Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.
Franco Leggeri Fotoreportage-Roma Municipio XIII-CASTEL DI GUIDO-GAR-Sessione di scavo Villa Romana delle Colonnacce-
Roma Municipio XIII- 30 marzo 2017-Sabato 22 aprile dalle ore 9:00 alle ore 17:00-I Volontari del Gruppo Archeologico Romano saranno presenti a Castel di Guido, presso l’Azienda Agricola Comunale di Roma Capitale e OASI della LIPU, per condurre gli scavi nella Villa Romana delle Colonnacce.La Villa Romana è databile tra il III sec. a.C. e il III sec. d.C. ed è costituita da strutture sia di epoca repubblicana sia imperiale.
Foto di FRANCO LEGGERI per REDREPORT
Per ulteriori informazioni si prega di contattare la segreteria del GAR: Gruppo Archeologico Romano Via Contessa di Bertinoro 6, Roma Tel. 06/6385256 info@gruppoarcheologico.it
Descrizione della Villa Romana delle Colonnacce sono tratte da un saggio-lezione della Dott.ssa Daniela Rossi- Archeologa .
Castel di Guido- La Villa Romana è del II-III secolo d.C. è sita su di un pianoro all’interno dell’Azienda agricola comunale. La Villa ha strutture di epoca repubblicana che sono le più antiche e di epoca imperiale. La villa ha una zona produttiva di e la parte residenziale di epoca imperiale. La parte produttiva comprende l’aia o cortile coperto: il grande ambiente conserva le basi di tre sostegni per il tetto, mentre è stato asportato il pavimento, al centro si trova un pozzo circolare. Vi è una cisterna per la conservazione dell’acqua meteorica, all’interno della cisterna si trovano le basi dei pilastri che sorreggevano il soffitto a volta. A giudicare dallo spessore dei muri e dei contrafforti si può desumere che avesse un altezza di circa 5 metri. Nell’ambiente di lavoro si trovano un pozzo e la relativa condotta sotterranea. Torcular : sono due ambienti che ospitavano un impianto per la lavorazione del vino e dell’olio. Vi era un torchio collegato alle vasche di raccolta, mentre in un ambiente più basso vi era l’alloggiamento dei contrappesi del torchio medesimo ed una cucina con contenitori in terracotta di grandi dimensioni (dolii). La parte residenziale ha un atrio, cuore più antico dell’abitazione romana, in cui si conservava l’altare dei Lari, divinità protettrici della casa. Al centro vi è una vasca ( compluvio) in marmo in cui si raccoglieva l’acqua piovana che cadeva da un foro rettangolare sito nel tetto (impluvio). Sale da pranzo, forse triclinari , ampie e dotate di ricchi pavimenti e di belle decorazioni affrescate sulle pareti. Cubicoli, stanze da letto . Vi erano dei corridoi che consentivano il transito della servitù alle spalle delle grandi sale da pranzo senza disturbare i commensali o il riposo dei proprietari. Il Peristilio o giardino porticato: era l’ambiente più amato della casa, di solito con giardino centrale ed una fontana. Dodici colonne sostenevano il tetto del porticato, che spioveva verso la zona centrale. I volontari del GAR –Zona Aurelio , scavano con perizia e recuperano frammenti, “i cocci”, li puliscono,catalogano e , quindi, li trasportano nella sede di via Baldo degli Ubaldi dove vengono restaurati e conservati . Nel 1976 la Soprintendenza Archeologica di Roma recuperò preziosi mosaici e pregevoli pitture che sono ora esposti al pubblico nella sede del museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo. Se la Villa è visitabile e ben conservata lo si deve all’ottimo lavoro dell’Archeologo Dott.ssa Daniela Rossi che la si può definire “Ambasciatore e protettrice del Borgo romano di Lorium “.
N.B. Franco Leggeri:”La descrizione della Villa delle Colonnacce sono tratte da un saggio-lezione che la Dott.ssa Daniela Rossi ha tenuto nella sala grande del Castello nel Borgo di Castel di Guido il 18/04/09 .”
FOTO GALLERY -Villa Romana delle Colonnacce-Foto di Franco Leggeri
Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.GAR-Gruppo Archeologico RomanoVolontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.VILLA ROMANA DELLE COLONNACCEVILLA ROMANA DELLE COLONNACCEVolontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Arch. VALERIA GASPARI Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Volontari GAR scavo Villa Romana delle Colonnacce a Castel di Guido.Castel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-Visita Villa Romana delle ColonnacceVisita Villa Romana delle ColonnacceCastel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-Castel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-Castel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-Castel di Guido, Villa delle Colonnacce– 5 febbraio 2017-
Il Vittoriale degli Italiani di Gabriele d’Annunzio nelle fotografie inedite di Dante Bravo- Skira Editore-
Arriva in libreria il 18 luglio, pubblicato da Skira e curato da Valerio Terraroli, Il Vittoriale degli Italiani di Gabriele d’Annunzio nelle fotografie di Dante Bravo (1925–1931), un volume che raccoglie e presenta per la prima volta in forma integrale circa 180 stampe fotografiche d’epoca, realizzate tra la metà degli anni Venti e i primi anni Trenta. Si tratta di un ampio repertorio visivo che documenta le fasi di costruzione del complesso monumentale di Gardone Riviera, sul lago di Garda, voluto e abitato da Gabriele d’Annunzio.
Le immagini, realizzate da Dante Bravo fotografo incaricato ufficialmente tra il 1925 e il 1931, restituiscono l’evoluzione del cantiere che trasformò una villa sulle colline gardesane in una vera e propria “Cittadella della memoria”. Il Vittoriale fu concepito dal poeta-soldato come un grande monumento dedicato non solo alle vittorie italiane nella Prima guerra mondiale, ma anche alle sue personali imprese belliche e alla celebrazione della propria esistenza. Bravo seguì e documentò i lavori per sei anni, lasciando un fondo fotografico che, nonostante le perdite e le dispersioni, permette ancora oggi di analizzare con chiarezza le fasi costruttive e gli ambienti interni più emblematici.
Il Vittoriale degli Italiani di Gabriele d’Annunzio fotografato da Dante Bravo
Le stampe presentate nel volume, superstiti di una produzione più ampia e oggi per la prima volta pubblicate nella loro interezza, sono organizzate in un percorso visivo pensato per guidare il lettore all’interno di un progetto artistico e simbolico complesso, che fonde architettura, letteratura, memoria e autobiografia. Il Vittoriale, più che un semplice luogo abitativo o celebrativo, si configura infatti come l’ultima opera d’arte totale realizzata da d’Annunzio, in cui ogni elemento, dagli arredi agli oggetti, dalle sculture ai giardini, è carico di riferimenti simbolici, mitologici e culturali.
Oltre alle fotografie dei lavori esterni e delle strutture architettoniche in fase di realizzazione, il volume include una selezione di scatti che ritraggono alcuni degli ambienti interni più importantis e meno noti al grande pubblico. Tra questi, la Camerata di Gasparo, la stanza di Leda, il Cenacolo (noto anche come stanza delle Reliquie) e la stanza di Cheli. Le immagini mostrano gli spazi mentre vengono allestiti, offrendo uno sguardo ravvicinato sulle scelte compositive e decorative che d’Annunzio supervisionò in ogni dettaglio. Ogni stanza si rivela così parte di un discorso narrativo e simbolico che l’autore orchestrò per costruire un’identità postuma, intrecciando memoria personale e ideologia patriottica.
Il Vittoriale degli Italiani di Gabriele d’Annunzio fotografato da Dante Bravo
L’introduzione al volume, redatta dallo stesso Valerio Terraroli, offre un’articolata analisi del complesso del Vittoriale, soffermandosi sia sugli aspetti architettonici sia sugli elementi decorativi e sugli allestimenti interni. Il saggio ricostruisce il contesto storico e culturale entro cui d’Annunzio ideò il Vittoriale, illustrando le fonti di ispirazione, i modelli estetici e simbolici adottati, nonché il modo in cui il poeta impose il proprio gusto su ogni singolo elemento del complesso. Il contributo di Terraroli si sofferma anche sulla relazione tra il Vittoriale e la figura pubblica e privata di d’Annunzio, ponendo l’accento sulla natura ambivalente della sua scelta di ritiro: un isolamento volontario che tuttavia mantenne una fortissima carica scenografica e politica.
Nel corso dei diciassette anni trascorsi al Vittoriale, d’Annunzio visse in quella che egli stesso definì “una solitudine selvaggia e raffinata, misera e opulenta, dove le passioni ardono s’inceneriscono riardono incessantemente”. Tale descrizione, che condensa la tensione tra fasto estetico e inquietudine esistenziale, trova riscontro anche nelle immagini scelte per il volume, in cui la monumentalità degli spazi e la cura dei dettagli convivono con un senso di sospensione e di isolamento. Le fotografie di Dante Bravo, lungi dal costituire una mera documentazione tecnica, assumono così un valore storico e narrativo, offrendo una testimonianza visiva della costruzione non solo di un edificio, ma di un mito personale.
Il Vittoriale degli Italiani di Gabriele d’Annunzio fotografato da Dante Bravo
Il progetto editoriale di Skira consente dunque di recuperare uno sguardo d’insieme su un periodo poco indagato della vita di d’Annunzio, restituendo al tempo stesso la complessità di un’opera architettonica che rappresenta un caso unico nella cultura italiana del Novecento. La raccolta fotografica non si limita a illustrare un momento della storia architettonica del Paese, ma si configura come uno strumento di riflessione sulla rappresentazione pubblica della memoria, sulla relazione tra estetica e ideologia e sul ruolo dell’artista come artefice del proprio destino postumo.
Città di Latina-Premio COMEL 2025: tutto pronto per la cerimonia di premiazione-
Città di latina-Arriva il momento più atteso del Premio COMEL 2025 Vanna Migliorin Arte Città di Contemporanea: la cerimonia di premiazione, che sabato 8 novembre alle ore 18.00 decreterà il vincitore della XII edizione, scelto dalla giuria, e il vincitore del Premio del Pubblico, attribuito all’opera più votata dai visitatori della mostra nelle prime due settimane di apertura.
Città di Latina-Premio COMEL 2025
Si conclude così l’edizione 2025 del premio che, da oltre un decennio, promuove l’arte contemporanea in alluminio portando a Latina una mostra di respiro internazionale. Anche quest’anno tredici artisti provenienti da diversi Paesi europei hanno saputo dare voce al tema “Alluminio, la Forza Silenziosa”, interpretandolo attraverso linguaggi, tecniche e visioni personali: tredici mondi artistici che si confrontano con lo stesso materiale e lo trasformano in un racconto di luce, forza e poesia.
Città di Latina-Premio COMEL 2025
Nel corso della serata interverranno, oltre a un gran numero di artisti italiani e stranieri, i membri della giuria: il prof. Franco Marrocco, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brera e artista; la dott.ssa Matilde Di Muro, architetto, storica e critica d’arte, giornalista pubblicista e docente; e la dott.ssa Francesca Tuscano, storica e critica d’arte, direttrice del Museo Civico d’Arte di Olevano Romano. Insieme al prof. Giorgio Agnisola, presidente di giuria e direttore artistico del Premio COMEL, illustreranno il percorso critico e le motivazioni che hanno portato alla scelta dell’opera vincitrice.
Insieme al prof. Giorgio Agnisola, presidente di giuria e direttore artistico del Premio COMEL, illustreranno il percorso critico e le motivazioni che hanno portato alla scelta dell’opera vincitrice.
Sarà inoltre proclamato il vincitore del Premio del Pubblico, assegnato grazie ai voti dei numerosi visitatori che hanno reso viva la mostra in queste settimane.
La cerimonia rappresenta il momento conclusivo di un’edizione che ha celebrato la straordinaria versatilità dell’alluminio — lamiera, fusione o oggetti di recupero — e la sua capacità di farsi veicolo di emozioni e riflessioni sull’essere umano e sulla bellezza contemporanea.
L’appuntamento è dunque per sabato 8 novembre alle ore 18.00 presso lo Spazio COMEL Arte Contemporanea, in via Neghelli 68 a Latina, per scoprire insieme chi conquisterà la dodicesima edizione del premio dedicato al dialogo tra arte e metallo.
Città di Latina-Premio COMEL 2025
I 13 finalisti:
Miguel Auria, Ourense, Spagna, Fotografia;
Margherita Cavallo, Osimo (AN), Italia, Scultura;
Alice Corbetta, Milano, Italia, Design;
Sigita Dackevičiūtė, Kaunas, Lituania, Scultura;
Roberto Giordani, Mercato Saraceno (FC), Italia, Scultura e installazione;
Fatma Ibrahimi, Durrës, Albania, Pittura;
Fabrizio Lucchesi, Firenze, Italia, Scultura e installazione;
Simona Mastropietro, Milano, Italia, Pittura;
Luisa Pineri, Milano, Italia, Scultura e installazione;
Claudio Sapienza, Catania, Italia, Scultura e installazione;
Mario Viezzoli, Trieste, Italia, Scultura e installazione;
Katharina Maria Wimmer, Vienna, Austria, Scrittura / Incisione;
Xin Zhang, Huai’an, Cina / Bologna, Italia, installazione
I giurati:Giorgio Agnisola, presidente di giuria e direttore artistico del premio critico d’arte e scrittore, professore emerito di arte sacra e beni culturali presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Ad affiancarlo esperti del settore: il prof. Franco Marrocco, direttore dell’Accademia di Brera e artista, la dott.ssa Matilde Di Muro, architetto, storica e critica dell’arte, giornalista pubblicista, docente e la dott.ssa Francesca Tuscano, storica e critica d’arte, direttrice del Museo Civico d’Arte di Olevano Romano; Maria Gabriella Mazzola in rappresentanza della COMEL Industrie, azienda promotrice e unico sostenitore del Premio.
Città di Latina-Premio COMEL 2025
INFO
Alluminio, la forza silenziosa – Premio COMEL 2025 Vanna Migliorin Arte Contemporanea XII edizione
Promossa e organizzata da Maria Gabriella Mazzola e Adriano Mazzola
Dal 18 ottobre al 8 novembre 2025
Premiazioni: 8 novembre 2025 ore 18.00
Apertura: tutti i giorni dalle 17.00 alle 20.00 eccetto il 1° novembre
Spazio COMEL Arte Contemporanea, Via Neghelli 68 – Latina
Roma-FOROF presenta INFRASUPRA percorso espositivo site-specific di Alicja Kwade-
Roma-Per la sua quinta Stagione, FOROF presenta INFRASUPRA, un percorso espositivo site-specific di Alicja Kwade (Katowice, Polonia, 1979), a cura di Valentino Catricalà. Si tratta della prima grande installazione dell’artista in un ambiente non convenzionale che si snoda tra il piano terra, l’area ipogea e il sito della Basilica Ulpia, nel cuore del Foro di Traiano.
Alicja Kwade trasforma FOROF in un ambiente immersivo in cui passato e presente si intrecciano. Le opere dialogano con l’architettura storica e i resti marmorei dell’antica basilica, invitando il pubblico a un’esperienza sensoriale e contemplativa unica.
Infra / Supra
Il titolo INFRASUPRA richiama l’idea di trovarsi “infra” e “supra” una storia, attraversando soglie percettive dove le opere appaiono come nuove reliquie o artefatti di un futuro parallelo. L’intervento valorizza la stratificazione temporale e materica del sito, che diventa parte integrante del linguaggio artistico.
Il percorso
Il percorso inizia al piano strada con Uranus e Jupiter, due sedute-scultura che accolgono i visitatori. Nelle stanze sotterranee è presente Ghost (2025), una scultura in bronzo realizzata con una scansione 3D, rappresentazione ironica dell’artista-fantasma. Seguono i lavori della serie MalusMultiplex e la monumentale Sfera, collocata nell’area archeologica in dialogo con The Heavy Light (2021).
Intervento sui pavimenti
L’artista interviene anche sui pavimenti: nelle zone prive di lastre marmoree, un rivestimento in feltro nero opaco crea un effetto di sospensione e mette in risalto le superfici originali, rinnovando la percezione del sito e intensificando il dialogo tra antico e contemporaneo.
Parola all’artista
“Il mio lavoro nasce dal desiderio di osservare il mondo da prospettive differenti, immaginando altri modi di percepire la realtà. In un luogo come FOROF, carico di memoria e di stratificazioni, questo dialogo diventa ancora più vivo.” — Alicja Kwade
Alicja Kwade
Nota del curatore
“Con INFRASUPRA Alicja Kwade aggiunge un ulteriore tassello al suo lavoro sul tempo, intrecciando la temporalità archeologica unica di FOROF con la temporalità geologica della sua pratica poetica e la temporalità umana dello spettatore. L’installazione si erge come un portale concettuale intitolato INFRASUPRA. È in questo contesto archeologico che l’artista trova l’ambiente ideale per una riflessione tridimensionale sul concetto di tempo. Le sue opere, spesso sculture e installazioni che giocano con simmetria, copia e rifrazione, entrano in dialogo diretto con la pesantezza storica. La percezione dello spettatore è inevitabilmente filtrata dalla consapevolezza di trovarsi infra / supra una storia, con gli oggetti d’arte che appaiono come nuove reliquie o artefatti di un futuro parallelo, amplificando l’eco delle rovine.” — Valentino Catricalà
Public Program
Il progetto è accompagnato da un ciclo di cinque Episodi con la partecipazione del sound artist e performer Simone Pappalardo, della poetessa Jonida Prifti e dell’etichetta musicale Grzegorzki Records (Alicja Kwade e Gregor Hildebrand).
Alicja Kwade
Alicja Kwade vive e lavora a Berlino. È attualmente residente all’Accademia Tedesca Villa Massimo, tra i vincitori del Premio Roma 2025/2026. È considerata una delle voci più significative della scena artistica contemporanea internazionale. La sua pratica si concentra sull’indagine della percezione, della materia e del tempo attraverso sculture, installazioni e opere site-specific che mettono in discussione i sistemi di riferimento e le convenzioni della realtà. Ha esposto al Metropolitan Museum of Art di New York, alla Biennale di Venezia, al LACMA di Los Angeles e alla Whitechapel Gallery di Londra.
Valentino Catricalà
Valentino Catricalà ha curato mostre in musei e gallerie internazionali tra cui Grand Palais (Parigi), Fondazione Prada (Milano, Tokyo), Minnesota Street Project (San Francisco), Ermitage (San Pietroburgo), Palazzo delle Esposizioni e MAXXI (Roma). Attualmente dirige un nuovo progetto per il Ministero della Cultura in Arabia Saudita con il ruolo di direttore museale. È co-curatore, con Barbara London, del progetto D’Oro D’Art in collaborazione con Marian Goodman Gallery. Fa parte del comitato consultivo del Zentrum für Kunst und Medien di Karlsruhe e di Esea Contemporary a Manchester.
Si ringraziano Galleria Continua, Accademia Tedesca Roma Villa Massimo, Istituto Polacco di Roma e Credem Euromobiliare Private Banking. In partnership con Rimessa Roscioli.
Roma-Martin Luther King: alla Sapienza una mostra dedicata alla figura simbolo della battaglia per i diritti civili
Roma-Presso il Museo di Scienze della Terra della Sapienza è stata inaugurata oggi, e proseguirà fino al 15 gennaio 2026, una mostra sulla figura di Martin Luther King (1929-1968) e sul valore della sua battaglia per il riconoscimento dei diritti civili. L’iniziativa è parte di un programma culturale voluto dalla Rettrice Antonella Polimeni e promosso dall’Ateneo sul tema della giustizia sociale, dell’impegno civico e della dignità umana. L’evento organizzato da Sapienza ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica.
Martin Luther King: alla Sapienza Università di Roma
La mostra, che ha avuto la collaborazione di AGI – Agenzia Giornalistica Italia, si compone di due percorsi espositivi:
“Martin Luther King. Diritto alla libertà”, curato da Ashley Woods in collaborazione con il King Center for Nonviolent Social Change e la Estate Dr. Martin Luther King, Jr.Inc., in precedenza accolto presso il Museo dei Premi Nobel di Stoccolma;
“Martin Luther King e l’Italia”, frutto di un progetto scientifico e culturale condotto da Sapienza nell’ambito della propria Terza Missione, che illustrerà – con materiali e collegamenti inediti – la percezione del messaggio del reverendo americano nell’Italia degli anni ’50 e ’60.
“La mostra dedicata a Martin Luther King – dichiara la Rettrice Antonella Polimeni – è il frutto di un lavoro corale che unisce competenza scientifica, impegno culturale e sensibilità sociale. Grazie al contributo della Fondazione CHANGES e al sostegno del King Center for Nonviolent Sociale Change e dell’Esate of Dr. Martin Luther King, Jr., il nostro Ateneo intende offrire non solo un percorso di conoscenza, ma anche un’esperienza capace di far dialogare generazioni e culture, suscitando riflessione e consapevolezza. In un tempo attraversato da conflitti, fratture e profonde polarizzazioni, sentiamo con forza la responsabilità di custodire e rilanciare i valori universali della fratellanza, dell’equità e della solidarietà, che sono al cuore della missione universitaria e dell’eredità morale di Martin Luther King. La sua voce, che ha ispirato milioni di persone nella conquista dei diritti civili ad ogni individuo, continua a risuonare oggi come un invito a costruire una società più giusta e inclusiva. Questa mostra – conclude la Rettrice – vuole essere un ponte tra memoria e presente, un’occasione per ricordare che il sogno di Martin Luther King non appartiene solo alla storia americana, ma parla a tutte le comunità che credono nella dignità, nella pace e nella forza trasformativa dell’impegno civile.”
Martin Luther King: alla Sapienza Università di Roma
L’iniziativa è sostenuta dalla Fondazione CHANGES (Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society), partenariato esteso coordinato da Sapienza Università di Roma nell’ambito delle iniziative finanziate dal PNRR. Sarà allestita all’interno della Città Universitaria, nell’ambito degli eventi per la celebrazione del suo novantesimo anniversario, presso gli spazi del Museo di Scienze della Terra (MUST) e offrirà ai visitatori un’ampia selezione di documenti, filmati e testimonianze che metteranno in relazione la battaglia per i diritti civili dei neri americani con la storia del movimento nonviolento e dell’impegno per la pace tra i popoli.
In particolare, la mostra si compone di due percorsi espositivi. Il percorso principale
– “MARTIN LUTHER KING. DIRITTO ALLA LIBERTÀ, a cura di Ashley Woods, in partnership con il King Center for Nonviolent Social Change e con Estate of Martin Luther King, Jr., Inc – è incentrato sul movimento per i diritti civili degli afroamericani degli anni ’50 e ’60 e sulla visione di King di uguaglianza e giustizia attraverso la non violenza. Il percorso, per la prima volta presentato in Italia, ha lo scopo di illustrare al grande pubblico la lotta per i diritti umani a livello globale, accogliendo il motto del King secondo cui “tutte le vite sono interconnesse” e “ciò che colpisce direttamente uno, colpisce indirettamente tutti”. Si tratta di temi di stringente attualità, in particolare l’ideale dei diritti umani globali e della giustizia sociale. Le sale presentano una ricca selezione di materiali, tra cui fotografie, oggetti e cimeli, musica, film e cinegiornali, interviste esclusive a personalità legate alla vita e all’opera di Martin Luther King Jr., nonché un’esperienza digitale interattiva denominata “Dream Builder”. Come ha dichiarato il curatore Ashley Woods, “Questa mostra intende mettere in luce la lotta e i risultati ottenuti da Martin Luther King. Inoltre, solleva interrogativi sui nostri diritti fondamentali. Il suo obiettivo è quello di stimolare riflessioni, discussioni e azioni”.
“MARTIN LUTHER KING E L’ITALIA” – curata da Sapienza Università di Roma con il coordinamento scientifico di Irene Baldriga – racconta la storia in gran parte inedita della ricezione che il potente messaggio di King incontrò nel nostro Paese, un aspetto della storia italiana del ‘900 mai indagato in modo così sistematico. Il racconto denso e appassionante è tessuto dai ricercatori della Sapienza con documenti d’archivio, fonti letterarie, testimonianze dirette e un ampio repertorio giornalistico e multimediale (anche grazie ai filmati storici concessi dalle Teche Rai) che restituiscono una partecipazione ed un senso di consapevolezza ampiamente diffusi in vari ambienti politici e culturali.
Martin Luther King: alla Sapienza Università di Roma
La mostra si rivolge ad un pubblico ampio, forte della sua ricchezza documentale e dell’originalità dei temi affrontati che vogliono stimolare l’interesse di tutti i cittadini verso le questioni della partecipazione, della giustizia e dell’impegno sociale. Grazie all’impostazione didattica, si presta alla partecipazione delle scuole, con opportunità di approfondimento adattabili ai vari livelli di istruzione, con particolare attenzione al tema dell’educazione civica.
Iniziative di animazione territoriale, dibattiti e confronti saranno organizzati a margine delle due esposizioni. Tra questi, si segnalano: una rassegna cinematografica sulla storia della battaglia per i diritti civili negli Stati Uniti; lo spettacolo teatrale e musicale “Martin Luther King. Una storia americana”, a cura di Paolo Naso e Alberto Annarilli (Teatro Ateneo); un convegno scientifico intitolato “Martin Luther King e l’Italia”, curato dal Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo (SARAS) della Sapienza.
Martin Luther King: alla Sapienza Università di Roma
Luogo: Museo di Scienze della Terra, Città universitaria, piazzale Aldo Moro 5, Roma
Inaugurazione: 27 ottobre 2025
Periodo di svolgimento: dal 28 ottobre 2025 al 15 gennaio 2026
Orario di visita: da martedì a sabato, dalle ore 10 alle ore 18
Roma al Palazzo delle Esposizioni la mostra “Restituzioni”
Roma-Verrà inaugurerà martedì 28 ottobre 2025 a Roma al Palazzo delle Esposizioni, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, la mostra “Restituzioni” che presenta il risultato dei restauri di 117 opere provenienti da tutta Italia. I reperti e le opere, selezionati da Intesa Sanpaolo insieme a 51 enti di tutela (Soprintendenze, Direzioni Regionali Musei Nazionali e Musei autonomi) e appartenenti a 67 enti proprietari, tra musei pubblici e diocesani, chiese e luoghi di culto, siti archeologici, resteranno in mostra fino al 18 gennaio.
Fra le opere esposte a Roma c’è anche il Crocifisso ligneo della cattedrale di Catania. Il Crocifisso, restaurato recentemente dallo studio d’arte “Iaccarino”, è normalmente collocato sull’unico altare della cappella del Crocifisso nella cattedrale di Sant’Agata. Il Crocifisso, secondo gli studiosi, si configura come opera del primo Seicento di cultura meridionale e rappresenta uno dei pochi beni mobili della cattedrale di Catania sopravvissuti al terremoto che nel 1693 devastò il Val di Noto.
La mostra “Restituzioni” è una testimonianza del programma di restauri di opere d’arte appartenenti al patrimonio del Paese, promosso e curato da Intesa Sanpaolo.
BERLINO costruita una TORRE DEI LIBRI per ricordare il Rogo dei Libri avvenuto nel 1933 ad opera dei nazisti
TORRE DEI LIBRI, costruita a BERLINO per ricordare il Rogo dei Libri, avvenuto il 10 maggio del 1933 ad opera dei nazisti. “Nessuno può uccidere le idee”, scriveva il poeta Heinrich Heine nel 1820, eppure furono proprio le idee contrarie al “puro spirito tedesco” che i nazisti cercarono di distruggere in quella terribile notte. Più di 25.000 volumi furono bruciati fra inni e manifestazioni di gioia davanti a 40.000 cittadini. Goebbels presenziò all’evento e tenne un discorso volto alla tutela dell’uomo tedesco contro le influenze “ebree e immorali”.
L’incendio di libri nella Germania nazista
Erano passati poco più di quattro mesi da quando Adolf Hitler salì al potere quando, il 10 maggio 1933 , ebbe luogo a Berlino e in altre città tedesche il Bücherverbrennungen, il rogo dei libri .
Il nazionalsocialismo, già in quei primi mesi di governo, aveva gettato le basi per la dittatura e mosse quei primi passi che avrebbero portato alle tragedie degli anni successivi: Hitler ottenne poteri speciali dal Parlamento, aprì il primo campo di concentramento a Dachau e prese iniziò il boicottaggio dei negozi ebraici. Questi primi atti, che cominciarono a influenzare direttamente la vita di uomini che l’ideologia nazista considerava nemici della Germania , furono subito accompagnati dalla loro prima uccisione simbolica, quella dei libri .
I falò sono stati promossi dall’Associazione nazionalsocialista degli studenti tedeschi e il ministro della Propaganda Joseph Goebbels li ha coordinati per darvi il massimo risalto. Nella notte del 10 maggio, decine di migliaia di libri, 25.000 volumi nella sola Berlino, furono dati alle fiamme davanti a politici, professori, studenti e migliaia di altri sostenitori nazisti .
Tra le opere in fiamme c’erano i libri dei più grandi teorici e figure letterarie del socialismo, da Karl Marx a Bertold Brecht, autori stranieri come Ernest Hemingway e Jack London, scrittori tedeschi contrari al nazismo come Thomas Mann, Erich Kästner, Heinrich Mann e Ernst Gläser. Furono bruciate anche Bibbie e pubblicazioni dei Testimoni di Geova , la biblioteca e gli archivi dell’Istituto per la scienza della sessualità, accusato agli occhi dei nazisti per le sue opinioni liberali sull’omosessualità e il transessualismo, e i libri di autori ebrei. Franz Kafka, Arthur Schnitzler, Franz Werfel, Max Brod e Stefan Zweig. In quello che è stato il più grande libro in fiamme mai visto nel mondo occidentale,Venne Bruciata Tutta la cultura considerata anti-tedesca per motivare politici e razziali : la lunga storia del fanatismo aveva raggiunto nella Germania nazista il suo apice.
Negli anni dopo il 1933, in Germania e nei territori occupati dai nazisti durante la guerra, ci furono numerosi altri fuochi di libri, ma fu da quel 10 maggio che fu sancito il principio totalitario per il quale ogni opera scritta doveva conformarsi ‘ Ideologia nazionalsocialista. La battaglia per la distruzione di tutte le diverse espressioni culturali interesserebbe poi anche l’arte e la musica considerate “degenerate” .
Gli incendiari volevano colpire sia chi aveva scritto e letto quei volumi, sia l’unica possibilità di poterli ripensare. I libri Furon Bruciata alter ego in quanto di uomini che quegli quegli volevano EliminaçÃ, e che poi Sarann uccisi nei lager . “Dove bruci libri, finisci per bruciare anche uomini”, aveva avvertito un secolo prima il poeta tedesco Heinrich Heine. Nel 1933 le sue opere furono date alle fiamme anche dagli incendi nazisti.
Durante l’ incendio di Berlino , avvenuto nella piazza davanti all’Università, Goebbels ha pronunciato un odioso discorso sull ‘”intellettualismo ebraico”, dicendo che gli studenti farebbero bene a “dare fuoco allo spirito malvagio del passato” . Oggi, nella stessa piazza , un’opera d’arte dell’israeliana Micha Ulmann ricorda quanto accaduto . Si tratta di un vero e proprio monumento commemorativo, sotterraneo, ma visibile a tutti attraverso una lastra trasparente posta all’altezza del pavimento: chi la guarda vede una piccola biblioteca, con scaffali vuoti.
Fonte: Scuola e memoria – L’incendio di libri nella Germania nazista
10 maggio 1933 , L’incendio di libri nella Germania nazista
Roma, il Museo del Genio riapre al pubblico con due mostre dedicate a Vivian Maier e a Ugo Nespolo
Roma-Dal 31 ottobre 2025 al Museo del Genio per la prima volta dalla sua costruzione negli anni Trenta, l’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio a Roma, un edificio di oltre quattromila metri quadrati, riaprirà al pubblico, grazie alla collaborazione tra il Ministero della Difesa, l’Esercito Italiano, Difesa Servizi e Arthemisia, con una nuova identità: quella di centro culturale.
Roma-Museo del Genio. Foto: Lucky’s Productions
Il percorso museale vuole invitare i visitatori a intraprendere un viaggio dove ingegno, tecnica e bellezza si intrecciano nel racconto della storia del Genio. Tra modelli, strumenti e invenzioni, si scopre come l’intelligenza umana abbia saputo trasformare le sfide della costruzione, della comunicazione e del volo in occasioni di progresso. Oggetti testimoniano questo spirito visionario: l’attrezzatura radiotelegrafica originale di Guglielmo Marconi; una piccola teca custodisce inoltre uno dei primissimi telefoni, invenzione dovuta ad Antonio Meucci, affiancato dalle sue prime evoluzioni: dai telefoni da campo alle centraline militari.
In occasione dell’apertura, saranno allestite due mostre: Vivian Maier. The Exhibition, dedicata alla celebre fotografa americana di cui ricorre il centenario della nascita, e Pop Air di Ugo Nespolo, presentata in anteprima mondiale, con le sue monumentali sculture gonfiabili che reinterpretano in chiave ironica opere dell’arte internazionale.
Opera di Ugo Nespolo
Le mostre
Dal 31 ottobre 2025 al 15 febbraio 2026 il Museo del Genio accoglierà la mostra Pop Air, una selezione site specific delle opere di Ugo Nespolo, artista tra i più versatili e ironici del panorama italiano. L’esposizione, presentata in anteprima mondiale, inaugura ufficialmente gli spazi rinnovati del Museo, fondendo rigore storico e creatività contemporanea.
In contemporanea, la mostra Vivian Maier. The Exhibition condurrà i visitatori in un viaggio intimo nell’universo della tata-fotografa americana, divenuta una delle più significative artiste della street photography mondiale. Curata da Anne Morin, la mostra presenta oltre duecento fotografie che raccontano, con sguardo autentico, la vita quotidiana e l’anima delle città del Novecento. Il progetto, ideato da Vertigo Syndrome in collaborazione con diChroma photography, è prodotto e organizzato da Arthemisia.
Il progetto di riapertura del Museo del Genio nasce da un’iniziativa del Ministero della Difesa, Esercito Italiano e Difesa Servizi, società in house del Ministero della Difesa che valorizza gli asset del Dicastero, il progetto è prodotto e organizzato da Arthemisia. Il progetto è in partnership con Fondazione Terzo Pilastro Internazionale e Poema e vede come sponsor Generali valore Cultura, mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale e media partner la Repubblica.
Biblioteca DEA SABINA-Rivista Collettivo R-PAOLO TASSI “Da Sonia a Sonia” dll’11 al 28 nov. 2001
– DSG&MSG-Prove d’Autore -Collettivo R/ATAHUALPA-
Rivista Collettivo R–Paolo Tassi- DSG&MSG-Prove d’Autore -Collettivo R/ATAHUALPA-La casa editrice venne fondata nel dicembre 1970 su inizativa di Luca Rosi, Ubaldo Bardi e Franco Manescalchi all’interno del movimento dell’underground culturale ed editoriale fiorentino in stretto collegamento con l’associazionismo politico culturale e ricreativo (Arci, Circoli culturali, Case del popolo, partiti della sinistra storica, sindacati e movimento studentesco). Lo scopo era di collegare la contestazione politica con orizzonti culturali più ampi attraverso la proposta della riflessione di scrittori e poeti, in particolare italiani e latinoamericani, poco noti al grande pubblico. L’iniziativa si concretizzò nella pubblicazione della rivista «Collettivo R», un nome derivato dalle unioni spontanee di quegli anni e una lettera simbolica R ad indicare un triplice richiamo: Resistenza, Ricerca, Rivoluzione.
La rivista mosse i suoi primi passi come “rivista al ciclostile” e visse nei luoghi di cui si volle fare icona e portavoce. Si interessò e propose accanto alla poesia anche lavori grafici, critiche letterarie, racconti. A fianco della rivista uscirono le serie dei “Quaderni” con raccolte poetiche contemporanee. Nel 1980 fu pubblicata L’utopia consumata: Antologia 1970-1980 che riassume le iniziative e le proposte del primo decennio di esperienza di “poesia militante”. Nel 1981 con la Casa della Cultura e il Consiglio di Quartiere 7 diede vita al Centro Due Arti di documentazione poetica e grafica e affiancò all’attività editoriale la produzione di spettacoli culturali, recital poetici e incontri di divulgazione nelle scuole. Tradusse, pubblicò e introdusse in Italia numerosi poeti latinoamericani in collaborazione con le cattedre di ispanistica delle università di Firenze, Siena e Venezia, tra questi ricordiamo Ernesto Cardenal padre trappista e ministro della cultura del Nicaragua rivoluzionario. Il primo maggio del 1994 Luca Rosi, Franco Varano e Paolo Tassi diedero vita all’attuale configurazione societaria l’Associazione culturale Athaualpa finalizzata al perseguimento di soli obiettivi culturali con il sostegno e l’impegno pratico di numerosi soci che dedicano gratuitamente la loro attività professionale alla realizzazione delle edizioni.
IN RICORDO DI LUCA ROSI direttore della rivista di poesia “COLLETTIVO R- ATAHUALPA”
Sabato 21 settembre u.s. è morto Luca Rosi. Quanti l’abbiamo conosciuto abbiamo perso non solo il poeta, ma l’amico leale e sensibile, sempre vicino nei problemi di vita quotidiana; tutti noi dopo la sua morte siamo orfani di qualcosa,sentiamo la sua assenza come un vuoto e siamo affranti, questo vuoto era la sua dolcezza nei rapporti con tutti e il suo impegno tenace, di una persona forte e resistente moralmente, con la sua orientazione a portare a termine impegni di traduzione dei testi della rivista, di redazione dei “quaderni” di poesia o della preparazione dei diversi numeri della rivista. In questo impegno in cui si riconosceva pienamente e attraverso esso comunicava con tutti noi ed era felice quando inviava la rivista e spesso aggiungeva in un foglio allegato un caro saluto. Luca, con me, che abito a Roma, spesso era presente con una telefonata o con una lettera. Qualche volta veniva a Roma per i suoi impegni nel sindacato dell’editoria,ed era un’occasione di incontro e di riflessione, ugualmente avveniva nei miei ritorni a Firenze, anche dopo la conclusione del periodo universitario.
Luca era nato settanta quattro anni fa. L’ho incontrato la prima volta a Firenze, nella sua abitazione, per una riunione della redazione della rivista “Collettivo R”, fondata da Franco Manescalchi insieme allo stesso Luca. Quella sera, ricordo ci fossero Silvano Guarducci, Ubaldo Bardi e Paolo Tassi. Ero stato invitato, dopo aver scritto una lettera alla redazione in seguito alla presa visione di uno dei primi numeri che era arrivato alla redazione dei “Quaderni Calabresi” di Vibo Valentia. Siamo nei primi anni ’70, molto ricchi di fermenti culturali, e io ero alla ricerca di un percorso personale, che coniugasse politica e poesia. Allora mi sembrò – e fu poi così – di averlo trovato nella rivista fiorentina e nel gruppo di persone che l’animava.
Quando i rapporti redazionali divennero più frequenti con Luca, si andava formando anche una sincera amicizia, che col tempo si è consolidata, diventando molto preziosa. Io lo apprezzavo molto e gli volevo bene, e lui non mancava di farmi sentire il suo affetto e la sua stima, giudicando positivamente non solo i miei primi testi poetici per la rivista, ma spesso mi incoraggiava tantissimo a continuare a scrivere durante i miei periodi di dubbi e di insicurezza nel trovare un mio percorso. Io intanto scorgevo in lui (anche in Franco e Silvano e Paolo) l’unione tra intelligenza e sforzo morale: cioè l’attenzione che riversava verso la storia coniugata con la poesia. Lui , figlio di emigranti italiani in Venezuela, ritornato in Italia per studiare all’Università, aveva cominciato con l’interesse per i problemi degli studenti stranieri in Italia, con la redazione di un giornale degli studenti immigrati. Nel frattempo aveva avviato con la scrittura di testi poetici una comprensione del mondo e della sua storia. Penso alle prime due raccolte: “TERRA CALCINATA” E “AMORE SENZA TEMPO”. Per la prima volta ho cominciato a sentire da lui ( e da Franco) l’espressione caratterizzante: la poesia comepoesia della tensione. Essa era il risultato di riflessioni sul giusto rapporto morale con il mondo di quella storia che allora era divisa tra oppressione e movimenti di rivolta e rivoluzione. In quella concezione della poesia mi sembrava abitasse qualcosa di spirituale unito al politico. Luca era così, racchiudeva l’uno e l’altro. Lo spirituale mi sembrava basato su ciò che chiamiamo scelta, responsabilità, disponibilità all’apertura al mondo della storia. Così era fatto il suo mondo di poeta e di intellettuale, di poeta-intellettuale. Lui proponeva una poesia fatta con la passione della politica e con una tensione spirituale verso le singole persone oltre che per i fatti storico-collettivi. In Luca era molto presente anche l’orizzonte esistenziale, credo per dare un senso maggiore alla storia e alla vita stessa. Luca, già nei primi numeri della rivista “Collettivo R” individuava il ruolo del poeta come politico, con una sensibilità e una “tensione” verso le classi sfruttate e oppresse. Lui pensava possibile una <<lunga marcia>> in cui i poeti avrebbero lasciato da parte le ambizioni piccolo-borghesi, ogni prestigio personale per identificarsi con i problemi storici dell’oppressione. Luca è stato un innovatore : attraverso i testi classici del marxismo, denunciava nei primi scritti l’alienazione del lavoro intellettuale nell’industria, tra cui quello del poeta, che avrebbe perso l’aureola, e proponeva l’uscita dall’editoria tradizionale, con l’esoeditoria e il ciclostile e la diffusione a braccio della poesia tra gli strati popolari (case del popolo, scuole, ecc), collegandosi con le forze sociali che agivano a livello di massa. Così individuava il ruolo del poeta come ruolo politico in senso lato, con una tensione verso le classi oppresse. La Sua presenza alle feste dell’Unità, in alcune scuole, presso le Case del Popolo, e altri luoghi pubblici era determinante e necessaria: lui non riservava le sue energie che a questa attività di pedagogo, di amante della poesia, per far altresì innamorare gli altri. Una sua grande gioia era quella di poter invitare in questi incontri il poeta Cardenal o Rafael Alberti, o di tradurre dallo spagnolo moltissimi poeti latino-americani, per poterli far conoscere ai lettori italiani, cominciando dall’ antologia collettivamente tradotta: “Poeti a Cuba”. Il suo amore intenso per la poesia lo portava spesso a organizzare cene di sottoscrizione per continuare la pubblicazione della rivista, o a passare giorni interi a correggere le bozze di più di 50 libri di poesia di altrettanti autori, o a interessarsi alla redazione dell’antologia “L’Utopia Consumata” (o Anti-Antologia),o a curare periodicamente e con assiduità la corrispondenza con i poeti della rivista , o a tener testa ai diversi progetti culturali, relativi alla fondazione del Centro Eielson per la conoscenza della poesia latino-americana, o alla fondazione dell’Associazione culturale “ATAHUALPA, o alla edizione della nuova serie della rivista a cominciare dal 2006, o a preparare presso la biblioteca Marucelliana di Firenze la mostra di tutti i materiali di “COLLETTIVO R” e i diversi incontri di presentazione di libri per il quarantesimo anniversario della rivista.In questo suo impegno tenace era sempre sostenuto da una famiglia molto generose e a lui vicina: dalla moglie Felis, dalle figlie e dai nipoti, a cui ha saputo trasmettere con molto affetto il valore della poesia. Ecco, quando prendiamo in mano o pensiamo un numero della rivista o uno dei libri editati da Colletttivo R, pensiamo a Luca, al suo grande amore perché la poesia giungesse a tantissimi, perciò pensiamo a Lui come poeta, intellettuale e pedagogo. Oraquesto suo mondo apparentemente trascorso vivrà nel futuro, nella misura in cui noi lo ricordiamo riproponendolo. (Luca un grazie infinito da parte mia e a nome anche di coloro che ti hanno conosciuto attraverso la Rivista).
La rivista mosse i suoi primi passi come “rivista al ciclostile” e visse nei luoghi di cui si volle fare icona e portavoce. Si interessò e propose accanto alla poesia anche lavori grafici, critiche letterarie, racconti. A fianco della rivista uscirono le serie dei “Quaderni” con raccolte poetiche contemporanee. Nel 1980 fu pubblicata L’utopia consumata: Antologia 1970-1980 che riassume le iniziative e le proposte del primo decennio di esperienza di “poesia militante”. Nel 1981 con la Casa della Cultura e il Consiglio di Quartiere 7 diede vita al Centro Due Arti di documentazione poetica e grafica e affiancò all’attività editoriale la produzione di spettacoli culturali, recital poetici e incontri di divulgazione nelle scuole. Tradusse, pubblicò e introdusse in Italia numerosi poeti latinoamericani in collaborazione con le cattedre di ispanistica delle università di Firenze, Siena e Venezia, tra questi ricordiamo Ernesto Cardenal padre trappista e ministro della cultura del Nicaragua rivoluzionario. Il primo maggio del 1994 Luca Rosi, Franco Varano e Paolo Tassi diedero vita all’attuale configurazione societaria l’Associazione culturale Athaualpa finalizzata al perseguimento di soli obiettivi culturali con il sostegno e l’impegno pratico di numerosi soci che dedicano gratuitamente la loro attività professionale alla realizzazione delle edizioni.
IN RICORDO DI LUCA ROSI direttore della rivista di poesia “COLLETTIVO R- ATAHUALPA”
Sabato 21 settembre u.s. è morto Luca Rosi. Quanti l’abbiamo conosciuto abbiamo perso non solo il poeta, ma l’amico leale e sensibile, sempre vicino nei problemi di vita quotidiana; tutti noi dopo la sua morte siamo orfani di qualcosa,sentiamo la sua assenza come un vuoto e siamo affranti, questo vuoto era la sua dolcezza nei rapporti con tutti e il suo impegno tenace, di una persona forte e resistente moralmente, con la sua orientazione a portare a termine impegni di traduzione dei testi della rivista, di redazione dei “quaderni” di poesia o della preparazione dei diversi numeri della rivista. In questo impegno in cui si riconosceva pienamente e attraverso esso comunicava con tutti noi ed era felice quando inviava la rivista e spesso aggiungeva in un foglio allegato un caro saluto. Luca, con me, che abito a Roma, spesso era presente con una telefonata o con una lettera. Qualche volta veniva a Roma per i suoi impegni nel sindacato dell’editoria,ed era un’occasione di incontro e di riflessione, ugualmente avveniva nei miei ritorni a Firenze, anche dopo la conclusione del periodo universitario.
Luca era nato settanta quattro anni fa. L’ho incontrato la prima volta a Firenze, nella sua abitazione, per una riunione della redazione della rivista “Collettivo R”, fondata da Franco Manescalchi insieme allo stesso Luca. Quella sera, ricordo ci fossero Silvano Guarducci, Ubaldo Bardi e Paolo Tassi. Ero stato invitato, dopo aver scritto una lettera alla redazione in seguito alla presa visione di uno dei primi numeri che era arrivato alla redazione dei “Quaderni Calabresi” di Vibo Valentia. Siamo nei primi anni ’70, molto ricchi di fermenti culturali, e io ero alla ricerca di un percorso personale, che coniugasse politica e poesia. Allora mi sembrò – e fu poi così – di averlo trovato nella rivista fiorentina e nel gruppo di persone che l’animava.
Quando i rapporti redazionali divennero più frequenti con Luca, si andava formando anche una sincera amicizia, che col tempo si è consolidata, diventando molto preziosa. Io lo apprezzavo molto e gli volevo bene, e lui non mancava di farmi sentire il suo affetto e la sua stima, giudicando positivamente non solo i miei primi testi poetici per la rivista, ma spesso mi incoraggiava tantissimo a continuare a scrivere durante i miei periodi di dubbi e di insicurezza nel trovare un mio percorso. Io intanto scorgevo in lui (anche in Franco e Silvano e Paolo) l’unione tra intelligenza e sforzo morale: cioè l’attenzione che riversava verso la storia coniugata con la poesia. Lui , figlio di emigranti italiani in Venezuela, ritornato in Italia per studiare all’Università, aveva cominciato con l’interesse per i problemi degli studenti stranieri in Italia, con la redazione di un giornale degli studenti immigrati. Nel frattempo aveva avviato con la scrittura di testi poetici una comprensione del mondo e della sua storia. Penso alle prime due raccolte: “TERRA CALCINATA” E “AMORE SENZA TEMPO”. Per la prima volta ho cominciato a sentire da lui ( e da Franco) l’espressione caratterizzante: la poesia comepoesia della tensione. Essa era il risultato di riflessioni sul giusto rapporto morale con il mondo di quella storia che allora era divisa tra oppressione e movimenti di rivolta e rivoluzione. In quella concezione della poesia mi sembrava abitasse qualcosa di spirituale unito al politico. Luca era così, racchiudeva l’uno e l’altro. Lo spirituale mi sembrava basato su ciò che chiamiamo scelta, responsabilità, disponibilità all’apertura al mondo della storia. Così era fatto il suo mondo di poeta e di intellettuale, di poeta-intellettuale. Lui proponeva una poesia fatta con la passione della politica e con una tensione spirituale verso le singole persone oltre che per i fatti storico-collettivi. In Luca era molto presente anche l’orizzonte esistenziale, credo per dare un senso maggiore alla storia e alla vita stessa. Luca, già nei primi numeri della rivista “Collettivo R” individuava il ruolo del poeta come politico, con una sensibilità e una “tensione” verso le classi sfruttate e oppresse. Lui pensava possibile una <<lunga marcia>> in cui i poeti avrebbero lasciato da parte le ambizioni piccolo-borghesi, ogni prestigio personale per identificarsi con i problemi storici dell’oppressione. Luca è stato un innovatore : attraverso i testi classici del marxismo, denunciava nei primi scritti l’alienazione del lavoro intellettuale nell’industria, tra cui quello del poeta, che avrebbe perso l’aureola, e proponeva l’uscita dall’editoria tradizionale, con l’esoeditoria e il ciclostile e la diffusione a braccio della poesia tra gli strati popolari (case del popolo, scuole, ecc), collegandosi con le forze sociali che agivano a livello di massa. Così individuava il ruolo del poeta come ruolo politico in senso lato, con una tensione verso le classi oppresse. La Sua presenza alle feste dell’Unità, in alcune scuole, presso le Case del Popolo, e altri luoghi pubblici era determinante e necessaria: lui non riservava le sue energie che a questa attività di pedagogo, di amante della poesia, per far altresì innamorare gli altri. Una sua grande gioia era quella di poter invitare in questi incontri il poeta Cardenal o Rafael Alberti, o di tradurre dallo spagnolo moltissimi poeti latino-americani, per poterli far conoscere ai lettori italiani, cominciando dall’ antologia collettivamente tradotta: “Poeti a Cuba”. Il suo amore intenso per la poesia lo portava spesso a organizzare cene di sottoscrizione per continuare la pubblicazione della rivista, o a passare giorni interi a correggere le bozze di più di 50 libri di poesia di altrettanti autori, o a interessarsi alla redazione dell’antologia “L’Utopia Consumata” (o Anti-Antologia),o a curare periodicamente e con assiduità la corrispondenza con i poeti della rivista , o a tener testa ai diversi progetti culturali, relativi alla fondazione del Centro Eielson per la conoscenza della poesia latino-americana, o alla fondazione dell’Associazione culturale “ATAHUALPA, o alla edizione della nuova serie della rivista a cominciare dal 2006, o a preparare presso la biblioteca Marucelliana di Firenze la mostra di tutti i materiali di “COLLETTIVO R” e i diversi incontri di presentazione di libri per il quarantesimo anniversario della rivista.In questo suo impegno tenace era sempre sostenuto da una famiglia molto generose e a lui vicina: dalla moglie Felis, dalle figlie e dai nipoti, a cui ha saputo trasmettere con molto affetto il valore della poesia. Ecco, quando prendiamo in mano o pensiamo un numero della rivista o uno dei libri editati da Colletttivo R, pensiamo a Luca, al suo grande amore perché la poesia giungesse a tantissimi, perciò pensiamo a Lui come poeta, intellettuale e pedagogo. Oraquesto suo mondo apparentemente trascorso vivrà nel futuro, nella misura in cui noi lo ricordiamo riproponendolo. (Luca un grazie infinito da parte mia e a nome anche di coloro che ti hanno conosciuto attraverso la Rivista).
IN RICORDO DI LUCA ROSI direttore della rivista di poesia “COLLETTIVO R- ATAHUALPA”
Sabato 21 settembre u.s. è morto Luca Rosi. Quanti l’abbiamo conosciuto abbiamo perso non solo il poeta, ma l’amico leale e sensibile, sempre vicino nei problemi di vita quotidiana; tutti noi dopo la sua morte siamo orfani di qualcosa,sentiamo la sua assenza come un vuoto e siamo affranti, questo vuoto era la sua dolcezza nei rapporti con tutti e il suo impegno tenace, di una persona forte e resistente moralmente, con la sua orientazione a portare a termine impegni di traduzione dei testi della rivista, di redazione dei “quaderni” di poesia o della preparazione dei diversi numeri della rivista. In questo impegno in cui si riconosceva pienamente e attraverso esso comunicava con tutti noi ed era felice quando inviava la rivista e spesso aggiungeva in un foglio allegato un caro saluto. Luca, con me, che abito a Roma, spesso era presente con una telefonata o con una lettera. Qualche volta veniva a Roma per i suoi impegni nel sindacato dell’editoria,ed era un’occasione di incontro e di riflessione, ugualmente avveniva nei miei ritorni a Firenze, anche dopo la conclusione del periodo universitario.
Luca era nato settanta quattro anni fa. L’ho incontrato la prima volta a Firenze, nella sua abitazione, per una riunione della redazione della rivista “Collettivo R”, fondata da Franco Manescalchi insieme allo stesso Luca. Quella sera, ricordo ci fossero Silvano Guarducci, Ubaldo Bardi e Paolo Tassi. Ero stato invitato, dopo aver scritto una lettera alla redazione in seguito alla presa visione di uno dei primi numeri che era arrivato alla redazione dei “Quaderni Calabresi” di Vibo Valentia. Siamo nei primi anni ’70, molto ricchi di fermenti culturali, e io ero alla ricerca di un percorso personale, che coniugasse politica e poesia. Allora mi sembrò – e fu poi così – di averlo trovato nella rivista fiorentina e nel gruppo di persone che l’animava.
Quando i rapporti redazionali divennero più frequenti con Luca, si andava formando anche una sincera amicizia, che col tempo si è consolidata, diventando molto preziosa. Io lo apprezzavo molto e gli volevo bene, e lui non mancava di farmi sentire il suo affetto e la sua stima, giudicando positivamente non solo i miei primi testi poetici per la rivista, ma spesso mi incoraggiava tantissimo a continuare a scrivere durante i miei periodi di dubbi e di insicurezza nel trovare un mio percorso. Io intanto scorgevo in lui (anche in Franco e Silvano e Paolo) l’unione tra intelligenza e sforzo morale: cioè l’attenzione che riversava verso la storia coniugata con la poesia. Lui , figlio di emigranti italiani in Venezuela, ritornato in Italia per studiare all’Università, aveva cominciato con l’interesse per i problemi degli studenti stranieri in Italia, con la redazione di un giornale degli studenti immigrati. Nel frattempo aveva avviato con la scrittura di testi poetici una comprensione del mondo e della sua storia. Penso alle prime due raccolte: “TERRA CALCINATA” E “AMORE SENZA TEMPO”. Per la prima volta ho cominciato a sentire da lui ( e da Franco) l’espressione caratterizzante: la poesia comepoesia della tensione. Essa era il risultato di riflessioni sul giusto rapporto morale con il mondo di quella storia che allora era divisa tra oppressione e movimenti di rivolta e rivoluzione. In quella concezione della poesia mi sembrava abitasse qualcosa di spirituale unito al politico. Luca era così, racchiudeva l’uno e l’altro. Lo spirituale mi sembrava basato su ciò che chiamiamo scelta, responsabilità, disponibilità all’apertura al mondo della storia. Così era fatto il suo mondo di poeta e di intellettuale, di poeta-intellettuale. Lui proponeva una poesia fatta con la passione della politica e con una tensione spirituale verso le singole persone oltre che per i fatti storico-collettivi. In Luca era molto presente anche l’orizzonte esistenziale, credo per dare un senso maggiore alla storia e alla vita stessa. Luca, già nei primi numeri della rivista “Collettivo R” individuava il ruolo del poeta come politico, con una sensibilità e una “tensione” verso le classi sfruttate e oppresse. Lui pensava possibile una <<lunga marcia>> in cui i poeti avrebbero lasciato da parte le ambizioni piccolo-borghesi, ogni prestigio personale per identificarsi con i problemi storici dell’oppressione. Luca è stato un innovatore : attraverso i testi classici del marxismo, denunciava nei primi scritti l’alienazione del lavoro intellettuale nell’industria, tra cui quello del poeta, che avrebbe perso l’aureola, e proponeva l’uscita dall’editoria tradizionale, con l’esoeditoria e il ciclostile e la diffusione a braccio della poesia tra gli strati popolari (case del popolo, scuole, ecc), collegandosi con le forze sociali che agivano a livello di massa. Così individuava il ruolo del poeta come ruolo politico in senso lato, con una tensione verso le classi oppresse. La Sua presenza alle feste dell’Unità, in alcune scuole, presso le Case del Popolo, e altri luoghi pubblici era determinante e necessaria: lui non riservava le sue energie che a questa attività di pedagogo, di amante della poesia, per far altresì innamorare gli altri. Una sua grande gioia era quella di poter invitare in questi incontri il poeta Cardenal o Rafael Alberti, o di tradurre dallo spagnolo moltissimi poeti latino-americani, per poterli far conoscere ai lettori italiani, cominciando dall’ antologia collettivamente tradotta: “Poeti a Cuba”. Il suo amore intenso per la poesia lo portava spesso a organizzare cene di sottoscrizione per continuare la pubblicazione della rivista, o a passare giorni interi a correggere le bozze di più di 50 libri di poesia di altrettanti autori, o a interessarsi alla redazione dell’antologia “L’Utopia Consumata” (o Anti-Antologia),o a curare periodicamente e con assiduità la corrispondenza con i poeti della rivista , o a tener testa ai diversi progetti culturali, relativi alla fondazione del Centro Eielson per la conoscenza della poesia latino-americana, o alla fondazione dell’Associazione culturale “ATAHUALPA, o alla edizione della nuova serie della rivista a cominciare dal 2006, o a preparare presso la biblioteca Marucelliana di Firenze la mostra di tutti i materiali di “COLLETTIVO R” e i diversi incontri di presentazione di libri per il quarantesimo anniversario della rivista.In questo suo impegno tenace era sempre sostenuto da una famiglia molto generose e a lui vicina: dalla moglie Felis, dalle figlie e dai nipoti, a cui ha saputo trasmettere con molto affetto il valore della poesia. Ecco, quando prendiamo in mano o pensiamo un numero della rivista o uno dei libri editati da Colletttivo R, pensiamo a Luca, al suo grande amore perché la poesia giungesse a tantissimi, perciò pensiamo a Lui come poeta, intellettuale e pedagogo. Oraquesto suo mondo apparentemente trascorso vivrà nel futuro, nella misura in cui noi lo ricordiamo riproponendolo. (Luca un grazie infinito da parte mia e a nome anche di coloro che ti hanno conosciuto attraverso la Rivista).
Roma-Piazza Navona è uno dei complessi urbanistici più spettacolari e caratteristici della Roma barocca. La piazza è delimitata dagli edifici che sorsero sui resti delloStadio di Domiziano, della cui pista sono conservate la forma e le dimensioni.
Roma-Piazza Navona
L’originale forma della piazza attuale, infatti, imita fedelmente il perimetro dell’antico stadio che Domiziano fece costruire nell’86 d. C. per la pratica di gare di atletica e corse di cavalli. I resti di questa antica struttura si trovano a 5-6 metri al di sotto dell’odierno piano stradale ed è possibile vederli ancora sotto un palazzo moderno in Piazza di Tor Sanguigna e nei sotterranei della chiesa di Sant’Agnese in Agone. Il nome moderno della piazza deriva dal termine Agonesche in latino vuol dire appunto “Giochi”.
Piazza Navona è stata nei secoli teatro di feste popolari, corse e giostre. Dal XVII secolo fino alla metà del XIX, i sabati e le domeniche di agosto, piazza Navona, che allora aveva il fondo concavo, veniva in parte allagata per offrire refrigerio e svago ai romani.
Domina la piazza la chiesa di Sant’Agnese in Agone, iniziata da Carlo e Girolamo Rainaldi e portata a termine dal Borromini, che la modificò sensibilmente rendendola una delle più magnifiche architetture barocche di Roma. Accanto alla chiesa, si trova il Palazzo Pamphilj, dove dal 1960 ha sede l’ambasciata del Brasile. Di fronte al palazzo sorge la chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore, già conosciuta come San Giacomo degli Spagnoli, eretta in occasione del Giubileo del 1450.
La fontana è immaginata come una grande scogliera di travertino, scavata da una grotta con quattro aperture, che sorregge l’obelisco di granito recuperato dal Circo di Massenzio sull’Appia antica. Sugli angoli della scogliera sono collocate le monumentali statue marmoree dei quattro fiumi che rappresentano i continenti allora conosciuti: il Danubio per l’Europa, con il cavallo; il Gange per l’Asia, con il remo e il dragone; il Nilo per l’Africa, con il capo velato (allusione alle sorgenti sconosciute) associato al leone ed alla palma; il Rio della Plata per l’America con un braccio sollevato ed accanto un armadillo.
Roma-Piazza Navona
Sulla parte alta della scogliera sono due grandi stemmi marmorei della famiglia del papa con la colomba che porta nel becco un ramo di ulivo, e la stessa colomba, in bronzo, è collocata alla sommità dell’obelisco.
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