Luigi Ganapini- Giorni di tarda estate.Guerra civile nell’Italia del duce
Descrizione del libro di Luigi Ganapini- BFS Edizioni-L’autore ritorna su uno dei suoi argomenti di ricerca privilegiati: la guerra civile che ha interessato l’Italia tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945. Le seguenti citazioni chiariscono quali sono gli obiettivi della ricerca: «Il nostro compito odierno è quello di distruggere la capacità della tirannide di continuare a tenere in catene vittime e testimoni molto dopo che la prigione è stata smantellata» (Z. Bauman). «Nessuna sindrome può veramente essere strappata alla sua tragica fissità se prima non spingiamo l’immaginazione dentro il suo cuore» (J. Hillman). L’immaginazione di cui si parla non è tuttavia sinonimo di fantasia o invenzione, ma si riferisce all’uso di una narrazione più “umana”, meno arida, capace di far intuire i moti dell’anima. Ampio è il ricorso a testimonianze – scritte o orali, coeve ai fatti o rilasciate a posteriori – capaci di evocare esperienze di vita e stati d’animo illuminanti la realtà di quel conflitto, spesso intrecciato alla vita ordinaria di un popolo. Lo studioso di storia, qual è l’autore, affianca a ciò il riscontro puntuale con le fonti, l’attenzione per ogni sfumatura rivelatrice, il rispetto per il senso di ciò che ha rintracciato.
Descrizione del libri di Mavie Da Ponte- Fine di un matrimonio comincia con la fine del matrimonio tra Berta e Libero. Berta ha una galleria d’arte e Libero ha un’altra. Berta non ascolta cosa le stia dicendo Libero, non capisce perché quest’altra donna di cui non ha mai sospettato nulla, di cui non conosce il nome, appaia e si mangi il suo futuro. Libero, invece, quella sera – in cui tutto finisce e tutto comincia – esce di casa, e scompare. È vero, diceva sempre di essere stanco del suo lavoro e della sua vita, ma che c’entra un’altra donna? Perché ne aveva bisogno? Berta non lo sa, e nel tentativo di capirlo parla d’altro: di sé, del proprio corpo, di cosa può farne adesso che è sola, ha quasi cinquant’anni e non è né giovane né vecchia, adesso che è esattamente com’era prima di sposarsi. Berta racconta la fine del suo matrimonio per iniziare a raccontare se stessa, perché i romanzi – certi romanzi, e di sicuro questo –, proprio come la vita, non sono solo “fatti”: tra una vicenda e un’altra, tra la fine di un matrimonio e l’inizio di qualcosa di diverso, ci sono pensieri, parole, opere e omissioni. Ci sono rimpianti – è tardi per avere un figlio? e per recuperare il rapporto con la propria madre? –, dubbi e paure. C’è il bisogno disperato di dimostrare a se stessi di essere vivi. Innamorarsi, in fondo, è più semplice che tenere in piedi un matrimonio o una relazione, ricominciare è meno faticoso che provare a riparare: questo racconta, a ogni riga, l’esordio di Mavie Da Ponte. O, forse, mostra che definirsi “innamorati” è troppo facile, e per questo non bisognerebbe mai dirlo. Così Berta, quando scegliere non sembra più una possibilità e le difficoltà dei suoi rapporti paiono insormontabili, capisce che frequentare il salone di bellezza di Sara – la chiama così per semplificare, ma quale sarà il suo nome cinese? – ha più a che fare con il pensiero e l’arte che con le unghie: anzi, le unghie e il corpo certe volte possono essere il pensiero e l’arte.
Un romanzo malinconico e buffo, pieno di tenerezza e di sorpresa, la storia di una donna che si piega e si spezza, e non fa niente: essere interi non è il punto, il punto è provare a essere felici.
Mavie Da Ponte
Mavie Da Ponte- è nata nel 1987, vicino al mare e in mezzo alle storie. Dopo studi linguistici e un dottorato in letteratura francese contemporanea, oggi si dedica alla scrittura. Fine di un matrimonio è il suo primo romanzo.
DESCRIZIONE-del libro di Roberto Ciccarelli-L’odio dei poveri -Biblioteca DEA SABINA Una rigorosa inchiesta politico-filosofica sul welfare. Che cos’è l’«odio dei poveri» che dà il titolo a questo libro? È l’odio verso i poveri o il loro odio verso chi li definisce tali, confermandone e approfondendone la subalternità? A partire da questa doppia definizione, “L’odio dei poveri” si rivela non un semplice saggio su quello che un tempo si sarebbe chiamato «odio di classe», ma una disamina acuta e originale dei conflitti sociali e di potere che indirizzano il nostro linguaggio: termini taglienti e spesso di difficile comprensione come «occupabili», «inclusione attiva», «reddito di cittadinanza», «povertà assoluta» e «relativa» e soprattutto il bicefalo «workfare» – la versione impoverita del welfare – rappresentano in Occidente l’arma più astuta usata dal sistema per governare la precarietà delle vite. In un momento in cui lo slittamento a destra dell’assetto politico sembra non aver fine (e in Italia il governo Meloni svela il suo lato più inquietante e punitivo ai danni dei poveri), Roberto Ciccarelli decostruisce un importante pezzo di storia e di microfisica del potere attuale, fornendo nuovi strumenti all’opposizione politica.
Roberto Ciccarelli-L’odio dei poveri
La recensione
Miseria e povertà-Articolo di Emiliano Sbraglia
Ponte alle Grazie pubblica “L’odio dei poveri” di Roberto Ciccarelli: analisi spietata di una società diseguale, gestita nel nome del workfare
Il titolo di questo volume, L’odio dei poveri (Ponte alle Grazie, pp. 316, euro 18), viene spiegato nella sua doppia accezione all’inizio del capitolo primo: “L’odio dei poveri, in entrambi i sensi del genitivo, attivo e passivo. Nel senso che il povero è odiato e può odiare”. A scriverlo Roberto Ciccarelli, filosofo e giornalista, che nelle riflessioni sul tema per “il manifesto” aveva già dato ai suoi lettori l’opportunità di entrare tra i meandri di un’analisi affatto semplice, come semplice non è l’argomento di cui tratta.
Avvalendosi anche di una ricerca condotta negli ultimi anni per il dipartimento di Scienze della formazione dell’Università Roma Tre riguardante il reddito di cittadinanza in Italia, e alle relative politiche pubbliche per l’occupazione, Ciccarelli mette insieme i segmenti sparsi della società contemporanea, non solo italiana, raccolti sotto l’ombrello di un neoliberalismo che per l’autore è un nuovo liberalismo politico e non soltanto economico, come viene solitamente analizzato dai comunicatori di professione, e che può esser definito come una “variante politica del rapporto tra democrazia e capitalismo basato su un progetto classista”.
Affermatosi attraverso diverse strategie di potere, che alternano indifferentemente colpi di stato a elezioni almeno in apparenza democratiche, il neoliberalismo dei nostri giorni utilizza principalmente lo strumento del workfare, versione subdola e volutamente impoverita del welfare, che consente a chi governa di mantenere lo stato delle cose come meglio conviene a pochi, sempre più ricchi, o di modificarle sempre a loro vantaggio, a scapito dei molti, della moltitudine. Una moltitudine sempre più povera anche se lavora, ed è proprio questo uno tra gli elementi costitutivi del sistema di workfare utilizzato, che nell’utilissimo glossario posto in appendice viene descritto come “un’espressione che indica lo Stato sociale conservatore”, e dunque “un insieme di istruzioni tecniche, norme e politiche socio-assistenziali, ispirate alle condizionalità del welfare”.
Tutto questo comporta, per chi tenta di uscire dalla sua condizione di povertà, l’involontario assorbimento all’interno di un groviglio da cui è sempre più complicato dipanarsi, perché la formula delle “politiche attive del lavoro” ormai troppo spesso si rivela poco altro che un metodo di assistenzialismo da accettare e basta, all’interno di un sistema passivo che ti vuole passivo, perché in realtà non concede potenziali e nuove opportunità professionali, e dunque esistenziali, elargendo soltanto quanto basta per una sopravvivenza che definire dignitosa diviene ogni giorno più complicato.
Accanto ai working poor, categoria da qualche tempo riconoscibile non soltanto nel nostro Paese (l’autore ci invita a riguardare con maggior attenzione critica la pellicola del 2016 di Ken Loach “Io, Daniel Blake”), ci sono poi i poveri-poveri, quelli che incrociamo per la strada, che facciamo finta di non vedere o che guardiamo soltanto un attimo, per attutire un istintivo senso di colpa, di dubbia provenienza, che mette direttamente in discussione i rapporti sociali, i rapporti tra le persone.
Ecco perché forse la prospettiva comune dovrebbe essere quella di un commonfare, termine che si incontra nelle conclusioni al libro, non a caso titolate “Non c’è un’ora X”, perché non esiste un tempo stabilito per cambiare l’attuale (dis)ordine delle cose, ma esiste un tempo per tentare di liberare la forza-lavoro, per una liberazione della forza lavoro, restituendo a noi stessi la dignità delle proprie esistenze. Potrebbe accadere così, nella “liberazione del tempo sociale”, che niente potrebbe essere più importante per un essere umano della vicinanza con un altro essere umano.
Torneremmo in questo modo a intendere la povertà come sinonimo di solidarietà, una solidarietà costruita su azioni concrete per tentare di cambiare la realtà quotidiana delle persone, lasciando la miseria a chi è misero nelle sue intenzioni, quelle di continuare a ottenere immensi profitti per pochi a scapito di tutti gli altri.
Sergio Rostagno-Una nuova esistenza oltre la vergogna – l’ultimo libro di Marco Bouchard-
Articolo di Sergio Rostagno-Il libro di Marco Bouchard* si presenta come composto di due parti. Il tema è la vergogna, che a volte si prova, che significato ha e come reagire. Nelle prime 80 pagine l’autore (magistrato emerito che conosce bene le situazioni umane dello scacco e le indebite e ingiuste soluzioni che a volte la società presenta) ci aiuta a esaminare da vicino il senso personale di vergogna che ciascuno prova involontariamente, specie nell’adolescenza. Per di più ne abbiamo appunto vergogna e ne soffriamo senza trovare la via d’uscita.
M. Bouchard, La vergogna del giusto e dell’ingiusto. Storia e pensieri di un’emozione inattuale.
Nello stesso tempo noi, poco alla volta, riusciamo a addomesticare la vergogna nel corso del nostro auto-riconoscimento e l’autore può sottolineare l’importanza di questa scuola che la vita ci offre malgrado tutto. La vergogna fa parte di noi stessi, del nostro auto-riconoscimento e della nostra sensibilità personale, nell’ingiusto e nel giusto. È giusto provare vergogna (specie di fronte a fatti che fanno inorridire); è invece ingiusto colpevolizzarci e quasi compiacersi di non riuscire a vincerla.
Nei successivi capitoli l’autore esamina “giusto e ingiusto” sotto forma di negazione e superamento della negazione.
L’autore ragiona sulla vergogna e ci aiuta a trovare il meglio della vergogna. Come si passa dalla vergogna a una ammissione di colpa? L’autore crede nella possibilità di uscire dalla vergogna ed è interessante notare come riesce a farlo.
Contro la vergogna non funziona la riparazione e non si parla di espiazione. Riparazione ed espiazione restano nella zona del compromesso e peggiorano la situazione. Si esce invece da una condizione opprimente e si arriva a respirare un’aria diversa quando si volta pagina completamente. Questo è il messaggio principale del libro. La soluzione (alla quale sono dedicati diversi capitoli e lucidi esempi di letteratura e cinema) è concepita come una possibilità nella quale bisogna comunque sperare e credere.
Non, dunque, sfruttamento della vergogna in senso penitenziale o al fine di espiazione, ma rovescio di posizione. L’autore ne dà diversi esempi con casi realmente successi, secondo lui al di fuori del normale, perché indicano e aprono un nuovo cielo e una nuova terra. Questa realtà nuova si schiude da sé, senza che le istituzioni sociali o la cosiddetta vita normale vi siano propizie o propense. Da qui nasce una prospettiva nuova.
A penitenza, suicidio o espiazione, come esito della vergogna, l’autore contrappone una nuova esistenza fatta di episodi inaspettati che si producono forse per un sussulto di umanità che trova lo spazio attraverso le istituzioni e le volontà avverse. Tra gli esempi anche quello del miglioramento della vita nel carcere.
Un grande tema umano e un grosso tema filosofico e religioso, quello della negazione e del suo rovesciamento. Tema umano e teologico allo stesso tempo. La positività emerge senza che noi ne sappiamo dare una ragione. Succede che ne possiamo afferrare la possibilità e con questa alla fine sfruttiamo al meglio anche la vergogna e la governiamo con un esito limpido, psicologicamente e socialmente positivo. Che l’essere umano possa alzare le vele, quando soffia il vento dello Spirito.
* M. Bouchard, La vergogna del giusto e dell’ingiusto. Storia e pensieri di un’emozione inattuale. Torino, Bollati Boringhieri, 2025, pp. 157, euro 14.
Fonte-Riforma.it-Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste
Bertrand Russell :Storia della filosofia occidentale e dei suoi rapporti con le vicende politiche e sociali dall’antichità a oggi
Descrizione-
Vero e proprio capolavoro di sintesi e di chiarezza espositiva, la “Storia della filosofia occidentale”di Bertrand Russell si offre come un quadro completo dello sviluppo del pensiero filosofico, all’interno del quale i singoli pensatori sono collocati nel loro contesto storico e sociale a dimostrare che l’opera di un filosofo non sorge mai isolata, bensì riflette ed elabora le idee e i sentimenti che sono comuni alla società di cui fa parte. L’opera di Russell, priva di difficoltà terminologiche e di disquisizioni tecniche, rappresenta uno dei migliori e più conosciuti esempi di divulgazione filosofica.
Bertrand Arthur William Russell
Breve biografia di Bertrand Arthur William Russellnacque il 18 maggio 1872 a Ravenscroft (Galles). A causa della morte precoce dei suoi genitori venne allevato dalla nonna, scozzese e presbiteriana, sostenitrice dei diritti degli Irlandesi e contraria alla politica imperialista inglese in Africa. Ricevette la prima educazione da precettori privati agnostici, imparando perfettamente il francese e il tedesco, appassionandosi fin da subito, grazie alla ricca biblioteca del nonno, alla storia e soprattutto alla geometria di Euclide. Attraverso il pensiero del grande matematico dell’antichità, il piccolo Russell scoprì la bellezza e il rigore di quella disciplina, troppo spesso vista a torto come un’arida astrazione. La sua fanciullezza, tuttavia, non fu del tutto felice, almeno fino ai diciotto anni, quando entrò al Trinity College di Cambridge, posto magico che gli svelò “un mondo nuovo” e dove godette di “un periodo di infinita letizia”.
Bertrand Arthur William Russell
Fu, per un breve periodo, hegeliano e seguì la filosofia di Bradley, ma intorno al 1898 sotto l’influenza di G. E. Moore si liberò dell’idealismo e rientrò nell’empirismo, dottrina tradizionale della filosofia inglese. Molti e importanti sono i suoi contributi a questa concezione empirica e realista del pensiero, tra cui rimangono a imperitura memoria: “I problemi della filosofia” (1912), “La conoscenza del mondo esterno” (1914), “Misticismo e logica” (1918), “L’analisi della mente” (1921) e “L’analisi della materia” (1927).
Nel 1918, per aver scritto un articolo a favore del pacifismo, dovette scontare sei mesi di carcere dove scrisse la sua “Introduzione alla filosofia matematica”. Dopo la guerra fu in Russia e in Cina; dal 1938 visse e insegnò negli Stati Uniti. Nel 1940, a causa dello scandalo che le sue teorie etiche e sociali avevano suscitato, fu privato dell’incarico al City College di New York. Nel 1944 tornò a vivere in Inghilterra e ad insegnare al Trinity College dove completò una delle sue opere fondamentali: “La conoscenza umana, suo ambito e suoi limiti”. Nel 1950 Bertrand Russell ricevette il premio Nobel per la letteratura.
Spese gli ultimi anni della sua vita nella difesa dei suoi ideali etico-politici. Con grande coerenza e pagando di persona, fu sempre in prima linea contro ogni forma di sopruso. Si schierò contro le ingiustizie del capitalismo ma anche contro l’oppressione del bolscevismo, così come combattè sia l’antisemitismo che l’orrida applicazione dei crimini nazisti.
Pacifista convinto dal tempo del primo conflitto mondiale fino alla guerra del Vietnam, si batté negli anni ’50 insieme ad Albert Einstein contro gli armamenti atomici.
Strenuo difensore dei diritti umani e tenace sostenitore delle libertà dell’individuo fu ispiratore del cosiddetto Tribunale Russell istituito per denunciare le persecuzioni ideologiche e distintosi nella lotta per smascherare i crimini di guerra contro il Vietnam.
Bertrand Russell morì in Galles, nella notte di lunedì 2 febbraio 1970 presso la sua villa.
Adriano Ossicini- Un’isola sul Tevere. Il fascismo al di là del ponte- Editori Riuniti Roma-
Descrizione del libro di Adriano Ossicini-1937-1947, dieci anni fondamentali della nostra storia riproposti insieme alla straordinaria esperienza di un giovane antifascista, studente di medicina, nell’ospedale Fatebenefratelli, in un’isola sul Tevere che diviene, via via, un’isola emblematica di libertà e di antifascismo. L’affermazione e la crisi del regime, i rapporti fra la Chiesa e lo Stato fascista, la «campagna razziale», il carcere, la guerra, la Resistenza, il ritorno alla democrazia e insieme iniziative e ricerche di avanguardia nel campo clinico, assistenziale e sociale sono rivissuti attraverso storie autobiografiche e nei colloqui con personaggi determinanti per la nostra storia come i fratelli Amendola, Bonaiuti, Murri, papa Pacelli, De Gasperi, Miglioli, Spataro, Togliatti, Parri; i cardinali Montini, Tardini e Ottaviani, don Giuseppe De Luca, padre Bozzetti uomini di scienza e di cultura come Gentile, Calogero, Musatti, Cerletti, Perrotti… L’autore, diventato uno dei piú autorevoli protagonisti nel nostro paese in campo scientifico e politico, riporta, infine, alla luce documenti inediti di grande interesse.
INDICE
17 – Una rischiosa polemica su Tucidide e il fascismo
p. 27 – Un’isola “della salute” sul Tevere
p. 35 – Il fiume sotto il letto. L’inizio di una lunga “avventura” in uno “straordinario ospedale”
p. 47 – Il medico di fronte alla “condizione umana”
p. 53 – Una lezione di vita da un operaio trockista
p. 63 – La sofferta ribellione di un parlamentare clerico-fascista
p. 78 – La vita nell’ospedale di fronte all’esperienza della guerra e all’inizio della campagna razziale
p. 93 – Il mio primo incontro con De Gasperi
p. 105 – I difficili incontri con Giovanni Gentile e Agostino Gemelli e un angoscioso “congedo”
p. 123 – Un ospedale singolare crocevia di pazienti politici, di speranze e di esperienze drammatiche
p. 134 – Davanti al sacrificio della Polonia e alla caduta di Parigi. L’Italia in guerra!
p. 145 – Studio, ospedale e politica, un equilibrio difficile. L’incontro con Franco Rodano e i primi arresti
p. 161 – “La svolta del 1942”. La guerra cambia e il cerchio si stringe
p. 175 – L’esperienza del carcere
p. 202 – La caduta del fascismo
p. 219 – La Resistenza a Roma
p. 255 – La liberazione di Roma: ricomincia la vita “legale”
p. 272 – Una difficile esperienza politica e una felice esperienza clinica
p. 302 – Polemica fine di una coraggiosa testimonianza. La sinistra cristiana si scioglie
p. 332 – Una lettera del papa, uno scontro con Togliatti e un incontro con De Gasperi. Addio all’Isola
p. 361 – Indice dei nomi-
Breve Biografia di Adriano Ossiciniemerito di psicologia generale presso l’università La Sapienza di Roma è primario emerito del Centro medico psicopedagogico per la prevenzione e cura dei disturbi psichici da lui fondato nel 1947 insieme a Giovanni Bollea. Porta il suo nome la legge che riconosce la professione di psicologo. Membro per sette legislature del gruppo della Sinistra indipendente al Senato, di cui è stato vicepresidente per due legislature, ministro della Famiglia e della Solidarietà sociale. E’ autore di numerose pubblicazioni scientifiche.
Adriano Ossicini
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Adriano Ossicini
Adriano Ossicini-Psichiatra, partigiano e uomo politico italiano (Roma 1920 – ivi 2019). Volontario al Fatebenefratelli di Roma, dove si è adoperato per salvare decine di ebrei rifugiatisi nell’ospedale per sfuggire ai rastrellamenti nel Ghetto, impegnato fin da giovane nell’ambito del cattolicesimo sociale, è stato cofondatore del Movimento dei cattolici comunisti e al comando di formazioni partigiane della Sinistra Cristiana. Militante nella Resistenza romana, per il notevole contributo dato alla guerra di Liberazione è stato decorato al valor militare. Consigliere provinciale a Roma, eletto in Senato come indipendente nelle liste del PCI e aderente al gruppo della Sinistra Indipendente, confermato ininterrottamente dal 1968 al 1992, dal 1995 al 1996 ha ricoperto la carica di ministro per la Famiglia e la solidarietà sociale del governo Dini; rieletto in Senato nel 1996 nelle fila di Rinnovamento Italiano, è poi confluito in Democrazia è libertà-La Margherita (2002-2007) e successivamente nel Partito Democratico (2007-19). Psichiatra, O. ha promosso la legge per l’istituzione dell’Ordine degli psicologi, approvata nel 1989, e il primo corso di laurea in psicologia alla Sapienza, dove ha insegnato per oltre trent’anni, fondando inoltre a Roma nel 1947 il primo Centro medico psicopedagogico italiano. Presidente del Comitato nazionale di bioetica dal 1992 al 1994, nel 2009 è stato insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Adriano Ossicini –scheda ANPI-Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Nato a Roma il 20 giugno 1920, medico chirurgo e psichiatra, Medaglia d’argento al valor militare, parlamentare.Giovanissimo militante di gruppi antifascisti cattolici, nel 1937 era stato tra i fondatori del Movimento della Sinistra Cristiana, del quale fu segretario. Nello stesso anno Ossicini era stato arrestato e deferito al Tribunale speciale, che lo assolse in istruttoria. Dopo l’armistizio ecco che il giovane, al comando di formazioni partigiane della Sinistra Cristiana, entra nella Resistenza romana. Per il contributo dato alla guerra di Liberazione, è decorato al valor militare e, nel dopoguerra milita nelle file del movimento democratico della Capitale. Come indipendente di sinistra è consigliere provinciale a Roma e tra i più attivi dirigenti del movimento guidato da Ferruccio Parri. Eletto per la prima volta senatore nel 1968, ha ricoperto l’incarico a Palazzo Madama sino al 1992. Parlamentare per sette Legislature, tra il 1970 e il 1989 il professor Ossicini ha promosso la legge per l’Istituzione dell’Ordine degli psicologi, approvata nel 1989, ed ha presieduto alla Camera dei deputati la Commissione Igiene e Sanità. Presidente del Comitato nazionale di bioetica dal 1992 al 1994, Adriano Ossicini è stato ministro per la famiglia e la solidarietà sociale nel Governo Dini e, nel 2001, è stato tra i fondatori del “Laboratorio per la Polis”, una rete di cultura e formazione all’impegno civile. Nel 2007 ha sostenuto, con Francesco Rutelli, la candidatura di Walter Veltroni a leader del Partito Democratico. Particolarmente impegnato in difesa degli handicappati, Adriano Ossicini è autore di numerose pubblicazioni scientifiche.
Salvo Palazzolo- L’amore in questa città- Rizzoli – Mondadori Libri-
Descrizione del libro di Salvo Pazzolo.L’Amore in questa città-Palermo, 1935:il corpo di una studentessa, Cetti Zerilli, viene ritrovato nel palazzo dell’Università crivellato da tre colpi di pistola. Accanto a lei il cadavere di un milite fascista, in camicia nera e stivaloni. Un caso di omicidio-suicidio sentenzia la polizia del regime, che lo archivia con un’urgenza sospetta, imponendo alla stampa il silenzio. Ma è una verità viziata dalla censura, non ci sono dubbi per Felice, il padre della ragazza, che si rifiuta di accettare per quella figlia piena di vita e così amata la versione ufficiale della tragedia. E in una Palermo buia e anestetizzata dalla violenza fascista trova un complice della sua privata ricerca di giustizia in Nino Marino, coraggioso cronista del “Giornale di Sicilia” tormentato da un amore che non è mai riuscito a dimenticare. La storia di Cetti tocca Nino nel profondo, ma non potendo raccontarla sulla pagina il giornalista dovrà indagare in segreto sulla vicenda, con l’appoggio delle sue fonti – oppositori del regime come lui – e delle tracce lasciate dietro di sé da Cetti: una ragazza appassionata, innamorata dei libri e della sua libertà, e animata da una testardaggine controcorrente. A novant’anni dai fatti, Salvo Palazzolo ricostrui- sce in questo vibrante romanzo inchiesta un cold case che mette a nudo le storture di un regime liberticida, disposto a tutto pur di mantenere il potere. La storia vera di un femminicidio di Stato in queste pagine si fa memoria collettiva, e restituisce finalmente la voce a chi è stata troppo a lungo negata..
Salvo Palazzolo.(Palermo, 1970), giornalista del quotidiano “la Repubblica”, vive e lavora a Palermo, dove da anni si occupa di mafia. È autore di diversi libri su Cosa nostra.
Dopo la laurea in Giurisprudenza ha iniziato l’attività giornalistica nel 1992, al quotidiano L’Ora di Palermo. Ha poi collaborato con l’emittente TeleScirocco, i quotidiani il manifesto, La Sicilia e Il Mediterraneo, occupandosi di cronaca giudiziaria. In collaborazione con Video On Line ha realizzato il primo sito internet italiano su un processo penale, quello che ha visto imputato l’ex 007 del Sisde Bruno Contrada1999 lavora al quotidiano la Repubblica. Nel 2019 è stato nominato inviato speciale. Negli ultimi trent’anni, ha raccontato le trasformazioni del fenomeno mafioso in Sicilia dopo le stragi Falcone e Borsellino. Per le sue inchieste sulla riorganizzazione di Cosa nostra è stato oggetto di minacce. I mafiosi del clan Inzerillo, tornati dagli Stati Uniti a Palermo, sono stati intercettati dalla squadra mobile nel dicembre 2018 mentre discutevano di dargli “due colpi di mazzuolo”Palermo, minacce all’inviato Salvo Palazzolo. Insulti dopo il post del fratello del boss. Decine di messaggi di solidarietà, su la Repubblica, 8 aprile 2020. URL consultato il 12 marzo 2022."}}” data-ve-attributes=”{"typeof":"mw:Extension/ref"}”>[4][5]: non aveva gradito l’articolo che svelava la sua distribuzione di generi alimentari agli abitanti della periferia palermitana durante il lockdownSalvo Pazzolo.L’Amore in questa città-Palermo,
Un capitolo importante delle inchieste giornalistiche di Palazzolo riguarda il rapporto fra Chiesa e mafia. Nel 2004 ha intervistato il boss Pietro AglieriGiovanni Falcone e Paolo Borsellino avrebbe dovuto portare alla dissociazione di alcuni mafiosi da Cosa nostraIl capo della confraternita che accoglieva il cardinale è un boss di Cosa nostra, su la Repubblica, 1º maggio 2014. URL consultato il 12 marzo 2022."}}” data-ve-attributes=”{"typeof":"mw:Extension/ref"}”>[16][17]. Due mesi dopo, ha documentato “l’inchino” durante una delle più importanti processioni della città davanti all’agenzia di pompe funebri del boss Alessandro D’AmbrogioSalvatore Riina, a Corleone: per questo episodio, il componente di una confraternita religiosa è stato condannato a 6 mesi per il reato di “turbamento delle funzioni religiose”Vito Ievolella. Dopo aver filmato di nascosto alcuni passaggi dell’omelia, ha chiesto al padre carmelitano: “Come ha potuto celebrare messa per un mafioso, dunque per uno scomunicato dalla Chiesa?”. Il sacerdote gli ha risposto con tono minaccioso: “Stia attento a come parla, perché altrimenti lei la paga. Perché il Signore fa pagare queste cose”Corrado Lorefice, che ha richiamato don Frittitta (“C’è inconciliabilità fra l’appartenenza alle organizzazioni mafiose e il Vangelo”)SE MUOIO SOPRAVVIVIMI di Alessio Cordaro e Salvo Palazzolo. –, su vittimemafia.it, 29 settembre 2012. URL consultato il 13 marzo 2022."}}” data-ve-attributes=”{"typeof":"mw:Extension/ref"}”>[22], scritto con Alessio Cordaro, ha fatto riaprire le indagini sull’omicidio di Lia Pipitone, la giovane uccisa nel 1983, a Palermo: il nuovo processo ha portato alla condanna a 30 anni per i boss Nino Madonia e Vincenzo GalatoloPaolo Borsellino, nel libro “Ti racconterò tutte le storie che potrò”Tre donne contro i boss dei pascoli, su Archivio – la Repubblica.it. URL consultato il 13 marzo 2022."}}” data-ve-attributes=”{"typeof":"mw:Extension/ref"}”>[26][27]. Su questa vicenda, Massimo Giletti ha condotto una lunga campagna nella sua trasmissione “Non è l’arena”, in cui Palazzolo è stato ospiteSalvo Palazzolo racconta ‘I fratelli Graviano’. URL consultato il 13 marzo 2022."}}” data-ve-attributes=”{"typeof":"mw:Extension/ref"}”>[30], dedicato ai fratelli Graviano, i mafiosi delle stragi, parte dall’esperienza con don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia nel 1993: all’epoca, il sacerdote era anche assistente spirituale del gruppo Fuci, la federazione degli universitari cattolici, di cui Palazzolo era responsabile. Nel 1998, ha testimoniato al processo contro i fratelli Graviano raccontando l’impegno del sacerdote, nominato dalla Chiesa beato per il suo impegno contro le cosche.
Salvo Pazzolo.L’Amore in questa città-Palermo,
Televisione
Come coautore di programmi televisivi di inchiesta su Cosa nostra, ha collaborato con la società di produzione Magnolia e con la Rai. È fra gli sceneggiatori delle docu-fiction del regista Claudio Canepari, andate in onda su Rai 3: Scacco al re, la cattura di Provenzano; Doppio gioco, le talpe dell’antimafia; Le mani su Palermo. Quest’ultimo programma nel 2009 ha ricevuto il premio della critica alla XV edizione del premio giornalistico televisivo “Ilaria Alpi”Teatro
Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, Falcone Borsellino. Mistero di Stato, 2002, Edizioni della Battaglia
Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, Voglia di mafia. La metamorfosi di Cosa Nostra da Capaci ad oggi, 2005, Carocci editore
Ernesto Oliva e Salvo Palazzolo, 2006, Bernando Provenzano. Il ragioniere di Cosa Nostra, Rubbettino editore
Salvo Palazzolo e Michele Prestipino, Il codice Provenzano, 2007, Editori Laterza
Claudio Canepari, Piergiorgio Di Cara, Salvo Palazzolo, Scacco al re. La cattura di Provenzano, 2008, Einaudi editore
Salvo Palazzolo, I pezzi mancanti. Viaggio nei misteri della mafia, 2010, Editori Laterza
Alessio Cordaro e Salvo Palazzolo, Se muoio, sopravvivimi. La storia di mia madre che non voleva essere più la figlia di un mafioso, 2012, Melampo Editore
Agnese Borsellino con Salvo Palazzolo, Ti racconterò tutte le storie che potrò, 2013, Feltrinelli Editore
Nino Di Matteo e Salvo Palazzolo, Collusi. Perché politici, uomini delle istituzioni e manager continuano a trattare con la mafia, 2015, Bur Rizzoli
Salvo Palazzolo, I fratelli Graviano. Stragi di mafia, segreti, complicità, 2022, Editori Laterza
Maurizio de Lucia e Salvo Palazzolo, La cattura – I misteri di Matteo Messina Denaro e la mafia che cambia, 2023, Feltrinelli Editore
Novita Amadei- Da solo -Neri Pozza –Articolo di Paola Schellenbaum-
L’intenso ultimo romanzo di Novita Amadei-Pochi giorni fa, il 24 febbraio, i media hanno ricordato l’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina. Sono già passati tre anni e la situazione è in stallo. Ogni tentativo di fare progressi verso una pace giusta e duratura si arenano, come accade nelle guerre ibride, dove si utilizzano le armi insieme a disinformazione, fake news, cyberattacchi, in un clima di sospetto e di allarme continuo che impediscono fiducia e collaborazione. Se il 24 febbraio 2022 è considerato dagli ucraini un aggravamento di un conflitto, che si era già manifestato in altre forme dal 2014, non si può che concordare con il tentativo di riaffermare il ripristino del diritto internazionale e il rispetto delle regole nei negoziati, pena la disintegrazione di ciò che era stato pazientemente creato all’indomani della Seconda guerra mondiale in Europa, cioè il valore della collaborazione comunitaria e delle diversità riconciliate.
Novita Amadei
Novita Amadei- Da solo -Neri Pozza –
Novita Amadei
Che senso ha dunque riflettere su empatia e compassione, in tempo di guerra?
Il nuovo romanzo di Novita Amadei, Da solo (Neri Pozza 2025) affronta il tema, raccontando la vicenda di un bambino costretto dalla madre a mettersi in salvo da solo, salendo su un treno per Bratislava nella affollatissima stazione di Zaporizzja. Jarek ha solo 10 anni, la destinazione è scritta a penna sulla mano, nello zainetto ci sono le pagelle perché è bravo in matematica, e nella mente ha tanti giochi di immaginazione. L’Autrice, che da molti anni opera in progetti con migranti e rifugiati, ne ha ricostruito la vicenda seguendo un doppio registro: quello del romanzo inventato a cui si aggiunge un breve reportage in cui la scrittrice va in cerca dei suoi interlocutori per ascoltare quali significati e quali sacrifici hanno comportato le scelte, pur di sopravvivere. Nel rispetto della verità finzionale e di quella reale che si intrecciano, diventando risorsa una per l’altra, in un gioco di immaginazione che coinvolge lettori e lettrici. È il coraggio di una donna che è anche madre e figlia, è il coraggio di un bambino che è costretto a crescere in fretta.
L’Autrice ha sviluppato il suo talento a partire da un gruppo di ricerca che nel 2003-2006 all’OIM-Organizzazione internazionale delle migrazioni di Roma inventò l’approccio etno-sistemico-narrativo nella formazione per terapeuti transculturali e operatori psicosociali. È lì che la incontrai per la prima volta. Da allora siamo diventate amiche e siamo rimaste in contatto, nonostante le distanze geografiche, gioendo insieme per l’uscita di ogni suo nuovo libro (ricordo a Pralibro ma anche a Pinerolo le presentazioni di Dentro c’è una strada per Parigi e di Finché notte non sia più, sempre per Neri Pozza).
Da solo si legge d’un fiato per la scorrevolezza del flusso narrativo che alterna i punti di vista dei diversi personaggi coinvolti nella vicenda drammatica. È una fiaba onirica e trasformativa – una storia di guarigione – per lo stile di scrittura ma anche per la capacità dell’Autrice di chinarsi su ogni personaggio empaticamente e intersoggettivamente, al fine di raccontare quel dialogo reale e immaginario che sempre accompagna le situazioni difficili, nelle microsituazioni quotidiane. A dimostrazione di come il conflitto si sia insinuato nella società, la storia comincia con il gioco della guerra con cui i bambini si intrattengono prima che essa sia scoppiata per davvero, quando ancora un adulto può intervenire per fermarne l’insensatezza. Dopo, è troppo tardi e occorre solo affrontare l’emergenza con tutti i limiti e le difficoltà ma – talvolta – anche con le risorse positive che emergono inaspettatamente, nelle situazioni disperate, attraverso le relazioni con chi è diverso o con chi non si conosce. Come avviene nel lungo viaggio in treno per il piccolo Jarek.
In televisione la guerra in Ucraina sembra solo un gioco di cattivo gusto per questioni territoriali, mentre nel Paese la popolazione civile sperimenta condizioni di vita difficilissime, c’è la paura dello stress post-traumatico nelle famiglie, si contrasta la diffidenza che si insinua per le atrocità subite, si tenta di arginare la disperazione – sperando contro speranza – in un futuro che si allontana sempre più, con un tessuto comunitario da ricostruire, relazioni umane da salvaguardare, una nuova generazione da proteggere, di qua e al di là dei confini. Ci sono da ricostruire case, scuole, ospedali, biblioteche, teatri, cinema, centri sociali, e invece siamo fermi ai giochi geopolitici, alla volontà di dominio e al bullismo di leader che continuano a ritardare il momento in cui tutto potrà ricominciare.Articolo di Paola Schellenbaum
Fonte- Riforma.it-Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia.
Novita Amadei
Breve Biografia di Novita Amadeiè nata a Parma e vive in Francia. Lavora come consulente nel campo dell’asilo politico e delle migrazioni internazionali, e anche la sua attività da giornalista pubblicista è relativa a questi temi. Dentro c’è una strada per Parigi (Neri Pozza 2014), il suo romanzo d’esordio, è stato finalista alla prima edizione del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza e anche ai premi Bottari Lattes Grinzane e Corrado Alvaro e ha vinto il XXVIII Premio Massarosa. Sempre presso Neri Pozza sono usciti i romanzi Finché notte non sia più (2016) e Il cuore è una selva (2020), le raccolte di racconti Ragazze di Parigi (2018) e Operazione umanitaria (2019), oltre a un contributo nell’antologia L’allegra brigata (2020).
Gustavo Zagrebelsky-Il diritto mite – Legge diritti giustizia- Piccola Biblioteca Einaudi
Breve descrizione del libro di Gustavo Zagrebelsky-La prima edizione di questo libro risale a trent’anni fa. Oggi si propone una nuova edizione corredata da un’Introduzione dove si cerca di rispondere alle critiche suscitate dalla novità controcorrente della tesi sostenuta.
Gustavo Zagrebelsky-il-diritto-mite
Questa è la tesi: chi maneggia il diritto sa che ciò che è davvero fondamentale sta non nella Babele dei codici, delle leggi, dei regolamenti, ma nelle concezioni della giustizia, in cui il diritto è immerso. I giuristi consapevoli della funzione sociale del diritto non possono ignorare queste radici complicate della loro professione. Il «diritto mite» è una proposta di apertura culturale indirizzata a loro. Ripercorrendo la storia europea fino allo Stato costituzionale di oggi, il libro mostra come le norme di diritto non possano più essere espressione di interessi di parte né formule imposte e subite. L’autorità della legge, infatti, come mostrano tanti esempi in materie che toccano la vita di tutti, entra in contatto con i casi della vita, illuminati dai principî di libertà e di giustizia. L’applicazione della legge da parte dei giudici è oggi ben altro compito che quello di semplici «bocche della legge».
Gustavo Zagrebelsky.Presidente Onorario Libertà e Giustizia
Gustavo Zagrebelsky
Presidente Onorario Libertà e Giustizia
Nato a San Germano Chisone (To) il 1° giugno 1943. Laureato a Torino, Facoltà di Giurisprudenza, nel 1966, in diritto costituzionale, col professor Leopoldo Elia.
Professore di diritto costituzionale e diritto costituzionale comparato alla Facoltà di Giurisprudenza e alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Sassari dal 1969 a 1975.
Professore di diritto costituzionale comparato alla Facoltà di scienze politiche dell’Università di Torino dal 1975.
Professore di diritto costituzionale alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, dal 1980 al 1995.
Dal 1995 al 2004, giudice della Corte costituzionale, per nomina del Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro e, nell’anno 2004, Presidente della Corte medesima, per elezione dal parte dei suoi componenti Alla scadenza del mandato, è stato nominato giudice e presidente emerito della Corte costituzionale.
Attualmente, è rientrato alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, dove insegna Giustizia costituzionale.
Collaboratore, prima della nomina a giudice costituzionale, del quotidiano La Stampa e, dopo la scadenza, del quotidiano La Repubblica. Socio dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia Nazionale dei Lincei; socio corrispondente della Accademia delle scienze del Cile. Dottore honoris causa all’Università di Toulon et Vars.
Componente e collaboratore di numerose riviste scientifiche italiane e straniere, tra cui Giurisprudenza costituzionale, Quaderni costituzionali e Revista Iberoamericana de Derecho Procesal Constitucional.
Socio fondatore del Gerjc (Gruppo di ricerca internazionale sulla giustizia costituzionale) con sede a Aix en Provence.
Stefano Garzaro – “Per la libertà – Raccontare oggi la resistenza “
Per un nuovo 25 aprile- Articolo di Gian Mario Gillo-Il libro Per la libertà – Raccontare oggi la resistenza di Stefano Garzaro (edito da Piemme) è stato recentemente presentato nei locali della libreria Claudiana di Torino. L’ultima fatica editoriale dell’autore, professionista nel campo dell’editoria scolastica e saggista, è un antidoto alla riscrittura della storia. Ripercorre la tragedia delle ultime due guerre mondiali e si sofferma in particolar modo sulla Seconda, preceduta dal Ventennio fascista che aveva attuato in Italia persecuzioni contro gli oppositori con la promulgazione di leggi “fascistissime”, antiebraiche e razziali, razziste; racconta poi la lotta per giungere alla Liberazione.
Stefano Garzaro – “Per la libertà – Raccontare oggi la resistenza “
Le circa duecento pagine sono anche un omaggio ai tanti martiri della giustizia e della libertà; soprattutto partigiani e partigiane, come ben ricorda nella prefazione la segretaria nazionale dell’Anpi, Michela Cella.
Il libro risponde a domande dirimenti: perché si festeggia il 25 aprile? Che cosa è stata la Resistenza? Chi furono e come operarono i partigiani? Perché l’Italia fascista decise di entrare in guerra? Soprattutto, consegna al lettore tante storie, alcune delle quali inedite. I nomi citati sono un mosaico narrativo dal quale emergono figure importanti legate all’antifascismo.
Dall’opposizione del torinese Gobetti (morto in Francia per le botte prese in Italia) si passa a quella di Giacomo Matteotti (di cui lo scorso anno ricorreva il centenario della morte), un uomo capace di essere la sintesi di qualità diverse in una persona sola: politico, intellettuale, pubblicista antiregime: per questo ucciso dai fascisti nel giugno 1924.
Cita Willy Jervis, il “traghettatore” di perseguitati su irti sentieri di montagna, che, ricercato nella zona di Ivrea, trovò rifugio in val Pellice, dove proseguì l’attività della Resistenza. Il volume ricorda anche aneddoti come quello di Sandro Pertini che, quand’era presidente della Camera dei deputati, non volle ricevere il fascista che lo teneva recluso in confino a Ventotene, all’epoca questore di Milano.
Garzaro racconta anche le tragedie belliche, sociali e antropologiche più dolorose: le stragi naziste contro i civili, come quella di Sant’Anna di Stazzema, e altre, dimenticate dalla storia; entra nell’abisso umano della Shoah, ricorda le deportazioni di politici e di dissidenti, e di coloro che erano considerati diversi.
Il libro è un omaggio al grande valore civile e umano di tante persone. Garzaro ricorda ad esempio Nunziatina, la staffetta partigiana «che visse due volte» perché sopravvissuta alla fucilazione (seppur fucilata), e ancora i due bambini napoletani, che persero la vita per liberare – impugnando le armi – la loro città.
Uno scrigno prezioso di pagine che dona nuova vita a coloro che la persero, proprio per difendere quella che oggi è la nostra libertà. Elenca nomi, fatti, storie che rischierebbero di perdersi. Partigiano della memoria, l’autore, ci regala questo piccolo manuale da leggere tutto d’un fiato come esercizio democratico in vista del prossimo 25 Aprile.
* S. Garzaro, Per la libertà – Raccontare oggi la resistenza. Milano, Piemme, 2022, pp. 192, euro 14,50.
Fonte- Riforma.it- Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste metodiste e valdesi in Italia.
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