Devi essere arrivato in città!
Lo vedo chiaramente.
Tutte le case mi stanno sorridendo.
Hanno capito che ti amo.
Devi essere arrivato in città!
Lo vedo dagli alberi del parco.
Hanno foglie vibranti,
ricevono baci dal sole e dal vento.
Devi essere arrivato in città!
Perciò
questa gioia incredibile
dalla luce e dall’aria
dalle barche a vela nella brezza.
Tutto è diverso oggi.
Quel che ieri era una lunga serie di case grigie
oggi è dipinta di oro e porpora
dal tramonto del sole.
Quella che ieri era gente qualunque
che andava al bus o all’auto
oggi sono persone
con una vita dentro.
Ciò che ieri era traffico e frastuono
oggi è il battito del cuore della città,
quello grande che fa muovere tutto!
In breve: Tu devi essere arrivato in città!
Marie Takvam nasce il 6 dicembre del 1926 a Tranby. Le notizie biografiche su Marie Takvam sono piuttosto scarse, sebbene le sue poesie tradiscano molti aspetti della sua personalità. La critica, infatti, considera la sua poesia privata e autobiografica. Non si può negare che c’è sempre qualcosa di autobiografico nel lavoro di un artista, dal poeta allo scultore, al musicista.
L’autrice scrive in nynorsk.
Negli anni ’70 fu la protagonista nel film di Vibeke Løkkeberg “Åpenbaringen – Rivelazione”. Takvam ha scritto anche numerosi libri per l’infanzia.
Cresciuta a Sunnmøre, si trasferì giovane a Oslo. Debuttò nel 1952 e da allora ha prodotto una serie di raccolte poetiche e di romanzi. Comincia a scrivere seguendo una linea poetica legata ancora alla tradizione, ma in seguito le sue raccolte di poesie si fanno sempre più ricche di spunti modernisti, con frasi brevi ed enigmatiche, immagini fantastiche, ma piene di vita, sensualità, sensibilità, emozione, carnalità, passione, intelligenza, ironia ed eleganza. Un mondo poetico fatto di contrasti e ritmi vivaci come la vita che Takvam racconta in rima.
Fin dal debutto nel 1952, i libri di Marie Takvam, senza eccezione, sono stati considerati biografici e intimisti. Con la raccolta di poesie del debutto “Dåp under sju stjerner – Battesimo sotto sette stelle”, si viene a conoscenza già della struttura della lirica della scrittrice in prospettiva delle sue successive raccolte. C’è l’amore, la dissoluzione, l’anelito metafisico, l’identificazione con le persone che soffrono. Paal Brekke, in una sua recensione, ammise di essere stato felice di aver letto quel libro. Scrisse che Marie Takvam «è una persona ricca, assolutamente giovane che anche in questi giorni osa credere nella vita». Nel 1952 Marie Takvam aveva 25 anni e Paal Brekke 29, quattro anni in più rispetto a quella “persona assolutamente giovane” fanno sì che Brekke si esprimi in modo così paterno nei confronti dell’esordiente scrittrice.
[…] Leggere la poesia di Takvam negli anni ‘50 in relazione agli avvenimenti contemporanei è come mettere benzina su un fuoco addormentato. Senza mettere in dubbio le qualità liriche di altri scrittori, si può ben dire che la poesia di Takvam è molto più incentrata sul “desiderio” di quella di Hagerup e Halldis Moren Vesaas; le poesie contengono molto più sarcasmo di quanto se ne possa trovare in Erling Christie e André Bjerke. Nel temperamento c’è solo Gunvor Hofmo che supera Takvam, ma le due scrittrici sono ben lontane dall’essere confrontate: tutti i più importanti giudizi di Hofmo sono di tipo metafisico, mentre quelli di Takvam appartengono al dramma della storia e del tempo.
Le poesie in prima persona di Takvam non escludono il fatto che, oggi, la sua eredità spirituale e la sua umanità siano un patrimonio comune condiviso con ogni lettore. Nell’Io narrante di Takvam chiunque può sentirsi libero di identificarvisi e con maggior convinzione quando una poesia comincia così: «Io …»
Bibliografia:
“Dåp under syv stjerner – Battesimo sotto 7 stelle” (Poesia – 1952)
Yasar Kemal è uno degli scrittori più importanti del nostro tempo è nella Black list curda-
Fonte-Il Manifesto
-Una pagina nera della storia della Svezia-
Black list curda e Nato. Yasar Kemal è uno degli scrittori più importanti del nostro tempo. Lascia che i cardi brucino! , il suo libro d’esordio deve essere stato letto da milioni di persone
Olle Svenning *
Yasar Kemal è uno degli scrittori più importanti del nostro tempo. Lascia che i cardi brucino! , il suo libro d’esordio deve essere stato letto da milioni di persone. Kemal, cresciuto in una famiglia curda.
È stato perseguitato, imprigionato e picchiato dai servizi di sicurezza e dall’esercito turchi.
Lui, comunista e attivista per la libertà dei curdi, è stato bollato come terrorista. Kemal
fu costretto all’esilio e fu ricevuto dalla Svezia nel 1977 e poté trasferirsi ad Årstavägen 29 a Stoccolma.
La strada per un immaginario successore di Kemal è chiusa oggi. Il governo svedese ha promesso al governo, simile a una dittatura, di Erdogan che Säpo, in collaborazione con il servizio di sicurezza turco, monitorerà i curdi, con particolare energia quelli che sono politicamente di sinistra e lavorano per un Kurdistan indipendente. Chi deve essere definito un “terrorista” e quindi può essere espulso dalla Svezia è deciso di concerto con Erdogan e il suo clan.
Nessun ministro svedese ha menzionato il terrorismo di Stato che la Turchia sta compiendo su larga scala contro i suoi cittadini.
Anche la libertà di stampa è sotto il controllo turco: nessuno è autorizzato a diffondere informazioni sugli attivisti curdi in Svezia.
Anche la politica dei partiti è regolata da Erdogan. Ai socialdemocratici non dovrebbe essere consentito di contribuire a un’organizzazione curda che è membro dell’Internazionale socialista e che ha combattuto l’Isis con grande successo.
Il periodo di questi scandali svedesi può essere associato al periodo più nero che abbiamo vissutodurante e dopo la seconda guerra mondiale.
Il governo ha fatto alcuni calcoli politicamente molto facili da capire: per essere protetti dall’ombrello nucleare degli Stati Uniti contro l’aggressione e la guerra russa, dobbiamo difendere e quasi elogiare un’autocrazia come la Turchia.
Il governo socialdemocratico non si è solo adattato alla Nato; ha anche sbriciolato o distrutto tutti i suoi documenti precedentemente critici sulla Turchia di Erdogan. Quel governo è stato presentato solo un paio di anni fa in un documento pubblico di 24 pagine del ministero degli Esteri. Scelgo alcune opinioni chiave: «la Turchia erode il rispetto dei diritti umani, pratica leggi di emergenza. La magistratura è erosa. La corruzione è diffusa. I diritti del sindacato fuori gioco.
Centrale è la seguente frase nel documento del ministero degli Esteri: «Le leggi contro il terrorismo ei crimini contro lo Stato, così come le calunnie del presidente, servono a mettere a tacere dissidenti e critici del regime».
Questi silenziosi e perseguitati, spesso imprigionati, includono i procuratori dell’opposizione democratica, la stragrande maggioranza della società civile, la stampa, la vita culturale e le persone Lgbtqi.
È con questo Paese, così ben presentato dal Ministero degli Affari Esteri, che stipuleremo un’alleanza militare, con la quale condivideremo una strategia sulle armi nucleari e alla quale invieremo armi senza alcuna restrizione.
Prezzo che il governo paga volentieri per l’adesione alla Nato. L’Alleanza della Difesa, che è il termine lusinghiero per questa alleanza militare che è in guerra da oltre mezzo secolo. La seconda forza militare dell’Alleanza atlantica, quella turca, si prepara a lanciare nuovi attacchi terroristici contro i curdi nel nord-est della Siria.
Mentre i principali eventi e guerre internazionali sono in corso, potrebbe comunque valere la pena porre una domanda importante a livello nazionale: quanti voti di sostegno riceveranno quest’autunno gli oppositori della NATO al Partito dei Verdi?
* È stato stretto collaboratore di Olof Palme e direttore di “Aftonbladet ”. Il testo per gentile concessione dell’autore, è tratto dal sito di “Aftonbladet”.
Poesie di Stig Dagerman -Breve è la vita di tutto quel che arde
Traduzione di: Fulvio Ferrari-IPERBOREA casa editrice indipendente fondata da Emilia Lodigiani
DESCRIZIONE
Per la prima volta tradotta in italiano, un’antologia che dà conto di circa dieci anni di attività poetica di Stig Dagerman.
«Un giorno all’anno si dovrebbe immaginare / la morte chiusa in una scatoletta bianca. / A nessuna illusione si dovrebbe rinunciare, / nessuno morrebbe per quattro dollari in banca. // (…) Nessuno vien bruciato all’improvviso / e nessuno per strada ha da crepare. / Certo, è menzogna, son del vostro avviso. / Dico soltanto: Possiamo immaginare.» Stig Dagerman espresse anche in versi la vicinanza agli ultimi e l’umanesimo dolente che in una continua tensione tra speranza e disincanto attraversano la sua multiforme opera in prosa. Negli anni 1944-47 e 1950-54, fino al giorno prima di morire, scrisse per il giornale anarchico Arbetaren oltre 1300 dagsedlar, poesie satiriche a commento della cronaca politica e sociale che con il loro tono diretto contribuirono a fare di Dagerman un riferimento identitario per i giovani libertari della sua generazione. Il metro è per lo più tradizionale, quasi da filastrocca, ma la giocosità della rima e del ritmo potenzia per contrasto la durezza dei contenuti: gli accordi della «democratica» Svezia con la Spagna di Franco, i senzatetto di Stoccolma lasciati al freddo, i bambini armati per combattere le guerre dei grandi. Ai brevi componimenti di denuncia, questo volume affianca una scelta di versi in cui la forma irregolare insieme alla riflessione sulla condizione umana, pur sempre intrecciata all’impegno politico, avvicina l’autore alle avanguardie internazionali e ben accoglie simboli e metafore della sua narrativa. Una lettura toccante che aggiunge un tassello significativo al ritratto di uno sperimentatore instancabile al quale ancora oggi s’ispirano scrittori, giornalisti e musicisti di tutta Europa.
Approfondimento
«Abbattete i poveri». E Dagerman si spense
Data: 1 Dicembre 2022
Recensione di Angelo Ferracuti a «Breve è la vita di tutto quel che arde» di Stig Dagerman, apparsa su La Lettura il 6 novembre 2022
Tutta la letteratura di Stig Dagerman è fortemente permeata di esistenzialismo politico e coerenza tematica, ma anche da un contrasto molto forte tra io e mondo, istinto di libertà, desiderio di giustizia sociale contrapposti alla brutalità del potere. Come la sua cristallina postura di autore è segnata da una combattività angosciata e a volte disperata, che pendolareggia tra sogno utopico e disincanto, speranza e disillusione, e da una militanza totale nel movimento libertario svedese vissuta a microfono aperto nella sua breve vita, iniziata nel 1923 e finita a soli 31 anni nel 1954 quando morì suicida al culmine del successo editoriale.
In poche stagioni ci ha lasciato alcuni libri di rara forza espressiva, valore letterario e trasporto emotivo, la passione e la purezza delle raccolte di racconti, romanzi come «Bambino bruciato», «I giochi della notte», «Il serpente», l’esordio del «1945», il lancinante «Il nostro bisogno di consolazione», un breve ma intensissimo monologo filosofico sulla tensione dell’uomo verso la felicità, il bisogno di libertà e lo schiacciante sistema di dominio sociale, che può reputarsi il suo testamento intellettuale; i reportage lirici di «Autunno tedesco», quando fu inviato da l’«Expressen» nel 1946 in Germania fra le macerie di Amburgo, Berlino, Colonia, a raccontare il Paese sconfitto, tutti libri fedelmente editi da Iperborea.
Un’altra componente di Dagerman e della sua letteratura è la ricerca ossessiva della coerenza visionaria attraverso quella che ha definito «La politica dell’impossibile», nella letteratura e nella vita, titolo di un libro di saggi, avversa a quella «Realpolitik», la politica concreta, pragmatica, dello status quo, dei compromessi e della rinuncia al cambiamento, schiacciata dal giogo economico.
Adesso esce il libro delle sue poesie politiche, «Breve è la vita di tutto quel che arde» (Iperborea) tradotto e curato con rigore e passione da Fulvio Ferrari, professore ordinario di Filologia germanica all’università di Trento, ma soprattutto grande conoscitore e divulgatore delle letterature scandinave. Si tratta di una scelta del suo corpus poetico che mette insieme testi sparsi ai «dagsedlar», dispacci quotidiani spesso scritti in rima affidati al giornale anarchico «Arbetaren» («L’operaio»), di cui era redattore, che però nel linguaggio corrente significa anche «ceffoni» per la loro immediatezza e vicinanza ai fatti di cronaca.
Insieme agli accadimenti storici c’è anche la vena esistenzialistica e romantica dello scrittore svedese: l’incrocio di questi due elementi è la sua cifra, il suo conio profondo che percorre tutta la sua opera, dentro quell’angoscia e paura prodotte dalla Seconda guerra mondiale che ne è il tellurico fondale storico.
Nel libro si alternano differenti stili compositivi, riflessioni intimistiche sulla condizione umana e il senso della vita, così come testi di impegno sociale come l’intenso «No pasarán» dove commemora l’epica tragica della guerra di Spagna con tutta la sua verve antifranchista, un inno alla lotta, alla resistenza.
La poesia di Dagerman ha una urgenza politica, ma soprattutto esistenziale, stilistica, la forma è il suo fuoco, la forma che incrocia gli ideali dei «Cuori ardenti» di cui parla in un saggio, anche per questo lo sentiamo contemporaneo e fratello, la sua letteratura è viva. I «dagsedlar», scritti con caustica ironia, hanno spesso l’andamento di una filastrocca, un gusto agrodolce, nel senso che ibridano lo stile cantilenante del verso con contenuti di dura crudezza, spietati, del palcoscenico impazzito del mondo, e nascono sempre da una notizia di cronaca.
I temi sono l’antimilitarismo, la bomba atomica, la condizione umana degli ultimi, la violenza sui bambini, un argomento molto caro a Dagerman, siano essi i senzatetto svedesi o gli africani dannati della Terra, i neri americani condannati a morte e portati al patibolo, come in «Due volte morto»: «Tutti quanti abbiamo da imparare,/ ci si allena ore e ore per fare il boia./ Che importa come un negro può campare,/ Quello che conta è che un negro muoia».
L’anarchico ribelle, quello che dice di voler opporre il potere delle sue parole «a quello del mondo, perché chi costruisce prigioni s’esprime meno bene di chi costruisce la libertà», è anche al fianco dei lavoratori insorti in Germania dell’Est contro il regime comunista: «Quante volte il popolo avete chiamato./ Ora rispondiamo: Siam qui, siamo arrivati./ Fatevi avanti, popolari signori/ – e se vi è possibile, disarmati!».
L’ultima poesia scritta da Dagerman si intitola «Attenti al cane!», pubblicata il 5 novembre 1954, e nasce dopo avere letto la dichiarazione di un responsabile della Previdenza sociale di Värmland, una contea che si trova nella parte occidentale del Paese: «Certo è deplorevole che gente che vive di sussidi tenga poi un cane» fu l’affermazione indignata di una persona probabilmente appartenente alla ricca borghesia svedese.
Stig Dagerman il ribelle, lo scrittore nato nel cuore del proletariato e figlio di un operaio artificiere poverissimo e di una telefonista, quello posseduto dal radicalismo che giovanissimo diresse «Storm», il giornale della gioventù anarchica, reagisce a queste parole scrivendo versi venati di ironica indignazione, descrive la gente dei bassifondi come quelli che «stanno in stanzette strette e fosche/ con i loro bastardi costosi», poi la denuncia arriva con un’invettiva provocatoriamente sarcastica: «Ora è il momento di esser risoluti:/ Abbattere i cani! Non è buona cosa?/ E siano poi anche i poveri abbattuti,/ così il Comune risparmia qualcosa».
La poesia fu pubblicata il giorno dopo la sua morte, l’aveva scritta ventiquattr’ore prima di uccidersi con il gas di scarico della sua automobile.
Dopo una serie di tentativi di suicidio non riusciti, sprofondato in una cupa depressione, questa volta aveva organizzato tutto, scrivendo persino l’epitaffio per la sua lapide: «Qui riposa/ uno scrittore svedese/ caduto per niente/ sua colpa fu l’innocenza/ dimenticatelo spesso».
PAOLO RUFFILI-LE POESIE DI DAGERMAN- Fonte sito www.italian-poetry.org
Stig Dagerman (1923-1954), svedese, è uno di quei talenti precoci che compiono tutto quello che li riguarda creativamente parlando entro i trent’anni, indipendentemente dal fatto che si sia deliberatamente tolto la vita al compimento dei 31 anni. Del resto aveva tentato di farlo qualche altra volta già prima e, a spiegarne almeno in parte la prospettiva autodistruttiva, c’è la sua vicenda biografica, anche se l’autore più tardi ha descritto l’infanzia come l’epoca forse più felice della sua vita. Ma, in seguito all’abbandono da parte della madre nei primissimi mesi dopo la nascita e per la difficoltà del padre minatore di garantire le condizioni essenziali alla crescita, il piccolo Stig fu ospitato e cresciuto dai nonni paterni. Nei nonni, similmente a quanto accadde allo scrittore austriaco Thomas Bernhard (con il quale c’è più qualche altra somiglianza sul piano della scrittura), trovò delle figure vivaci, rassicuranti ed intellettualmente stimolanti, dunque le prime condizioni per il futuro percorso intellettuale. L’uccisione del nonno nel 1940 da parte di uno squilibrato e, poco tempo dopo, la perdita della nonna colpita da una emorragia cerebrale, portarono Dagerman a commettere il primo di una serie di tentati suicidi. Trasferito a Stoccolma dal padre, a soli tredici anni poté avvicinarsi all’anarchismo e al sindacalismo e iniziò precocemente l’attività di scrittore in seno all’Unione Sindacale Giovanile, per poi diventare redattore del giornale Storm (La tempesta), per passare più avanti ad occuparsi di fatti di cronaca, nel combattivo giornale anarcosindacalista Arbetaren (L’operaio). La sua produzione ebbe un’accelerazione legata a un’energia esplosiva incontenibile: drammi teatrali, racconti, saggi e reportage, scritti satirici, poesie, romanzi. Divenne un originale esponente della letteratura quarantista, capitanata da Karl Vennberg e Erik Lindegren, e resta a tutt’oggi una figura mitica della letteratura svedese. Iperborea, che ha pubblicato romanzi e racconti, manda in libreria di Dagerman, Breve è la vita di tutto quel che arde (traduzione e cura di Fulvio Ferrari), poesie esistenziali, vivide e tormentate nei loro affondi dentro i labirinti della psiche, e poesie satiriche, a commento potente della cronaca politica e sociale del suo tempo. Sono versi sempre intensi, scritti in uno stile che attraverso l’ossessione, l’analisi impietosa, la satira amara, mira a mettere in scacco tutte le maschere di comodo dell’esistenza svelandone la realtà di tragedia e di farsa.
L’Autore
Stig Dagerman –Anarchico lucido e appassionato incapace di accontentarsi di verità ricevute, militante sempre in difesa degli umiliati, degli offesi e dell’inviolabilità dell’individuo, Dagerman appartiene alla famiglia dei Kafka e dei Camus e resta nella letteratura svedese una figura culto che non si smette mai di rileggere e riscoprire. Segnato da una drammatica infanzia, intraprende molto giovane una folgorante carriera letteraria bruscamente interrotta dalla tragica morte, lasciando quattro romanzi, quattro drammi, poesie, racconti e articoli che continuano a essere tradotti e ristampati. Iperborea ha pubblicato Il nostro bisogno di consolazione, Il viaggiatore, Bambino bruciato, I giochi della notte, Perché i bambini devono ubbidire?, La politica dell’impossibile, Autunno tedesco e Il serpente.
casa editrice Iperborea- Chi siamo
Iperborea è una casa editrice indipendente fondata da Emilia Lodigiani nel 1987 per far conoscere la letteratura dell’area nord-europea in Italia.Primi a esplorarla in maniera sistematica, si è potuto farlo con vasta libertà di scelta e una produzione di altissima qualità, che spazia dai classici e premi Nobel, inediti o riproposti in nuove traduzioni, alle voci di punta della narrativa contemporanea.
Oltre ai paesi scandinavi (Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia), Iperborea pubblica letteratura baltica, nederlandese, tedesca, canadese, islandese (incluse le antiche saghe medioevali), una collana di narrativa per l’infanzia (I Miniborei) e una serie dedicata alle strisce dei Mumin di Tove Jansson.
Dal 2018 lancia la serie The Passenger, un libro-magazine che raccoglie inchieste, reportage letterari e saggi narrativi che formano il ritratto della vita contemporanea di un paese o una città (non solo del Nord Europa) e dei loro abitanti. Dal 2020 The Passenger è tradotto anche in inglese, pubblicato e distribuito in tutto il mondo in coedizione con Europa Editions.
Nel 2021 è arrivata la serie Cose Spiegate bene, in collaborazione con il Post: ogni numero è dedicato all’approfondimento di un tema, attraverso articoli, infografiche e illustrazioni originali.
Inoltre, dal 2015, Iperborea organizza a Milano e in varie città d’Italia il festival I Boreali, dedicato alla cultura nordica.
IPERBOREA SRL
Viale Premuda, 14 20129 Milano
iperborea@pec.it
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