Un mito greco attribuisce ad Atena la creazione del primo Olivo che sorse nell’Acropoli a protezione della città di Atene.
La leggenda racconta che Poseidone ed Atena, disputandosi la sovranità dell’Attica, si sfidarono a chi avesse offerto il più bel dono al Popolo. Poseidone, colpendo con il suo tridente il suolo, fece sorgere il cavallo più potente e rapido, in grado di vincere tutte le battaglie ; Atena, colpendo la roccia con la sua lancia , fece nascere dalla terra il primo albero di Olivo per illuminare la notte, per medicare le ferite e per offrire nutrimento alla popolazione.
Atena la creazione del primo Olivo
Zeus scelse l’invenzione più pacifica ed Atena divenne Dea di Atene. Un figlio di Poseidone cercò di sradicare l’albero creato da Atena, ma non vi riuscì, anzi si ferì nel commettere il gesto sacrilego e morì. Al British Museum di Londra si può ammirare una scultura del frontone occidentale del Partenone, dove l’artista Fidia ha rappresentato questo episodio mitologico. Secondo una leggenda riferita da Plinio e da Cicerone, sembrerebbe che sia stato Aristeno lo scopritore dell’Olivo e l’inventore del modo di estrarre l’olio all’Epoca fenicia. Lo stesso Plinio, invece, su altri suoi scritti, parlando dell’Italia, racconta che l’Olivo fu introdotto da Tarquinio Prisco quinto Re di Roma, questa ipotesi è la più verosimile visto che le più antiche tracce archeologiche finora raccolte sull’olivicoltura in Etruria risalirebbero al VII sec. a.C., descrivendo ben 15 metodi di coltivazione di questa pianta, che, ai suoi tempi, rappresentava già la base di importanti attività economiche e commerciali. L’olivicoltura era molto diffusa al tempo di Omero; l’Iliade e l’Odissea narrano spesso dell’Olivo e del suo Olio. A Roma l’Olivo era dedicato a Minerva e a Giove. I Romani, pur nella loro praticità di considerare l’Olio d’Oliva come merce da esigere dai vinti, da commerciare, da consumare, mutuarono dai Greci alcuni aspetti simbolici dell’olivo. Onoravano i Cittadini illustri con corone di fronde di Olivo; così pure gli sposi il giorno delle nozze e della loro prima notte nunziale; ed infine i morti venivano inghirlandati per significare di essere dei vincitori nelle lotte della vita umana. Nell’area islamica molte leggende fanno riferimento all’Olivo e al suo prodotto; tra le tante storie si vuole ricordare quella di Alì Babà ed i suoi 40 ladroni nascosti negli otri che dovevano contenere Olio di Oliva.
Atena la creazione del primo Olivo
Il quadro allegato rappresenta Dispute de Minerve et de Neptune, (1748)-Louvre,Parigi-
“… e Atena ottenne di governare sull’Attica, poiché aveva fatto a quella terra il dono migliore, quello dell’ulivo……”
Atena la creazione del primo OlivoULIVOAtena la creazione del primo OlivoAntico Frantoioolio extravergine di olivaolio extravergine di oliva
FIUMICINO (ROMA)-Il Borgo di TRAGLIATA e la sua Storia in pillole-
Fotoreportage di FRANCO LEGGERI
IL BORGO DI TRAGLIATA –Al km 29 della Via Aurelia, tra Torrimpietra e Palidoro, sulla destra, in direzione delle colline, si dirama la Via del Casale Sant’Angelo, che porta verso Bracciano.Percorrendo questa strada che si snoda in aperta campagna tra i grandi poderi coltivati o lasciati a pascolo per bovini e ovini, sulla destra al km 8,5 si diparte la via di Tragliata che porta al castello omonimo per terminare dopo pochi chilometri al crocevia con la Via di Santa Maria di Galeria, Via dell’Arrone e la Via di Boccea. Il toponimo di Tragliata, riportato in antichi documenti come Talianum o Taliata, sembra derivare da “tagliata”, nome dato ai sentieri scavati nel tufo di origine etrusca. Il Castello di Tragliata-Località molto suggestiva, abitata fin dall’antichità più remota, come testimoniato da ritrovamenti etruschi e romani inglobati nelle costruzioni successive. Il castello, eretto tra il IX e il X secolo, aveva una funzione di difesa e di avvistamento ed era collegato visivamente con altre torri circostanti, come la vicina Torre del Pascolaro; trasformato successivamente in un grande casale ad uso abitativo ed agricolo, in alcuni tratti si possono notare avanzi di muratura precedente appartenenti alle opere di sostegno del fortilizio. Allo stato attuale, Tragliata si presenta come un borgo in magnifica posizione elevata, situato com’è su di una specie di rocca isolata in mezzo alla vallata del Rio Maggiore, ed è costituito da vari fabbricati che si affacciano su di un grande spazio erboso.I fianchi della collina sono scavati in più parti dalle tipiche grotte, utilizzate nel corso dei secoli come magazzini o ricovero di animali. Di proprietà privata, il castello è stato recentemente convertito in azienda agrituristica adibita a ricezione. Interessanti i grandi silos sotterranei di epoca etrusca utilizzati per la conservazione dei cereali.
BORGO di TRAGLIATAI Fontanili della Campagna Romana-Borgo TragliataBORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATAChiesa di SANT’ISIDORO Sat’ISIDORO BORGO di TRAGLIATAChiesa di SANT’ISIDORO Sat’ISIDORO BORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATAChiesa di SANT’ISIDORO Sat’ISIDORO BORGO di TRAGLIATASat’ISIDORO BORGO di TRAGLIATAChiesa di SANT’ISIDORO Sat’ISIDORO BORGO di TRAGLIATAChiesa di SANT’ISIDORO Sat’ISIDORO BORGO di TRAGLIATAChiesa di SANT’ISIDORO Sat’ISIDORO BORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATAI Fontanili della Campagna Romana-Borgo TragliataBORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATABorgo TESTA di LEPRE via Alberto CAMETTI incrocio con via di TragliataI Fontanili della Campagna Romana-Borgo TragliataI Fontanili della Campagna Romana-Borgo TragliataIl Borgo di TRAGLIATAI Fontanili della Campagna Romana-Borgo TragliataIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATABORGO di TRAGLIATA
Articolo di Franco Leggeri per l’Associazione Cornelia Antiqua.
Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali. Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo ! Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272-Il Castello della Porcareccia
ROMA- XIII Municipio- Quartiere Casalotti.Fuori dal traffico della Via Boccea, in una discontinuità edilizia, c’è il Castello della Porcareccia, noto anche con il nome “Castello aureo”, che domina il suo borgo medievale. Il fortilizio, in posizione strategica, è costruito su di uno sperone roccioso. Anticamente vi era una torre di avvistamento, ora scomparsa. Il Castello nel corso dei secoli è stato, più volte, rimaneggiato e, rispetto alla costruzione originale, ora si vedono modifiche strutturali evidenti. Il toponimo deriva da “Porcaritia”. Nel passato questa era una località al centro di boschi di querce e, quindi , luogo più che mai adatto all’allevamento dei maiali. Il primo documento che parla del Castello è una lapide del 1002, che si trova nella Chiesa di Santa Lucia delle Quattro Porte ,dove si legge che un prete “romanus” dona la tenuta della Porcareccia ai canonici di Monte Brianzo. Nel 1192 Papa Celestino III dà la cura del fondo ai canonici di Via delle Botteghe Oscure. Il Papa Innocenzo III affidò una parte della tenuta all’Ordine Ospedaliero di Santo Spirito. La tenuta passò, dopo la crisi fondiaria del 1527, ai principi Massimo e nel 1700 ai Principi Borghese, quindi ai Salviati e ai principi Lancellotti, ora la proprietà del Castello è della Famiglia Giovenale che lo possiede dal 1932. Il portale d’ingresso è imponente e su di esso vi è lo stemma di Sisto IV. Prima di accedere al cortile interno, nel “tunnel”, in alto, si notano dei fori passanti sedi di una grata metallica che, alla bisogna, era calata per impedire assalti e irruzioni di nemici . Nel giardino interno del Castello vi è, in bella mostra, una stele commemorativa di un funzionario imperiale delle strade di Roma . La stele probabilmente era riversa in terra perché presenta evidenti segni di ruote di carro. Vicino vi è una lapide funeraria con incisi dei pavoni, antico simbolo di morte. Sono visibili altri reperti di epoca romana, come frammenti di capitelli e spezzoni di colonne. In bella mostra, montata alla rovescia, vi è una vecchia macina a mano per il grano, una simile è nel cortile della chiesa di Santa Maria di Galeria. Nel piazzale interno c’è la chiesetta di Santa Maria la cui costruzione risale al 1693. Ciò che colpisce nella chiesa è la bellezza dell’Altare realizzato in legno intagliato, come dice uno dei proprietari, il Sig. Pietro Giovenale:” l’Altare è stato costruito dai prigionieri austriaci della Grande Guerra che qui erano stati internati”. Nel 1909, giusto un secolo fa, in questa chiesa celebrava la Messa il giovane prete Don Angelo Roncalli, il futuro Papa Buono, Giovanni XXIII il quale veniva in questi luoghi per goderne la bellezze naturali e gustare ”la buona ricotta” della via Boccea che Gli veniva offerta dai pastori ; a ricordo di questa visite, all’interno della chiesa del castello, per desiderio della Famiglia Giovenale, il Vescovo della Diocesi di Porto e Santa Rufina, Mons. Gino Reali, nel 2004 inaugurò una lapide. La tenuta della Porcareccia fu anche antesignana della “guerra delle quote latte”; Ci narra la storia che nel periodo di carestia si diede il massimo sviluppo all’allevamento dei suini per sfamare la popolazione di Roma, come si legge in una bolla di Papa Urbano V nel 1362 che decretava “libertà di pascolo ai suini in qualsiasi terreno e proprietà…”. Per segnalare la presenza degli animali furono messi dei campanelli alle loro orecchie e chiunque ne impediva il pascolo incorreva in pene severissime. A seguito delle proteste della Germania,all’epoca maggior produttrice ed esportatrice di suini in Europa, il Papa Sisto IV nel 1481, riaffermò il documento di Avignone di Urbano V. Davanti al Castello, divisa dalle case del Borgo a chiudere la Piazza, c’è la chiesa parrocchiale, costruita negli anni 1950/54, dedicata alle S.s. Rufina e Seconda, martiri della Via Boccea. Come tutti i castelli che si rispettano, anche questo ha il suo fantasma che si aggira nei cunicoli sotterranei inesplorati che si diramano dal Castello nella campagna circostante. Ma alla domanda che rivolgo al Sig. Giovenale se esiste il fantasma del Castello della Porcareccia egli mi ha risposto con un sorriso.
Articolo di Franco Leggeri per l’Associazione Cornelia Antiqua.
Il Castello della Porcareccia
N.B.Le foto originali sono di Franco Leggeri- Fonte articolo: Autori Vari- Si Evidenzia e voglio ricordare che gli Alunni di Casalotti hanno realizzato un pregevole lavoro sulle origini e la Storia del Castello. L’Intervista con il Sig. Giovenale è di Franco Leggeri- Si chiarisce che l’articolo è solo una piccola sintesi ricavata da un lavoro molto più esaustivo e completo relativo al Medioevo e i sistemi difensivi della Campagna Romana – TORRI SARACENE-TORRI DI SEGNALAZIONI – realizzato da Franco Leggeri per l’Associazione Cornelia Antiqua.
Il Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaAssociazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali. Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo ! Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com- Cell-3930705272-Il Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaAssociazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali. Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo ! Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com- Cell-3930705272-Il Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della Porcareccia-Cardinale Eugenio TISSERANIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della PorcarecciaIl Castello della Porcareccia
Roma Municipio XIII-XIV-Ass. Cornelia Antiqua- Narrare il passato
-IL PONTE sul FIUME ARRONE –
Il fiume Arrone
Il vecchio ponte sull’Arrone , oramai in disuso , pavimentato ancora con il suo selciato originale ; incorporato nel parapetto si trova un blasone nobiliare medievale in marmo e poi vi sono ancora installate le vecchie paratie, vera archeologia industriale, le quali servivano per regolare il flusso dell’acqua destinata all’irrigazione della campagna romana circostante.
BREVI NOTIZIE SUL FIUME ARRONE IL CONFINE TRA ROMA E FIUMICINO.
Stemma sul PONTE sul FIUME ARRONE
L’Arrone è un fiume del Lazio; scorre nella provincia di Roma, è lungo 35 chilometri, nasce nella parte sud-orientale del lago di Bracciano ad Anguillara Sabazia e sfocia a Fiumicino nel mar Tirreno tra Maccarese e Fregene. Il bacino misura 125 km² di superficie. Pur configurandosi emissario del lago di Bracciano, il contributo del lago alla portata del fiume è esiguo, e in alcuni mesi dell’anno del tutto nullo. Nell’alto bacino sono presenti le sorgenti dell’Acqua Claudia. Dall’estremità sudorientale del lago, a quota 164 metri slm, il fiume si dirige da Nord Ovest a Sud Est per circa 3 km, poi si dirige a Sud per 12 km e quindi a Sud Ovest fino alla foce. In questo tratto confluisce il Rio Maggiore, affluente di destra. Subito a valle di questa confluenza il bacino dell’Arrone è attraversato dalla Strada Statale Aurelia. Alla foce è presente un prezioso ambiente umido che, insieme a tutta l’area contigua coperta da macchia mediterranea detta Bosco Foce dell’Arrone, fa parte della Riserva naturale Litorale romano.
FIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre Primavera
TORRE di MACCARESE-nota anche come TORRE PRIMAVERA o di FREGENE
La Torre di Maccarese si trova a circa 500 metri dalla foce dell’Arrone, sulla sponda sinistra. La Torre fu costruita probabilmente . al pari di quella di Palidoro nota come Torre Perla, per difendere la foce del fiume dagli sbarchi dei saraceni.
Il fiume Arrone
CURIOSITA’
“Sulle rive dell’Arrone” è il titolo di una canzone di Daniele Silvestri, contenuta nell’album “Il Latitante” (2007), in cui si parla della prospettiva, raggiungibile dalle rive del fiume, con cui si riescono a vedere diversamente le cose. All’Arrone accenna in tutt’altri termini lo spettacolo teatrale “Storie di scorie” di Ulderico Pesce, in cui si affronta il problema delle scorie nucleari, come quelle stoccate nel deposito nucleare alla Casaccia che avrebbero contaminato in passato anche il fiume, con danni incalcolabili all’ambiente.
Foto originali nota dalla Monografia TORRI SEGNALETICHE e SARACENE della Campagna Romana di Franco Leggeri
Il fiume ArroneFIUME ARRONEFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraIl fiume ArroneFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraIl fiume ArroneFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraIl fiume ArroneIl fiume ArroneIl fiume ArroneCasale Panphilj sito nel Borgo di Testa di Lepre di Sotto in via dell’Arrone
Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina
Il castello ha la forma di un poligono irregolare di sei lati, con un lato di circa 100 metri a nord dove si affacciano gli edifici residenziali e da cui parte una lunga appendice che termina con il Torrione in Piazza Vittorio Veneto. Due lati, orientati a ovest e sud-ovest, sono lunghi 35 e 50 metri e delimitano il giardino pensile. Un lato di 25 metri è orientato a sud e il sesto lato, di 75 metri, a sud est. La metà dell’area verso settentrione, dove il pendio del colle è agevole, è occupata dai palazzi residenziali. L’altra metà verso mezzogiorno, molto scoscesa, è occupata dal borgo e dal giardino pensile. Il complesso ricopre una superficie di 10.500 mq su cui si sviluppano migliaia di metri cubi di volume con 108 stanze, molte di notevole ampiezza. Nel perimetro sorgono tre palazzi – il palazzo di Troilo, il Palatium degli Ottaviani (X -XI sec) e il palazzo di Giacomo – tre corti, una cappella e quattro torri. Le sale più belle sono decorate da affreschi del 1500 della scuola di Raffaello. Palombara Sabina, con il suo schema ad anelli concentrici, ha nel Castello Savelli il punto focale. La prima menzione si ritrova nel Regesto Sublacense del 1064. Il castrum originario, che nel 1000 aveva già assunto una forma quadrangolare, inglobando il Palatium sorto sulla fabbrica longobarda, rimane in possesso degli Ottaviani per circa due secoli. Nel 1216, anno in cui Onorio III fa restaurare la chiesa di S. Biagio e fa costruire quella di S. Egidio, è passato alla famiglia Savelli. Al momento del cambio di proprietà, si presenta già come un poligono irregolare, con torri con merlature agli angoli e l’abitazione del Signore a forma di casamatta. Tra il XIII e la prima metà del XV secolo, i Savelli apportano poche trasformazioni, aggiungendo solo un camminamento fortificato lungo la cinta muraria, a settentrione. Nel 1480, con Giacomo e Troilo Savelli e il loro zio cardinale Giovan Battista, si ha la trasformazione da organismo difensivo a residenza baronale rinascimentale: vengono completate le fabbriche sul versante occidentale (l’appartamento del Cardinale al piano primo e l’appartamento di Giacomo al piano secondo, entrambi ricavati nelle strutture della vecchia Rocca) e viene edificato ex novo l’appartamento di Troilo sul versante orientale. Con questi cambiamenti, l’evoluzione del Castello può considerarsi sostanzialmente conclusa. Solo nel 1556 una parte viene distrutta dall’incendio appiccato dal Duca d’Alba nella guerra tra Paolo IV e gli Spagnoli. Dal 1870 il Castello diviene proprietà comunale e agli inizi del 900 è adibito, con qualche modifica, a carcere mandamentale. Nel 1949 è acquistato dagli Sforza – Cesarini ma ritorna poi di proprietà comunale. Dopo i restauri degli anni 80, il Castello Savelli è oggi dotato di una foresteria, di cucina e servizi, di una sala conferenze e di numerosi ambienti utilizzati per ospitare manifestazioni. Il giardino pensile, con la sua vista che spazia dai monti Cornicolani fino al mare, viene utilizzato per ricevimenti di matrimoni.
Fonte REGIONE LAZIO- Rete delle dimore storiche del Lazio
Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)Paolo Genovesi Fotoreportage- il Castello Savelli di Palombara Sabina (Roma)
Franco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna Romana
L’Alba nella Campagna Romana
Fotoreportage e Poesia di Franco Leggeri
L’Alba nei frammenti del tempo
Raccolgo i frammenti della notte
e li accendo al giorno
Frammenti sfuggenti come i ruscelli del tempo
ruscelli che scorrono rumorosi
tra le erbe aromatiche
e le ortiche dell’oblio.
Ora,
vorrei che il volto del giorno
rimanesse rosa come la rugiada
che adesso, svegliata,
svanisce trafitta dai raggi del sole.
E così,
anche oggi, il sole indora le spighe
e accende il verde dell’alloro nel mio giardino
mentre il rumore della mia penna
naviga il silenzio solitario di questa pagina bianca.
Poesia di Franco Leggeri
Franco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna RomanaFranco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna RomanaFranco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna RomanaFranco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna RomanaFranco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna RomanaFranco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna RomanaFranco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna RomanaFranco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna RomanaFranco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna RomanaCampagna Romana-Il sorgere del sole agosto 2022 –Campagna Romana-Il sorgere del sole agosto 2022 –Campagna Romana-Il sorgere del sole agosto 2022 –Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-Foto di Franco Leggeri- Campagna Romana Viale dei pini Torre della BOTTACCIA-
Roma Municipio XIII – Quartiere Casalotti – parrocchia Santa Rita da Cascia
CARDINALE ANGELO COMASTRI
LA CATECHESI DEL CARDINALE ANGELO COMASTRI:
Quaresima con Santa Teresa Di Calcutta
Articolo e foto della Dott.ssa Tatiana CONCAS
Sabato 18 marzo 2023, alle ore 17.15, S. Em. il Cardinale Angelo Comastri, ha fatto visita alla parrocchia Santa Rita da Cascia, nel quartiere Casalotti, dove ha tenuto la catechesi di “Quaresima con Santa Teresa Di Calcutta”.
Sua Eminenza è stato accolto dal parroco don Lulash Brrakaj, all’interno della chiesa piena di fedeli, venuti per assistere alla Catechesi e alla celebrazione della S. Messa delle ore 18.
Durante la conferenza, il Cardinale Angelo Comastri ha affrontato il tema della felicità, suggerendo quale sia il segreto per raggiungerla, partendo dall’esempio della vita di Santa Teresa di Calcutta.
Em. ha ricordato con commozione le parole pronunciate in diverse occasioni dalla Santa, che aveva conosciuto personalmente quando era ancora in vita e con la quale aveva stretto un bel legame d’amicizia.
Il Cardinale ha presentato Santa Madre Teresa attraverso alcune domande che lui stesso le pose e le risposte da lei fornite, al fine di comprendere quale fosse la sua spiritualità e la sua visione della vita:
Madre qual è per lei il giorno più bello della sua vita?
“Oggi, perché posso ancora riempirlo di bene”
La maggior parte di noi, pensa che la felicità venga dal di fuori (dal denaro, dai successi, dai divertimenti), mentre Madre Teresa aveva capito che in realtà, essa dipende da come siamo dentro.
Madre qual è per lei la persona più importante?
“Quella con cui sto parlando.”
Qual è il suo passatempo preferito?
“Il lavoro, perché mi permette di spendermi per gli altri! E poi, a non fare niente, ci si stanca molto di più”
Ma lei Madre, non fa mai le ferie?
“Non ho bisogno di ferie, perché i miei giorni sono tutti festivi. Fare del bene è una festa!”
Qual è il segreto della felicità?
“La felicità non si trova cercandola! La felicità si riceve in regalo da Dio cercando la felicità degli altri. Per questo gli egoisti sono tutti infelici. Sfido chiunque: non troverete mai un egoista felice.”
Il Cardinale Comastri ha ricordato poi, la domanda che un fotografo un giorno fece a Madre Teresa di Calcutta:
“Madre, mi tolga una curiosità: perché nei suoi occhi brilla tanta felicità?”
La Madre con semplicità rispose:
“I miei occhi sono felici perché le mie mani asciugano tante lacrime!”
Questa meravigliosa risposta, ha commentato S. Eminenza, ci fa comprendere come Madre Teresa fosse felice, perché viveva intensamente la carità. La carità, la santità e la felicità sono la stessa cosa!
Il Cardinale, ha proseguito poi il discorso parlando del Premio Nobel per la Pace, che Santa Teresa di Calcutta ricevette nel 1979.
In quell’occasione la Santa andò a ritirare il premio con la corona del Santo Rosario stretta tra le mani, ma “nessuno osò rimproverarla per il suo affetto verso la Madonna, neppure in una terra rigidamente luterana!”.
Em. durante la Catechesi, ha ricordato anche il viaggio in India, che Pier Paolo Pasolini fece nel 1961, perché invitato insieme ad Alberto Moravia ed Elsa Morante, alle celebrazioni per il centenario del grande poeta nazionale Tagore.
Lo scrittore, quando arrivò a Calcutta, guidato dalla curiosità, volle conoscere questa suora, di cui aveva sentito parlare, sebbene allora avesse solo 50 anni e fosse semplicemente Suor Teresa.
Il ricordo di tale incontro, è riportato da Pasolini nel suo bellissimo libro, intitolato L’odore dell’India, nel quale scrisse:
“Suor Teresa è una donna anziana (in realtà aveva solo 50 anni), bruna di pelle perché è albanese, asciutta, con due mascelle quasi virili, e l’occhio dolce, che dove guarda, vede”
Da quest’ultima osservazione, emerge come Pasolini, grazie alla sua sensibilità di grande scrittore, avesse percepito la capacità di Suor Teresa di comprendere immediatamente, nelle persone il bisogno.
Un’altra importante riflessione su cui si è soffermato il Cardinale Comastri nel corso della conferenza, riguarda il valore della famiglia e degli insegnamenti che i genitori trasmettono ai propri figli.
Madre Teresa diceva: “Le famiglie non finiscono perché non c’è l’amore, ma perché in realtà, non c’è mai stato”.
Per la Santa fu molto importante l’esempio di carità e amore che le trasmisero i suoi genitori e come affermava lei stessa, senza di loro, non ci sarebbe mai stata una Madre Teresa di Calcutta.
Suo papà in particolare, le diceva così: “Figlia mia, non prendere ed accettare mai un boccone se non è diviso con gli altri!”. Oppure: “L’egoismo è una malattia spirituale che ti rende schiavo e non ti permette di vivere o di servire gli altri”.
Oggi purtroppo si è smarrito il senso e l’importanza della famiglia ed i giovani non hanno più modelli di riferimento a cui ispirarsi per le proprie scelte di vita, non hanno più ideali. In questo modo, possono nascere dei giovani vuoti, che non si pongono il problema morale delle loro azioni.
A tal proposito S. Eminenza ha ricordato una tragedia che avvenne nei pressi di Tortona nel 1997, dove un grosso sasso lanciato da tre ragazzi, colpì una giovane sposa in viaggio di nozze, che morì sul colpo.
Il noto psichiatra Andreoli, nel cercare di capire per quale motivo questi tre giovani omicidi, compirono questo gesto così assurdo, trasse queste conclusioni:
“Quei giovani non erano malati, non erano squilibrati, non erano neppure sprovveduti. Erano giovani vuoti, neppure conoscevano la categoria del bene o del male. Per loro esisteva un solo dilemma: mi piace o non mi piace, mi diverte o non mi diverte, mi va o non mi va. Per loro non esisteva il problema morale delle azioni”.
I modelli che offriamo ai nostri giovani sono fondamentali, anche per la nascita di nuove famiglie, futuri “padri” e “madri” che non siano soltanto “mostri di egoismo”.
Senza modelli di generosità ed altruismo alimentiamo solo l’egoismo, che conduce alla violenza e provoca anche l’esplosione delle guerre tra popoli, come quella a cui purtroppo, stiamo assistendo attualmente.
Il cardinale Comastri ci ha invitato inoltre, a riflettere sul fatto che se ognuno di noi, come diceva Madre Teresa, tenesse pulita la propria mattonella, tutto il mondo sarebbe più pulito.
Il segreto per trovare la felicità consiste quindi, nell’uscire dal proprio egoismo e seguire l’esempio di carità e santità trasmessoci da Santa Teresa di Calcutta.
Em. il Cardinale Angelo Comastri infine, ha donato a don Lulash Brrakaj, di origine albanese, una reliquia, consistente in una particella di stoffa bianca, proveniente da una federa usata da Santa Madre Teresa di Calcutta nell’ultimo periodo della sua vita.
Padre Lulash ha ringraziato di cuore S. Em e a sua volta gli ha fatto dono di una bellissima immagine raffigurante la Madonna, come ringraziamento per il Rosario che recitava tutti i giorni, durante la pandemia, in diretta video dalla Basilica di San Pietro, scaldando i cuori di molte persone.
Finita la Catechesi di Quaresima, abbiamo recitato insieme la preghiera scritta sul retro del santino di Santa Teresa di Calcutta, donato da S. Em. a tutti i fedeli presenti.
Dopodiché il Cardinale Angelo Comastri e padre Lulash Brrakaj, hanno celebrato insieme la Santa Messa delle ore 18.00.
Articolo e foto della Dott.ssa Tatiana CONCAS
CARDINALE ANGELO COMASTRI–Piccola Nota Biografia COMASTRI Card. Angelo Il Cardinale Angelo Comastri, Arciprete emerito della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano, Vicario Generale emerito di Sua Santità per la Città del Vaticano ePresidente emerito della Fabbrica di San Pietro, è nato in Sorano, in provincia di Grosseto e diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello (Italia), il 17 settembre 1943. La sua era un’umile famiglia delle colline della Maremma. La mamma, profondamente religiosa, è stata la vera educatrice della sua vita. Ha compiuto gli studi ginnasiali nel seminario di Pitigliano e quelli liceali nel seminario regionale di Viterbo. Ha poi completato la formazione nel seminario romano maggiore frequentando la Pontificia Università Lateranense, dove ha conseguito la licenza in teologia. L’11 marzo 1967 è stato ordinato sacerdote e subito nominato vicerettore del seminario diocesano di Pitigliano. Nel 1968 è stato chiamato a lavorare a Roma, nella Congregazione per i Vescovi, e contemporaneamente è stato nominato padre spirituale nel seminario romano minore e aiuto-cappellano nel carcere di Regina Coeli. Gli anni di apostolato nel carcere li ha successivamente raccontati in un libro dal titolo: «Ero in carcere!». Nel 1971 ha lasciato Roma per assumere la direzione del Seminario della sua diocesi in Toscana: in quegli anni quel seminario conosce una bella fioritura di vocazioni sacerdotali. Nel 1979 è stato nominato parroco di Porto Santo Stefano: gli undici anni di missione sacerdotale all’Argentario sono stati per lui pieni di consolazioni spirituali e, tra l’altro, ricordano una storica visita alla parrocchia compiuta da madre Teresa di Calcutta, alla quale egli è stato legato da profonda amicizia. Il 25 luglio 1990 è stato nominato vescovo di Massa Marittima-Piombino. Il 12 settembre successivo ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Ma, a causa di un’improvvisa malattia al cuore, nel 1994 ha interrotto con grande sofferenza l’esperienza di pastore di quella diocesi che gli è rimasta sempre particolarmente cara. Vescovo emerito di Massa Marittima-Piombino, nel 1994 ha ricevuto l’incarico di presidente del Centro nazionale italiano per le vocazioni ed è stato anche nominato presidente del Comitato nazionale italiano per il grande Giubileo dell’anno 2000. Ristabilitosi in salute, il 9 novembre 1996 è stato nominato Arcivescovo Prelato di Loreto e Delegato pontificio per il santuario Lauretano. A Loreto ha vissuto una intensa esperienza di accoglienza di pellegrini, specialmente degli ammalati dell’Unitalsi e dell’Oftal. Per nove anni consecutivi ha predicato i «Quaresimali», pubblicando poi in altrettanti libri le riflessioni dettate in quelle occasioni. Contemporaneamente è stato nominato presidente della Conferenza episcopale marchigiana, del Comitato per i congressi eucaristici nazionali italiani, del collegamento nazionale dei santuari italiani. È stato nominato anche vice-presidente della Pontificia Accademia dell’Immacolata. Per la Quaresima dell’anno 2003 Giovanni Paolo II lo ha chiamato a predicare gli esercizi spirituali alla Curia romana. Ha scelto come tema degli esercizi: «Dio è Amore!». Le meditazioni sono raccolte in un libro tradotto in varie lingue. Il 5 febbraio 2005 Giovanni Paolo II lo ha nominato suo Vicario generale per la Città del Vaticano, Presidente della Fabbrica di San Pietro e Coadiutore dell’Arciprete della Basilica di San Pietro, che era allora il Cardinale Francesco Marchisano. Il Cardinale Comastri ha svolto i suddetti Incarichi fino al 20 febbraio 2021. Benedetto XVI lo ha invitato a preparare i testi per la Via Crucis al Colosseo, il venerdì santo dell’anno 2006. E il 31 ottobre dello stesso anno il Papa lo ha nominato Arciprete della Basilica di San Pietro. È autore di numerose pubblicazioni di spiritualità e di pastorale, tradotte nelle principali lingue. Ha partecipato al conclave del marzo 2013 che ha eletto Papa Francesco. Da Benedetto XVI creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 24 novembre 2007, del Titolo di San Salvatore in Lauro, Diaconia elevata pro hac vice a Titolo presbiteriale (19 maggio 2018). È Membro: del Dicastero delle Cause dei Santi.
Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
Roma via Appia antica
Roma- La via Appia antica vista da due illustri viaggiatori del 1700.
Montesquieu
Montesquieu:“ Avvicinandoci a Roma s’incontrano tratti della Via Appia, ancora integri. Si vede un bordo o margo che resiste ancora, e credo che abbia più di tutto contribuito a conservare questa strada per duemila anni: ha sostenuto le lastre dai due lati ed ha impedito che cedessero lì, come fanno le nostre lastre in Francia, che non hanno alcun sostegno ai bordi. Si aggiunga che queste lastre sono grandissime, molto lunghe, molto larghe, e molto bene incastrate le une nelle altre; inoltre questo lastricato, poggia su un altro lastricato, che serve da base. Le strade dell’imperatore sono fatte di ghiaia messa su una base lastricata, ben stretta e compressa. Dopo, vi hanno messo un piede o due di ghiaia. Questo renderà la strada eterna. C’è da stupirsi che in Francia non si sia pensato a costruire strade più resistenti? Gli imprenditori sono felici di avere un affare del genere ogni cinque anni”.
Montesquieu, Viaggio in Italia, 1728-1729.
Charles de Brosses
Charles de Brosses:“E’ questo, o mai più, il momento di parlarvi della Via Appia, cioè il più grande,il più bello e il più degno monumento che ci resti dell’antichità; poiché, oltre alla stupefacente grandezza dell’opera, essa non aveva altro scopo che la pubblica utilità, credo che non si debba esitare a collocarla al di sopra di tutto quanto hanno mai fatto i Romani o altre nazioni antiche, fatta eccezione per alcune opere intraprese in Egitto, in Caldea e soprattutto in Cina per la sistemazione delle acque. La strada, che comincia a Porta Capena, prosegue trecentocinquanta miglia da Roma a Capua e a Brindisi, ed era questa la strada principale per andare in Grecia e in Oriente. Per costruirla hanno scavato un fossato largo quando la strada fino a trovare uno strato solido di terra……Codesto fossato o fondamento è stato riempito da una massicciata di pietrame e di calce viva, che costituisce la base della strada, la quale è stata poi ricoperta interamente di pietre da taglio che hanno una rotaia. E tanto ben connesse che, nei posti dove non hanno ancora incominciato a romperle dai bordi, sarebbe molto difficile sradicare una pietra al centro della strada con strumenti di ferro. Da ambedue i lati correva un marciapiede di pietra. Sono ben quindici o sedici secoli che non soltanto non riparano questa strada, ma anzi la distruggono quanto possono. I miserabili contadini dei villaggi circostanti l’hanno squamata come una carpa, e ne hanno strappato in moltissimi luoghi le grandi pietre di taglio, tanto dei marciapiedi che del selciato. E’ questa la ragione degli amari lamenti che fanno sempre i viaggiatori contro la durezza della povera Via Appia , che non ne ha nessuna colpa; infatti, nei posti che non sono stati sbrecciati, la via è liscia, piana come un tavolato, e persino sdrucciolevole per i cavalli i quali, a forza di battere quelle larghe pietre, le hanno quasi levigate ma senza bucarle. E’ vero che, nei luoghi dove manca il selciato, è assolutamente impossibile che le chiappe possano guadagnarsi il paradiso, a tal punto vanno in collera per essere costrette a sobbalzare sulla massicciata di pietre porose e collocate di taglio, e in tutti i sensi nel modo ineguale. Tuttavia, nonostante vi si passi sopra da tanto tempo, senza riparare né aggiustare nulla, la massicciata non ha smentito le sue origini. Non ha che poche o punte rotaie ma solo, di tanto in tanto, buche piuttosto brutte”.
Il Castello di Torre in Pietra, detto anche Castello Falconieri, è un castello situato a Torrimpietra, frazione del comune di Fiumicino, in provincia di Roma. Inizialmente il borgo era un castra attorniato da torri e da mura di cinta. Nel 1254 il castello era proprietà della famiglia normanna degli Alberteschi, poi passò agli Anguillara che, nel 1457, per mano di Lorenzo e Felice Anguillara, per 3000 ducati d’oro lo vendettero a Massimo di Lello di Cecco dei Massimo, quindi passò ai Peretti. Nel 1639 fu venduta ai principi Falconieri. Ferdinando Fuga realizzò la chiesa e lo scalone del piano nobile del castello, indi Pier Leone Ghezzi ne realizzò gli interni, perlopiù gli affreschi inerenti all’anno giubilare 1725. Il Castello che oggi ammiriamo è sostanzialmente quello che ci hanno lasciato i Falconieri. Gli affreschi sono perfettamente conservati: possiamo rivivere i fasti dell’anno giubilare 1725, quando il Ghezzi viene chiamato da Alessandro Falconieri a decorare il piano nobile con scene celebranti la visita al castello del Papa Benedetto XIII. All’interno della chiesa ottagonale, gli affreschi sugli altari laterali sono ulteriori testimonianze della sua opera. Infine, nella seconda metà dell’ottocento, i Falconieri si estinguono e Torre in Pietra conosce un’epoca di decadenza[2]. Nel 1926 passò al senatore Luigi Albertini che ne bonificò le terre secondo le moderne tecniche e la rese tra le più prestigiose aziende zootecniche italiane. Nel 1941 passò a sua figlia Elena Albertini, sposata con il conte Nicolò Carandini, i cui eredi tuttora risultano proprietari del castello-Fonte Wikipedia-
Foto di Franco Leggeri-Le foto del Castello di Torre in Pietra , sono stati scatti eseguiti per provare vari obiettivi e fotocamere Reflex-:NIKON e CANON-
il CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRAil CASTELLO DI TORRE IN PIETRA
Dispute de Minerve et de Neptune, (1748)-Louvre,Parigi-
Un mito greco attribuisce ad Atena la creazione del primo Olivo che sorse nell’Acropoli a protezione della città di Atene.
La leggenda racconta che Poseidone ed Atena, disputandosi la sovranità dell’Attica, si sfidarono a chi avesse offerto il più bel dono al Popolo. Poseidone, colpendo con il suo tridente il suolo, fece sorgere il cavallo più potente e rapido, in grado di vincere tutte le battaglie ; Atena, colpendo la roccia con la sua lancia , fece nascere dalla terra il primo albero di Olivo per illuminare la notte, per medicare le ferite e per offrire nutrimento alla popolazione.
Zeus scelse l’invenzione più pacifica ed Atena divenne Dea di Atene. Un figlio di Poseidone cercò di sradicare l’albero creato da Atena, ma non vi riuscì, anzi si ferì nel commettere il gesto sacrilego e morì. Al British Museum di Londra si può ammirare una scultura del frontone occidentale del Partenone, dove l’artista Fidia ha rappresentato questo episodio mitologico. Secondo una leggenda riferita da Plinio e da Cicerone, sembrerebbe che sia stato Aristeno lo scopritore dell’Olivo e l’inventore del modo di estrarre l’olio all’Epoca fenicia. Lo stesso Plinio, invece, su altri suoi scritti, parlando dell’Italia, racconta che l’Olivo fu introdotto da Tarquinio Prisco quinto Re di Roma, questa ipotesi è la più verosimile visto che le più antiche tracce archeologiche finora raccolte sull’olivicoltura in Etruria risalirebbero al VII sec. a.C., descrivendo ben 15 metodi di coltivazione di questa pianta, che, ai suoi tempi, rappresentava già la base di importanti attività economiche e commerciali. L’olivicoltura era molto diffusa al tempo di Omero; l’Iliade e l’Odissea narrano spesso dell’Olivo e del suo Olio. A Roma l’Olivo era dedicato a Minerva e a Giove. I Romani, pur nella loro praticità di considerare l’Olio d’Oliva come merce da esigere dai vinti, da commerciare, da consumare, mutuarono dai Greci alcuni aspetti simbolici dell’olivo. Onoravano i Cittadini illustri con corone di fronde di Olivo; così pure gli sposi il giorno delle nozze e della loro prima notte nunziale; ed infine i morti venivano inghirlandati per significare di essere dei vincitori nelle lotte della vita umana. Nell’area islamica molte leggende fanno riferimento all’Olivo e al suo prodotto; tra le tante storie si vuole ricordare quella di Alì Babà ed i suoi 40 ladroni nascosti negli otri che dovevano contenere Olio di Oliva.
Il quadro allegato rappresenta Dispute de Minerve et de Neptune, (1748)-Louvre,Parigi- “… e Atena ottenne di governare sull’Attica, poiché aveva fatto a quella terra il dono migliore, quello dell’ulivo……”
ULIVOAtena la creazione del primo OlivoAtena la creazione del primo OlivoULIVOAtena la creazione del primo Olivo
Antico Frantoioolio extravergine di oliva olio extravergine di oliva L’olio extravergine di olivaolio extravergine di olivaolio extravergine di olivaAtena la creazione del primo Olivoolio extravergine di olivaolio extravergine di olivaolio extravergine di oliva
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