I versi di Federico Ratti si snodano come in una «danza d’opposti», manifestano la posizione contrastante di una umanità che celebra la vita e accarezza la morte. Una scrittura poetica che fa riaffiorare il suono di certe meravigliose partiture di maestri novecenteschi. Ricorrono temi del quotidiano: la noia del presente, la memoria e il tempo; Ratti si serve di immagini asciutte come chi, dopo averle manipolate a lungo, le rende lisce come i ciottoli del mare.
Vengono proposti, di seguito, alcuni suoi componimenti inediti, in attesa della sua prima raccolta poetica.
Elena Verzì
*
Se ci rivedremo
chiedilo al tempo – ma cos’è, poi
il tempo? Sicuro
non la lancetta sul muro
intenta a ticchettare
più forte mentre scende
più debole mentre risale;
neppure una forza che sovrasta
un destino che avanza; neanche
un flusso esterno
che trascina per il colletto
verso qualche avvenimento.
Il tempo non è un appuntamento.
Difatti, sono io il tempo; tempo
di me stesso – e nessun altro.
Di questo, nessun vanto.
Ma se ci rivedremo
chiedilo a me – me soltanto.
*
Questa mancanza d’inventiva
questa sterilità d’idee
a cosa è dovuta?
Ragionare troppo – ragionare forte
sulla vita il senso il perché
può condurre all’oblio:
un foglio bianco, la morte.
*
Ciò che sento, ciò che vivo
può esser la storia di altri
lo stesso identico cammino.
Oppure mistero tutto mio:
ciò che sento, ciò che vivo
lo so soltanto io.
*
Il tuo nome è un coltello
che ripeto a bassa voce
infilato sotto la lingua
– in mezzo al torace.
Dirlo da lontano – salutarti
mentre con altri
ti baci e ti dai la mano
è l’ultimo vagito
del bambino che era in me.
Resto a bocca aperta – spalancata
come il cadavere sgomento
il pesce slamato: la postura
di chi non ha futuro
di chi vorrebbe e non può urlare.
L’amore fa bene, l’amore fa male.
*
D’un tratto si è giovani
e poi si scopre
di non esserlo più.
Come il battito d’ali
di uno stormo destato
dal rintocco della neve
è il migrare dell’età.
Ma la vita ha meno grazia
della coltre intatta
che cresce ad orlo sui tetti.
I suoi messaggi viaggiano
su sinistri ambasciatori:
l’addio alla giovinezza
sveglia nella notte
col suono schietto
di un colpo di fucile.
*
Impasto è la vita
di cielo e fango
sporco e santo
mani e occhi legati
ad alterne vicende
di male e bene
zucchero e fiele.
Danza d’opposti
su un unico palco,
pazienza e quiete
dentro ad un salto.
Leva del mondo
è la contraddizione:
azione e reazione
sul viscido crinale
fra grazia e dannazione.
Vivere è ordinare il primo
e mangiare il contorno
– matrimonio e funerale
nell’arco di un sol giorno.
*
Simile a me è la notte
che non vede mai giorno;
sempre prima dell’alba si sveglia
e gioia non trova dal sorgere del dì:
non è detto che il sole
faccia sempre compagnia
alle persone sole.
*
Ogni volta che mi vinco
e convinco ad uscire
trovo sempre un’occasione
una nuova lezione
a farmi ricredere
a non farmi cedere.
Il volto che scontro
la voce che incontro: tutto
è nuovo – imprevedibile
meraviglia inattesa.
Solo nell’uscita
ci si converte alla vita.
Breve biografia di Federico Ratti è nato alla Spezia nel 1990. Dopo il diploma Classico, si laurea in Filosofia all’Università di Pisa e in Scienze Religiose presso l’Istituto Superiore Niccolò V della Spezia. Insegna Religione negli istituti superiori e presso la Casa Circondariale Penitenziaria della sua città. Dopo un’esperienza giornalistica fra i quotidiani locali, si dedica con più assiduità alla narrativa e alla poesia. Nel 2016 viene premiato al concorso internazionale “Percorsi Letterari… dal Golfo dei Poeti Shelley e Byron, alla Val di Vara”. Si classifica secondo al Concorso Internazionale di poesia e narrativa “Le Grazie-Portovenere La Baia dell’Arte”, mentre l’anno successivo è quarto al Premio Internazionale di Narrativa “Il Prione” con un racconto sul tema dell’Alzheimer. Nel 2018 riceve il premio della critica al Premio Thesaurus di Aulla. La sua prima pubblicazione arriva nel 2021 con “L’ultima riga della dimenticanza e altri racconti” (Helicon), dodici racconti brevi che cercano di gettare luce sulla parte meno illuminata della società.
La Rivista “clanDestino” nasce come una sfida di giovani amanti della poesia a Forlì.
Nel 1988 nove ragazzi, tra cui Gianfranco Lauretano e Davide Rondoni, decidono di dar vita alla rivista, proseguendo con nuovo nome e taglio, il lungo lavoro per la poesia italiana che aveva fatto la casa editrice Forum di Forlì di G. Piccari, con la rivista “Quinta Generazione”.
Da quel momento in poi una serie di voci importanti hanno viaggiato con clanDestino; ma non solo grandi nomi, anche tanti poeti e scrittori hanno esordito e si sono incontrati con la rivista e ne hanno tratto spunti per la loro arte.
Fin dall’inizio clanDestino si è distinto per il suo essere in un certo modo, mai neutro né banale, ospitale e attento, vivace compagno di strada che cerca la vita nella vita.
Responsabile della Rivista clanDestino: Davide Rondoni via Altabella, 3 – Bologna
Un beso deambula en tus hombros y es desde su autor a cierta noche que vas, inédita y pretendida, adelantándote en cada paso a lo que hicimos y lo que no. Y te abrazo para no caer antes que el despliegue del minuto pose el gris temor en la ventana, y no alcanzo a verte desde lejos, pero amo no verte desde lejos, porque quien te imaginase lejos declina este espacio que tributa el pétalo cobrizo a tus piernas.
Y es desde el dolor de este reproche, desde el peso reducido a asombros, que estás, entre uno y otro acorde, tan quimérica como rendida, digamos que al borde, aunque vestida, digamos como yo ya no. Vamos sin licores esta vez, que a mi embriaguez le basta tu boca, escuchar la canción de tu copa aunque no se entienda con la mía, cumplir el ritual antes del día y latir contra tu desnudez.
Ancora
Un bacio vaga sulle tue spalle ed è dal suo autore in una certa notte che tu vai, inedita e finta, precedendo ad ogni passo ciò che abbiamo fatto e ciò che no. E ti abbraccio per non cadere prima che lo svolgersi del minuto metta la paura grigia nella finestra, e non riesco a vederti da lontano, ma amo non vederti da lontano, perché chi ti immagina lontano rifiuta questo spazio con cui omaggia il petalo ramato le tue gambe.
Ed è dal dolore di questo rimprovero, dal peso ridotto a stupore, che sei, tra un accordo e l’altro, tanto chimerica quanto arrendevole, diciamo sull’orlo, seppur vestita, diciamo come io non più. Facciamo a meno dei liquori questa volta, che alla mia ubriachezza basta la tua bocca, ascoltare la canzone del tuo bicchiere anche se non c’è intesa con la mia, compiere il rituale prima del giorno e battere contro la tua nudità.
Cárcel de mujeres
Y tú me preguntas cómo es esto de venir a enseñar en las celdas. Yo te contesto de prisa, antes que el guardia me vea, pero sobre todo para que tú veas que lo más triste aquí no está en el egoísmo de la luz natural ni de la luz artificial. Tampoco en el disparo reumático de las regaderas, ni en los guantos de goma haciendo su redada en las vaginas, ni en el sarcasmo uniformado apuntando a las vaginas, ni en el gas pimienta entrando en las vaginas, ni en las monjas implorando para que no existan las vaginas.
Hasta la soledad estuvo antes de llegar aquí. La pobreza estuvo antes de llegar aquí. La pobreza estuvo con todos sus moretones. La pobreza estuvo con todos sus hijos, aunque aquí todo se reúne en un segundo insoportablemente lento. En un segundo los dueños del mundo arman su laboratorio, su fábrica de la pobreza, del porvenir de la pobreza, tan moderna y masificada que no necesita barrotes.
Y las compañeras no tienen acá cómo decirte, cómo avisarte, cómo explicarte que en lugar de conmiserarte con ellas entiendas que lo triste es cuánto se parece la cárcel a la escuela donde enseñas, o al enorme templo votivo donde se manipula y se manufactura el futuro: el cerco de púas crece frondoso en las grandes avenidas.
Acá ocurren otras cosas. Acá llegan los cuchillos, pero especialmente -si acaso es distinto- llegan funcionarios públicos a inaugurar bibliotecas con libros de autores que no trabajan en la cárcel, pero que en el fondo comen de la cárcel. Acá hay buenos libros; todos sin leer, igual que allá afuera, solo que ese afuera no está muy afuera y cadavez es menos grande.
Entonces enseñar acá es compartir un secreto hermoso que las compañeras hacen crecer en las vaginas para hacer estallar el mundo. Acá no hay gente mirando el techo. Los parientes toman distancia. La prensa toma fotografías. El fiscal toma pruebas. Las gendarmes toman represalias. El médico toma medidas para que las presas tomen calmantes. El perito toma muestras después de cada suicidio. La contraloría toma razón y tú todavía no tomas partido.
Carcere femminile
E tu mi chiedi com’è venire a insegnare nelle celle. Ti rispondo di corsa, prima che la guardia mi veda, ma soprattutto perché tu possa vedere che la cosa più triste qui non sta nell’egoismo della luce naturale né della luce artificiale. Né nel colpo reumatico degli annaffiatoi, né nei guanti di gomma che fanno le loro retate nelle vagine, né nel sarcasmo in uniforme indicando le vagine, né nello spray al peperoncino che entra nelle vagine, né nelle suore che implorano perché le vagine non esistano.
Anche la solitudine c’era prima di arrivare qui. La povertà c’era prima di arrivare qui. La povertà c’era con tutti i suoi lividi. La povertà c’era con tutti i suoi figli, anche se qui tutto si risolve in un secondo insopportabilmente lento. In un secondo i padroni del mondo assemblano il loro laboratorio, la loro fabbrica della povertà, del futuro della povertà, così moderno e massificato che non ha bisogno di sbarre.
E le compagne non hanno qui come dirti, come avvertirti, come spiegarti che invece di commiserarle tu capisca che la cosa triste è quanto è simile il carcere alla scuola dove insegni, o al grande tempio votivo dove si maneggia e si manifattura il futuro: il recinto spinato cresce rigoglioso nei grandi viali.
Qui succedono altre cose. Qui arrivano i coltelli, ma soprattutto -semmai è diverso- arrivano funzionari pubblici per inaugurare biblioteche con libri di autori che non lavorano in carcere, ma che alla fine mangiano del carcere. Qui ci sono buoni libri; tutti non letti, proprio come là fuori, solo che quel fuori non è molto fuori ed è sempre meno grande.
Quindi insegnare qui è condividere un bellissimo segreto che le compagne fanno crescere nelle loro vagine per far esplodere il mondo. Qui non c’è gente che guarda il soffitto. I parenti prendono distanza. La stampa prende foto. Il pubblico ministero prende le prove. I gendarmi si prendono vendette. Il medico prende provvedimenti perché le prigioniere prendano calmanti. L’esperto prende campioni dopo ogni suicidio. L’ufficio di controllo ne prende atto e tu continui a non prendere posizione.
Al doble arco del alba (inédito)
Cuando no estés aquí, vive desnuda allá y mírate a destajo… de mí sabrás en ti.
Por ser terco mendigo de la impía belleza el minuto más mísero me regaló la piel.
Oigo al viento tu nombre dicho en el pétreo eco. Roca aún en el Rímac, arena en el Pacífico; Majestad de lacónicas, troyana tras el rapto.
Me quedo con tu sal, mar del amanecer. Cada pliegue el repliegue de todas mis palabras. Qué veo, me preguntas. Un semblante de luna, un susurro de vuelta, una canción en ciernes.
No hay principio del mundo ni es secreto mi beso. ¡Cuánta certeza cabe en la naturaleza! Los brazos van seguros blandiendo un sacrilegio mientras se alzan tus senos y la brisa dibuja de nuevo las mejillas ancladas al cabello.
Que la palabra, en cambio, responda y se haga cargo de tanto titubeo. Que la palabra muera si no consigue ser, a través del espejo, tu arbolada sonrisa, tu silueta en la espuma, los cristales alados pestañeando al puerto: piernas que hiciste lecho incendiando el océano.
Roja forma del mundo acicalando sábanas, planetario sostén convertido en guirnalda. Jardinea en un sueño la alianza de los labios y tú me llevas rauda al doble arco del alba para que sea carne la amada oscuridad.
Despedaza el silencio de cualquier madrugada. El reloj solo alarma. Haz ya que con tu voz una ciudadanía despierte entre nosotros, y haya piel y repliegue, y espuma y mar y beso.
Que siga la palabra tan sorda como muda. Ella quiere vestirte y yo voy por tus pétalos.
Al doppio arco dell’alba (inedito)
Quando non sei qui, vivi nuda là e guardati a cottimo… di me saprai in te.
Per essere testardo mendicante di empia bellezza il minuto più miserabile mi ha regalato la pelle.
Sento nel vento il tuo nome detto nella pietrosa eco. Roccia ancora nel Rímac, sabbia nel Pacifico; Maestà di laconiche, troiana dopo il rapimento.
Rimango con il tuo sale, mare del sorgere del sole. Ogni piega il ripiegamento di tutte le mie parole. Cosa vedo, mi chiedi. Un volto della luna, un sussurro di ritorno, una canzone in divenire.
Non c’è inizio del mondo né è il mio bacio segreto. Quanta certezza c’è nella natura! Le braccia stanno con sicurezza brandendo un sacrilegio mentre i tuoi seni si alzano e la brezza disegna di nuovo le guance ancorate ai capelli.
Che la parola, invece, risponda e si faccia carico di tanta esitazione. Che la parola muoia se non riesce ad essere, attraverso lo specchio, il tuo boscoso sorriso, la tua silhouette nella schiuma, i cristalli alati che lampeggiano al porto: gambe che hai reso letto dando fuoco all’oceano.
Rossa forma del mondo agghindando lenzuola, supporto planetario trasformato in ghirlanda. Coltiva in sogno l’alleanza delle labbra e mi porti veloce al doppio arco dell’alba perché sia carne l’amata oscurità.
Si infrange il silenzio di qualunque alba. L’orologio allarma soltanto. Fa’ già che con la voce una cittadinanza si risvegli tra di noi e ci sia pelle e ripiegamento, e schiuma e mare e bacio.
Che la parola segua tanto sorda quanto muta. Lei vuole vestirti e io vengo per i tuoi petali.
Nella foto la Petra tou Romiou, conosciuta anche come Roccia di Afrodite. È un faraglione marino a Paphos, Cipro. Secondo la mitologia greca è il luogo dove nacque la dea della bellezza. Foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay.
Afrodite nacque donna adulta dalla spuma del mare (secondo Esiodo); crea profonda commozione in tutto ciò su cui si posano i suoi sensi, liberando così anche l’artista come un fiore in sboccio. È questa consapevolezza che si intuisce nella ricerca che accompagna la vita di David Hevia, come poeta, saggista e fotografo. La presente raccolta di poesie è un omaggio alla donna, desiderata e ammirata nella sua vastità; come vaso del mondo – contenitrice e insieme giardiniera grazie alla quale esso fiorisce. Tutto si specchia in lei, lei esprime e incarna ogni cosa. Dalla luna, al bosco, all’oceano, è come se acquisissero profondità attraverso il sorriso, la pelle di una donna. Come se, per parlare dell’universo, uno non potesse fare altro che cercare nella donna l’ampiezza per riuscire a farlo. O forse è viceversa. L’amore della canzone è antico, mitologico. Attinge a incertezze confortanti solo per il viaggiatore che riconosce la tessitrice resiliente, la conquistatrice per opposti, il gemito della sirena come l’oltraggio da risanare.
Biografia di David Hevia è poeta, giornalista, professore di filosofia e letteratura e direttore della Società degli Scrittori del Chile. Le sue pubblicazioni di poesia sono “Historia de la Desnudez” (2011), “Anoche el Día” (2015) e “La canción del amor” (2018), oltre a vari saggi e l’ultima pubblicazione è “La luna y las pléyades” (2021), la sua traduzione di Saffo.
RIVISTA clanDestino
RIVISTA clanDestino nasce come una sfida di giovani amanti della poesia a Forlì.
Nel 1988 nove ragazzi, tra cui Gianfranco Lauretano e Davide Rondoni, decidono di dar vita alla rivista, proseguendo con nuovo nome e taglio, il lungo lavoro per la poesia italiana che aveva fatto la casa editrice Forum di Forlì di G. Piccari, con la rivista “Quinta Generazione”.
Da quel momento in poi una serie di voci importanti hanno viaggiato con clanDestino; ma non solo grandi nomi, anche tanti poeti e scrittori hanno esordito e si sono incontrati con la rivista e ne hanno tratto spunti per la loro arte.
Fin dall’inizio clanDestino si è distinto per il suo essere in un certo modo, mai neutro né banale, ospitale e attento, vivace compagno di strada che cerca la vita nella vita.
Enrico Carli- Ginecocrazia. Il mondo è delle donne
Cartacanta Editore-Forlì
DESCRIZIONE
In un futuro non molto lontano, il Nuovo Matriarcato è salito al potere in Europa e negli Stati Uniti. Per la prima volta nella storia dell’umanità, le donne governano buona parte del mondo civilizzato. Il separatismo di genere è diventato una realtà: le nuove famiglie sono formate da due madri e l’inseminazione artificiale è l’unica maniera consentita per la fecondazione. Mentre i donatori destinati alla BDS (Banca del Seme) sono selezionati tra coloro che si sono distinti in qualche campo della conoscenza, gli uomini che spiccano per bellezza e vigoria sessuale vengono assegnati agli Eden park, paradisi artificiali in cui le ricche matriarche possono inscenare il peccato originale e divertirsi con gli Adam. Tutti gli altri sono sottoposti a evirazione nelle Cliniche Semivir. Nella società matriarcale gli uomini non hanno più diritto nemmeno a un nome, ciascuno diventa una matricola della funzione che svolge o viene fatto riferimento alla professione esercitata sotto il precedente dominio patriarcale. “Il filosofo” è assegnato come donatore alla BDS, dove la figlia, la dottoressa Bea Iurba è ricercatrice. Qui conoscerà l’ex pornoattore Rusty T, sovrintendente alle camere masturbatorie col soprannome Farinelli, un evirato che cerca di svolgere il proprio compito scrupolosamente
L’AUTORE
Enrico Carli è nato nel 1976 a Senigallia.Ha pubblicato il romanzo breve L’uomo in mare e il romanzo Tupilak o come si diventa sciamani (Ventura Edizioni, 2015 e 2020).Si è occupato di cinema sulla rivista culturale indipendente Argonline.it.Su Malgradolemosche.com è stato pubblicato il suo racconto Sovvertimento.
Copertina di Elena Miele
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.