Fabrizio De André e i piccoli animali randagi
Biblioteca DEA SABINA
Si racconta che fin da ragazzo Fabrizio De André si prendeva cura di i, erano le premesse di una cura rivolta verso gli ultimi, gli emarginati, i non allineati.
Si racconta che fin da ragazzo Fabrizio De André si prendeva cura di i, erano le premesse di una cura rivolta verso gli ultimi, gli emarginati, i non allineati.
“Anche se il nostro maggio
ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
vi ha fatto guardare in terra
se avete deciso in fretta
che non era la vostra guerra
voi non avete fermato il vento
gli avete fatto perdere tempo.
E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
voi siete stati lo strumento
per farci perdere un sacco di tempo.
Se avete lasciato fare
ai professionisti dei manganelli
per liberarvi di noi canaglie
di noi teppisti di noi ribelli
lasciandoci in buonafede
sanguinare sui marciapiede
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c’eravate.
E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
se sono rimasti a posto
perfino i sassi nei vostri viali
se avete preso per buone
le “verità” dei vostri giornali
non vi è rimasto nessun argomento
per farci ancora perdere tempo.
Lo conosciamo bene
il vostro finto progresso
il vostro comandamento
“Ama il consumo come te stesso”
e se voi lo avete osservato
fino ad assolvere chi ci ha sparato
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
voi non potete fermare il vento
gli fate solo perdere tempo.”
Fabrizio De André
Renato GUTTUSO,“1 maggio”, 1956 Inchiostro su carta
«Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella»
L’inizio di questa canzone appartiene alla memoria collettiva di questo paese.
Il brano fu scritto e composto nel 1962 da Fabrizio De André, con l’arrangiamento musicale di Gian Piero Reverberi. La storia di Marinella fu pubblicata la prima volta all’interno del disco Valzer per un amore / La canzone di Marinella nel 1964.
L’inizio della canzone ha sempre interessato le persone che si avvicinavano alla musica di Fabrizio, poiché l’inserimento delle parole «è la storia vera» lascia aperta la possibilità che i fatti scritti e cantati possano essere realmente accaduti.
«La Canzone di Marinella non è nata per caso, semplicemente perché volevo raccontare una favola d’amore. E’ tutto il contrario», le parole di Fabrizio si riferiscono ad un’intervista rilasciata a Luciano Lanza nel marzo del 1993.
Lo stesso De André ritornò sulla canzone di Marinella in un’altra intervista, rilasciata a Vincenzo Mollica nel 1997: «Il brano è nato da una specie di romanzo familiare applicato ad una ragazza che a 16 anni si era trovata a fare la prostituta ed era stata scaraventata nel Tanaro o nella Bormida da un delinquente. Un fatto di cronaca nera che avevo letto a quindici anni su un giornale di provincia. La storia di quella ragazza mi aveva talmente emozionato che ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte.»
Il mistero fu svelato dallo stesso cantautore.
La canzone si basava su fatti realmente accaduti.
Gli interrogativi si dissolsero completamente?
In tutti tranne nella testa di una persona, uno psicologo di Asti, che nel 2012 diede alle stampe un libro all’interno del quale svelava la vera storia di Marinella.
Il medico si chiama Roberto Argenta e il libro “La storia di Marinella, quella vera”.
Argenta conversando con una paziente, ricordando un’intervista televisiva in cui De André raccontava dell’essersi ispirato ad un episodio di cronaca locale mentre si trovava ad Asti, si pose nuovamente l’interrogativo su chi fosse quella Marinella che « era stata scaraventata nel Tanaro o nella Bormida da un delinquente.» La prima domanda che mi sono posto è questa: perché Fabrizio si trovava ad Asti? De André nacque nel quartiere genovese di Pegli il 18 febbraio del 1940, da genitori piemontesi che si erano trasferiti in Liguria dopo la nascita del primogenito Mauro. Il padre, pur provenendo da una famiglia modesta, riuscì a far fortuna sino a diventare vicesindaco di Genova, presidente della società Eridania e promotore della Fiera del Mare di Genova. La famiglia d’origine della madre era benestante, con affari nel campo della viticoltura.
Fabrizio visse da sfollato nella campagna astigiana, esattamente a Revignano d’Asti, dove il padre aveva acquistato la Cascina dell’orto dopo i bombardamenti del 1941 che colpirono Genova. Il padre visse a Genova ancora qualche anno, sino al 1944, per poi raggiungere la famiglia nella campagna piemontese poiché era ricercato per aver coperto i suoi alunni ebrei.
Nell’immediato dopoguerra la famiglia De André fece ritorno a Genova, dove il giovane Fabrizio svolse tutto il percorso di studi.
La terra astigiana diede rifugio alla famiglia del futuro cantautore nel periodo della seconda guerra mondiale.
L’evento, sui Fabrizio s’ispirò per comporre la canzone, sarebbe apparso sul quotidiano la Nuova Stampa del 30 gennaio 1953 e si riferiva ad una donna di nome Maria, uccisa e ritrovata nel fiume Olona tra Rho e Milano. Il corpo fu rinvenuto crivellato di colpi d’arma da fuoco.
La donna si chiamava Maria Boccuzzi, ballerina e prostituta. I l caso, che non fu mai risolto, appassionò gli italiani e i giornalisti, apparendo per diverse settimane nelle pagine di cronaca nera di molti quotidiani dell’epoca.
Maria nacque a Radicena, attualmente Taurianova, in Calabria il giorno 8 d’ottobre del 1920.
L’estrazione sociale di Maria era molto diversa da quella di Fabrizio, poiché nacque in una famiglia molto povera che si dedicava all’agricoltura. Intorno ai 9 anni emigrò, con tutta la famiglia, a Milano in cerca di fortuna. Nel 1934 iniziò a lavorare – perché un tempo a 14 anni si lavorava se non si nasceva in una famiglia benestante – e sul posto di lavoro conobbe un ragazzo, Mario, di cui s’innamorò follemente. Il rapporto tra i due ragazzi non era visto di buon occhio dai genitori di lei, motivo scatenante della fuga dai giovani. La mancanza di denaro e l’impossibilità di chiedere aiuto alle famiglie influì negativamente sul rapporto, tanto che un anno dopo la fuga d’amore i due ragazzi divisero le proprie strade. La ragazza decise di iniziare una nuova attività, quella della ballerina, assumendo il nome d’arte di Mary Pirimpò. La ragazza divenne l’amante di un uomo, tale Luigi Citi, ed in seguito di un protettore, Carlo Soresi conosciuto con il soprannome di Carlone, che l’avviò alla prostituzione.
Iniziò l’attività a San Salvario, quartiere centrale di Torino, per poi spostarsi a Firenze ed infine a Milano.
La notte del 28 gennaio 1953, data in cui Fabrizio aveva 13 anni, fu uccisa a colpi di pistola e spinta nel fiume ancora agonizzante. La trovarono, verso l’ora di pranzo, tra le acque del fiume Olona, un gruppo di ragazzini che passavano il tempo giocando a pallone sul prato che correva sul fianco del fiume. Giunsero le forze dell’ordine, piccole domande, qualche perlustrazione, il corpo adagiato sull’automobile in direzione dell’obitorio. Il corpo rimase senza nome sino a quando una collega effettuò il riconoscimento.
Siamo di fronte ad una piccola incongruenza, poiché Fabrizio parlava del fiume Bormida o del Tanaro mentre Roberto Argenta, nella sua mirabile opera d’investigazione, colloca il ritrovamento del cadavere nel fiume Olona presso Milano. De André all’epoca dei fatti aveva 13 anni e scrisse la canzone quasi 10 anni dopo, motivo che potrebbe farci pensare ad una piccola dimenticanza in riferimento ad una notizia apparsa in un trafiletto della cronaca nera di un quotidiano del tempo. Ritengo molto interessanti le parole di Argenta, rilasciate al quotidiano La Stampa di Torino, apparse in un articolo datato 31 dicembre 2012: «la ricerca della vera storia di Marinella è stata di per sé un’esperienza bella e avvincente. E anche se le vicende che ho ricostruito non hanno avuto come ambientazione l’Astigiano, a me rimane il piacere di pensare che in fondo la vera storia di Marinella e la carriera di De André abbiano avuto inizio sulle sponde del Tanaro». Non potremo mai avere certezza che lo psicologo di Asti abbia ragione. Non esiste la controprova. Quello di Argenta rimane un bellissimo esempio di ricerca da parte di un non professionista del settore. La canzone di Marinella ha lasciato un profondo segno nell’immaginario collettivo italiano, che possiamo comprendere leggendo le parole di Don Luigi Ciotti: «una storia senza tempo, che parlava di persone senza storia. Marinella era una prostituta, il cui corpo era stato trovato massacrato sul greto di un torrente. Sembra storia di oggi, ma è purtroppo storia di sempre. Una tragedia anonima, capace di rubare dieci righe a un giornale di provincia, letta alla luce della cronaca. Vista in controluce, invece, diventa un dramma intenso, oltre la storia, a tracciare il percorso della radicata vicinanza tra amore e morte. Di un amore che non conosce scale gerarchiche, di una morte che sublima in dignità estrema del povero.»
Fabio Casalini
BIBLIOGRAFIA
Carlo Francesco Conti – Ecco come ho scovato la vera storia della Marinella di Fabrizio De André – La Stampa, 31 dicembre 2012
Roberto Argenta – Storia di Marinella, quella vera – collana Le nostre storie, Torino, Neos, 2012
Olga Merli – Un guanto di donna tra l’erba. Il mistero della morte di Mary Pirimpò – cronaca-nera.it, 7 giugno 2012
Cominciamo subito con annunciare che a metà settembre arriverà sugli scaffali l’attesissimo terzo capitolo della saga che Antonio Scurati ha dedicato al Fascismo: M. Gli ultimi giorni dell’Europa. In questo nuovo pannello del suo grande progetto letterario e civile, Scurati inquadra il fatale triennio 1938-40, culmine dell’autoinganno dell’Italia fascista, che si piega all’infamia delle leggi razziali e dell’alleanza con la Germania nazista, e ripercorre gli ultimi giorni di un’Europa squassata da atti di barbara prevaricazione e incapace di sottrarsi al maleficio dei totalitarismi. Siamo nel maggio del 1938, e Mussolini insieme a Vittorio Emanuele III e al ministro degli esteri Ciano attende il convoglio con il quale Hitler e i suoi gerarchi scendono in Italia per una visita che toccherà Roma, Napoli e Firenze. Da poche settimane Hitler ha proclamato l’Anschluss dell’Austria e Mussolini, dopo aver deciso l’uscita dell’Italia dalla Società delle Nazioni, si appresta a promulgare una legislazione razziale di inaudita durezza. Eppure sono ancora molti a sperare che il delirio di potenza dei due capi di Stato possa fermarsi: tra loro Ranuccio Bianchi Bandinelli, l’archeologo incaricato di guidare il Führer tra le rovine della città eterna; Renzo Ravenna, decorato nella Grande guerra, fascista zelante e podestà di Ferrara, che al pari di migliaia di altri ebrei italiani non si dà pace per i provvedimenti che lo pongono ai margini della vita civile; Margherita Sarfatti, che sino all’ultimo spera in uno spostamento degli equilibri verso l’asse anglofrancese ma deve cedere il passo alla giovane Claretta Petacci e fuggire; e lo stesso Ciano, distratto da tresche sentimentali e politiche insensate come il piano di conquista dell’Albania, che solo un anno dopo, nel maggio 1939, si trova a siglare insieme a Ribbentrop il Patto d’Acciaio.
Il secondo titolo che vogliamo raccontare è invece Il libro della speranza. Manuale di sopravvivenza per un pianeta in pericolo di Jane Goodall. La leggendaria etologa ci ricorda in questa pagine che la speranza non è mai stata così necessaria: in decenni spesi a combattere per la natura ha assistito alle peggiori devastazioni dell’uomo sull’ambiente; eppure conserva ancora la fiducia in una nuova alleanza tra gli esseri umani e il pianeta, e la ripone in una ritrovata armonia tra l’intelletto degli uomini e il loro spirito indomito, e nel potere delle nuove generazioni. Attraverso il dialogo con Douglas Abrams, Goodall intreccia la sua storia – l’infanzia in Inghilterra, la ricerca pionieristica sugli scimpanzé a Gombe, in Tanzania, il ruolo di Messaggera di Pace delle Nazioni Unite – con un appello urgente perché ognuno di noi trovi le proprie ragioni per sperare e di conseguenza agire.
Infine Nove vite e dieci blues è l’autobiografia di uno dei protagonisti del panorama musicale italiano, Mauro Pagani, che vaga tra i ricordi ripercorrendo l’infanzia e l’adolescenza a Chiari, l’amore per il violino e la musica classica, e poi la folgorazione per il rock e il blues; gli anni fondamentali con la Premiata Forneria Marconi, dai dancing di provincia alle vette delle classifiche internazionali, in giro per il mondo a suonare e a incontrare l’olimpo del rock; poi il congedo dalla rockstar e una nuova vita a voce bassa e passo lieve, dentro la musica del mondo – il Canzoniere del Lazio, gli Area, Demetrio Stratos, Carnascialia – e dentro l’universo speciale di Fabrizio De André, principe libero, a scrivere capolavori come Creuza de mä e Le nuvole; e ancora, la nascita delle Officine Meccaniche, fabbrica di canzoni, di colonne sonore e di sogni, le direzioni artistiche, i festival.
Passiamo alla narrativa straniera e cominciamo subito con Matrix, nuovo libro di un’autrice molto amata anche in Italia, Lauren Groff. Siamo in Inghilterra nel dodicesimo secolo. Marie, bandita dalla corte della regina Eleonora d’Aquitania, che ama di un amore ardente, è una ragazza sola, figlia illegittima di re, inutilmente colta, inutilmente appassionata, destinata com’è a una vita di clausura in un’abbazia che ha conosciuto giorni migliori, abitata da un piccolo popolo di donne inacidite dalla segregazione, dispettose, anche solo vecchissime. Però Marie riconosce in quell’enclave isolata, così importante per l’economia del contado, una possibilità di crescita, di potere, anche. E così prende le redini di un’impresa tutta da costruire che la porterà a scivolare in silenzio fuori dal raggio autoritario del clero locale, verso un’indipendenza di spirito e di azione destinata a trasformare l’abbazia in un cuore pulsante di energie, fervido di progetti, illuminato, vivo, in cui ogni donna ha il suo posto e la sua occasione di brillare. Ma da fuori premono l’invidia, le chiacchiere, la curiosità morbosa per quell’Utopia prima del tempo.
Restiamo in Inghilterra, più precisamente nel Northumberland, anche con Sacrificio di Sarah Moss: Silvie ha diciassette anni e sta passando le vacanze nell’Età del Ferro perché suo padre, appassionato di storia, per due settimane ha deciso di trascinare moglie e figlia in una zona remota per partecipare a un seminario estivo del professor Slade: insieme ad alcuni studenti vivranno come gli Antichi Britanni, di caccia e raccolta, senza contatti con altre persone o con qualsiasi forma di modernità, imparando a intrecciare cesti, ricreando la vita di una comunità del tempo. La vita in tutta la sua purezza, a contatto con la natura, come la natura spietata. Silvie sa fin troppo bene che la violenza è ovunque, persino tra le persone che dovrebbero amarla e proteggerla. L’esperimento funziona, e induce gli uomini del gruppo, ormai presi dalla finzione che hanno innescato loro stessi, ad accanirsi sulla preda più indifesa. Proprio come nella preistoria.
Dalla Gran Bretagna ci spostiamo in Bretagna, con Alla linea di Joseph Ponthus, romanzo-poesia e caso editoriale in Francia, che racconta di un operaio interinale che lavora prima nella conservazione del pesce e poi in un mattatoio. Giorno dopo giorno elenca con precisione i gesti del lavoro alla catena di montaggio, il fragore, la stanchezza immensa, i sogni inghiottiti dalla ripetizione di riti sfinenti, la sofferenza del corpo e l’annullamento dell’anima. A salvarlo è il fatto di avere una vita parallela, interiore, animata dai grandi autori latini, dalle canzoni di Trenet, dai romanzi di Dumas. È la sua vittoria precaria sull’alienazione del lavoro ripetitivo, una vittoria nutrita anche dalla gioia delle domeniche, dall’affetto per un cane, dall’amore per una donna, dall’odore del mare.
A chi possiamo, a chi dobbiamo credere quando ci tuffiamo nelle acque insondabili della memoria familiare? È la domanda cui tenta di rispondere L’acqua più profonda di Katya Apekina, la storia di Edie e Mae, sedici e quattordici anni, che sono costrette a lasciare la casa dove sono cresciute in Louisiana per andare a vivere a New York con il padre Dennis, dopo che la madre, Marianne, viene ricoverata contro la sua volontà in un ospedale psichiatrico. All’inizio le ragazze non si fidano di lui, ma il legame fra loro comincia a sgretolarsi quando Edie sceglie di rimanere fedele a Marianne, convinta che Dennis sia il vero responsabile del suo crollo, mentre Mae si avvicina sempre più al padre.
Restiamo a New York anche in Fake accounts di Lauren Oyler, che prende il via nel momento in cui la protagonista, una giovane donna con opinioni molto decise sulla Rete, di cui pure fa uso nella vita privata e su cui si fonda il suo mestiere, sbircia il cellulare del suo ragazzo, Felix, e scopre che è un celebre complottista anonimo. Questo spiega in parte il suo distacco e la sua elusività, ed è quasi un sollievo, perché le offre una buona ragione per lasciarlo, come già stava pensando di fare. Ma poi un incidente fa precipitare la situazione, e lei decide di lasciare New York e tornare a Berlino, dove lei e Felix si sono conosciuti. Qui si immerge in un mondo di expat, che sembrano dotati di identità evanescenti e si guardano bene dal mettere radici, tutti sospesi in una sorta di acquario, in attesa di non meglio precisate certezze. Chiaro che di gente così non ci si può fidare, come del resto di Felix. E di lei ci possiamo fidare, noi che leggiamo la sua storia e ascoltiamo divertiti e sconcertati la sua versione dei fatti?
Passiamo alla saggistica e alla nostra collana Overlook, cominciando da Parla bene, pensa bene. Piccolo dizionario delle identità di Beatrice Cristalli. Le parole sono importanti, vanno scelte con cura. E questo è tanto più vero quando parliamo delle identità che ci abitano, un discorso che si impone con urgenza in una società che ambisce ad abbracciare la complessità e però manca di una base condivisa per capirla e per descriverla: le parole, appunto. Ma come si può comprendere la conversazione se non si possiedono le parole? Come si può intervenire in modo responsabile nel dibattito se non si hanno gli strumenti primi per decifrarlo? Ecco allora un piccolo dizionario che raccoglie e prova a spiegare le parole – da binarismo di genere a gender mainstreaming, da identità a transizione, solo per dirne alcune – che ci servono per parlare bene di sesso, orientamento sessuale, orientamento romantico, identità, espressione e ruoli di genere. Parlando bene potremo pensare meglio noi stessi e gli altri, perché tutto ciò che siamo passa attraverso le parole che usiamo.
Il primo incarico di Massimo Ammaniti al Reparto dei minori irrecuperabili dell’Ospedale Psichiatrico Santa Maria della Pietà a Roma durò un giorno. L’orrore dei bambini che lì erano rinchiusi, confinati nelle sorveglianze, spesso seminudi, legati ai letti o ai termosifoni, abbandonati dalle famiglie, fu tale da essere insostenibile. Tornò sei anni dopo, nel 1972, per ridare a quei bambini, considerati irrecuperabili, una vita dignitosa. In due anni intensi e drammatici combatté giorno per giorno, con avveduta caparbietà, per cambiare abitudini, regole, comportamenti, spazi. Per rivestire i bambini, aiutarli a riscoprire il corpo, a riconoscere il loro nome. Per aprire i cancelli e far entrare il mondo. Fu una piccola grande rivoluzione, che si inseriva allora in un movimento più ampio di critica alle istituzioni manicomiali: sono gli anni dell’antipsichiatria, anni di grandi passioni che portarono Ammaniti vicino ai maestri Bollea e Basaglia, e poi su strade nuove e diverse, preferendo all’attivismo la ricerca e la cura. In Passoscuro. I miei anni tra i bambini del padiglione 8 connette l’esperienza professionale alla sua vita personale e familiare, aprendosi al dolore di una ferita – una perdita – che è stata anche il movente dei suoi studi, della sua carriera, di una vita intera spesa ad aiutare i più piccoli.
Passiamo poi agli illustrati, presentandovi le 474 risposte di Giuseppe Penone ad Alain Elkann. Non si tratta dell’ennesima intervista, ma di una conversazione nella quale Penone rievoca il passato di un’infanzia protetta nel borgo di Garessio, nell’alta Val Tanaro, i giochi da ragazzo, la passione precoce per il disegno incoraggiata dalla madre, la rivelazione del legame intimo tra uomo e natura sperimentata nei boschi e nei campi, la seduzione della materia, la scoperta della fluidità dei suoi elementi, il profumo del legno, esperienze che avrebbero segnato il suo essere scultore. Insofferente a un approccio tradizionale all’arte, matura la sua personale inclinazione ricercando materiali e forme espressive non convenzionali che lo accomunano sul finire degli anni sessanta all’Arte Povera delineata da Germano Celant.
Infine la collana CapoVersi si arricchisce di un nuovo titolo, La guerra delle bestie e degli animali, antologia di cinque poemetti, scritti tra il 2015 e il 2020, di Marija Stepanova pensata dall’autrice espressamente per i lettori italiani. Prima del successo internazionale di Memoria della memoria, ingatti, Stepanova era già un’autrice famosa: per vent’anni ha contribuito a plasmare la scena letteraria moscovita e si è fatta un nome come poeta sperimentale e indipendente anche all’estero.
In formato tascabile, per la prima volta raccolti in un unico volume, arrivano quattri saggi (Artificio e natura, 1968;, Intervallo perduto, 1980; Elogio della disarmonia, 1986, e Horror Pleni, 2008) del grande Gillo Dorfles. Sotto il titolo Estetica dovunque questi saggi, presentati da Massimo Cacciari, segnano altrettante tappe di una riflessione estetica ricca e dinamica, in evoluzione come materia viva.
Anche la nuova collana degli Echi si arricchisce di quattro nuovi titoli, quattro nuovi vademecum filosofici: C’è sempre posto per chi segue strade diverse di Montaigne, È l’inverno che misura la durata dei pini di Confucio, L’opinione spesso induce in errore di Spinoza e Avere cuore e carattere ha un prezzo di Diderot.
Per finire, la consueta carrellata di titoli che tornano in libreria in formato tascabile: Il bambino irraggiungibile di Manuel Sirianni, Uno in diviso di Alcide Pierantozzi, Mezzanotte tutto il giorno di Hanif Kureishi, Diario dalla galera di Imre Kertész e Il mondo conosciuto di Edward P. Jones.
E per ora è tutto: appuntamento al mese prossimo. Non mancate!