Gramsci Antonio Jr.– La storia di una famiglia rivoluzionaria.
Antonio Gramsci e gli Schucht tra la Russia e l’Italia.
Introduzione di Raul Mordenti-Non si può non concordare con Antonio Gramsci jr. quando afferma a proposito del suo libro: «Man mano che il lavoro procedeva, ho capito che la storia della famiglia Schucht era interessante di per sé», cioè non solo come fonte per aspetti poco illuminati della vicenda biografica del massimo pensatore politico del Novecento italiano, suo nonno Antonio Gramsci.Questo giudizio dell’Autore sarà condiviso da qualsiasi lettore di questo libro, che è davvero più romanzesco di qualsiasi romanzo nel narrarci una storia familiare, cioè un concerto di tante storie personali intrecciate vitalmente fra loro sullo sfondo del «mondo grande e terribile, e complicato», (per usare le parole che il nonno del nostro Autore scrisse più volte a sua moglie).
Dall’introduzione di Raul Mordenti
[…] Man mano che il lavoro procedeva, ho capito che la storia della famiglia Schucht era interessante di per sé. È la storia di quella parte dell’intelligencija russa di estrazione nobiliare che in nome della Rivoluzione rifiutò il proprio ceto di appartenenza e, prendendo le distanze dai «preconcetti» di classe, tentò di inserirsi nel nuovo sistema di valori. Ci sono stati casi simili nella storia russa, ma quasi tutti con esiti tragici. In questo senso, la storia della famiglia Schucht, sopravvissuta felicemente alle varie terribili fasi dell’epoca sovietica, costituisce un esempio unico. […]
Nonostante il libro tratti la storia della famiglia Schucht, al centro della narrazione, anche se a volte non manifestamente, c’è sempre la figura di mio nonno, Antonio Gramsci. Sono fermamente convinto che lo studio della sua opera e della sua vita, come del resto di altri grandi classici del marxismo, non è affatto anacronistico, anzi, penso che sia molto attuale e necessario proprio ora, quando sembra che i pilastri della civiltà occidentale stiano per crollare e quando dobbiamo ricevere risposte alle domande essenziali: chi siamo, in quale direzione ci muoviamo e per quali ideali viviamo.
(Dalla prefazione dell’autore)
Antonio Gramsci jr., è nato a Mosca nel 1965 da Giuliano, secondogenito di Antonio Gramsci, e Zinaida Brykova. Laureato in biologia, ha insegnato Morfologia, sistematica e ecologia delle piante presso l’Università pedagogica di Mosca. Ha ricevuto anche una formazione musicale: inizialmente dal padre – noto musicista e pedagogo, uno dei primi promotori della musica antica in Unione Sovietica – successivamente ai corsi di musica antica nell’istituto mu- sicale «Carta Melone» e percussioni etniche. Insegna alla scuola italiana a Mosca e partecipa a varie attività musicali suonando gli strumenti antichi a fiato e percussioni etniche in varie formazioni di Mosca: «Volkonsky consort», «La Campanella», «La Spiritata», «Al-Mental» e altri. Dirige la scuola di percussioni etniche, «UniverDrums» presso l’Università Statale di Mosca e presso il laboratorio di musica elettronico-acustica del Conservatorio di Mosca, effettua ricerche sugli aspetti matematici del ritmo.
In collaborazione con la Fondazione Istituto Gramsci ha effettuato ricerche sulla storia del Pci negli anni Venti e sulla famiglia del nonno. Nell’Archivio del Comintern e in quello della famiglia Schucht ha rinvenuto molti documenti importanti che hanno contribuito a colmare lacune sia nella storia del Pci, sia nella biografia di Antonio Gramsci.
Nel 2007-2008 ha collaborato a l’Unità. Ha scritto La Russia di mio nonno. L’album familiare degli Schucht, pubblicata dall’Unità nel 2008 e nel 2010 è uscito presso Il Riformista il libro I miei nonni nella rivoluzione. Gli Schucht e Gramsci.
Editori Riuniti -Roma
La storia di una famiglia rivoluzionaria. Antonio Gramsci e gli Schucht tra la Russia e l’Italia
Autore: Gramsci Antonio Jr.
ISBN13: 9788864731278
Anno pubblicazione: 2014
€18.90 €19.90
Antonio Gramsci nacque ad Ales il 22 gennaio 1891 da Francesco Gramsci (1860-1937), i cui avi erano di origine arbëreshë, e da Giuseppina Marcias (1861-1932), di lontana ascendenza ispanica. I due si conobbero a Ghilarza, si sposarono nel 1883 e dopo un anno nacque il primogenito Gennaro; poi la famiglia si trasferì ad Ales dove Giuseppina Marcias diede alla luce Grazietta (1887-1962), Emma (1889-1920) e Antonio. Nell’autunno del 1891 il padre divenne responsabile dell’Ufficio del Registro di Sòrgono e i Gramsci traslocarono nel paese che era centro amministrativo della Barbagia Mandrolisai;[3] qui nacquero altri tre figli: Mario (1893-1945), Teresina (1895-1976) e Carlo (1897-1968).[4] Infine la famiglia rientrò a Ghilarza nel 1898 e lì fissò la dimora definitiva.[5]
Il piccolo Antonio aveva solo diciotto mesi quando sulla sua schiena si manifestarono i segnali del morbo di Pott, una tubercolosi ossea che causa il cedimento della spina dorsale e la comparsa della gobba. Ma la famiglia scelse di rifugiarsi nella superstizione, rifiutando di affidarsi alla medicina che, con una diagnosi tempestiva e un intervento chirurgico, avrebbe evitato che gli effetti della malattia provocassero danni permanenti allo scheletro e a tutto l’organismo.[6] All’età di quattro anni, Antonio per tre giorni di seguito soffrì di emorragie associate a convulsioni; secondo i medici tali avvisaglie avrebbero portato a un esito fatale, tanto che vennero comperati una piccola cassa da morto e un abito per la sepoltura.[7]
Roma – La personale dell’artista Tinamaria Marongiu dal titolo “BOX-ES ARTE COMPATTA” aperta sino al 30 ottobre 2024, posta sotto il Patrocinio della Città metropolitana di Roma Capitale. La mostra è stata inaugurata domenica 13 ottobre alla presenza dell’On. Cristina Michetelli, Consigliera Delegata al Bilancio e al Patrimonio della Città metropolitana di Roma Capitale e dell’On. Nicola Galloro
Tinamaria Marongiu è una scultrice sarda che del materiale di scarto ha fatto la propria cifra più intima di artista. Percorritrice dell’ARTE COMPATTA, espressione che si traduce in arte nel 2013, inventa un modo specifico di creare arte 3D, combinando vecchie materie di scarto e nuovi materiali, inorganici ed organici, metalli, paste e colori, che uniti fra loro diventano un corpo unico e compatto, frammenti di universo e di accadimenti di questa nostra esistenza.
L’uomo contemporaneo nel suo rapporto con la natura ha innescato una vera e propria “guerra”, attuando in continuazione modifiche strutturali e climatiche in modo talmente pervasivo da incidere negativamente sui processi naturali della geologia. Di questo rapporto conflittuale la Marongiu prende le vesti di un attento sismografo che utilizza una “cassetta degli attrezzi”, tutta particolare, in grado di manipolare “ciò-che-trova” nel suo continuo peregrinare in cerca di materie organiche e inorganiche, gettate da quell’esercito umano durante il suo stato d’assedio nei confronti della natura.
ARTE COMPATTA è la locuzione che Tinamaria utilizza in merito alla sua prospettiva artistica: gli oggetti la chiamano, spesso la catturano scoprendo in lei l'”accumulatrice seriale” dall’orecchio teso il cui scopo è quello di unire, amalgamare, colorare cinque “U”: Unicità, Universalità, Unione, Umanità, Uguaglianza, laddove la sua mano magicamente è guidata dall’universo mondo racchiuso in quel materiale di scarto, stoffe, pillole, spago, fiale, fili di ferro, piume, pezzetto di carta, pietre e altro ancora. Ai suoi occhi si apre un più vasto spazio in cui immergersi e, al contempo, fare immergere coloro che osservano il risultato ottenuto, vale a dire la scultura, essenza imprescindibile alla base dell’esistenza umana.
Fanno un tutt’uno atto a “compattare”, a far “convivere” in modo armonioso il materiale trovato con le materie plasmate al momento, miste, a loro volta, a colori e resine creando, riproponendo, come l’artista stessa ha avuto occasione di affermare, immagini di natura e frammenti di accadimenti del nostro vivere sociale.
Un viaggio verso nuovi universi fatti da un “Insieme Compatto” rispettando, anche del più piccolo frammento, la sua importanza ed unicità. Unità ed Unicità, caratteristiche considerate intrinseche perché ogni ente, ad iniziare dall’essere umano è unito e unico. Per giungere a questa concezione artistica Marongiu ha iniziato il proprio percorso basandosi su due costanti di fondo: la teca di plexiglas ribattezzata come “Box-Es”, con un evidente richiamo al bambino che freudianamente agisce sulla base delle sue sole pulsioni giocando e costruendo liberi orizzonti senza alcuna progettualità e la pillola e tutto ciò che cura, simbolo al tempo stesso sia dell’agio che del disagio dell’Antropocene.
La mostra si avvale di un catalogo con un testo critico di Domenico Segna.
Informazioni, orari e prezzi
NOTIZIE UTILI
Orari tutti i giorni 10-19. Sabato e domenica chiuso
Ingresso gratuito
Info tel. 339 7551888 | info@tinamaria.it | tinamaria-marongiu.it
Franco Fortini (pseudonimo di Franco Lattes), nato a Firenze nel 1917 da padre ebreo e madre cattolica (Fortini è il cognome della madre da lui adottato nel 1940), ha compiuto i suoi studi nella città natale laureandosi in lettere e in giurisprudenza. Espulso, in seguito alle leggi razziali, dall’organizzazione universitaria fascista, dopo l’8 settembre 1943 si trasferisce in Svizzera dove si unisce ai partigiani della Valdossola. Dal l945 si stabilisce a Milano, sua città d’adozione e dove oltre all’insegnamento svolge molteplici attività di copywriter, consulente editoriale, traduttore e, infine, come docente universitario di Storia della Critica all’ Università di Siena. Tra le sue opere: “Foglio di via e altri versi”, Einaudi, Torino, 1946; “Agonia di Natale”, Einaudi, Torino, 1948; “Dieci inverni” (1947-1957), Feltrinelli, Milano, 1957; “Poesia ed errore (1937-1957)”, Feltrinelli, Milano, 1959;”Verifica dei poteri”, Il Saggiatore, Milano, 1965; “L’ospite ingrato”, De Donato, Bari, l966; “I cani del Sinai”, De Donato, Bari, 1967; “Questioni di frontiera”, l977; “Insistenze”, l985; “Composita solvantur”, Einaudi, Torino, l995. Ha tradotto: M. Proust, “Albertina scomparsa”, Einaudi, Torino, 1952; e, dello stesso autore, “Jean Santeuil”, Einaudi, Torino, l953; Bertold Brecht, “Poesie e canzoni”, Einaudi, Torino, 1961; W. Goethe, “Faust”, Mondadori, Milano, 1970; “Il ladro di ciliege”, Einaudi, Torino, l983; “Composita solvantur”, Einaudi, Torino, 1994. Franco Fortini ha collaborato ad alcune tra le più importanti riviste del Novecento: a “Letteratura” (di Bonsanti) e “Riforma letteraria” (di Carocci e Noventa), sotto il regime fascista; e, dopo la guerra, a “Il Politecnico” (di Vittorini), “Ragionamenti” (da lui fondata nel l955 con L. Amodio, S. Caprioglio, e Roberto e Armanda Guiducci) “Officina” e “Comunità”, nonché a diversi quotidiani: dall’ “Avanti!” (di cui è stato redattore dal l945 al l948) al “Corriere della Sera”, al “Sole-24 0re”.
E’ morto a Milano nel l994.
Sonetto dei sette cinesi
Una volta il poeta di Augsburg ebbe a dire
che alla parete della stanza aveva appeso
l’Uomo del Dubbio, una stampa cinese.
L’immagine chiedeva: come agire?
Ho una foto alla parete. Vent’anni fa
nel mio obiettivo guardarono sette operai cinesi.
Guardano diffidenti o ironici o sospesi.
Sanno che non scrivo per loro. Io
so che non sono vissuti per me.
Eppure il loro dubbio qualche volta mi ha chiesto
più candide parole o atti più credibili.
A loro chiedo aiuto perché siano visibili
contraddizioni e identità fra noi.
Se un senso esiste, è questo.
(da L’ospite ingrato secondo, 1985)
Molto chiare si vedono le cose.
Puoi contare ogni foglia dei platani.
Lungo il parco di settembre
l’autobus già ne porta via qualcuna.
Ad uno ad uno tornano gli ultimi mesi,
il lavoro imperfetto e l’ansia,
le mattine, le attese e le piogge.
Lo sguardo è là ma non vede una storia
di sé o di altri. Non sa più chi sia
l’ostinato che a notte annera carte
coi segni di una lingua non più sua
e replica il suo errore.
È niente? È qualche cosa?
Una risposta a queste domande è dovuta.
La forza di luglio era grande.
Quando è passata, è passata l’estate.
Però l’estate non è tutto.
Franco Fortini, Traducendo Brecht
Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov’erano piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d’un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più voce. Gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l’odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Scrivi, mi dico, odia
chi con dolcezza guida al niente
gli uomini e le donne che con te si accompagnano
e credono di non sapere. Fra quelle dei nemici
scrivi anche il tuo nome. Il temporale
è sparito con enfasi. La natura
per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia
lasciare che ci giudichino guidarli essere guidati
con loro volere il bene fare con loro il male
e il bene la realtà servire negare mutare.
1944/47
*
Scoprivi il mare di sera, era qua
e là verde, qua e là nero vino.
Un’alga lunga era quieta a mezz’acqua.
Così non visto muta un destino.
Non dava segno di vita la “monaca” violetta.
Poi si staccò, calò al fondo su ali eque.
Fu paura o che? Da allora tacque
la verità ma aspetta.
PER TRE MOMENTI
1
Queste foglie d’aceri e questa luce
mi rammentano che una volta sono stato
visitatore d’un santuario, viaggiando la Cina.
Era il mese di settembre, c’era una luce così.
Così le foglie nella valletta ventilata.
Indulgo ai cortili perfetti, indulgo alle carpe
che nelle vasche, se applaudi, salgono. Penso
che anime offese o vinte sempre così cercarono
di persuadersi. Perché in segreto le accusa
l’erba che fino a sera annuisce al vento?
2
Ma l’erba che fino a sera annuisce al vento
e devota sembra a morte consentire
ah non sa nulla delle anime ferite,
di quel loro cauto bramare quiete. E’ senza
mente, una pianta che pazienta, poco
diversa dall’insetto o dal rettile. Sono io
che la mia forma effondo
in quella definita forma e ingenuo credo
realtà la metafora.
Nega l’eterna lirica pietà,
mi dico, la fantastica separazione
del senso del vero dal vero
delle domande sul mondo dal mondo. Disperdi
la deliziosa nuvola del pianto
e fuor del primo errore procedi almeno.
Anche se non è tempo ancora di riposo,
se non è luogo ancora per la saggezza
e tu starai alla fine con un sorriso deluso
che gli altri bene vedranno tremando per sé.
3
Questo conosco nei chiostri chiari, nei santuari,
nelle perfette cavità lasciate dagli anni giovani.
Questo nel suo simbolo mi comanda
l’erba che il vento realmente consuma.
LE PICCOLE PIANTE…
Le piccole piante mi vengono incontro e mi dicono:
«Tu, lo sappiamo, nulla puoi fare per noi.
Ma se vorrai entreremo nella tua stanza,
rami e radici fra le carte avranno scampo».
Ho detto di sì a quella loro domanda
e il gregge di foglie ora è qui che mi guarda.
Con le foreste riposerò e le erbe sfinite,
vinte innumerabili armate che mi difendono.
Molto chiare…
Molto chiare si vedono le cose.
Puoi contare ogni foglia dei platani.
Lungo il parco di settembre
l’autobus già ne porta via qualcuna.
Ad uno ad uno tornano gli ultimi mesi,
il lavoro imperfetto e l’ansia,
le mattine, le attese e le piogge.
Lo sguardo è là ma non vede una storia
di sé o di altri. Non sa più chi sia
l’ostinato che a notte annera carte
coi segni di una lingua non più sua
e replica il suo errore.
È niente? È qualche cosa?
Una risposta a queste domande è dovuta.
La forza di luglio era grande.
Quando è passata, è passata l’estate.
Però l’estate non è tutto.
Il Museo Garibaldino di Mentana-MuGa, venne realizzato nel 1905, voluto dallo stesso architetto che ne curò il progetto, Giulio De Angelis, con lo scopo di custodire in un’apposita struttura tutti i cimeli garibaldini dei valorosi combattenti della Campagna dell’Agro Romano per la liberazione di Roma ed in particolare della battaglia di Mentana del 3 novembre 1867.
Il MuGa è stato oggetto nel 2017 di un importante intervento di rinnovamento, con l’ideazione di un nuovo percorso di visita, notevolmente valorizzato con l’aggiunta di un’ala multimediale.
Il museo
Nato per conservare la memoria e i cimeli risorgimentali, il Museo Garibaldino di Mentana vuole oggi, nel XXI secolo, suscitare una riflessione su quanto accaduto durante il Risorgimento. Gli ideali che infiammarono quel periodo non appartengono a un’epoca ormai lontana e sorpassata, ma sono ancora attuali e attuabili ovunque, seppur in contesti ovviamente diversi. Lalibertà dei popoli, la dignità sociale di ogni uomo, ildiritto costituzionale, il bisogno di “sentire” una patria in cui riconoscere radici comuni e valori condivisi, sono entità da riscoprire ancora oggi nel loro profondo significato. Ed è proprio con questo spirito che il Museo Garibaldino di Mentana si propone oggi come rinnovato custode di questi ideali, guardando al passato per sostenere il presente e costruire il futuro.
Il complesso dal 1997 è gestito dal Comune di Mentana.
La storia
Nel 1905 venne realizzato il Museo Garibaldino, voluto dallo stesso architetto che ne curò il progetto, Giulio De Angelis. Sfruttando il pian terreno della casa appartenuta alla famiglia Ferri, l’architetto ideò un museo a forma di tempio classico, interamente realizzato in peperino. Su uno dei lati corti vi è la scritta “ROMA O MORTE”, al di sopra della quale svettano i simboli del Risorgimento (a ovest l’aquila, a est la lupa) inquadrati da corone d’alloro. Le severe linee architettoniche sottolineano l’austerità di un progetto profondamente legato, nonostante i quasi vent’anni che li separano, alla vicina ara-ossario.
L’ara-ossario garibaldino
La disfatta di Mentana, al di là dei ritardi e degli indugi, fu un duro colpo per Garibaldi, il quale, credendo di avere l’appoggio della popolazione romana e del governo italiano, si ritrovò invece da solo. Gli intrighi e i retroscena, a cui non aveva mai voluto piegarsi, vinsero la genuinità del suo pensiero politico lasciandogli nel cuore un’amarezza che non lo abbandonerà sino alla morte, il 2 giugno 1882. Malgrado ciò, Mentana divenne presto un simbolo delle lotte risorgimentali e come tale fu definita “la porta calda di Roma”, paragonando il sacrificio dei circa 300 volontari al più antico gesto eroico degli altrettanti Spartani alle Termopili. Un sacrificio che non fu vano poiché, solo tre anni più tardi, il 20 settembre 1870, la breccia di Porta Pia sancì l’annessione di Roma all’Italia. Nel 1877, in onore dei caduti, si decise di costruire nella zona denominata Rocca di Mentana un grande Sacrario. All’interno sono conservati i resti dei volontari caduti al seguito di Giuseppe Garibaldi negli scontri della Campagna dell’Agro Romano per la liberazione di Roma (1867). L’ara-ossario è stata inaugurata nel novembre 1877 a seguito di sottoscrizione nazionale coordinata da un comitato presieduto dal Gen. Avezzana ed è opera dell’Ing. Augusto Fallani. Il discorso inaugurale fu pronunciato da Benedetto Cairoli.
La sala multimediale – Un’esperienza multisensoriale
Il Museo Garibaldino di Mentana si arricchisce della grande sala multimediale che occupa tutto il piano rialzato dell’edificio comunale dove ha anche sede l’ufficio del Sindaco. La tecnologia aiuta il visitatore a vivere un’esperienza particolare all’interno del museo aiutandolo a immergersi nell’atmosfera del passato. All’interno della sala multimediale del museo di Mentana si può ascoltare dalla voce del grande Generale Giuseppe Garibaldi il racconto della battaglia del 3 novembre 1867. È possibile vivere in prima persona un’esperienza multisensoriale ascoltando la riproduzione dei rumori di quel giorno: lo scoppio dei fucili, il boato dei cannoni. Inoltre un sistema sincronizzato di luci mette in evidenza i punti salienti del racconto.
Informazioni
BIGLIETTO INGRESSO € 3,00
BIGLIETTO INGRESSO SCUOLE NON RESIDENTI € 2,00
dietro presentazione di elenco nominativo degli alunni su carta intestata della scuola
BIGLIETTO INTEGRATO DUE MUSEI € 5,00
BIGLIETTO INGRESSO INTEGRATO SCUOLE NON RESIDENTI € 4,00
dietro presentazione di elenco nominativo degli alunni su carta intestata della scuola
Roma-Maria Pacheco Cibils – I colori dei sentimenti-
Alla Galleria della Biblioteca Angelica (MiBACT)-
Roma-Il giorno 14 ottobre 2024 alle ore 18.00 inaugura la mostra I colori dei sentimenti di Maria Pacheco Cibils, a cura di Francesca Barbi Marinetti e con i testi di Francesca Barbi Marinetti e Barbara Volpi, presso le sale della Galleria della Biblioteca Angelica (MiBACT), prestigioso spazio espositivo adibito alle mostre di arte contemporanea.
In esposizione 24 dipinti appartenenti all’ultimo ciclo pittorico dell’artista ed un’installazione multisensoriale accompagnata dalla traccia sonora di Niccolò Di Ferdinando “Antifigure”.
Come scrive la curatrice Francesca Barbi Marinetti, «La sperimentazione dell’artista argentino-portoghese Pacheco Cibils si muove da anni in direzione di un superamento della concezione tradizionale di forma, con impasti cromatici corposi e accesi, che si sforza di offrire un’indagine delle energie che governano la materia in una concezione dell’arte sempre più olistica. I temi che la ispirano rientrano prevalentemente nella sfera della conoscenza ancestrale e archetipica: gli elementi principali della vita, terra, fuoco, aria e acqua in macro e microcosmi, i dualismi fondanti dell’esistenza, come luce e buio o maschile e femminile. Al ciclo I colori dei sentimenti appartengono 24 tele di grandi, medie e piccole dimensioni, che possono essere sinteticamente descritte come astratte e materiche, ma il vigore cromatico, la texture, il ritmo e la profondità che assume la materia pittorica – che per l’artista fa sempre riferimento ad un esplicito ambito di ricerca tematica – recupera un inequivocabile simbolismo dei colori, e lo stesso gesto pittorico, reiterato su molteplici strati, racconta in pittura i viaggi complessi dell’onda delle emozioni amorose. […] Le opere di Maria Pacheco Cibils sono uno spaccato di figure archetipiche dell’amore, ognuna rappresentativa di quel concentrato di festa, passione o smarrimento. Connettersi, riconoscersi, rilanciarsi è il dovuto omaggio soggettivo che ognuno è chiamato a fare, a completamento di un discorso, interiore e universale insieme, che trascende e trascenderà sempre ogni tendenza della storia.»
E nel testo di Barbara Volpi: «All’inizio tutto è emozione, vibrazione sensoriale che si trasforma nel con-tatto con l’altro in un caleidoscopio emotivo intrecciato, in cui la gioia, la paura, la tristezza, la rabbia, il disgusto sono miscelati insieme per districarsi gradualmente, tocco dopo tocco, carezza dopo carezza, nell’abbraccio amorevole di chi si prende cura di noi e con le sue mani da forma ai nostri sentimenti. […] Le mani dell’artista Maria Pacheco Cibilis si sono fatte strumento appassionato e creativo per tracciare sulla tela il linguaggio primordiale dell’incontro emotivo di corpi che accolgono esperienze sensoriali e ne vengono trasformati, per sempre, dando voce e coro al sentimento primitivo da cui nasce tutto e che ognuno di NOI può sentire vibrare dentro l’anima: l’amore. Ciascuno di NOI in modo singolare, osservando le tele dipinte con il ritmo e la cadenza di un linguaggio universale, sente risuonare le note dei tanti incontri di corpi che hanno trasformato le emozioni in sentimenti. Ciascuno di NOI, con il proprio pas de deux le vede danzare armoniosamente seguendo il ritmo vitale che dall’amore e dalla passione per la vita trova incessantemente sgorgante generatività dando forma e colore a nuove, ma nel contempo archetipe, forme vitali universali.»
Durante l’inaugurazione del 14 ottobre e durante l’evento RAW del 21 ottobre 2024, l’attore Gaetano Ingala leggerà un testo che riprende le tematiche affrontate dall’artista.
Maria Pacheco Cibils è designer e artista visiva argentino-portoghese. Le sue opere spaziano tra architettura d’interni, scenografie, ambientazioni, design di oggetti d’arte, pittura ed installazione. Ha collaborato con prestigiose riviste, giornali e canali televisivi. Ha organizzato mostre di artisti e fotografi, spettacoli di teatro e danza contemporanea. Curatrice di diversi brand, ha sviluppato prototipi e grafica degli stessi in Argentina, Paraguay e Italia. Le sue ricerche artistiche sono incentrate su temi primordiali e archetipici, indagando i quattro elementi della natura, radice di tutte le cose immutabili ed eterne e dei processi di trasformazione dell’essere umano. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Spagna, Germania, Austria, USA, Croazia, Regno Unito e Italia. Vincitrice del Primo Premio di Pittura “Lorenzo il Magnifico” a Florence Biennale 2023. Attualmente vive e lavora tra l’Italia e l’Argentina.
Le sue opere spaziano tra l’architettura d’interni, ambientazioni allestimenti, design di oggetti d’arte, gioielli e costumi, pittura e installazioni.
Ha collaborato con prestigiose riviste, giornali e canali televisivi.
Ha organizzato mostre di artisti e fotografi, spettacoli di teatro e danza contemporanea.
Creatrice di diversi brands, ha sviluppato prototipi e grafica degli stessi in Argentina, Paraguay e Italia.
Le sue ricerche in pittura e nell’ambito delle installazioni sono centrate su temi primordiali e archetipici .
Il suo lavoro è da intendersi come indagine sui quattro elementi della natura che sono la radice di tutte le cose immutabili ed eterne; e dei processi di trasformazioni dell’essere umano.
Potenzialità ed energia cromatiche, vibrazioni materiche e “texture” organiche sono il suo terreno d’intervento.
Ha partecipato a numerosi mostre personali e collettive in Spagna, Germania, Austria, Usa, Croazia, Regno Unito e Italia.
Vincitrice del primo premio di pittura “Lorenzo Il Magnifico” (Florence Biennale 2023).
Attualmente vive e lavora tra l’Argentina e l’Italia.
Mostre realizzate in Europa e Stati Uniti:
2024 Ottobre. Roma. Italy 14/10 al 30/10. “I COLORI DEI SENTIMENTI” RAW. Biblioteca Angelica – Galleria Mostra Personale. Dipinti e Installazione Multisensoriale
Collaborazione di Niccolò Di Ferdinando ( ANTIFIGURE ) Traccia sonora. A cura di Francesca Barbi Marinetti
2024 Settembre. Milano. Italy 27/09 al 5/10: “LOOK AT THE ART” Contemporary Art Exhibition. Centro Culturale di Milano.
A cura di Jelmoni Studio Gallery
2024 Luglio. Roma. Italy 6/07 al 13/07. “AROUND ROME” International Art Exhibition. Arte Borgo Gallery. Biblioteca Angelica Galleria. A cura di Anna Isopo
2024 Maggio. Nazzano. Lazio. Italy 18/19/05: “ CHIAMATA ALLE ARTI”. Museo del Fiume. A cura di Guido D’Angelo
2024 Aprile. Barcellona. Spain 27/04 al 17/05. “PROSPETTIVA….FUTURO” Hub / Art. International Art Exhibition. A cura di Anna Isopo, critica d’Arte Martina Scavone
2024 Marzo. Londra. UK. 4-09/03. “TRANSPARENT AS A DRAGONFLY”. Bermondsey Project Space. A cura di: Rita Carta Manias. Lesley Bunch. Anna Isopo. Martina Scavone
2024 Gennaio. Firenze. Italy 11/01 al 28/01. “I AM YOU” Accademia delle Arti del Disegno. Exhibition of the winner of the XIV Florence Biennale
2023 Ottobre. Firenze. Italy 14/10 al 22/10.“I AM YOU” “La Biennale di Firenze” Fortezza da Basso. Primo Premio Pittura: “LORENZO IL MAGNIFICO”.
2023.Ottobre.Roma.11/10 al 28/10.”RITORNO AL BLU”.RAW.
Biblioteca Angelica – Galleria.
Mostra Personale.Dipinti e Installazione Multisensoriale.
Collaborazione di Niccoló Di Ferdinando (ANTIFIGURE).Traccia sonora.
A cura di Francesca Barbi Marinetti.
2023.Ottobre.Roma .05/10 al 18/10 “TRANSPARENT AS A DRAGONFLY” .International Art Exhibition.Arte Borgo Gallery. A cura di Anna Isopo.Rita Carta Manias.Lesley Bunch.Martina Scavone.
2023.Settembre.Duvrobnik.Croazia.20/09 al 09/10 .”COLOURS OF LIFE” Palazzo Sponza .
A cura di Svjetlana Lipamovic.
2023: Marzo. Venezia 08/03 al 19/03. “FRAGILITY UNVAILED” Palazzo Pisani Revedin Personal exhibition. A cura di Anna Isopo.
2023: Febbraio. Roma 04/02 al 20/03. “L’ATRA META’ DEL CIELO ”. Galleria La Nica.
2022. Ottobre Palma de Mallorca (Spain) 24/10 al 5/11
Casa del Arte di Palma de Mallorca Illes Balears Spain
Palma 1.0 – ArtBox. Project
2022 Ottobre Roma 14/10 al 31/10
“HÙMUS”. RAW (La settimana di Arte Contemporanea) .Biblioteca Angelica- Galleria.
Mostra Personale Dipinti e Installazione sonora. Collaborazione di Niccolò Di Ferdinando (ANTIFIGURE) in suono e montaggio.
A cura di Maila Buglioni
2022 Marzo Milano 02/03 al 12/03
“ Multitude “.Fondazione Luciana Matalon.
A cura di Anna Isopo.
2022 Gennaio Mantova 20/01 al 10/02
“Synesthesia” Museo Francesco Gonzaga.
A cura di Anna Isopo.
2021 Novembre Miami Beach Florida (USA) 20/11 al 05/12
Scope Miami Beach – “International Contemporary Art Fair”
2021 Ottobre: Art Innsbruck (Austria) 28/10 al 31/10
Art Innsbruck “International Kunstmesse”
Partecipazione
2021 Ottobre Roma 20 al 30/10.
“Luminescenza” RAW la settimana di Arte Contemporanea” Biblioteca Angelica – Galleria.
A cura di Roberta Melasecca. Mostra Personale. Dipinti e istallazione video- sonora. Collaborazione di Niccoló Di Ferdinando ( video e suono).
2021 Settembre. Nazzano Lazio (Italia) il 26/09
Riserva Naturale Tevere Farfa.
“Empatia Natura Comunità”
A cura di Guido D’Angelo.
2021 Settembre Nazzano Lazio (Italia) il 26/09
Riserva Naturale Tevere Farfa.
“Segno e Natura” Laboratorio #Walking# Sketching.
Tenuto degli artisti Guido D’Angelo e Lorenzo Cappella.
2021 Luglio Nazzano Lazio (Italia) dal 24 al 31/07.
“Empatia Natura Comunità”
Museo del Fiume.
A cura di Guido D’Angelo.
2021 Luglio Madrid (Spagna) dal 17 al 29/07
Ateneo de Madrid- Sala Prado.
“Infinity Art”. International Exibition of Contemporary Art
A cura di Anna Isopo.
2021 Giugno Roma (Italia) dal 19/06 al 01/07 Museo Crocetti.
“Dialogo tra le Antitesis” Protagonisti Contemporanei.
A cura di Anna Isopo.
Presentazione a cura della storica dell’Arte Laura Turco Livieri.
2021 Giugno Roma (Italia) dal 10 al 22/06.
Ambasciata della Repubblica Araba D’Egitto.
“In Contemporanea” Arte tra sperimentazione e ricerca.
A cura di Anna Isopo.
Presentazione a cura della storica dell’Arte Laura Turco Livieri.
2021 Maggio Roma (Italia) dal 17 al 25/05.
Palazzo della Cancelleria Vaticana
“Trame Contemporanee” Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea.
A cura di Anna Isopo.
Critica: Cinzia Folcarelli
2021 Partecipazione Annuario d’Arte Moderna e Artisti Contemporanei 2021 ACCA Edizione Roma Srl.
2020 Ottobre : Roma 20/10 al 31/10
“Il tempo sospeso” Raw .La settimana del ‘Arte Contemporanea.
Biblioteca Angelica-Galleria 26 al 31 ottobre. A cura di Roberta Melasecca.
2020 Ottobre :02/10 al 10/10
Berlin. Germany
“Human Perceptions”
Group Exibitions Contemporary Art
Mostra Internazionale di Arte Contemporanea.Co Galleries.
A cura di Anna Isopo.
2020 Settembre:Firenze 04/09/20 al 18/09/20 Museo Bellini.
“Genesis” Mostra Internazionale di Arte Contemporanea.
Presentazione a cura di Cinzia Folcarelli.
2020 Gennaio: Venezia 31/01/20 al 12/02/20
Centro d’Arte San Vidal ( San Marco )VE
Arte a Venezia “Sguardi Contemporanei”
Mostra Internazionale di Arte Contemporanea.
Critico d’arte : Silvia Previti.
Partecipazione : Annuario d’Arte Moderna e Artisti Contemporanei 2020
ACCA Edizioni. Roma Srl.
2019: Ottobre partecipazione a Raw – mostra “DIMENSIONI PARALLELE” Biblioteca Angelica. Roma dal 21 ottobre al 26 ottobre.
A cura di Roberta Melasecca.
2017: Ottobre partecipazione a Raw – mostra “FUOCO – ETERNITA’- SAPERE” Biblioteca Angelica. Roma dal 9 ottobre al 14 ottobre.
2017: 29 giugno partecipazione “La Girandola” – Piazza del Popolo – Roma
Acura di Francesca Barbi Marinetti.
2017: Maggio mostra “Fuoco o della Rigenerazione” Biblioteca Angelica. Roma dal 24 maggio al 10 giugno.
Critico d’arte : Barbara Martusciello / Adriana Almada.
2016: Partecipazione a Raw – Open Studio Cortile dell’ Arte. Roma dal 24 al 29/10/2016 Mostra personale: “Fuoco interiore”
2013: Liquida. Porto degli Argonauti. Provincia di Matera.
Poesie di Gwendolyn Elizabeth Brooks – poetessa e scrittrice statunitense
In molti modi, Gwendolyn Elizabeth Brooks incarna l’esperienza americana nera del 20 ° secolo.Nata in una famiglia che si trasferì a Chicago come parte della Grande Migrazione dei neri nel nord del paese, durante la Grande Depressione si fece strada attraverso la scuola e persegue un ruolo tradizionale per se stessa; quando inviava poesie alle riviste di solito elencava la sua professione come “casalinga”.
Nel dopoguerra, Brooks si unì a gran parte della comunità nera diventando più politicamente consapevole e attiva, unendosi al Movimento per i diritti civili e impegnandosi con la sua comunità come mentore e leader di pensiero. Nel corso delle sue esperienze, Brooks ha prodotto meravigliose poesie che raccontavano storie di normali neri americani in versi audaci e innovativi, spesso ispirati al quartiere Bronzeville di Chicago dove ha vissuto gran parte della sua vita.
LA DONNA VUOTA
La donna vuota offriva giocattoli!
In casa le sue sorelle
Avevano bambini e bambine.
La donna vuota indossava cappelli.
Con piume. Pettini imperlati
In chiome ondulate. Corteggiava gatti
E piccioni. Faceva la spesa.
Con diligenza aqcuistava balocchi per
Nipotini e nipotine. E caramelle,
Preparava il popcorn e odiava le sorelle, non
Avevano né piume né permanenti ma sapevano
Guarire il vaiolo, pulire nasi, svuotare vesciche
Sapevano ignorare ogni giorno le pettegole
E quei ragazzi soldati, e tutto il giorno
Dicevano “Dio mio!” – stanche di permanenti
E di gambe grosse e di muscoli esposti e di
Sacchi da scuola anneriti e di babushke e di
Calze bucate, e di parrucche splendenti e boriose.
In lingua originale:
The Empty Woman
The empty woman took toys!
In her sisters’ homes
Were little girls and boys.
The empty woman had hats
To show. With feathers. Wore combs
In polished waves. Wooed cats
And pigeons. Shopped.
Shopped hard for nephew-toys,
Niece-toys. Made taffy. Popped
Popcorn and hated her sisters,
Featherless and waveless but able to
Mend measles, nag noses, blast blisters
And all day waste wordful girls
And war-boys, and all day
Say “Oh God!” – and tire among curls
And plump legs and proud muscle
And blackened school-bags, babushkas, torn socks,
And bouffants that bustle, and rustle.
________________________________________
(Traduzione: adeodato piazza nicolai Poesie di Gwendolyn Brooks, da Blacks (Negri) Third World Press, Chicago, Illinois, 1987.)
QUANDO AVRAI DIMENTICATO LA DOMENICA
E quando avrai dimenticato la luminosa biancheria nel letto il mercoledì e
il sabato,
e sopra tutto avrai dimenticato la domenica –
quando la domenica avrai dimenticato con il letto che ci univa,
o me seduta sul radiatore della parete esterna della stanza
a guardare dalla finestra, nel pomeriggio che imbruniva,
laggiù la lunga strada,
ma in nessun punto preciso,
avvolta nella mia vecchia vestaglia
senza nessun programma
e-senza-niente-da-fare chiedendomi perché sono felice
quasi che il lunedì non-venisse-mai-più –
quando tu avrai dimenticato tutto questo, io dico,
e come t’infuriavi se qualcuno suonava alla porta
e come impazziva il mio cuore se squillava il telefono,
e come poi andavamo al nostro pranzo della domenica,
che voleva dire soltanto attraversare il pavimento della stanza
fino al tavolo macchiato d’inchiostro, nell’angolo di fronte,
al pranzo della domenica che era sempre pollo
e tagliatelle, o pollo e riso,
e insalata e pane di segale e tè
e biscottini di cioccolato, quando
avrai dimenticato tutto questo,
io dico, e dimenticato anche il mio piccolo presentimento
che la guerra sarebbe finita prima che t’arruolassero,
e come finalmente ci si spogliava e si spegneva la luce e ci infilavamo nel letto,
e ci stendevamo con il corpo abbandonato per un attimo
nei candidi lenzuoli del week-end
e poi teneramente l’uno nell’altro ci fondevamo –
quando tu avrai dimenticato tutto questo, io dico,
che allora potrai dire,
ed io lo potrò credere,
che m’hai davvero dimenticata.
(When you have forgotten Sunday, da A Street in Bronzeville, 1945 – Trad. di Luciano Luisi)
Gli aborti non ti permettono di dimenticare.
Tu ricordi i bambini
che hai concepito ma non hai accolto,
le piccole teste, bagnate con pochi (o nessun) capello,
i cantanti e gli operai
che non hanno mai assaporato l’aria.
Questi, mai li trascurerai, mai li maltratterai,
mai li farai tacere né li comprerai con una caramella,
mai metterai nelle loro bocche i pollici
né caccerai via i fantasmi che vengono nella notte.
Mai li lascerai, tenendo dentro il tuo sospiro assetato di loro
mai tornerai affamata di vederli, mangiandoteli con gli occhi.
Io ho sentito nelle voci del vento le voci
dei miei oscuri figli uccisi.
Mi sono contratta. Ho consolato
i miei cari oscuri sui seni che loro non hanno mai potuto succhiare.
Ho detto, Dolci, se ho peccato, se ho rubato la vostra fortuna
e le vostre vite dal vostro protendervi senza raggiungere,
se ho rubato le vostre nascite e i vostri nomi,
le vostre lacrime di neonato e i vostri giochi,
i vostri amori belli o difficili, i vostri tumulti,
i vostri matrimoni, dolori, e le vostre morti,
se ho avvelenato l’inizio dei vostri respiri
Credetemi che anche nella mia intenzionalità
non sono stata intenzionale.
Ma perché devo lamentarmi,
lamentarmi che il crimine fosse stato di qualcun altro
e non mio?
Giacché comunque siete morti,
anzi, non siete stati creati.
Però anche detto così temo che sia sbagliato.
Oh, cosa dirò, come si può dire la verità?
Voi siete nati, avete avuto un corpo, siete morti.
Solo che non avete mai riso ne programmato ne pianto.
Credetemi, vi ho amato tutti.
Credetemi, anche se per poco, vi ho conosciuti, e vi ho amati
……vi ho amati tutti.
Biografia di GWENDOLYN BROOKS –il 7 GIUGNO 1917 nasce GWENDOLYN BROOKS
In molti modi, Gwendolyn Brooks incarna l’esperienza americana nera del 20 ° secolo.Nata in una famiglia che si trasferì a Chicago come parte della Grande Migrazione dei neri nel nord del paese, durante la Grande Depressione si fece strada attraverso la scuola e persegue un ruolo tradizionale per se stessa; quando inviava poesie alle riviste di solito elencava la sua professione come “casalinga”.
Nel dopoguerra, Brooks si unì a gran parte della comunità nera diventando più politicamente consapevole e attiva, unendosi al Movimento per i diritti civili e impegnandosi con la sua comunità come mentore e leader di pensiero. Nel corso delle sue esperienze, Brooks ha prodotto meravigliose poesie che raccontavano storie di normali neri americani in versi audaci e innovativi, spesso ispirati al quartiere Bronzeville di Chicago dove ha vissuto gran parte della sua vita.
Nei primi anni
Brooks è nata a Topeka, nel Kansas, nel 1917. Sei settimane dopo la sua nascita, la sua famiglia si è trasferita a Chicago. Suo padre lavorava come custode in una compagnia musicale e sua madre insegnava a scuola ed era una musicista esperta.
Come studente, Brooks eccelleva e frequentava la Hyde Park High School. Sebbene Hyde Park fosse una scuola integrata, il corpo studentesco era per lo più bianco, e Brooks ricorderà in seguito di aver sperimentato i suoi primi pennelli con razzismo e intolleranza mentre frequentava le lezioni lì. Dopo il liceo ha frequentato un corso di laurea biennale e ha iniziato a lavorare come segretaria. Decise di non conseguire una laurea di quattro anni perché sapeva fin da piccola che desiderava scrivere, e non vide alcun valore in un’ulteriore istruzione formale.
Brooks ha scritto poesie da bambina e ha pubblicato la sua prima poesia all’età di 13 anni (“Eventide”, nella rivista American Childhood). Brooks ha scritto in maniera prolifica e ha iniziato a presentare regolarmente il suo lavoro. Ha iniziato a pubblicare regolarmente mentre ancora frequentava il college. Queste prime poesie attirarono l’attenzione di scrittori affermati come Langston Hughes, che incoraggiavano e corrispondevano a Brooks.
Negli anni ’40, Brooks era affermato ma ancora relativamente oscuro. Ha iniziato a frequentare seminari di poesia e ha continuato ad affinare la sua arte, lavoro che ha dato i suoi frutti nel 1944 quando ha pubblicato non una ma due poesie sulla rivista Poetry. Questa apparizione in un periodico nazionale così rispettato le ha portato la sua notorietà, ed è stata in grado di pubblicare il suo primo libro di poesie, Una strada a Bronzeville, nel 1945.
Il libro ebbe un enorme successo di critica e Brooks ricevette una Guggenheim Fellowship nel 1946. Pubblicò il suo secondo libro, Annie Allen, nel 1949. Il lavoro si concentrò di nuovo su Bronzeville, raccontando la storia di una giovane ragazza nera che cresceva lì. Anche lui ricevette il plauso della critica e nel 1950 Brooks ricevette il Premio Pulitzer per la poesia, il primo autore nero a vincere un Premio Pulitzer.
Brooks ha continuato a scrivere e pubblicare per il resto della sua vita.
Nel 1953 pubblicò Maud Martha, una sequenza innovativa di poesie che descrivono la vita di una donna di colore a Chicago, considerata una delle sue opere più complesse e complesse. Man mano che diventava più politicamente impegnata, il suo lavoro seguì l’esempio.
Nel 1968 pubblica Alla Mecca, di una donna alla ricerca del figlio perduto, che è stato nominato per il National Book Award.
Nel 1972, ha pubblicato il primo di due ricordi, Rapporto dalla prima parte, seguito 23 anni dopo da Rapporto dalla seconda parte, scritto quando aveva 79 anni.
Negli anni ’60, man mano che la sua fama cresceva, i suoi scritti iniziarono ad assumere un taglio più netto mentre osservava la società, esemplificata da una delle sue poesie più famose, Siamo davvero fantastici, pubblicato nel 1960.
Insegnamento
Brooks è stata un’insegnante per tutta la vita, spesso in ambienti informali come la sua stessa casa, dove ha spesso accolto giovani scrittori e tenuto conferenze e gruppi di scrittura ad hoc.
Negli anni ’60 iniziò a insegnare in modo più formale, bande di strada e studenti universitari.
Ha tenuto un corso di letteratura americana all’Università di Chicago. Brooks è stata straordinariamente generosa con il suo tempo, e ha speso gran parte della sua energia per incoraggiare e guidare i giovani scrittori, e alla fine ha ricoperto posizioni di insegnamento in alcune delle migliori scuole del paese, tra cui la Columbia University e la Northeastern Illinois University.
Vita privata
Brooks ha sposato Henry Lowington Blakely, Jr. e ha avuto due figli con lui, rimanendo sposato fino alla sua morte nel 1996. Brooks è ricordato come una donna gentile e generosa. Quando i soldi del Premio Pulitzer davano a lei e alla sua famiglia sicurezza finanziaria, era nota per usare i suoi soldi per aiutare le persone nel suo quartiere pagando l’affitto e altre bollette e finanziando antologie di poesia e altri programmi per offrire opportunità ai giovani scrittori neri.
Morte ed eredità
Brooks morì nel 2000 dopo una breve battaglia contro il cancro; lei aveva 83 anni.
Il lavoro di Brooks è stato notevole per la sua attenzione alla gente comune e alla comunità nera.
Sebbene Brooks si mescolasse in riferimenti e forme classiche, rese quasi uniformemente i suoi soggetti contemporanei uomini e donne che vivevano nel suo quartiere.
Il suo lavoro incorporava spesso i ritmi della musica jazz e blues, creando un ritmo sottile che le faceva rimbalzare i versi e che usava spesso per creare climax esplosivi per il suo lavoro, come nel suo famoso poema Siamo davvero fantastici che termina con la terzina devastante moriamo presto. Brooks è stata una pioniera della coscienza nera in questo paese e ha dedicato gran parte della sua vita ad aiutare gli altri, educando le giovani generazioni e promuovendo l’arte.
nelle incisioni , affreschi , dipinti e foto dal 1500 sino al 1900-
Ricerca e pubblicazione a cura Franco Leggeri per l’Associazione DEA SABINA
Ratto delle Sabine-Autore: Poussin Nicolas (1594-1665)
Descrizione: La stampa rappresenta il momento più drammatico del Ratto delle Sabine. La scena si svolge in un contesto urbano dove, sullo sfondo, fanno da quinta un tempio e diversi edifici cittadini ripresi nella classica prospettiva centrale. A sinistra, su di un piedistallo, davanti a due uomini togati, si trova Romolo, ripreso in una teatrale posa plastica, con la corona che gli cinge il capo e la mano sinistra elevata chiusa a pugno intorno a un lembo del suo mantello. È intento a impartire ordini mentre intorno a lui si concretizza la violenza, con uomini e donne che lottano e fuggono. Nella parte inferiore, al di sotto dell’immagine, si trova un’iscrizione in caratteri capitali e corsivi che funge da didascalia all’immagine stessa.
Notizie storico-critiche: La stampa di traduzione fa parte di una serie di incisioni che illustrano la storia delle origini di Roma sulla base delle fonti storiche di Plutarco (Vite Parallele, Vita di Romolo) e di Tito Livio (Storia di Roma dalla fondazione). In particolare lo storico latino Tito Livio, nato nel 59 a. C. e morto nel 17 d. C. a Padova, dedica tutta la sua vita alla stesura di un’unica colossale opera storiografica “Ab Urbe condita libri”, che inizia dopo il 27 a. C. e viene pubblicata in successione per gruppi di libri; l’ultimo volume esce dopo la morte di Augusto, avvenuta il 14 d.C. L’intenzione dell’autore era quella di coprire l’intera storia di Roma dalle origini fino all’età contemporanea, ma la narrazione si ferma con il libro CXLII, che giunge fino alla morte di Druso (9 a.C.). La data della fondazione di Roma è stata fissata dallo Storico Latino Varrone sulla base dei calcoli effettuati dall’astrologo Lucio Taruzio. Il soggetto della presente stampa è preso da un famoso dipinto di Poussin del 1637/ 1638, oggi conservato al Louvre, che il veneto Angelo Biasioli incide utilizzando la raffinata tecnica dell’acquatinta per restituire i passaggi tonali e chiaroscurali dell’animata scena mitica, nella quale la classicità è esaltata sia nelle architetture che nei costumi. Biasioli lavora soprattutto a Milano per diversi editori; questa tiratura, eseguita proprio a Milano dall’editore Luigi Valeriano Pozzi, è presumibilmente eseguita tra il 1820, quando i rami di buona parte della serie sono già stati tirati dall’editore romano Scudellari (1819), ed il 1824, quando la serie compare sul Giornale di Letteratura, Scienze ed Arti (tomo XXXIV, aprile maggio giugno 1824) come edite dal milanese Pozzi.
Collocazione
Provincia di Cremona
Ente sanitario proprietario: A.S.S.T. di Crema
Compilazione: Casarin, Renata (2009)
Aggiornamento: Uva, Cristina (2012)-
Descrizione
Autore: Poussin Nicolas (1594-1665), inventore; Sala Vitale (1803-1835), disegnatore; Biasioli Angelo (1790-1830), incisore; Pozzi Luigi Valeriano (notizie 1800 ca.-1808), editore
Cronologia: post 1820 – ante 1824
Tipologia: disegno
Materia e tecnica: carta/ acquaforte; carta/ acquatinta
Misure: 565 mm x 480 mm (parte incisa); 66 cm x 58 cm (cornice)
Ratto delle Sabine-Autore: Conti Primo (1900-1988)-Studio per il ratto delle sabine
Descrizione
Identificazione: Studio per il ratto delle sabine
Autore: Conti, Primo (1900-1988)
Cronologia: 1924
Tipologia: disegno
Materia e tecnica: carta/ grafite
Misure: 279 mm x 212 mm
Descrizione: matita di grafite su carta
Notizie storico-critiche:A cavallo tra la fine degli anni Dieci e gli inizi del decennio successivo, nell’opera di Primo Conti si osserva una svolta poetica che condurrà la pittura dell’artista fiorentino lontano dall’aggressione futurista, per assorbire gradualmente, invece, un sintetismo formale di carattere purista, tipico della corrente novecentista, ma scevro da quella retorica compositiva per cui quest’ultima si contraddistingue. Tra le più grandi e articolate composizioni di figure del pittore, il “Ratto delle sabine”, presentato alla “III Esposizione Internazionale di Roma”, si concretizza per una fortissima novità espressiva lontana dagli archetipi novecenteschi. Il dipinto infatti è definito da Enrico Crispolti come un’opera “furiana”, nel quale “la “sospensione” malinconica, la sottile insinuazione di malaise psichico avviene smussando cromaticamente la nettezza del plasticismo purista, introducendo spiazzamenti asimmetrici, e ritmi di profili continuamente ondulati e curvilinei, ma mai in senso d’ispirazione geometrica” (E. Crispoldi, Primo Conti: catalogo retrospettivo per le mostre tenute in occasione dei sessanta anni di lavoro dell’artista, Firenze 1971). In alcune lettera indirizzate all’amico Pavolini, Conti racconta le vicende che hanno contrassegnato la realizzazione dell’opera. Il 29 ottobre 1924, fa sapere, “esporrò a Roma insieme al Trittico e a qualche ritratto, un Ratto delle Sabine del quale non possiedo altro che qualche disegno” e nuovamente allo stesso il 13 novembre scrive “stò ultimando i disegni per il Ratto delle Sabine”, e ancora annuncia la fine del lavoro con una lettera del 14 gennaio 1925 “fra qualche ora, forse, metterò l’ultima pennellata e la firma alle Sabine”, e la stessa sera conclude con una cartolina dicendo “Le Sabine vivono ormai di luce propria” (Calvesi, in Primo Conti 1911-1980, Firenze 1980). Tra i numerosi bozzetti preparatori di cui l’artista parla nelle lettere a Pavolini, due disegni firmati e datati “P. Conti / 1924” sono conservati presso la Fondazione dedicata al pittore a Fiesole, mentre un altro bozzetto, firmato e datato come i precedenti, è custodito presso le Raccolte Civiche del Gabinetto di Disegni del Castello Sforzesco dal 1932, dopo essere stato donato dall’autore stesso alle raccolte pubbliche milanesi. Il disegno raffigurante la parte sinistra del dipinto, così come l’opera a olio o i disegni della fondazione (i quali descrivono invece la parte destra e la parte centrale del quadro, attraverso linee più abbozzate e veloci e senza rifinitura o forti contrasti chiaroscurali) è contraddistinto da una composizione ottenuta mediante il serrato incastro volumetrico dei corpi che si affollano, contorcendosi attraverso un energico dinamismo, inedito fino a questo momento nelle opere del pittore. Confrontando il dipinto con il disegno in questione, si osservano piccole differenze nella raffigurazione dei personaggi e di alcuni particolari. Nel disegno è infatti assente la donna in secondo piano sulla destra tra le quatto figure o i due lembi di panneggio accanto alla donna accovacciato a terra. Ancora, nel disegno il piccolo omino in basso che sembra scappare in primo piano, nel dipinto diventa un carnefice ed è posto stavolta sullo sfondo. Il disegno milanese, probabilmente uno degli ultimi realizzati dall’artista, è caratterizzato da un fitto chiaroscuro eseguito con matita dura tramite linee oblique parallele, le quali invadono tutta la composizione risultando più marcate e fitte tra le giunture dei vari corpi che si accostano tra di loro.
Ratto delle Sabine-l’Affresco raffigura un episodio mitico delle origini di Roma
Descrizione
Ambito culturale: Ambito comasco
Cronologia: post 1615 – ante 1630
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: affresco finito a secco
Misure: 170 cm x 13 cm x 120 cm
Descrizione: L’affresco, realizzato sulla parete destra del salone, è presentato illusionisticamente come un quadro racchiuso in una cornice di legno e fissato alla parete. Raffigura un episodio mitico delle origini di Roma, il cosiddetto Ratto delle Sabine, ordinato da Romolo per supplire alla carenza di donne dei romani. L’anonimo pittore raffigura il rapimento delle mogli e delle figlie dei Sabini, un’antica popolazione del Lazio, messo in atto dai soldati romani che le avevano attirate con l’inganno nella loro città. Una particolarità dell’affresco è costituita dall’ambientazione della scena, che si svolge in una città di Roma trasfigurata dalla fantasia, dove il richiamo all’architettura antica, rappresentata dal tempio circolare a sinistra, più vicino alle architetture rinascimentali di Bramante che agli edifici classici, si affianca a una sfilata di edifici moderni, molto simili a quelli che si potevano vedere nella Como di primo Seicento. Anche il paesaggio d’acque,con barche cariche di merci, più che al fiume Tevere sembra ispirarsi a una veduta marina o, addirittura, al lago di Como su cui si affaccia la villa dei Gallio.
Notizie storico-critiche:L’affresco con il Ratto delle Sabine fa parte della decorazione del salone centrale di villa Gallia, edificata a partire dal 1614. Non conosciamo il nome dell’artista che eseguì questo affresco e la datazione esatta del suo intervento, che molto verosimilmente fu commissionato dall’abate Marco Gallio, cui si deve la costruzione dell’edificio. Come altre scene del salone, anche questa è un omaggio diretto alla storia di Roma, città in cui Marco Gallio aveva vissuto a lungo a fianco del potente zio cardinale Tolomeo, artefice della fortuna della famiglia.
Ratto delle Sabine-disegno probabilmente preparatorio per una scena teatrale-
seconda metà del XVII secolo
Descrizione
Ambito culturale: ambito veneto
Cronologia: ca. 1750 – ca. 1799
Tipologia: disegno
Materia e tecnica: carta/ matita/ penna/ inchiostro/ acquerellatura
Misure: 495 mm. x 397 mm.
Descrizione: Matita, penna, inchiostro nero, acquerello grigio, acquerelli colorati su carta bianca. Filigrana intera: forma di aquila stilizzata che regge due lance e, sotto, in lettere capitali, “LAF”.
Notizie storico-critiche:Il disegno, probabilmente preparatorio per una scena teatrale, non reca alcuna attribuzione: per il tratto leggero, frammentato e luminoso, per l’acquerellatura di delicata policromia, è probabilmente da assegnare ad un artista veneto, attivo nella seconda metà del XVII secolo.
Collezione: Collezione di disegni di Riccardo Lampugnani del Museo Poldi Pezzoli
Ratto delle Sabine-Autore: Ricchi Pietro detto Lucchese (attr.) (1606/ 1675)
Descrizione
Autore: Ricchi Pietro detto Lucchese (attr.) (1606/ 1675)
Cronologia: post 1600 – ante 1699
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: olio su tela
Misure: 90,5 cm x 66,8 cm
Descrizione: In primo piano a destra un soldato afferra una giovane donna, mentre dietro di lui un altro sta già sollevando la preda; in secondo piano la scena è stipata di donne e soldati con insegne militari, picche, vessilli.
Collezione: Collezione dei dipinti dal XII al XVI secolo dei Civici Musei d’Arte e Storia di Brescia
Collocazione-Brescia (BS), Musei Civici di Arte e Storia. Pinacoteca Tosio Martinengo
Compilazione: Basta, C. (1991)
Aggiornamento: Giuffredi, L. (2003)
Ratto delle Sabine-Milano- Museo Martinitt e Stelline
Descrizione
Cronologia: post 1725 – ante 1775
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: tela/ pittura a olio
Misure: 228 cm x 177 cm
Collocazione
Milano (MI), Museo Martinitt e Stelline
Compilazione: Amaglio, Silvia (2013)
Ratto delle Sabine-Cremona (CR), Museo Civico Ala Ponzone
Ratto delle Sabine
Descrizione
Ambito culturale: ambito neoclassico
Cronologia: ca. 1800 – ca. 1815
Tipologia: disegno
Materia e tecnica: matita nera su carta bianca
Misure: 288 mm x 204 mm
Collocazione
Cremona (CR), Museo Civico Ala Ponzone
Compilazione: Iato, V. (2001)
Aggiornamento: Bora, G. ()
Ratto delle Sabine-Autore: Pistrucci Filippo (sec. XIX), inventore / incisore-
Misure: 185 mm x 115 mm (parte incisa); 181 mm x 125 mm (parte figurata); 191 mm x 140 mm (Impronta)
Collocazione
Monza (MB), Musei Civici di Monza
Compilazione: Marchesi, Ilaria (2010)
Ratto delle Sabine-Autore: Aquila Pietro (1640/ 1692), incisore
Ratto delle Sabine
Descrizione
Autore: Aquila Pietro (1640/ 1692), incisore / disegnatore; Berrettini Pietro detto Pietro da Cortona (1596/ 1669), inventore
Cronologia: ca. 1670 – ante 1692
Oggetto: stampa smarginata
Soggetto: storia
Materia e tecnica: acquaforte
Misure: 613 mm x 418 mm (parte incisa)
Collezione: Fondo Calcografico Antico e Moderno della Fondazione Biblioteca Morcelli-Pinacoteca Repossi
Collocazione
Chiari (BS), Pinacoteca Repossi
Compilazione: Brambilla, Lia (2003); Scorsetti, Monica (2003)-
Ratto delle Sabine Autore: Biasioli Angelo (1790/ 1830)
Descrizione
Identificazione: Ratto delle Sabine
Autore: Biasioli Angelo (1790/ 1830), incisore
Cronologia: post 1790 – ante 1830
Oggetto: stampa
Soggetto: storia
Materia e tecnica: acquatinta
Misure: 181 mm. x 114 mm. (Parte figurata); 195 mm. x 135 mm. (Parte incisa)
Collocazione
Monza (MB), Musei Civici di Monza
Compilazione: Fumagalli, Monica (2005)
Ratto delle Sabine-Bartoli Pietro Santi; Caldara Polidoro detto Polidoro da Caravaggio
Descrizione
Autore: Bartoli Pietro Santi (1635/ 1700), incisore; Caldara Polidoro detto Polidoro da Caravaggio (1499-1500/ 1543), inventore
Ambito culturale: Scuola romana
Cronologia: post 1650 – ante 1699
Oggetto: stampa
Soggetto: storia
Materia e tecnica: acquaforte
Misure: 386 mm x 122 mm (inciso); 392 mm x 158 mm (foglio)
Collocazione
Brescia (BS), Musei Civici di Arte e Storia. Pinacoteca Tosio Martinengo
Compilazione: Menta, L. (1999)
Aggiornamento: D’Adda, R. (2002)
Scultura – Ratto delle Sabine – Giambologna – Firenze – Loggia dei Lanzi
Descrizione
Autore: Non identificato, fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Firenze (FI), Italia, 1890 – 1899
Materia/tecnica: albumina/carta
Misure: 30 x 40
Collocazione: Milano (MI), Regione Lombardia, fondo Scrocchi, SCR_4_STABC_TQ
Classificazione
Genere: foto d’arte
Soggetto: arte
Compilazione: Truzzi, Stefania (2005)
Aggiornamento: Casone, Laura (2006)
Pietro da Cortona – Ratto delle Sabine – Dipinto – Olio su tela – Roma – Palazzo del Campidoglio – Galleria Capitolina – Sala Pietro da Cortona
Pietro da Cortona – Ratto delle Sabine – Dipinto – Olio su tela – Roma – Palazzo del Campidoglio – Galleria Capitolina – Sala Pietro da Cortona
Anderson Domenico
Descrizione
Autore: Anderson Domenico (1854/ 1938), fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Roma (RM), 1855-1919
Materia/tecnica: albumina/carta
Misure: n.d.
Collocazione: Milano (MI), Raccolte storiche dell’Accademia di Brera, fondo Fondo Frizzoni, Fototeca storica – Armadio Frizzoni – FF 302
Classificazione
Compilazione: Lapesa, C. (2008)-
Dipinto – “Ratto delle Sabine”
Fotografia dello Studio Calzolari (studio) (1882/1996)
Dipinto – “Ratto delle Sabine” (?)
Foto Studio Calzolari (studio)
Descrizione
Autore: Studio Calzolari (studio) (1882/1996), fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Mantova (MN), Italia, XX
Materia/tecnica: gelatina bromuro d’argento/vetro
Misure: n.d.
Note: Dipinto, olio su tela, raffigurante ratto delle Sabine (?).
Collocazione: Mantova (MN), Archivio di Stato di Mantova, fondo Archivio fotografico Calzolari, ASMn, Archivio Calzolari
Classificazione
Genere: da attribuire
Compilazione: Previti, Serena (2008)
Milano – Stazione Centrale – Atrio biglietti – scalone di accesso alla galleria di testa // persone, fregio “Ratto delle Sabine” Cfr: FM AB 23/a, FM AB 23/b, FM AB 31, FM AB 33/a, FM AB 33/b
Milano – Stazione Centrale – Atrio biglietti – scalone di accesso alla galleria di testa // persone, fregio “Ratto delle Sabine” Cfr: FM AB 23/a, FM AB 23/b, FM AB 31, FM AB 33/a, FM AB 33/b
Paoletti, Antonio
Descrizione
Autore: Paoletti, Antonio (1881/ 1943)
Luogo e data della ripresa: Milano (MI), Italia
Materia/tecnica: gelatina a sviluppo
Misure: n.d.
Note: Milano – Stazione Centrale – Atrio biglietti – scalone di accesso alla galleria di testa // persone, fregio “Ratto delle Sabine” Cfr: FM AB 23/a, FM AB 23/b, FM AB 31, FM AB 33/a, FM AB 33/b
Collocazione: Milano (MI), Raccolte Grafiche e Fotografiche del Castello Sforzesco. Civico Archivio Fotografico, fondo Foto Milano, FM APL 22
Classificazione
Compilazione: Paoli, Silvia (2013)
Firenze – Piazza della Signoria – Scultura – Ratto delle Sabine – Giambologna – Loggia dei Lanzi
Firenze – Piazza della Signoria – Scultura – Ratto delle Sabine – Giambologna – Loggia dei Lanzi
Descrizione
Autore: Non identificato, fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Firenze (FI), Italia, 1920 – 1930
Materia/tecnica: gelatina bromuro d’argento/carta
Misure: 18 x 24
Collocazione: Milano (MI), Regione Lombardia, fondo Scrocchi, SCR_82_ST_DV
Classificazione
Genere: architettura
Soggetto: città
Compilazione: Tonti, Stella (2007)
Leggende di Roma – Ratto delle Sabine (in alto) – Caio Muzio pone la mano destra sul braciere davanti a Porsenna (in Basso) – Disegno
Leggende di Roma – Ratto delle Sabine (in alto) – Caio Muzio pone la mano destra sul braciere davanti a Porsenna (in Basso) – Disegno
Fotografo non identificato
Descrizione
Autore: Fotografo non identificato (notizie), fotografo principale
Luogo e data della ripresa: 1855-1919
Materia/tecnica: albumina/carta
Misure: n.d.
Note: La fotografia riprende il foglio sul quale sono riportati i due disegni.
Collocazione: Milano (MI), Raccolte storiche dell’Accademia di Brera, fondo Fondo Frizzoni, Fototeca storica – Armadio Frizzoni – FF 1513
Classificazione
Compilazione: Lapesa, C. (2009)
Gruppo scultoreo – Marmo – Ratto delle Sabine – 1574-1580 – Giambologna – Firenze – Piazza della Signoria – Loggia della Signoria o dei Lanzi
Gruppo scultoreo – Marmo – Ratto delle Sabine – 1574-1580 – Giambologna – Firenze – Piazza della Signoria – Loggia della Signoria o dei Lanzi
Fotografo-Non identificato
Descrizione
Autore: Non identificato, fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Firenze (FI), Italia, 1860 – 1880
Materia/tecnica: albumina/carta
Misure: n.d.
Collocazione: Milano (MI), Raccolte Grafiche e Fotografiche del Castello Sforzesco. Civico Archivio Fotografico, fondo Vedute Italia, VI H 218
Classificazione
Genere: foto d’arte
Soggetto: arte
Compilazione: Ossola, Margherita (2016)
Il ratto delle Sabine-Biasioli Angelo
Il ratto delle Sabine- Biasioli Angelo-Descrizione
Identificazione: Ratto delle Sabine
Autore: Biasioli Angelo (1790/ 1830), incisore
Cronologia: post 1790 – ante 1830
Oggetto: stampa smarginata
Soggetto: storia
Materia e tecnica: acquatinta
Misure: 180 mm. x 113 mm. (Parte figurata); 186 mm. x 127 mm. (Parte incisa)
Collocazione
Monza (MB), Musei Civici di Monza
Compilazione: Fumagalli, Monica (2005)
Ratto delle Sabine-Autore: Caraglio Giacomo (1500/ 1570), incisore
Descrizione
Identificazione: Ratto delle Sabine
Autore: Caraglio Giacomo (1500/ 1570), incisore
Cronologia: ca. 1527
Oggetto: stampa smarginata
Soggetto: storia
Materia e tecnica: bulino
Misure: 508 mm x 360 mm (parte incisa)
Notizie storico-critiche:Malgrado questa stampa sia tradizionalmente intitolata “Il ratto delle Sabine”, Archer sottolinea che quello che è stato rappresentato non è il ratto vero e proprio, bensì un episodio successivo raccontato da Livio e da Plutarco, ovvero il tentativo di riscatto dei Sabini che raggiunsero Roma e combatterono nel Foro, mentre le donne Sabine intervennero per chiedere il mantenimento della pace. La figura femminile raffigurata seduta su un asino sarebbe la dea Vesta, presso il cui tempio avvenne la lotta. Questa incisione fu l’ultimo lavoro del Caraglio, che la lasciò incompiuta. Essa venne completata da un incisore anonimo, dallo stile più duro e più largo rispetto al Caraglio. Bartsch testimonia che l’invenzione è da attribuire a Baccio Bandinelli; Vasari invece l’attribuiva a Rosso Fiorentino. Il timbro al verso dell’esemplare qui catalogato indica che questo foglio fece parte della collezione di Heinrich Buttstaedt, pittore, fotografo collezionista e mercante d’arte nato a Gouda e morto a Berlino nel 1876. Entrò a far parte del Fondo Calcografico della Pinacoteca Repossi tramite il legato Cavalli.
Collezione:Fondo Calcografico Antico e Moderno della Fondazione Biblioteca Morcelli-Pinacoteca Repossi
Ratto delle sabine
Caladara Polidoro detto Polidoro da Caravaggio; Alberti Cherubino
Descrizione
Autore: Caladara Polidoro detto Polidoro da Caravaggio (1499-1500/ 1543), inventore; Alberti Cherubino (1553/ 1615), incisore
Cronologia: post 1553 – ante 1615
Oggetto: stampa smarginata
Soggetto: mitologia
Materia e tecnica: bulino
Misure: 200 mm. x 103 mm. (Parte figurata)
Collocazione
Monza (MB), Musei Civici di Monza
Compilazione: Ruiu, Daniela (2004)
Ratto delle Sabine-Polidoro da Caravaggio; Le Blon, Jakob Christof (attribuito)
Descrizione
Autore: Polidoro da Caravaggio (1500 ca.-1543), inventore; Le Blon, Jakob Christof (attribuito) (1667/1670-1741), incisore
Cronologia: post 1667 – ante 1741
Oggetto: stampa tagliata
Soggetto: storia
Materia e tecnica: bulino
Misure: 449 mm x 167 mm (Parte figurata); 449 mm x 167 mm (Parte incisa)
Nacque a Roma da Augusto e da Angela Zeri nel 1884. Il cognome rivela le origini castigliane della famiglia: discendeva infatti da Juliano Muñoz, ufficiale in servizio presso l’ambasciata di Spagna che nel Settecento si era definitivamente stabilito nell’Urbe sposando una donna romana[1].
Frequentò l’Università di Roma dove ne uscì nel 1906 laureato in lettere. Seguì quindi un corso di perfezionamento in storia dell’arte tenuto da Adolfo Venturi. Durante gli studi accademici aveva trascorso un periodo a Parigi per seguire alcuni corsi dell’Académie des beaux-arts; nello stesso periodo visitò il Medio Oriente, l’Austria e la Russia e, a partire dal 1903, cominciò a pubblicare articoli per la rivista L’Arte[1].
Il 21 aprile 1930 inaugurò il Museo di Roma, di cui fu anche il primo direttore. Il museo era allora ubicato nella vecchia sede del Pastificio Pantanella, in piazza della Bocca della Verità, nel 1952 venne poi trasferito nella sede attuale di Palazzo Braschi, in piazza San Pantaleo.[8]
Scrisse, fin da giovane, numerosi articoli e volumi di storia dell’arte e archeologia. Tra le sue opere troviamo anche raccolte di poesie e poemetti romaneschi[9] ed un divertente e singolare Sinonimi del dialetto romanesco. Novanta modi per dire imbecille, pubblicato nel 1947.[10]
Nel 1936 fondò la rivista L’Urbe, Rivista Romana di storia, arte, lettere, costumanze, bimestrale edito dai Fratelli Palombi, e la diresse per circa un ventennio. Alla rivista collaborarono, nel corso del tempo, alcuni tra i maggiori romanisti[11] tra i quali Ceccarius.
Morì nel 1960, a settantacinque anni, nella città natale. Il comune di Roma, nel 1971, ha intitolato al suo nome una via di Ostia Antica (Zona XXXV, Municipio XIII).[12]
Opere (elenco parziale)
I codici greci miniati delle minori biblioteche di Roma, Firenze, Alfani e Venturi, 1905
Iconografia della Madonna: studio delle rappresentazioni della Vergine nei monumenti artistici d’Oriente e d’Occidente, Firenze, Alfani e Venturi, 1905
Monumenti d’arte medioevale e moderna, Pubblicazione a fascicoli, Roma, Danesi, 1906
La Galleria Borghese in Roma, Roma, W. Modes, 1909
Studi d’arte medievale, Roma, Modes, 1909
Basilica di S. Pietro, Collezione Monumenti d’Italia, Roma, Garzoni Provenzani, 1910
Il restauro della chiesa e del chiostro dei ss. Quattro Coronati, Roma, Ed. Danesi, 1914
Elogio del Borromini, Roma, Stab. tip. E. Armani, 1918
La basilica di Santa Sabina in Roma: descrizione storico-artistica dopo i recenti restauri, Milano, Alfieri e Lacroix, 1919
Roma barocca, Roma-Milano, Casa editrice d’arte Bestetti e Tumminelli, 1919
G. B. Piranesi, Roma-Milano, Casa editrice d’arte Bestetti e Tumminelli, 1920
Roma di Dante, Roma-Milano, Casa editrice d’arte Bestetti e Tumminelli, 1921
S. Pietro in Vaticano, Collezione Le chiese di Roma illustrate, Roma, Casa ed. Roma, 1924
Campidoglio, Roma, Stab. Tip. Arte della stampa, 1930
Il Museo di Roma, Roma, Governatorato di Roma, 1930
Via dei monti e via del mare, Roma, Biblioteca d’arte, 1932
La via del Circo Massimo, Roma, Tumminelli, 1934
Roma di Mussolini, Milano, Treves, 1935
Architettura gotica: appunti di storia dell’arte medioevale, Roma, Gruppo dei fasci dell’Urbe, 1937
Il restauro della Basilica di Santa Sabina, Roma, Palombi, 1938
Roma medioevale, Roma, Edizioni Italiane, 1939
Rembrandt, Collezione I grandi pittori, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1941
Van Dyck, Collezione I grandi pittori, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1941
Velazquez, Collezione I grandi pittori, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1942
L’isolamento del colle capitolino, Roma, Arti graf. fratelli Palombi, 1943
La basilica di S. Lorenzo fuori le mura, Roma, Palombi, 1944
Domenico Fontana architetto (1543-1607), Bellinzona, Ist. Edit. Ticinese, 1944
Figure romane, Roma, A. Staderini, 1944
D’Annunzio a Roma (Muñoz ed altri), Roma, Palombi, 1955
personale dell’Artista Alfredo Di Bacco “Il paradosso della realtà”
Pescara, 2 ottobre 2024–Al Museo delle Genti d’Abruzzo le tele che Alfredo Di Bacco Figure che esaltano l’interiorità, portando a galla i sentimenti più profondi, fondendoli con la realtà e acquisendo un senso nuovo. Sono trentatré le tele che Alfredo Di Bacco propone nella personaleche venerdì prossimo, 4 ottobre, sarà inaugurata alle 17,30 nello Spazio Arte del Museo delle Genti d’Abruzzo in via delle Caserme a Pescara. Un percorso che rappresenta la silloge della produzione dell’artista negli ultimi dieci anni. Raffinato ed elegante nel tratto e nei cromatismi, Di Bacco è espressione di una cultura che affonda le sue radici negli ultimi trent’anni del Novecento e si evolve costantemente assorbendo le dinamiche del presente e restituendole animate da una percettibileprospettiva futura. “Di Bacco, infatti – scrive nelle note il curatore della mostra Andrea Viozzi – dimostra di possedere un’ampia conoscenza delle afflizioni della società moderna, dei suoi malesseri e dei suoi paradossi, e una vasta gamma iconografica da cui trarre spunto per le sue tele, dove la duplice figura MI rappresenta il nostro dual, il nostro opposto, dove la realtà appare come un gioco illusorio che si frammenta in maniera articolata, la cui lettura è spesso mascherata e di non facile interpretazione,perché non esiste un’unica verità e non esiste più una sola coscienza, ma più coscienze.
Come molti pittori del nostro tempo egli ha ben chiaro che non esiste più l’opera d’arte nella sua autonomia e indipendenza ma solo se viene posta al centro di un dibattito sociale. Ha dato vita ad un lungo lavoro di scavo e di evoluzione tecnica che lo hanno spinto non solo a dipingere per rappresentare una realtà in cui forma e colore, ritmo e volume, disegno e gesto hanno riacquisito una loro precisa identità, ma per esplorare e comunicare concetti complessi”.
La mostra “Il paradosso della realtà” resterà aperta fino al 13 ottobre.
Informazioni
Il Museo delle genti d’Abruzzo è un museo di Pescara.
Il Museo traccia la storia dell’uomo in Abruzzo dal suo primo apparire come cacciatore paleoloitico. Sottolinea il contributo offerto dalle 9 tribù italiche d’Abruzzo e Molise all’affermazione di Roma, tanto da dare il nome di Italia a tutta la penisola. Con una rapida sintesi evidenzia quanto di questo passato si sia tramandato sino a noi in termini di costumi, credenze, luoghi di culto, produzioni, oggetti, forme. Tema centrale del Museo, articolato in 16 grandi sale espositive, è il concetto di continuità, di perduranza culturale, illustrata attraverso un allestimento museografico coinvolgente, dotato di postazioni multimediali e di un sistema digitale di audioguide in più lingue, che lo rendono uno fra i più originali e innovativi in Italia nel campo antropologico. Il Museo delle Genti d’Abruzzo si trova nel centro storico di Pescara, all’interno dell’antico edificio delle caserme Borboniche. Il piano dov’è ospitata la collezione permanente fu costruito come caserma nel Settecento, sul seminterrato che apparteneva alla cinquecentesca Fortezza di Pescara.
Informazioni
Il Museo delle genti d’Abruzzo è un museo di Pescara.
A Roma la galleria d’Arte Contemporanea di Francesca Antonini festeggia 60 anni.
L’evento a Palazzo delle Esposizioni
Articolo di Valentina Muzi per Artribune-Un traguardo importante che il polo espositivo romano ha deciso di celebrare organizzando un incontro con curatori, collezionisti e artisti che hanno contribuito al successo della storica galleria Maggiormente orientata verso la giovane arte emergente e i linguaggi sperimentali, la galleria d’arte Francesca Antonini si racconta, a sessant’anni dalla sua fondazione, tra aneddoti, testimonianze e racconti a Palazzo delle Esposizioni, oggi 2 ottobre 2024, in compagnia di collezionisti, curatori e artisti che hanno segnato la carriera della galleria.
La galleria Francesca Antonini Arte Contemporanea a Roma: la storia
Fondata da Angelica Savinio, figlia del grande artista Alberto Savinio, nel 1964 sotto il nome di Il Segno, la galleria d’arte contemporanea di Via di Capo le Case a Roma ha avviato un importante percorso di collaborazioni con alcuni dei maggiori artisti internazionali dell’epoca. Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Alberto Burri, Fausto Melotti e Lucio Fontana sono solo alcuni degli artisti che hanno contribuito al successo della galleria, rendendola una delle realtà protagoniste del panorama culturale italiano.
Da “Il Segno” a “Francesca Antonini Arte Contemporanea”
Nel 2014, in concomitanza con il cinquantesimo anniversario della fondazione, la galleria cambia il proprio nome in Francesca Antonini Arte Contemporanea, marcando l’avvio di un nuovo percorso espositivo e il rinnovamento del proprio ambito di ricerca, con la scelta di concentrarsi sulla giovane arte italiana, seguendo artisti come Guglielmo Castelli, Simone Cametti, Marco Eusepi e Francesco Casati, per citarne solo alcuni.
I festeggiamenti a Palazzo delle Esposizioni a Roma
Per celebrare il sessantesimo compleanno della galleria d’arte romana, Palazzo delle Esposizioni ospiterà un incontro il 2 ottobre 2024 alle ore 17 invitando curatori, collezionisti e artisti che hanno contribuito al successo della storica galleria, raccontando ricordi e aneddoti personali. Tra i partecipanti ricordiamo il collezionista Franco Bernabé, gli Gregorio Botta e Simone Cametti, i curatori Ludovico Pratesi e Paola Ugolini e molti altri ancora.
Valentina Muzi (Roma, 1991)è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla Facoltà di Studi Storico-Artistici dell’Università di Roma La Sapienza, laureandosi in Storia dell’Arte Contemporanea e svolgendo il tirocinio formativo presso il MLAC – Museo e Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Ateneo, parallelamente ha frequentato un Executive Master in Management dei Beni Culturali presso la Business School del Sole24Ore di Roma. Dal 2016 svolge attività di PR, traduzione di cataloghi, stesura di testi critici e curatela indipendente. Dal 2017 svolge l’attività di giornalista di taglio critico e finanziario per riviste di settore. Attualmente è membro del Board Strategico presso l’Associazione culturale Arteprima noprofit, nella stessa ha svolto il ruolo di Social Media Manager ed è Responsabile organizzativa della piattaforma Arteprima Academy.
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