Franco Leggeri Fotoreportage-Murales Ospedale Spallanzani di Roma
2)Caio Mario Coluzzi Bartoccioni-Biologo-
Caio Mario Coluzzi Bartoccioni-Biologo
Roma lungo via Folchi ,dall’inizio di via Portuense, si trovano i Murales che raffigurano gli scienziati che hanno combattuto e vinto le battaglie contro le malattie infettive. Eroi veri ma dimenticati su questo muro di cinta – I Murales ora rischiano il degrado e la “polverizzazione” dell’intonaco. Il muro di cinta costeggia l’Ospedale “Lazzaro Spallanzani” e fa da “sostegno” e “tela” è un muro di cinta di 270 metri, lungo il quale, dal mese di aprile del 2018 sono immortalati 13 volti di scienziati che hanno scritto la storia della ricerca sulle malattie infettive. Un progetto dei Murales è finalizzato a celebrare gli 80 anni della struttura ospedaliera, iniziato a febbraio – e inaugurato il 3 maggio – grazie alla collaborazione fra la Direzione dello Spallanzani e l’Associazione Graffiti Zero, associazione che promuove l’integrazione fra la Street Art e i luoghi che la ospitano. Unica pecca, peccato grave, non vi è immortalata nessuna donna.
Caio Mario Coluzzi Bartoccioni-Biologo
Verranno pubblicati le foto dei Murales di tutti i 13 scienziati , uno alla volta, questo al fine di poter evidenziare la biografia e la loro Opera in maniera più completa possibile. Le biografie pubblicate a corredo delle foto sono prese da Enciclopedio Treccani.on line e Wikipedia
Biografia du Caio Mario Coluzzi Bartoccioni-Biologo
Caio Mario Coluzzi Bartoccioni-Biologo
Biologo italiano (Perugia 1938 – Roma 2012). Introdotto allo studio scientifico dal padre (noto malariologo), ancora liceale ha pubblicato il suo primo contributo sulla resistenza al DDT dei vettori italiani di malaria (1956). Durante la formazione universitaria e post-universitaria in Malariologia, Genetica e Parassitologia ha continuato le ricerche sugli insetti responsabili della trasmissione e negli anni è giunto a riconoscere sei specie gemelle di zanzara Anopheles (arrivando a identificarne l’intero genoma). Nominato professore ordinario di Parassitologia alla Sapienza di Roma (1982, Facoltà di Medicina e Chirurgia), è stato direttore del Centro Collaboratore per l’Epidemiologia e il Controllo della Malaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nel 2008 gli è stato consegnato il BioMalPar Life Award dal gruppo istituito dalla Commissione Europea per la biologia e la patologia del parassita della malaria; nel 2009 C. è diventato membro ordinario dell’Accademia dei Lincei.
Figlio dell’epidemiologo umbro Alberto Coluzzi, e di Anna Wimmer, educatrice tedesca di Passavia, ebbe come sorella l’attrice Francesca Romana Coluzzi. Visse i primi anni con la famiglia in Albania, dove il padre era stato inviato per svolgere attività di ricerca e lotta antimalarica dall’Istituto di MalariologiaEttore Marchiafava, durante il periodo di occupazione italiana. In seguito agli eventi legati all’Armistizio di Cassibile, il 14 ottobre 1943 la famiglia fece ritorno a Perugia, per poi trasferirsi alla fine del 1945 nella Casa delle Palme, una grande casa di campagna sita nella frazione di Monticelli, acquistata dal padre per insediarvi la famiglia, ed affittata dallo Stato Italiano per crearvi congiuntamente un laboratorio sperimentale di indagini malariologiche.
Dopo la laurea in Scienze Biologiche, si è sposato il 14 luglio 1963 con Adriana Sabatini, ricercatrice in Parassitologia all’Istituto Superiore di Sanità di Roma, con la quale ha portato avanti una fruttuosa collaborazione scientifica per anni, e dalla quale ha avuto una figlia, Barbara Coluzzi Bartoccioni, nata a Roma l’8 giugno 1970.[1]
È stato diagnosticato affetto da un Parkinson rigido nel 1994, ed è morto di polmonite ab-ingestio dopo una decina di anni da quando era rimasto immobilizzato in sedia a rotelle a causa della rottura a distanza di poco tempo di un femore dopo l’altro. Nel frattempo la malattia era stata più accuratamente diagnosticata come una paralisi sopra-nucleare progressiva, in base all’esame della RMN.
Contributi scientifici
Iniziato alla ricerca scientifica in giovane età dal padre Alberto (la sua prima pubblicazione risale ai tempi del Liceo classico), è stato autore di oltre 300 pubblicazioni scientifiche. Le ricerche di Mario Coluzzi hanno intanto messo in evidenza gli effetti disastrosi del DDT sull’equilibrio degli ecosistemi (laghetti e simili), quindi anche di medicinali quali la clorochina sull’insorgenza di fenomeni di resistenza del plasmodio responsabile della malaria nella zanzaraAnopheles, vettore della malattia.
Importanti sono i suoi contributi sulla genetica dei vettori malarici, che lo hanno portato al riconoscimento dell’esistenza di sei specie gemelle del genere Anopheles, ciascuna in possesso di diversa capacità di contribuire alla diffusione della malattia, che possono distinguersi solo in base all’esame intanto con microscopio ottico dei cosiddetti “cromosomi giganti”, presenti in particolare nelle ghiandole salivari per permettere la produzione rapida di un’abbondante quantità di saliva (che viene iniettata alla puntura per impedire la coagulazione del sangue, che poi è quella che produce la caratteristica reazione di prurito e nella quale si trovano eventualmente i plasmodi responsabili della malaria). Collegato a questo lavoro è l’ipotesi da lui avanzata negli ultimi anni, su una speciazione tuttora in atto nel complesso Anopheles gambiae, che è stata successivamente confermata da studi di biologia molecolare. Un’altra linea di ricerca originale importante è stata quella sull’origine e diffusione della forma di malaria che può rivelarsi fatale per l’Homo sapiens, dovuta all’opera di diverse specie di Anopheles divenute spiccatamente antropofile circa 6 000 anni fa, in concomitanza con il passaggio dell’Homo sapiens da arboricolo ed allevatore a coltivatore prevalentemente stanziale, dando inizio al processo che avrebbe portato all’espansione e diffusione attuale della malattia nella popolazione umana.
Le sue ricerche genetiche hanno poi portato alla pubblicazione dell’intero genoma dell’Anopheles e del Plasmodium. All’attività di Coluzzi si deve poi la creazione di una scuola scientifica, che conta decine di importanti scienziati, e la promozione e direzione di importanti collaborazioni scientifiche internazionali con paesi in via di sviluppo, per la lotta alla malaria, soprattutto in area sub-sahariana, finanziati dal Ministero degli affari esteri e dall’Istituto Pasteur-Fondazione Cenci Bolognetti. In particolare, è stato dedicato alla sua memoria il nome di una specie identificata in seguito nell’Africa sub-sahariana, l’Anopheles coluzzii.
Gli studi di Mario Coluzzi sui siti riproduttivi del vettore malarico Anopheles gambiae, costituiti da piccoli ed effimeri accumuli temporanei di acqua dolce, hanno mostrato come non sia acriticamente estensibile, all’Africa subsahariana, il modello sinergico che vede, nel mondo occidentale, le pratiche e lo sviluppo agricolo quali importanti elementi di contrasto alla riproduzione del vettore. In ambiente subsahariano, al contrario, i fattori di trasformazione ambientale indotti dall’uomo (deforestazione, irrigazione, desalinizzazione delle aree costiere), hanno il solo effetto di moltiplicare i siti e le opportunità riproduttive del vettore, incrementando la trasmissione del parassita.
^ Jeffrey R. Powell, Nora J. Besansky, Alessandra della Torre, Vincenzo Petrarca, Mario Coluzzi (1938–2012), in Malaria Journal, vol. 13, n. 1, 22 gennaio 2014, pp. 10, DOI:10.1186/1475-2875-13-10. URL consultato il 25 febbraio 2024.
Caio Mario Coluzzi Bartoccioni-Biologol’Associazione Graffiti Zero, associazione che promuove l’integrazione fra la Street ha realizzato i Murales dell’Ospedale Spallanzani di RomaOspedale Spallanzani di RomaRoma- Ospedale Lazzaro Spallanzani
-Indagini archeologiche Via Aurelia Antica-Località Malagrotta-(2011-2013)–
Malagrotta-Osteria a sinistra della Via Aurelia Antica, o strada di Civitavecchia, 8 miglia lungi da Roma , posta nel tenimento di Castel di Guido, poco prima del diverticolo di Maccarese. Essa è nella valle del Rio di Galeria, che si traversa sopra un ponte : ivi dappresso è un Casale , un granaio , la chiesa , ed un fontanile fornito di acqua da una sorgente condotta, i cui bottini veggasi a destra della strada. Il nome Malagrotta suol dirsi da una grotta che si vede sul colle a sinistra ; a me sembra però che sia un travolgimento del nome Mola Rupta, che almeno fin dal secolo X. questo fondo portava: dico fin dal secolo X, poiché non voglio fare uso della Carta di donazione di Santa Silvia per le ragioni che furono indicate nell’articolo su Maccarese. Or dunque negli annali de’ i Camaldolesi, ne’ quali si riporta quell’Atto di donazione , si trova pure riportata una Carta genuina pertinente all’anno 995, ( leggasi il tomo I.p.p.126) nella quale si ricorda la cessione e permuta fatta da Costanza nobilissima donna di una metà di un suo Casale denominato Casa Nobula, posto circa l’ottavo miglio fuori della porta San Pietro nella contrada che corrisponde appunto a Malagrotta. E questa contrada si ricorda ancora anche in altre Carte degli stessi annali, come in una dell’anno 1014 nella quale si pone fuori di porta San Pancrazio nella via Aurelia, e si nomina come Casale ,in un’altra carta del 1067 si nomina come affine al Rio Galeria, e nel secolo XIII. Col nome di Castrum Molarupta colle chiese di Santa Maria e di Santa Apollinare si designa nelle bolle di papa Innocenzo IV. Nel 1249 e di Papa Bonifacio VIII. Nel 1299, con le quali furono conferiti i beni di San Gregorio: come pure in due Atti pertinenti all’anno 1280 e 1296, documenti che sono inseriti nell’appendice del tomo V. degli Annali suddetti. Quindi il nome Molarupta rimaneva sul principio del secolo XIV. E quanto a questa denominazione così antica , che rimonta, come si vide , almeno al secolo X. facile è derivarne la etimologia da una mola ivi sul fiume Galeria esistente, la quale rottasi, ne derivò al fondo ed alla contrada il nome do Molarupta.
Roma: Malagrotta – via Aurelia-indagini archeologiche finalizzate all’individuazione ed all’apposizione del vincolo di un tratto della via Aurelia antica e della mansio di età imperiale ad essa afferente.Committente:Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma (dott.ssa Daniela Rossi)
Scavi a cura della Cooperativa Parsifal – Cooperativa di Archeologia.
Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)
Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)
Roma: Malagrotta – via Aurelia–indagini archeologiche finalizzate all’individuazione ed all’apposizione del vincolo di un tratto della via Aurelia antica e della mansio di età imperiale ad essa afferente.
Committente: Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma (dott.ssa Daniela Rossi)
Scavi a cura della Cooperativa Parsifal – Cooperativa di Archeologia.
Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Indagini archeologiche Via Aurelia-Località Malagrotta(2011-2013)Via Aurelia-Località Malagrotta-Rio GaleriaVia Aurelia-Località Malagrotta-Rio GaleriaVia Aurelia-Località Malagrotta-Rio GaleriaVia Aurelia-Località Malagrotta-Rio Galeria
Via Aurelia-Località Malagrotta-Rio GaleriaVia Aurelia-Località Malagrotta-Via Aurelia-Località Malagrotta-Via Aurelia-Località Malagrotta-
Franco Leggeri Fotoreportage-Roma Gianicolo-La quercia del Tasso –
Articolo di Marco Fulvio Barozzi –Fotoreportage di di Franco Leggeri per REDREPORT-Quell’antico tronco d’albero che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale è stato murato acciocché non cada o non possa farsene legna da ardere, si chiama la quercia del Tasso perché, avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand’essa era frondosa.
Anche a quei tempi la chiamavano così.
Fin qui niente di nuovo. Lo sanno tutti e lo dicono le guide.
Meno noto è che, poco lungi da essa, c’era, ai tempi del grande e infelice poeta, un’altra quercia fra le cui radici abitava uno di quegli animaletti del genere dei plantigradi, detti tassi.
Un caso.
Ma a cagione di esso si parlava della quercia del Tasso con la “t” maiuscola e della quercia del tasso con la “t” minuscola. In verità c’era anche un tasso nella quercia del Tasso e questo animaletto, per distinguerlo dall’altro, lo chiamavano il tasso della quercia del Tasso.
Alcuni credevano che appartenesse al poeta, perciò lo chiamavano “il tasso del Tasso”; e l’albero era detto “la quercia del tasso del Tasso” da alcuni, e “la quercia del Tasso del tasso” da altri.
Siccome c’era un altro Tasso (Bernardo, padre di Torquato, poeta anch’egli), il quale andava a mettersi sotto un olmo, il popolino diceva: “E’ il Tasso dell’olmo o il Tasso della quercia?”.
Così poi, quando si sentiva dire “il Tasso della quercia” qualcuno domandava: “Di quale quercia?”
“Della quercia del Tasso.”
E dell’animaletto di cui sopra, ch’era stato donato al poeta in omaggio al suo nome, si disse: “il tasso del Tasso della quercia del Tasso”.
Poi c’era la guercia del Tasso: una poverina con un occhio storto, che s’era dedicata al poeta e perciò era detta “la guercia del Tasso della quercia”, per distinguerla da un’altra guercia che s’era dedicata al Tasso dell’olmo (perché c’era un grande antagonismo fra i due).
Ella andava a sedersi sotto una quercia poco distante da quella del suo principale e perciò detta: “la quercia della guercia del Tasso”; mentre quella del Tasso era detta: “la quercia del Tasso della guercia”: qualche volta si vide anche la guercia del Tasso sotto la quercia del Tasso.
Qualcuno più brevemente diceva: “la quercia della guercia” o “la guercia della quercia”. Poi, sapete com’è la gente, si parlò anche del Tasso della guercia della quercia; e, quando lui si metteva sotto l’albero di lei, si alluse al Tasso della quercia della guercia.
Ora voi vorrete sapere se anche nella quercia della guercia vivesse uno di quegli animaletti detti tassi.
Viveva.
E lo chiamarono: “il tasso della quercia della guercia del Tasso”, mentre l’albero era detto: “la quercia del tasso della guercia del Tasso” e lei: “la guercia del Tasso della quercia del tasso”.
Successivamente Torquato cambiò albero: si trasferì (capriccio di poeta) sotto un tasso (albero delle Alpi), che per un certo tempo fu detto: “il tasso del Tasso”.
Anche il piccolo quadrupede del genere degli orsi lo seguì fedelmente, e durante il tempo in cui essi stettero sotto il nuovo albero, l’animaletto venne indicato come: “il tasso del tasso del Tasso”.
Quanto a Bernardo, non potendo trasferirsi all’ombra d’un tasso perché non ce n’erano a portata di mano, si spostò accanto a un tasso barbasso (nota pianta, detta pure verbasco), che fu chiamato da allora: “il tasso barbasso del Tasso”; e Bernardo fu chiamato: “il Tasso del tasso barbasso”, per distinguerlo dal Tasso del tasso.
Quanto al piccolo tasso di Bernardo, questi lo volle con sé, quindi da allora quell’animaletto fu indicato da alcuni come: il tasso del Tasso del tasso barbasso, per distinguerlo dal tasso del Tasso del tasso; da altri come il tasso del tasso barbasso del Tasso, per distinguerlo dal tasso del tasso del Tasso.
Il comune di Roma voleva che i due poeti pagassero qualcosa per la sosta delle bestiole sotto gli alberi, ma fu difficile stabilire il tasso da pagare; cioè il tasso del tasso del tasso del Tasso e il tasso del tasso del tasso barbasso del Tasso.
Articolo Pubblicato da Marco Fulvio Barozzi sul sito web Popinga –
venerdì 3 maggio 2013-Scienza e letteratura: terribilis est locus iste-
La quercia del Tasso al GianicoloLa quercia del Tasso al GianicoloLa quercia del Tasso al GianicoloLa quercia del Tasso al GianicoloLa quercia del Tasso al Gianicolo
La Campagna Romana nelle tempere e nei pastelli di Giulio Aristide Sartorio
Articolo e ricerche a cura di Franco Leggeri-le foto in B/N sono originali del 1906 –
La Campagna Romana nelle tempere e nei pastelli di Giulio Aristide Sartorio,Articolo e ricerche a cura di Franco Leggeri-le foto in B/N sono originali del 1906 -Man mano che la via Appia scende nelle paludi un silenzio innaturale comincia a gravare sul paesaggio . I canti si affievoliscono , non si sentono grida di gioia, ma solo l’indefesso zirlio delle cicale e un gracidare assordante . Qualche bifolco , qualche contadino , qualche buttero giallo di febbre vi fanno un triste saluto . Pian piano si scoprono tra le canne dei lustri sospetti: è l’acqua stagnante … Nei rari casali , nelle povere osterie, vi salutano uomini dall’aspetto fraterno , ma come scaturiti dal passato. Paiono di una stirpe che non è morta mai ; le loro facce sembrano lavorate come i ruderi della Campagna e su di esse si leggono i sacrifici secolari. La via Appia procede così per miglia e miglia, attraverso un paese sospetto , ricco di pascoli , di macchie, ma silenzioso . Gli archi della strada superano i canali fangosi nei quali si vedono i bufali immobili, mentre rari guizzi accusano i pesci. Qualche famiglia di pescatori ha costruito le capanne sulle palizzate e vive come gli uomini primitivi fabbricando le stuoie e le nasse. Sembra di essere catapultati in un paesaggio arretrato nei secoli; sembra d’essere in una specie di Stige e la nostra vita civile
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
“sembra un inganno , un’illusione”.
Questo paesaggio e questa vita –triste, solenne, straordinariamente caratteristica- il Sartorio delinea con tocchi rapidi e suggestivi in un conferenza su Terracina e traduce da tempo in piccole tempere e pastelli.
Giulio Aristide Sartorio , uscito da una famiglia d’artisti imbevuti di classicismo e che consideravano , quindi, il paesaggio come manifestazione artistica di scarsa importanza, non si dedicò sin dai primi anni agli studi che poi ha privilegiato. Fino alla Gorgone e alla Diana Efesina il Sartorio fu sotto l’influenza deli insegnamenti paterni e deve al pittore Francesco Paolo Michetti il primo impulso verso questi nuovi orizzonti.
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
Nell’Esposizione parigina del 1889 un suo quadro – I figli di Caino- fu premiato con una medaglia d’oro; e in questa occasione egli si recò , insieme al Michetti, alla Mostra di Parigi.
L’amore e la conoscenza profonda che il Michetti aveva per i paesisti francesi del ‘30 gli rivelarono tutto un mondo quasi ignoto, lo appassionarono per una manifestazione artistica da lui prima poco stimata. Ed a Francavilla a Mare, subito dopo Parigi , segnò con i pastelli del suo grande amico le prime impressioni di paese. Venuto a Roma, trovò nell’amicizia di due nobili illustratori della Campagna Romana- il Carlandi e il Calemann- stimolo costante a che l’improvvisa rivelazione non impallidisse. E il Carlandi e il Colemann gli furono guida nelle prime escursioni attraverso l’Agro Romano: anzi fra loro tre si fermò il progetto di una illustrazione completa di esso; progetto che, purtroppo, pare abbandonato. Ed ora ben pochi conoscono come il Sartorio le segrete bellezze e le ardenti emozioni che può offrire a
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
chi la contempli con anima candida e fervente l’interminata desolazione della Campagna Romana. Finora il Sartorio, sotto l’aspetto assai cospicuo di paesista, era stato conosciuto frammentariamente- quasi si potrebbe dire saggiato- nelle mostre di Venezia, di Roma, di Milano. Nel febbraio, però, sono state esposte a Londra settantatrè opere – metà tempere, metà pastelli- fra nuove e vecchie sensazioni paesistiche di lui, sì che la mostra offre la visione completa di quel che il Sartorio rappresenta non solo come paesista, ma anche come interprete di una regione nello svolgimento dell’Arte moderna. A Roma, nel salone Corrodi, si è tenuta la prova generale del grande spettacolo londinese: e artisti, amatori, studiosi, giornalisti sono accorsi: e in tutti era profondo il convincimento che il Sartorio fosse il vero multiforme poeta della Campagna Romana e che la mostra odierna avesse una significazione e una organicità profonda che la rendeva un avvenimento artistico affatto insolito. Bisognava vedere, infatti, quale tenace legame spirituale collegava tutte queste Opere così varie di soggetto, di sentimento, di tecnica e come il loro
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
intimo valore d’arte si intensificasse e si accendesse nel dispiegamento magnifico! La semplicità aristocratica e originale del taglio – rarissima perché segno di una personalità squisita-;la varietà dei momenti colti e la tecnica varia e sensibilissima con cui son resi ; la finezza e la intensità del sentimento onde son tutti materiali; la suggestiva magia evocatrice che li anima pareva che si avvivasse e si ampliasse in una vita più ricca e più ardente. Il Sartorio mantiene nel suo spirito una spiccata propensione per il mondo classico di cui egli ha una conoscenza straordinaria per un artista e perciò predilige quei luoghi della Campagna Romana avvolti nei veli fantasiosi delle leggende oppure onusti di memorie. Così si spiega il gran numero di quadri nei quali egli canta Terracina e il Circeo. E’ il mare di Omero e di Virgilio e-scrive il Sartorio nella conferenza citata- :”i navigli a vela che oggi lo solcano potrebbero essere le navi di Giasone, di Ulisse, di Enea, di Augusto, di Genserico; potrebbero essere flotte che portarono la Poesia , l’Arte, la Guerra, la conquista, la distruzione: pare che noi stessi abbiamo vissute tutte le vicissitudini antiche.” Circe, l’incantatrice di Colchide, ebbe nella regione il suo regno fatale: e il suo spirito sembra che aleggi ancora sul mare azzurro , sulle azzurre lenee dei monti , sulle rovine dei Templi, sugli stagni putridi e mortali . Una solenne atmosfera di silenzio
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
circonfonde Terracina squallida , chiusa tragicamente nella luce del suo passato, quando i traffici ed il commercio urgevano, quando gli eroi turbinavano intorno, quando l’arte risplendeva nel tempio di Anxur che prometteva al suo popolo la giovinezza eterna e in molti altri Templi e Fori e Basiliche e case. L barcgìhe pescherecce sotto al Circeo con le vele tessute di luce . gonfie e veloci sulla solenne distesa del mare azzurrissimo nella violenza del sole sembrano quelle che passarono innanzi l’isola a vele spiegate una notte remota tra il ruggire dei leoni incatenati e l’ululare dei lupi, mentre Odisseo era tenuto prigioniero nel palazzo incantato di Circe. I bufali pigri, fangosi, dagli occhi iniettati di sangue che triano una pesante carrozza presso Terracina, guazzando in mezzo all’acqua, sembrano veramente quelli abbandonati dalle torme unne di Genserico nella loro partenza precipitosa. Altri bufali lenti e grevi tirano un carro dalle enormi ruote ai monti Ausoni di linea sobria e sdegnosa, interrotta dal Pesco montano, una rupe a foggia di torre sporgente dal Tirreno come faro ciclopico. Esso fu tagliato sotto il primo impero perché contenesse la via Appia, la quale solo colà toccava il mare ed era un punto strategico guardato dal presidio romano chiuso nel Castrum che circondava il tempio di Anxur. Sul davanti del quadro il terriccio melmoso si affloscia ed affonda . L’ampio paesaggio sembra fasciato in tedio profondo , in un silenzio pauroso ed il carro ed i bufali ed i conducenti sembrano silenziose apparizioni fantastiche. Ancora altri bufali affogati nel fango , con le teste torte in alto , ansanti, guardati da due butteri monumentali, selvaggi ruderi di una remota età eroica. Desolazione epica domina anche nelle rovine del porto di Trajano, ora pozzanghera in cui guazzano i bufali, ma un tempo rifugio ricco di vele e di grida che vide partire verso l’Africa gran parte del bottino di Genserico. E’ un arco di terra melmosa cui sono attaccati ancora gli anelli per le navi e al di là di essa si stende sconfinato il mare, rompendosi in spuma sulla terra
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
superstite ch’esso ogni dì più incalza e sopprime. L’organismo coloristico è squisito : i toni aurati iridescenti delle nuvole pendule sul mare si fondono mirabilmente con quelli oscuri e sordi dell’acqua opaca e della terra che scoscende , rilevati dalla massa azzurra del monte e dalla macchia rossa della casetta che si erge a destra . Molti di questi finissimi quadri si fan notare , oltre che per la loro significazione sempre profonda , per la raffinata seduzione del colore. Vi è una tempera – L’aratura a Foro Appio- che è tutta una delicata sinfonia di toni gialli nell’immensità triste del piano, nelle figure dell’uomo e dei buoi, atomi perduti nello spazio. Un’altra tempera –Nel lago di Nemi, sotto villa Cesarini- in cui attraverso un incrocio fantastico di olmi e platani s’intravvede il cielo roseo sorridente sulle masse azzurrine dei monti, è un accordo finissimo di giallo, verde , rosso , azzurro. Nell’Aratura con i bufali è il roseo chiarore dei monti che anima il paesaggio illuminandolo di un sorriso infinito di pace e di gioia, mentre un lungo convoglio di bufali immani passa con andatura lenta grave come nell’eternità del tempo. Fini illustrazioni ha anche Ostia. Una tempera
LA CAMPAGNA ROMANA NELLE TEMPERE E NEI PASTELLI DI Giulio Aristide Sartorio.
che ritrae un piccolo cimitero settecentesco , il cui modesto ingresso è fiancheggiato da due colonne joniche, ornamento forse di qualche villa romana, è una visione di una semplicità e di una signorilità più che squisita, resa con magnifica nitidezza e rilievo, animata da un occhieggiare vivace di papaveri che squillano nella chiara luminosità diffusa sulla campagna. E’, come tante cose del Sartorio, una cosa fatta di niente, ma piena di freschezza e di aristocratica distinzione. Guardate il Pagliaio così morbido, tagliato finemente sull’orizzonte luminosissimo, perlaceo per lo sfolgorare del sole. Guardate lo studio di Tor di Quinto: una semplicissima linea di colline su cui si arrampicano curve le pecore, tutta soffusa di una tristezza e di una poesia infinita. Il Sartotio ha la virtù dei grandi artisti, quella di innalzare ad espressione di arte le forme più umili della vita e della natura, di essere sempre semplice ed originale insieme, di animare come per incantesimo perfino manifestazioni d’arte strascinate per tutte le mostre e tutte le botteghe. Vuol rendere le rovine dei
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monumenti romani e non fa né la veduta, né la cartolina illustrata. Le colonne superstiti del Teatro di Ostia sembrano membra sparse, ma ancora viventi, di un organismo già vibrante e pare che anelino all’alto agili e fulgide; le rovine delle Terme antoniniane , quadro di fattura finissima, sembrano penetrare in ogni pietra, in ogni linea di una vita profonda e anche gli acquedotti hanno una grandiosità altera, solenne di voci remote che li rende una vera e grande evocazione di vita fuggente nei secoli. Le paludi e il Litorale pontino sono evocati in alcuni quadretti che sono i migliori della serie, specie quello rappresentante un armento di bufali che attraversa un ponte di pietra, il cui riflesso rossastro anima l’acqua appena increspata e, più ancora, quel lembo di litorale , vero capolavoro, in cui è reso possentemente l’infinito del mare e quel senso di timoroso stupore, di tristezza, di annichilimento che esso produce e che la tenue vita delle pecore beventi intensifica. Delle illustrazioni di Tivoli è assai fine quella che ritrae una cascata, ora scomparsa, scendere rumorosa e fresca tra rigogliose siepi verdi, e le due rive dell’Aniene , eleganti nella loro pace un po’ triste, fresche di ombre animatrici. Di Castel Fusano si
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vede lo Stagno del Levante , immobile, triste, armonia di toni verdi, e il viale del coniglio, grandioso, in cui le masse brune dei pini ondeggianti staccano sopra il cielo diafano che appare a tratti tra esilità dei rami. La pineta di Sant’Anastasia è resa in due aspetti diversissimi- una volta oasi perduta in una desolazione immensa, affondata in un orizzonte torbido, chiuso da una monotona linea di monti- un’altra come parco signorile racchiudente una casetta candidissima: una visione gaia, fresca, aristocratica. Molti altri quadri ritraggono svariati aspetti della Campagna Romana. La strada attraverso la selva laurentina, oltre a rivelare una straordinaria abilità tecnica , è altamente suggestiva per lo sfondo misterioso, per la immobilità quasi esanime degli alberi e delle erbe che sembrano forme di una vita lontana. Di morbidezza squisita e finissima di chiaroscuro è la Raccolta del fieno. Più fine e possente il Temporale sulla via Cassia bianca di polvere, su cui rotolano con grave incedere carri tirati da bufali. L’appesantimento dell’aria , l’attenuazione dei colori pel filtrare lieve del sole, l’aspettazione misteriosa e raccolta che si diffonde sugli
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uomini e sulle cose insieme a una tristezza profonda fanno apparire imminente l’abbattersi della bufera. L’Aratura di settembre in una sterminata e desolata campagna chiusa da monti assume una grandiosità sovrannaturale come se fosse una funzione sacra. Assai delicata è la Pastorale, pervasa di una tristezza elegiaca che si effonde non solo dal volto accasciato del suonatore gonfio e lacero, ma anche da quel rudero-voce d’altri tempi- staccante sul piano erboso e dalla squallida distesa interminata avvolta in una luminosità diffusa. Epica è la Sera nella Campagna Romana per il rossore tragico che avvolge come di un velo di nebbia il desolato piano erboso, le pecore strette l’una all’altra, timidamente. Certi grandi quadri hanno raggiunto una vita straordinaria, riprodotti in piccole dimensioni. Così quello già a Venezia in cui si vedono le pecore disposte a semicerchio come per un misterioso rito sotto il tenue chiarore roseo dell’estremo crepuscolo, mentre la luna rosseggia pallida e incerta dietro i vapori : pare che un silenzio argentino circonfonda ogni cosa ; pare che un infinito senso di poesia da ogni cosa emani. Così da Tonnara , esposta a
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Milano nel 1906, che appare più intensa nell’azione, più armonica nella costruzione , più accordata nel colore. La pittura , con questi lavori, il Sartorio ha superbamente rappresentato e descritto la Campagna Romana.
Articolo e ricerche a cura di Franco Leggeri-le foto in B/N sono originali del 1906 –
Biografia di Giulio Aristide Sartorio.
Giulio Aristide Sartorio
Allievo prima del padre e poi dell’Accademia di San Luca fece i suoi primi passi all’insegna del fortunismo alla moda con quadi in costume settecentesco o comunque contrassegnati dalla pennellata virtuoso e dalla tematica facilmente leggibile. Nel 1883 inviò all’Esposizione di Belle Arti di Roma Dum Romae consulitur morbus imperat ovvero Malaria (opera dispersa), potente dipinto neo caravaggesco di denuncia sociale. Nel 1889 vinse la medaglia d’oro a Parigi con I figli di Caino e si avvicinò a Francesco paolo Michetti, da cui derivò l’amore per il pastello e per il paesaggio. Contemporaneamente alla frequentazione di In Arte Libertas realizza il trittico Le Vergini Savie e Le Vergini Folli per il conte Gegè Primoli, opera intrisa di umori neo bizantini. Un passo successivo fu il dittico Diana d’Efeso e gli Schiavi e La Gorgone e gli Eroi – vera e propria summa della sua stagione simbolista e delle sue riflessioni sull’arte – opera che alla Biennale di Venezia del 1899 ottenne l’acquisto statale per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Tra il 1908 e il 1912
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realizzò l’intero fregio per la nuova aula del Parlamento mettendo a punto un nuovo linguaggio per la decorazione ambientale dove si coniugava il classicismo michelangiolesco con la propria sigla inconfondibile. Allo stesso periodo risale la partecipazione al gruppo dei XXV della Campagna Romana, con il quale perlustrò tutti gli amati dintorni di Roma riportandone i segni distintivi in procinto di essere cambiati per sempre dal progresso. Nel 1915 partì volontario per la guerra che documentò con una serie di lavori di straordinaria modernità caratterizzati da tagli fotografici arditi e da contrasti cromatici d’effetto. Negli anni ’20 compì una serie di viaggi in Oriente e Sud America grazie ai quali realizzò una serie straordinaria di opere contraddistinte dall’immediatezza del reportage dal vivo. L’ultimo periodo si dedicò a ritrarre la famiglia Fregene mettendo a punto un’innovativa pittura di luce post impressionista di straordinaria modernità. Morì nel 1932 a Roma durante la progettazione della decorazione del Duomo di Messina. Biografia: Nasce a Roma l’11 febbraio 1860, il nonno Girolamo e il padre Raffaele, entrambi scultori, lo avviano
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all’arte. Frequenta i corsi di Francesco Podesti all’Istituto di Belle Arti. 1877-79 Si mantiene realizzando soggetti alla moda neo settecenteschi e neo pompeiani sulla scia del successo di Mariano Fortuny. Si reca a Napoli dove conosce Domenico Morelli. 1883 Partecipa all’Esposizione internazionale di Roma con Malaria (Dum Romae consulitur morbus imperat). 1884 Visita a Parigi il Salon e attraverso Vittorio Corcos viene in contatto con l’ambiente degli artisti italiani ivi operanti. 1885 Lavora come illustratore per la “Cronaca Bizantina” di Angelo Sommaruga, che lo presenta a Gabriele D’Annunzio. 1886 Stringe amicizia con Francesco Paolo Michetti ed Edoardo Scarfoglio e viene in contatto con il gruppo di artisti di “In Arte Libertas” legati a Nino Costa. Prende parte all’editio picta dell’Isaotta Guttadauro di D’Annunzio. 1889 Ottiene la medaglia d’oro all’Esposizione universale di Parigi con I figli di Caino (1887-89). Durante l’estate soggiorna con D’Annunzio a Francavilla ospite di Michetti, che lo introduce alla tecnica del pastello e alla pittura di paesaggio. 1890 Frequenta il salotto del conte Giuseppe Primoli, che gli commissiona
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il trittico Vergini savie e vergini folli (Roma, Galleria comunale d’arte moderna). Espone per la prima volta con il gruppo “In Arte Libertas”. 1893 Si reca in Inghilterra per studiare le opere dei preraffaelliti e conosce a Londra William Morris. In una tappa a Parigi visita nuovamente il Salon. Invia da Parigi e Londra articoli sull’arte europea alla “Nuova Rassegna”. 1895 Espone alla I Biennale di Venezia, cui sarà presente con assiduità. 1896-99 Insegna pittura alla Scuola d’arte di Weimar su invito del granduca Carlo Alessandro di Sassonia. Si accosta al simbolismo tedesco e compie studi di animali nel giardino zoologico di Weimar. 1899 La III Biennale di Venezia gli dedica una sala personale, in cui espone il dittico Diana d’Efeso e Gorgone e gli eroi (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna). 1901 È nominato membro dell’Accademia di San Luca. Sposa Giulia Bonn. 1903 Nasce la figlia Angiola. 1904 È tra i fondatori del gruppo dei XXV della Campagna romana. 1905 Giulia Bonn rientra a Francoforte portando con sé la figlia. Pubblica il romanzo Roma Carrus Navalis – favola contemporanea. 1906 Partecipa all’Esposizione di
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Milano per l’apertura del traforo del Sempione con il Fregio del Lazio, poi suddiviso in diversi pannelli. 1907 Decora il salone centrale della Biennale di Venezia con il ciclo allegorico La Luce, Le Tenebre, L’Amore e la Morte (Venezia, Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro). 1908-12 Realizza il fregio decorativo della nuova aula del Parlamento italiano progettata da Ernesto Basile. 1914 Espone all’XI Biennale di Venezia. 1914-15 Allo scoppio della prima guerra mondiale si arruola come volontario con il grado di sottotenente di cavalleria. Ferito e catturato a Lucino sull’Isonzo è trattenuto nel campo di prigionia di Mauthausen, da cui viene liberato diversi mesi dopo grazie all’intercessione di papa Benedetto XV. Torna al fronte dove dipinge scene di guerra. 1917 Pubblica Tre novelle a perdita. 1919 Sposa l’attrice Marga Sevilla, con cui vive nella villa Horti Galateae. Dirige la moglie nel film Il mistero di Galatea. Si reca in Egitto per realizzare il ritratto di re Fuad I e visita Palestina, Libano e Siria. Il 14 settembre nasce la figlia Lidia. 1919-21 Collabora la casa di produzione cinematografica Triumphalis, firmando il soggetto di Clemente
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VII e il sacco di Roma e dirigendo il San Giorgio. 1921 Espone alla Galleria Pesaro. 1922 Pubblica il poema illustrato Sibilla e lo scritto teorico Flores et Humus. 1923 Il 23 novembre nasce il figlio Lucio. 1924 Effettua il periplo dell’America Latina a bordo della Regia Nave Italia. 1929 Si imbarca sulla nave militare italiana Caio Duilio per una crociera nel Mediterraneo. 1930-32 Lavora alla decorazione musiva del nuovo Duomo di Messina. 1932 Muore il 2 ottobre e viene sepolto nella chiesa di San Sebastiano fuori le mura.
Articolo e ricerche a cura di Franco Leggeri-le foto in B/N sono originali del 1906 –
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Valerio Bispuri- Dentro una storia. Appunti sulla fotografia
Prefazione di Marco Damilano-Editore Mimesis
Descrizione del libro di Valerio Bispuri-Prefazione di Marco Damilano:“In fondo credo che la fotografia unisca la possibilità di rimanere bambini e di essere uomini forti, coraggiosi e incoscienti, dove le emozioni si rispecchiano allo stesso tempo nella velocità dello scatto e nella lentezza di saper guardare oltre, dove l’attimo può rimanere in superficie e allo stesso tempo toccare grandi profondità e dove l’istinto funziona solo quando si muove nel recinto della ragione”. “Dentro una storia” è il viaggio di un fotoreporter all’interno delle sue immagini. Valerio Bispuri ci porta nel mondo degli ultimi, dei dimenticati e ci racconta il suo percorso fotografico e umano attraverso gli sguardi, i gesti di chi ha fotografato. Un mondo osservato o meglio scrutato con pazienza e coraggio, due parole ricorrenti nel suo lavoro. Un fotoreporter controcorrente che usa il tempo per conoscere e raccontare, che ama le storie lunghe e che riesce a unire le proprie emozioni con la realtà. Tra gli occhi di chi vive dietro le sbarre di una prigione, nel mondo della droga in Sudamerica, nell’universo di chi è sordo e nella realtà della malattia mentale, le storie di Bispuri nascono sempre osservando gli altri e la propria interiorità: “Ho sempre visto la fotografia come un guardare attraverso il mondo con la lente d’ingrandimento delle nostre emozioni. Un gesto che diventa forma, uno spazio che si interpone agli angoli remoti delle nostre linee interiori”.
Dal 2004 ha seguito un progetto decennale dedicato al mondo carcerario dell’America meridionale, con lo scopo di raccontare il continente attraverso i detenuti e la loro condizione ed i drammi da loro vissuti.[2] Durante il suo percorso, Bispuri ha visitato 74 carceri di tutti i paesi del Sudamerica. In Argentina ha ottenuto l’autorizzazione a visitare il Padiglione 5 del carcere di Mendoza, dove erano reclusi i detenuti argentini più pericolosi.[3] Il direttore della struttura gli fece firmare una liberatoria in cui si assumeva tutte le responsabilità per la sua incolumità.[3] Attraverso le foto scattate in questo padiglione ha documentato le condizioni di estremo degrado in cui i detenuti erano costretti a scontare la pena.[3]
Le fotografie, realizzate in bianco e nero, sono state oggetto di esposizione in varie mostre internazionali e sono state raccolte nel libro Encerrados, edito da Contrasto nel 2015 e sostenuto anche da Amnesty International.[4] L’impatto sociale di Encerrados è stato tale che ha contribuito alla chiusura del Padiglione 5 del carcere di Mendoza.[3][2] Nel 2013 ha vinto il Sony World Photography Award nella categoria Contemporary Issues.[5]
Con il suo foto reportagePaco ha tentato di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle conseguenze dell’assunzione da parte di adolescenti e ragazzini a Buenos Aires del Paco, una droga estremamente nociva, ottenuta con gli scarti della lavorazione della cocaina, miscelati a cherosene, colla, veleno per topi o polvere di vetro.[6][7]
Per sei anni ha seguito la vita di Betania una donna trentacinquenne lesbica di Buenos Aires, ritraendola nella sfera privata, indagando lo sviluppo della vita intima e sentimentale e le aspirazioni di autonomia e riconoscimento nella società argentina, che ha approvato il matrimonio egualitario.[8][9][10]
Dopo aver ottenuto l’autorizzazione a visitare le carceri italiane da parte del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del ministero della Giustizia, ha costruito un progetto di documentazione delle strutture detentive e della popolazione carceraria, realizzando un’indagine sulla condizione psichica e fisica dell’uomo privato della libertà. Il progetto ha riguardato 10 carceri: l’Ucciardone di Palermo, Poggioreale a Napoli, Regina Coeli e Rebibbia Femminile a Roma, Capanne a Perugia, Bollate e San Vittore a Milano, la Giudecca a Venezia, la Colonia penale di Isili a Cagliari e Sant’Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino. Alcune delle fotografie realizzate sono state raccolte nel volume Prigionieri pubblicato nel 2019. Prigionieri, Encerrados e Paco, formano una trilogia sulla libertà perduta.[2][11]
I suoi reportage sono stati oggetto di diverse esposizioni internazionali.
Michael Freeman-L’occhio del fotografo-La composizione nella fotografia digitale
Editore Logos
DESCRIZIONE del libro di Michael Freeman–Un’adeguata padronanza delle regole della composizione è indispensabile per realizzare fotografie efficaci. La capacità di riconoscere un’opportunità fotografica e di organizzare gli elementi grafici in un insieme riuscito è da sempre una delle qualità più apprezzate in un fotografo. Il libro esplora gli approcci tradizionali alla composizione, ma affronta anche tecniche digitali come lo stitching e l’High Dynamic Range Imaging. In linea con l’obiettivo del libro, che mira ad ampliare le possibilità creative senza compromettere l’originalità della visione del fotografo, questa edizione è stata interamente migliorata nella qualità delle immagini in occasione del decimo anniversario della pubblicazione. Le nuove tecnologie di riproduzione digitale, non disponibili all’epoca della prima edizione del libro, danno nuova vita alle fotografie dell’autore, evidenziando la competenza tecnica che ha indicato la strada a una generazione di fotografi.
Il suo primo libro, Athens, viene pubblicato nel 1978 all’interno della collana “The World’s Great Cities” della casa editrice britannica Time-Life. Nel 1982 seguirono altri due libri, Guardians of the North-West Frontier: The Pathans e Wayfarers of the Thai Forest: The Akha, entrambi nella collana “Peoples of the Wild”.
Freeman ha avuto una lunga esperienza di lavoro con lo Smithsonian Magazine, fotografando 40 storie tra il 1978 e il 2008.[1]
Sue principali specializzazioni sono la cultura asiatica, l’architettura e l’archeologia, su cui ha pubblicato molti libri contenenti sue foto e scritti, tra cui cinque volumi su Angkor. Il primo, Angkor: The Hidden Glories, è stato utilizzato per il film Baraka del 1992 e Freeman ha contribuito alla realizzazione del documentario del 2008Baraka: A Closer Look.[2]
Ha inoltre scritto e illustrato il materiale didattico per il corso di fotografia dell’Open College of the Arts, un istituto indipendente britannico.[4]
Franco Leggeri Fotoreportage e Articolo -Fiumicino Al Borgo di TESTA di LEPRE-Inizia IL PALIO DEI FONTANILI edizione 2022-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Franco Leggeri Fotoreportage e Articolo –Fiumicino- Borgo di Testa di Lepre- 6 settembre 2022-Mancano poche ore all’inizio della nuova edizione del Palio dei Fontanili .Una settimana quella dell’8/9/10/11 settembremolto importante per il Borgo della Campagna Romana, soprattutto in chiave simbolica infatti, dopo il terribile periodo del Covid19, ripartono tutte le grandi feste e manifestazione che coinvolgeranno tutto il Comune di Fiumicino durante i mesi di luglio e agosto e sarà il Palio l’ultimo dei grandi eventi dell’estate 2022. Durante il Palio si vedranno sfilare oltre al classico Corteo Storico con Musici i Gruppi di Arcieri, gli immancabili Sbandieratori della Città di Cori e l’Associazione Cornelia Antiqua .
La Presidentessa della Proloco , Maria Rita Rastelli, ci dice: ”Estate vuol dire solo una cosa: Riaprire e Ripartire . Il borgo di Testa di Lepre, durante le giornate del Palio, si trasformerà in una AGORA medievale a cielo aperto dove tutti potranno divertirsi con food di qualità, drink, birre artigianali e tanta musica”. Prosegue la Presidentessa :”Quest’anno però, c’è una new entry di tutto rispetto: “all’ Osteria del Palio” sarà servita la pasta fatta in casa con la farina ricavata dal “grano sacro” seminato dalla Proloco”. Chiosa la signora Maria Rita Rastelli:”Durante la manifestazione, oltre ai tantissimi appuntamenti musicali, ai giuochi popolari e rievocazione storiche in costume ,la Proloco porterà sulla tavola dei visitatori e degli ospiti del Palio, il sapore e i profumi della nostra bella Campagna Romana”.
Articolo e foto di Franco Leggeri
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Borgo di TESTA di LEPRE – IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo di TESTA di LEPRE – IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo di TESTA di LEPRE – IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo di TESTA di LEPRE – IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo di TESTA di LEPRE – IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo di TESTA di LEPRE – IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo di TESTA di LEPRE – IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo di TESTA di LEPRE – IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo di TESTA di LEPRE – IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –Palio dei Fontanili –
Programma Palio dei Fontanili 2022
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Borgo Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –Palio dei Fontanili –
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –AMARCORD” Palio dei Fontanili prima edizione 2018″-
Testa di Lepre-FIUMICINO (RM) –Seconda edizione ” Palio dei Fontanili il -5-6- 7-8- settembre 2019″-
Il Borgo di Testa di Lepre si prepara a vivere la prima edizione del Palio dei Fontanili 2018-
Il Borgo di Testa di Lepre si prepara a vivere la prima edizione del Palio dei Fontanili 2018-
Il Borgo di Testa di Lepre si prepara a vivere la prima edizione del Palio dei Fontanili 2018-
Il Borgo di Testa di Lepre si prepara a vivere la prima edizione del Palio dei Fontanili 2018-
Il Borgo di Testa di Lepre si prepara a vivere la prima edizione del Palio dei Fontanili 2018-
Il Borgo di Testa di Lepre si prepara a vivere la prima edizione del Palio dei Fontanili 2018-
Borgo Testa di Lepre-IL PALIO DEI FONTANILI
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre-Bandiere del Palio dei Fontanili
Luca Calderoni ex-Presidente della Proloco Testa di Lepre
Borgo Testa di Lepre-Bandiere del Palio dei Fontanili
Borgo Testa di Lepre-Bandiere del Palio dei Fontanili
Proloco Testa di Lepre
Maria Rita RASTELLI Presidentessa della ProLoco del Borgo TESTA di LEPRE
Borgo Testa di Lepre
TESTA di LEPRE
Casale di Testa di Lepre di sopra
Borgo TESTA di LEPRE via Alberto CAMETTI incrocio con via di Tragliata
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Serbatoi idrici della Campagna Romana- Serbatoio Borgo di Testa di Lepre
Borgo TESTA di LEPRE By night-Fotoreportage di Franco Leggeri
Borgo TESTA di LEPRE By night-Fotoreportage di Franco Leggeri
Franco Leggeri Fotoreportage -Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI ” 2018
Luca Calderoni Presidente della Proloco Testa di Lepre
Articolo e fotoreportage di Franco Leggeri–Il Borgo TESTA di LEPRE a settembre avrà il “suo” Palio. E’ in fase avanzata la realizzazione della prima edizione del “Palio dei Fontanili del Borgo di Testa di Lepre” da parte della Proloco.
Testa di Lepre- 11 luglio 2018-Quella che sta nascendo a Testa di Lepre è una manifestazione ,sempre più concreta, con il fine di far rivivere e far conoscere , con giochi e manifestazioni varie, una battaglia che avvenne nell’846 d.C. nella Valle dell’Arrone, zona Fontanile di Mezza Luna, quando la Milizia Contadina, condotta e guidata ad una vittoria storica dal Duca Guido da Spoleto, sconfisse i saraceni che stavano per invadere Roma.
Il Consiglio Direttivo della Proloco ha suddiviso in quattro il territorio del Borgo e saranno , appunto, quattro gli stemmi che rappresenteranno, al Palio, le Contrade di Testa di Lepre. Tutti gli abitanti del Borgo, con spirito cavalleresco, saranno uniti nelle competizioni che si svolgeranno a settembre durante il Palio.
Ci dice Luca Calderoni il Presidente della Proloco:” Questa prima edizione del Palio sarà puramente ludico-sportivo, ma con lo scopo di esaltare i valori della nostra Campagna Romana. Quello di Testa di Lepre sarà un Palio per le famiglie, persone, ragazzi di ogni età che vorranno riprendere una storia ormai quasi dimenticata per ricominciare a “scriverla” di proprio pugno.” Prosegue Luca Calderoni “Da un’idea, una semplice idea e intuizione passare alla fase realizzativa è ,e sarà, una bella sfida che , speriamo, dal bilancio partecipativo di scoprire una realtà che riempirà di colori e calore umano il Borgo di Testa di Lepre, nel suo intero, con: musica, balli,cucina campagnola, stendardi, foulard, sorrisi e vera amicizia. Questo è il mio augurio e la mia speranza che ripongo in questa iniziativa” Conclude infine così il suo colloquio con me Luca Calderoni” voglio ringraziare tutto il Comitato Direttivo e i Soci della Proloco per il FATTIVO e concreto sostegno OPERATIVO che stanno mettendo al fine di vedere il trionfo della manifestazione del Palio dei Fontanili. “
Borgo Testa di Lepre-Fiumicino -ROMA
Aggiungo che tutto il Palio sarà un’opera Corale a più voci , auguro agli organizzatori che dal Borgo si possa udire un “INNO ALLA GIOIA” da tutta Campagna Romana.
Seguiranno, da parte di noi di Campagna Romana, altri report sulla fase organizzativa del Palio dei Fontanili con interviste e foto a tutti i membri del Comitato Direttivo della Proloco, ai partecipanti e ai Capitani delle Contrade. Cercheremo di scrivere, raccontare, con approfondimenti storici , i fatti relativi alla battaglia dell’846 d.C. e la storica vittoria della Milizia di Campagna sui saraceni. Andremo a fotografare i Fontanili e l’area della famosa Battaglia. Racconteremo la vita di questi eroi della Campagna Romana che formarono l’esercito , MILIZIA CONTADINA, del famoso Condottiero il Duca Guido da Spoleto.
Articolo di Franco Leggeri
N.B.Foto di Franco Leggeri- Le foto sono a disposizione di TUTTI e libere .
Altre foto sono su Facebook-CAMPAGNA ROMANA BENE COMUNE
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Guido I Duca di Spoleto e Camerino-Palio dei Fontanili del Borgo Testa di Lepre
Borgo Testa di Lepre
VicePresidente Proloco di Testa di Lepre ,Luigi Conti
Proloco Testa di Lepre
Logo Proloco Testa di Lepre
Borgo Testa di Lepre-IL PALIO DEI FONTANILI
Maria Rita RASTELLI Segretaria della ProLoco del Borgo TESTA di LEPRE
Borgo Testa di Lepre
Borgo Testa di Lepre-Bandiere del Palio dei Fontanili
Borgo Testa di Lepre-Bandiere del Palio dei Fontanili
Borgo Testa di Lepre-Bandiere del Palio dei Fontanili
I Fontanili della Campagna Romana- Fontanile di via Santa Maria di Galeria Foto di Grazia Amici
Luca Calderoni Presidente della Proloco Testa di Lepre
I Fontanili della Campagna Romana- Fontanile di Cecanibbio- Foto Franco Leggeri-
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Proloco Testa di Lepre
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA
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Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMA-Coop Testa di Lepre
Borgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMASerbatoio idrico
Roma -La mostra fotografica di Gabriele Basilico è sicuramente da vedere. Indubiamente vale sempre la pena di ammirare le foto di uno dei grandi maestri della fotografia italiana.L’allestimento è interessante, con le foto collocate su pannelli inclinati che favoriscono la visione e cercano (riuscendoci solo in parte) di ridurre i riflessi. Poi il luogo è grandioso, uno dei più belli di Roma, ma confesso di non amare in modo particolare il dover fruire delle foto in mezzo a reperti di tale bellezza da risultare distraenti. Aggiungo che alcune delle foto (ad esempio quelle collocate su una sorta di lungo tavolo con incavo a “V”) erano illuminate in modo poco uniforme.
GABRIELE BASILICO
La Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, in collaborazione con il Museo Nazionale Romano – Palazzo Altemps, il MUFOCO – Museo di Fotografia Contemporanea e l’Archivio Basilico, presenta la mostra Gabriele Basilico. Roma. In occasione dell’ottantesimo anniversario dalla nascita del grande maestro della fotografia italiana, l’esposizione restituisce un inedito spaccato della sua ricerca visiva.
L’apertura al pubblico è prevista da giovedì 12 dicembre 2024 a domenica 23 febbraio 2025 nelle sale di Palazzo Altemps a Roma.
Curata da Matteo Balduzzi e Giovanna Calvenzi, la mostra presenta per la prima volta al pubblico un itinerario che attraversa le principali ricerche realizzate da Gabriele Basilico su Roma, città profondamente amata e intensamente frequentata dal fotografo milanese. Una selezione di oltre cinquanta opere in un percorso narrativo pensato appositamente per dialogare con gli spazi e le collezioni di Palazzo Altemps.
GABRIELE BASILICO
Filo conduttore della mostra è il legame tra Gabriele Basilico e la Città Eterna, costruito grazie a venti incarichi professionali ricevuti dal fotografo tra il 1985 e il 2011 e alle numerose campagne fotografiche che ne sono scaturite. Elementi fondamentali della ricerca di Basilico, come la stratificazione di epoche e stili e la dialettica tra monumenti e tessuto edilizio ordinario, trovano a Roma una propria apoteosi, fornendo al fotografo l’opportunità di raccontare anche una città moderna che sa includere simultaneamente le architetture imponenti, vivida espressione della modernità razionalista insieme ai templi, agli archi e palazzi della storia più antica dentro alla stessa grandiosa monumentalità.
GABRIELE BASILICO
Il percorso espositivo è articolato in due nuclei principali e spazia dagli affondi nell’architettura razionalista alla compresenza di edifici civili e monumentali come principio costante del tessuto urbano romano, dalle diverse sfaccettature del Colosseo, ai lavori che esplorano il rapporto tra figura umana e architettura contemporanea. Cuore pulsante della mostra e punto di congiunzione tra le due sale è il focus dedicato all’archivio del fotografo, che presenta 60 fogli originali di provini a contatto e una vasta selezione di appunti che Gabriele Basilico ha prodotto nel corso dei sette progetti principali realizzati su Roma, per un totale di oltre 250 immagini.
La mostra Gabriele Basilico. Roma accende i riflettori sulla straordinaria indagine dedicata alla condizione urbana che caratterizza la ricerca di Gabriele Basilico ed evidenzia il modo in cui il fotografo ha saputo dialogare con una delle città più ricche di riferimenti iconografici al mondo, traendone immagini che offrono punti di vista nuovi e inaspettati.
GABRIELE BASILICO
Amplia e completa il progetto espositivo la pubblicazione edita da Electa, promossa dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, in collaborazione con il MUFOCO – Museo di Fotografia Contemporanea e con l’Archivio Gabriele Basilico, e curata da Angelo Piero Cappello, Giovanna Calvenzi e Matteo Balduzzi.
GABRIELE BASILICO
GABRIELE BASILICO
Milano, 1944-2013
Dopo la laurea in architettura (1973), Gabriele Basilico si dedica con continuità alla fotografia. La forma e l’identità delle città e i mutamenti in atto nel paesaggio urbano sono fin dagli esordi i suoi ambiti di ricerca privilegiati. Milano. Ritratti di fabbriche (1978-80) è il primo lavoro dedicato alla periferia industriale e corrisponde alla sua prima mostra in un museo (1983, Padiglione di Arte Contemporanea, Milano). Nel 1983-84 partecipa a Viaggio in Italia, il progetto collettivo ideato da Luigi Ghirri che diventerà il manifesto della Scuola italiana di paesaggio. Nel 1984 è invitato a far parte della Mission Photographique de la DATAR, voluta dal governo francese, e documenta le coste del nord della Francia. Nel 1991 partecipa a un’altra missione fotografica internazionale a Beirut, alla fine della guerra durata oltre 15 anni. A Beirut tornerà altre tre volte: nel 2003, nel 2008 e nel 2011. Nel 1996, con Stefano Boeri, realizza un’accurata indagine sui mutamenti del paesaggio, Sezioni del paesaggio italiano, che verrà presentata alla VI Biennale di Architettura di Venezia. Basilico ha prodotto moltissimi lavori di documentazione di città in Italia e all’estero, e realizzato un ampio numero di mostre e di libri personali. Considerato un indiscusso maestro della fotografia contemporanea, ha esposto in molti Paesi e ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Ha inoltre intrecciato il suo instancabile interesse per le trasformazioni del paesaggio urbano con attività seminariali, lezioni, conferenze e riflessioni scritte. Le sue opere fanno parte di importanti collezioni internazionali, pubbliche e private. Nel 2023-2024 la città di Milano gli ha dedicato due grandi mostre, alla Triennale e a Palazzo Reale, con il titolo comune Le mie città.
Dal 12 Dicembre 2024 al 23 Febbraio 2025
Roma
Luogo: Palazzo Altemps
Indirizzo: Piazza di Sant’Apollinare 46
Orari: dal martedì alla domenica dalle 9:30 alle 19:00 La biglietteria chiude alle ore 18:00
Curatori: Matteo Balduzzi e Giovanna Calvenzi
Enti promotori:
Direzione Generale Creatività Contemporanea – Ministero della Cultura
Origine e diffusione-Franco Leggeri Fotoreportage-La Maremmana è conosciuta come la razza della maremma toscana e laziale, e discende dal Bos Taurus Macroceros, il bovino dalle grandi corna (razza grigia della steppa) che dalle steppe asiatiche si è diffuso in Europa. I reperti archeologici di Caere (Cerveteri) e la testa taurina del museo di Vetulonia sono la conferma che la razza Maremmana occupava le attuali aree di allevamento (maremma toscana e laziale) fin dai tempi degli Etruschi. Nel tempo i bovini sono stati poi esportati in varie zone e diversi Paesi. Ad esempio, i Granduchi di Toscana esportavano i tori maremmani nei loro possedimenti in Ungheria per rinsanguare la razza Pustza. Con la progressiva bonifica dei terreni paludosi, la razza ebbe un notevole impulso tra le due guerre mondiali, grazie anche ad una intensa opera di selezione. La Maremmana in passato era una razza “da lavoro” e “da carne” ed il secondo dopoguerra, contraddistinto dalla meccanizzazione agricola e dalla riforma agraria, è stato l’evento che ha portato alla sua diminuzione in termini numerici. Oltre ciò, anche gli incroci hanno ulteriormente ridotto il numero dei capi in purezza.
Oggi continua il mantenimento e la valorizzazione della razza Maremmana che è conosciuta come “razza da carne”, ma anche come simbolo di biodiversità.
Questa razza è diffusa maggiormente nella sua culla d’origine, ovvero nelle regioni Lazio e Toscana, in particolare nelle province di Grosseto, Viterbo, Roma, Terni, Latina, Pisa, Livorno e Arezzo, ma possiamo trovare bovini maremmani, in minor numero, anche in altre regioni, come Marche, Umbria, Basilicata e Puglia. L’interesse verso questa razza è cresciuto anche da parte di operatori stranieri, in particolare spagnoli e centro americani, che vedono nella Maremmana il mezzo ideale per la valorizzazione di ambienti particolarmente difficili.
L’allevamento è di tipo brado: gli animali vivono all’aperto per tutto l’anno, riparandosi nelle macchie durante l’inverno. Le mandrie al pascolo vengono gestite, ancora oggi, dai butteri in sella ai cavalli maremmani. In primavera avviene la marcatura a fuoco dei soggetti di 1 anno e le vacche vengono imbrancate con i tori. La stagione delle monte dura circa 3 mesi: vengono formati dei gruppi di monta in cui il toro viene inserito con un rapporto di 1:20/30. Riguardo l’alimentazione, oltre all’erba di pascolo e ghiande dei boschi, vengono integrati fieno e granaglie; i bovini maremmani può essere somministrato anche foraggio di qualità inferiore.
Franco Leggeri Fotoreportage-Campagna Romana – La Maremmana-
Associazione allevatori
Nel 1957 è stata fondata l’Associazione Nazionale Allevatori Bovini da Carne (ANABIC) con sede a S. Martino in Colle (PG), che promuove il miglioramento genetico, valorizza e diffonde le razze bovine autoctone italiane (Marchigiana, Chianina, Romagnola, Maremmana e Podolica) e detiene il Libro Genealogico Nazionale unico delle Razze Bovine Italiane da Carne, il cui Regolamento fu approvato nel 1969. L’associazione partecipa anche alle iniziative di carattere promozionale e divulgative, collabora ai programmi di ricerca degli Organismi statali competenti ed Università, e fornisce l’assistenza tecnica agli operatori stranieri interessati ad allevare le Razze Italiane.
Franco Leggeri Fotoreportage-Campagna Romana – La Maremmana-
Consistenza
I capi di razza maremmana iscritti all’ANABIC* sono 11593. Le regioni più rappresentative della razza sono quelle d’origine: il Lazio (con 8844 capi e 168 allevamenti) e la Toscana (con 2543 capi e 65 allevamenti). E’ diffusa anche in altre regioni italiane come Basilicata (con 93 capi e 5 allevamenti) e Puglia 8con 86 capi e 3 allevamenti).
Secondo i dati della BDN – Anagrafe Nazionale Zootecnica (aggiornati al 31/12/2020), che include anche i capi iscritti, in Italia sono allevati 14785 bovini di razza Maremmana. Nel dettaglio, in base alla categoria di animali sono così suddivisi in: 809 da 0 a 6 mesi, 2059 da 6 a 12 mesi, 1715 da 12 a 24 mesi, e 10202 da 24 mesi in su. In particolare, nel Lazio sono presenti 10269 capi ed in Toscana 3468, in totale.
Franco Leggeri Fotoreportage-Campagna Romana – La Maremmana-
Caratteristiche morfologiche
I bovini maremmani sono di taglia grande e sono caratterizzati da elevata rusticità, solidità, robustezza scheletrica e tonicità muscolare. Inoltre, sono longevi e raggiungono anche i 15-16 anni di età.
Di seguito sono riportate le caratteristiche morfologiche indicate dallo “standard di razza”.
La grande struttura ossea è leggera, gli arti sono molto solidi, gli unghioni sono duri, gli appiombi sono generalmente perfetti ed i piedi sono forti e ben serrati, con talloni alti. La capacità addominale è idonea a contenere alimenti a bassa digeribilità, e il dorso è lungo e largo. La pigmentazione è nera nelle parti del musello, fondo dello scroto, nappa della coda ed unghioni. La persistenza di peli rossi è limitata alla regione del sincipite, la coda è grigia e la depigmentazione è parziale nelle aperture naturali. La cute è fine, elastica e nera. La testa è leggera, con musello ampio.
Franco Leggeri Fotoreportage-Campagna Romana – La Maremmana-
Il dimorfismo sessuale in questa razza è rappresentato dal colore del mantello e dalla forma delle corna. Il mantello è di colore grigio, più scuro nei tori e più chiaro nelle vacche. Le corna sono un tratto caratteristico della razza: a forma di semiluna nei maschi ed a forma di lira nelle femmine; negli adulti il colore delle corna è bianco-giallastro alla base e nero in punta.
Maschi: per i tori il peso medio è di 10-12 quintali e l’altezza media è di 150 cm. Hanno il mantello grigio scuro. Il collo è ben proporzionato e muscoloso con giogaia sviluppata; il profilo superiore è marcatamente convesso.
Femmine: per le vacche adulte il peso medio è di 6 – 8 quintali e l’altezza media è di 145 cm. Le bovine hanno il mantello grigio chiaro, il collo è lungo e leggero con giogaia sviluppata, e il profilo superiore è più rettilineo. La mammella appare sviluppata e vascolarizzata, con tessuto elastico e spugnoso, quarti regolari e con capezzoli ben diretti e di giuste dimensioni per l’allattamento. I parti sono spontanei e sono concentrati in primavera. Le vacche possiedono una spiccata attitudine materna ed assicurano una produzione di latte abbondante per l’accrescimento giornaliero del vitello ( > 1 kg).
I vitelli nascono con i mantello color fromentino che, dopo 3 mesi d’età, diventa grigio. Alla nascita pesano 30-40 kg e rimangono con la madre fino ai 6/7 mesi d’età. Vengono poi svezzati e venduti, oppure rimangono in azienda per l’ingrasso.
*(dati ANABIC aggiornati al 31/12/2020): le consistenze del Libro Genealogico includono sia gli animali iscritti ai Registri Principali Vacche e Tori, che hanno almeno due generazioni di ascendenti note (definiti dalla normativa comunitaria “di razza pura”), sia quelli iscritti al Registro Supplementare Vacche ed al Registro del Giovane Bestiame, che, pur appartenendo alla razza ed essendo iscritti al Libro, non possiedono una genealogia completa fino alla seconda generazione.
Fonte-Rivista online: RUMINANTIA®Web Magazine del mondo dei Ruminanti
Franco Leggeri Fotoreportage-Campagna Romana – La Maremmana-
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