“Sonetti” di William ShakespeareWilliam Shakespeare Sonnets
I “Sonetti” di William Shakespeare
I “Sonetti” di William Shakespeare è il più misterioso tra i libri di Shakespeare. Sulla loro storia esterna sappiamo poco. E’ probabile che venissero scritti tra il 1593 e il 1595, per il conte di Southampton, sebbene alcuni sonetti (che risentono l’influenza di Donne) sembrino più tardi. Una cosa è più certa: i “Sonetti” sono un grande libro filosofico, forse il libro di Shakespeare dove il complicatissimo intreccio delle metafore viene più drammaticamente teso da una straordinaria forza intellettuale. Senza proporselo, Shakespeare riuscì a fondere le due tendenze opposte della cultura dell’Occidente. Da un lato l'”amico” che egli canta è un archetipo platonico, incarnato in un essere umano, nel quale si riflettono tutti i tratti della bellezza e dell’amore di ogni tempo. Ma, dall’altro, questo archetipo si trasforma all’infinito; la forma immobile subisce un’incessante metamorfosi ovidiana, una moltiplicazione nella mobilità fluttuante della natura. Così i “Sonetti” sono insieme il poema dell’eterno e dei disastri, della rovina (ma che trionfali disastri, che sontuosa rovina!) del tempo. Un altro grande tema è la disperata schiavitù, l’atroce carcere della passione amorosa.
La traduzione fedelissima di A. Serpieri è accompagnata da un commento che rappresenta uno dei culmini dell’arte moderna dell’interpretazione. Ogni parola, ogni immagine, ogni concetto sono interpreti nel loro concreto aspetto linguistico, e insieme visti come forme di quell’ “unico poema”, di cui parlava Coleridge; di un solo, immenso tappeto metaforico, al quale attraverso Shakespeare ha collaborato tutto l’universo.
Poesie di Elizabeth Barret Browning-Poetessa inglese
Elizabeth Barrett nacque a Coxhoe Hall [Durham, England] nel 1806. Di salute malferma, visse per anni nel castello paterno dedicandosi allo studio dei classici e alla composizione poetica.
“Come ti amo”
Come ti amo? Lascia che te ne conti i modi.
Ti amo fino alla profondità, la vastità e l’altezza
che l’anima mia può raggiungere allorquando
persegue, irraggiungibili agli sguardi, i fini del bene
e della grazia ideale.
Ti amo al livello delle calme
necessità quotidiane, alla luce del sole ed al lume
della candela.
Ti amo liberamente come gli uomini
tendono al giusto, ti amo puramente, come essi
rifuggono dalle lusinghe.
Ti amo con la passione
sperimentata nei miei antichi dolori e con la fede
della mia fanciullezza.
Ti amo d’un amore che mi
sembrò smarrire coi miei santi perduti: ti amo col
respiro, i sorrisi, le lacrime di tutta la mia vita e, se
Dio vorrà, ti amerò ancor meglio quando sarò
morta.
Elizabeth Barret Browning
In quanti modi ti amo?
In quanti modi ti amo? Fammeli contare.
Ti amo fino alla profondità, alla larghezza e all’altezza
Che la mia anima può raggiungere, quando partecipa invisibile
Agli scopi dell’Esistenza e della Grazia ideale.
Ti amo al pari della più modesta necessità
Di ogni giorno, al sole e al lume di candela.
Ti amo generosamente, come chi si batte per la Giustizia;
Ti amo con purezza, come chi si volge dalla Preghiera.
Ti amo con la passione che gettavo
Nei miei trascorsi dolori, e con la fiducia della mia infanzia.
Ti amo di un amore che credevo perduto
Insieme ai miei perduti santi, – ti amo col respiro,
I sorrisi, le lacrime, di tutta la mia vita! – e, se Dio vorrà,
Ti amerò ancora di più dopo la morte.
Elizabeth Barret Browning
Se devi amarmi
Se devi amarmi, per null’altro sia
se non che per amore.
Mai non dire:
‘L’amo per il sorriso,
per lo sguardo,
la gentilezza del parlare,
il modo di pensare
così conforme al mio,
che mi rese sereno un giorno’.
Queste son tutte cose
che posson mutare,
Amato, in sé o per te, un amore
così sorto potrebbe poi morire.
E non amarmi per pietà di lacrime
che bagnino il mio volto.
Può scordare il pianto
chi ebbe a lungo
il tuo conforto, e perderti.
Soltanto per amore amami
e per sempre, per l’eternità.
Elizabeth Barret Browning
Quando forti e diritte le nostre anime
Quando forti e diritte le nostre anime
si stringono in silenzio sempre più vicine,
finché le punte ricurve delle loro ali
aperte prendono fuoco, quale amaro
torto può farci la terra per impedirci
d’essere a lungo felici? Pensa! Mentre
saliamo in alto, gli angeli, incalzandoci,
sfere d’oro di canto perfetto vorrebbero
far cadere nel nostro profondo e caro
silenzio. Ma, amore, restiamo sulla terra
dove l’avverso, indegno umore degli umani
fugge gli spiriti puri, li isola e consente
un luogo dove stare, amare per un giorno,
con l’ombra e l’ora della morte intorno.
Elizabeth Barret Browning
La prima volta che lui mi baciò
La prima volta che lui mi baciò,
baciò solamente le dita della mano che scrive,
che si fece così più delicata e bianca,
restia al mondo ma non coi suoi. ‘ Senti?’,
al brusio degli angeli. Ora io non vorrei
un anello di ametista alla vista più puro
di quel bacio. Fu più in alto il secondo
e, cercando la fronte, si perse una metà sopra i capelli.
O dono supremo! Crisma
d’amore che con benefiche dolcezze
precede la vera ghirlanda d’amore. Il terzo fu
deposto, perfetto, sulla mia bocca, e fin d’allor
superba, io ripeto:’mio unico, mio amato!
Elizabeth Barret Browning
In verità questo grande amore è il mio vanto
In verità questo grande amore è il mio vanto,
che, quando sale dal petto alla fronte,
mi incorona di porpora tanto
da attirare gli occhi degli uomini e mostrare la sofferenza interiore, –
anche se questo amore, per me è il massimo
non dovrei tuttavia amare, finché tu
non mi abbia dato una prova, e raccontato di
quando per la prima volta i tuoi occhi sinceri si sono incrociati con i miei,
e l’amore chiamò l’amore. E perciò, non posso nemmeno
parlare d’amore, come qualcosa di bello che mi è proprio
la tua anima ha reso la mia, completamente debole e incerta,
e l’ha posta accanto a te su un trono d’oro, –
E quello che amo (O anima, dobbiamo essere pazienti!)
Elizabeth Barret Browning
è solo in te, il solo che amo.
Come i bambini al sole
Come i bambini al sole, a mezzogiorno,
siedo al tuo sguardo, e tremano le anime
tra le felici palpebre, per l’inespressa,
intima, prodiga gioia. Vedi, nel dubbio
errai. E non rimpiango la colpa, ma
l’occasione che ci privò, anche per un
istante, della reciproca, benefica
presenza. Ah, tienimi vicino, proteggimi
tu, o amorevole colomba. E alle mie paure,
se tornassero, opponi sereno il forte cuore:
nella tua divina sicurezza trovino il nido
i miei pensieri, che, senza te vacillano
come implumi smarritisi nei cieli.
Elizabeth Barret Browning
Cenni biografici– Elizabeth Barrett nacque a Coxhoe Hall [Durham, England] nel 1806. Di salute malferma, visse per anni nel castello paterno dedicandosi allo studio dei classici e alla composizione poetica.
Era il 10 gennaio del 1845 quando il poeta Robert Browning scrisse la prima ardente lettera nella quale dichiarava tutta la sua ammirazione ad Elizabeth Barrett, la poetessa inglese definita in patria la Shakespeare al femminile. Cominciò così la loro romantica storia d’amore, che sembra uscire direttamente dalle pagine di un romanzo ottocentesco, con la corrispondenza durata un anno, il padre ostile e severo, il matrimonio celebrato segretamente, la fuga in Italia, la nascita del figlio.
Fino ad allora, per circa quarant’anni, la vita di Elizabeth, in seguito ad una caduta da cavallo, alla tragica morte per annegamento del fratello, ad una malattia di cui mai ben chiarite furono le cause, forse fisiche, forse psicologiche, era trascorsa in modo grigio ed immobile, sotto la tirannia paterna, in una strana dimora fiabesca, fra pareti silenziose, in una stanza buia dalle imposte ben serrate, tra medicine e libri impolverati, con la sola compagnia dell’inseparabile cagnolino Flush e dell’appassionato bisogno di leggere e studiare, curiosamente incoraggiato e consentito dall’austero padre.
Quando giunse quella prima lettera fu come un’esplosione di luce in quella casa tetra, in quella stanza buia, in quel cuore avvezzo all’ombra e alla solitudine: la passione s’innescò e brillò fino ad esplodere, e così la poetessa ammalata, famosa eppure chiusa nel cerchio del suo isolamento, uscì alla luce e assaporò la felicità inattesa ed improvvisa.
Si sposarono segretamente Elizabeth e Robert, poi fuggirono in Italia e si stabilirono a Pisa. Trascorsero insieme 15 anni, in splendida armonia, quasi sempre a Firenze dove poi si erano trasferiti, scrivendo entrambi, lei prendendo molto a cuore la causa indipendentista italiana e componendo diverse poesie in tema, con il proposito di far conoscere anche nella sua terra d’origine la situazione italiana.
Morì a Firenze nel 1861 e fu seppellita con tutti gli onori nel cimitero degli inglesi, dove ancora riposa.
Scrisse molto Elizabeth, cominciando addirittura ad 8 anni, pubblicando per la prima volta a 13 e collaborando a riviste e circoli letterari; scrisse ballate, poesie ispirate al quotidiano, componimenti appassionati, con i quali voleva incidere sui costumi sociali del tempo, e d’impegno sociale, contro l’oppressione straniera in Italia, in un bisogno intimo di espressione, di comunicazione, di denuncia, ma i suoi versi più belli restano quelli dedicati al suo amore per Robert.
Vale davvero la pena leggere e rileggere i suoi Sonetti dal portoghese , scritti parallelamente alle lettere scambiate con Robert (che chiamò poi sempre la moglie my little portuguese) e da lei conservati fin dopo il matrimonio, versi d’amore intensi e rivoluzionari, perché per la prima volta la donna diveniva in poesia soggetto attivo e dominante e l’uomo era trasformato in oggetto d’amore al quale indirizzare con audacia le pulsioni e i desideri, e di fronte al quale affermare e rivendicare il proprio diritto all’amore.
Con un linguaggio colto eppure semplice, che ben coniuga eleganza e raffinatezza, in preziosa alchimia di classicità e suggestioni romantiche, i versi di Elizabeth esprimono al meglio ancora oggi l’immaginario femminile, riuscendo a trasmettere con intatta efficacia i desideri che pulsano nei cuori delle donne e l’amore che sbocciò nel suo cuore oppresso dalla lunga solitudine.
Elizabeth Barrett fu poeta aggraziato e vibrante. La critica successiva le imputò una certa mancanza di controllo formale. Le cose migliori sono nei Sonetti dal portoghese (1850). Poema in blank verse è Aurora Leigh, in cui espresse le sue idee su questioni filosofiche e sociali del suo tempo.
Elizabeth Barrett simpatizzò politicamente per la causa dell’indipendentismo italiano, alla quale dedicò le poesie de Finestre di Casa Guidi (1851).
Breve biografia di Yvette K. Centenoè nata a Lisbona nel 1940 in una famiglia di origine tedesco-polacca. È sposata, ha quattro figli e la musica e la letteratura abitano, da sempre, la sua casa. Si è laureata in Filologia Germanica con una tesi su L’uomo senza qualità di Musil e si è addottorata con una tesi sull’Alchimia nel Faust di Goethe. Dal 1983 è Professoressa Ordinaria all’Universidade Nova de Lisboa, dove ha fondato il Gabinete de Estudos de Simbologia, attualmente parte del Centro de Estudos do Imaginário Literário. Sin da giovane, si è interessata al teatro, ha scritto commedie e racconti e ha fondato il CITAC a Coimbra. Ha pubblicato letteratura per bambini, saggi di ricerca, poesia, teatro e narrativa, con romanzi come Três histórias de amor (1994), Os jardins de Eva (1998) e Amores secretos (2006), con parte della sua opera tradotta in Francia, Spagna e Germania. Tra gli autori che ha tradotto ci sono Shakespeare, Goethe, Stendhal, Brecht, Rilke, Celan e Fassbinder.
UM DIA, DIZ A MULHER
Um dia
também eu sairei porta fora
caminharei nas ruas
ausente de sentido
atravessando esplanadas
e jardins
bairros que não conheço
irei em frente
sem parar nas lojas elegantes
da Avenida
que pouca Liberdade tem
irei assim
perdida e sem destino
descendo
à beira-rio
quando me virem na água
darão então por mim
(in Dizer, 2021, p. 13)
*
UN GIORNO, DICE LA DONNA
Un giorno
anch’io uscirò fuori casa
camminerò per le strade
errante
attraversando piazzali
e giardini
quartieri che non conosco
andrò avanti
senza fermarmi in quei negozi di lusso
dell’Avenida
che poca Liberdade ha
andrò così
persa e senza meta
scendendo
verso la sponda del fiume
quando mi vedranno nell’acqua
si accorgeranno di me
*
AO MODO DE ALBERTO CAEIRO, O MESTRE E ALTER EGO…
Vivemos entre dois mundos.
Um a que chamamos real, objectivo, quotidiano, normal.
Mas que não é nada disso, é tão ilusório, esse mundo real,
como qualquer outro que possamos fantasiar. São palavras, essas que repetimos e que não chegam a convencer: o que é
ser real, o que é ser objectivo, o que é ser normal? Onde
está ela, essa normalidade, que não encontro em ninguém?
Nem em mim nem nos outros, nem sequer no espaço sideral?
Para cada outro há uma palavra que se diz objectiva, real,
com o ar mais natural…
A cada um seu real, e assim cai por terra a ilusão que eu
tinha de um dos mundos…
Quanto ao outro, em que também julgo viver: é mais
íntimo, mais secreto, mais fraterno, será esse afinal o nosso
mundo real? O das escapatórias, das fantasias, dos rebanhos
que são montes de pensamentos por alinhar ao assobio de
um cão? E o cão? É ele elemento real? Ladra, como se deve
ladrar? Abana a cauda a sorrir? Ou vive apenas na ideia do
poeta, uma cabeça que nem ela é inteira…
Disse: vivemos entre dois mundos. Mas serão dois? Serão
mundos? Serão poucos, serão muitos? E como me permito,
eu que tanto hesito e duvido, usar este plural?
(in Dizer, 2021, p. 61)
*
ALLA MANIERA DI ALBERTO CAEIRO , IL MAESTRO E L’ALTER EGO.
Viviamo tra due mondi.
Uno che chiamiamo reale, oggettivo, quotidiano, normale.
Ma che non è nulla di tutto ciò, è così illusorio, questo mondo reale
come qualsiasi altro su cui possiamo fantasticare. Sono parole,
queste che ripetiamo e che non riescono a convincerci: cos’è
essere reale, cos’è essere oggettivo, cos’è essere normale? Dove
si trova lei, questa normalità che non riesco a trovare in nessuno?
Né in me né in altri, nemmeno nello spazio sidereo?
Per ogni altro c’è una parola che si definisce oggettiva, reale,
con l’aria più naturale…
A ognuno il suo reale, e così cade a terra l’illusione che io
avevo di uno dei mondi…
Quanto all’altro, in cui altrettanto credo di vivere: è più
intimo, più segreto, più fraterno, sarà questo alla fine il nostro
mondo reale? Quello delle scappatoie, delle fantasie, delle greggi
che sono mucchi di pensieri da allineare con il richiamo di
di un cane? E il cane? È un elemento reale? Abbaia, come si deve
abbaiare? Scodinzola sorridendo? O vive solo nell’idea del
poeta, una testa che non è nemmeno intera…
Ho detto: viviamo tra due mondi. Ma sono due? Saranno
mondi? Saranno pochi, saranno molti? E come mi sono permessa,
proprio io che esito e dubito tanto, a usare questo plurale?
*
O AMOR O ANJO E O CÃO (para a Ana Maria Pereirinha, 2020)
Havia amor por ali,
uma entrega tão subtil
que não podia ser dita
cortava a respiração
só podia ser vivida
em segredo
e só de dia
quando o Anjo os protegia…
Ainda assim havia a noite,
a floresta e o jardim,
um cão amigo a brincar
um céu com novas estrelas
acesas para o amor
que seria amor sem fim
(in Dizer, 2021, p. 64)
*
L’AMORE, L’ANGELO E IL CANE (per Ana Maria Pereirinha, 2020)
C’era amore lì
una dedizione così sottile
che non poteva essere detta
toglieva il fiato
poteva solo essere vissuta
in segreto
e solo durante il giorno
quando l’Angelo li proteggeva…
Eppure c’era la notte
la foresta e il giardino,
un cane amichevole che giocava
un cielo con nuove stelle
illuminate per l’ amore
che era amore senza fine
*
Traduttore Matteo Pupilloha conseguito la laurea magistrale in Lingua e Letteratura Portoghese presso l’Universidade Nova de Lisboa. A settembre del 2021, ha vinto una borsa di ricerca dottorale in Letterature Comparate e, attualmente, è dottorando presso il Centro de Estudos em Letras dell’Università di Évora, nonché Cultore della Materia in Lingua e Traduzione Portoghese e Brasiliana presso l’Università per Stranieri di Siena. Precedentemente, invece, è stato professore a contratto di Lingua Portoghese. Partecipa attivamente a congressi internazionali e i suoi interessi di ricerca vertono prevalentemente su scrittrici portoghesi e brasiliane e didattica del portoghese per stranieri. È membro dell’Associazione Internazionale dei Lusitanisti (AIL) e socio sostenitore dell’Associazione Italiana di Studi Portoghesi e Brasiliani (AISPEB).
*
Yvette K. Centeno – Inediti (trad. di Matteo Pupillo)
FOTO DI PROPRIETA’ DI Alexandre Almeida.
Biblioteca DEA SABINA
-La rivista «Atelier»-
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
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A 92 anni è morto l’attore e regista Giorgio Albertazzi. Nato a Fiesole nel 1923, aveva debuttato sul palcoscenico nel 1949 in Troilo e Cressida di Shakespeare, con la regia di Luchino Visconti. Ha recitato per più di mezzo secolo. È stato anche protagonista di una trentina di film e di molti spettacoli in tv.
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