-Traduzione di Claudia Zonghetti- A cura di Robert Chandler, Jurij Bit-Junan-ADELPHI EDIZIONI
Risvolto
Quando Pëtr Vavilov, un giorno del 1942, vede la giovane postina attraversare la strada con un foglio in mano, puntando dritto verso casa sua, sente una stretta al cuore. Sa che l’esercito sta richiamando i riservisti. Il 29 aprile, a Salisburgo, nel loro ennesimo incontro Hitler e Mussolini lo hanno stabilito: il colpo da infliggere alla Russia dev’essere “immane, tremendo e definitivo». Vavilov guarda già con rimpianto alla sua isba e alla sua vita, pur durissima, e con angoscia al distacco dalla moglie e dai figli: «…sentì, non con la mente né col pensiero, ma con gli occhi, la pelle e le ossa, tutta la forza malvagia di un gorgo crudele cui nulla importava di lui, di ciò che amava e voleva. Provò l’orrore che deve provare un pezzo di legno quando di colpo capisce che non sta scivolando lungo rive più o meno alte e frondose per sua volontà, ma perché spinto dalla forza impetuosa e inarginabile dell’acqua». È il fiume della Storia, che sta per esondare e che travolgerà tutto e tutti: lui, Vavilov, la sua famiglia, e la famiglia degli Šapošnikov – raccolta in un appartamento a Stalingrado per quella che potrebbe essere la loro «ultima riunione» –, e gli altri indimenticabili personaggi di questo romanzo sconfinato, dove si respira l’aria delle grandi epopee. Un fiume che investirà anche i lettori, attraverso pagine che si imprimeranno in loro per sempre. E se Grossman è stato definito «il Tolstoj dell’Unione Sovietica», ora possiamo finalmente aggiungere che Stalingrado, insieme a Vita e destino, è il suo Guerra e pace.
Vasilij Grossman-Stalingrado
In copertina
Un soldato vittorioso dell’Armata Rossa sventola la bandiera sovietica sulle rovine di Stalingrado (febbraio 1943). Foto attribuita a Georgij Zel’ma. cpa media pte ltd /alamy stock photoolga shirnina per la colorizzazione
Stalingrado Vasilij Grossman
ADELPHI EDIZIONI S.p.A
Via S. Giovanni sul Muro, 14
20121 – Milano
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Fulvio Ferrario-Gli scritti dal carcere di Bonhoeffer-Editore Claudiana
Descrizione del libro di Fulvio Ferrario–Resistenza e resa si può leggere e amare senza alcuna introduzione: così hanno fatto milioni di uomini e donne, compreso, per un tempo, l’autore di questo libro. Di solito, però, chi lo legge vuole saperne, e capirne, di più. Questa è una guida, una parafrasi, un inquadramento e, da ultimo, un tentativo di commento. L’intento è solo, ancora una volta, quello di ascoltare Bonhoeffer, ma possibilmente ascoltarlo bene. Dopo una ventina d’anni di letture bonhoefferiane, chi lo ha scritto è convinto che ne valga la pena.
Fulvio Ferrario-Gli scritti dal carcere di Bonhoeffer-
«Resistenza e resa è uno dei libri più importanti del xx secolo. Non è solo un testo di teologia: forse, anzi, non è nemmeno anzitutto questo. Eppure la teologia del Novecento sarebbe molto diversa senza questo libro. Non è solo un testo di spiritualità: ma è una delle più significative testimonianze spirituali di tutta la storia del cristianesimo. Essa è anzitutto autobiografica: ma in poche testimonianze personali come in questa, Dio e il mondo, la storia e la politica, l’arte e la cultura, la vita e la morte, vengono a parola».
Fulvio Ferrario
Fulvio Ferrario
Biografia di Fulvio Ferrario è pastore valdese e ordinario di Dogmatica e discipline affini presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma; è professore invitato presso l’Istituto di Studi Ecumenici S. Bernardino di Venezia e la Facoltà Teologica Marianum di Roma.Tra le sue pubblicazioni su Dietrich Bonhoeffer ricordiamo: D. Bonhoeffer, Viaggio in Italia (a cura di F. Ferrario e M. Kromer), Claudiana, 2010; Bonhoeffer, Carocci, 2014; L’Etica di Bonhoeffer. Una guida alla lettura, Claudiana, 2018.
Indice testuale
Premessa
1.Dalla cospirazione al carcere
1. Il cerchio si stringe
2. Manfred Roeder
3. L’arresto e gli interrogatori
4. «Chi sono?» L’impatto con il carcere
5. Fasi
2.La spiritualità di Tegel
1. Disciplina
2. La Scrittura
3. La preghiera
4. Paul Gerhardt, la Provvidenza, la teologia della musica
5. L’anno liturgico
6. Antico Testamento
3.Maria von Wedemeyer
1. Profonda Prussia
2. Genesi di un amore
3. La predica matrimoniale dal carcere
4. Fidanzamento epistolare
5. Crisi
4.Non solo lettere
1. Che cosa significa dire la verità?
2. Bonhoeffer e la dimensione letteraria
3. Witiko 4. Dramma e romanzo
5. Il caporale Berg
5.La teologia di Tegel: genesi e orizzonte
1. La fine della religione
2. Pregare e fare ciò che è giusto fra gli uomini (e le donne…)
3. Il «Dio tappabuchi» e il «mondo adulto»
4. L’ánthropos téleios 5. Cristianesimo inconsapevole
6.Mondo adulto e teologia della croce
1. «Ora è completamente finita»
2. Genealogia della modernità
3. La forza del Dio debole
4. 21 luglio
5. Progetto per uno studio
7.L’inizio della vita
1. Prinz Albrecht Strasse, 8
2. Da Buchenwald a Schönberg
3. La decisione di Hitler
4. Flossenbürg
5. La strage impunita
8.Vicende di un classico
1. La memoria vivente
2. Bonhoeffer nella Germania Est
3. Bonhoeffer nel mondo anglosassone
4. Due pilastri della ricezione
5. Il gruppo di Heidelberg
6. Il Bonhoeffer «politico»
7. La prospettiva «post-Olocausto»
8. In Italia
EXCURSUS
Excursus 1. Bonhoeffer, Barth e il «positivismo della rivelazione»
Excursus 2. Bonhoeffer e Bultmann
Excursus 3. Stazioni sulla via della libertà
Excursus 4. Bonhoeffer e la theologia crucis Excursus 5. Potenze buone
«Nel settembre 1920, il direttore dell’Ufficio provinciale mi fece chiamare e mi disse…» Così ha inizio il Poema pedagogico. Nella conversazione di quel giorno con il direttore dell’Ufficio provinciale dell’Istruzione popolare Anton Semënovič Makarenko prese una decisione di incalcolabile importanza non solo per la sua vita personale, ma per la nascente pedagogia sovietica: accettò di andare in missione “in prima linea” sul fronte pedagogico, accettò di fondare e dirigere una colonia per la rieducazione di delinquenti minorenni. Ebbe così inizio quella straordinaria esperienza che il protagonista giustamente volle chiamare un poema pedagogico: anni e anni di sforzi e di sacrifici, di creazione nel lavoro pratico e nell’approfondimento teorico, che il lettore seguirà – ne siamo certi – con tesa attenzione dal primo all’ultimo giorno. E, giunto alla fìne, desidererà sapere qualcosa di più sull’eroe del poema, vorrà conoscere gli inizi e gli sviluppi della sua intensa attività creatrice, della quale la Colonia Gor’kij è pur sempre un momento, anche se forse il più appassionante, e certo quello decisivo: il punto di svolta di una vita. Chi era il giovane maestro che, in quel giorno di settembre del 1920, accettò quasi senza esitazione il difficilissimo compito che gli veniva proposto? Anton Makarenko aveva allora trentadue anni. Era nato il 1° marzo 1888 a Bielopol, centro operaio nella provincia di Kharkov, in Ucraina. Suo padre, Sëmen Grigor’evič, lavorava come capo verniciatore nelle officine ferroviarie di Bielopol. Sua madre, Tatiana Mikhailovna, era anch’essa una semplice donna del popolo. Padre e madre avevano dovuto lavorare sin dall’infanzia e non erano andati al di là delle prime classi elementari. […]
«Che i genitori siano esigenti verso se stessi, che abbiano rispetto per la famiglia, che si controllino a ogni passo, ecco il primo e principale metodo di educazione!», egli ha certamente davanti agli occhi la figura di suo padre e quella di sua madre, l’ordine e la nettezza della modesta casa operaia della sua infanzia, “pulizia morale” della sua famiglia operaia.
dall’Introduzione di Lucio Lombardo Radice
Formato 17×24 cm., copertina con alette, 512 pagine.
Introduzione di Lucio Lombardo Radice.
Traduzione di Leonardo Laghezza.
Stampato con carta certificata FSC.
Pubblicato a giugno 2022.
INDICE
Introduzione Bibliografia
Parte prima
1. Una conversazione con il direttore dell’Ufficio Provinciale dell’Istruzione Popolare
2. Esordio inglorioso della colonia Gor’kij
3. Bisogni elementari
4. Un’operazione di carattere interno
5. Affari di importanza statale
6. La conquista del serbatoio
7. Uno più uno meno…
8. Carattere e cultura
9. “Ci sono ancora cavalieri in Ucraina”
10. I benemeriti dell’educazione sociale
11. Il trionfo della seminatrice
12. Bratcenko e il commissario distrettuale per l’alimentazione
13. Ossadcii
14. Il calamaio della pace
15. Il nostro è il più bello
16. Hafersuppe
17. La punizione di Sciarin
18. Ci “avviciniamo” ai contadini
19. Il giuoco dei pegni
20. A proposito di ciò che è vivo e di ciò che è morto
21. Vecchi scorbutici
22. Un’amputazione
23. Semi selezionati
24. Il tormento di Sёmen
25. Pedagogia del “comandante”
26. I mostri della seconda colonia
27. Come conquistammo la Gioventù comunista
28. Cominciano le fanfare
Parte seconda
1. Una brocca di latte
2. Otcenasc
3. Le dominanti
4. Il teatro
5. Educazione da kulak
6. Le frecce di Cupido
7. L’arrivo dei complementi
8. Il nono e il decimo reparto
9. Il quarto reparto misto
10. Matrimonio
11. Lirica
12. Autunno
13. Smorfie d’amore e di poesia
14. “Non guaire!”
15. Gente difficile
16. Zaporogie
17. Come si deve contare
18. Esplorazione di guerra
Parte terza
1. I chiodi
2. Il reparto misto d’avanguardia
3. Vitaccia
4. “Tutto va bene”
5. Idillio
6. Cinque giorni
7. Il trecentosettantatré bis
8. Gopak
9. Trasfigurazione
10. Alle pendici dell’Olimpo
11. Il primo covone
12. La vita continua
13. “Aiutate il ragazzo!”
14. Ricompense
15. Epilogo
Anton Semenovič Makarenko
Biografia di Anton Semenovič Makarenko (1888 – 1939) fu uno dei fondatori della pedagogia sovietica, promosse idee e principi democratici nelle sue teorie educative e nella pratica. Elaborò la teoria dei collettivi autogestiti e introdusse il concetto di lavoro produttivo nel sistema educativo.
Anton Semenovič Makarenko -Pedagogista sovietico nato a Belopol′e, Char′kov, il 10 marzo 1888, morto a Mosca il 1° aprile 1939. Maestro elementare dal 1905, direttore didattico dal 1917; in contrasto con i pedagogisti del suo paese, ancora legati al sistema dell'”educazione libera”, il M. propugnò una “pedagogia della lotta”, cioè una forma di educazione autoritaria per la formazione dell’uomo sovietico. Quando gli fu affidata la direzione di quella che egli stesso più tardi denominò “Colonia di lavoro Gor′kij”, sorta nel 1920 presso Poltava, per la rieducazione dei bezprizornye, ragazzi che la guerra e la rivoluzione avevano abbandonato “senza tutela”, i sistemi estremamente rigidi usati dal M. gli procurarono molte critiche e avversioni, cosicché, nonostante i buoni risultati ottenuti e gli elogi di M. Gor′kij, il M. nel 1928 fu allontanato dalla “Colonia Gor′kij”. Tuttavia il M. fu successivamente chiamato a dirigere la “Comune Feliks Dzeržinskij”, in un sobborgo di Char′kov.
Trattando della sua esperienza alla “Colonia Gor′kij”, in Pedagogičeskaja poema (“Poema pedagogico”, in 3 parti, 1933-35; trad. ital., Roma 1952), l’opera sua maggiore, il M. sostiene che la rieducazione dei ragazzi traviati è possibile attraverso un ricondizionamento capace di immetterli in un’autentica e impegnativa esperienza sociale. Questa si può realizzare, secondo il M., con la costituzione di una comunità di ragazzi, nella quale essi, attendendo con rigida disciplina, spirito di emulazione personale e di squadra, a un lavoro produttivo e salariato, fonte del materiale sostentamento della comunità, ritraggano il senso e il valore del “collettivo”. Negli ultimi anni di vita del M., avendo il sistema dell'”educazione libera” perso totalmente credito presso le autorità scolastiche sovietiche, i principî makarenkiani vennero adottati ufficialmente.
Altre opere notevoli del M. sono: Marš tridcatogo goda (“La marcia dell’anno ’30”, 1932; trad. ital., Roma 1960); Kniga dlja roditelej (“Il libro per i genitori”, 1937); Lekcii o vospitanii detej (“Lezioni sull’educazione dei figli”, 1937; trad. ital., col titolo di Consigli ai genitori, Roma 1950), chiarimento del suo concetto di autorità in educazione; Flagi na bašnjach (“Bandiere sulle torri”, 1938; trad. ital. 2 voll., Roma 1955), che tratta delle sue esperienze nel campo dell’educazione dei ragazzi normali in una società socialista; Problema škol′nago sovetskogo vospitanija (“Pedagogia scolastica sovietica”; trad. ital., Roma 1960), compendio di lezioni tenute dal M. nel 1938, intese a combattere le concezioni e i metodi individualistici nell’educazione, a favore dell’educazione comunitaria. Le opere del M. sono state raccolte in 7 voll., Mosca 1950-52.
Bibl.: A. Kaminski, La pedagogia sovietica e l’opera di A. M., Roma 1952; I. Lezine, A. S. M., pédagogue soviétique, Parigi 1954; D. Bertoni Jovine, La pedagogia di M., in Belfagor, 1955, n. 4, pp. 405-47; P. Braido, A. S. M., Brescia 1959; F. Lilge, A. S. M. e la società sovietica, in I problemi della pedagogia, 1959, nn. 2-3, pp. 587-600, n. 4, pp. 748-888.
Yasmina Khadra- Le rondini di Kabul-Sellerio Editore
Descrizione del libro di Yasmina Khadra- Le rondini di Kabul-Traduttore Marco Bellini-Sellerio Editore-A venti anni dalla sua prima pubblicazione Sellerio ripropone Le rondini di Kabul, il romanzo più amato di Yasmina Khadra che lo ha consacrato come una delle voci più importanti del mondo arabo. Ambientato nella Kabul del 1998 occupata dai talebani, una storia straordinaria che oggi rivela la sua drammatica attualità.
Yasmina Khadra
Biografia e Opere di Yasmina Khadra– Pseudonimo femminile dello scrittore algerino Mohammed Moulessehoul (n. Kenadsa 1955). Ex ufficiale dell’esercito algerino autoesiliatosi in Francia, dopo avere pubblicato con il suo nome raccolte di racconti (Amen, 1984; Houria, 1984; La fille du pont, 1985) e romanzi (El Kahira – cellule de la mort, 1986; De l’autre côté de la ville, 1988; Le privilège du phénix, 1989), ha adottato come nom de plume quello da nubile della moglie, e con esso ha esordito con il romanzo Le Dingue au bistouri (1990), pubblicando nel 1997 il potente Morituri (trad. it. 2000), seguito da Double blanc (1998; trad. it. 2001), con i quali ha raggiunto notorietà mondiale. Abile contaminatore del genere poliziesco con le tematiche sociopolitiche che costituiscono i nodi cruciali dell’Algeria contemporanea, dotato di una scrittura densa e nervosa, della sua copiosa produzione successiva si citano qui: À quoi rêvent les loups (1999, trad. it. 2008); Les hirondelles de Kaboul (2002, trad. it. 2003); La part du mort (2004, trad. it. 2010); L’attentat (2005, trad. it. L’attentatrice, 2007); Ce que le jour doit à la nuit (2008, trad. it. 2010); Les anges meurent de nos blessures (2013, trad. it. 2014); La dernière nuit du Raïs (2015, trad. it. 2015); Khalil (2018, trad. it. 2018); L’outrage fait à Sarah Ikker (2019; trad. it. L’affronto, 2021); Le sel de tous les oublis (2020; trad. it. 2022).
El Kahira – cellule de la mort, 1986, ENAL. [romanzo]
De l’autre côté de la ville, 1988, L’Harmattan, Paris. [romanzo]
Le Privilège du phénix, 1989, ENAL. [romanzo]
Il pazzo col bisturi (Le Dingue au bistouri, 1990, 1999), trad. di Roberto Marro, Collana La metà oscura, Torino, Edizioni del Capricorno, 2017, ISBN 978-88-770-7349-5.
La Foire des enfoirés, 1993, Laphomic.
Morituri (Morituri, 1997), trad. di Maurizio Ferrara, Collana Dal mondo, Roma, e/o, 1998, ISBN 978-88-764-1344-5.
Le rondini di Kabul (Les Hirondelles de Kaboul, 2002), trad. di Marco Bellini, Collana Scrittori italiani e stranieri, Milano, Mondadori, 2003, ISBN 978-88-045-1930-0; con una Nota dell’autore scritta nel settembre 2021, Collana La memoria n.1210, Palermo, Sellerio, 2021, ISBN 978-88-389-4295-2.
L’attentato (L’Attentat, 2005), trad. di Marco Bellini [col titolo L’attentatrice], Collana Strade blu. Fiction, Milano, Mondadori, 2006, ISBN 978-88-045-5923-8; Postfazione dell’autore, Collana La memoria n.1026, Palermo, Sellerio, 2016, ISBN 978-88-389-3488-9.
Cosa aspettano le scimmie a diventare uomini (Qu’attendent les singes, 2014), trad. di Marina Di Leo, Collana Il contesto n.59, Palermo, Sellerio, 2015, ISBN 978-88-389-3367-7; Collana Promemoria, Sellerio, 2022.
Dio non abita all’Avana (Dieu n’habite pas La Havane, 2016), trad. di Marina Di Leo, Collana Il contesto, Palermo, Sellerio, 2017, ISBN 978-88-389-3686-9.
Ce que le mirage doit à l’oasis, con Lassaâd Metoui, Flammarion, 2017.
Khalil (Khalil, 2018), trad. di Marina Di Leo, Collana Il contesto n.93, Palermo, Sellerio, 2018, ISBN 978-88-389-3827-6.
L’oltraggio (L’Outrage fait à Sarah Ikker, 2019), trad. di Marina Di Leo, Collana La memoria n.1186, Palermo, Sellerio, 2021, ISBN 978-88-389-4147-4.
Il sale dell’oblio (Le Sel de tous les oublis, 2020), trad. di Marina Di Leo, Collana Il contesto, Palermo, 2022, ISBN 978-88-389-4410-9.
Lorenzo Iervolino-GIANNI RODARI-Vita, utopie e militanza di un maestro ribelle –
-Red Star Press editore-Roma
Descrizione- Gianni Rodari-Piemontese di nascita, lombardo di adozione, Giovanni Francesco Rodari, detto Gianni, non è “solo” l’autore di un’opera vastissima e variegata, capace di rivoluzionare i parametri della letteratura rivolta ai più piccoli fino a restare impressa nell’immaginario collettivo di intere generazioni. Ma se libri come Favole al telefono o Grammatica della fantasia sono entrate a far parte del patrimonio culturale internazionale, lo scrittore Gianni Rodari fu pur sempre anche studente seminariale, maestro elementare, militante comunista, partigiano e giornalista e, oltre che pedagogo e poeta, anche marito e padre.
GIANNI RODARI
In questa biografia, autentico viaggio nella vita di Gianni Rodari, Lorenzo Iervolino, con l’ausilio delle dichiarazioni di Rodari e le testimonianze di prima mano dei suoi amici e colleghi, compone un racconto corale e appassionante della straordinaria esistenza di un maestro ribelle. Un intellettuale che, piuttosto che scrittore di libri, amava definirsi un fabbricante di giocattoli.
Red Star Press-Editore Viale di Tor Marancia civ 76- Cap -00147 Roma, Italia
Nacque il 23 ottobre 1920 a Omegna, sul lago d’Orta, da Giuseppe Rodari (1890-1929), fornaio che possedeva il negozio in via Mazzini, via principale di Omegna, sposato in seconde nozze con Maddalena Aricocchi (1898-1963), commessa nella bottega paterna. Poiché i genitori stavano in negozio, venne seguito nel corso della sua infanzia da una balia di Pettenasco. A Omegna frequentò le prime quattro classi elementari, ma poi, in seguito alla morte del padre per broncopolmonite avvenuta nel 1929, all’età di nove anni si trasferì a Gavirate (VA), paese natale della madre, insieme con il fratello Cesare (1921-1982).[2]
In seguito, la madre cedette l’attività del marito al fratellastro di Gianni, Mario (1908-1966), nato dalle prime nozze del padre. Nel 1931 la madre lo fece entrare nel seminariocattolico di San Pietro Martire di Seveso (MI), ma comprese ben presto che non era la strada giusta per il figlio, quindi nel 1934 lo iscrisse alle magistrali.
Nel 1937 Rodari si diplomò come maestro presso Gavirate. Nel 1938 fece il precettore a Sesto Calende, presso una famiglia di ebrei tedeschi fuggiti dalla Germania. Nel 1939 si iscrisse alla facoltà di lingue dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, abbandonando però i corsi dopo pochi esami. Insegnò in seguito a Brusimpiano, Ranco e Cardana di Besozzo. Come egli stesso raccontò, la sua scuola non fu grandiosa a causa della sua giovane età; tuttavia, si rese conto che fu una scuola divertente dove i bambini utilizzavano la fantasia addirittura per aiutarlo a correggere le sue stesse opere: questa, insieme a molte altre, fu una delle caratteristiche basilari di Rodari, che lo faranno sempre riconoscere per la sua originalità.
Dopo il 25 aprile 1945, iniziò la carriera giornalistica in Lombardia, dapprima con il giornaletto ciclostilato Cinque punte, poi dirigendo L’Ordine Nuovo, periodico della Federazione Comunista di Varese. Nel frattempo, pubblicò alcune trascrizioni di leggende popolari e alcuni racconti anche con lo pseudonimo di Francesco Aricocchi. Nel 1947 approdò a l’Unità di Milano, su cui, due anni dopo, iniziò a curare la rubrica La domenica dei piccoli.
In piena guerra fredda, nel 1951, la pubblicazione del suo primo libro pedagogico Il manuale del Pioniere provocò aspre reazioni da parte della stampa cattolica, tanto che le parrocchie arrivavano a bruciare nei cortili il Pioniere e i suoi libri.[4] Il 25 aprile 1953 sposò la modenese Maria Teresa Ferretti, segretaria del Gruppo Parlamentare del Fronte Democratico Popolare, ed ebbe da lei una figlia Paola nel 1957. Il 13 dicembre 1953 fondò Avanguardia, giornale nazionale della FGCI. Chiusa l’esperienza nel 1956, tornò, chiamato da Pietro Ingrao, all’Unità, dal settembre del 1956 al dicembre del 1958.
Dal 1954, per una quindicina d’anni, collaborò anche a numerose altre pubblicazioni: scrisse articoli su quotidiani e periodici e curò libri e rubriche per ragazzi. Tuttavia, entrò nell’Albo dei giornalisti solo nel 1957. Dal 1º dicembre 1958 passò a Paese Sera come inviato speciale e nello stesso periodo iniziò a collaborare con Rai e BBC, come autore del programma televisivo per l’infanzia Giocagiò. Dal 1966 al 1969 Rodari non pubblicò libri, limitandosi ad un’intensa attività di collaborazioni per quanto riguarda il lavoro con i bambini. È questo un periodo molto duro per lui, soprattutto a causa delle non ottimali condizioni fisiche e della gran mole di lavoro.[5]
Gianni Rodari collaborò tra il 1967 e il 1968 con articoli, poesie e filastrocche alla rivista Pioniere Noi Donne.[6]
Bruno Munari e Altan hanno disegnato numerose copertine e illustrazioni per i libri di Gianni Rodari.[7][8][9]
Nel 1973 uscì il suo lavoro pedagogico più celebre: Grammatica della fantasia, saggio indirizzato a insegnanti, genitori e animatori, nonché frutto di anni di lavoro passati a relazionarsi con il campo della “fantastica”. Con il celebre pseudonimo di Benelux, teneva su Paese Sera una rubrica-corsivo quotidiana molto seguita.[11] Si recò più volte in Unione Sovietica, dove i suoi libri erano diffusi in tutte le scuole delle repubbliche. Intraprese viaggi anche in Cina e in Bulgaria.[12]
Fino all’inizio del 1980 continuò le collaborazioni giornalistiche e partecipò a molte conferenze e incontri nelle scuole italiane con insegnanti, genitori, alunni e gruppi teatrali per ragazzi. Suoi testi pacifisti sono stati musicati da Sergio Endrigo e da altri cantautori italiani.
Il 10 aprile 1980 venne ricoverato in una clinica a Roma per potersi sottoporre ad un intervento chirurgico alla gamba sinistra, data l’occlusione di una vena; morì quattro giorni dopo, il 14 aprile, per shock cardiogeno, all’età di 59 anni.
Dal 1980 (anno della sua morte) sono state scritte decine di opere che parlano di Gianni Rodari, ed esistono anche centinaia di parchi, circoli, biblioteche, ludoteche, strade, e scuole materne ed elementari intitolate a lui. Il “Parco Rodari” più importante si trova ad Omegna, suo paese natale, mentre a Roma gli è stata intitolata la biblioteca comunale del Municipio Roma VII a Tor Tre Teste.[16]
Nel 2010, 90º anniversario della nascita, 40º anniversario del ricevimento del Premio Andersen e 30º anniversario della morte, in Italia e all’estero, sono state realizzate numerosissime iniziative per ricordarlo; tra esse le nuove ristampe per l’occasione.
Sebbene molte vie e piazze siano state a lui dedicate, la principale “piazza Gianni Rodari” sorge proprio a Omegna, davanti all’omonimo “Parco della Fantasia” sopraccitato.[17]
La Grammatica della fantasia è, come dice il sottotitolo, un’”introduzione all’arte di inventare storie”. È l’unico volume dello scrittore di Omegna non appartenente al genere narrativo, ma dal contenuto teorico.
Nasce ufficialmente a Reggio Emilia, dalla paziente trascrizione a macchina da parte di una stagista di alcuni appunti rimasti a lungo dimenticati. Gli appunti in questione, scritti intorno agli anni quaranta, facevano parte della raccolta del Quaderno della fantasia. Vennero recuperati in seguito ad un comizio che si terrà proprio nella città emiliana dal 6 al 10 marzo 1972.
L’opera si sviluppa in 45 capitoli e si potrebbe affermare che la stragrande maggioranza dei temi e degli episodi della poliedrica attività di scrittore e di studioso di Gianni Rodari sopra citati nella biografia siano ripresi anche nel corso delle argomentazioni e degli esempi che le accompagnano.
Opere
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Descrizione del libro di Heather Morris-Nonostante la fame, il freddo e gli orrori del campo di concentramento, Livia, Magda e Cibi sono sopravvissute ai terribili anni trascorsi ad Auschwitz-Birkenau. Le tre sorelle si sono protette a vicenda, condividendo il poco che avevano a disposizione senza lasciarsi piegare dalla brutalità delle SS. Ma la loro vita è ancora in pericolo. Perché, con l’avanzata degli Alleati in Germania, ad attenderle c’è un’altra terribile prova, il piano folle e criminale dei loro aguzzini: la marcia della morte. Per cancellare ogni indizio di ciò che è avvenuto nel Lager, i prigionieri dovranno camminare per giorni, al freddo e sotto la minaccia delle armi, per essere poi giustiziati. Il destino delle tre sorelle sembra segnato, ma un inaspettato colpo di fortuna fornisce loro l’occasione per ribaltare il corso degli eventi.
La loro storia ti spezzerà il cuore-Non dimenticherai mai i loro nomi «È impossibile non emozionarsi con una storia come questa.»
The Mail on Sunday-«Un romanzo sbalorditivo.» People-«Un libro«È impossibile non emozionarsi con una storia come questa.»
Hanno scritto di Heather Morris: The Times -«Un fenomeno. Riesce a trasmettere un messaggio potente: l’amore non si può fermare.» The Sun «Tutti dovrebbero leggerla.» The New York Times «Una lettura straordinaria.»
Heather Morris
Biografia di Heather Morris-È un’autrice di successo, nata in Nuova Zelanda e attualmente residente in Australia, a Brisbane. I suoi libri hanno venduto 12 milioni di copie e sono stati tradotti in 52 Paesi. Ha lavorato per anni come sceneggiatrice, prima di pubblicare il suo romanzo d’esordio, Il tatuatore di Auschwitz, che ha ottenuto uno straordinario successo mondiale, rimanendo per mesi in vetta alle classifiche internazionali dei libri più venduti, e che diventerà presto una serie TV. Anche Una ragazza ad Auschwitz, il suo secondo romanzo, e Le tre sorelle di Auschwitz sono già diventati bestseller.
Biografia di Heather Morris is a native of New Zealand, now resident in Australia. For several years, while working in a large public hospital in Melbourne, she studied and wrote screenplays, one of which was optioned by an Academy Award-winning screenwriter in the US. In 2003, Heather was introduced to an elderly gentleman who ‘might just have a story worth telling’. The day she met Lale Sokolov changed both their lives. Their friendship grew and Lale embarked on a journey of self-scrutiny, entrusting the innermost details of his life during the Holocaust to her. Heather originally wrote Lale’s story as a screenplay – which ranked high in international competitions – before reshaping it into her debut novel, The Tattooist of Auschwitz.
Laura Marzi- La materia alternativa- Mondadori Editore-Milano
Descrizione del libro di Laura Marzi- La materia alternativa- Mondadori Editore-La protagonista di questa storia insegna in una scuola della periferia romana la materia alternativa. È la materia di quelli che non studiano la religione cattolica, una materia che non conta nulla, senza programma e persino senza un’aula. Un’utopia, come l’idea di bruciare ogni distanza con questi ragazzi di religioni diverse, provenienti da paesi lontani e dalle storie complicate. Con loro si espone e non ha paura di parlare di sessismo, pornografia e razzismo, li provoca e li invita a riflettere. È una professoressa non convenzionale come non lo è nella vita privata, maestra di un’altra materia alternativa, quella della religione della coppia. È con la stessa libertà e intransigenza, dentro e fuori dalla classe, sperimenta l’intensità che la sua ricerca senza compromessi le restituisce.
Laura Marzi ha un dottorato in Studi di Genere conseguito all’università “Paris 8”. Collabora con “il manifesto”, “Il Tascabile”, “Leggendaria” e “LetterateMagazine”. Ha insegnato per diversi anni materia alternativa. Vive a Roma.
LAURA MARZI, LA MATERIA ALTERNATIVA (MONDADORI, PP 224, EURO 18). E’ in fondo uno spazio di libertà ‘La materia alternativa’ che ci racconta Laura Marzi nel suo romanzo d’esordio fuori dagli schemi pubblicato da Mondadori.Alla giovane professoressa precaria che insegna la materia alternativa alla religione cattolica nel biennio di un istituto professionale nella periferia italiana accadono tante cose simili a quelle successe alla Marzi, che è nata ad Aosta nel 1981, collabora con diversi giornali e ha conseguito un dottorato in Studi di Genere all’Università di Paris 8 dopo vari contratti di docenza e altri lavori.
Tove Irma Margit Ditlevsen–Romanzo Infanzia La Trilogia di Copenaghen Vol. 1-Fazi Editore
Tove Irma Margit Ditlevsen
Descrizione del libro di Tove Irma Margit Ditlevsen , Romanzo Infanzia(La Trilogia di Copenaghen Vol. 1)-Fazi Editore-nella sua prima traduzione italiana (di Alessandro Storti), il volume che inaugura la trilogia di Copenaghen: tre romanzi autobiografici riscoperti di recente e giustamente celebrati a livello mondiale come capolavori.
La piccola Tove vive con i genitori e il fratello maggiore in un quartiere operaio di Copenaghen. Il padre, uomo schivo dalle simpatie socialiste, si barcamena passando da un impiego saltuario all’altro. La madre è distante, irascibile e piena di risentimento: non è facile prevedere i suoi stati d’animo e soddisfare i suoi desideri. A scuola Tove si tiene in disparte, dentro di sé è convinta di essere incapace di stabilire veri rapporti con i coetanei; fa però amicizia con la selvaggia Ruth, una bambina del suo quartiere che la inizia ai segreti degli adulti. Eppure anche con lei Tove indossa una maschera, non si svela né all’amica né a nessun altro. La verità è che desidera soltanto scrivere poesie: le custodisce in un album gelosamente nascosto, soprattutto da quando il padre le ha detto che le donne non possono essere scrittrici. Sempre più chiara, in Tove, è la sensazione di trovarsi fuori posto: la sua capacità di osservazione, lucida, inesorabile, ma al tempo stesso sensibilissima, le fa apparire estranea l’infanzia che sta vivendo, come se fosse stata pensata per un’altra bambina. Le sta stretta, quest’infanzia, eppure comincerà a rimpiangerla nell’attimo stesso in cui se la lascerà alle spalle.
Fazi Editore
«I tre volumi della trilogia di John Self, «New Statesman formano un tipo particolare di capolavoro, il tipo che arriva a riempire un vuoto. È un po’ come scoprire che Lila e Lenù, le eroine di Elena Ferrante, sono reali… La strada di Istedgade è pungente (e pericolosa) quanto lo stradone della Ferrante».
«The New York Times Book Review»
«Come si annuncia la grande letteratura – quella di serie A, quella con la L maiuscola? Annuncio la trilogia
di memorie di Tove Ditlevsen con l’emozione
tipica di quando ho davanti un capolavoro».
Parul Sehgal, «The New York Times»
«La trilogia è un vero tour de force. Questi libri sono sfavillanti, come mi aspettavo. Straordinariamente intensi ed eleganti».
Lucy Scholes, «The Paris Peview»
«La trilogia di Copenaghen di Tove Ditlevsen, poco ma sicuro, è uno dei più importanti eventi letterari dell’anno».
Sophie Wennerscheid, «Süddeutsche Zeitung»
«La sua evocazione della battaglia di una donna della classe operaia con padroni, guinzagli e i suoi stessi demoni ne fa un vero capolavoro».
Liz Jensen, «The Guardian»
«Ciò che autrici come Annie Ernaux stanno facendo oggi, Tove Ditlevsen l’ha fatto più di cinquant’anni fa. Scrittura autobiografica a cui inchinarsi. Finalmente, finalmente!».
Emilia von Senger, «She Said»
«Vado dritto al punto: questi sono i migliori libri che ho letto quest’anno. Infanzia ha le frasi chiare e semplici di Natalia Ginzburg ma anche l’orrore pervasivo di una bella favola».
John Self, «New Statesman»
Carmen Verde-Romanzo “Una minima infelicità” – Neri Pozza Editore
Descrizione del romanzo di Carmen Verde-Una minima infelicitàè un romanzo vertiginoso. Una nave in bottiglia che non si può smettere di ammirare. Annetta racconta la sua vita vissuta all’ombra della madre, Sofia Vivier. Bella, inquieta, elegante, Sofia si vergogna del corpo della figlia perché è scandalosamente minuto. Una petite che non cresce, che resta alta come una bambina. Chiusa nel sacrario della sua casa, Annetta fugge la rozzezza del mondo di fuori, rispetto al quale si sente inadeguata. A sua insaputa, però, il declino lavora in segreto. È l’arrivo di Clara Bigi, una domestica crudele, capace di imporle regole rigide e insensate, a introdurre il primo elemento di discontinuità nella vita familiare. Il padre, Antonio Baldini, ricco commerciante di tessuti, cede a quella donna il controllo della sua vita domestica. Clara Bigi diventa cosí il guardiano di Annetta, arrivando a sorvegliarne anche le letture. La morte improvvisa del padre è per Annetta l’approdo brusco all’età adulta. Dimentica di sé, decide di rivolgere le sue cure soltanto alla madre, fino ad accudirne la bellezza sfiorita. Allenata dal suo stesso corpo alla rinuncia, coltiva con ostinazione il suo istinto alla diminuzione. Ogni pagina di questo romanzo ci mostra cosa significhi davvero saper narrare utilizzando una lingua magnifica che ci ipnotizza, ci costringe ad arrivare all’ultima pagina, come un naufragio desiderato. Questo libro è il miracolo di una scrittrice che segna un nuovo confine nella narrativa di questi anni.
RECENSIONI
«Nelle fotografie sediamo sempre vicine, io e mia madre: lei pallida, a disagio, con uno sguardo che pare scusarsi. A quei tempi, pregava ancora Dio che le mie ossa s’allungassero. Ma Dio non c’entrava. Se ci vuole ostinazione per non crescere, io ne avevo anche troppa».
«Ho letto il romanzo di Carmen Verde. Mi è piaciuto. Ha un ritmo veloce e leggero, come un treno che attraversa la notte con tutte le luci accese. Guardi stupito e ti chiedi chi siano quelle sagome che appaiono dietro i vetri. L’autrice conosce la geometria dei segreti e sa come giocare con il lettore». Dacia Maraini
«Carmen Verde ha una voce sorprendente e un immaginario cosí personale da risultare splendidamente spiazzante. Una minima infelicità è un libro pieno di ossessione e dolcezza, di crudeltà e pietas. Ha dentro la meravigliosa complessità di certe miniature, dove la cura per i dettagli rivela un mondo insieme familiare e straniato. I suoi personaggi si muovono sul bilico morale dei grandi classici e custodiscono l’oscura sensualità e abiezione che sanno regalarci scrittrici come Némirovsky o Lispector». Veronica Raimo
L’Autrice-Carmen Verde, vive a Roma. Questo è il suo primo romanzo.
Traduttore Tiziana Lo Porto-GIUNTI Editore -Firenze
Patti Smith-
Descrizione-Un viaggio in diciotto stazioni a bordo del treno della mente di un’artista leggendaria come Patti Smith. M Train parte dal Café ’Ino, il minuscolo caffè del Greenwich Village dove ogni mattina Patti Smith ordina una tazza di caffè nero, pane integrale tostato e un piattino di olio d’oliva. Seduta al solito tavolo d’angolo riflette sul mondo com’è e come è stato e ne scrive sul taccuino. Tra sogno e realtà, tra passato e presente, la sua prosa visionaria ci porta in Messico sulle tracce di Frida Kahlo, a Berlino, alla conferenza di una società di esploratori dell’Artide, a Rockaway Beach, dove Patti Smith compra una casa abbandonata in riva al mare, fino alle tombe di Genet, Plath, Rimbaud e Mishima. Fotografie scattate con l’inseparabile Polaroid scandiscono il cammino e si intrecciano con le riflessioni sul mestiere dell’artista, i ricordi degli anni in Michigan e della perdita del marito, il musicista Fred Sonic Smith. Un libro potente e toccante, fatto di storie vere, viaggi, memorie, meditazioni sulle ossessioni letterarie più profonde, la passione per il caffè e quella per i telefilm, che ci conduce dritto al cuore di un’artista unica, in una nuova edizione arricchita da una postfazione dell’autrice e fotografie inedite.
Patti Smith-
Patti Smith-È scrittrice, performer e visual artist. Ha raggiunto la fama negli anni settanta per il suo modo rivoluzionario di fondere rock e poesia. Ha pubblicato dodici album, tra cui Horses, classificato da Rolling Stone tra i cento album migliori di tutti i tempi. Nel 2007 il suo nome è entrato nella Rock and Roll Hall of Fame e nel 2010 il ministro della cultura francese l’ha insignita del titolo di Commendatore dell’Ordine delle Arti e delle Lettere. Il suo memoir Just Kids ha vinto nel 2010 il National Book Award per la sezione non fiction. Di Patti Smith Bompiani ha pubblicato Mar dei Coralli (1996), I tessitori di sogni (2013), M Train (2016) Devotion (2018) e L’anno della scimmia (2020).
Originaria di Chicago, ma cresciuta a Pitman (New Jersey), Patricia Lee Smith approda a New York nel 1967. È già ragazza madre e scrive le sue prime poesie. Vive anche con cinque dollari al giorno, dormendo in metropolitana o sulle scale esterne degli edifici. Con il fotografo Robert Mapplethorpe ha un’intensa storia d’amore e di amicizia, di cui resteranno indelebili immagini in bianco e nero: i due vivono insieme, tra passioni, arte e droghe, fino al 1972, quando Mapplethorpe lascia la camera al Chelsea Hotel per andare a vivere con il gallerista Sam Wagstaff di cui si è innamorato. Attratta fin da adolescente dai grandi spiriti maledetti del rock, da Jim Morrison a Lou Reed, da Janis Joplin a Bob Dylan, Patti incontra quest’ultimo, in camerino, dopo un concerto all’Other End. E fa la spaccona. “Ci sono poeti da queste parti?”, chiede Dylan. “Non mi piace più la poesia, la poesia fa schifo”, lo gela la Smith. Ma il giorno dopo la copertina del “Village Voice” li ritrae abbracciati. E da quel giorno Patti troverà in Dylan un amico, oltre che un maestro. Per almeno otto anni, in ogni caso, è costretta a barcamenarsi come commessa in un negozio di libri, critica di una rivista musicale, drammaturga. Quindi riesce a entrare nel giro dell’intellighenzia newyorkese, conoscendo personaggi influenti come Andy Warhol e Sam Shepard e Lou Reed, oltre allo stesso Dylan. La Grande Mela la stregherà per sempre, tanto da indurla a tornarvi anche dopo la lunga parentesi di Detroit seguita al ritiro dalle scene nel 1980. “New York mi affascina – racconterà – con me è sempre stata amichevole. Ho dormito nei parchi, nelle strade, e nessuno mi ha mai fatto del male. Vivere lì è come stare in una grande comunità”.
E a New York Patti Smith fa la sua prima apparizione in pubblico nel 1969 (nei panni di un uomo) nella commedia “Femme fatale”. Poi, scrive testi per i Blue Oyster Cult del suo compagno Allen Lanier, ha una relazione con Tom Verlaine dei Television di cui si invaghisce follemente (il rapporto “a tre” con Lanier e Verlaine sarà descritto nel 1979 nel brano “We Three”) e compone le musiche per le proprie recitazioni libere, una tradizione di New York che in lei trova un’interprete suggestiva, sostenuta dalle chitarre inquietanti di Lanny Kaye. Ed è nei leggendari templi underground newyorkesi, come Cbgb’s e Other End, che Patti Smith spopola insieme ai futuri compagni di strada: Television, Talking Heads, Ramones, Blondie. Il suo primo singolo, “Hey Joe/ Piss factory”, segna l’anno zero della new wave americana. Sarà Lou Reed in persona a metterla in contatto con Clive Davis, presidente dell’Arista, che diventerà la sua etichetta storica.
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