Il FLIPT- Festival Laboratorio Interculturale di Pratiche Teatrali
presenta il grande spettacolo “Città invisibili” del Teatro Potlach
Fara in Sabina -Il 6 e 7 luglio alle ore 21.00, il Teatro Potlachdopo le intense giornate di spettacoli, laboratori, masterclass e incontri che hanno coinvolto tutto il borgo di Fara in Sabina, le numerose compagnie internazionali, gli artisti, gli studenti e gli abitanti, diretti dal nostro direttore Pino Di Buduo, invaderanno il centro storico con il grande spettacolo site specific “Città Invisibili”, completamente gratuito.
Lo spettacolo si realizza sempre nell’ambito del FLIPT – Festival Laboratorio Interculturale di Pratiche Teatrali del Teatro Potlach, che ha il sostegno della Regione Lazio e della Fondazione Varrone, e il patrocinio della Provincia di Rieti e del Comune di Fara Sabina.
Dal 1991, anno della sua creazione proprio a Fara Sabina, questo progetto ha visto numerose e diverse attuazioni in cui hanno partecipato artisti e comunità di tutto il mondo. In 33 anni si sono realizzate 64 edizioni di “Città Invisibili”, in 47 diverse città di 16 paesi del mondo, dagli Stati Uniti all’Iran, dal Portogallo alla Svezia. E, a partire dal 2016, con il festeggiamento dei 40 anni del Teatro Potlach, le “Città Invisibili” sono tornate a Fara Sabina e sono diventate la punta di diamante del Festival FLIPT: il luogo dove l’interculturalità, lo scambio tra le arti performative, la convivenza di lingue, suoni, colori da tutto il mondo, è possibile.
Quest’anno il tema dello spazio farà da fil-rouge tra le strade, gli angoli e le piazze di Fara, esprimendosi attraverso esibizioni, installazioni, proiezioni, luci, performances per scoprire lo straordinario che si cela dietro la routine e i luoghi di tutti i giorni.
Più di cento artisti daranno la loro definizione di spazio in questa opera del Teatro Potlach, ispirata a “Le città invisibili” di Italo Calvino.
Il percorso artistico avrà inizio presso la Piazza del Duomo di Fara Sabina, e dopo un inizio in cui sarà possibile osservare tutti insieme gli oltre 100 artisti che animeranno il borgo, ci si addentrerà in un viaggio alla scoperta di forme artistiche, lingue, colori e suoni provenienti dal Brasile, dall’Iran, la Polonia, il Sudafrica, il Giappone, gli USA, la Spagna, la Germania e molti altri Paesi del mondo.
Gli spettatori potranno perdersi per due sere in un percorso di circa 800 metri, che vedrà completamente trasformato il borgo medievale di Fara Sabina da luci speciali, proiezioni artistiche, installazioni maestose. E soprattutto, da tutti gli artisti internazionali che per dodici giorni hanno vissuto insieme, lavorato e creato qualcosa di magico sotto la guida del Teatro Potlach.
Lo spettacolo, completamente gratuito, è il dono del teatro agli abitanti del Comune di Fara e dei dintorni, ma anche a tutti coloro che vorranno venire ad assistere a questo grande evento.
“Se ti dico che la città a cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla”- ( Italo Calvino)
Per rimanere sempre aggiornati sul programma consigliamo di seguire il Teatro Potlach sui social.
Per info e prenotazioni agli spettacoli scrivere tramite whatsapp al numero del Teatro: 351.7954176
Armando Lostaglio- Giuseppe Tornatore “Il Collezionista di Baci” cinematografici
Il collezionista di baci. Ediz. illustrata di Giuseppe Tornatore Mondadori Electa 2014
Un libro sul bacio cinematografico. Un regalo per la San Valentino. Ciascuno di noi ha nel fondo del proprio intimo cassetto il bacio più bello, quello che al cinema ha visto da ragazzo, che lo ha ammaliato e forse turbato. Nel 2014, il regista premio Oscar Giuseppe Tornatore ne ha fatto un libro prezioso, un volume fotografico per raccontare il bacio cinematografico attraverso le suggestioni che proiettavano i manifesti dei film. Vere e proprie opere d’arte pittorica.
Questo libro – pubblicato da Mondadori Electa, 215 pagine – ha un pregio particolare, oltre a quello di farci rivivere scene famose di film che fanno parte della storia del secolo scorso: restituisce dignità a quegli artisti che dipingevano i manifesti, pittori come Anselmo Ballester, Alfredo Capitani, Luigi Martinati. “E come Casaro – sottolinea Tornatore – che è stato quello che ha portato più a lungo questa tradizione della cartellonistica pittorica, ma ci sono stati degli artisti, dei pittori che per arrotondare facevano i manifesti per il cinema. Era un’arte particolare, i manifesti erano bellissimi.”
Il regista siciliano, ideatore dell’indimenticabile sequenza finale di “Nuovo Cinema Paradiso” dedicata proprio al bacio, che il parroco don Adelfio tagliava perché li giudicava scabrosi, ha selezionato e commentato più di duecento manifesti originali che coprono un arco temporale di circa un secolo. Si tratta di immagini provenienti dalla collezione di Filippo Lo Medico, il quale – aggiunge ancora Tornatore – “ha dedicato tutta la sua vita alla gestione di sale cinematografiche ed ha collezionato 60 anni di cartellonistica cinematografica. Quando vide “Nuovo cinema Paradiso” manifestò l’idea di fare una raccolta di baci nei manifesti e oggi, a distanza di 25 anni, il sogno si realizza”. Il libro ripercorre dunque su un’unica traiettoria un arco temporale che va dal 1926, col bacio tra Rodolfo Valentino e Vilma Banky nel film “Il figlio dello sceicco”, fino al 2005 con “Cinderella man” e il bacio tra Russell Crowe e Renee Zellweger.
E come non ricordare la locandina dell’indimenticabile bacio tra Clark Gable e Vivien Leigh di “Via col vento” (del 1939) e de “La dolce vita” (del 1960) fra Marcello Mastroianni e Anita Ekberg nella mitica Fontana di Trevi? Ed ancora quello tra Audrey Hepburn e George Peppard in “Colazione da Tiffany”; sublime quello tra Marcello Mastroianni e Sophia Loren in “Una giornata particolare” di Ettore Scola; vigoroso e reale quello tra Jack Nicholson e Jessica Lange in “Il postino suona sempre due volte”; e, più vicino a noi nel tempo, il bacio quasi innocente tra Leonardo Di Caprio e Kate Winslet del “Titanic”; e quello della coppia (allora anche nella vita) Nicole Kidman e Tom Cruise per l’ultimo film di Kubrick “Eyes wide shut”.
Ma il bacio preferito di Tornatore qual è? “Ne ricordo tanti, ma se dovessi scegliere non ho dubbi: è quello fra Tyron Power e Kim Novak in “Incantesimo”, perché con questo film fu inaugurato il Supercinema di Bagheria che era a poche centinaia di metri da casa mia. Lì sono entrato per la prima volta a vedere un film, lì sono ritornato da solo e da ragazzo, sempre in quella sala ho lavorato come proiezionista ».
Una testimonianza toccante che profuma di amore verso il cinema; il bacio che ha segnato la nostra passione rimarrà quello fra il pugile Rocky Graziano/Paul Newman e Norma/Pier Angeli (l’italiana Annamaria Pierangeli), diretti nel 1956 da Robert Wise in “Lassù qualcuno mi ama”, il primo film della personale folgorazione verso quest’arte.
Armando Lostaglio
Nota biografica di ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all’Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica – Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l’imbrunire (2012); Il genio contro – Guy Debord e il cinema nell’avangardia (2013); La strada meno battura – a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.
Il collezionista di baci. Ediz. illustrata di Giuseppe Tornatore Mondadori Electa 2014
-Giulia Ananìa L’AMORE È UN ACCOLLO Poesie (quasi) romantiche parole cantate da
: romane come la lingua universale che fu di Pier Paolo Pasolini e di Gabriella Ferri–
-Editore -Red Star Press- ROMA-
Poesie Erotiche e ironiche, tenere e al tempo sferzanti, innamorate persino nella disillusione e dolci anche quando piangono e, nel sorridere, riflettono, commuovono e feriscono…L’AMORE È UN ACCOLLO Così sono le parole cantate da Giulia Ananìa: romane come la lingua universale che fu di Pier Paolo Pasolini e di Gabriella Ferri, stradaiole per vocazione girovaga di un’autrice dalle radici capaci di estendersi da Trastevere a Bombay; e, come uno scalpello, capaci di cesellare in un tempo via via crudele e indifferente quegli attimi di assoluto stupore a cui si dà il nome di Poesia.
-Editore -Red Star Press- ROMA-
Quella della cooperativa editoriale Red Star Press è la storia di un piccolo gruppo di lavoratrici e lavoratori che, dopo aver prestato a lungo il proprio braccio e la propria mente all’industria editoriale, prendono la decisione di fare una cosa diversa: creare loro stessi, e senza padroni, una casa editrice in grado di dare il giusto spazio ai temi relativi alla storia e alla memoria del movimento operaio. Correva l’anno 2012 e, nel mese di aprile, vedeva la luce il primo titolo con la stella in copertina.
Si trattava de “Il libretto rosso della Resistenza”, destinato a inaugurare la collana “I libretti rossi”, pensata per offrire in chiave divulgativa i testi dei giganti del pensiero politico rivoluzionario e in modo sintetico quelli che sono stati i grandi momenti di riscossa popolare. Insieme ai “Libretti rossi”, nel giro di pochi mesi arrivano in libreria e negli infoshop di movimento i volumi della collana “Unaltrastoria” e “Tutte le strade”: libri concepiti per durare nel tempo, concentrandosi, rispettivamente, sulla storia delle grandi lotte di liberazione e, in modo meno convenzionale, su generi come il reportage, la biografia, il memoir, il fumetto, la narrativa e la poesia, per tradurre con la carta e con l’inchiostro quelle che sono le aspirazioni di cambiamento provenienti da ogni tempo e da ogni paese. Con gli anni, a questa programmazione, si sono affiancati i contenuti ospitati nelle collane “Le Fionde” (saggistica politica), “Barrio Chino” (urbanistica, geografia sociale e antropologia urbana) e, dedicata ai bambini e alle bambine, la nuova collana “Red Star Kidz”: materiale che, fedeli alla nostra vocazione “stradaiola”, abbiamo avuto l’occasione di diffondere nel corso dei principali appuntamenti dedicati ai libri in giro per l’Italia. costruendo un punto di riferimento orgogliosamente antifascista, antisessista e antirazzista agli ingranaggi collettivi della memoria.
Ci sono altri temi particolarmente cari alla Red Star Press. La musica, la controcultura e lo sport popolare – un campo rispetto al quale, dalla Red Star, nasce l’etichetta Hellnation Libri – e poi l’arte contemporanea e ipercontemporanea, di cui, in modo sistematico, si occupa l’altra etichetta della cooperativa: Bizzarro Books.
Nella sede di viale di Tor Marancia 76, a Roma, in ogni caso, la Red Star Press non si occupa solo di libri. Dalla serigrafia, infatti, escono le t-shirt ispirate alle pubblicazioni e fedeli alla stessa linea editoriale: pensiamo ciò che siamo e stampiamo ciò che pensiamo; e ciò che siamo lo indossiamo! O, convinti che muri puliti possano solo significare popoli muti, lo appendiamo: come accade con le grafiche dedicate ai grandi personaggi della storia popolare.
Questa, in sintesi, è la storia della Red Star Press. E identici sono i motivi che ispirano il suo lavoro. Affinché l’editoria torni a dare spazio ai sogni. In attesa di assaltare il cielo.
Red Star Press
Viale di Tor Marancia 76
Roma, Italia
CAP 00147
«Giulia mi sembrava quella che ho spesso cercato e non ho mai trovato» (Carlo Verdone)
Giulia Ananìa
Erotiche e ironiche, tenere e al tempo sferzanti, innamorate persino nella disillusione e dolci anche quando piangono e, nel sorridere, riflettono, commuovono e feriscono… Così sono le parole cantate da Giulia Ananìa: romane come la lingua universale che fu di Pier Paolo Pasolini e di Gabriella Ferri, stradaiole per vocazione girovaga di un’autrice dalle radici capaci di estendersi da Trastevere a Bombay; e, come uno scalpello, capaci di cesellare in un tempo via via crudele e indifferente quegli attimi di assoluto stupore a cui si dà il nome di Poesia.
Com’è che te chiami stavolta?
Qual è il tuo nome d’arte?
Marta? Federico? Carlotta?
Vabbè è inutile che te cerchi un nome
te chiami Amore-
Giulia Ananìa
Introduzione di Carlo Verdone-Postfazione di Irene Ranaldi
Edizioni Red Star Press Viale di Tor Marancia 76 Roma, Italia CAP 00147
Gustavo Zagrebelsky- Il diritto mite – Legge diritti giustizia-
Piccola Biblioteca Einaudi
DESCRIZIONE-Gustavo Zagrebelsky-Questa è la tesi: chi maneggia il diritto sa che ciò che è davvero fondamentale sta non nella Babele dei codici, delle leggi, dei regolamenti, ma nelle concezioni della giustizia, in cui il diritto è immerso. I giuristi consapevoli della funzione sociale del diritto non possono ignorare queste radici complicate della loro professione. Il «diritto mite» è una proposta di apertura culturale indirizzata a loro. Ripercorrendo la storia europea fino allo Stato costituzionale di oggi, il libro mostra come le norme di diritto non possano più essere espressione di interessi di parte né formule imposte e subite. L’autorità della legge, infatti, come mostrano tanti esempi in materie che toccano la vita di tutti, entra in contatto con i casi della vita, illuminati dai principî di libertà e di giustizia. L’applicazione della legge da parte dei giudici è oggi ben altro compito che quello di semplici «bocche della legge».
Gustavo ZagrebelskyGustavo Zagrebelsky
BIOGRAFIA del Prof.Gustavo Zagrebelsky-Nato a San Germano Chisone (To) il 1° giugno 1943. Laureato a Torino, Facoltà di Giurisprudenza, nel 1966, in diritto costituzionale, col professor Leopoldo Elia.
Collabora con alcuni dei più importanti quotidiani italiani (La Repubblica, La Stampa) ed è socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei e socio nazionale dell’Accademia delle Scienze di Torino. Nel suo pensiero giuridico è rintracciabile una visione dualistica del diritto, diviso in lex e ius, concetti riconducibili ai lati formale e sostanziale del diritto[senza fonte]. Zagrebelsky afferma l’importanza della duplicità degli aspetti del diritto, evidenziando il pericolo derivante dall’acriticità di un diritto solo formale o solo sostanziale. Una visione dualistica che nello Stato attuale a suo avviso si è persa, a favore di un nichilismo giuridico.[7]
È autore di una pluriennale opera di analisi e di riproposizione di alcuni autori classici del pensiero giuridico novecentesco, come Piero Calamandrei, Costantino Mortati e Rudolf Smend.
Negli ultimi anni è ripetutamente intervenuto nel dibattito pubblico italiano, avversando le posizioni politiche e culturali dei cosiddetti atei devoti e in particolare sulla laicità dello Stato[non chiaro] e lo spirito concordatario: molti di questi saggi sono raccolti nel volume Contro l’etica della verità, pubblicato dall’editore Laterza.
Il sistema costituzionale delle fonti del diritto, Torino, UTET, 1984.
Manuale di diritto costituzionale, vol. I, Le fonti del diritto, Torino, UTET, 1987.
La giustizia costituzionale, Bologna, Il Mulino, 1988.
Società, stato, costituzione: lezioni di dottrina dello stato degli anni acc. 1986-1987 e 1987-1988, a cura di Nicolò Zanon, Torino, Giappichelli, 1988.
Professore di diritto costituzionale e diritto costituzionale comparato alla Facoltà di Giurisprudenza e alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Sassari dal 1969 a 1975.
Professore di diritto costituzionale comparato alla Facoltà di scienze politiche dell’Università di Torino dal 1975.
Professore di diritto costituzionale alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, dal 1980 al 1995.
(a cura di Alberto Longobardi e Mia Pop Longobardi)
Il libro, già dal titolo, dimostra che vuole essere ed è, un accorato atto di amore per Fianello:
“C’era una volta”, un “passato” che NON è passato perché “ancora c’è”; almeno, questa è la speranza degli autori. Anche la “dedica” rivela questo amore per il borgo: “a tutti coloro che hanno fatto qualcosa di utile per Fianello o che vorranno farlo” passato e futuro, strettamente legati dall’amore. Il libro, arricchito da oltre 160 fotografie, svolge un racconto, che amalgama fluidamente, storia e leggenda, “elargendo” notizie interessanti, come se fosse il racconto di una fiaba. Si parte addirittura dall’era geologica del “pliocene” (oltre due milioni di anni or sono), testimoniato dai numerosi fossili presenti nel territorio di Fianello; uno dei quali, interessantissimo, è custodito nella Taverna del Vecchio Frantoio; si accenna fugacemente alla presenza dei Sabini ed a quella degli antichi romani, che hanno lasciato in Fianello numerose testimonianze. Più ricco si fa il racconto, parlando dei Longobardi (Fianello apparteneva al ducato di Spoleto), la cui presenza è rilevata dai notevoli manufatti della Torre pentagonale e della Cripta sotto la chiesa di S. Maria e dall’intestazione della chiesa parrocchiale a San Giovanni battista, patrono dei Longobardi;. Il racconto diventa, a mio avviso, appassionante, quando si narra, tra storia e leggenda, delle vicende di Narni, Fianello, Berlengario, Bizanna, Erlengarda e Susanna; fino alla “apoteosi” del rapporto con l’abbazia di Farfa: sette pagine che ti tengono col fiato sospeso! Molto efficacemente, veniamo “guidati” alla scoperta di Fianello con una lunga serie di fotografie e brevi, ma efficaci, descrizioni dei luoghi: ingresso al borgo; edificio scolastico; il “Cantinone”; l’affascinante “percorso geologico sotto terra”; il Palazzo; il Forno monumentale; la Porta meridionale ad arco, in pietra rosa di Cottanello; i tramonti, che da questa porta si possono ammirare, legati alla leggenda di “fate e folletti”; la Taverna del Vecchio Frantoio, che accoglie una Mostra permanente di reperti geologici ed archeologici; oltre ad arredi ed utensili della civiltà contadina. Alla pagina 50 si parla dell’abbandono di Fianello negli anni 1960 da parte degli abitanti e delle ordinanze di chiusura del borgo, emanate negli anni 1970, dal Genio Civile. Dopo l’acquisto delle case abbandonate, per destinarle a “seconde case”, Fianello Risorge. Molte, infatti, sono le iniziative che da questo momento si sono svolte a Fianello e ben documentate dalle foto: —-anno 1976, Festa di Carnevale, in maschera, nel palazzo Savelli-Orsini; —-anno 1978, Festa della Rinnovazione, dopo l’esecuzione di vari interventi pubblici strutturali; —-dall’anno 1979 al 1987, Festa di S. Lorenzo organizzata, in modo innovativo, da un apposito Comitato; —-il 25-08-1979, annunciata da un manifesto, si è tenuta in Fianello una Conferenza-Dibattito, la cui relazione è riportata integralmente nel libro; —-nel 1980, viene costruito un Campo di Bocce dove c’era un orto; —-dall’anno 1998 al 2001, Fianello ospita la manifestazione “Andar per Olio e per Cultura”; —-il 23 e 29-08-1998, in occasione del restauro del forno di Fianello, Festa del Pane; —-il 30 giugno 2001: Rievocazione Storico-Leggendaria cessione Fianello all’Abbazia di Farfa, (è scritto testualmente nel libro), “preceduta da una serie di cene di autofinanziamento, la più nota delle quali si è tenuta nella Piazza di Fianello con la partecipazione di 150 persone, allietate dalla presenza di due musici in costume medievale, che hanno eseguito musiche medievali usando gli strumenti musicali dell’epoca. E’ stato un successo “epocale”, che ha visto anche la celebrazione della Messa in latino e l’esecuzione di Canti Gregoriani, per iniziativa del parroco don Enzo Cherchi”. In tale occasione, il menestrello ha letto Frizzi e Lazzi dell’Epoca, testualmente trascritti nel libro. Anche il Prografo di tale evento, è testualmente trascritto. Negli anni 2002 e 2003, si sono svolte altre due edizioni della Rievocazione, l’ultima delle quali si è svolta nel 2007 fuori dal Borgo, perché questo era pericolante; —-agosto 2003, Festa del Grano con “trebbiatura d’epoca sull’aia e trita con i cavalli”; —-ottobre 2010 Festa dell’Uva, che viene pigiata con i piedi; —-nell’anno 2015, Festival dell’Utopia, organizzata in modo molto “frizzante” dai ragazzi belgi; —-nello stesso anno (2015), viene introdotta a Fianello la GOGNA in legno (tutt’ora utilizzata per foto-ricordo) ed ospitata una delle giornate di studio Strada Campana; —-vengono documentati, con la riproduzione di manifestini, Concerti ed Inaugurazioni a Fianello, dagli anni 1995 al 2007; —-anno 2018, celebrazione del 20° Anniversario Riapertura Chiesa S. Maria. Nel libro, infine, viene ricordato che Fianello è stato protagonista di due Documentari di notevole rilevanza: uno, prodotto dalla RAI nel 2008 condotto da Franco Valentini e l’altro nel 2016, condotto dal maestro Antonio Vignera dei Musei Vaticani. —-Seguono diverse foto di Attività Varie in Fianello e le foto di Curiosità veramente Curiose: topo che mangia insieme al gatto e gatto che mangia insieme al rospo. —-Poi, si apre il capitolo dedicato ai Gatti di Fianello, con la trascrizione della Storia del Gatto e alcune Storie di alcuni dei gatti di Fianello (Speranza, Bambi, Cenerella, Alex e Salvina). —Segue la trascrizione del Canto di Erlengarda. Il libro si Conclude con la documentazione fotografica del Degrado di Fianello; Appelli e Interventi di Denuncia; Lettera Aperta di Fianello e …………. una ….
“sorpresa” nella PAGINA FINALE!!!!!!
Un libro, di cui vale proprio la pena tenerne una copia in casa.
Portogallo, la rivoluzione dei garofani in mostra al Mattatoio di Roma-
Fino al 25 agosto il Mattatoio di Roma ospita L’alba che aspettavo. Portogallo, 25 aprile 1974 – Immagini di una rivoluzione,La mostra L’alba che aspettavo. Portogallo, 25 aprile 1974 – Immagini di una rivoluzione ripercorre a cinquant’anni di distanza, gli eventi della rivoluzione dei garofani (così chiamata per il gesto di una donna, Celeste Caeiro, che in una piazza di Lisbona cominciò a offrire garofani ai soldati): un grande evento collettivo, un momento di svolta per il Paese, le sue riforme e la sua vita sociale; per le città come Lisbona, che scoprono una nuova forma di partecipazione collettiva, per l’informazione che inaugura nuove forme di comunicazione. L’esposizione offre una visione unica e coinvolgente di uno dei momenti più significativi della storia contemporanea portoghese ed europea, un’occasione per ricordare quei giorni e soffermarsi sui cambiamenti sociali ottenuti.
La rivoluzione dei garofani storia fiori e fotografie in mostra al Mattatoio di Roma
Una mostra proposta e presentata dall’Ambasciata del Portogallo in Italia, promossa dall’Assessorato alla cultura diRoma Capitale e Azienda Speciale Palaexpo, con il Camões, I. P., il Ministero della Cultura del Portogallo e curata da Alessandra Mauro con Contrasto.
La rivoluzione dei garofani storia fiori e fotografie in mostra al Mattatoio di Roma
La storia
Lisbona, 25 aprile 1974, ore 00:20. Dalla stazione radio Renascença partono le note di una canzone: Grândola Vila Morena. È il segnale per dare l’avvio alle operazioni militari che in brevissimo tempo portano alla fine della dittatura e all’inaugurazione di una nuova epoca per il paese e l’Europa intera.
In breve, si procede all’arresto degli alti ufficiali fedeli al regime; si occupano punti strategici, come l’aeroporto e la prigione politica; il dittatore Marcello Caetano si consegna ai ribelli nel pomeriggio mentre alle 23:20 viene approvata la legge che decreta lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e del Consiglio di Stato. In meno di 24 ore, il Paese si mette alle spalle il regime assolutistico nel tripudio del popolo che scende in piazza a fianco dei militari.
È una rivoluzione rapida, pacifica, di massa. L’unica del Novecento nel continente europeo. Un evento che ha coinvolto, interessato ed emozionato più di una generazione di cittadini, attivisti politici o giornalisti che hanno visto nel Portogallo, nella sua capacità di scrollarsi di dosso decenni di dittatura e di uscire da un tragico passato coloniale, la possibilità di pensare e realizzare a una vita diversa.La mostra
La rivoluzione dei garofani storia fiori e fotografie in mostra al Mattatoio di Roma
La mostra
Il percorso espositivo propone un centinaio di fotografie di grandi autori come i portoghesi Alfredo Cunha e Carlos Gil, gli italiani Paola Agosti, Fausto Giaccone, Augusta Conchiglia, internazionali come Sebastião Salgado, Guy Le Querrec, Ingeborg Lippman, Peter Collis. Alle foto si aggiungono poi filmati d’epoca, forniti dalla RTP – Rádio e Televisão de Portugal, installazioni video e wallpaper con la ricostruzione di alcuni tra i murales più celebri del periodo.
Nella prima parte, una cronologia particolareggiata ripercorre eventi e protagonisti della rivoluzione dei garofani, dal 25 aprile 1974 fino alla promulgazione della nuova costituzione, il 25 aprile 1976.
Nella seconda parte una serie di temi – dalla Riforma Agraria alla decolonizzazione, al ruolo delle donne, all’esplosione di creatività grafica che inonda come un fiume il Paese, alle realizzazioni artistiche… – completa la mostra.
La mostra è realizzata con la collaborazione di Leica, Fundação Mário Soares e Maria Barroso, RTP, Radio televisione portoghese, Centro de Documentação 25 de Abril, Cinemateca Nacional, Biblioteca Nacional de Portugal, Fundação Marques da Silva, e con il contributo di Turismo de Portugal, BIAL, Amorim Cork, Ascenza e Sonae Sierra.
La mostra L’alba che aspettavo. Portogallo, 25 aprile 1974 – Immagini di una rivoluzione ripercorre a cinquant’anni di distanza, gli eventi della rivoluzione dei garofani (così chiamata per il gesto di una donna, Celeste Caeiro, che in una piazza di Lisbona cominciò a offrire garofani ai soldati): un grande evento collettivo, un momento di svolta per il Paese, le sue riforme e la sua vita sociale; per le città come Lisbona, che scoprono una nuova forma di partecipazione collettiva, per l’informazione che inaugura nuove forme di comunicazione. L’esposizione offre una visione unica e coinvolgente di uno dei momenti più significativi della storia contemporanea portoghese ed europea, un’occasione per ricordare quei giorni e soffermarsi sui cambiamenti sociali ottenuti.
Lisbona, 25 aprile 1974, ore 00:20. Dalla stazione radio Renascença partono le note di una canzone: Grândola Vila Morena. È il segnale per dare l’avvio alle operazioni militari che in brevissimo tempo portano alla fine della dittatura e all’inaugurazione di una nuova epoca per il paese e l’Europa intera.
In breve, si procede all’arresto degli alti ufficiali fedeli al regime; si occupano punti strategici, come l’aeroporto e la prigione politica; il dittatore Marcello Caetano si consegna ai ribelli nel pomeriggio mentre alle 23:20 viene approvata la legge che decreta lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e del Consiglio di Stato. In meno di 24 ore, il Paese si mette alle spalle il regime assolutistico nel tripudio del popolo che scende in piazza a fianco dei militari.
È una rivoluzione rapida, pacifica, di massa. L’unica del Novecento nel continente europeo. Un evento che ha coinvolto, interessato ed emozionato più di una generazione di cittadini, attivisti politici o giornalisti che hanno visto nel Portogallo, nella sua capacità di scrollarsi di dosso decenni di dittatura e di uscire da un tragico passato coloniale, la possibilità di pensare e realizzare a una vita diversa.
l percorso espositivo presenta un insieme di circa 100 fotografie di grandi autori come i portoghesi Alfredo Cunha e Carlos Gil, gli italiani Paola Agosti, Fausto Giaccone, Augusta Conchiglia, internazionali come Sebastião Salgado, Guy Le Querrec, Ingeborg Lippman, Peter Collis. Alle foto si aggiungono poi filmati d’epoca, forniti dalla RTP – Rádio e Televisão de Portugal, installazioni video e wallpaper con la ricostruzione di alcuni tra i murales più celebri del periodo.
Nella prima parte, una cronologia particolareggiata ripercorre eventi e protagonisti della rivoluzione dei garofani, dal 25 aprile 1974 fino alla promulgazione della nuova costituzione, il 25 aprile 1976.
Nella seconda parte una serie di temi – dalla Riforma Agraria alla decolonizzazione, al ruolo delle donne, all’esplosione di creatività grafica che inonda come un fiume il Paese, alle realizzazioni artistiche… – completa la mostra.
La mostra è realizzata con la collaborazione di Leica, Fundação Mário Soares e Maria Barroso, RTP, Radio televisione portoghese, Centro de Documentação 25 de Abril, Cinemateca Nacional, Biblioteca Nacional de Portugal, Fundação Marques da Silva, e con il contributo di Turismo de Portugal, BIAL, Amorim Cork, Ascenza e Sonae Sierra.
Fara in Sabina -La seconda settimana del Festival FLIPT del Teatro Potlach
Fara in Sabina -Il grande festival FLIPT – Festival Laboratorio Interculturale di Pratiche Teatrali del Teatro Potlach di Fara Sabina ha avuto inizio il 26 giugno e prosegue fino al 7 luglio nella sua sessione internazionale.
Il Festival è sostenuto dalla Regione Lazio e dalla Fondazione Varrone, e che ha il patrocinio della Provincia di Rieti e del Comune di Fara Sabina.
La prima settimana di Festival ha visto succedersi numerosi spettacoli internazionali di altissima qualità, e la seconda settimana di festival non è da meno.
Pino Di Buduo, direttore artistico del Teatro Potlach
Ecco tutti i prossimi appuntamenti:
Lunedì 1 luglio alle 18:00 presso il Teatro Potlach
La compagnia polaccaTeatr Brama porta in scena lo spettacolo “Voices”, dove la principale forma di espressione è il canto, trasportando lo spettatore in diversi mondi emotivi. Uno spettacolo in cui gli spettatori potranno perdersi tra le polifonie meravigliose di paesi lontani, grazie ai 6 attori/musicisti in scena.
E poi alle ore 21:00 presso il Teatro Potlach
La compagnia brasiliana Estelar de Teatro si esibirà con lo spettacolo “Tarsila o il vaccino antropofagico”. Poesia, musica e videoproiezioni delle immagini del pittore brasiliano Tarsila do Amaral, in uno spettacolo-utopia e manifesto artistico alla ricerca di nuove immagini. Con l’attrice Viviane Dias.
Martedì 2 luglio altri due appuntamenti per il FLIPT:
Alle ore 18:00 lo spettacolo “La lingua dei fiori”, della compagnia italiana Teatro Nucleo, animerà la passeggiata del Belvedere di Fara in Sabina. In scena sette attori, per uno spettacolo che vuole indagare con gli strumenti della poesia, del canto, dell’immagine, la vita ribelle e silenziosa del mondo vegetale: nell’indifferenza generale, i fiori organizzano la loro lenta ma inesorabile rivoluzione fatta di bellezza, profumo, incanto. Lo spettacolo è gratuito e non è necessaria la prenotazione.
Alle ore 21:00 al Teatro Potlach una coproduzione tra “Kamigata-mai Monokai”, la compagnia di Keiin Yoshimura dal Giappone, e Residui Teatro dalla Spagna, con lo spettacolo “White Bird”. L’opera si basa su un antico racconto tradizionale giapponese, interpretato con diverse tecniche del teatro e della danza tradizionali giapponesi (teatro Noh, Kyogen e Kamigata-mai) in aggiunta a tecniche del teatro fisico e della Commedia Dell’Arte.
Mercoledì 3 luglio continuano gli spettacoli:
Alle ore 18.00 sarà presentato “La mia vita nell’arte” della compagnia brasiliana Estelar de Teatro presso il Teatro Potlach. Lo spettacolo condivide i paradossi di un regista pedagogo nel XXI secolo – un mondo digitale – che cerca ispirazione dalle lezioni di K. Stanislávski nei suoi luoghi di utopia per nutrire un teatro del futuro.
Alle ore 21:00, presso il giardino del Teatro Potlach, ci sarà lo spettacolo “caMARá” della compagnia tedesca antagon theaterAKTion. Due uomini vagano tra le onde, danzando con le stelle. Benedikt Müller e Lucas Tanajura del gruppo antagon Theater AKTion utilizzano teatro, danza, acrobazie, musica strumentale e canto per creare un viaggio intimo iniziato con la domanda: “Cosa succede quando perdiamo tutte le certezze e ci tuffiamo nell’ignoto? Dove ci porterà il nostro viaggio quando lasciamo la terraferma e ci arrendiamo alle forze della natura?” Uno spettacolo da non perdere
Giovedì 4luglio un’altra ricca giornata:
Alle ore 18:00 ci sarà, presso il Teatro Potlach, lo spettacolo “Home” della giovane compagnia ucraina“Maysternya 55”. Lo spettacolo esplora artisticamente il concetto di casa e come cambia nel tempo e durante la guerra. Il collettivo, composto da ucraini sparsi per il mondo a causa della guerra in Ucraina, riflette su due concetti di casa: quello originale e quello attuale.
Alle ore 21:00 uno spettacolo in coproduzione tra il Centro Anziani “Insieme” di Fara Sabina APS, il Teatro Potlach, e l’assessorato ai Servizi Sociali del comune di Fara in Sabina. “Le radici del futuro” è il titolo dell’evento che avrà come protagonista il Monumento ai Caduti di Fara in Sabina che prenderà vita nuova con luci, proiezioni e installazioni visive. Alla fine del percorso artistico allestito sul monte, sarà possibile assistere a un filmato che racconta, attraverso la voce di chi ha il ricordo del passato e delle tradizioni, la storia dei mutamenti della vita nei borghi, per trasmetterla alle nuove generazioni. E a seguire… una sorpresa dal vivo, per permettere un contatto tra le generazioni, tra il passato e il presente!
Il 6 e 7 luglio l’appuntamento imperdibile con lo storico spettacolo del Teatro Potlach “Città invisibili”. Gli oltre 100 artisti Italiani ed internazionali che hanno partecipato a queste dodici giornate di Festival invaderanno il centro storico di Fara in Sabina con performance, teatro, danza, musica e molto altro!
Per info e prenotazioni scrivere al numero del Teatro Potlach: 3517954176
Teatro Potlach -Via Santa Maria in Castello n.28 | Fara in Sabina (RI)
Padoan: per un’Europa antifascista, di pace, diritti e solidarietà
Siamo di fronte a una crisi della democrazia. Il 27 giugno si è aperta a Bologna la festa nazionale dell’ANPI con un dibattito a cui ha partecipato anche la presidente di Libertà e Giustizia. Con Rosy Bindi, Maurizio Landini, Piero Ignazi e Gianfranco Pagliarulo.
Bologna-Festa degli 80 anni dell’ANPI
Grazie all’ANPI per questo invito. Essere qui, per me, è essere a casa. E dove altro si potrebbe stare, quando in tutta Europa riemergono vecchi e nuovi fascismi? Quando in Italia – dove tutto è cominciato un secolo fa – gli eredi di quella stagione e della sua parte più tetra, la Repubblica Sociale Italiana, sono al governo, unico caso tra i grandi Paesi europei?
Eppure non parlerei, come molti hanno fatto in questi giorni, di un’onda nera. Siamo di fronte a una crisi della democrazia. L’Europa ha dimenticato i Trattati come l’Italia ha dimenticato la Costituzione, e in questa faglia si insinuano e crescono le destre estreme. L’Unione europea, che si dichiara “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, ha lasciato che a debordare fosse la sicurezza – intesa nella sua accezione più negativa, come costruzione di muri, respingimento, abbandono in mare, retoriche di guerra, interessi di lobby economiche. Ha lasciato che il Parlamento, sua unica istituzione elettiva, fosse messo all’angolo rispetto a Commissione e Consiglio, e che la società civile, motore della democrazia partecipativa promossa dai Trattati, fosse lasciata ai margini. Sta a noi ridare vita alle istituzioni democratiche, non lasciarle sfaldare, costringerle a vere politiche sociali, in ascolto dei reali bisogni cittadini; perché quando a prevalere sono gli interessi egoistici dei governi degli Stati membri, le retoriche populiste, le scorciatoie autoritarie, la destra appare forte, capace di convincere le persone sempre più impoverite e isolate a darle credito.
Tricolore Anpi
In Italia, nonostante un allarmante astensionismo, molti sono i segni di fratture e crepe che corrono nel disegno autoritario dell’estrema destra al governo, e al contempo di un risveglio democratico che si manifesta nel Paese. Un segnale importante è venuto dalle recenti elezioni amministrative, non solo perché sei capoluoghi di Regione su sei sono andati al fronte progressista, o campo largo, ma perché hanno mostrato che, dove si trovano figure capaci di unire su progetti condivisi, come a Perugia, a Civitavecchia, rinasce la partecipazione politica, la volontà di difendere la cosa pubblica, e crolla l’astensionismo.
Di fronte al risultato delle urne, la seconda carica dello Stato ha reagito affermando la volontà di cambiare la legge elettorale con l’eliminazione dei ballottaggi. La ratio è che le normative che non sono funzionali al potere della destra devono essere eliminate.
Una volontà tanto più problematica per chi, avendo mostrato un’attitudine plebiscitaria, afferma di volersi rivolgere direttamente al “popolo”; un’uscita che ricorda la celebra frase di Bertolt Brecht: «Poiché il popolo non è d’accordo, bisogna nominare un nuovo popolo».
Anche le affermazioni della presidente Meloni mostrano una tensione contraddittoria: a cercare legittimità popolare, e ad essere al contempo indifferente alla volontà popolare, che sembra valere solo se a lei favorevole. Non dimentichiamo che, dando le spalle la galleria dei ritratti dei passati Presidenti del Consiglio, durante l’annuncio della “madre di tutte le riforme”, si è rivolta direttamente agli “italiani” con un video in cui magnificava la possibilità di scegliere da chi essere governati, anziché lasciare la scelta ai partiti – quasi che nei partiti non fosse cresciuta, e quasi che questa non fosse la base della democrazia rappresentativa.
Ma quando il cammino del “premierato” si è fatto più impervio, ha fatto ricorso a un’espressione che non lascia dubbi: «o la va o la spacca». Ovvero la determinazione a travolgere a ogni costo l’assetto istituzionale disegnato dalla Costituzione del ’48. Salvo poi, alla domanda se intendesse dimettersi in caso di bocciatura della sua riforma in sede di referendum abrogativo, rispondere “chisseneimporta”: un motto degli Arditi divenuto slogan del Ventennio, che afferma la volontà di restare al governo a qualsiasi costo.
Il rapporto con “il popolo”, quel “popolo” a cui ha chiesto di chiamarla per nome persino sulla scheda elettorale, al quale ha creduto di poter far accettare che la governabilità – questa posizione passiva, questa cambiale in bianco data per cinque anni – passasse per la delegittimazione, persino l’irrisione, del Parlamento, dei partiti, della figura del Presidente della Repubblica, e per la cancellazione dei Senatori a vita, non sembra funzionare poi così bene. Stanno a dimostrarlo la crescente affezione e affidamento al Presidente della Repubblica, e la mobilitazione spontanea dei democratici per contrastare il concorso delle tre riforme volute dal governo, disegnerebbe un assetto istituzionale capace di limitare i controlli e i contrappesi sul Potere esecutivo e sul Presidente del Consiglio. Anche a costo di rovesciare il tavolo, con radicali modifiche costituzionali in senso autoritario, e con la criminalizzazione dell’opposizione e del dissenso.
In questa logica, si inseriscono l’attacco frontale all’indipendenza e all’autonomia della Magistratura, perseguito con la riforma della Giustizia, in aperto contrasto con la normativa europea, e il ddl Sicurezza, che introduce il reato di rivolta penitenziaria, applicato anche alla protesta pacifica e non violenta. Con una pena fino a 8 anni di carcere e la perdita dei benefici penitenziari. Senza dimenticare l’emendamento che prevede di togliere all’autorità giudiziaria le indagini per tortura e violenze e affidarle all’avvocatura dello Stato.
Eppure proprio in questo procedere, in questa progressiva perdita della maschera, si vedono i segni di un cedimento: li si vede nelle scivolate rovinose di una classe politica spesso inadeguata, raccolta nella fretta di procedere all’occupazione di ogni minimo spazio di potere (dalla Rai alle istituzioni culturali, dall’Antimafia alle società partecipate) che ha avuto come ultima “hit” l’affermazione del ministro della Cultura, per cui la cosiddetta scoperta delle Americhe si sarebbe basata sulle teorie di Galileo.
Uno stillicidio, un florilegio che sarebbe divertente, non fosse tragico in un Paese tra i primi in Europa per abbandono scolastico e analfabetismo funzionale degli adulti.
Ma questa perdita di serietà, dove chiunque può dire enormità senza scusarsi, alla lunga non paga, in un Paese segnato da preoccupazioni che mettono a rischio il lavoro, la cura, la serenità della vecchiaia, il futuro dei figli.
Così come non paga la semina di proclami, goliardia, oscure minacce, vittimismo, frasi che alludono a slogan del Ventennio , come “tireremo dritto” – il magma cui Giorgia Meloni ci ha abituato, e che meriterebbe una nuova Fenomenologia, come quella di Umberto Eco – che ha raggiunto un nuovo stadio quando la presidente del Consiglio, reduce dallo smacco elettorale italiano e dall’ininfluenza nelle trattative per la scelta delle figure apicali dell’Unione europea, ha diramato un video che trasuda livore, non consono a chi rappresenta un Paese fondatore e tra le maggiori economie dell’Unione: la sinistra «incita alla guerra civile»; «c’è chi mi vorrebbe massacrata e appesa a testa in giù»; la sinistra «ha fatto liste di proscrizione dei parlamentari del Sud».
È un terreno di irrealtà, controproducente per il Paese, che rivela fragilità.
La forza – a questa destra – può dargliela solo la nostra indeterminatezza, la nostra divisione. Il nostro lasciare i cittadini e le cittadine in uno sgomento senza risposte.
Abbiamo davanti una grande battaglia, sapendo che il campo di gioco è truccato, invaso dalla volontà di affermare una democrazia “del capo”, una democrazia “decidente”.
Ma siamo avvertiti. Abbiamo già visto come, in Ungheria, la «democrazia illiberale» promessa dal primo ministro Viktor Orban in un discorso pronunciato nel luglio 2014, abbia preso compiutamente piede. In quel discorso, Orban affermava che i regimi autoritari – come quelli di Russia, Cina e Turchia – sono il futuro. «Dobbiamo abbandonare i metodi e i princìpi liberali nell’organizzazione di una società», dichiarava. «Stiamo costruendo uno Stato volutamente illiberale, uno Stato non liberale».
Vale allora la pena di tenere sempre a mente le parole di Piero Calamandrei, ne Il fascismo come regime della menzogna: tra i partiti, «per i quali la questione costituzionale attinente alla forma dello Stato si presenta al primo posto come premessa necessaria di ogni altra riforma di carattere più sostanziale, fu il fascismo», scriveva, «il quale è stato anzitutto negazione polemica dei metodi costituzionali dello Stato liberale e proposito o velleità di costruire, in luogo di questo, un nuovo meccanismo di legalità, attraverso il quale la volontà dello Stato, cioè il diritto, potesse manifestarsi in maniera più genuina e più energica che non attraverso i logori ingranaggi della libertà, del suffragio popolare e della divisione dei poteri».
Per mettere in salvo i «logori ingranaggi della libertà» è necessaria oggi un’opposizione unita, che sappia parlare con le persone, che non le abbandoni alla semina di propaganda governativa e ai suoi linguaggi incattiviti e irresponsabili.
Dobbiamo tornare alle Vite minuscole, quelle raccontate da Pierre Michon. Come quella raccontata ieri da un amico su Facebook: dopo 26 ore sdraiato su una barella del pronto soccorso, l’anziano padre, finalmente dimesso, gli ha detto: «scusa, lasciamo così, non pieghiamo le lenzuola?»
Esiste un “popolo della Costituzione”. Pronto a tornare in piazza, senza temere il conflitto, senza abbandonare chi confligge. Senza perdere la tenerezza.
Fonte- Libertà e Giustizia- A difesa dei principi costituzionali, dei diritti e della democrazia
Nata il 18 novembre 2002 con una presentazione pubblica al Piccolo Teatro di Milano, tenuta a battesimo da un gruppo di garanti tra cui figuravano Gae Aulenti, Giovanni Bachelet, Enzo Biagi, Umberto Eco, Alessandro Galante Garrone, Claudio Magris, Guido Rossi, Giovanni Sartori e Umberto Veronesi.
Nel suo manifesto costitutivo, dichiarava con lungimiranza la necessità di “dare un senso positivo all’insoddisfazione crescente verso la politica, trasformandola in partecipazione e proposta”, ponendosi come “anello mancante fra i migliori fermenti della società e lo spazio ufficiale della politica”.
Da allora, Libertà e Giustizia è stata presenza e pungolo nella vita politica e culturale del Paese, con le sue grandi battaglie per la democrazia e la difesa della Costituzione, con l’articolazione della sua dirigenza, con i suoi circoli radicati nelle città.
Daniela Padoan, saggista e scrittrice impegnata sulla testimonianza della Shoah e sui diritti umani e ambientali, è stata eletta presidente il 22 aprile 2023. All’atto dell’insediamento si è impegnata a continuare l’opera di cultura politica a difesa della Costituzione, istitutiva di Libertà e Giustizia, rimarcandone il fulcro antifascista, consapevole che “un progressivo svuotamento della rappresentanza e dell’effettività dei diritti è stato compiuto già prima dell’insediamento del governo in carica, ma che ora ci troviamo di fronte al progetto di una riscrittura della storia che non può avere altro nome che revisionismo”.
La nuova Presidente ha chiesto all’assemblea elettiva un mandato ad estendere l’impegno associativo alla dimensione europea e al nesso inscindibile tra giustizia sociale e ambientale, in dialogo costante con movimenti e organizzazioni della società civile.
Daniela Padoan Presidente Libertà e Giustizia, Scrittrice
Daniela Padoan-Presidente Libertà e Giustizia, Scrittrice
Scrittrice, saggista, si occupa da anni di razzismo e dei totalitarismi del Novecento, con particolare attenzione alla testimonianza delle dittature e alle pratiche di resistenza femminile ai regimi.
DESCRIZIONE-Torino operaia e fascismo- Una storia orale –Questo libro, pubblicato per la prima volta quarant’anni fa e tradotto in inglese pochi anni dopo, è basato sulla memoria di circa settanta donne e uomini nate-i tra il 1884 e il 1922, intervistate-i nella seconda metà degli anni settanta, comparata con una serie di fonti d’archivio (rapporti di polizia, cinegiornali dell’Istituto Luce, documenti giudiziari). I protagonisti, appartenenti alla classe operaia torinese, raccontano la loro visione della vita, della storia, di se stessi, evocando il periodo fascista e il rapporto ambivalente tra Mussolini e le masse. Si delinea così un quadro multiforme della Torino operaia degli anni venti e trenta nel secolo scorso: i divertimenti e le canzoni popolari, la condizione delle donne, l’atteggiamento verso i meridionali, la religione, il fascismo nella vita di tutti i giorni.
Ne emerge un quadro di piccoli episodi di «resistenza» quotidiana come graffiti e scherzi, una cravatta rossa o una vecchia canzone socialista, ma anche da eventi traumatici come l’aborto, unico mezzo di controllo della fertilità largamente disponibile ancorché clandestino. È quindi documentata una negoziazione quotidiana col potere che va al di là del semplice dilemma consenso/dissenso. Un capitolo finale è dedicato a un evento «mitico» della Torino operaia e antifascista: il silenzio degli operai della Fiat in risposta al discorso del duce, nel corso dell’inaugurazione della Fiat Mirafiori nel 1939. Il testo combina approcci mutuati dalla storiografia, dall’antropologia, dalla psicologia e dalla microsociologia, offrendo un ampio spettro di forme narrative e metodologiche e una riflessione sui meccanismi della memoria e sul suo rapporto con il presente in cui è elaborata. La sua riproposta invita ad attualizzare il ruolo centrale di una categoria politica e sociale come la vita quotidiana in quanto luogo privilegiato della soggettività, e a prendere in considerazione quanto i «grandi mutamenti» devono a «decisioni individuali».
Luisa Passerini
Autore-Luisa Passerini-Emerita di Storia all’Istituto Universitario Europeo di Firenze, ha usato fonti orali, scritte e visuali per lo studio dei soggetti del cambiamento sociale e culturale, dai movimenti di liberazione africani ai movimenti operai, delle donne e degli studenti. Ha indagato il rapporto tra il concetto di identità europea e quello di amore romantico. Tra i suoi libri: La quarta parte (Manifestolibri, 2023); Storie d’amore e d’Europa (L’ancora del Mediterraneo, 2008); Memoria e utopia. Il primato dell’intersoggettività (Bollati Boringhieri, 2003); L’Europa e l’amore (Il Saggiatore, 1999); Storie di donne e femministe (Rosenberg & Sellier, 1991); Mussolini immaginario (Laterza, 1991); Autoritratto di gruppo (Giunti, 1988).
Editore-Officina Libraria
Officina Libraria • LO edition • Ab Ovo
Via dei Villini 10 – 00161 Roma
+39 06.960.38.456 info@officinalibraria.com
Officina Libraria, “casa editrice” in latino umanistico, ha vocazione internazionale ed è specializzata in pubblicazioni d’arte e illustrati.
Fondata nell’ottobre 2006 a Milano e oggi a Roma, l’Officina Libraria di Marco Jellinek e Paola Gallerani ha pubblicato da allora oltre 450 titoli, che spaziano dalla saggistica storico artistica alla fotografia, dal design di gioielli alla ceroplastica, aprendo di recente alla storia e alla letteratura.
Molti dei volumi più ricercati sono produzioni o coedizioni con prestigiose istituzioni italiane e straniere: dalla I Tatti – The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies (l’imponente catalogo della collezione di dipinti, la collana I Tatti Research Series), al Kunsthistoriches Institut di Firenze e al Centro Internazionale Studi di Architettura Andrea Palladio; dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano (la guida di tutti i dipinti esposti e il catalogo della mostra 100 anni di scultura) alla Galleria Borghese (le mostre su Bernini, Picasso e Valadier e i prossimi cataloghi ragionati delle Sculture e degli Arredi), le Gallerie Nazionali Barberini Corsini (diversi cataloghi e i 100 capolavori), dal Museo del Bargello (il catalogo ragionato degli avori) all’Accademia Carrara di Bergamo (100 capolavori, il catalogo ragionato dei dipinti del XIV-XV secolo) per citarne alcuni. Senza dimenticare il musée du Louvre, di cui Officina è il solo coeditore italiano: con la preziosa collana di facsimili del Cabinet des dessins, la serie dei cataloghi ragionati dei disegni italiani e i volumi per mostre come Giotto, Messerschmidt, Valentin de Boulogne, Rembrandt fino a Le corps et l’ame, sulla scultura italiana del ’500, insignito del Prix du catalogue d’exposition 2021, e che nell’edizione italiana accompagna la mostra Il corpo e l’anima al Castello Sforzesco di Milano.
Che si tratti di cataloghi di mostre, opere di fondo, guide o saggistica applichiamo all’editoria contemporanea, che ha tempi di produzione sempre più serrati, l’attenzione e la cura editoriale d’altre epoche, sia nella redazione che nei progetti grafici e nella riproduzione delle immagini. Alla base del nostro lavoro c’è il progetto culturale di fare libri di qualità, nei contenuti e nella forma, restituendo all’editore quel ruolo di mediazione culturale e non semplice marchio di produzione che gli è proprio, nella scelta dei progetti, nell’interazione con autori, istituzioni e committenti, nella realizzazione dei volumi, e nella loro promozione e diffusione a pubblicazione avvenuta, sia attraverso le librerie (in Italia siamo distribuiti da Messaggerie Libri; in Francia da Daudin (DOD & Cie), in US-UK e resto del mondo da ACC Art Books) che nei principali bookshop di mostre e musei, e con campagne mailing specifiche presso le biblioteche italiane e straniere.
Gli editori
Marco Jellinek
Marco Jellinek • Laureato in chimica e filosofia alla University of Kansas, ha cominciato ad occuparsi di editoria nel 1987 come redattore e responsabile commerciale extra-librario alla Jaca Book di Milano, per passare alla Disney Libri come senior editor e poi come direttore marketing da Skira. Nel 2002 ha fondato la 5 Continents Editions e nel 2005 la consociata Equatore che ha diretto fino all’ottobre 2006, pubblicando prestigiosi volumi d’arte e fotografia, come Parate Trionfali e New Guinea, rispettivamente vincitori dei premi Justus Lipsius e 2006 AAM Museum Publications Design Competition.
È la mente economica e strategica di Officina Libraria e le scelte editoriali poggiano sulla sua cultura storico artistica, seconda soltanto alla sua passione per la montagna.
Paola Gallerani • Laureata e specializzata in storia dell’arte all’Università degli Studi di Milano, è stata caporedattore della 5 Continents Editions dalla sua fondazione al maggio 2006, occupandosi del coordinamento editoriale dei volumi d’arte e saggistica e di tutte le coedizioni con il musée du Louvre. Ha collaborato con la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, catalogando l’archivio Giovanni Testori, di cui è la principale esperta, e ha insegnato Organizzazione delle attività editoriali all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Nell’ottobre 2006 fonda con Marco Jellinek l’Officina Libraria, occupandosi oltre che della direzione editoriale anche della grafica della maggior parte dei volumi. Dal 2011 si occupa anche di LO, l’etichetta per bambini, scegliendone i titoli con Marco, spesso traducendoli e a volte inventandoli (anche con lo pseudonimo di Amélie Galé). Nel 2016 crea Ab Ovo edizioni, il marchio di Officina dedicato a salute e benessere.
In occasione dei 110 anni dalla nascita di Robert Capa (22 ottobre 1913) rendiamo omaggio al grande fotografo ungherese con una mostra personale che ripercorre i principali reportage di guerra e di viaggio che Capa realizzò durante vent’anni di carriera, anni che coincisero con i momenti cruciali della storia del Novecento.
Realizzata grazie alla collaborazione con l’agenzia Magnum Photos, la mostra riunisce un eccezionale corpus di fotografie: oltre 80 stampe originali, alcune delle quali mai esposte prima in una mostra italiana, accompagnate da una rara intervista rilasciata dal fotoreporter a una radio americana nel 1947 e da alcuni documenti d’epoca provenienti dalla collezione di Magnum.
Attraverso sette sezioni e con un percorso diacronico vengono raccontati i più importanti reportage in bianco e nero realizzati da Robert Capa, dagli esordi a Berlino e Parigi (1932-1936) alla guerra civile spagnola (1936-1939); dall’invasione giapponese in Cina (1938) alla seconda guerra mondiale (1941-1945); dal reportage di viaggio in Unione Sovietica (1947) a quello sulla nascita di Israele (1948-1950), fino all’ultimo incarico come fotografo di guerra in Indocina (1954).
Nei suoi vent’anni di carriera ha raccontato la storia restando sempre fedele al suo celebre aforisma: “se le tue foto non sono abbastanza buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino”.
L’azione – con tutta la sua dinamicità e forza propulsiva – spicca tra gli scatti come un fil rouge, che si dipana anche nei ritratti presenti in mostra, volutamente pochi e scelti per ricordare al pubblico i volti della Storia – come quello di Trockij ardente oratore – o della sua storia personale, come quello di Picasso, fotografato nel suo studio di Parigi dove era rimasto anche durante l’occupazione, e dell’amico Steinbeck con cui intraprese il viaggio oltre la cortina di ferro, nel ’47.
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