Agnese Di Venanzio Le mie Poesie in gergo foranese”A famijia de na vorda”
Agnese Di Venanzio Le mie Poesie in gergo foranese”A famijia de na vorda”
FORANO (RI)-23 gennaio 2013
Le mie Poesie in “gergo foranese” (scritta il 06 – 03 – 2005)
A famijia de na vorda
Una vorda a famija era sempre unita
a cosa più importante , pe tutta la tua vita
certo … eranu tante e difficoltà !…
però , trovavi u tempu pe ride e pe cantà ,
ai genituri portavi un gran rispettu
je confidavi i sogni che tenivi dentro u pettu
c’era sempre tanta de quella comprensione
stima, sincerità , non c’era mai apprensione
madre e padre stéanu in pace tra de loru
pure che a vvorde nun ci stéa u lavoru
benché chi céa a terra … céa pure da magnane
non mancava a farina , ne l’ojiu e mancu o pane
mittice doppu e cicerchie , quarche brocculittu
co ddu sargicce se llevavi u porchittu .
Come vidi in quilli tempi , ceàmo quasi tuttu
se llevavanu i polli , i coniji , se fettava o preciuttu
la a brace a sudà un’ ovu , lla u spidu a ventresca
quello che te magnavi era tutta robba fresca
na bella nsalatina , riempiva a scudella
e alla fine , te bevivi l ’ acetella
A sera doppu cena , se diceva u “ rosariu “
e a nui munelli ce toccava u sillabariu
davanti au focu , se stéa propiu bene
protetti da a famijia e stivi senza e pene ,
doppu u “rosariu” c’erano i racconti
coi tempi antichi se facevanu i confronti ,
a sentì lle storie te credivi fortunata
se in tuttu llo penà , nun eri capitata …
a tenecce boni c’era quarche caramella
rare vorde te pijavi quarche sberla .
A sera a lettu prestu , mettivi u scallalettu
baciavi i genituri pe dimostrà l ’ affettu
u scallalettu servìa pe rescallasse
e coperte eranu poche pe rebbundulasse ,
pe beve l ’ acqua a doveàmo fa panata
perché era fredda de fonte nella conca ramata .
Appena dentru u lettu , me rescallào co u fiatu
e poi crollavo subbitu in un sonnu beatu .
Mò io ,… che vò dda dì !… so tempi che rimpiagno
e quanno ce repenso , tante vorde ce piagno ,
steàmo bene !…, a felicità era tanta
calore, amore, affettu , c’eranu in abbondanza .
Mò , che c ’ emo tutte e commodità
ce manca o mejio , u rispettu e a moralità …
in famijia poi !… non poi aprì più bocca
qualsiasi cosa dici , te dicenu …… si “ tocca”.
Biblioteca DEA SABINA- ROCCA di TANCIA o “ Rocca Tanciae”.
ROCCA di TANCIA o “ Rocca Tanciae”
ROCCA di TANCIA o “ Rocca Tanciae”. NOTA STORICA dal CHRONICON(II-Pagina 134)- “GROTTA DI SAN MICHELE ARCANGELO”. Foto inviata da ELIO MERCURI-Ricerca bibliografica e trascrizione di FRANCO LEGGERI-
La Rocca si trova vicino al Castello di Fatucchio, sono visibili ancora pochi ruderi.La Rocca, come Fatucchio, aveva la sua chiesa che, credo , siano ancora visibili i ruderi, in verità pochi ruderi. La Rocca è costruita sopra una rupe scoscesa molto elevata sita di fronte al vicino Castello di Fatucchio, questa posizione alcuni studiosi, la interpretano come un atto di sfida al vicino Castello. La Rocca ha una Storia molto interessante ed è per questo che se ne occupò anche il Cardinale SCHUSTER nella sua opera sull’Abbazia di Farfa. Documenti-
Documento 158-II- anno 802- pag. 132: è riportato un elenco dei beni donati (cita il documento 157 )dai fratelli Probato e Piccone di Urso Al monastero (Farfa?) tra cui si evidenziano la porzione della chiesa di Sant’Angelo in Tancia con tutta la sua “dote” e con il Gualdo ch’è nello stesso Monte Tancia assieme ad una porzione di Casale Paterno e con la relativa Chiesa di Santa Cecilia con corredo di Coloni, terre, vigne ed uliveti e bestiame;
Documento 410-III- anno 991 –pag. 119: l’Abate Giovanni cede a Guimaro figlio di Barone una terra sul monte Tancia (permuta) “…dove è lo stesso Castello…”. Qui Castello si vuol intendere la Rocca di Tancia o Futucchio? Non si hanno elementi sufficienti per dare un giudizio definitivo;
Documento 1318-anno 1118-pag.305: L’Imperatore Enrico V conferma al Monastero dell’Abbazia di Farfa il possesso , i benefici e privilegi e trai beni viene citata la “ROCCA TANCIE””;
Documento 975 (relativo anche alla Rocca della Forcella sita nel territorio di Poggio Ciciliano). Con questo Documento vi è anche:Doc. 1324- dell’anno 1119-1126- citati alla pagina 317 e Documento (non numerato) dell’anno 1119-1125 alla pagina 319. Ancora si ha il Documento 948 dell’Anno 1067- della pagina 342 in cui risulta che oggetto di di vendita, da parte di Dono e Rogata la loro posizione :”… de Rocca quae vocxatur TANCIA, et de ecclesias quae in ipsa Rocca modo stare videtur…..”;
Documento 158 dell’anno 802-pag. 132 in cui è stilato elenco dei beni donati col precedente documento 157 dai fratelli Probato e Piccone di Urso al monastero di Farfa tra cui: “… la loro porzione della Chiesa di Sant’Angelo in TANCIA, con la sua dote e con il gualdo(gualdo=bosco piccolo) che è nello stesso monte nonché la loro porzione del Casale Paterno con la chiesa di Santa Cecilia e con coloni, terre, vigne e oliveti ecc…”;
Documento 883 -anno 1049-1053 pag.279-Il Vescovo sabinense Giovanni(1011-1060) accusa l’Abate Berardo innanzi a Papa Leone IX (1049-1054) e ad un Sinodo romano di avere attentato alla sua vita e di aver subito “grandi violenze”;
Documento 935 dell’anno 1063 pag. 329: Ridolfo, Stefano e Pietro figli di Giovanni donano alla Chiesa di San Michele Arcangelo in TANCIA , appartenente al Monastero di Farfa alcuni beni situati nel territorio sabinense;
Documento 1012 anno 1073 alla pag. 15: ..breve memoria di un patto concluso tra Berardo , Abate di Farfa, e Farolfo e Pietro di Lictone, Giovanni e Leone di Rainiero e Umberto d’Ingizone, relativamente ai possessi del Monastero di Farfa nei Castelli di Catino e di Luco e nella ROCCA di TANCIA. Patto stipulato e definito dinanzi alla Chiesa di San Pietro Apostolo di Poggio Catino, al tempo di Papa Gregorio (1073-1085) nel mese di maggio;
Documento 1318 anno 11118 pag. 305: L’Imperatore Enrico V conferma al Monastero di Farfa il possesso e i privilegi e tutti i beni , tra cui il gualdo(bosco) e la ROCCA di TANCIA e la Chiesa di Sant’Angelo in TANCIA;
Nell’appendice al volume I del Registro Farfense alla pagina 34 si legge:”….nell’anno 1217 l’Arciprete Rustico di TANCIA la scia al Monastero (Abbazia di Farfa) per la sua anima la metà della Chiesa di San Donato e delle sue decime e offerte mortuarie…”;
NOTA STORICA dal CHRONICON(II-Pagina 134)- “GROTTA DI SAN MICHELE ARCANGELO”.
In merito alla proprietà del Santuario era intervenuto un accordo tra UGO I da Farfa (997-1038) e il Vescovo Giovanni di Sabina . L’accordo riguardava la ..”divisione delle decime e le offerte mortuarie…”. Dieci anni dopo, con il pretesto che Berardo I aveva ceduto i suoi diritti a” due monache”, cercò di impedirgli di compiere lavori di “… decorazioni del piccolo Tabernacolo…”. Ma l’Abate non si scompose e, quindi, si scatenarono le ire del Vescovo sabino , sempre in relazione alla questione all’Altare, così si legge nel CHRONICON, sembra che l’Altare fosse consacrato da San Silvestro I Papa dal 314 al 335 e, forse si potrebbe ipotizzare che , appunto il Santo fosse sul Tancia per sottrarsi alle persecuzioni di Costantino Magno, ricordiamo che ancora non era cristiano, nel gennaio del 314 , San Silvestro, dovette rifugiarsi sul monte Soratte. Dobbiamo anche evidenziare e ricordare che sulla vita di San Silvestro sono “fioriti” tanti episodi “fantasiosi e pittoreschi” specialmente nei secolo XIV e XV, alimentati come ad esempi la resurrezione del toro e la vittoria sul drago pestifero , ma tutti da ritenersi assolutamente leggendari. Ma proseguendo nella lettura si legge che una schiera di “Scherani” (Uomini violenti al servizio di un potente) guidati da Giovanni i quali piombarono improvvisamente sul Monte TANCIA e fecero scempio del luogo sacro, distrussero , incendiandola, il piccolo cenobio scavo e con esso la Chiesa sulla rupe. La piccola comunità di monaci che qui viveva dovette, per salvarsi, fuggire. Ma l’Abate non si diede per vinto che scortato e protetto dall’esercito dell’abbazia riconsacrò l’altare per mezzo di un Vescovo che era ospite dell’Abbazia di Farfa. Ricorda il Cardinale Schuster nella sua Opera :”…i monaci della prepositura riprendevano la loro consueta vita di penitenza e di preghiera…”.
Seguirono altri episodi incresciosi e scandalosi sul Monte Tancia. L’Abate Giovanni , benché vecchio, si recò ”armato” ed attaccò nuovamente e distrusse , per la seconda volta, l’altare. A Roma giunsero le notizie “scandalose dei fatti del Monte TANCIA” i quali provocarono grande scalpore e commozione . L’accusa di Giovanni presentata a Papa Leone IX , che in quel tempo era di ritorna da Augusta,ottenne , infine, risultati di buon senso e mediazione e conciliante tra i due contendenti. Tutto si risolse al meglio :” …quell’auri sacra fames…”. Ricordiamo che a quei tempi il popolo sabino era molto devoto a San Michele Arcangelo. Da quel periodo la “GROTTA DI SAN MICHELE ARCANGELO” divenne meta di continui pellegrinaggi.
Finalmente è arrivata la fine del mio lungo percorso di vita iniziato ormai son quarant’anni nella casa di Giobbe, a Boccea. Nella mente prepotenti i ricordi si rincorrono come lampi di vita chiaro scuri creati dal tempo dalle azioni degli esseri umani. E’ finita in un giorno d’aprile stesso mese in cui era iniziata l’avventura, un progetto di vita che nessuno mai avrebbe sognata. Anni belli, anni fatti di amore ed il mio amore hanno fatto fiorire come fiore di pesco a primavera, come acqua che scorga in sorgente. Mi hanno preso per mani i fratelli per gran parte di quel mio lavoro, ho rubato ai maestri il mestiere sulla via delle leggi e dei conti. Ma non tutti sono rimasti fratelli nella casa di Giobbe, a Boccea, sul cammino dei padri si è perso, pecorella dal gregge fuggita. Meglio è stato il mio basta improvviso, tale da essere quasi una fuga, ma difficile era fare il buon viso al palese mutare della storia. All’amaro di quell’ultimo giorno resta il dolce dell’amore di ieri, del mio essere stato con loro e per loro avere bene operato.
Maggio 2006
(Malepassu) da PENSIERI SCALZI
EMOZIONI
La sera tardi a ridosso del monte
della verde macchia sento la voce
il paese mio caro proprio di fronte
svetta il campanile e la sua croce.
Nei vicoli stretti vi corre la storia
di gente vissuta zappando la terra
spesso mangiando pane e cicoria
quando gli uomini erano in guerra.
Al tramonto il cielo si fa rosso brace
illumina il marmo che ricorda i caduti
hanno regalato settanta anni di pace
emozioni di un uomo per averli vissuti.
Ancora una volta sotto i lecci del monte
ammiro la sera che si spande sui tetti
è una visione che come acqua di fonte
fa dei miei affanni pensieri benedetti.
Un saluto alla vita che il paese m’ha dato
un abbraccio forte a chi ho stretto la mano
un grazie a quanti amore mi han donato
anche se da loro spesso ero ben lontano.
GIANNI CRISTOFANI
SABINA AUTUNNALE
Lente in autunno
cadono le foglie
lungo il viale che porta
alla macchia,
un tappeto colore
amaranto nasconde
la terra che silente
lacrima al mattino.
Superbo dalla vite
il pampino s’invola
scoprendo il tralcio
del grappolo dimora
e verso il leccio
ed il pino s’abbandona
sposando la vitalba
e l’edera dormienti.
Il frutto dell’ulivo
si colora di nero verde
pronto al traumatico
distacco della mano
del saggio, esperto
agricoltore che lo cura
così come avverrà
nel giorno della molitura.
Nel sottobosco il fungo
è già maturo
ed il cinghiale grufola
all’intorno
mentre l’aspide
al letargo si dispone
e il tordo arriva insieme
ai calombacci
dal cacciatore attesi
nel capanno
posto fra i rami
della grande quercia
o del cerro gigante
che sovrasta le foglie
dei lecci ,
dei corbezzoli
e delle vitalbe.
Le ginestre orfane
del giallo fiore
piegano al vento
gli spogli aculei.
Il profumo del mosto
è ormai svanito
quando il frantoio
macina le olive
e nel capace camino
abbrustolisce
la fetta di pane
su cui colare l’olio
per poi farne di qualità
sentenza.
Tutto è colore,
tutto è aroma
e sapore
nella Sabina
dell’autunnale stagione
terra dei padri che è
viva in ogni cuore.
A ROBALDO
C’era un gran freddo al San Sebastiano,
la tramontava scuoteva gli ulivi mentre
dalla macchia svolazzavano merli e tordi
e tu risalivi soddisfatto la china col fido
cane che avevi con sapienza addestrato.
E’ questa l’immagine che porto nel cuore
di te amico mio anzitempo volato lassù
nel regno dei veri uomini sapienti e giusti
lasciando un vuoto in che tanto t’ha amato
insieme ai tanti amici cui hai stretto la mano.
Di Montebuono ad honorem sei figlio,
tra i lecci e i corbezzoli di San Sebastiano
resta la traccia della tua amicale presenza
insieme ai tuoi figli di cui eri orgoglioso
cresciuti con Gisa in letizia e sapienza.
Per me resti il ragazzo di ieri
il più simpatico fra i tanti dazieri.
GIANNI CRISTOFANI
ONIRICAMENTE
E’ solo quando della notte
si fanno più pesanti le ore
che la mente, nel travaglio,
partorisce l’ultimo pensiero.
Si fa rumore nel silenzio
come la colonna di un film
e nel debole abbandono
si fa carne il bene e il male.
E’ un sonno tutto agitato
quello partorito dalla mente
e la realtà distorta è da
quel primo pensiero nato.
Nitida la visione che inganna
tanto da sembrare vera vita,
tanto da impaurire l’anima
davanti l’incarnato pensiero.
GIANNI CRISTOFANI
GIANNI CRISTOFANI (Malepassu) dalla raccolta IL CANTO DEGLI ULIVI Prefazione di CARLA CUCCHIARELLI.
DA “SAPORE DI TERRA”
SORELLA MALINCONIA
Sorella muta del volare dei giorni
nell’impazzito mondo quotidiano
dove naufragano i sentimenti
e la terra si macchia di nefandezze.
E’ una sorta di deliquio silente,
di abbandono all’imponderabile
anche se il cuore ha l’intenzione
piena di aprirsi alla speranza
a quell’anelito profondo che fu
dei padri figli della campagna.
Non è tristezza quel languore
che ti prende all’improvviso
che cambia i colori del mondo
che la ragione non spiega
che la scienza non cura il male
che naviga verso la disperazione.
Silenziosa compagna dei miei giorni,
stimolatrice del mio pensare
pittrice dei quadri della vita
che pendono dai muri della mia
casa che pur palpita d’amore.
Ed io malinconicamente amo,
malinconicamente credo
e nella fede ritrovo la speranza
per nuove aurore e nuovi giorni.
Malepassu giugno2003
SILENZI
Quando i silenzi premono alle tempie
è come avere un picco di pressione,
quel vuoto dentro non accende, spegne
ogni ragionamento, qualsiasi decisione.
L’inerzia ti coinvolge dentro e fuori
ed il mutismo ne è la conseguenza,
così come il fuggire da ogni cosa è
l’estraniarsi completo dalla gente.
Poi arriva il silenzio della riflessione,
il silenzio dei saldi di bilancio il cui
pareggio è quasi sempre un’illusione,
zoppa è la partita del dare e dell’avere.
Tante sono le parole che vorresti dire,
tante invettive pronte a fuoriuscire
come vomito acre dopo l’abbuffata
ma ti accorgi come meglio sia il tacere.
E’ nei silenzi che affoghi i tuoi pensieri,
che ogni giorno la fanno da padroni
dentro la mente e l’anima squassate
dal tanto bestemmiar che ti circonda.
Settembre 2006
GIANNI CRISTOFANI
DA “LE FINESTRE DELL’ANIMA” (pensieri e parole dal profondo) GIANNI CRISTOFANI (Malepassu) 2009 Prefazione di MARINA COMO
da PENSIERI SCALZI 2019
Poesia dedicata a Fausto
Ci hai lasciato in un autunno di pioggia
poco dopo aver festeggiato i settanta
grande amico ora la tua anima alloggia
nella casa dove un coro di angeli canta.
Troppo in fretta l’esistenza hai concluso
tu che amavi colloquiar con la gente
con garbo, in silenzio la porta hai chiuso
per far della fine un tuo pensiero silente.
Solitario stavi quando il male ha colpito
anche se amici avevi per chiedere aiuto
amarezza di un animo vistosi tradito
aspettativa d’amore che fu solo rifiuto.
Generoso compagno di bella vita paesana
trascorsa all’ombra di discorsi importanti
davanti al bar ai bordi della strada romana
consumando ogni tanto gelati croccanti.
Fu la banca nostrana a cementar l’amicizia
per Dante e Ilia fu la vera manna dal cielo
mi solleva il ricordo dalla mia tanta mestizia
averti visto raggiante come il fiore d’un melo.
LA ROSA Rosa d’ottobre che ti schiudi al mattino quando il sole solletica i tuoi petali stanchi di fronte la casa dove vive l’amore. Ogni petalo un bacio sul tuo labbro vermiglio il tuo sorriso consola il mio esistere ed è per questo che vivo.
da PENSIERI SCALZI.
PENSIERI
In un mare di silenzi
affogano i pensieri
per poi galleggiare
come foglie ingiallite
nello stagno, d‘autunno.
Oniriche visioni che
agitano del sonno le
ore al primo risveglio
annebbiando la mente.
E’ il naufragio d’idee
in quel mare increspato
che trascina nel fondo
dei pensieri il groviglio
in quel paniere di sogni
che l’aurora colora
d
GIANNI CRISTOFANI
alla raccolta PENSIERI SCALZI 2019
BORGO ANTICO
Nei vicoli stretti del borgo sabino
alla luce sbiadita di vecchi lampioni
ritrovo profili di quand’ero bambino
delle case, all’interno, i soliti suoni.
Mi commuove dei ricordi il rosario
nelle mani mi scorre come preghiera
la macina gira nel frantoio oleario
In questo mio andare verso la sera.
Virtuale cammino fra gli odori di ieri
lungo le vie dalle mutate sembianze
che fanno nascere in me seri pensieri
tali da alterare le mie rimembranze.
Ricerco un tempo nella mente nascosto
che genera in me le più forti emozioni
aleggia nell’aria l’acre odore del mosto
m’accoglie dimora di trascorse stagioni.
dalla raccolta IL CANTO DEGLI ULIVI Prefazione di CARLA CUCCHIARELLI
ANCORA TU
In questo autunno di foglie disperse
sei ancora tu a parlare al mio cuore,
a far tremare il mio labbro che parla
quando affondi nei miei i tuoi occhi
ricamati come bianca risacca del mare.
Sei ancora tu a farmi da velo di fronte
il frastagliato crinale argentato di ulivi
a spezzare la linea del superbo orizzonte
ove lontano s’eleva il Soratte dormiente.
C’è il tuo profilo segnato nel tondo di
quel cirro di latte che tocca la punta crociata
del campanile della chiesa che svetta
al di sopra delle vecchie case del borgo.
Sei ancora tu, fanciulla di ieri e matura donna
dei giorni di questo presente che balbetta
al fiorire del giorno quando il merlo si stacca
dal ramo del mandorlo ormai pronto a fiorire.
dalla raccolta SAPORE DI TERRA 2005
I DUE VECCHI
Scende alla sera, sopra il camposanto
il venticello fresco della notte estiva,
dormono i vecchi con il cane accanto,
due corpi che lenti vanno alla deriva.
E pur l’età non ferma il loro ardore
che fu pane per le battaglie di una vita,
una vecchiaia la loro ove ancor l’amore
sa far giocare anche l’ultima partita.
Fan tenerezza in quella casa i vecchi
dove il comignolo fuma notte e giorno
nel camino fan fiamma i rami secchi
memoria del tempo che non ha ritorno.
Verso il tramonto uniti or se ne vanno
vivendo in pienezza l’ultima giornata
le coccole in segreto ancora si fanno,
lo stonato canto di lui è una serenata.
E’ bello starli a guardare quando è sera
quando la brezza scompone quei capelli
in quel grigiore palpitante l’uomo spera
lo scivolare di una mano coi suoi anelli
VISIONI VESPERTINE
E’ su la prima sera
quando muore il sole
che l’occhio sfonda
nei vicoli del borgo
per virtuali incontri
d’un passato fatto
di amicali sembianze,
di spezzoni di vita
che prepotenti emergono
dal fondo della memoria.
Fioca e ballerina luce
di lampioni in ferro battuto
che segna il lieve passaggio
della vecchia massaia
che si appresta al rosario
con lo zinale impolverato
dalla grigia cenere
spolverata dai pani caldi
appena tolti dal forno.
Visioni nel vespro
del paese del cuore
che fanno cornice
a voci amiche e rumori
che indietro fanno tornare
l’oggi del tuo essere uomo.
DA “I FIORI DELL’ERICA”
In una notte di stelle cadenti
ti ho pregato Signora dei venti
cento volte ho fatto il tuo nome
per sapere il perché e il per come
questo mondo s’allontana da Te.
Mia Signora Madre di tutti i viventi
c’è qualcuno che annebbia le menti,
che si ingegna a bruciare gli arbusti,
legna verde per un fumo abbondante
che nasconde il cammino dei giusti.
Madre nostra nel grembo hai ospitato
dell’Altissimo il diletto suo Figlio,
Lui a Te noi suoi fratelli ha affidato
per preservarci da qualsivoglia periglio.
A Te madre l’orazione rivolgo
quando cupa scende la sera,
quando si alza nel cielo la luna,
quando si ode un frastuono lontano,
quando avverto il mio essere solo,
quando esterno il mio amore per Te.
GIANNI CRISTOFANI
LA CASA
Nella campagna il casolare svetta
sopra un’altura d’erbe circondato
come del nonno fu l’antica casa
in pietra eretta a fianco dell’Imella.
Vecchia dimora di gente contadina
che viveva solo dei frutti della terra,
di pastorizia e allevamenti vari di
mucche maremmane, anatre e galline.
Sulla facciata che guardava il sole
spiccava il disegno d’una meridiana
che segnava il lento andare delle ore
in quello spicchio di mondo, la giornata
era segnata dalla luna ed il sole
dal vento forte della tramontana,
dal gelo dell’inverno e i temporali
con la grandine che i raccolti devastava.
Quanti ricordi nel vecchio casolare
incontrato quando già in abbandono,
forte della sua storia raccontatami
dal vecchio contadino poi fattore
che gioiva davanti al mio domandare
con gli occhi lucidi per quell’amore
portato a quella casa sul torrente
a quel lembo di terra arabescata
di pietre consumate giù, dalla corrente.
UN SETTEMBRE ANCORA
Ancora un settembre, qui, a ridosso del monte quando il sole annega tra i il Soratte e i Cimini e superba la rondine affetta uno spicchio di cielo e goffa la merla si tuffa nella superba chioma di un pino. Spazi in cui affiorano antiche memorie di gente del posto abituata a soffrire di uomini curvi a dissodare una terra malvagia dal sudore impregnata. Ed è allora che si fanno rugiada i miei affanni di oggi, le mie ansie e la mia ipocondria per questi vespri, a settembre, tempo che Dio mi ha concesso di vivere ancora col pensiero capace di essere sana ragione per altri settembre ancora.
DALLA RACCOLTA “GOCCE DI VITA” EDIZIONI AQUILA BIANCA
PREFAZIONE SERGIO TRASATTI 1991
LE DONNE
Fin da piccolo ho creduto
che la donna fosse un Dio
quando mamma s’affannava
tutta intorno al letto mio.
Ma le donne nella vita
ben poco hanno di divino
se l’amore non le tocca
ti sconvolgono il destino.
Poi da grande ho ritrovato
nella donna che ho sposato
quella dea dimenticata
mentre uomo diventavo.
Le donne si amano
per quel che sono,
le donne aspettano
la fedeltà,
le donne vogliono la verità,
le donne si amano
perché sono madri
dell’umanità.
Ad una donna ho dedicato
il mio andar per questa vita
dal mondo insieme ho programmato
di fare un dì l’ultima uscita.
Le donne si amano
in allegria,
le donne danno
felicità,
le donne s’aspettano
l’infedeltà,
le donne credono
alla gelosia,
le donne fuggono
l’ipocrisia.
Ed io ti amo
donna sposata
madre che crede
nell’al di là.
Dalla tua forza
traggo la vita,
con te sono uomo
ad ogni età.
(Malepassu) Ott.2017
L’AURORA.
Il rosa dell’aurora
illumina i tuoi occhi,
poi il sole incendia
i tuoi capelli biondi
che cingono l’altero
collo come scialle
nelle fredde giornate.
Su di me prepotente
si riflette la tua luce
mentre incerto vago
lungo il sentiero ostile
del mio silente tramonto.
SAPORE DI TERRA
Vorrei ancora esser preso per mano
da te mamma sulla strade di ieri
con i nonni sull’aia polverosa
tra tacchini vocianti e papere impazzite.
I fichi secchi sul graticcio di canna
le nocciole a punta tolte alla pianta
prima che il sole ne mutasse il sapore
genuino di un frutto destinato a morire.
E poi il calore del bue nella stalla
la paglia gonfia di escrementi olezzanti
un secchio pieno di latte schiumoso
un belato di agnello sotto il melo fiorito.
Il profumo dei pani appena sfornati
il bianco e il rosso dei vini d’annata
la pasta di nonna fatta e tagliata
condita col sugo al garofano e persa.
Forte serrava la tua piccola mano
di donna cresciuta in quel pezzo di terra
di giovane figlia madre ancora inesperta
rimasta nel fondo come il primo vagire
come l’odore e il sapore forte di terra
respirato e gustato nella casa paterna.
Della mia terra oggi ancora avverto
il suo sapore mentre giro il mondo
specie quando mi sembra di affogare
nel tempestoso fiume del mio pianto.
COMPONIMENTO CHE DA IL TITOLO ALLA QUINTA RACCOLTA DI POESIE DI GIANNI CRISTOFANI
(Malepassu) 2006.In copertina natura morta di FRANCO MARZILLI.
Il sole su di te, t’ ha reso d’argento
vivace luccichi , al sospirar del vento
mormori un dolce e sempre antico canto
della “ sabina” tu sei vero vanto ,
ai piedi del “ Soratte” tu scorri maestoso
dai ristoro alla fauna, rendi il suolo rigoglioso ;
ricordo quando in te , m’immergevo da bambina
sei una forza che scorre nella valle teverina .
( Poesia di Agnese Di Venanzio – Forano-12 – 11 – 2010 )
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