Sortie cinéma: La bella estate, par la réalisatrice italienne Laura Luchetti-
Le dernier long métrage de Laura Luchetti, “Le bel été”, sort en salles en France le 27 novembre. Il a été bien accueilli notamment au Locarno Film Festival et au Festival Cinemed. Il s’agit de l’adaptation cinématographique du bref roman éponyme écrit par Cesare Pavese en 1940, publié seulement neuf ans plus tard dans un recueil qui comporte deux autres nouvelles. C’est un récit d’apprentissage de la liberté, du désir, de la sensualité, brillant aussi par la qualité de sa reconstitution du Turin de 1938 et de ses milieux bohèmes. Ce film a été tourné entièrement dans le Piémont, à Turin mais aussi dans la région des lacs d’Avigliana et de Carignano.
Mention spéciale aux deux excellentes actrices principales, à la fois retenues et émouvantes: Yile Yara Vianello et Deva Cassel.
Résumé: Turin, 1938. Ginia (Yile Yara Vianello), une jeune fille de la campagne plutôt réservée, est venue s’établir en ville pour travailler dans un atelier de couture où elle se montre particulièrement créative. Elle habite avec son frère Severino (Nicolas Maupas) qui fait des études tout en travaillant. Un dimanche, au milieu d’un groupe de jeunes gens, elle fait la connaissance d’Amelia (Deva Cassel), une jeune femme très belle et très libre, qui pose nue pour des artistes. Elles deviennent amies. Ginia est troublée par cette femme. Amelia l’introduit dans le milieu bohème et Ginia sent s’éveiller sa sensualité. Elle aimerait se libérer du carcan de son éducation, devenir aussi libre qu’Amelia, franchir le pas en suivant ses pulsions. Elle tombe amoureuse d’un jeune peintre, Guido (Alessandro Piavani) et se laisse séduire, après une résistance intérieure et des remords mal dissimulés. C’est le début d’un amour désespéré, plein d’attentes et d’illusions vaines, destiné à se consumer dans le bref instant d’une saison.
Extrait du dossier de presse, quelques mots de Laura Luchetti:
«Le roman de Pavese, écrit il y a environ quatre-vingt-cinq ans, m’a parlé dès la première lecture. Il m’a immédiatement semblé universel, moderne. Ginia, une jeune femme qui se cherche, qui a peur de ne pas être à la hauteur, rencontre une autre jeune femme, Amelia, qui l’entraîne dans un monde nouveau, plein de tentations, de chimères et de fragilité, un monde bohème, libre, insolent, sans tabous: le monde de l’art, de la représentation. Car le film est aussi un film sur la représentation, sur le désir d’être vue à travers les yeux d’un autre, d’être immortalisée, donc d’exister. Ginia poursuit cette illusion dans les années 1930 de la même manière qu’une fille d’aujourd’hui veut avoir sa photo sur les médias sociaux, être admirée, et être enfin quelqu’un.»
LE 27 NOVEMBRE AU CINÉMA
Drame / 101 min / Italie / 2023
Langue: Italien
Sous-titres : Français
Avec Yile Yara Vianello (Ginia), Deva Cassel (Amelia), Nicolas Maupas (Severino), Alessandro Piavani (Guido), Adrien Dewitte (Rodrigues)
Michèle Gesbert est née à Genève. Après des études de langues et secrétariat de direction elle s’installe à Paris dans les années ’70 et travaille à l’Ambassade de Suisse (culture, presse et communication). Suit une expérience associative auprès d’enfants en difficulté de langage et parole. Plus tard elle attrape le virus de l’Italie, sa langue et sa/ses culture(s). Contrairement au covid c’est un virus bienfaisant qu’elle souhaite partager et transmettre. Membre-fondatrice et présidente d’Altritaliani depuis 2009. Coordinatrice et animatrice du site.
Laura Luchetti trae da Pavese un elegante e sentito romanzo di formazione ambientato negli anni ’30.-Recensione di Tommaso Tocci
Torino, 1938. Venuta in città a lavorare assieme al fratello Severino, la giovane Ginia fa la sarta in un atelier di moda. Durante l’estate conosce la misteriosa Amelia, di poco più grande, che fa la modella per vari pittori della città. Attraverso Amelia, Ginia conoscerà tra gli altri i pittori Rodrigues e Guido, innamorandosi di quest’ultimo e chiedendosi come sarebbe se anche lei si lasciasse disegnare.
È al terzo lungometraggio come regista – a cinque anni da Fiore gemello – che Laura Luchetti incontra il Cesare Pavese della novella “La bella estate”, trovando un felice matrimonio di temi tra quelli a lei cari e quelli da riscoprire nell’opera che il romanziere firmò originariamente nel 1940.
Romanzo di formazione al femminile ambientato nella Torino dell’immediato pre-guerra, storia d’amore celata e di rapporto fiorente con il proprio corpo e il proprio desiderio, La bella estate inquadra con maturità il racconto della giovinezza inquieta, dandogli anche una veste formale elegante e dal sapore classico.
Nel creare la versione in immagini della prosa di Pavese, Luchetti confeziona un film sull’insidioso processo di farsi oggetto dello sguardo altrui, impresa ancora più ardua quando non si conosce (ancora) la propria identità, come nel momento transitorio dello sbarco nell’età adulta.
La giovane Ginia è una ragazza di campagna che degli adulti sa poco, nonostante viva “da grande” assieme al fratello e senza i genitori. L’incontro con la figura di Amelia, nella sua perfezione esoterica che sorge dall’acqua, la sconvolge a tal punto che per avvicinarsi a lei – e a un’idea di se stessa – deve affidarsi a una miriade di tramiti: gli specchi, gli spicchi di vetrata dietro a una tenda, il lavoro in atelier sugli abiti e sulle clienti, lo sguardo maschile del pittore che sembra crudelmente l’unico ad aver diritto sul corpo della donna. Nel frattempo cresce sottopelle l’inquietudine, discreta eppure fervente, con la paura che quell’estate finisca per sempre, seppellita dalla neve e dai discorsi del Duce alla radio.
Con l’aiuto di ottimi costumi e del fascino austero di Torino, Luchetti tratteggia un dramma d’epoca di spessore e dei personaggi pieni di dignità umana anche quando si ritrovano alla deriva.
Per il suo film più ambizioso ritaglia un ruolo intrigante alla giovane Deva Cassel, la quale usa il suo divismo “di nascita” per trasformarsi in avatar incrollabile e oggetto di desiderio, e ancor di più per la protagonista sfrutta il mestiere già forgiato di Yile Vianello, (ben) cresciuta nel cinema di Alice Rohrwacher. Cuore del film, la sua Ginia è un crocevia impazzito di maturità e innocenza, paure e slanci temerari, sentimenti e sensi di colpa.
Roma Capitale-L’Open Studio Gallery presenta la mostra fotografica di Chiara Ricciotti-
Roma Capitale-L’Open Studio Gallery di Patrizia Genovesi è lieto di presentare la mostra fotografica di Chiara Ricciotti, talentuosa fotografa italiana che esplora con sensibilità i confini tra moda e ritratto in un percorso visivo suggestivo e profondo. La mostra raccoglie una serie di immagini che vanno oltre la semplice rappresentazione della moda, trattandola come un potente mezzo narrativo e di espressione.
Ogni scatto esposto esprime una visione della moda che trascende i canoni tradizionali, enfatizzando l’umanità del soggetto, il movimento e le emozioni. Con uno sguardo cinematografico e una spiccata estetica, Ricciotti combina rigore strutturale e spontaneità, catturando momenti intensi e autentici. Le ambientazioni si intrecciano armoniosamente con il mood delle fotografie, arricchendo la narrazione visiva e coinvolgendo profondamente lo spettatore.
Chiara Ricciotti, nata in Italia nel 1997, ha nutrito fin da giovane la sua passione per la fotografia. Dopo aver completato un Master sotto la guida di Patrizia Genovesi nel 2019 e aver maturato esperienza nel campo della moda e del ritratto, oggi è responsabile del laboratorio fotografico presso l’ACM – Accademia di Costume e Moda di Roma. Attualmente frequenta un Master in Fashion Photography presso l’ISFCI di Roma, continuando a perfezionare uno stile personale e intensamente emozionale, ispirato al cinema e alle persone che incontra.
Questa esposizione rappresenta un’opportunità unica per il pubblico di esplorare la moda come un viaggio emozionale e artistico, dove ogni immagine è concepita per suscitare emozioni e creare un dialogo visivo profondo. La Direzione Artistica è curata da Patrizia Genovesi.
Informazioni, orari e prezzi
Dettagli e Informazioni per il Pubblico
La mostra sarà aperta dal 1 al 20 dicembre 2024.
Open Studio Gallery di Patrizia Genovesi in Via di Villa Belardi 18, Roma.
Inaugurazione 30 novembre 2024, ore 18:00 – su prenotazione
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì, dalle ore 10:00 alle 19:00 su prenotazione
Per ulteriori informazioni e prenotazioni:
Email: openstudiogallery.pg@gmail.com www.patriziagenovesi.com
Instagram: @c_ricciotti
LinkedIn: Chiara Ricciotti
Roma Capitale- Medina Art Gallery presenta la mostra personale di Pino Tersigni-
Roma Capitale-Dal 29 novembre al 5 dicembre 2024 Medina Art Gallery presenta la mostra personale di Pino Tersigni, testo curatoriale e presentazione a cura di Flavia Pittalis, presso la galleria di via Merulana, 220.
L’evento di opening si terrà il giorno venerdì 29 novembre 2024 alle ore 18:00 presso la galleria di via Merulana, 220 con la presentazione di Flavia Pittalis
Nato a Roma nel 1961, l’artista ha sentito fin dall’infanzia una connessione profonda e naturale con l’arte, descritta dalla madre come “un linguaggio che ha appreso ancor prima di parlare.” Fin da bambino, ha sentito l’impulso irresistibile di disegnare e dipingere su ogni superficie disponibile, incluso il banco di scuola, dove si divertiva ritrarre i suoi professori. L’arte è diventata per lui un modo spontaneo e istintivo di comunicare, trasformandosi in uno strumento vitale per interpretare il mondo che lo circonda.
In ogni figura, sia essa un corpo, un volto umano o un animale, l’artista cerca di catturare una verità universale che trascende il soggetto specifico e diventa uno specchio di emozioni condivise. È questo che lo guida nella scelta delle pose, nella precisione dei dettagli e nella densità del colore: ogni pennellata contribuisce a costruire un mondo interiore che invita l’osservatore a entrare in una dimensione emotiva e contemplativa. Il suo lavoro diventa così un percorso di esplorazione dell’animo umano, una ricerca che lo spinge a scavare nel profondo, portando alla luce immagini che vibrano di vita e complessità.
Per l’artista, dipingere è più di un mestiere: è una necessità che lo accompagna da sempre, un flusso di energia creativa senza il quale si sentirebbe incompleto. La sua arte è il mezzo per esprimere ciò che le parole non possono dire, un linguaggio universale capace di toccare chiunque osservi le sue opere. Con ogni nuova tela, porta alla luce una parte di sé, trasformando il suo sentire in immagini che vibrano di vita.
Informazioni
In breve:
Titolo Mostra: Mostra Personale di Pino Tersigni
Opening Mostra: venerdì 29 novembre h 18
Durata Mostra: dal 29 novembre al 5 dicembre, 2024
Luogo: Medina Art Gallery/ Via Merulana, 220 / Roma
Contatti Medina Art Gallery:
Email: info@medinaroma.com -Tel. +39 06 960 30 764
Social: facebook.com / medinaroma.arte / Instagram.com / medinaroma.arte
Website: https://www.medinaroma.com
Orario di apertura: Tutti i giorni 10.00-13.00/15.00-19.00
Domenica 1° dicembre ingresso gratuito nei musei civici e nei siti archeologici-
Roma Capitale – Domenica 1° dicembre 2024- Ingresso gratuito nei Musei di Roma e nei Siti Archeologici -Sarà possibile visitare gratuitamente gli spazi del Sistema Musei di Roma Capitale e alcune aree archeologiche della città. Come per ogni prima domenica del mese saranno aperti a ingresso libero il Parco Archeologico del Celio (ore 7-17.30), con il Museo della Forma Urbis, 10:00 – 16:00 con ultimo ingresso alle ore 15:00 (Ingressi Viale del Parco del Celio 20/22 – Clivo di Scauro 4); l’Area Sacra di Largo Argentina (via di San Nicola De’ Cesarini di fronte al civico 10, 9:30 – 16:00, ultimo ingresso ore 15), l’area archeologica del Circo Massimo (ore 9:30 – 16:00, ultimo ingresso ore 15), Villa di Massenzio (via Appia Antica 153, dalle 10 alle 16, ultimo ingresso un’ora prima della chiusura), e i Fori Imperiali (ingresso dalla Colonna Traiana ore 9:00 – 16:30, ultimo ingresso un’ora prima della chiusura).
Questi i musei civici aperti: Musei Capitolini; Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali; Museo dell’Ara Pacis; Centrale Montemartini; Museo di Roma; Museo di Roma in Trastevere; Galleria d’Arte Moderna; Musei di Villa Torlonia (Casina delle Civette, Casino Nobile, Serra Moresca e Casino dei Principi); Museo Civico di Zoologia.
L’iniziativa è promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Ingresso libero compatibilmente con la capienza dei siti. Prenotazione obbligatoria solo per i gruppi al contact center di Roma Capitale 060608 (ore 9-19).
A ingresso gratuito sia le collezioni permanenti che le esposizioni temporanee, a partire dai Musei Capitolini (piazza del Campidoglio 1) dove si potrà ammirare, nelle sale terrene del Palazzo dei Conservatori, Tiziano, Lotto, Crivelli e Guercino. Capolavori della Pinacoteca di Ancona, una selezione di grandi opere provenienti dalla Pinacoteca Civica ‘Francesco Podesti’ di Ancona. Sei prestigiose tele – delle quali 5 pale d’altare di grandi dimensioni e una piccola ma lussuosa tempera su tavola –protagoniste di un percorso espositivo che racconta l’importanza della collezione della Pinacoteca Podesti e, in filigrana, la ricchezza della città dorica committente dei maggiori artisti italiani fra Cinquecento e Seicento. Si possono ammirare la Circoncisione dalla chiesa di San Francesco ad Alto, opera di Olivuccio Ciccarello, interprete principale del rinnovamento della pittura anconetana che fiorì fra Trecento e Quattrocento; la preziosa Madonna con Bambino di Carlo Crivelli, icona della collezione dorica e somma realizzazione del pittore veneto che visse e operò nelle Marche; la Pala dell’Alabarda di Lorenzo Lotto, per la chiesa di Sant’Agostino, in cui si esplicita l’emozionante talento del pittore veneziano, esule a più riprese nella regione. Ancora di Tiziano è esposta la monumentale Crocifissione realizzata per la chiesa di San Domenico in cui l’artista esplora la tragedia e la sofferenza umana. Chiude la rassegna l’imponente Immacolata di Guercino, in cui la delicata figura della Vergine si staglia su un paesaggio marino il cui modello potrebbe essere la baia di Ancona. Nella Sala degli Arazzi del Palazzo dei Conservatori, Agrippa Iulius Caesar, l’erede ripudiato. Un nuovo ritratto di Agrippa Postumo, figlio adottivo di Augusto, tre ritratti di Agrippa Postumo, uno appartenente alle collezioni dei Musei Capitolini, un altro proveniente dagli Uffizi e il terzo della Fondazione Sorgente Group, in cui, solo di recente, si è riconosciuto lo sfortunato erede di Augusto.
Nelle sale di Palazzo Clementino l’ingresso gratuito comprende la visita a I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini, un’ampia panoramica sull’uso dei marmi colorati, dalle origini fino al XX secolo, attraverso una raffinata selezione di pezzi provenienti dalla Fondazione Santarelli.
La prima domenica del mese può essere infine l’occasione per ammirare, nel giardino di Villa Caffarelli, l’imponente ricostruzione in dimensioni reali del Colosso di Costantino, una statua alta circa 13 metri realizzata attraverso tecniche innovative, partendo dai pezzi originali del IV secolo d.C. conservati nei Musei Capitolini. (www.museicapitolini.org).
Al Museo di Roma in Trastevere (piazza S. Egidio 1/b) l’esposizione Roma ChilometroZero, un lavoro fotografico di ricerca in cui 15 fotografi romani documentano la complessità, i cambiamenti e le particolarità della città, realizzando dei “racconti visivi” secondo singoli e specifici progetti. Nelle sale al primo piano Testimoni di una guerra – Memoria grafica della Rivoluzione Messicana, 40 fotografie provenienti dal prestigioso Archivio Casasola, che percorrono le tappe fondamentali della Rivoluzione Messicana, periodo in cui sono sorte figure che hanno segnato la storia messicana come Francisco I. Madero, Emiliano Zapata, Pancho Villa e Venustiano Carranza. La mostra, organizzata in collaborazione con l’Ambasciata del Messico in Italia, rientra nelle commemorazioni per i 150 anni delle relazioni diplomatiche tra Messico e Italia. Infine, sempre nelle sale al primo piano, prosegue Dino Ignani. 80’s Dark Rome, il ritratto della Roma ombrosa e scintillante, sotterranea e plateale, degli anni Ottanta del secolo scorso. Il nucleo centrale del progetto espositivo è costituito dal ciclo di ritratti, denominato Dark Portraits, che Ignani ha dedicato ai giovani che animavano la vita notturna dell’epoca e, in particolare, i luoghi e gli eventi legati alla scena dark. (www.museodiromaintrastevere.it).
Al Museo di Roma (Piazza San Pantaleo, 10 e Piazza Navona, 2) l’ingresso gratuito darà la possibilità di visitare LAUDATO SIE! Natura e scienza. L’eredità culturale di frate Francesco, esposizione che, nell’ottavo centenario della composizione, che si celebra nel 2025, prendendo le mosse dal più antico manoscritto del Cantico di frate Sole o Cantico delle creature – tra i primi testi poetici in volgare italiano giunti a noi –propone un itinerario, costantemente accompagnato da una narrazione multimediale, attraverso 93 opere rare del Fondo antico della Biblioteca comunale di Assisi conservate presso il Sacro Convento.
Nelle sale del terzo piano L’incanto della Bellezza.Dipinti ritrovati di Sebastiano Ricci dalla Collezione Enel, esposizione inedita di due tele, raffiguranti Il trionfo di Venere e Bacco e Arianna, probabilmente eseguite dal Ricci nei primi anni del Settecento, durante il suo soggiorno fiorentino. Da poco riscoperti, i due dipinti sono stati sottoposti a un restauro che ha evidenziato le straordinarie doti di colorista del pittore veneto.(www.museodiroma.it)
Negli spazi della Galleria d’Arte Moderna (via Francesco Crispi 24), la mostra Estetica della deformazione. Protagonisti dell’Espressionismo Italiano, una selezione delle opere della collezione Iannaccone di Milano relative alla linea espressionista dell’arte italiana tra gli anni Trenta e Cinquanta – dalla Scuola Romana al gruppo Corrente. All’ingresso del museo, i visitatori saranno inoltre accolti da À jour. Laura VdB Facchini, un progetto site-specific in dialogo con il complesso monumentale tardo-cinquecentesco che oggi ospita il museo, ispirato dal ricamo à jour, come omaggio alle monache che per secoli hanno abitato questo spazio e che in una parte del complesso monumentale ancora sono presenti. Nelle sale al secondo piano prosegue il successo della mostra “La poesia ti guarda”. Omaggio al Gruppo 70 (1963-2023), una selezione di opere di uno dei sodalizi artistici più interessanti sorti nel contesto delle neoavanguardie e delle ricerche verbovisuali italiane, in occasione della ricorrenza dei sessant’anni dalla nascita del Gruppo 70. Sarà inoltre ancora possibile ammirareL’allieva di danza di Venanzo Crocetti. Il ritorno, una delle prime sculture di grande formato dedicate al tema della danza di Crocetti, tornata in tutta la sua magnificenza dopo circa due anni di un accurato e specialistico restauro da parte dei tecnici dell’ICR. (www.galleriaartemodernaroma.it).
Ai Musei di Villa Torlonia (via Nomentana 70) nelle sale della Casina delle Civette è possibile ammirare l’esposizione Niki Berlinguer. La signora degli arazzi, una panoramica completa della produzione di arazzi realizzati dall’eminente tessitrice e artista, pioniera nel tradurre la pittura in narrazioni tessili, unendo l’antica tecnica del piccolo punto con influenze contemporanee. Per la prima volta la Casina delle Civette accoglie al suo interno una mostra di arazzi del XX secolo che dialogano con il liberty architettonico delle vetrate e degli ambienti di questo gioiello romano. (www.museivillatorlonia.it).
Aperti regolarmente al pubblico anche i musei abitualmente ad ingresso libero, ovvero: Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco; Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese; Museo Pietro Canonica a Villa Borghese; Museo Napoleonico; Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina; Museo di Casal de’ Pazzi; Museo delle Mura; Villa di Massenzio.
Al Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese (via Fiorello La Guardia 6 – viale dell’Aranciera 4) la mostra Sandro Visca – Fracturae, un’occasione unica per esplorare la produzione dell’artista abruzzese con particolare attenzione al suo continuo dialogo tra la materia e la sua messa in forma. Le opere esposte si inseriscono nella ricerca che Visca porta avanti da decenni. Attraverso le serie dei Teatrini e delle Silhouette, l’artista, indagando la potenza espressiva della materia, esplora il rapporto tra il frammento e l’oggetto. La sua poetica si manifesta nella volontà di preservare la vita che emana dai più disparati elementi di materia, i cui frammenti sono elevati a simbolo di una condizione umana precaria e sfuggente. (www.museocarlobilotti.it )
Al Museo Napoleonico (Piazza di Ponte Umberto I 1) si potrà ammirare Carolina e Ferdinando. E non sempre seguendo il dopo al prima, sculture, incisioni, installazioni multimediali di Gianluca Esposito che esplorano artisticamente le relazioni fra Maria Carolina d’Asburgo Lorena, il marito Ferdinando IV di Borbone e il Regno di Napoli. Nello stesso museo Giuseppe Primoli e il fascino dell’Oriente, una mostra tematica sull’interesse del conte Giuseppe Primoli per l’arte del Giappone e, più in generale del continente asiatico. Documenti, fotografie, libri, oggetti e manufatti di gusto, tema o manifattura orientale provenienti dalla Fondazione Primoli e dalla collezione del museo, tra i quali riveste un ruolo di primo piano il ventaglio con scene giapponesi dipinto da Giuseppe de Nittis a Parigi intorno al 1880 per la principessa Mathilde Bonaparte. Fiore all’occhiello della mostra, l’esposizione di quattordici kakemono, rotoli dipinti in carta o stoffa della tradizione giapponese. (www.museonapoleonico.it )
Fanno eccezione alla gratuità (ingresso a tariffazione ordinaria, con tariffa ridotta per i possessori della MIC Card): Roma pittrice. Le artiste a Roma tra il XVI e XIX secolo al Museo di Roma (Piazza San Pantaleo, 10 e Piazza Navona, 2), che si focalizza sulle artiste donne che lavorarono a Roma a partire dal XVI secolo, con un percorso che giunge fino al 1800 e alle nuove modalità di progressivo accesso alla formazione che lentamente si impongono in accordo con il panorama europeo. Al centro della mostra le tante artiste donne che dal XVI al XIX secolo hanno fatto di Roma il loro luogo di studio e di lavoro con una produzione ricca, variegata e di assoluto rilievo artistico, spesso relegate in una sorta di silenzio storiografico. Protagoniste le artiste presenti nelle collezioni capitoline, come Caterina Ginnasi, Maria Felice Tibaldi Subleyras, Angelika Kaufmann, Laura Piranesi, Marianna Candidi Dionigi, Louise Seidler ed Emma Gaggiotti Richards, oltre a una selezione significativa di altre importanti artiste attive in città come Lavinia Fontana, Artemisia Gentileschi, Maddalena Corvina, Giovanna Garzoni, e di molte altre il cui corpus si sta ricostruendo in questi ultimi decenni di ricerca. (www.museodiroma.it) Rifugio antiaereo e bunker di Villa Torlonia, (Casino Nobile, Via Nomentana 70) con un nuovo percorso espositivo che documenta la vita di Mussolini e della famiglia nella villa e, attraverso un’esperienza multimediale immersiva, permette di rivivere i momenti drammatici delle incursioni aeree durante la Seconda guerra mondiale. Prenotazione obbligatoria per singoli e gruppi. (www.museivillatorlonia.it)
Circo Maximo Experience, offre la visita immersiva del Circo Massimo in realtà aumentata e virtuale, dalle 9:30 alle 16:00 (ogni 15 min. – ultimo ingresso ore 14:50). Ingresso a tariffa ridotta per possessori della MIC Card. (www.circomaximoexperience.it)
Tutte le informazioni e gli aggiornamenti sono disponibili su www.museiincomuneroma.it e sui canali social del Sistema Musei di Roma Capitale e della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura.
Giuseppe Tomassetti- Appello per la conservazione delle Torri della Campagna Romana-
A proposito delle Torri della Campagna Romana il Tomassetti scrisse:”…pensi il lettore , contemplandole ora così poeticamente desolate, quasi giganti feriti ed impietriti sul posto , a ricostruire la Storia con l’immaginazione , e figurarsi le feste, gli armamenti, le battaglie, tutto ciò che formò la vita agiata della Campagna Romana nel Medioevo; ed egli dovrà convenire con me che esse esercitano grande seduzione nella nostra mente. Pensino pertanto i proprietari dell’Agro Romano a conservare gelosamente questi ruderi dell’Arte e della Poesia; ne impediscano ai pecorari ed ai contadini la continua malversazione; pensi il Governo a farne compilare l’esatto elenco ed a farne regolare consegna ai proprietari, come dei Monumenti Antichi, sia perché hanno aspetto pittoresco , sia perché appartengono alla Storia; e col tempo la posterità dimanderà conto alla presente generazione del non aver arrestato e posto fine ai guasti dovuti all’ignoranza dei nostri predecessori.”
ROMA- Apre al pubblico il sito archeologico scoperto sulla via Cassia
Roma, sulla Via Cassia nuovo sito archeologico-Un nuovo tassello si aggiunge al ricco patrimonio archeologico di Roma. La Soprintendenza, in collaborazione con Eos Arc, inaugura un percorso di visita all’interno di un complesso archeologico di straordinario interesse, scoperto lungo la via Cassia tra il 2020 e il 2022, nel territorio dell’antica città di Veio, cuore dell’Etruria meridionale.
L’iniziativa, rivolta a tutti gli appassionati di storia e archeologia, si inserisce in un più ampio progetto di valorizzazione del territorio e di promozione della cultura. Il sito è stato organizzato per permettere una fruizione continua, con un percorso pedonale che si snoda tra una tomba a camera etrusca, un’antica strada lastricata e una rete di gallerie idriche ipogee. “La Soprintendenza non si occupa solo del centro storico e dei grandi complessi,” spiega Daniela Porro Soprintendente speciale di Roma, “ma tutela anche le scoperte archeologiche in zone decentrate, mantenendo vivo il legame con la comunità.” Questa iniziativa valorizza così l’identità storica del territorio e restituisce alla cittadinanza una parte significativa della propria storia.
La collina della Via Cassia era abitata sin dal VII secolo a.C., come dimostrano i ritrovamenti di una ricca tomba etrusca con oltre 60 vasi cerimoniali, che riflettono il legame di questa zona con la potente città etrusca di Veio. L’area divenne poi parte del suburbio romano, e nei primi secoli dell’Impero fu costruita una strada basolata, che ancora oggi testimonia l’importanza strategica del sito. In epoca tardo repubblicana, la collina ospitava un grande complesso produttivo, i cui resti rivelano un’articolazione planimetrica dettagliata con torchi e canalette. Con il tempo, la struttura si ampliò fino a diventare una villa rustica in epoca imperiale, fulcro dell’economia agricola romana. Uno degli elementi più affascinanti del sito è il complesso sistema idrico, composto da gallerie ipogee e una cisterna per alimentare un impianto termale. Questo sistema, ancora leggibile grazie alle tracce dei canali, testimonia l’ingegneria romana dedicata al benessere e alla memoria degli abitanti. Il sito include anche nuclei di sepolture lungo la strada basolata, per lo più tombe a cappuccina e un piccolo edificio trasformato nel II secolo d.C. in sepolcro, con loculi che tagliano il pavimento originario. Durante la visita, i partecipanti potranno usufruire di un video che documenta lo scavo archeologico, i ritrovamenti e i lavori di valorizzazione. Pannelli informativi, collocati lungo il percorso, illustrano la storia del sito, dalla fase etrusca alla presenza romana, con uno sguardo alla fiorente attività produttiva dell’epoca imperiale.
-Indagini archeologiche Via Aurelia Antica-Località Malagrotta-(2011-2013)–
Malagrotta-Osteria a sinistra della Via Aurelia Antica, o strada di Civitavecchia, 8 miglia lungi da Roma , posta nel tenimento di Castel di Guido, poco prima del diverticolo di Maccarese. Essa è nella valle del Rio di Galeria, che si traversa sopra un ponte : ivi dappresso è un Casale , un granaio , la chiesa , ed un fontanile fornito di acqua da una sorgente condotta, i cui bottini veggasi a destra della strada. Il nome Malagrotta suol dirsi da una grotta che si vede sul colle a sinistra ; a me sembra però che sia un travolgimento del nome Mola Rupta, che almeno fin dal secolo X. questo fondo portava: dico fin dal secolo X, poiché non voglio fare uso della Carta di donazione di Santa Silvia per le ragioni che furono indicate nell’articolo su Maccarese. Or dunque negli annali de’ i Camaldolesi, ne’ quali si riporta quell’Atto di donazione , si trova pure riportata una Carta genuina pertinente all’anno 995, ( leggasi il tomo I.p.p.126) nella quale si ricorda la cessione e permuta fatta da Costanza nobilissima donna di una metà di un suo Casale denominato Casa Nobula, posto circa l’ottavo miglio fuori della porta San Pietro nella contrada che corrisponde appunto a Malagrotta. E questa contrada si ricorda ancora anche in altre Carte degli stessi annali, come in una dell’anno 1014 nella quale si pone fuori di porta San Pancrazio nella via Aurelia, e si nomina come Casale ,in un’altra carta del 1067 si nomina come affine al Rio Galeria, e nel secolo XIII. Col nome di Castrum Molarupta colle chiese di Santa Maria e di Santa Apollinare si designa nelle bolle di papa Innocenzo IV. Nel 1249 e di Papa Bonifacio VIII. Nel 1299, con le quali furono conferiti i beni di San Gregorio: come pure in due Atti pertinenti all’anno 1280 e 1296, documenti che sono inseriti nell’appendice del tomo V. degli Annali suddetti. Quindi il nome Molarupta rimaneva sul principio del secolo XIV. E quanto a questa denominazione così antica , che rimonta, come si vide , almeno al secolo X. facile è derivarne la etimologia da una mola ivi sul fiume Galeria esistente, la quale rottasi, ne derivò al fondo ed alla contrada il nome do Molarupta.
Roma: Malagrotta – via Aurelia-indagini archeologiche finalizzate all’individuazione ed all’apposizione del vincolo di un tratto della via Aurelia antica e della mansio di età imperiale ad essa afferente.Committente:Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma (dott.ssa Daniela Rossi)
Scavi a cura della Cooperativa Parsifal – Cooperativa di Archeologia.
Roma: Malagrotta – via Aurelia–indagini archeologiche finalizzate all’individuazione ed all’apposizione del vincolo di un tratto della via Aurelia antica e della mansio di età imperiale ad essa afferente.
Committente: Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma (dott.ssa Daniela Rossi)
Scavi a cura della Cooperativa Parsifal – Cooperativa di Archeologia.
Roma Capitale- Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia-
Roma- Le origini del Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia risalgono al 727 d.C., quando il re dei Sassoni Ina istituì la “Schola Saxonum” per dare ospitalità ai pellegrini diretti alla Tomba dell’Apostolo Pietro. Fu eretto sull’area anticamente occupata dagli “Horti” di Agrippina Maior (14 a.C. – 33 d.C.), costruzioni imperiali, ampi e sontuosi giardini che dal Gianicolo si estendevano lungo la riva destra del Tevere. In alcuni ambienti sottostanti l’antico Ospedale sono ancora visibili resti di pareti di opusreticulatum, pavimenti a mosaico, sculture e affreschi.
Considerato uno dei più antichi ospedali d’Europa, il Santo Spirito in Sassia sorse a sostegno dei poveri, dei malati e degli infanti abbandonati, come testimonia ancor oggi la Ruota degli Esposti posta all’esterno dell’edificio.
Restaurato e ampliato nel corso dei secoli, il Complesso è composto dalle Corsie Sistine, dai Chiostri dei Frati, delle Monache e delle Zitelle (o “chiostro del Pozzo”) e infine dal Palazzo del Commendatore (che ne è un ampliamento cinquecentesco), a opera dell’architetto Giovanni Lippi.
Il Palazzo, costruito attorno a un elegante cortile quadrangolare, è ornato da una fontana del XVII secolo e da un orologio ottocentesco a sei ore e ospita l’antica Spezieria, in cui furono condotte numerose ricerche farmaceutiche e dove vennero triturate le erbe medicamentose, di cui oggi sono testimoni le collezioni di antichi vasi e mortai.
Oggetto di un attento restauro terminato nel luglio 2022, le Corsie Sistine furono realizzate su incarico di papa Sisto IV della Rovere nella seconda metà del Quindicesimo secolo. La struttura, costituita dalla Corsia Lancisi e dalla Corsia Baglivi, è lunga 120 metri e larga 13. Le Corsie furono utilizzate dapprima come luogo di degenza e, dal ‘600, come lazzaretto. Un ciclo di affreschi di scuola umbro-laziale, che si sviluppa una superficie di oltre 1200 mq e la cui estensione è seconda solo a quella della Cappella Sistina, ne orna il perimetro superiore. Le Corsie sono collegate da un tiburio ottagonale sotto il quale potete ammirare l’unica opera romana di Andrea Palladio, un raffinato ciborio sormontato da due putti attribuiti ad Andrea Bregno, autore anche dei due maestosi portali d’ingresso.
Nei secoli successivi, il Complesso ospedaliero si sviluppò ulteriormente, con l’edificazione della Sala ospedaliera Alessandrina, oggi adibita a sede del Museo di Storia dell’Arte Sanitaria.
Al suo interno, sono conservate diverse importanti collezioni: quasi 400 pezzi tra ceramiche e vetri farmaceutici, arazzi, sculture e rilievi; circa 300 tra opere pittoriche, disegni e stampe, numerosi affreschi, grottesche e altre decorazioni pittoriche parietali; 20.000 volumi a stampa di cui circa 60 incunaboli, 2.000 cinquecentine e 374 preziosi manoscritti di epoche diverse, 2 codici pergamenacei degli scritti di Avicenna e il più conosciuto Liber Fraternitatis Sancti Spiritus; due globi di Vincenzo Coronelli (un globo terrestre ed uno celeste del 1600); duesfere armillari in ottone e una diottra utilizzata nel rilevamento topografico per determinare e tracciare le visuali, testimonianze uniche della cultura scientifica romana in età moderna.
Informazioni
Indirizzo
Borgo Santo Spirito, 1-2
Orari
Per le modalità di accesso e gli orari della visita rivolegersi ai contatti soprandicati
Fonte-Roma Turismo-Dipartimento Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda.
Via di San Basilio, 51
00187 Roma
La struttura costituisce il più rilevante complesso di edifici quattrocenteschi romani ed occupa l’isolato adiacente al Vaticano tra via di Borgo Santo Spirito, via dei Penitenzieri, via di Porta Santo Spirito e il Lungotevere Vaticano. Fa parte del quattordicesimo rione di Roma, Borgo, divenuto un quartiere della città tra il 1585 e il 1590 e zona cimiteriale in età romana. L’ampia zona comprende anche Castel Sant’Angelo, l’antico Mausoleo di Adriano, divenuto archivio dei Tesori Vaticani, museo e storico rifugio dei Papi raggiungibile attraverso il camminamento coperto del Passetto. Fino al 1929 anche il vicinissimo Stato della Città del Vaticano apparteneva a Borgo ma, con la stipula dei Patti Lateranensi, il governo di Mussolini lo donò alla Chiesa di Roma di Papa Pio XI.
Borgo deve il suo nome al termine sassone Burg, cioè villaggio fuori dalla città di Roma. Era così anticamente chiamato dai pellegrini a maggioranza Sassoni del Wessex, a sud della Gran Bretagna, che qui arrivavano per venerare la tomba dell’apostolo Pietro. Il seguace di Cristo morì da martire sul colle Vaticano nel 64 o 67 d.C. a seguito delle persecuzioni dei cristiani da parte degli imperatori Claudio e Nerone e divenne il primo Papa della Chiesa Cattolica. L’imperatore Costantino edificò una basilica sulla tomba di San Pietro dopo aver emanato l’editto di Milano nel 313 d.C. con cui sanciva la libertà del culto cristiano e di tutte le altre religioni nell’Impero Romano.
La sede del Complesso sorge sulle rovine della villa di Agrippina Major, nobildonna romana e madre di Caligola. Ancora oggi sono visibili i numerosi resti dell’antica dimora nel sottosuolo delle antiche corsie ospedaliere. Il primo nucleo di Santo Spirito venne fatto erigere dal Papa Simmaco nel V secolo e consisteva in un Hospitium, un luogo di ospitalità con facoltà di dimora, per i pellegrini stranieri. Nel 726, il re del Wessex, Ine, anch’esso pellegrino a Roma per pregare sulla tomba di S.Pietro, fece costruire sopra questo antico luogo di accoglienza, una Schola Saxorum, cioè una corporazione per la comunità dei suoi conterranei inglesi che vivevano accanto alla sacra tomba di S. Pietro. La Schola era formata da un complesso di edifici comprendenti uno xenodochio (dal gr. Xenodochêion: xénos ‘straniero’ e déchesthai ‘accogliere’) o ospizio gratuito per forestieri, pellegrini e malati, oltre ad una chiesa titolata a S. Maria con un cimitero.
Nei secoli successivi la struttura venne abbandonata per limitazione dei flussi di pellegrini e conseguente calo delle donazioni e fu danneggiata da diversi incendi.
Nel 1198, Papa Innocenzo III, ristrutturò il complesso e lo cedette all’ fondato dal frate provenzale e cavaliere templare Guido da Montpellier. L’Ordine lo trasformò in un importante nosocomio con gli interventi dell’architetto Marchionne d’Arezzo e prese il nome di Arcispedale di Santo Spirito in Sassia o Saxia a ricordo della comunità sassone che dimorava in loco. Il più antico regolamento ospedaliero che si conosca, il Liber Regulae ne fissava le regole. Operò per tantissimi anni sia come ospedaletto per l’assistenza agli infermi e la cura delle malattie infettive come la malaria, sia come baliatico per la nutrizione dei trovatelli poveri e malati
con le balie, ma anche come brefotrofio per l’accoglienza degli esposti o proietti, cioè i neonati illegittimi e abbandonati. Papa Innocenzo III volle far qui costruire la rota proiecti (dal lat. proiectare ‘esporre’) o ruota degli esposti su esempio della prima istituita a Marsiglia in Francia nel 1188 che permetteva all’Ordine Religioso di accogliere i numerosi neonati indesiderati che
venivano lasciati, anonimamente, sulla parete esterna dell’ospizio, in un cilindro girevole dotato di una fessura coperta da una grata. È probabile che questa fosse la ruota più antica d’Italia e l’uso è stato abolito per legge solo nel 1923. I bambini venivano qui accolti dalle suore dell’ordine di S. Tecla e marchiati sul piede sinistro col simbolo dell’Ordine di S. Spirito, la croce lorenese a doppia traversa, e registrati in latino come filius m. ignotae ‘figlio di madre ignota’ da cui deriva l’espressione romanesca “fijo de na mignotta”.
Considerato l’ospedale Apostolico e il più antico di Roma godette sempre di sostegno, privilegi, esenzioni e indulgenze tanto che, nel periodo di massima prosperità, poté ospitare fino a 300 infermi e 1000 malati.
Nel XIV s. la struttura conobbe un breve declino sia per il trasferimento del papato ad Avignone (1309-1377) che per la peste del 1348 e il terremoto del
1349 e quasi cadde in rovina totale per mancanza di donazioni e supporti economici dal Vaticano. Verso la fine del 1400, la benefica Istituzione ebbe una rinascita architettonica, artistica e patrimoniale grazie a Papa Sisto IV della Rovere (1471-84) dell’ordine Francescano dei frati minori conventuali, artefice della costruzione della Cappella Sistina. Con lui il Complesso divenne tanto ricco da rivelarsi l’Istituzione con maggiori proprietà terriere in tutta Europa.
Dopo l’incendio del 1471, Sisto IV fece ristrutturare il complesso tra il 1474 e il 1477 dall’arch. fiorentino Baccio Pontelli (famoso per il progetto della Cappella Sistina e lì ritratto dal Perugino nell’affresco La consegna delle chiavi a S. Pietro) dandogli la forma attuale.
Ovunque si nota ancora il blasone del Papa col casato dei Della Rovere, a memoria del suo intervento, insieme al sigillo dell’Ordine Ospedaliero che gestiva la struttura, la croce lorenese a doppia traversa sovrastata dalla colomba dello Spirito Santo.
Nei secoli XVII e XVIII seguirono altre due ristrutturazioni e l’ultima si annovera al 1926 in cui venne ricostruita la facciata quattrocentesca con le bifore marmoree.
Dal 2000 il complesso monumentale è sede di un importante centro congressi mentre l’ospedale di S. Spirito in Sassia continua la sua secolare tradizione di assistenza ai malati nella nuova struttura in via Lungotevere in Sassia 1, adiacente all’antico nosocomio. Disegnato dagli architetti Gaspare e Luigi Lenzi negli anni 1920-33, oggi fa parte dell’ ASL E di Roma. Offre le prestazioni di pronto soccorso, ricovero ospedaliero con 200 letti e varie attività specialistiche ambulatoriali.
LA CORSIA SISTINA
È la parte più antica del Pio istituto ed oggi adibita a polo congressuale ma adibita ancora ad ospedale sino ai recenti anni 80. E’ lunga 120 m, larga 12 m e alta 13 m, suddivisa in un maestoso tiburio e due sezioni dette Braccio di Sopra e Braccio di Sotto ribattezzate sala
Lancisi e sala Baglivi nella seconda metà dell’800 in onore di due famosi medici ed anatomisti qui operanti e vissuti tra il XVII e XVIII secolo. Nella corsia venivano allora alloggiate le file dei letti a baldacchino dei degenti allietati dal suono di un organo in fondo alla sala. Quando il numero dei ricoverati aumentava per le epidemie venivano aggiunti letti al centro delle corsie chiamati carriole e da qui deriva il detto dialettale romano “li mortacci tua e de tu nonno in cariola”, con cui si enfatizza l’ingiuria anche con la morte dell’avo in cariola, cioè in soprannumero.
Le pareti appaiono finemente decorate con un ciclo di quasi cinquanta affreschi del XV secolo che rievocano la storia dell’antico ospedale, le benemerenze del fondatore Papa Innocenzo III e episodi della vita di Papa Sisto IV della Rovere, artefice del rinascimento dell’Ospedale.
Il tiburio a forma di torre ottagonale era l’originale ingresso dell’ospedale la cui cupola venne decorata con nicchie contenenti statue degli apostoli e con due ordini di finestre bifore e trifore con l’onnipresente stemma del Papa Sisto IV della Rovere. Il soffitto è costituito da eleganti pannelli lignei dipinti. Al centro conserva l’unica opera romana dell’architetto veneto Andrea Palladio, un altare in marmo con un dipinto seicentesco di Carlo Maratta. Gli ingressi laterali sono arricchiti da due portali di marmo quattrocenteschi, opere dell’architetto e scultore lombardo Andrea Bregno. Quello sotto il portico della facciata orientale è di modeste dimensioni mentre l’altro è ben conosciuto col nome di Portale del Paradiso, alto 10 m, largo 5 m e recentemente restaurato.
Nella lunetta conchigliata superiore è decorato l’emblema di Sisto IV tra due putti alati e nelle colonne laterali compaiono numerosi simboli associati alla religione cristiana, alla medicina e alle arti curative.
IL MUSEO STORICO DI ARTE SANITARIA
È ospitato nella Sala Alessandrina e venne inaugurato nel 1933 grazie al prezioso contributo di un generale e 2 professori di medicina: il Generale Mariano Borgatti, il Prof.
Giovanni Carbonelli e il Prof. Pietro Capparoni che raccolsero in questa sede del precedente Museo Anatomico, l’immenso materiale storico medico prima depositato in Castel Sant’Angelo. È un mausoleo della medicina con la biblioteca ed un archivio storico e nacque con lo scopo di promuovere e disciplinare gli studi storici dell’Arte Sanitaria in Italia. È alloggiato in nove stanze e conserva preziosi cimeli tra cui mortai, modelli anatomici, cere, antichi strumenti di ostetricia, la macina della China per macinare la corteccia dell’albero di China e produrre il chinino per curare la malaria. Inoltre conserva ferri chirurgici, microscopi, apparecchi per l’anestesia, la prima lettiga della Croce Rossa per il trasporto dei malati e moltissima documentazione su malattie e preparazioni farmaceutiche del passato. È altresì presente la ricostruzione di una farmacia del passato e di un laboratorio alchemico.
L’ANTICA SPEZIERIA
Si trova adiacente alla sala Lancisi e qui i frati un tempo preparavano i farmaci. Numerose ricerche farmaceutiche vennero qui condotte come quella sull’impiego della polvere della corteccia di China per la cura della malaria, allora molto diffusa e senza rimedio. Conserva inoltre una rara collezione di preziosi vasi per le spezie.
LA BIBLIOTECA LANCISIANA
Fu fondata nel 1711 dal medico Giovanni Maria Lancisi, docente di anatomia e medico personale del Papa e venne dotata di una rendita. Nacque all’interno dell’ospedale per favorire la formazione e l’aggiornamento dei medici e chirurghi e con l’intento di promuovere il confronto tra medici e lo svolgimento di sperimentazioni. È considerata la più importante biblioteca medica d’Italia e conserva 20.000 volumi e 375 manoscritti. Tra questi vi sono antichi libri di grammatica, retorica, politica, filosofia, teologia, matematica, storia naturale, chimica, farmacia, anatomia, chirurgia, medicina legale e alcuni strumenti scientifici originari come i globi del monaco cartografo Vincenzo Coronelli, due sfere armillari e una diottra.
IL PALAZZO DEL COMMENDATORE
Vi abitava l’amministratore capo del Complesso. Il palazzo venne edificato durante il papato di Pio V tra il 1566 e il 1572 ad opera degli architetti Nanni
di Baccio Bigio e Ottaviano Nonni detto Mascarino e per volere del Commendatore Bernardino Cirillo e per questo chiamato anche Palazzo di Cirillo. È arricchito con un sontuoso cortile decorato con arcate e colonne di marmo e un orologio barocco diviso in sei ore alla romana, tipica misurazione del tempo durante il periodo medievale. In questo modo la giornata veniva scandita dal ripetersi quattro volte del ciclo di sei ore l’una. Ha la forma di copricapo cardinalizio ed è incorniciato da un serpente che si morde la coda simbolo di eternità. Come lancetta ha un ramarro in bronzo e a lato l’antico emblema dell’ospedale con la croce a doppia traversa e la colomba dello Spirito Santo.
LA CHIESA DI SANTO SPIRITO IN SAXIA
Originalmente la chiesa del dodicesimo secolo era dedicata a Maria Vergine di cui rimane ancora il campanile romanico di Baccio Pontelli. Fu ricostruita varie volte e, dopo il Sacco di Roma nel 1527, Papa Leone IV chiamò l’architetto fiorentino Antonio da Sangallo il Giovane per la ristrutturazione eseguita tra il 1538 e 1545.
Il completamento della facciata tardo rinascimentale su due ordini e della grandiosa scalinata vennero terminati nel 1590 da Ottaviano Mascherino su commissione del Papa verso la fine del Papa Sisto V.
Al suo interno si conserva ancora un’icona mariana donata da re Ina, una serie di opere d’arte tardo-manieriste, numerosi pregiati affreschi e stucchi e un soffitto ligneo policromo ad opera di Antonio da Sangallo con gli stemmi di Papa Paolo III.
La Chiesa è oggi il Centro di Spiritualità della Divina Misericordia ufficialmente istituito dal Cardinale Camillo Ruini con decreto del 1994. Conserva le reliquie del Santo Papa Giovanni Paolo II in un ostensorio in argento a copia di quello rappresentato da Raffaello nell’affresco La disputa del Sacramento nella stanza della Segnatura al Vaticano.
Franco Leggeri Fotoreportage Roma Municipi XIII-XIV
-Ass. Cornelia Antiqua- Narrare il passato
– PONTI sul FIUME ARRONE –
Franco Leggeri Fotoreportage-Roma Municipio XIII- Ponti sul fiume ARRONE-Il vecchio ponte sull’Arrone , oramai in disuso , pavimentato ancora con il suo selciato originale ; incorporato nel parapetto si trova un blasone nobiliare medievale in marmo e poi vi sono ancora installate le vecchie paratie, vera archeologia industriale, le quali servivano per regolare il flusso dell’acqua destinata all’irrigazione della campagna romana circostante.
BREVI NOTIZIE SUL FIUME ARRONE IL CONFINE TRA ROMA E FIUMICINO.
L’Arrone è un fiume del Lazio; scorre nella provincia di Roma, è lungo 35 chilometri, nasce nella parte sud-orientale del lago di Bracciano ad Anguillara Sabazia e sfocia a Fiumicino nel mar Tirreno tra Maccarese e Fregene. Il bacino misura 125 km² di superficie. Pur configurandosi emissario del lago di Bracciano, il contributo del lago alla portata del fiume è esiguo, e in alcuni mesi dell’anno del tutto nullo. Nell’alto bacino sono presenti le sorgenti dell’Acqua Claudia. Dall’estremità sudorientale del lago, a quota 164 metri slm, il fiume si dirige da Nord Ovest a Sud Est per circa 3 km, poi si dirige a Sud per 12 km e quindi a Sud Ovest fino alla foce. In questo tratto confluisce il Rio Maggiore, affluente di destra. Subito a valle di questa confluenza il bacino dell’Arrone è attraversato dalla Strada Statale Aurelia. Alla foce è presente un prezioso ambiente umido che, insieme a tutta l’area contigua coperta da macchia mediterranea detta Bosco Foce dell’Arrone, fa parte della Riserva naturale Litorale romano.
TORRE di MACCARESE-nota anche come TORRE PRIMAVERA o di FREGENE
La Torre di Maccarese si trova a circa 500 metri dalla foce dell’Arrone, sulla sponda sinistra. La Torre fu costruita probabilmente . al pari di quella di Palidoro nota come Torre Perla, per difendere la foce del fiume dagli sbarchi dei saraceni.
CURIOSITA’
“Sulle rive dell’Arrone” è il titolo di una canzone di Daniele Silvestri, contenuta nell’album “Il Latitante” (2007), in cui si parla della prospettiva, raggiungibile dalle rive del fiume, con cui si riescono a vedere diversamente le cose. All’Arrone accenna in tutt’altri termini lo spettacolo teatrale “Storie di scorie” di Ulderico Pesce, in cui si affronta il problema delle scorie nucleari, come quelle stoccate nel deposito nucleare alla Casaccia che avrebbero contaminato in passato anche il fiume, con danni incalcolabili all’ambiente.
Foto originali nota dalla Monografia TORRI SEGNALETICHE e SARACENE della Campagna Romana di Franco Leggeri
Il Castello di Boccea- Articolo e Fotoreportage di Franco Leggeri-Roma Municipio XIV-Il Castello sorge sul “fundus Bucciea” che domina la valle del fiume Arrone e il fondo denominato anticamente “Ad Nimphas Catabasi”, sito al decimo miglio dell’antica via Cornelia,(domina il ristorante i SALICI sito sulla via Boccea). Si accede da una via sterrata all’interno della campagna e, come d’incanto, si vedono i resti del vecchio castello, luogo dove albergano le fiabe e ciò che rimane di una architettura delle allucinazioni per chi ha voglia di emozioni, le grandi emozioni, con un percorso iniziatico alla fantasia. Della vecchia costruzione , oltre ai cunicoli e gallerie, è visibile il Torrione, costruito in pietra selce e mattoni con rinforzi di possenti barbacani, necessari per contenere ed arginare il progressivo cedimento del banco tufaceo che costituisce la base naturale del fabbricato. Il Castello domina i boschi dove, nel 260 d.C. furono martirizzate S.s. Rufina e Seconda, mentre nelle vicinanze, al XIII miglio della stessa via Cornelia, nel 270 d.C. sotto l’Imperatore Claudio il Gotico, subirono il martirio Mario e Marta con i figli Audiface ed Abachum, famiglia nobile di origine persiana, come si legge nel Martirologio Romano”Via Cornelia melario terbio decimo ad urbe Roma in coementerio ad Nimphas, sanctorum Marii, Marthae, Audifacis et Abaci, martyrum”. Le prime tracce cartacee documentali del Castello si trovano nella bolla di Papa Leone IV, conservata negli archivi vaticani,tomo I pag. 16, con la quale si conferma la donazione al monastero di San Martino del “fundus Buccia” e delle chiese dei Santi Martiri Mario e Marta. Il Papa Adriano IV nel 1158 confermò alla basilica vaticana il Castello e i fondi di Atticiano, Colle e Paolo. In un antico atto conservato in Vaticano, al fascicolo 142,si legge che nel 1166 Stefano, Cencio e Pietro, fratelli germani e figli del fu Pietro di Cencio, cedettero a Tebaldo, altro fratello, la loro porzione del Castello di “Buccega”. Sempre dal medesimo archivio si apprende che Giacomo, Oddo, Francesco e Giovanni di Obicione, Senatori di Roma nell’anno 58 ( 1201), stabilivano che la basilica di San Pietro possedesse e godesse tutti i beni e gli abitanti del Castello di Buccia fossero sotto la protezione del Senato. Si stabilì che anche i canonici del Castello usufruissero dei privilegi e consuetudini accordati ai loro vicini, cioè come l’esercitavano nei loro castelli i figli di Stefano Normanno, Guido di Galeria e Giacomo di Tragliata (Vitale, “Storia diplomatica dei Senatori di Roma”, pag. 74 ). Da una bolla di Gregorio IX del 1240 si ha notizia di un incendio che distrusse il Castello e che il Pontefice ordinò di prelevare il denaro necessario alla ricostruzione direttamente dal tesoro della Basilica Vaticana (Bolla vaticana Tomo I, pag.124).In un lodo del 1270,che tratta di una lite di confini della tenuta,si menziona tra i testimoni Carbone,Visconte del Castello di Boccea. Il Castello subì nel 1341 l’attacco di Giacomo de’ Savelli, figlio di Pandolfo che, dopo averlo preso, scacciò gli abitanti e lo incendiò. Papa Benedetto XII, che era ad Avignone, scrisse al Rettore del patrimonio di San Pietro di”costringere quel prepotente a risarcire il danno”. Dopo il saccheggio da parte del Savelli il luogo rimase deserto secondo il Nibby mentre il Tomassetti, nella sua opera (pag.153) ci descrive il castello e la tenuta ancora abitato da una popolazione di 600 anime, cifra ricavata dalle quote sulla tassa del sale dell’anno 1480/81, durante il papato di Sisto IV. Della trasformazione da Castello a Casale di Boccea, moderna denominazione, si trova traccia nel Catasto Alessandrino del 1661,dove la costruzione viene indicata come “Casale con Torre”. Va ricordato che da 20 ettari di uliveto di Boccea si produceva l’olio destinato ai lumi della Basilica Vaticana, come si può desumere dalla cartografia seicentesca di G.B.Cingolani dove si legge”seguita a destra il procoio pure detto delle Vacche Rosse del Venerabile Capitolo di San Pietro, chiamato Buccea, olium Buxetum”. Attualmente il Casale di Boccea è in ristrutturazione con destinazione turistico-alberghiera, con un grande ristorante nel quale troneggia un imponente camino seicentesco in pietra. Altre tracce del passato sono i vari stemmi papali inseriti nei muri ed un frantoio manuale di recente ritrovamento, del tutto simile a quelli del Castello della Porcareccia e di Santa Maria di Galeria.
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