their tent in the middle of the night on October 3rd, according to their father. Three members of the family were killed in the incident. The family belongs to the Kuchi ethnic tribe, nomads living in tents out in the open desert whom are very vulnerable to a war they have little understanding of. Mirwais hospital in Kandahar city is the largest regional hospital in the area, supported by the ICRC and the Afghan government it caters to most of the war wounded in the most hostile part of the country. A recent U.N. report has described 2009 as the deadliest year in terms of civilian casualties in Afghanistan ever since the start of the U.S.-led war against Taliban in the country. In his latest report presented to the Pentagon, Gen. Stanley McChrystal, the U.S. top commander emphasized the need for winning the hearts and minds of the Afghans. The Taliban are now staging suicide attacks and IED blasts in densely populated areas to create a bigger impact as more of Afghan’s war wounded hit the headlines. (Photo by Paula Bronstein/Getty Images)
Oltre agli interessi strategici militari, geopolitici ed economici, fondamentale è il controllo del traffico di eroina, che attualmente rappresenta circa l’80% del PIL nazionale e che fa dell’Afghanistan un narco-Stato. L’Afghanistan è infatti un paese strozzato da un’economia sempre più povera: agricoltura e pastorizia (un tempo principali risorse) sono state compromesse da un territorio disseminato di mine antiuomo e quindi difficilmente coltivabile.
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A Kabul, l’ospedale della Croce Rossa, diretto da Alberto Cairo, ospita centinaia di vittime di queste mine costruite con l’intento di non uccidere ma di mutilare mani, braccia e gambe.
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Questo, a grandi linee, è il panorama politico e umano che costringe l’Afghanistan a sopravvivere al “grande gioco” che le potenze straniere decidono non per portare la pace e la democrazia, ma per una cinica visione del mondo.
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In tale scenario, le donne afgane rappresentano la parte sana di una società che subisce gli eventi. Lavorano, crescono i figli, si scontrano spesso contro una realtà che le vorrebbe sottomesse ed invisibili. Questa loro forza produce futuro
Ugo Panella-Fotografo
Ugo Panella-Fotografo
Ugo Panellaha iniziato la carriera di fotogiornalista documentando i conflitti del Centro America alla fine degli anni ’70, in particolare la guerra civile in Nicaragua e più tardi quella in Salvador.
La sua passione per la fotografia di denuncia e di impegno civile lo ha in seguito portato in vari luoghi del mondo, dove la vita quotidiana è fatta di violenza e dove la dignità umana non ha valore.
In Egitto, al Cairo, ha raccontato la vita in un cimitero abitato da un milione di senzatetto che hanno fatto delle tombe la loro dimora; in Bangladesh, la fatica di migliaia di uomini che nel porto di Chittagong smantellano navi cargo a due dollari al giorno. Sempre in Bangladesh, in collaborazione con Renata Pisu, l’inviata di Repubblica, ha fatto conoscere all’opinione pubblica mondiale la condizione di migliaia di ragazze sfigurate dall’acido solforico perché rifiutano le “avances” di uomini violenti. L’inchiesta, ripresa dalle maggiori testate internazionali, ha costretto il governo di quella nazione ad introdurre pene gravissime per chi si rende responsabile di tali crimini.
Con Soleterre Onlus (soprattutto in Ucraina, ma anche in Marocco, Salvador e Guatemala) ha realizzato un reportage sui tumori infantili derivanti da disastri ambientali, illustrando i progetti sanitari e l’assistenza alle famiglie dei bambini malati; mentre in Italia grande scalpore ha destato la sua foto-inchiesta nell’istituto psichiatrico Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello, in Calabria, dove centinaia di persone vivevano in condizioni di abbandono. Quest’ultimo progetto è stato poi tradotto nel libro fotografico “In direzione ostinata e contraria” e in una mostra itinerante.
Ugo Panella-Fotografo
Ugo Panella è un profondo conoscitore dell’Afghanistan e delle persone che ci vivono, tra paura e resistenza tenace a un regime che toglie diritti e libertà. Da molti anni documenta i progetti di microcredito della Fondazione Pangea Onlus in quel paese.
Ha lavorato anche in Albania, India, Sri Lanka, Filippine, Oman, Cipro, Palestina, Somalia, Etiopia, Sud Africa, Iraq, Ucraina e Sierra Leone. Il suo ultimo lavoro è dedicato ai flussi migratori in Africa, soprattutto da Mali, Nigeria, Gambia e Senegal.
Nel 2009, a Sarzana, ha ricevuto il premio al fotogiornalismo Eugenio Montale.
La poetessa belga-israeliana Esther Granek nacque il 7 aprile 1927 a Bruxelles, fu autodidatta non avendo potuto studiare a causa delle leggi antiebraiche durante l’occupazione nazista.
Constatazione
Ho solo me
In ogni giorno
Per accogliere la nuova alba
Ma non appena m’aggroviglio in un sogno
ho solo te
Ho solo me
Per incassare
Tutte le piaghe da decubito della vita
Ma appena in un sogno mi perdo
ho solo te
Ho solo me
Quando spio
Del futuro l’ora che scocca
Ma nelle mie ardenti preghiere
ho solo te
Ho solo te
Per stupirmi
E per magnificare le immagini
Ma appena ho girato le pagine
ho solo me
***
Incinta
Sono incinta di prati verdi
porto i pascoli dentro di me
Se il mio umore è divertente o saggio,
Sono incinta di prati verdi
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Bella è l’immagine!
dolce il suono
“Porto pascoli dentro di me…”
E allo stesso tempo cosa ingrata
sono incinta di deserti.
e miraggi
e chimere
grandi temporali
Di rimpianti che ingiustamente attraversano
Risate di cui non so che farmene.
E le mie gravidanze coesistono.
In tutto il mio essere. Senza limiti.
***
Finalità
Tu dici: “L’uccello canta
per festeggiare il sole…”
Tu dici: “L’uccello canta
per incantare il mio orecchio…”
Quella che ti sembra una canzone
è in realtà grido di guerra.
pianto originario
e avvertimento.
Credi che la specie
alle profondità dei mari
si divori a vicenda in giubilo
senza soffrire di carne?
Vasta selezione
dove tutto si perpetua
solo attraverso i tuoi occhiali,
ammiri, tanto e di più!
Equilibrio gigantesco!
(ti riempie di emozione…)
E quando il tuo essere vibra
per vedere intorno a te
tutte le specie, grandi e piccoli
nati per mangiarsi l’un l’altro,
Uomo, ti senti il prescelto
per cui tutto è stato fatto!
***
Cantando
Con fili di seta
Avevo intrecciato una canzone selvaggia
Selvaggia era la mia voce
E tenera era la mia canzone
***
In attesa
Questo seme che tengo
nel palmo della mia mano,
cosa farà nascere domani?
Una canna o una quercia?
Qualche pianta da giardino?
Lo ignoro e non me ne lamento.
Ma il mio cuore batte,
sapendo che nella sua vita
una vita l’attende,
il mio piacere del momento
quando dirà: presente,
finché troverà buon terreno
che lo protegge
Quindi, un buon seme attende.
Questo amore che tieni
nel palmo della tua mano
cosa farà nascere domani?
La mia felicità o il mio dolore?
O i miei infiniti rimpianti?
Non lo so, cosa sarà.
Ma lì, il mio cuore si congela
non sapendo il ruolo
nel destino che attende,
a tuo piacimento del momento.
Perché sei tu che scegli,
e sono io che soffro.
Brava la puttana in attesa
e il buon cane va d’accordo.
**
Un po’ di spettacolo…
Accordo inespresso, minuscolo.
Eppure già un legame intimo.
Un po’ di spettacolo…
Una specie di trappola
Ancora un tocco negli arpeggi.
Un dolce preludio allo stato d’assedio.
Una specie di trappola
E poi all’improvviso…
Accordi a quattro mani.
E con due bocche. Ah! gioco divino!
E poi all’improvviso…
A volte disastro…
A volte la felicità dove tutto combacia.
Sinfonia di ombre e lesene.
A volte disastro.
Corpo a corpo …
Abbinamento perfetto. Piccola morte.
E sempre una sola parola: “Ancora”
Corpo a corpo …
Un’altra pagina…
Perché molto presto tutto diventa saggio.
Come il mare dopo la tempesta.
Un’altra pagina…
Nessuna traccia …
Accordo dove tutto è già cancellato.
Insomma, dove tutto torna a posto.
Nessuna traccia …
Riposo. Tempo scaduto…
Fino al risveglio, vicino o lontano.
E poi all’improvviso: nuova esplosione!
E poi all’improvviso…
Un po’ di spettacolo…
Accordo inespresso, minuscolo.
Eppure già un legame intimo.
Un po’ di spettacolo…
Una specie di trappola
Ancora un tocco, negli arpeggi…
EVASIONE
E sarò di fronte al mare
che verrà a bagnare i ciottoli.
Carezze d’acqua, di vento e d’aria.
E di luce. Di immensità.
E in me sarà il deserto.
Entrerà solo il cielo leggero.
E sarò di fronte al mare
che verrà a battere gli scogli.
A schiaffeggiarli. A sferzarli. Usando la pietra.
A colpirli. A insinuarsi. Selvaggio.
E in me sarà il deserto.
Nessun cielo tormentato entrerà.
E sarò di fronte al mare,
statua di carne e cuore di legno.
E farò il deserto in me.
Che importerà il tempo? Scuro o chiaro…
—————————————————–
BIOGRAFIA
Esther Granek
La poetessa belga-israeliana Esther Granek nacque il 7 aprile 1927 a Bruxelles, fu autodidatta non avendo potuto studiare a causa delle leggi antiebraiche durante l’occupazione nazista.
Nel 1940 la sua famiglia fuggì dal Belgio e si stabilì a Bagnères-de-Luchon in Francia, ma ben presto furono tutti deportati in un campo di concentramento a Brens nel Tarn. Nel 1941 riuscirono a fuggire, pochi giorni prima dello sterminio di tutti i prigionieri del campo. Tornata a Bruxelles, rimase nascosta prima con gli zii, poi, dal 1943 fino alla fine dell’occupazione nazista, con una famiglia cristiana che, con documenti falsi, la spacciava per figlia. .
Sopravvissuta all’Olocausto, si è trasferita in Israele nel 1956 dove ha lavorato per 35 anni come segretaria contabile presso l’ambasciata belga a Tel Aviv. Nel 1981 gli è stata conferita la medaglia civica di prima classe in riconoscimento della qualità del suo lavoro. Morì a Tel Aviv il 9 maggio 2016.
Autrice compositrice di canzoni, poesie, ballate e testi umoristici, pubblicò diverse raccolte. I suoi versi prendono in giro mode e convenzioni. Seducono subito per la loro fantasia e libertà. Con una grazia.
Giovanni Grasso racconta la vita di Lauro De Bosis , un giovane poeta antifascista-
Giovanni Grasso -Icaro il volo su Roma di Lauro De Bosis , un giovane poeta antifascista-
Lauro De Bosis , un giovane poeta antifascista
Giovanni Grasso racconta la vita di Lauro De Bosis , un giovane poeta antifascista-Roma, 1928. Ruth Draper, attrice newyorkese, è una donna colta, indipendente, schiva. Si è votata al teatro come una vestale al tempio e non ha mai ceduto alle lusinghe dell’amore. Fino a quando, nella Città Eterna per una tournée, non incontra il giovane e fascinoso Lauro De Bosis. Dandy per eccellenza, poeta per vocazione, antifascista per scelta, aviatore per necessità, Lauro è un visionario ma è anche un uomo coraggioso capace di passare all’azione: con due amici infatti ha fondato un’organizzazione segreta che diffonde messaggi clandestini di propaganda contro il regime. Tra il giovanissimo Lauro e la matura Ruth, nonostante diciassette anni di differenza, scoppia un amore travolgente e tragico, che si cementa nella lotta al fascismo. Sullo sfondo, l’Italietta del regime, ma anche l’inquieto mondo dell’antifascismo in esilio, tra Parigi, Londra e Bruxelles e l’America divisa tra i fremiti del jazz, la cappa del Proibizionismo e la Grande depressione. Dopo Il caso Kaufmann, Giovanni Grasso torna a mescolare storia e invenzione, ricostruendo nei dettagli l’epopea e il ricco mondo di relazioni di un eroe dimenticato che fece tremare la dittatura: la sera del 2 ottobre 1931, a bordo di un piccolo monoplano, Lauro De Bosis sorvolò Roma, beffando clamorosamente il regime, prima di scomparire nel Tirreno al termine di un volo fatale compiuto in nome della libertà
Lauro De Bosis , un giovane poeta antifascista
Articolo di Riccardo Borgia-I protagonisti della storia e le loro gesta d’impatto in alcuni casi rimangono sottotraccia. Questa è la storia di un uomo, Lauro de Bosis, un giovane poeta antifascista, aviatore improvvisato che il 3 ottobre del 1931 compì un gesto forte raccontato in “Icaro, il volo su Roma” per esprimere la sua lotta all’antifascismo. Lauro, sganciò dal suo aereo su Roma quattrocentomila volantini contro Mussolini e poi nel tentativo di ritornare in Corsica si inabissò nel Tirreno. La storia di Lauro De Bosis, però parte da una prima infatuazione per il fascismo, come molti altri italiani. In seguito, però aprì gli occhi in seguito al delitto Matteotti. La sua lotta antifascista, quindi inizia con la fondazione di una società segreta, Alleanza nazionale, che operò imbucando volantini antifascisti nelle cassette delle lettere degli italiani.
Lauro De Bosis , un giovane poeta antifascista
Questa fu l’inizio della storia di uno scrittore e poeta. Icaro, il volo su Roma è il primo romanzo di Giovanni Grasso, giornalista parlamentare e saggista e racconta appunto come Lauro de Bosis. Quest’ultimo isolato dagli altri antifascisti e accusato di essere interessato alla monarchia. La motivazione era legata alla sua convinzione che Mussolini dovesse essere abbattuto convincendo il re, il Vaticano e l’esercito a togliergli il potere.
Lauro De Bosis , un giovane poeta antifascista
L’evento di presentazione di Icaro, il volo su Roma
La pubblicazione dedicato alla figura di quest’uomo impegnato nella lotta all’antifascismo è stato presentato in un luogo iconico, ovvero la Sala Rossa del Foro Italico, ex palestra proprio di Benito Mussolini e realizzato in collaborazione tra il Comitato provinciale dell’Ansmes di Roma e il Club del Panathlon di Roma. I partner, Sport e Salute e Olympialex, sono quelli delle grandi occasioni. Lo stesso autore Giovanni Grasso fa una ricostruzione precisa della vita di Lauro De Bosis. Lo stesso parte dalla dedica con il nome dato alla piazza dove è ubicato il Comitato Olimpico Nazionale Italiano.
Lauro De Bosis , un giovane poeta antifascista
“Insegante negli Stati Uniti e un antifascista che in una sua azione, l’ultima prima di morire, nell’ottobre 1931 sorvolando Roma con il suo piccolo aerea lanciò migliaia di volantini contro il fascismo. Sulla via del ritorno a Marsiglia, lui avrebbe voluto tornare a Barcellona, l’aeroplano sul quale volava è scomparso in mare, probabilmente per mancanza di carburante”. Queste alcune parole e passaggi di un libro che racconta anche il suo amore per l’attrice newyorkese Ruth Draper, più grande di lui di quasi vent’anni, che gli rimarrà accanto per tutto il resto della vita.
Questo evento ha quindi evidenziato non solo l’importanza di raccontare in una presentazione un personaggio di così elevata caratura ma l’attenzione per determinate figure. Le quali, dovrebbero avere nell’impatto sulla storia del nostro paese.
Apre il nuovo Museo di Schengen, simbolo di un’Europa senza confini-
Il nuovo museo Schengen progettato dallo Studio Migliore+Servetto con Karmachina celebra il Trattato di Schengen, a 40 anni dalla firma dell’accordo che gettò le basi della libera circolazione europea. Il museo si trova nel piccolo comune lussemburghese che ha dato il nome al documento ed è stato inaugurato il 14 giugno alla presenza dei Granduchi di Lussemburgo e di numerose autorità europee.
Museo di Schengen
Nella stessa occasione è stato presentato anche il rinnovato Battello Prinzessin Marie-Astrid Europa, dove nel 1985 fu sottoscritto l’accordo che avrebbe cambiato per sempre la geografia politica e simbolica del Continente. L’accordo infatti pose le basi per la libera circolazione delle persone all’interno di gran parte dell’Europa, istituendo quello che oggi è noto come lo Spazio Schengen. Attualmente, vi aderiscono 25 Paesi dell’Unione Europea e alcuni Stati associati, come Svizzera e Norvegia, rendendo Schengen uno dei simboli più concreti dell’integrazione europea.
«Questo progetto ci ha dato l’opportunità unica di lavorare su due luoghi espositivi non convenzionali, profondamente diversi ma fortemente connessi tra loro: un museo permanente e il battello itinerante. Ponendo in dialogo i due spazi, abbiamo sviluppato un museo contemporaneo concepito come organismo aperto, permeabile, e narrante, capace di attivare allo stesso tempo memoria, emozione e conoscenza», ha affermato Ico Migliore. «Schengen inoltre non è solo un luogo, è un concetto di civiltà: a quarant’anni dalla firma dell’Accordo, poter contribuire a raccontarne la storia è per noi motivo di orgoglio», ha continuato l’architetto che, nel 1997, insieme alla compagna Mara Servetto, fondò a Milano l’omonimo studio, conosciuto, tra l’altro, per i progetti di rinnovamento di importanti siti culturali internazionali, come il Museo di Storia Naturale e l’ADI Design Museum di Milano, il Museo Egizio di Torino, il Museo Chopin di Varsavia.
Museo di Schengen-MIGLIORESERVETTO_PH-ANDREA-MARTIRADONNA-
Dunque, il Museo di Schengen si struttura attorno al tema dei Borders, proponendo un percorso che supera le barriere, che siano architettoniche o culturali, attraverso un linguaggio multimediale, multisensoriale, dall’impostazione narrativo. Il progetto allestitivo combina rigore storico e coinvolgimento emotivo, guidando il visitatore attraverso un’esperienza immersiva sull’evoluzione del concetto di “confine” nella storia dell’umanità, con particolare attenzione alla costruzione dell’identità europea. In una progressione lineare di testi e oggetti legati ai temi delle quattro sezioni principali, si incontrano 19 installazioni, ognuna diversa per contenuto, forma e multimedialità, nel fluire di un percorso circolare culminante nel nucleo centrale: il Cube. «Abbiamo immaginato il museo come uno spazio fluido e dinamico, un percorso esperienziale che culmina nel Cube: un elemento immersivo e simbolico che rappresenta il superamento dei confini, in tutte le sue forme», ha spiegato Mara Servetto. Ricoperto da un pattern di bandiere europee, il cubo è uno spazio riflettente e pulsante, dove le testimonianze personali di chi ha attraversato i limiti geografici e umani della libertà di movimento si fanno racconto collettivo. Qui, come lungo tutto il percorso, il visitatore diventa protagonista, grazie a una card personale che attiva installazioni interattive e consente la personalizzazione della fruizione. «La nostra attenzione si è focalizzata sul coinvolgimento del visitatore, vero protagonista del percorso espositivo», ha aggiunto Paolo Ranieri di Karmachina, studio di multimedia design con sede a Milano, nato nel 2013. «Grazie alla stratificazione di contenuti, il pubblico può interagire liberamente con le installazioni multimediali, esplorando l’evoluzione dei confini attraverso una linea del tempo interattiva, vestendo i panni di una studentessa desiderosa di entrare nell’area Schengen e lasciando un proprio contributo alla fine della visita». Parallelamente al museo, è stato riallestito anche il Battello Prinzessin Marie-Astrid Europa, teatro della firma dell’accordo del 1985 e rinnovato come simbolo mobile e vivo di un’Europa in cammino. Migliore+Servetto e Karmachina lo hanno trasformato in una «Macchina narrativa itinerante». Al ponte superiore, il design rievoca l’atmosfera dell’epoca con eleganza sobria, mentre al ponte inferiore, spazi flessibili ospitano mostre temporanee, conferenze e installazioni. In un momento storico in cui la mobilità delle persone è oggetto di tensione più che di apertura, l’auspicio è che i valori alla base di quell’accordo possano diventare pratica quotidiana, ben oltre le pareti del museo.
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