Poesie di Margherita Guidacci,Poetessa italiana- Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di Margherita Guidacci,Poetessa italiana-
Margherita Guidacci–Nata a Firenze, il 25 aprile 1921. A dieci anni perde il padre, esperienza che segna la sua giovinezza. Dopo la maturità Margherita Guidacci si iscrive alla Facoltà di Lettere, dove nel 1943 si laurea con Giuseppe De Robertis con una tesi su Ungaretti. I suoi interessi si rivolgono quindi alla letteratura inglese e anglo-americana, soprattutto a Emily Dickinson e T. S. Eliot. Studia al British Institute di Firenze e cominica a collaborare con riviste letterarie. Nel 1946 pubblica la prima raccolta di poesie La sabbia e l’angelo. Insegna latino e greco e, dal 1950, letteratura inglese nei licei scientifici e istituti tecnici. Dal 1952 inizia la sua attività di pubblicista sulla terza pagina del «Mattino dell’Italia Centrale». Nel 1954 esce un altro volume di versi Morte del ricco. Nel 1948 vince il premio Le Grazie per cinque poesie inedite. Nel 1949 si sposa con Luca Pinna. Nel 1958 vanno a vivere a Roma, dove Margherita inizia la collaborazione col giornale «Il Popolo». Fino al 1972 insegna al liceo scientifico Cavour di Roma e poi ottiene una cattedra di letteratura anglo-americana presso l’Università di Macerata. Continua a scrivere e pubblicare libri di poesia. Muore il 19 giugno 1992.
POESIE
da LE POESIE
In silenzio
Scrivo parole ogni giorno.
Non so dove arriverò,
scrivendo.
So che potrei tacere.
Colui che sa, non parla.
Muto nel ventre del tempo
dove uomini gridano, anche.
Lo sguardo
basterà per comprendere e dire
quanto la voce non dice.
Sfioro ogni istante, ogni giorno
l’urlo e il tuono. Vivo intorno.
Potrei fermarmi e attendere.
In silenzio.
All’ipotetico lettore
Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa’ che siano
allora come foglie e come vento,
assecondando il suo volo.
E sappi che l’affetto nell’addio
non è minore che nell’incontro. Rimane
uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino.
Lascia sia il vento
Lascia sia il vento a completar le parole
che la tua voce non sa articolare.
Non ci occorrono più le parole.
Siamo entrambi il medesimo silenzio.
Come due specchi, svuotati d’ ogni immagine,
che l’uno all’altro rendono
un semplice raggio. E ci basta.
La sabbia e l’angelo
I
Non occorrevano i templi in rovina sul limitare di deserti,
Con le colonne mozze e le gradinate che in nessun luogo
conducono;
Né i relitti insabbiati, le ossa biancheggianti lungo il mare;
E nemmeno la violenza del fuoco contro i nostri campi e le case.
Bastava che l’ombra sorgesse all’angolo più quieto della stanza
O vegliasse dietro la nostra porta socchiusa-
La fine pioggia ai vetri, un pezzo di latta che gemesse nel vento:
Noi sapevamo già di appartenere alla morte.
II
Se vuoi lasciare la tua impronta, o uomo, scalfisci piuttosto la sabbia,
Perché la più alta torre diverrà sabbia alla fine.
Scrivi il tuo nome sul lido deserto, e prega il mare che presto
lo copra di lamento:
Perché tu stesso sei sabbia, sei la morte che dopo te rimane.
III
Ogni volta che dicemmo addio;
Ogni volta che verso la fanciullezza ci volgemmo, alle nostre
spalle caduta
(Tremando l’anima al suo lungo lamento);
Ogni volta che dall’amato ci staccammo nel freddo chiarore
dell’alba;
Ogni volta che vedemmo sui morti occhi l’enigma richiudersi;
O anche quando semplicemente ascoltavamo il vento nelle strade
deserte,
E guardavamo l’autunno trascorrere sulla collina,
Stava l’Angelo al nostro fianco e ci consumava.
IV
Ora il nostro amore si spanderà nella vigna e nel grano,
Il nostro veleno nei cactus e negli spini crudeli.
Si curveranno i vivi alle sorgenti, diranno:
“Chi spinse verso di noi l’acqua da occulte vene del mondo?”
E molto prima che il freddo li colga e la notte sul loro cuore s’adagi,
Anche in un meriggio d’api e di succhi ardenti,
Conosceranno l’angoscia, perché potenti noi siamo e vicini,
E non vi è fuga dal cerchio in cui già li stringiamo
Con ogni stelo da noi sorto e ogni frutto
Che colmo e grave alla nostra terra s’inchina.
V
Furono ultime a staccarsi le voci. Non le voci tremende
Della guerra e degli uragani,
E nemmeno voci umane ed amate,
Ma mormorii d’erbe e d’acque, risa di vento, frusciare
Di fronde tra cui scoiattoli invisibili giocavano,
Ronzio felice d’insetti attraverso molte estati
Fino a quell’insetto che più insistente ronzava
Nella stanza dove noi non volevamo morire.
E tutto si confuse in una nota, in un fermo
E sommesso tumulto, come quello del sangue
Quando era vivo il nostro sangue. Ma sapevamo ormai
Che a tutto ciò era impossibile rispondere.
E quando l’Angelo ci chiese. “Volete ancora ricordare?”
Noi stessi l ‘implorammo: “Lascia che venga il silenzio!”
VI
Non il ramo spezzato, non l’erba scomposta lungo il sentiero
Ci dicevano il suo passaggio, m il tocco di solitudine
Che ogni cosa in sé custodiva ed a noi rendeva, liberando
Dopo il messaggio consueto l’altra, l’ignota parola.
Come trasalivamo ascoltandola, come s’orientava sicuro
Il nostro cuore sull’invisibile traccia!
Così noi sempre ti seguimmo, Dominatore ed Amato,
Né ci sorprende la bianca luce in cui svelato al nostro fianco cammini
(Ora che l’ombra carnale è tramontata sul meridiano della morte)
Perché da lungo tempo te solo conoscevamo, a te solo
Obbedivamo, tua destinata preda,
Trascinando sulle vie della terra la tua celeste catena straniera
Atlante
Davanti a te la mia anima è aperta
come un atlante: puoi seguire con un dito
dal monte al mare azzurre vene di fiumi,
numerare città,
traversare deserti.
Ma dai miei fiumi nessuna piena ti minaccia,
le mie città non ti assordano con il loro clamore,
il mio deserto non è la tua solitudine.
E dunque cosa conosci?
Se prendi la penna, puoi chiudere in un cerchio esattissimo
un piccolo luogo montano, dire: «Qui fu la battaglia,
queste sono le sue silenziose Termopili.»
Ma tu non sentisti la morte distruggere la mia parte regale,
né salisti furtivo
col mio intimo Efialte per un tortuoso sentiero.
E dunque cosa conosci?
Sull’alto spartiacque (Interno Poesia Editore, 2024), a cura di G. Marrani e B. Aldinucci
Da Le poesie (Le lettere 2020)
Amore
è questo senso d’ali: averle, aprirle,
fendere con il petto un elemento ignoto
finora – e a un tratto divenuto la patria.
Come sono lontani il guscio e il bozzolo
a cui credemmo appartenere, il buio
dove crescemmo e dove non faremo
mai più ritorno!
Lieta o dolorosa
che sia la nostra ultima sorte, ormai
siamo per sempre segnati dal cielo.
In exitu
Se l’anima fuggendo dall’Egitto
scorgesse subito i colli di Chanaan,
se sui frantumi degli dei stranieri
brillasse subito il volto immortale
e dagli squarci della nostra rinunzia
già scaturisse amore,
quali ali darebbe al nostro passo
questa certezza anche tra pietre e spini!
Noi non sappiamo invece quante miglia dividano
l’ingresso nel deserto dall’incontro con Lui:
ci sgomenta la terra di nessuno
non più nostra, non ancora di Dio.
Le mie mani non sono ancora vuote
Le mie mani non sono ancora vuote
ch’io possa alzarle a Te.
Io che fallii nella stretta, fallisco
ora nella rinunzia. È così poco
quel che trattengo, scherno alla mia fame,
e tuttavia è un ingombro smisurato
che mi sbarra il cammino verso di Te.
Poiché per queste briciole furiosamente amate
non sono pronta al tuo dono
di nudità, di bellezza severa,
al silenzio più trasparente delle lacrime.
Muoio di sete
Muoio di sete
e non incontro una fontana.
La tua terra è un deserto.
Il tuo cielo una lastra ardente.
Dimmi, è così che mi ami
e ti nascondi per mettermi alla prova?
Creder questo sarebbe la salvezza
quando mi sembra che tu non ti curi
di me e neppure vi sia!
*
Il mio legno
risponde al mare, la mia vela al vento.
Al soffio più lieve, alla minima onda
li sento palpitare
come il mio cuore che tende verso l’alto,
dimentico del porto, senza chiedersi
se la rotta sarà di pace o di tempesta
e senza chiedersi neppure
se vi sarà ritorno.
O mia gioia rischiosa
O mia gioia rischiosa, sempre insidiata!
Se tu non fossi insidiata,
non saresti gioia.
È necessario l’abisso
perché tu possa spiegar le tue ali.
È necessaria la notte
perché si accenda il tuo raggio.
Ogni attimo in cui mi possiedi
è vita che m’inonda, traboccante.
Ma in quello stesso attimo, so che in me si ripete
una scommessa mortale.
*
Alcuni desideri si adempiranno.
Altri saranno respinti. Ma io
sarò passata splendendo
per un attimo. Anche se nessuno
mi avesse guardata
risulterebbe ugualmente giustificato-
per quel lucente attimo – il mio esistere.
Il tuo ricordo
Il tuo ricordo, sul fondo
della mia solitudine,
ne rivela l’ampiezza
e tuttavia la limita.
Così un canto d’uccello
addolcisce l’immensità del cielo
e una singola vela
rende umano il mare.
È come una mancanza di respiro
È come una mancanza di respiro
e un senso di morire
quando mi stringe improvviso
il desiderio di te tanto lontano
e nulla può calmarlo, altro pensiero
non può occuparmi, tranne il Paradiso
che sarebbe per me lo starti accanto.
Ma poiché ciò m’è negato, più cara,
molto più cara d’una fredda pace
mi è la stretta indicibile –
quasi marchio di fuoco che proclami
ancora e sempre quanto sono tua.
A nessun costo vorrei separarmi
da questo mio dolore.
La conchiglia
Non a te appartengo, sebbene nel cavo
Della tua mano ora riposi, viandante,
Né alla sabbia da cui mi raccogliesti
E dove giacqui lungamente, prima
Che al tuo sguardo si offrisse la mia forma mirabile.
Io compagna d’agili pesci e d’alghe
Ebbi vita dal grembo delle libere onde.
E non odio né oblio ma l’amara tempesta me ne divise.
Perciò si duole in me l’antica patria e rimormora
Assiduamente e ne sospira la mia anima marina,
Mentre tu reggi il mio segreto sulla tua palma
E stupito vi pieghi il tuo orecchio straniero.
All’ipotetico lettore
Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa’ che siano
allora come foglie e come vento,
assecondando il suo volo.
E sappi che l’affetto nell’addio
non è minore che nell’incontro. Rimane
uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino.
Lascia sia il vento
Lascia sia il vento a completar le parole
che la tua voce non sa articolare.
Non ci occorrono più le parole.
Siamo entrambi il medesimo silenzio.
Come due specchi, svuotati d’ ogni immagine,
che l’uno all’altro rendono
un semplice raggio. E ci basta.
La farfalla è condannata per le sue ali, che sono antieconomiche.
Osbert Sitwell
Non voglio
Tutti i vostri strumenti hanno nomi bizzarri
e difficili, ma io vedo chiaro
e so che in fondo sono solamente
metri e gessetti con cui misurate
e segnate – segnate e misurate
senza stancarvi.
Sfilate spilli di tra le labbra, come una sarta:
me li appuntate sull’anima
e dite: “Qui faremo un bell’orlo.
Dopo starai tanto meglio”.
Io non voglio che mi tagliate un pezzo d’anima!
Se ne ho troppa per entrare nel vostro mondo,
ebbene, non voglio entrarci.
Sono un poeta: una farfalla, un essere
delicato, con ali.
Se le strappate, mi torcerò sulla terra,
ma non per questo potrò diventare
una lieta e disciplinata formica.
Tomba lucana
La figura
piumata e con artigli (uccello e demone)
si tiene indietro, ma pronta
a balzare. La sente
senza vederla il giovane soldato
che l’ha alle spalle. La sente
e forse anche la vede l’avversario
che, giavellotto in pugno, si prepara a vibrare
il colpo micidiale. Non v’è odio
nei loro volti solo una profonda
attenzione perché si compia presto
quello che deve compiersi e, in entrambi,
una cosciente tristezza per l’amaro
fato dell’uomo in guerra. Al vincitore
nulla assicura che domani, ad opera
d’altri, non sia lui il vinto, lui l’ucciso.
Dal condannato d’oggi rifluisce
l’anima con il sangue. Misterioso
come la sua Parca, un suonatore
di flauto dà il segnale. Con le braccia
strette al petto o levate
inutilmente il cielo, ora le donne
incominciano il pianto.
Guado
L’anno contiene quest’unico guado |
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Anelli del tempo
Degli anelli del tempo, che si aggiungono
sempre nuovi, furono alcuni così stretti
che ne ricordo solo l’orrore di soffocare.
In altri, larghi e informi, vagai smarrita
senza un sostegno a cui aggrapparmi. I più,
pallidamente indifferenti, si ammucchiavano
gli uni sugli altri, subito saldandosi
senza nemmeno un segno di sutura.
Solo a pochi e per poco è tollerabile
riandare. Ma almeno questo, l’ultimo,
di cui oggi si chiude il cerchio, resta perfetto
nel mio cuore: cornice d’oro intorno
a uno specchio di gioia. Chiedo solo
di serbar quest’immagine. E che a te
uno stesso fulgore la riveli
e la circondi, allo scadere dell’ora,
nel tuo specchio gemello.
Margherita Guidacci Poetessa italiana (Firenze 1921 – Roma 1992). Studiosa di lingua e letteratura inglese, ha curato traduzioni di J. Donne, E. Dickinson, Th. S. Eliot. La sua poesia, di un’intimità morale aperta a un senso religioso della vita, si affida all’intensità dei sentimenti e all’immediata evidenza del dettato: La sabbia e l’angelo (1946); Morte del ricco (1955); Giorno dei santi (1957); Paglia e polvere (1961); Neurosuite (1970); Terra senza orologi (1974); Il vuoto e le forme (1977); L’altare di Isenheim (1980); L’orologio di Bologna (1981); Una breve misura (1988).
Margherita Guidacci è nata a Firenze nel 1921. Si era laureata in letteratura italiana all’Università di Firenze, con una tesi su Giuseppe Ungaretti, specializzandosi poi in letteratura inglese ed americana, traducendo fra l’altro le opere di John Donne e le poesie di Emily Dickinson. Dal 1945 divenne insegnante, prima liceale e successivamente docente universitaria. Ha pubblicato le raccolte: La sabbia e l’angelo (Vallecchi, 1946), Morte del ricco: un oratorio (Vallecchi, 1954), Giorno dei santi (All’insegna del pesce d’oro, 1957), Paglia e polvere (Rebellato, 1961), Le poesie (Rizzoli, 1965), Neurosuite (Neri Pozza, 1970), Il vuoto e le forme (Rebellato, 1977), L’altare di Isenheim (Rusconi, 1980), Brevi e lunghe (Libreria editrice vaticana, 1980), L’orologio di Bologna (Città di vita, 1981), Una breve misura (Vecchio faggio, 1988), Il buio e lo splendore (Garzanti, 1989). È scomparsa a Roma nel 1992.
http://it.wikipedia.org/wiki/Margherita_Guidacci
http://www.treccani.it/enciclopedia/margherita-guidacci_(Dizionario-Biografico)/