Rita Levi-Montalcini, non si vergognava di mostrare al mondo le sue debolezze, tanto da chiamare la sua autobiografia “Elogio dell’imperfezione”.
Vedeva l’imperfezione come parte integrante della natura umana e come un elemento necessario per la crescita personale.
La sua esperienza di vita, che la vide costretta a fuggire dall’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale e ad affrontare difficoltà d’ogni sorta nella sua carriera, la portò a sviluppare una profonda consapevolezza dei propri limiti: la filosofia di vita di una persona molto umile e modesta.
Dietro questa modestia nascondeva una volontà d’acciaio, che l’ha portata ai risultati che conosciamo tutti.
Ha lasciato scritto:
«La mancanza di complessi, una notevole tenacia nel perseguire la strada che ritenevo giusta e la noncuranza per le difficoltà che avrei incontrato nella realizzazione dei miei progetti, lati del carattere che ritengo di aver ereditato da mio padre, mi hanno enormemente aiutato a far fronte agli anni difficili della vita.>>
Figlia di genitori, molto colti, di origini sefardite, si formò nella sua Torino, studiando medicina.
Ebbe come compagni universitari due futuri Nobel, Salvador Luria e Renato Dulbecco. tutti e tre alla scuola dell’istologo Giuseppe Levi, il padre di Natalia Ginzburg.
Sin da subito si dedicò agli studi sul sistema nervoso, studi che avrebbe proseguito per tutta la vita.
Laureatasi nel 1936 si specializzò in neurologia e psichiatria, fu incerta se dedicarsi alla professione medica o portare avanti le ricerche in neurologia.
In seguito alle leggi razziali del 1938 la Levi-Montalcini, fu costretta a emigrare.
Nel marzo del 1939, insieme alla famiglia, andò Belgio, per un po’, fu ospite dell’istituto di neurologia dell’Università di Bruxelles
Il giorno prima di Natale, sempre con la famiglia tornò in auto a Torino, dove, allestì un laboratorio domestico nella sua camera da letto.
Poco dopo la raggiunse Giuseppe Levi, scappato dal Belgio, invaso dai nazisti. Rita fu orgogliosa si avere il suo Professore come suo primo assistente. Il loro obiettivo era quello di comprendere il ruolo dei fattori genetici e di quelli ambientali nella differenziazione dei centri nervosi.
Ma, il pesante bombardamento di Torino da parte delle forze aeree angloamericane nel 1941, rese indispensabile abbandonare la città. Si rifugiò in una villa delle colline astigiane, dove ricostruì il suo mini laboratorio e riprese gli esperimenti.
Nel 1943 l’invasione dei tedeschi costrinse la famiglia ad abbandonare il loro rifugio ormai insicuro.
Iniziò un pericoloso viaggio che si concluse a Firenze dove sopravvissero rimanendo nascosti e separati, cambiando spesso abitazione.
Nell’agosto 1944 i tedeschi lasciarono Firenze e Rita prestò servizio come medico presso il Quartier Generale anglo-americano, occupandosi di malati di malattie infettive.
E’ qui che si accorse di un suo grande difetto come medico, quel lavoro non era adatto a lei. Non riusciva ad avere il necessario distacco personale dal dolore dei pazienti.
Terminata la guerra, nel 1945 tornò a Torino dove riprese gli studi accademici sempre grazie all’aiuto di Giuseppe Levi.
Nel 1946 il biologo Viktor Hamburger, i cui studi erano stati oggetto di verifica negli esperimenti condotti con Levi durante il periodo della guerra, la invitò a Saint Louis, presso il Dipartimento di zoologia della Washington University.
Innestando in embrioni di pollo frammenti di speciali tumori, poté osservare il prodursi di un “gomitolo” di fibre nervose.
Nel dicembre 1951 presso la New York Academy of Sciences, presentò l’ipotesi di un agente promotore della crescita nervosa. La sua tesi che cercava di spiegare la differenziazione dei neuroni e la crescita di quelle fibre nervose, ipotizzava l’esistenza di fattori di crescita capaci di controllare questa differenziazione.
La tesi venne approfondita con nuovi esperimenti, condotti nel 1952 con la coltura in vitro all’Università di Rio de Janeiro. Infine giunse la scoperta del fattore di crescita nervoso: una proteina che gioca un ruolo essenziale nella crescita, che fu chiamata Nerve Growth Factor (NGF).
Nel 1956 venne nominata professoressa associata e nel 1958 professoressa ordinaria di zoologia presso la Washington University di Saint Louis. Nonostante inizialmente volesse rimanere in quella città solo un anno, vi lavorò e vi insegnò fino al suo pensionamento, avvenuto nel 1977.
Nel 1986 ricevette il Nobel per la medicina insieme al biochimico Stanley Cohen. Nella motivazione del premio si legge: «La scoperta dell’NGF all’inizio degli anni cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell’organismo».
La scienziata ha devoluto una parte dell’ammontare del premio alla comunità ebraica, per la costruzione di una nuova sinagoga a Roma. Nel 1987 ricevette dal Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan la National Medal of Science, l’onorificenza più alta nel mondo scientifico statunitense.
Lavorò assiduamente anche in Italia: fondò un gruppo di ricerche e diresse il Centro di Ricerche di neurobiologia creato dal CNR a Roma. Si ritirò da questo incarico solo “per raggiunti limiti d’età”.
Nominata senatrice, è stata la più anziana della storia repubblicana italiana. In occasione del compimento dei cento anni ebbe modo di dichiarare:
“Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”.
Rita Levi-Montalcini è morta il 30 dicembre 2012, alla veneranda età di 103 anni.
Le sue ceneri sono state tumulate nella tomba di famiglia nel settore ebraico del cimitero monumentale di Torino.
pubblicate sul N°unico 26/28-Giugno 1981/Maggio 1982
Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-Rivista Collettivo R -Poesie pubblicate sul N°unico 26/28-
LA CITACIÓ.- “Un secret pesant és un llast que llança al mar qui es vol salvar”. Maria Luisa Belleli.
MARIA LUISA BELLELI
Maria Luisa Belleli (Ferrara, 6 aprile 1909 – Roma, 25 febbraio 1992) è stata una francesista, traduttrice e poetessa italiana.
Biografia
Nata a Ferrara, città natale della madre, di fatto trascorse gli anni della gioventù in Veneto: il padre, nato a Venezia, la portò con la famiglia nella sua città quando ancora aveva due mesi di vita.[1] Cresciuta a Venezia, si trasferì a Padova per frequentare la locale università, dove fu seguita dal professor Diego Valeri e si laureò in Lettere con una tesi su Michel de Montaigne: la tesi, intitolata Modernità di Montaigne, fu edita a Roma nel 1933 da Formiggini. Con l’istituzione delle leggi razziali fasciste seguì la famiglia a Parigi, dove rimase fino a che anche la Francia non fu invasa dalle forze dell’Asse, e allora tornò in patria, sfuggendo alle persecuzioni fasciste trovando rifugio in Toscana.[1] Oltre alla saggistica e alle traduzioni di letteratura francese si dedicò anche alla composizione di poesie proprie, pubblicate in varie raccolte; il suo esordio risale al 1947 con Silenzio in cielo. Solido e duraturo fu il rapporto di stima con Aldo Palazzeschi.[1] Insegnò inizialmente, a partire dal 1948, nei licei d’Italia e di Spagna; per interessamento del noto francesista Mario Bonfantini, nel 1965 divenne professoressa di Lingua e letteratura francese presso la facoltà di magistero dell’Università di Torino: mantenne l’incarico fino al 1979, anno del pensionamento.[1] Oltre a Montaigne, s’occupò delle opere di Nerval, Balzac, Baudelaire, Proust, Apollinaire, Ionesco, Camus ed ebbe modo di tradurre anche poesie di Arthur Rimbaud e Paul Verlaine. Nel 1984 la sua raccolta poetica La festa prevedibile ricevette il Premio Pozzale Luigi Russo. Morì il 25 febbraio 1992 a Roma, dove viveva da molti anni.[2]
Opere
Curatele
Honoré de Balzac, Eugenia Grandet, Roma, Curcio, 1964
Charles Baudelaire, Les fleurs du mal e Petits poèms en prose, Torino, Giappichelli, 1966
Gérard de Nerval, Prosa e poesia, Torino, Giappichelli, 1968
Eugène Ionesco, Rhinocéros, Torino, SEI, 1972
Albert Camus, Recits et temoignages, Torino, SEI, 1974
Poesia
Silenzio in cielo (1930-1945), Firenze, Vallecchi, 1947
Se mai rinascerò, Firenze, Vallecchi, 1957
La festa prevedibile, Firenze, Vallecchi, 1983
Saggi
Modernità di Montaigne, Roma, Formiggini, 1933
L’amore delle tradizioni popolari in Gérard de Nerval, Bari, Levante, 1960
Introduzione alla lettura di Baudelaire, Torino, Giappichelli, 1967
Invito alla lettura di Marcel Proust, Milano, Mursia, 1967
Armonia di struttura e coerenza psicologica in Sylvie di G. de Nerval, Torino, Giappichelli, 1970
Ricchezza di temi nel Bestiaire di G. Apollinaire, Torino, Giappichelli, 1970
Il sole nero dei poeti: saggi sulla letteratura francese dell’Otto-Novecento, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1975
Il decadentismo in Francia, Torino, Tirrenia, 1977
Ionesco e il teatro dell’assurdo, Roma, Lucarini, 1982
Nouveau théatre, Roma, Lucarini, 1982
Traduzioni
Sutherland; Apollinaire, Le Bestiaire, ou Cortège d’Orphée, Milano, 2RC, 1979
Questo volume, dedicato alla storia del pianoforte in Italia, è il frutto di un progetto di ricerca ventennale, culminato in un convegno internazionale presso il Museo di San Colombano – Collezione Tagliavini di Bologna. Inventato a Firenze intorno all’anno 1700 dal celebre cembalaro padovano Bartolomeo Cristofori, il pianoforte ha avuto un enorme impatto sulla storia della musica degli ultimi tre secoli. Il testo analizza, per la prima volta in modo unitario, il ruolo che le attività manifatturiere legate alla fabbricazione del pianoforte hanno ricoperto nella cultura e nell’economia italiana tra gli anni successivi all’invenzione dello strumento e l’età contemporanea. Largo spazio è dedicato allo studio delle caratteristiche tecnologiche dei pianoforti storici di costruzione italiana, di cui si conservano numerosi esemplari presso musei e collezioni in tutto il mondo. I diciotto saggi che compongono questo libro hanno dunque l’effetto di riscrivere — sulla scorta di un cospicuo scavo documentario e di significativi aggiustamenti critici — un importante capitolo della storia di uno degli strumenti musicali più diffusi e amati nella moderna cultura occidentale.
E se il manoscritto fosse stato davvero ritrovato?
Oggi, 150 anni fa, moriva Alessandro Manzoni. E se il suo capolavoro fosse nato dall’approfondimento delle origini della propria famiglia?
Nell’epistolario di Alessandro Manzoni, pubblicato per conto della casa editrice Adelphi, una lettera indirizzata all’amico Tommaso Grossi da Brusuglio recita:
Amico carissimo,
ho preso, non ha guari, una grande e grave risoluzione: voglio scrivere un romanzo. Non avrei mai pensato di divenir romanziere, giacché le mie facoltà intellettuali son troppo limitate e debili: forse tenterò indarno l’arringo in tal genere di letteratura. Senonché mi venne fatto di rinvenire un vecchio autografo dilavato. Lettolo e trovata bella la storia racchiusavi, m’era sorta l’idea di darlo alla luce: ma com’è scorretto! Solecismi e idiotismi lombardi e spagnuoli, goffe declamazioni, sgangherati periodoni: l’autore si mostra infatti un povero secentista educato alla scuola sguaiata di quel secolo. […] Pensai allora di prender dal manoscritto la serie de’ fatti, e ripudiando il suo stile, surrogargliene un altro più forbito e moderno.
Manzoni conclude la lettera affermando che la riscrittura comporterà molta fatica, spera che i risultati siano soddisfacenti e promette di mostrare lo scritto all’amico quando si recherà a Brusuglio.
Non ci è rimasto l’autografo della lettera, che è stata pubblicata sulla rivista «La scintilla» nel 1888. Una nota redazionale dichiara che il testo è senz’ombra di dubbio di Manzoni, come indica il raffronto con altri autografi del romanziere, e tende a datarlo al 1821 (ovvero al principio della stesura del Fermo e Lucia). La lettera proviene dalla collezione di Angelo Maura di Padova.
Dinanzi a questa lettera possono essere avanzate diverse ipotesi.
La prima è che il romanziere abbia raccontato del manoscritto all’amico Tommaso Grossi per indurlo a recarsi quanto prima a Brusuglio.La seconda è che la lettera sia una falsificazione, tesi prospettata da Attilio Momigliano, oltre che da Dante Isella: la forma Maso («Addio caro Maso») al posto di Tommaso (assai insolita) sarebbe uno degli elementi di prova.
Potremmo anche supporre che Manzoni, terminata la stesura del romanzo l’11 marzo 1823, stia pensando ad una prefazione nella quale spiegare le ragioni per cui abbia iniziato a scrivere un romanzo.
E se, invece, Manzoni avesse davvero trovato una storia del Seicento traendone spunto per la realizzazione dei Promessi sposi? Se così fosse, si aprirebbero interessanti ricerche: dov’è finita la presunta lettera autografa di Manzoni? Dove potrebbe trovarsi il manoscritto e qual è il suo reale contenuto? Ovvero quanto è effettivamente già presente nello scritto del secentista e quanto è, invece, totalmente di invenzione manzoniana?
Potremmo anche supporre che Manzoni abbia trovato nella villa di Lecco, che era anticamente di proprietà di Giacomo Maria Manzoni, una storia del Seicento che abbia attirato la sua attenzione.
Potremmo, però, pensare anche ad un’altra ipotesi estremamente affascinante. Si può sospettare che l’idea della stesura de I promessi sposi scaturisca dall’approfondimento delle origini della propria famiglia.
Dai sei anni in poi Manzoni crebbe praticamente orfano. I genitori si separarono. Il conte Pietro inserì il figlio Alessandro in un collegio, mentre Giulia Beccaria, molto più giovane del marito, si trasferì a Parigi in compagnia del nuovo compagno Carlo Imbonati. Alessandro passò da un collegio all’altro, facendo ritorno a Lecco e nei possedimenti del padre durante l’estate. Solo dopo il 1805, quando si trasferì a Parigi, Alessandro conobbe meglio Giulia Beccaria e instaurò con lei un rapporto duraturo. Venne a conoscenza che un antenato da parte della famiglia Beccaria era un certo Bernardino Visconti (l’Innominato). È anche possibile che la scoperta dell’Innominato sia avvenuta attraverso lo studio del Seicento, in particolar modo attraverso la lettura delle Historiae patriae di Giuseppe Ripamonti in cui si faceva riferimento a quel ribaldo. Questa figura è così centrale nel romanzo e all’origine della stesura dell’opera che Manzoni dedicò al personaggio tante pagine anche all’esterno del capolavoro, pubblicate per conto di Sellerio nel saggio Quell’Innominato.
GIOVANNI FIGHERA-“I promessi sposi”
Perché Manzoni aveva desiderio di scoprire quel secolo? Solo perché era un periodo emblematico della corruzione e dell’ignoranza? Perché il letterato avrebbe potuto affrontare la questione dell’unificazione italiana attraverso l’analisi di un secolo passato senza destare sospetti nella censura austriaca?
Forse, alcune ragioni potrebbero essere ricercate anche nella biografia del romanziere. Dopo il 1810 Manzoni tornò in Italia, a Milano e a Lecco. Carlo Imbonati, morendo nel 1805, aveva lasciato la villa di Brusuglio in eredità a Giulia Beccaria. Il conte Pietro Manzoni, morto nel 1807, aveva reso erede universale il figlio Alessandro. Tra le proprietà ereditate c’era la casa di Lecco, il Caleotto: da quella villa lo scrittore vedeva e memorizzava i luoghi del lecchese.
Tra i Manzoni Giacomo Maria fu il primo ad abitarla nel Seicento. Tutti i suoi discendenti abitarono lì, fino al conte Pietro Manzoni che la ristrutturò. Attorno all’abitazione c’era una vasta tenuta con viti e gelsi.
Leggiamo in un documento del 15 agosto 1612 che don Giacomo Maria era «abitante ab Caliotto, territorio di Lecco». L’antenato era un ribaldo, omicida e appaltatore di delitti che si avvaleva di bravi per le sue scelleratezze, processato addirittura come untore, anche se non condannato.
La figura di Giacomo Maria Manzoni può aver offerto una serie di spunti per la stesura del romanzo: la peste, gli untori, i bravi, gli omicidi sono solo alcuni; l’anno in cui Gian Giacomo è processato come untore è il 1630, lo stesso del processo agli untori raccontato nella Storia della colonna infame.
In quel trattato Alessandro Manzoni racconta le ricerche che Pietro Verri condusse per conoscere meglio le famiglie di Piazza e Mora, il barbiere accusato dal commissario di sanità di essere suo complice:
Il Verri, spogliando i libri parrocchiali di San Lorenzo, trovò che l’infelice barbiere poteva avere anche tre figlie; una di quattordici anni, una di dodici, una che aveva appena finiti i sei. Ed è bello il vedere un uomo ricco, nobile, celebre, in carica, prendersi questa cura di scavar le memorie d’una famiglia povera, oscura, dimenticata: che dico? Infame.
La famiglia del povero barbiere, accusato di essere untore, è infame. Anche il quadrisavolo di Alessandro aveva subito la stessa accusa, anche se poi era stato scagionato, mentre i monatti accusati di aver sparso la peste furono condannati a morte nel 1630. Manzoni vendette la casa di Lecco dell’antenato infame, appaltatore di delitti e presunto untore, nel 1818. Solo tre anni più tardi iniziò la stesura del romanzo che riesumava, anche se con nomi differenti e vicende modificate, un Seicento che aveva visto due antenati del Manzoni complici dei misfatti dell’epoca, due antenati che avevano avuto due destini diversi: Bernardino Visconti (nel romanzo l’Innominato) si era convertito e si era dedicato ad opere buone per espiare il male compiuto; Giacomo Maria Manzoni, impenitente fino alla fine, era morto nel 1642, ancora sotto processo, accusato di un altro delitto.
Manzoni provava vergogna per i suoi antenati? Sentiva l’esigenza di espiare il male compiuto dal quadrisavolo? La scoperta delle origini infami della sua famiglia potrebbe essere la scaturigine della composizione del romanzo e della scelta del Seicento come epoca congeniale all’ambientazione della storia. E allora potrebbe sorgere una domanda: se il manoscritto ritrovato alludesse in realtà ai documenti relativi alla storia dell’antenato lecchese?
Sono solo supposizioni non dimostrabili o anche realtà? Forse queste domande possono offrire un terreno nuovo d’indagine sul capolavoro manzoniano. Un fatto è certo: non sono pochi gli spunti che le vite dell’Innominato e di Giacomo Maria Manzoni offrono alla storia.
L’autore di questo articolo ha appena mandato in stampa una nuova edizione scolastica de I promessi sposi (a cura di Giovanni Fighera, edito da Giunti-Treccani-Clio, Firenze 2023).
GIOVANNI FIGHERA-“I promessi sposi”
Prof.GIOVANNI FIGHERA
FORMAZIONE E INSEGNAMENTO
Nato nel 1971, sposato, con due figlie, si è laureato in Lettere moderne (110 e Lode) e ha conseguito una specializzazione e tre perfezionamenti nell’ambito della letteratura e della linguistica. Insegnante di italiano e latino nei licei, collabora con il dipartimento di Filologia moderna dell’Università degli Studi di Milano.
GIORNALISMO
È giornalista e collabora con alcune riviste (tra cui “Studi danteschi”, “Il timone”, “Fogli”) e con quotidiani on line (tra cui “La nuova bussola quotidiana”, “Il sussidiario.net”, “Tempi.it” per cui cura il blog Il sugo della storia).
RADIO
Numerose sono le sue collaborazioni radiofoniche con Rai Radio Uno, Radio 5.9, Radio In Blu, Radio Vaticana, Radio Maria.
Su Radio Maria conduce la trasmissione IN VIAGGIO CON DANTE VERSO LE STELLE il quarto giovedì del mese dalle 10:30 alle 11:15.
Su Radio 5.9 conduce trasmissioni da lui ideate sabato alle ore 10:00. Tra queste ricordiamo: IO CERCO LA FELICITÀ (2018-2019), TRA I BANCHI DI SCUOLA (2019), L’IO, LA CRISI, LA SPERANZA (2019-2020).
LIBRI
Con le edizioni Ares ha pubblicato:
– Che cos’è, dunque, la felicità, mio caro amico? (2008), letto integralmente su Radio Vaticana per tre anni (ottobre 2008, ottobre 2009, febbraio 2012);
– La Bellezza salverà il mondo (2009), anch’esso letto integralmente su Radio Vaticana nel mese di luglio 2010;
– «Amor che move il sole e l’altre stelle». L’amore, l’uomo, l’Infinito (2010), letto integralmente su Radio Vaticana nell’ottobre 2010 e nell’agosto 2015;
– Che cos’è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? L’io, la crisi, la speranza (2012), letto integralmente su Radio Vaticana nell’ottobre 2012;
– Tra i banchi di scuola (2014), letto integralmente su Radio Vaticana nel settembre 2014;
– Tre giorni all’Inferno. In viaggio con Dante (2016), oggetto di trasmissione su radio Maria dal 2016 al 2017;
-Il Purgatorio: ritorno all’Eden perduto. In viaggio con Dante (2017), oggetto di trasmissione su Radio Maria dal 2017 al 2018;
-Il Paradiso. Andata e ritorno. In viaggio con Dante (2018) oggetto di trasmissione su Radio Maria dal 2018.
– Pirandello in cerca d’autore. Una rilettura (2019).
Con Itaca edizioni ha pubblicato:
– Il matrimonio di Renzo e Lucia. Invito alla lettura dei Promessi sposi (2015).
Con le edizioni Sugarco ha pubblicato:
-Paradiso. In viaggio con Dante verso le stelle (2019)
Ha collaborato, inoltre:
–a Il romanzo italiano del Novecento (1900-1945), edito nel 2012 (Raffaelli editore);
–al volume La forza delle parole (2012) con la stesura del capitolo «Poesia, bellezza e verità» (Fara editore);
–alla raccolta di poesie Nuovi salmi («I Quaderni di Cntn, 2012);
-alla raccolta di poesie I poeti e la crisi (Edizioni della Libri Thule, 2015);
–al Censimento dei commenti danteschi (Salerno Ed., 2014);
-al Dizionario del liberalismo italiano (Rubbettino ed., 2015)
-ai QUADERNI 10 «PERSONAGGI E DESTINO» (casa editrice Stilgraf, 2013).
PUBBLICAZIONI LIBRI PER LA SCUOLA
Con le edizioni Principato ha scritto:
Divina Commedia (a cura di G. Fighera e di B. Panebianco), 2020.
POESIE
Sue poesie compaiono
–nella raccolta Nuovi salmi («I Quaderni di Cntn, 2012);
-nella raccolta I poeti e la crisi (Edizioni della Libri Thule, 2015).
INCONTRI
In questi anni ha tenuto centinaia di incontri e corsi sull’educazione, sulla letteratura italiana, sulla Divina commedia, su I promessi sposi, sui temi sollecitati dai libri (felicità, bellezza, amore,…), cineforum per adulti e per ragazzi in centri culturali, nei teatri, nelle scuole e nelle parrocchie.
CONVEGNI INTERNAZIONALI
Nel 2015 ha partecipato al Primo Convegno Internazionale della Letteratura dalmata (dove ha presentato Antonio Lubin dantista) e al Convegno Internazionale di Varsavia Il Dante dei moderni. Nel 2017 ha partecipato al Congresso Dantesco Internazionale di Ravenna (24-27 maggio 2017) con la relazione “Foscolo alter Dante: i versi dell’esilio e della patria perduta dagli esperimenti giovanili ai Sepolcri”.
BLOG
Ha due siti blog personali, uno intitolato La ragione del cuore e l’altro Il sugo della storia (pubblicato presso Tempi.it).
PREMI
Ha vinto il Premio Capri San Michele 2013 sezione giovani con l’opera Che cos’è mai l’uomo, perché di lui ti ricordi? L’io, la crisi, la speranza. È stato finalista al Premio Beato Contardo Ferrini 2011 con l’opera «Amor che move il sole e l’altre stelle». L’amore, l’uomo, l’Infinito.
INCONTRI
Un elenco completo si trova sul blog La ragione del cuore (sotto la voce appuntamenti).
Qui ne riportiamo alcuni (sono escluse interviste, incontri trasmessi sulle radio):
– Io cerco la felicità, 10 maggio 2009, organizzato dal Comune dei Giovani di Bassano del Grappa.
– Brindisi, venerdì 27 novembre, alle ore 18.30, nell’Auditorium del Museo provinciale MAPRI di Brindisi, presentazione del libro di Giovanni Fighera “La bellezza salverà il mondo”, promossa dall’Assessorato provinciale alla Cultura, guidato da Paola Baldassarre, oltre che dell’assessore e dell’autore, del poeta Alessandro Rivali. “Questo libro – dichiara l’assessore Paola Baldassarre – rappresenta il punto di partenza di un progetto che accompagnerà gli anni dell’Assessorato provinciale ala Cultura. L’obiettivo è avviare continue e costanti riflessioni su una realtà che percepisce in modo relativo il bene e il male, delegando al desiderio del singolo l’arbitrio di effettuare delle scelte ignorando il bene comune. Proporre un nuovo modello antropologo postula una dimensione relazionale che punti al senso della gratuità e dell’oblatività: in tal modo potremo entrare in una dimensione etica da più parti invocata”.
– Quale bellezza salverà il mondo? Il bello e il vero nella letteratura e nell’arte, venerdì 19 febbraio 2010 ore 18:30. Sala Molinari – Chiostro dell’Immacolata – Piazza S. Francesco – Salerno
– Meeting di Rimini, spazio Clandestino. Martedì 24 agosto alle ore 18 tavola rotonda con Davide Rondoni, Gianfranco Lauretano, Giovanni Fighera su “Letteratura, bellezza e insegnamento a scuola”.
– Concorezzo. L’avventura del viaggio. Inferno ottobre 2010 (4 serate), Purgatorio novembre 2011 (4 serate), Paradiso novembre 2012 (4 serate)
– Busnago. L’Inferno. L’avventura del viaggio (marzo-aprile 2011), Purgatorio (maggio 2012), Paradiso (maggio 2013), Inferno (maggio 2015), Purgatorio e Paradiso (2016). Ciascun ciclo in 4 serate.
– Meeting di Rimini, spazio Clandestino, presentazione di Che cos’è mai l’uomo, perché di lui ti ricordi? 20 agosto 2012.
– Concorezzo, presentazione di 6 dicembre ore 21 Che cos’è mai l’uomo, perché di lui ti ricordi?
-Cesena, martedì 19 febbraio 2013 ore 15 incontro con Gianfranco Lauretano e Giovanni Fighera su “Personaggi e destino nel romanzo del primo Novecento: l’esempio di Mattia Pascal”;
– Sulbiate, Tommaso Moro. La politica e il bene comune, 24 maggio 2013 ore 21;
– Capri. Premio Capri San Michele, Che cos’è mai l’uomo, perché di lui ti ricordi? 27-29 settembre 2013.
– Concorezzo, I promessi sposi (novembre 2013 in 4 serate);
– Cornate, I promessi sposi (febbraio 2014 in 4 serate);
– Cornate, La bellezza salverà il mondo (9 aprile 2014 ore 21)
– 11 maggio 2014 ore 15:30. Vittuone “Cara beltà …”: la passione per il dono che ci è stato fatto.
– Sondrio 28 maggio 2014, ore 15nella Sala dei Balli del Credito Valtellinese su GABRIELE D’ANNUNZIO dal titolo“Ah perché non è infinito come il desiderio, il potere umano?”(tema tratto dalla XIII edizione de I Colloqui Fiorentini).
– Meeting di Rimini (stand rivista Tempi) ì 27 agosto 2014 Tra i banchi di scuola. Un’avventura sempre nuova
– Concorezzo, Che cos’è dunque la felicità (in 4 serate) novembre 2014;
– Prato “La famiglia come luogo di incontro e di dono: itinerario per raggiungere la felicità.”, sabato 25 ottobre;
– VIAREGGIO, La bellezza salverà il mondo, 30 ottobre 2014 ore 21
-TRENTO, “Educare nel tempo della crisi dell’amore” 6 Febbraio 2015 alle 20.30;
– Cornate, “Al cuore di Leopardi” (febbraio 2015 in 4 serate);
– Sulbiate, “Perché è bello studiare?” (20 febbraio 2015 ore 21);
– Trieste, Primo convegno internazionale sulla Letteratura dalmata italiana, presso l’IRCI, Via Torino 8 28 febbraio 2015 ore 10.55 presentazione di Antonio Lubin dantista;
-Orzinuovi, Leggendo, specchiamoci ne i Promessi Sposi (marzo 2015, 4 serate);
– Roma, Palazzo Montecitorio, martedì 3 marzo 2015, presentazione del DIZIONARIO DEL LIBERALISMO ITALIANO (presenti l’editore, il comitato promotore, gli autori);
-Busnago, 10 aprile 2015 ore 21, Perché è bello studiare?
– Prato, sabato 18 aprile ore 17, LA BELLEZZA DELLA SCUOLA E NELLA SCUOLA: UN’AVVENTURA SEMPRE NUOVA;
-Salsomaggiore Terme, venerdì 15 maggio ore 17, “ALLA RICERCA DELLA FELICITÀ”
-Salsomaggiore Terme, Happening dei giovani, lunedì 21 luglio ore 21, La felicità: una questione di sguardo
-Milano Scuola FAES, 15 ottobre ore 18:30, DANTE DI FRONTE ALLA PROVA. LA NECESSITÀ DI UN MAESTRO.
– Concorezzo, novembre 2015 (in 4 serate), Il genio di Pirandello;
– VARSAVIA, Il Dante dei moderni. La Commedia dall’Ottocento ad oggi, CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI DANTESCHI, 2-4 dicembre 2015. Giovanni Fighera presenta “FOSCOLO EXUL IMMERITUS. La presenza della Commedia nella sua opera letteraria”
– Desenzano del Garda, 26 gennaio 2016, ore 20:45, Il matrimonio di Renzo e Lucia. Amore, perdono e misericordia.
– Concorezzo, Venerdì 12 febbraio 2016 ore 21, VALE ANCORA LA PENA SPOSARSI? rileggendo I promessi sposi;
– Orzinuovi, L’inferno di Dante (marzo 2016, in 4 serate), Il Purgatorio (marzo 2017, 4 serate), Il Paradiso (4 serate, marzo 2018);
– Trezzo, Il matrimonio di Renzo e Lucia (aprile 2016, in 3 serate);
– Sulbiate, la donna. Tra arte e letteratura. Incontro con Giovanni Fighera e suor Maria Gloria Riva;
– Madonna di Campiglio, sabato 23 luglio 2016 ore 18:30. L’importanza dell’amicizia nel cammino della vita: la Commedia di Dante;
– Meeting di Rimini, mercoledì 24 agosto 2016 alle ore 12, presso lo Spazio incontri della Libreria del Meeting (padiglione A3), Giovanni Fighera presentazione del libro Tre giorni all’Inferno. In viaggio con Dante (edizioni Ares);
– Cornate, Il Purgatorio. Cantica della libertà e della misericordia, ottobre 2016 (in 3 serate);
– Asiago, 10 settembre 2016 ore 9:00, “la domanda di felicità dell’uomo”;
-Trezzo, Tre giorni all’Inferno (novembre 2016 in 4 serate);
-Prato, Auditorium scuola media Fermi, 11 novembre 2016 ore 21, “Libri e letteratura. Uno strumento educativo all’epoca di internet”.
– Pistoia, 11 Febbraio 2017 “Desiderio d’infinito. Cosa conta davvero nella mia vita?” Salone Scuola Mabellini musicisti della scuola;
-Cantù martedì 7 marzo 2017, Corso di formazione e aggiornamento per i docenti di Lingua e letteratura italiana della scuola secondaria di II grado, La Commedia dantesca come laboratorio di competenze sociali, morali ed esistenziali;
– Desenzano, 14 gennaio 2017, 14 gennaio ore 14:30, Che cosa desidero davvero per i miei figli?
– Torino, Parrocchia di Santa Rita da Cascia, Esercizi spirituali, La Madonna nel canto XXXIII del Paradiso;
– MILANO – TEMPO DI LIBRI, Giovedì 20 aprile ore 17 – Presentazione del volume: Il Purgatorio: ritorno all’Eden perduto – In viaggio con Dante
– Ravenna, FOSCOLO EXUL IMMERITUS. La presenza della Commedia nella sua opera letteraria, venerdì 26 maggio ore 10:30, Congresso Dantesco Internazionale – International Dante Conference. Alma Dante 2017;
– Bassano del Grappa, DOMENICA 2 LUGLIO ore 20.15 presso i campi sportivi di Santa Croce “L’AMORE TRA FEDE E DESIDERIO”;
-Salsomaggiore Terme, mercoledì 25 luglio 2017 ore 21 LA BELLEZZA SALVERA’ IL MONDO. Giotto, Dante e noi moderni;
– Desenzano, LA FIGURA FEMMINILE NELLA COMMEDIA DI DANTE, Lunedì 23 ottobre 2017 ore 20:30, Oratorio Paolo VI;
– Zanica, 9 dicembre 2017 ore 9:30, CENTRO DI SPIRITUALITA’ E CULTURA “LA PREGHIERA NELLA COMMEDIA DANTESCA”;
– Desenzano, Lunedì 23 ottobre 2017 ore 20:30, Oratorio Paolo VI, “È possibile l’amore vero tra i giovani?”
– Desenzano, PIRANDELLO. ALLA RICERCA DEL VERO VOLTO UMANO, mercoledì 24 gennaio 2018, 14:30-16:30.
– Concorezzo, febbraio 2018 (3 serate), Tre giorni con Dante;
– Milano, Tempo di libri. Presentazione di PARADISO. ANDATA E RITORNO venerdì 9 marzo 2018 alle ore 16:00 presso Fieramilanocity – padiglioni 3 e 4;
– POZZOLENGO, venerdì 9 marzo ore 21, “La misericordia nei Promessi sposi”;
– Desenzano, 21 marzo, ore 16:30, Come prepararsi alla prima prova;
-Monza, Parrocchia San Giuseppe, domenica 8 aprile 2018, ore 10, Un’ora con Dante verso le stelle;
– Casatenovo, 10 aprile ore 21, Università di tutte le età, Ungaretti e l’esperienza della trincea;
– Trevi, domenica 19 agosto 2018 ore 21, “Amor che move il sole e l’altre stelle”;
-Sulbiate, 4 ottobre 2018 ore 21, Guareschi.
-Cornate, ottobre 2018, Pirandello. Un personaggio in cerca d’autore (3 serate)
-Trezzo, ottobre 2018 (4 serate), Il paradiso di Dante;
-Bocca di Magra, 12 gennaio 2019 ore 15:30, La fede nella chiesa nella letteratura;
-Verderio, venerdì 15 febbraio ore 21, L’avventura educativa;
-Desenzano 7 marzo 2019, Il viaggio nella letteratura del Novecento
-Nova Milanese, domenica 24 marzo 2019, Sei forte papà;
-Orzinuovi, 20 marzo ore 15 presso la scuola Sacra famiglia Il fu Mattia Pascal, cioè il dramma dell’uomo in attesa;
-Orzinuovi, 27 marzo ore 15 presso la scuola Sacra famiglia, Uno, nessuno e centomila;
– Arcore, venerdì 5 aprile ore 21, al Cineteatro nuovo. Dall’Inferno al Paradiso.
-Desenzano, 3 maggio 2019 ore 15, Come prepararsi alla prima prova;
-Santa Anna d’Alfaedo, venerdì 14 giugno 2019 ore 16, “Gli affetti nella letteratura” (incontro con i maturandi)
– Passo Lavazé, Hotel Corno nero, venerdì 26 luglio 2019 ore 21:00, L’avventura educativa.
-Meeting di Rimini, AVSI e Dante a Kibera;
-Cornate d’Adda, ottobre 2019 (3 serate), Tre giorni all’Inferno;
-Monza, 13 ottobre 2011 ore 10, Io cerco la felicità. L’esperienza della vita e i grandi autori.
– Campofontana, 1 novembre 2019 ore 9:30. La letteratura come occasione per comprendere se stessi;
– Bocca di Magra, 23 novembre 2019 ore 16, La misericordia e la confessione nel Purgatorio di Dante;
-Verona, 2 dicembre ore 21, Davvero la bellezza tornerà a salvare il mondo?
-Pozzolengo, martedì 4 febbraio 2020 ore 21, Parrocchia san Lorenzo martire, Il desiderio umano di felicità infinita;
-Casatenovo, Università di tutte le età, febbraio marzo 202020 (4 serate), Il latino serve a tutti.
Poesie di Elizabeth Barret Browning-Poetessa inglese
“Come ti amo”
Come ti amo? Lascia che te ne conti i modi.
Ti amo fino alla profondità, la vastità e l’altezza
che l’anima mia può raggiungere allorquando
persegue, irraggiungibili agli sguardi, i fini del bene
e della grazia ideale.
Ti amo al livello delle calme
necessità quotidiane, alla luce del sole ed al lume
della candela.
Ti amo liberamente come gli uomini
tendono al giusto, ti amo puramente, come essi
rifuggono dalle lusinghe.
Ti amo con la passione
sperimentata nei miei antichi dolori e con la fede
della mia fanciullezza.
Ti amo d’un amore che mi
sembrò smarrire coi miei santi perduti: ti amo col
respiro, i sorrisi, le lacrime di tutta la mia vita e, se
Dio vorrà, ti amerò ancor meglio quando sarò
morta.
Elizabeth Barret Browning
In quanti modi ti amo?
In quanti modi ti amo? Fammeli contare.
Ti amo fino alla profondità, alla larghezza e all’altezza
Che la mia anima può raggiungere, quando partecipa invisibile
Agli scopi dell’Esistenza e della Grazia ideale.
Ti amo al pari della più modesta necessità
Di ogni giorno, al sole e al lume di candela.
Ti amo generosamente, come chi si batte per la Giustizia;
Ti amo con purezza, come chi si volge dalla Preghiera.
Ti amo con la passione che gettavo
Nei miei trascorsi dolori, e con la fiducia della mia infanzia.
Ti amo di un amore che credevo perduto
Insieme ai miei perduti santi, – ti amo col respiro,
I sorrisi, le lacrime, di tutta la mia vita! – e, se Dio vorrà,
Ti amerò ancora di più dopo la morte.
Elizabeth Barret Browning
Se devi amarmi
Se devi amarmi, per null’altro sia
se non che per amore.
Mai non dire:
‘L’amo per il sorriso,
per lo sguardo,
la gentilezza del parlare,
il modo di pensare
così conforme al mio,
che mi rese sereno un giorno’.
Queste son tutte cose
che posson mutare,
Amato, in sé o per te, un amore
così sorto potrebbe poi morire.
E non amarmi per pietà di lacrime
che bagnino il mio volto.
Può scordare il pianto
chi ebbe a lungo
il tuo conforto, e perderti.
Soltanto per amore amami
e per sempre, per l’eternità.
Elizabeth Barret Browning
Quando forti e diritte le nostre anime
Quando forti e diritte le nostre anime
si stringono in silenzio sempre più vicine,
finché le punte ricurve delle loro ali
aperte prendono fuoco, quale amaro
torto può farci la terra per impedirci
d’essere a lungo felici? Pensa! Mentre
saliamo in alto, gli angeli, incalzandoci,
sfere d’oro di canto perfetto vorrebbero
far cadere nel nostro profondo e caro
silenzio. Ma, amore, restiamo sulla terra
dove l’avverso, indegno umore degli umani
fugge gli spiriti puri, li isola e consente
un luogo dove stare, amare per un giorno,
con l’ombra e l’ora della morte intorno.
Elizabeth Barret Browning
La prima volta che lui mi baciò
La prima volta che lui mi baciò,
baciò solamente le dita della mano che scrive,
che si fece così più delicata e bianca,
restia al mondo ma non coi suoi. ‘ Senti?’,
al brusio degli angeli. Ora io non vorrei
un anello di ametista alla vista più puro
di quel bacio. Fu più in alto il secondo
e, cercando la fronte, si perse una metà sopra i capelli.
O dono supremo! Crisma
d’amore che con benefiche dolcezze
precede la vera ghirlanda d’amore. Il terzo fu
deposto, perfetto, sulla mia bocca, e fin d’allor
superba, io ripeto:’mio unico, mio amato!
Elizabeth Barret Browning
In verità questo grande amore è il mio vanto
In verità questo grande amore è il mio vanto,
che, quando sale dal petto alla fronte,
mi incorona di porpora tanto
da attirare gli occhi degli uomini e mostrare la sofferenza interiore, –
anche se questo amore, per me è il massimo
non dovrei tuttavia amare, finché tu
non mi abbia dato una prova, e raccontato di
quando per la prima volta i tuoi occhi sinceri si sono incrociati con i miei,
e l’amore chiamò l’amore. E perciò, non posso nemmeno
parlare d’amore, come qualcosa di bello che mi è proprio
la tua anima ha reso la mia, completamente debole e incerta,
e l’ha posta accanto a te su un trono d’oro, –
E quello che amo (O anima, dobbiamo essere pazienti!)
Elizabeth Barret Browning
è solo in te, il solo che amo.
Come i bambini al sole
Come i bambini al sole, a mezzogiorno,
siedo al tuo sguardo, e tremano le anime
tra le felici palpebre, per l’inespressa,
intima, prodiga gioia. Vedi, nel dubbio
errai. E non rimpiango la colpa, ma
l’occasione che ci privò, anche per un
istante, della reciproca, benefica
presenza. Ah, tienimi vicino, proteggimi
tu, o amorevole colomba. E alle mie paure,
se tornassero, opponi sereno il forte cuore:
nella tua divina sicurezza trovino il nido
i miei pensieri, che, senza te vacillano
come implumi smarritisi nei cieli.
Elizabeth Barret Browning
Cenni biografici– Elizabeth Barrett nacque a Coxhoe Hall [Durham, England] nel 1806. Di salute malferma, visse per anni nel castello paterno dedicandosi allo studio dei classici e alla composizione poetica.
Era il 10 gennaio del 1845 quando il poeta Robert Browning scrisse la prima ardente lettera nella quale dichiarava tutta la sua ammirazione ad Elizabeth Barrett, la poetessa inglese definita in patria la Shakespeare al femminile. Cominciò così la loro romantica storia d’amore, che sembra uscire direttamente dalle pagine di un romanzo ottocentesco, con la corrispondenza durata un anno, il padre ostile e severo, il matrimonio celebrato segretamente, la fuga in Italia, la nascita del figlio.
Fino ad allora, per circa quarant’anni, la vita di Elizabeth, in seguito ad una caduta da cavallo, alla tragica morte per annegamento del fratello, ad una malattia di cui mai ben chiarite furono le cause, forse fisiche, forse psicologiche, era trascorsa in modo grigio ed immobile, sotto la tirannia paterna, in una strana dimora fiabesca, fra pareti silenziose, in una stanza buia dalle imposte ben serrate, tra medicine e libri impolverati, con la sola compagnia dell’inseparabile cagnolino Flush e dell’appassionato bisogno di leggere e studiare, curiosamente incoraggiato e consentito dall’austero padre.
Quando giunse quella prima lettera fu come un’esplosione di luce in quella casa tetra, in quella stanza buia, in quel cuore avvezzo all’ombra e alla solitudine: la passione s’innescò e brillò fino ad esplodere, e così la poetessa ammalata, famosa eppure chiusa nel cerchio del suo isolamento, uscì alla luce e assaporò la felicità inattesa ed improvvisa.
Si sposarono segretamente Elizabeth e Robert, poi fuggirono in Italia e si stabilirono a Pisa. Trascorsero insieme 15 anni, in splendida armonia, quasi sempre a Firenze dove poi si erano trasferiti, scrivendo entrambi, lei prendendo molto a cuore la causa indipendentista italiana e componendo diverse poesie in tema, con il proposito di far conoscere anche nella sua terra d’origine la situazione italiana.
Morì a Firenze nel 1861 e fu seppellita con tutti gli onori nel cimitero degli inglesi, dove ancora riposa.
Scrisse molto Elizabeth, cominciando addirittura ad 8 anni, pubblicando per la prima volta a 13 e collaborando a riviste e circoli letterari; scrisse ballate, poesie ispirate al quotidiano, componimenti appassionati, con i quali voleva incidere sui costumi sociali del tempo, e d’impegno sociale, contro l’oppressione straniera in Italia, in un bisogno intimo di espressione, di comunicazione, di denuncia, ma i suoi versi più belli restano quelli dedicati al suo amore per Robert.
Vale davvero la pena leggere e rileggere i suoi Sonetti dal portoghese , scritti parallelamente alle lettere scambiate con Robert (che chiamò poi sempre la moglie my little portuguese) e da lei conservati fin dopo il matrimonio, versi d’amore intensi e rivoluzionari, perché per la prima volta la donna diveniva in poesia soggetto attivo e dominante e l’uomo era trasformato in oggetto d’amore al quale indirizzare con audacia le pulsioni e i desideri, e di fronte al quale affermare e rivendicare il proprio diritto all’amore.
Con un linguaggio colto eppure semplice, che ben coniuga eleganza e raffinatezza, in preziosa alchimia di classicità e suggestioni romantiche, i versi di Elizabeth esprimono al meglio ancora oggi l’immaginario femminile, riuscendo a trasmettere con intatta efficacia i desideri che pulsano nei cuori delle donne e l’amore che sbocciò nel suo cuore oppresso dalla lunga solitudine.
Elizabeth Barrett fu poeta aggraziato e vibrante. La critica successiva le imputò una certa mancanza di controllo formale. Le cose migliori sono nei Sonetti dal portoghese (1850). Poema in blank verse è Aurora Leigh, in cui espresse le sue idee su questioni filosofiche e sociali del suo tempo.
Elizabeth Barrett simpatizzò politicamente per la causa dell’indipendentismo italiano, alla quale dedicò le poesie de Finestre di Casa Guidi (1851).
Breve biografia di Giovanna Bemporad nasce a Ferrara nel 1928. È una poetessa precocissima: inizia a pubblicare traduzioni in versi dai classici già a sedici anni (l’Eneide di Virgilio, pubblicata in parte nell’Antologia dell’Epica per i tipi di Enrico Bemporad a Firenze). Frequenta il liceo classico di Bologna, dove conosce altri giovani letterati. Antifascista di famiglia ebrea, atea convinta sfida il regime col proprio comportamento: vive da sola in “un enorme stanzone, un tavolo vastissimo e carico oltre misura di libri”, veste da uomo, si trucca di bianco e tratta alla pari coi coetanei uomini. Vuole, soprattutto, essere libera, essere trattata alla pari.
Scoppia la Guerra, che interrompe la vita. Uno dei compagni bolognesi, Pier Paolo Pasolini, si rivolge agli amici per aiutarlo nel gestire l’improvvisato liceo che sta tenendo a Casarsa, perché è troppo pericoloso per i ragazzi prendere il treno per Pordenone o Udine. Così Giovanna sfolla in Friuli, dove rimarrà fino al 26 gennaio del 1944. A chi gli chiede il motivo dei suoi modi disinvolti, del suo vestire da uomo, risponde provocatoriamente “sono lesbica”. Collabora con la rivista il Setaccio, sotto lo pseudonimo di Giovanna Bembo. Sfuggita alle persecuzioni, nazi-fasciste continuerà per alcuni anni a condurre una vita errabonda, fino al matrimonio con il senatore Giulio Cesare Orlando nel 1957.
La poesia di Giovanna Bemporad si ritagliano una nicchia particolare: classicista fuori dal tempo, filologa (nel senso etimologico del termine), sospesa tra una pulsione decadente della morte e una forte carica erotica, che ricorda i frammenti di Saffo. Minuziosa cesellatrice di parole, dedica la maggior parte della sua vita e della sua creatività alla sua versione dell’Odissea di Omero. Diceva del primo dei poeti greci “Omero è il punto d’arrivo della poesia occidentale. Il più grande di tutti. Tocca l’assoluto con assoluta semplicità”. Di quella traduzione, rimasta incompleta, esistono due edizioni a cura di Le Lettere (1990 e 1992). Morirà a Roma, il 6 gennaio 2013.
la sua occhiata di presbite tra beffarda e strana.
E aspetta. Mentre io guardo lontano
ed altro non mi viene in mente
che il mare fermo sotto il volo dei gabbiani
sfrangiato appena tra gli scogli dell’isola,
dove una terra nuda si fa ombra
con le sue gobbe o un’altra preparata a semina
si fa ombra con le sue zolle e con pochi fili.
“Certo, posso aver molto peccato”
rispondo infine aggrappandomi a qualcosa,
sia pure alle mie colpe, in quella luce di brughiera.
“Piangere, piangere dovresti sul tuo amore male inteso”
riprende la sua voce con un fischio
di raffica sopra quella landa passando alta.
L’ascolto e neppure mi domando
perché sia lui e non io di là da questo banco
occupato a giudicare i mali del mondo.
“Può darsi” replico io mentre già penso ad altro,
mentre la via s’accende scaglia a scaglia
e qui nel bar il giorno ancora pieno
sfolgora in due pupille di giovinetta che si sfila il grembio
per le ore di libertà e l’uomo che le ha dato il cambio
indossa la gabbana bianca e viene
verso di noi con due bicchieri colmi,
freschi, da porre uno di qua uno di là sopra il nostro tavolo.
L’India
Tace ora, mi chiedo se oppressa dal suo Karma,
(so della sua vita, del nome che le dà, e del senso)
mentre mostra a lungo lo schermo
sul selciato una moltitudine
stecchita in una posa tra sonno e morte
levarsi a stento in preghiera e spulciarsi nell’alba.
Né forse la colpisce il primo aspetto
ma un altro più recondito, e vede
una giustizia di diverso stampo
in quella sofferenza di paria
orrida eppure non abbietta, e nella sua che le scende addosso.
“Avere o non avere la sua parte in questa vita”
riemerge in parole il suo pensiero – ma solo un lembo.
E io ne tiro a me quella frangia
ansioso mi confidi tutto l’altro,
attento non mi rubi niente
di lei, neppure l’amarezza, ed attendo.
S’interrompe invece. Seguono altre immagini dell’India
e nel loro riverbero le colgo
un sorriso estremo tra di vittima e di bimba
quasi mi lasci quella grazia in pegno
di lei mentre si eclissa nella sua pena
e l’idea di se stessa le muore dentro.
“Perché porti quel giogo, perché non insorgi”
mi trattengo appena dal gridarle,
soffrendo perché soffre, certo,
ma più ancora perché lascia la presa
della mia tenerezza non saziata e piglia il largo piangendo;
“Ascoltami” comincio a mormorarle
e già penso al chiarore della sala dopo il technicolor
e a lei che sul punto di partire
mi guarda da dietro la lampada
della sua solitudine tenuta alzata di fronte.
“Mario” mi previene lei che indovina il resto. “Ancora
levi come una spada, buona a che?,
lo sdegno per le cose che ti resistono.
Uomo chiuso all’intelligenza del diverso,
negato all’amore: del mondo, intendo, di Dio dunque”
e indulge a una smorfia fine di scherno
per se stessa salita sul pulpito, e quasi si annulla.
“Davvero vorrei tu avessi vinto”
le dico con affetto incontenibile, più tardi,
mentre scorre in un brusio d’api, nel film senza commento, l’India.
Per mare
Nel più alto punto
dove scienza è oblìo d’ogni sapere
e certezza, mi dicono,
certezza irrefutabile venuta incontro
o nel tempo appeso a un filo
d’un riacquisto d’infanzia,
tra sonno e veglia, tra innocenza e colpa,
dove c’è e non c’è opera nostra voluta e scelta.
“La salute della mente
è là” dice una voce
con cui contendo da anni,
una voce che ora è di sirena.
Si naviga tra Sardegna e Corsica.
C’è un po’ di mare
e la barca appruata scarricchia.
L’equipaggio dorme. Ma due
vegliano nella mezzaluce della plancia.
E’ passato agosto; Siamo alla rottura dei tempi.
E’ una notte viva.
Viva più di questa notte,
viva tanto da serrarmi la gola
è la muta confidenza
di quelli che riposano
si curi in mano d’altri
e di questi che non lasciano la manovra e il calcolo
mentre pregano per i loro uomini in mare
da un punto oscuro della costa, mentre arriva
dalla parte del Rodano qualche raffica.
Da “Al fuoco della controversia”
Ridotto a me stesso?
Ridotto a me stesso?
Morto l’interlocutore?
O morto io,
l’altro su di me
padrone del campo, l’altro,
universo, parificatore…
o no,
niente di questo:
il silenzio raggiante
dell’amore pieno,
della piena incarnazione
anticipato da un lampo? –
penso
se è pensare questo
e non opera di sonno
nella pausa solare
del tumulto di adesso…
Natura
La terra e a lei concorde il mare
e sopra ovunque un mare più giocondo
per la veloce fiamma dei passeri
e la via
della riposante luna e del sonno
dei dolci corpi socchiusi alla vita
e alla morte su un campo;
e per quelle voci che scendono
sfuggendo a misteriose porte e balzano
sopra noi come uccelli folli di tornare
sopra le isole originali cantando:
qui si prepara
un giaciglio di porpora e un canto che culla
per chi non ha potuto dormire
sì dura era la pietra,
sì acuminato l’amore.
Mario Luzi
Biografia di Mario Luzi è nato a Castello (Firenze) il 20 ottobre 1914 da genitori toscani, trascorse l’infanzia a Firenze. Trasferitosi con la famiglia nel senese, studiò a Siena fino al 1929; poi rientrato a Firenze, vi compì gli studi liceali e universitari. Nel 1936 si laureò in letteratura francese con una tesi si Francois Mauriac.
Esordì con la raccolta di versi, La barca, nel 1935; frequentò il gruppo degli ermetici fiorentini e cominciò a collaborare alle riviste Frontespizio, Letteratura e, più tardi, Campo di Marte. Nel 1938 Luzi iniziò la carriera di insegnante: dapprima a Parma, dove frequentò Attilio Bertolucci; poi, dal 1941, a San Miniati. Successivamente, e fino al 1943, lavorò a Roma presso la Sovrintendenza bibliografica. Nel frattempo si sposò ed ebbe un figlio.
Nel 1945 tornò a Firenze, dove riprese l’insegnamento in un liceo scientifico. Più tardi, nel 1955, passò a insegnare letteratura francese all’università di Firenze. Nel 1960 riunì nel libro Il giusto della vita le precedenti raccolte poetiche:
Avvento notturno (1940), Un brindisi (1946), Quderno gotico (1947), Primizie del deserto (1952) e Onore del vero (1957).
All’attività poetica Luzi affiancò quella di critico e traduttore, dando anche vita, con Betocchi, alla rivista La Chimera.
Tra i suoi libri di critica, spiccano Studio su Mallarmé e L’idea simbolista (entrambi pubblicati nel 1959).
Luzi compì numerosi viaggi (in Urss nel 1966, in India nel 1968, negli Stati Uniti nel 1974, in Cina nel 1980) e ottenne premi e riconoscimenti. Nella fase matura della sua ttività poetica compose poemetti drammatici, come Ipazia (1978) e Rosales (1983), e pubblicò versi via via più lontani dall’Ermetismo: Nel magma (1963), Dal fondo delle campagne (1965), Su fondamenti invisibili (1971), Al fuoco della controversia (1978), Frasi e incisi di un canto salutare (1990), Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994). Nominato senatore a vita della Repubblica nel 2004, Luzi si è spento nel 2005.
Uno dei romanzi più belli di Laura Pariani. Maggio 1882: Friedrich Nietzsche durante il suo Grand Tour dell’Italia giunge sul lago d’Orta in compagnia della «giovane e affascinante russa» Lou von Salomé, con la madre di lei e il comune amico Paul Rée, che della giovane intellettuale è innamorato tanto quanto il più anziano filosofo. Durante una gita sul Sacro Monte di Orta Nietzsche e Lou si appartano a lungo e di quell’episodio l’autore di Zarathustra conserverà fino alla morte una foglia, uno schizzo su carta e un biglietto con una promessa. Laura Pariani fa rivivere la storia di un amore impossibile e di un’amicizia tradita a partire dalla memoria di una foto…
Biografia di Laura Pariani
Laura Pariani
Laura Parianinasce a Busto Arsizio nel 1951 e oggi vive sul lago d’Orta. Trascorre l’infanzia a Magnago, nel Milanese, in un ambiente ancora in gran parte contadino e nel 1966 compie con la madre un viaggio in Argentina per conoscere il nonno materno. Queste due esperienze – da una parte il mondo contadino con i suoi personaggi e i suoi miti e dall’altra il viaggio con la madre in Argentina, dove tornerà anche in età adulta – avranno una grande influenza sulle sue opere. Laureata in Filosofia della storia presso l’Università Statale di Milano, negli anni settanta disegna e scrive storie a fumetti (Perché non i fiori, La salamandra, Milano 1975; La fata rovesciata, Ottaviano, Milano 1976) e fino al 1998 insegna in una scuola superiore. Il suo primo libro, del 1993, è la raccolta di racconti Di corno d’oro edito da Sellerio, con cui ha vinto il premio Grinzane Cavour e il premio Piero Chiara. Le sue opere (tradotte in varie lingue) vanno da La foto di Orta (Rizzoli, Milano 1999, premio Elio Vittorini 2001, ripubblicato da Interlinea nel 2017) a Patagonia blues (Effigie, Milano 2006) fino ai recenti Milano è una selva oscura (Einaudi, Torino 2010, finalista al premio Campiello), La valle delle donne lupo (ivi, 2011), Il piatto dell’angelo (Giunti, Firenze 2013) e, insieme a Nicola Fantini, Nostra Signora degli scorpioni (Sellerio, Palermo 2014). Frequente la sua partecipazione ad antologie di racconti, fra cui Di Orta un Po. Scrittori torinesi in riva al lago (Interlinea, Novara 2010). Sempre per Interlinea nel 2012 ha pubblicato Le montagne di don Patagonia e nel 2014 Il nascimento di Tònine Jesus. Ha scritto testi per opere teatrali e ha partecipato alla sceneggiatura del film Così ridevano (regia di Gianni Amelio), Leone d’oro al festival di Venezia nel 1998. I suoi ultimi libri sono: Questo viaggio chiamavamo amore (Einaudi, Torino 2015), Che Guevara aveva un gallo (con Nicola Fantini, Sellerio, Palermo 2016), «Domani è un altro giorno» disse Rossella O’Hara (Einaudi, Torino 2017) e Il lago dove nacque Zarathustra (con Nicola Fantini, Interlinea, Novara 2018)
Pier Paolo Pasolini -“La terra di lavoro”-da: Le Ceneri di Gramsci
Honoré Daumier “Il vagone di terza classe”
Questo è l’ultimo degli undici poemetti che costituiscono “Le ceneri di Gramsci” di P.P.Pasolini, considerato se non il suo capolavoro uno dei libri più letti per la virulenza dei versi che raggiungono nei testi portanti vertiginose altezze poetiche.
Colpisce il pathos, affiora l’immagine del quadro di Daumier “Il vagone di terza classe” ma gli sguardi di quegli emarginati che si vergognano della loro povertà, vissuta come una colpa, non sono un’immagine descrittiva fine a se stessa. Non sfugge a Pasolini la dolorosa scoperta dello schiacciamento delle masse popolari da parte del potere, vittime di una società che in quei primi anni ’50 si sta delineando nelle sue forme aberranti di privilegio e di esclusione
E questi versi di denuncia non sono altro che il suo bisogno di raccontare le deformazioni della realtà sottraendosi alla logica perversa di una società corrotta e servile.
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