Sonia TROCCHIANESI- Poesie pubblicate da DEA SABINA-Biblioteca DEA SABINA

 

 

Sonia TROCCHIANESI
Sonia TROCCHIANESI

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo-

N°88 OTTANTOTTO

Poesie pubblicate a cura di Franco Leggeri sul gruppo facebook DEA SABINA-

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Chi è Sonia Trocchianesi inizia a scrivere poesie fin da piccola e coltiverà questa grande passione durante tutta la sua vita.
Il rapporto con carta e penna è viscerale, la scrittura viene vissuta come cura di ogni male. Amore e sofferenza si contrappongono nei suoi scritti, i suoi versi trasudano a volte di emozioni fortissime. E qui è la sua Anima a mettersi a nudo ….

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Vanno a dormire

i colori

in silenzio

senza pretese

senza chiedersi

se siano dimorati nei cuori

almeno un giorno

almeno un’ora

almeno un attimo

La notte

intinge i pennelli nel nero

lasciando le stelle

sotto al cuscino

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Che poi niente va perso, niente.

Ogni gesto è un sasso nello stagno che, torna, amplificato.

E, l’orma di ognuno, resta.

Vicino, sopra, a fianco, dentro.

Nel bene e nel male.

E la mia, forse, resterà allo stesso modo.

Forse.

Come un granello di sabbia nell’immensità di questo deserto.

Io l’ho visto, il deserto.

Se hai lo sguardo pronto a ricevere, il deserto è bellissimo.

Sconfini tra le dune rosate come in una danza, come queste parole che imprimo nel vuoto di questa mia pagina.

Niente va perso.

Se sai vedere le briciole, una fetta di pane sarà il miracolo da farti bastare.

Sarà la cenere che sembra inutile ma che aiuta il nascere della nuova fiamma.

Niente va perso.

Trovarmi, spesso, qui ed ora, è il dono inaspettato di un’alba nuova.

Una nuova pagina.

Un nuovo verso a cui sto lavorando.

La vita è perfetta.

 

 

“Ti va di recitare una poesia in dialetto?”

Si, mi va!

Mi va mille volte.

Perché lì, i congiuntivi, non sono un cappio al collo,

perché non devo mettere in atto quel minimo che ricordo del corso di dizione, perché il mio intercalare da ignorante contadina diventa un più, un vezzo, un pregio, quasi.

Si, mi va!

Mi va mille volte.

Perché sono io senza ma e senza se.

Perché i miei limiti sono solo dei sorrisi che mi faccio, perché sono dei buchi neri che ho imparato ad amare.

Perché è andata così e ho capito che va bene.

Perché quel pezzo di carta che tanto ho rimpianto è stata la mia sfida per la vita.

Perché sò nata troppo presto.

Forse.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Nessuna stagione passa

senza lasciare orme

nessuna nuvola se ne va

senza avermi vestito di grigio

nessuna strada sassosa

so percorrere senza impolverarmi i piedi

Ho scelto il dolore

all’anestesia

le cicatrici sulle labbra

al sorriso plastico

la battaglia continua

alla resa

Vedi

essere viva

può essere un difetto

per chi guarda da lontano

immobile

 

 

C’è un tacito accordo nella Natura.

Tra il colore degli alberi, i campi, la strada, il sole che, sotto i nostri occhi stanchi e meravigliati, scompare.

Un accordo silenzioso.

Così tra noi.

Un accordo di rispetto, di mani che si aiutano, di occhi che sorridono, complici, sopra la mascherina.

Una firma di cuore.

Un “ci sono, tira su”

oppure “lascia, faccio io che pesa troppo per te”

Scoprire la gente.

Lasciarsi scoprire.

Grazie a tutti, grazie davvero.

nel nostro piccolo

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Giornata piovosa, oggi.

Ancora in pigiama ho scritto una poesia.

L’ho registrata, ascoltata, riascoltata.

*Più volte. *

Ho ascoltato i vari passaggi, il tono, le parole più dense.

I difetti.

*Gli errori. *

L’ho portata con me, fino a sera.

Vedi…

*non c’è balsamo più efficace, non c’è. *

Una poesia la partorisci, te la spalmi addosso, la respiri.

*E tutto il resto, tutto il resto che non funziona, passa in secondo piano. *

Anche solo un attimo

 

 

Mi chiedo perché mi viene in mente la tua storia.
Eppure non ti ho mai vista, né incontrata.

Ma quel che mi è stato raccontato non riesco a cancellarlo.

Troppo forte.

Usata e maltrattata psicologicamente, da uno pseudo amore.
Uno che ti amava a modo suo.
Molto a modo suo.
Indotta a fare cose assurde,
a sposare uno che non amavi, a rinnegare il tuo essere, per proteggere lui.

A cedere, a rinnegare te stessa.
Per finire sola.
Sola.
E ancora sola.

Non avevi un nome.
Eri il tuo lavoro.
Quello.

Ti chiamavi Speranza, l’ho saputo poi.

L’ennesima beffa del fato.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Me l’hanno detto ancora.
-Sei selvatica…-

Per me è un complimento.

La poesia, la scrittura in sé, deve essere selvatica.
Il divincolarmi per sfuggire alle regole, questo mio trattare di cose terrene e non, questo saliscendi vertiginoso, furioso, sfacciato, qualcuno mi ha detto.
Tutto questo è un rifiuto totale delle briglie, un cercarmi da sola, pezzo pezzo, costruirmi.
E ricostruirmi.

Selvatico è quell’animale che, anche se ha paura, va incontro dell’ostacolo.
Lo affronta, caparbio.

Sono selvatica.
Mi rifugio nella mia tana.
Ho fatto scorta di cibo e pensieri.

Lì, tra le righe, mi troverai arresa.
Ancora una volta…

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Ci sono viaggi che devi fare da solo.

Scendere negli anfratti più nascosti e innominabili, stare attento a dove metti i piedi.

Poi cercare nelle anse più pericolose, quelle chiuse a chiave, quelle dove la luce non arriva neanche a mezzogiorno.

Spostare la polvere, le scuse inutili e datate, i giocattoli mai usati.

Poi sedersi, con le ginocchia sporche di tempo perduto, con gli abiti logori da certi rimorsi e con le tasche piene di nebbia.

Ritrovare piccole scatole di rimpianti, di forse, di chissà.

Buttarli dalla finestra, senza pensarci.

Leccarsi le ferite, in quella sacra solitudine così umana.

Mentre un pensiero si fa strada:

“Ogni volta che sono triste, forse, sono in viaggio verso la felicità”

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
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E di questo tempo

e di questa pioggia lenta

e di questo disordine perfetto

faccio scorta

E di queste curve

e di questo azzurro mancante

e di queste parole intrecciate e chiare

mi cibo ad ogni pasto

non c’è stagione

che il tempo fermi

e riavvolga il nastro

Nessun caffè ristretto,

solo latte bollente

ad abbracciarmi tutta

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
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Mia mamma e mio figlio.

Io, muta.

E posso solo scrivere di voi.
Di quell’amore per la terra senza mezzi termini
di quello sporcarvi le mani con orgoglio
di quel sudore buttato senza lamentarvi mai.

Mi emoziono a guardarvi.

Io non sono come voi, no.
A me la fatica dei campi fa paura, lo ammetto.
Anche se l’ho provata.

Voi, preziosi.
Per me e non solo…

 

 

Avvalersi

della facoltà di non rispondere

quando la malinconia bussa

ha la chiave

in tasca

conosce la combinazione

entra

senza consenso alcuno

e sul mio giaciglio

s’addormenta

mi veste di nenie passate

mi scioglie i capelli

accarezzandoli piano

Si insinua dentro la penna

senza fare rumore

lei sa tutto di me

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
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Ci avete mai fatto caso alla bellezza del grano giovane?

La forza delle spighe,

di una primavera piena di promesse,

è commovente.

Eppure, io,

non ho ricordi della mia bellezza,

l’ho cercata poi,

cambiando gli occhi.

E il modo di scrutarmi

dentro uno specchio.

 

 

La capacità di un ragno,

la maestrìa con cui

disegna i suoi mandala,

ci dà lezione.

Niente è impossibile

se la tenacia vince,

se la bellezza è stampata

negli occhi,

anche di notte.

D’altronde, la rugiada,

da lontano,

è una lacrima d’amore.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
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È un Luglio che scotta

nelle vene

e manca il respiro

spesso

La vita è una cassaforte

di cui ho smarrito la combinazione

non ho eredità

da lasciare al mondo

solo qualche poesia

vestita di un drappo rosso

e sangue amaro

 

 

Vedi,

dici che ti piacciono i miei pensieri…

Non so, a volte, quando me lo sento dire, non so crederci.

È che cerco di usare fili delicati per ricamarli, per fare piccole cornici intorno a quelle parole che reputo scontate, avvalermi di aghi molto sottili per non fare troppo male quando tratto con le mani la malinconia.

Non sono una sarta.

Non ho la finezza che servirebbe.

Sono un’autodidatta, una che si è forgiata passando attraverso il fuoco, che si è bruciata di mancanze, che mette ancora unguenti lenitivi su certe cicatrici.

Senza guarirle.

Sono piena di pensieri.

Messi a decantare su otri vecchi e impolverati.

Antichi come è antico l’amore.

E sempre attuale.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
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Vedi

sembra che l’acqua faccia carezze alla roccia

la sfiora

ci si appoggia appena

un attimo

solo il tempo di bagnarla

un tempo minimo

prima di tornare al suo posto

nell’andirivieni che qualcuno ha stabilito

eppure

quelle carezze scaveranno solchi

scriveranno di inverni freddi

di primavere ad attendere gabbiani

di venti arrabbiati senza capirne il motivo

così

mentre ci si passa accanto

mentre ci si sfiora

mentre ci si guarda

ognuno di noi scrive pagine

sulla vita degli altri

tu sulla mia

io sulla tua

ed anche se la calligrafia sarà delicata e composta

scriverai su di me in modo indelebile

ed io su di te

Poi

però

lascerò una scia di punti interrogativi

sospesi nell’aria

quando ce n’è

Lasciali così

fungeranno da bastoni

per la mia vecchiaia

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

(A mio padre)

Dei biancospini

ti chiedo il nome

che non ricordi

E dei colori

accesi come solo primavera sa fare

non cogli sfumatura

Ed io

quasi ti invidio

a tratti

per la mancata percezione

dei ponti crollati

dove i tuoi passi

vanno senza timore

tra le macerie

Avrei bisogno io

ora

che mi prendessi tu

la mano

(A mio padre)

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
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Si fa sera.

A volte il silenzio è un imperativo senza scampo.

Lo invoco, lo cerco.

Annullo ogni cosa che accenna rumore, ascolto le ciglia che si sfiorano, le narici che buttano aria, le mani che stringono il giorno finito.

Il giorno finito.

Ne restano, sui polpastrelli, solo le ultime briciole.

Le ultime.

Mi lecco le dita, trattengo ogni minima particella, ogni attimo vissuto.

Il giorno che muore.

Non posso sprecarlo, niente devo sprecare.

Mi sorprendo a muovere le labbra.

Sale, da sola, una preghiera.

Muta a tratti.

Poi urla.

Urla.

Urla.

Sale su.

Oltre l’azzurro di cui ti parlavo…

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
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Prendo a morsi le stagioni

i giorni

gli attimi

ho bisogno di saziarmi di ciliegie

dopo ogni pasto

ma solo dall’albero

così

sotto gli occhi dei merli

invidiosi

(quelli non mancano mai,

non i merli,

gli invidiosi)

ho bisogno di saziarmi di inchiostro

di lettere

di virgole appena socchiuse

in piccoli spazi

ho bisogno di aprire parentesi

senza trovare il modo giusto per chiuderle

di mettere accenti

per farmi sentire di più

Lasciare che la vita accada

questo

non l’ho ancora imparato

lo so

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La terra mia.
Li campi, lo grà vattuto, la paja rrotolata.

Le stoppie, lu jemmete, lo callo e lu sudore.

Lo tribbulà de li contadì.
Quilli che è rmasti tali pure se fa natru lavoru.
Perché, contadì, lo si dentro, quanno non sopporti lo sprecà, quanno te rrizzi presto pure se non c’hai da fa có.
Pe non sprecà lu sòle.

Li contadì che d’è pieni de ignoranza ma che je vasta póco pe avé tutto.

Li contadì.
Comme me.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
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Cammino scalza.

Tentando, ma nemmeno poi tanto, di non tagliarmi i piedi.

Si trova sempre quel pezzo di vetro che qualcuno ha lasciato lì, sciaguratamente a terra, o quella conchiglia appuntita che sembra nascosta e poi te la ritrovi conficcata nella carne.

Capita a tutti, credo.

Ma ad una che scrive, forse, capita di più.

È una sorta di masochismo a cercare ciò che taglia, a non voler evitare niente di ciò che fa male, ad essere contraria alle anestesie, ai paraocchi, alle convenzioni.

Il coraggio si mischia alla sfida.

La paura si veste di sole trasparenze, di organza, di seta preziosa.

E si mostra, tutta, mentre i piedi vanno a tentoni.

Le cicatrici, autografate dalla vita, sono tante.

Ma di spazio, per nuovi tagli, ne ho ancora.

Il sangue sa d’inchiostro.

E questo scrivere fisiologico è l’unico cerotto che ho.

L’unico.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
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Forse, Gesù

Forse, Gesù, nascerà dentro la stanchezza di questi giorni, dentro l’ansia per il timore di non aver sufficiente memoria sul lavoro, dentro i sorrisi per molti e dentro l’irritazione trattenuta a stento per qualcuno.

Forse nascerà dentro i carboidrati distribuiti a una provincia intera, alle centinaia di pacchetti fatti, in mezzo ai fiocchi rossi messi a goccia sui regali.

Forse nascerà qui, tra le mie mani stanche e non curate, sulle occhiaie color caffè, sotto il mio cappello bianco da lavoro.

Nascerà nei miei auguri, fatti a pochissimi, e senza frasi fatte, in quelle due parole, a volte una, ma dette col cuore.

Nascerà.
Si, nascerà…
 

E muoio sempre un po’

anche stasera

nel giorno mesto

che taglia i minuti finali

li tiene per sé

li sfuma piano piano

e li promette a un’altra primavera

Mi abbraccia forte

mi cinge la vita

e i fianchi arrotondati dal tempo

la malinconia

mi invita a ballare

un lento

e coi piedi pesanti

calpesta i miei

stanchi

mentre i grilli

sembrano far festa

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Le foglie del ciliegio

stanno tremando

hanno diradato i respiri

per non sprecare le forze

Sono stanca anche io

di questo inverno

mentre mi fingo corteccia

dove non passa gelo

 

 

 

Ascolta

la senti la paura

che provo

quando giro l’angolo dei miei pensieri?

Capita che lascio il coraggio lì appeso

insieme ai vestiti logori

di certi giorni senza fine

ed esco nuda

con le mani ad elemosinare

spiccioli di domani

Sotto i piedi

i lucidi sampietrini

raccontano

sanno tante cose

sanno di me

sanno che piango

a volte

ma senza lacrime

 

 

Pochi hanno la fortuna di conoscere il vero olio.
L’olio di casa, spremuto a freddo, come una volta.

È faticossissimo ottenere un litro di oro verde, c’è un lavoro certosino lunghissimo, dietro.
Di monitoraggio, per capire quando i parassiti arrivano.
E prevenire dove si può.

Perché anche il contadino può sbagliare il periodo del trattamento, ed è solo veleno inutile per i frutti.

Ci vuole attenzione, passione, dedizione.

Mio figlio Luca ha superato il nonno, in questo.

Monitorare minuziosamente per un risultato più sano e naturale possibile.

Oro verde.
Prezioso.
Anche quest’anno.

 

 

Ore 20.

Stendo i panni appena lavati, in balcone.
L’aria di una mitezza rara, piacevole, dolce, si lascia respirare tutta.

Sulla provinciale nemmeno un’auto, niente, calma assoluta.
Sulla strada secondaria, stessa cosa.

C’è un silenzio beato, stasera.
Una pace dovuta, alla natura.

Il ciliegio, muto, è a riposo, dopo la lunga giornata d’amore con le api.

In fondo, tutto è meraviglioso.

Cosa ci manca, allora, per essere felici?

 

 

Passerò dal camino

tra la fuliggine che farà nere

le mie parole

e la tenacia delle streghe

che non temono il rogo

Avrò il peso sulla schiena

delle battaglie quotidiane

dei respiri corti

delle sottrazioni che ho subito

mi riconoscerai

dal naso lungo e i modi bruschi

e dalla testardaggine che non nascondo

Avrò in dono solo due mani

fredde

 

 

Vedi,

della neve ho poco o niente.

Non sono così leggera, da tenermi anche sul ramo più piccolo, come niente fosse;

non ho il suo innato equilibrio da stare in alto senza vacillare, senza sforzo alcuno, con totale naturalezza;

non ho la sua grazia di ballerina prima di fermarsi, io non ce l’ho davvero.

E del suo candore, che dire?

Non lo conosco.

Ho pensieri color carbone e, dopo essere stata fuoco,

di quelli difficili da domare,

incompresa,

resto cenere.

 

 

Le contraddizioni ci offuscano la strada da seguire.

Le chiese aperte e i teatri chiusi;

i viaggi all’estero e il divieto di sconfinare tra comuni;

la mascherina all’aria aperta e il naso fuori al chiuso;

i parrucchieri chiusi anche se rispettano le regole.

Le leggi vanno rispettate.

Ma non sempre ci rispettano.

Serve il sole.

In questo buio pesto.

 

 

I fiori sbocciano tra le pagine, come stelle nelle notti buie.

Non è sempre facile vederle, le stelle, non lo è affatto.

Come non è facile spogliarsi dentro un libro, spogliarsi tutta.

Senza tabù, togliendo il superfluo che appesantisce l’anima, scegliendo di assomigliare all’aria del mattino, quella ancora non contaminata.

Che strane le persone che scrivono!

Che strane a raccontarsi a chi, di loro, non interessa niente.

Sono piena di fiori e di stelle.

E di parole lievitate come il pane.

Cotte qui, nel cuore mio.

 

La seduzione dall’autunno

Dovremmo imparare l’arte della seduzione dall’autunno.

Fa spogliare gli alberi lentamente, foglia foglia, ne scopre le curve strette, le parti in eccesso, il corpo nodoso e i segni del tempo.

Lo fa con garbo, vestendoli prima di giallo, di un tessuto sempre più leggero, trasparente, minimal, per far sì che nessuno sia a disagio a mostrarsi.

Nessun corpo e nessun albero è perfetto ma, ognuno, può custodire una propria bellezza, una sua particolare dote d’attrazione.

Mostrare i rami, scarni e doloranti ad occhi clementi e meravigliati, questa la lezione da imparare.

I tabù sono foglie.
In attesa di cadere.
..

 

 

Ecco,
mi trovi in forma, dici.

Beh, rispondo che sono felice di dare questa impressione.
Ma se solo ti facessi un giro tra le mie parole, uno solo, tra gli spazi troveresti il mio respiro mancante.
E, dopo le virgole, quelle pause di paura e incertezza.

Troveresti i punti interrogativi appesi al buio e, le stelle, nascoste dietro i cespugli di perché.

Ma sono viva.

E, per rispettare il mio essere selvatico, assorbo tutto.

Tutta la tempesta.
E tutto l’azzurro.

Ho 55 anni, oggi.
55 nei che raccontano le volte in cui mi sono fermata.
55 rughe dove sono scritti i miei giorni neri.

Ma anche 55 ripartenze, 55 slanci al giorno per festeggiare l’aria che respiro, 55 parole per prostrarmi davanti a una nuova alba.

E 55 baci alla vita.
La vita tutta.

La mia.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Eccomi.
Sono un mare di colori, ora che di tempo ne è passato…
Un po’ più triste, a volte, ma colorata, quello si.

Ricordi quel dì di Primavera, quando avevo quel foulard color prato, che tanto ti piaceva?
Ora indosso quello color ocra, come tutte le foglie che giacciono a terra, finite.

Ho il viso sbiadito e, di rossetto, lo sai, non he faccio uso.
Ho paura di sporcarmi quando parlo, perché sono sempre concitata, quando parlo, io.

Però ho le mani rosse, color melograno, perché mi piace abbracciarle, le persone, prenderle per mano.
E mi si scaldano.
E diventano rosse.

E ho un cesto di parole da dirti, nascoste tra i grappoli d’uva e tra le castagne di cui sono ghiotta.

Mi perderò nel bosco, prima o poi, mi perderò.
Nelle favole bisogna perdersi per trovarsi.
Sempre!

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Ha un peso, il cuore?

Sì, se dentro ci fai entrare tutto.

Tutto,

anche ciò che meriterebbe stare fuori,

al freddo.

Tutto.

La stanchezza,

la malinconia,

i gesti sbagliati

e i pensieri che non dovrebbero essere pensati.

Le delusioni,

le aspettative da non aspettare.

Il mare che ho dentro,

in tempesta.

La paura del buio.

Ho un paio di ali,

sdrucite.

Con le piume mancanti e l’apertura,

sempre più stretta.

Plano sui giorni, spaiati.

E sui sogni, scordati.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Mille attimi di eternità

Anche se il silenzio contiene mille stati d’animo, mille sensazioni, mille attimi di eternità…
ho sempre preferito le parole.

E le parole scritte, nello specifico.

Ci si può soffermare su ognuna di esse, respirare l’odore delle pause, degli spazi vuoti, dell’andare a capo con la stessa forza di una cascata tra le braccia di due montagne.

Vedi,
le parole sono gocce di sangue, spine di una rosa costretta a difendersi per proteggere i delicati petali, respiri nati nella parte più interna del cuore.

E sono anche proiettili, a volte, sparati con la speranza di oltrepassare il torpore, la rassegnazione, la delusione.

Ecco, davanti al silenzio mi inginocchio, a pregare, però, quel dio che sparge petali di versi, a firmare pensieri vergini, nuovi, pieni di vita.

In fondo cos’è la poesia, se non un delirio dal fascino indiscusso?

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Chissà se arriverai

 

Chissà se arriverai

immacolata come una sposa

come una poesia leggera

che si posa

sul cuscino

dove appoggerò le ciglia

indosserai fiocchi

tra i capelli

mentre i miei

ribelli

slegherò

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

La mia Fermo

Gira e rigira per trovare un parcheggio: niente.
La mia Fermo presa d’assalto, finalmente!

La fiera di Natale, i negozi aperti, la temperatura accettabile.

Una bella camminata poi al capolinea.

Manca il fiato, tanta è la bellezza.
Manca davvero.

La piazza, questo lussuoso salotto, strapieno di meraviglie.
E di gente.

Ammiro l’albero.
Calcinaro si è superato.
Come sempre.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

È notte, finarmente!

È notte, finarmente!

Sò fatto la pannella
la pizza
lo pà
pe passà tempu

pe divagamme

Ma lu tèmpu non passa
non passa mai

Tra póco vedo un filme

e po?

Tutte ‘ste notte sframicate
non saccio più do mettele

le stelle a se d’è smorte tutte,
la luna…

La luna
a no la vedo più…

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
olio vergine di oliva

 

In dialetto ce parla li contadì. Comme me.

Sò ricevuto vari messaggi de cumblimenti perché scrio in dialetto.
Perché non me vergògno a scrie cuscì.

È che, a d’è più facile,
non me sbajio co li congiuntivi, non devo mmattimme a troà parole strane, senzuali, dilicate.

In dialetto lu penzieru è già perfèttu, non gne manca co’.

In dialetto lu dolore a d’è dolore, la contentezza a d’è essa, pricisa, senza sinonimi pe fa finta che sò studiato.

Io non sò studiato.

Io so jita a parà le pecore quanno l’amiche mie java in piazza.
E in fabbrica quanno loro cuminciava le superiori.

Io parlavo in dialetto, jo li campi.
E in fabbrica.
Ce parlo ancora.

In dialetto ce parla li contadì.
Comme me.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Unico, impalpabile, inafferrabile.

Non si può pensare di sbocciare per un tempo indeterminato.
Tutto è così fugace, così rapido e scivoloso.

E ci si accorge di ciò solo mentre i petali cominciano a cedere.

Niente si trattiene, niente.

Però, quell’attimo resta per sempre, non si cancella.

Unico, impalpabile, inafferrabile.

Sono io quei petali che tremano, che sanno che, a breve, il vestito rosso…
scolorirà.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

E allora? Io ho già deciso.

Tirare dritto all’obiettivo può far incorrere in una serie di problematiche durante il tragitto.

A non essere accomodanti si rischia di restare soli.

E allora?

Niente, occorre solo capire se la destinazione merita il viaggio.

E se si ha voglia di rischiare.

Io ho già deciso.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

In un campo di papaveri

 

Ho bisogno di un bagno in un campo di papaveri

farne ghirlande
intrecciarle tra i capelli

vestirmi di rosso
di papaveri rossi
e niente altro

ubriacarmi di vento

e di un alfabeto che
solo io e te
conosciamo..
.

 

 

Sento le membra vacillare ad ogni alito di vento.

Sono di quei colori che il bosco dona a Novembre, i miei pensieri.

Caldi e poi subito freddi, deboli, impauriti.

Cadranno, lo so, cadranno.

In fondo, delle foglie, non importa niente a nessuno: cadono, muoiono, senza che nessuno ne abbia pena.

Sembra ovvio, scontato.

Le senti sotto i piedi, con quello scricchiolio che sa di fine, di mancanza di domani, di “forse saremo utili al terreno”.

Non so se sarò utile al terreno io, non credo.

Non si curerà nessuno del mio cadere ed essere morta.

Non resterà niente di me, niente che possa ricordare lontanamente il mio passaggio.

Sono Autunno, le mie parole.

Sono Autunno lento.

E inesorabile.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Febbraio,te lo ricordi ancora?

Febbraio,
quasi non ti riconosco.

Non riesci più a farmi ridere,
del tuo Carnevale non porto ricordo.
I carri carichi di paure sfilano nella mente, in bianco e nero.
Manca Arlecchino, mancano i colori.
Manca lo zucchero filato sulla punta delle dita,
mancano le risa giovani,
mancano i coriandoli dentro la maglietta,
incollati da un sudore di cose in divenire…

Resta l’odore del mare sulle labbra, di un anno fa.

Te lo ricordi ancora?

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

LA MERLA

La merla solitaria zitta zitta
rvistita co’ un mantèllu sculuritu
a fà du’ passi e se ne pprufitta
zumpetta vassa senza lu maritu

-Quist’anno stranamente sento callo-
a se lamènta mentre se llontana
-de ‘sti tramonti fatti de corallo
io staco mejio co’ la tramontana-

-E se cuscì continua la mmasciata
allora vojio fà comme me pare
a faccio comme una che conoscio
bbandono tutto e po… vaco a lu mare!-

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Se ci sarà un’altra vita

Se ci sarà un’altra vita

un’altra possibilità

un’altra forma da assumere

quando il tramonto incontrerà la notte

quando le dita

rattrappite

non stringeranno più la penna

quando

voltandomi

vedrò il grano diventato paglia

se ci sarà un’altra possibilità

dicevo

Dio degli abissi e delle risalite

concedimi di rinascere ninfea

leggera

a pelo d’acqua

in superficie

senza zavorre-

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Hai visto gli ulivi?

 

Hai visto gli ulivi?
Hanno miriadi di piccolissimi fiori.
I rami sono tempestati da quelli che, poi, diverranno preziosi frutti da spremere.

La storia si ripete eppure, pur sembrando identica agli altri anni, ogni volta è nuova e diversa.

E diverso sarà l’olio.

Niente, domani, sarà come ieri.
Niente.

Ciò che si era va custodito, riposto nell’angolo del comodino, gelosamente protetto.

Ma è del domani che dobbiamo parlare.

Gli ulivi hanno dimenticato il raccolto passato.

Aspettano nuove mani.

Se da sempre è così, un motivo ci sarà…

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Che luna, stasera!

 

Che luna, stasera!

Io e te non abbiamo mai

festeggiato granché

tu eri schivo

a tutto ciò che di confezionato

il mondo proponeva

in questo

nel tempo

ti assomiglio sempre più

Che luna, stasera!

Babbo, la tua festa

non l’hai mai calcolata

calcolavi il sudore

spesso obbligato

Che luna…

a lei ti affidavi

come i saggi contadini fanno

a lei

a nessun altro

tanto eri orgoglioso

dei tuoi campi

Ora

in questa tua ultima fase

dove io ti imbocco

la torta di mele

inzuppata di latte

ora

la luna

sembra averti scordato

D’altra parte

volge lo sguardo

noncurante

 

Un paltò di neve

E tu pensi che un paltò di neve

possa bastare a coprirmi la pelle?

No, non basta.

Ciò che ho dentro è ibernato e perpetuo

in segrete stanze

chiuso

e fuori

dal mondo gelido

prendo le distanze.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Così sia.

Signore,

accogli le nostre croci.

Quelle in bella vista, che il mondo vede e commisera,

ma ancor di più quelle nascoste, quelle indicibili, quelle tenute nelle stanze più buie in attesa di speranza.

Ecco, donaci il pane del domani,

il pane come prima necessità dell’anima.

Non lasciarci attrarre dalle frivolezze ma dall’essenziale del quale abbiamo perso traccia.

Passaci attraverso.

Tagliaci dentro.

Facci uscire il sangue della vita: quella vissuta con l’accettazione di ciò che non si può cambiare e con la tenacia inesauribile per ciò che merita una svolta.

Armaci di coraggio, quello di mostrarci veri e fragili, in questo mondo che ci obbliga a mostrarci perfetti e forti.

Così sia.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Di fiori in bianco e nero

Di fiori in bianco e nero

di luce flebile

di quelle poche parole che passano oltre i lupi

che tentano di sbranare la preda

di labbra tagliate dall’inverno

e screpolate dai morsi

dell’impotenza

di solitudini scelte

ed altre pagate care

di ieri a cui non credere più

di domani di cui diffidare

e di cuori chiusi fuori dall’uscio

di tutto questo

si nutre una pagina vergine

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Profuma di Maggio

Profuma di Maggio, l’aria.

Di rose.
E ali di rondine sulla mia schiena.

E la mente torna a quella ragazzina, acerba ancora, che vestiva un profumo di ginestra per sognare due occhi.

Specie protetta, l’ho capito poi.

La ginestra.

E i sogni di lei.

 

 

Notte

 

Ci verrai a trovare prima, stasera.
Tra i rami nudi e sensuali degli alberi ai bordi della strada, tra l’erba umida della scarpata incolta, tra le luci delle finestre accese anzitempo.

Notte.
Un po’ ti temo, devo ammetterlo.
Sei troppo lunga e troppo silenziosa.
Troppo nera.

Ho impastato una torta per esorcizzare il timore che mi incuti.
Ho profumato la casa di burro, marmellata, mele cotte.

Non ho dosato gli ingredienti, non lo faccio mai.
Li metto a caso, così, a intuito, come faccio quando scrivo.

Comincio a battere le lettere (o le uova) e non so mai se parlerò d’amore o di matematica.

Poi inforno.
Ho un forno a forma di cuore.
Sforno cose che nemmeno io conosco.
Le assaggio…

Non sono una grande cuoca né una grande scrittrice.

Ma qui profuma di buono.

Notte, non ti temo!

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Nascita di un poeta..

A chi, tra due colori, ne vede mille altri
a chi si turba per una foglia a terra

a chi si accorge della nascita di un poeta..

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

Giornate azzurre

Le giornate azzurre fuori e la paura dentro.

I contagiati vicino casa e una preghiera di supplica al cielo.

C’è un silenzio terribile!

E tanta tristezza per la durata senza tempo di questa pausa di vita.

E questa foto di un anno fa, a ricordarmi un panorama totalmente stravolto.

Mi manca il mio mare dalla finestra.
Mi manca vederlo da lontano…

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Come ironizzare su una tragedia: copri-sterzo abbandonato.

A me non me nteressa

la jiornata dell’ambiente

chi la festeggia ojji

non ha capito gnènte

la festa se cumincia

da lu primu de Jennà

e non deve avé fine

manco dopo de Natà

l’ambiente se n’è ccòrtu

de èsse trascuratu

che ce ne frechemo tutti

anche se è tanto nominatu

Io intanto me preparo

co la sappa e co la vanga

se me mòro in ‘che scarpata

me potete anche fa santa

(O intitolarmi una scarpata)

 

 

Il ciliegio si è vestito di oro.

Prima di abbandonare i rami, le foglie, hanno voluto sfoggiare il loro abito più festoso.

Il vento di ieri, benché di una certa intensità, ne ha staccate poche.

Molte resistono, l’attaccamento alla vita è sempre forte.

Ecco, vedi…

è quando pensi che sei alla fine, è lì che serve l’ultimo sforzo.

Quando vorresti cedere al vento, alle intemperie, e invece senti dentro le foglie danzare, senza cadere, a darti forza.

Sono foglia, temo il vento della vita.

Sono foglia, vestita d’oro per l’ultima danza.

A ballare tra i rami, nella stagione più fredda.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Adesso

Non ho voglia di parlare.

Non ho voglia di spiegare, di parlare del vuoto, del nulla.

Ci si potrebbe sempre infilare nei miei assoli, tra le righe, tra punti e virgole, comunque.

E buongiorno, e buon pranzo, e c’è il sole oggi e meno male…

Sono vuote le parole, vuote di senso, vuote di percezioni.

Siediti.
Siediti sui miei fiumi.
Quei rivoli che sono un filo d’acqua ma che poi diventano dighe senza controllo.

Le dighe, fatte per contenere, non sempre fanno il loro dovere.

Siediti.

Ma ora basta.
Non ho più voglia di parlare.
Non più…

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Gli orli sdruciti

e i bottoni attaccati alle ferite

trasformate in feritoie

per coprire il vuoto

stretto da darmi affanno

in certe nebbie oltre la collina

dei rimpianti

o largo fino a caderci

in quelle notti bucate di stelle

in cui mi sento piccola

e scompaio piano

ci vuole tempo per capire

che chi non dà non ha

e chi non ha

ha bisogno

di elemosina nel cappello

e di carezze

Perfetto, il sarto del tempo

che lascia qualche spillo

non a caso

in ogni abito

del suo atelier

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo-Foto di Franco Leggeri

 

 

Sfoglio i giorni e le stagioni.

La mimosa, la ginestra, i papaveri, i girasoli.

L’odore dei sogni, delle speranze, delle certezze sperimentate, delle delusioni cocenti.

Sfoglio il dolore.

Sfoglio le cicatrici

e gli oli con cui ho tentato

di lenirle.

Sfoglio le pagine

ora bianche

ora imbrattate di pensieri.

Pensieri come fiamme

che bruciano l’inverno.

E le stagioni

e i giorni

che sfoglio.

, sindaco di Belmonte

 

 

Sono una che scrive

 

È quel sottile confine d’azzurro che faccio fatica a delineare.

Dove l’acqua e il cielo si fondono, senza paura.

Il confine.

Tra l’essere e l’apparire.

Tra il pensiero intimo e lo scritto.

Tra il concreto e il sogno.

Tra la massa e l’io.

Tra l’immunità di gregge e la mia.

No, io non sarò mai immune.

Da niente.

Sono una troppo fragile.

Sono una che scrive.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Mi sto chiedendo se abbia sapore la Poesia.

Odore si, ne ha, evoca aromi dolcissimi, tra le righe.

Ma, sapore?

La mia si, sa di figlia di contadini, di colline coltivate a foraggio, dove pascolavano le pecore dalle quali, mia madre, mungeva il latte per fare il formaggio.

Sa di mani prive di crema all’orchidea ma che odorano di carne per riempire le olive.

E di pane, quello buono, usato per impanarle.

Sa di versi che sbocciano in bocca, mentre, alla cassa, sommo la spesa.

Sa di frutta matura, di zucchero tra le dita, mentre invaso la marmellata fumante.

Di pesche in vetro, di spicchi di sole custoditi per l’Inverno.

Sa di mare, del mio amatissimo mare, e del sale che lo fa tanto simile alle mie lacrime.

Sa di lievito, quello madre, che partorisce inni alla vita.

E che si moltiplica nella gioia.

Lontana da scrivanie di legno intarsiato, viva di fogli sparsi in ogni dove.

Ecco, io non so neanche se sono degna di chiamarla Poesia, la mia.

Ma questo è il suo sapore.

Dolce/amaro.

Come me

 

 

 

Grembiulino, fiocco e zainetto.
Torno a scuola!

Faccio il terzo anno, quest’anno.
Ripetente, direte.

Si, ho ripetuto.
Ho ripetuto tutta la vita che ho un buco, una voragine, un vuoto incolmabile.
Niente e nessuno ha sostituito o riempito i miei anni di scuola mancati.
Niente.
E nessuno.

Poi, in una serata di Asino chi non legge, ascolto lui, Umberto Piersanti, mi piace.

Tempo dopo vengo a sapere della sua scuola.
Sono ignorante come una capra ma testarda come in mulo.
Ci provo, mi iscrivo, mi scapicollo per andarci, frequento, imparo.
Imparo, imparo, imparo…

Ma non sufficientemente.
Devo andare ancora.
Ancora, ancora, ancora…

Domenica rivedrò i miei compagni di classe.
Faremo anche la ricreazione.

Praticamente, sono già lì.

 

un campo arato

 

Regalami un campo arato
ci seminerò parole vergini

Se nasceranno
chiamale col mio nome
portale al mulino
fanne pane

Quando avrai fame
cibati di me

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Sto imparando a leggere il silenzio.

A percepirne le sfumature, i toni alti e bassi del dolore, il fiato che manca e le mani fredde.

Perché il silenzio è un mare di roba: è Inverno, è solitudine, è un albero privo di foglie, una porta chiusa, un caffè senza zucchero.

È avere paura.

Lo sto leggendo, lentamente, per non perdere nemmeno una parola.

Perché, in fondo, lo amo il tuo silenzio.

Ma io sono altro.
Sono il chiasso, lo schiamazzo, il tuono rumoroso.

Di quel silenzio a cui appartieni, io, sono solo l’urlo…

 

 

A pugni stretti

 

A pugni stretti

col domani a sottrarre

carezze

sorrisi

gesti consueti

ed ora impossibili

Tu

che la fatica hai divorato

costruendo certezze

e terreni

da lasciarci

tu

che non distingui più

il remoto dall’oggi

convivendo con fantasmi e suoni

ora scomparsi

Vedi

posso solo giocare

con te

col bambino nato

dai neuroni che muoiono

piano

senza fare rumore

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

ARSA

Mi sorprendi arsa

come certi giorni di Luglio

Disidratata

come sabbia scolpita dal Ghibli

sola

debole come non immagini

forte come non saprai mai

A bruciarmi i piedi

sulla sabbia rovente

scalza

per sentire ogni granello

di cui sono fatta

ARSA Sonia Trocchianesi

OMAGGIO AL MESE DI LUGLIO

 

Il mio sale

Era presto e, il mio presto, significa prima del sole.
La sabbia era priva di orme, le mie erano le prime.

Ho pensato che era bellissimo come la notte portasse via ogni traccia del giorno precedente e che, a volte, mi sarebbe piaciuto fare così.
Cancellare tutto.
E ricominciare.

Pagina pulita, bella calligrafia.
Errori da evitare, scelte da azzeccare, risposte precise da dare.

Invece, solo il mare ha questa facoltà.
Il mare si rinnova ad ogni onda, ad ogni alito di vento.
Si inventa, ogni attimo.

Un giorno mi ha fatto una promessa.
Avrebbe nascosto tutte le mie lacrime.

Il mio sale, in fondo, è come il suo…

scritta il 4 novembre 2019-ore 22:44-

 

  •  

Me faccio cucciòla

 

Me faccio cucciòla.

Me bbusco dentro de me, me rritiro, quasci ce rinuncio.

Divento muta, invisibbile, comme se non ce staco.

Perché là fòri, spesso, non gne sse fà a stacce, non gne sse fà.

Che vorrà succède, chi se ne ccorghierìa?

Penso nisciù, nisciuna proprio.

Ma se dovèsse sboccià ancora un fiore, forse me rreffaccerìo.

Forse.

Ne rparlemo più in là.

A primavera.

 

VEDI

 

Vedi,
ho avuto anche io paura di fiorire.

Ho avuto paura dell’aria gelida del mattino
e di quella tetra della sera che entra nelle ossa e che rende fragili come vetri sottili sottili.

Allora son rimasta gemma, a volte
son rimasta embrione, pensiero,
azione mai accesa.

E le parole sono rimaste inchiostro,
desideri nudi con la paura del buio.

Nudi.
Sotto una coltre di stracci.

 

 

Non saccio se je la poi fa,

 

Non saccio se je la poi fa,

a nasce,

ce semo barricati in ogni mòdu,

no, non è pe lu virusse,

quella è la scusa,

e tène pure,

perché la sapemo raccontà cuscì bè,

che ce credemo tutti.

Semo nchiavato lu còre

e semo vuttato via la chiae,

mejio a mette un muru,

a non fasse domande,

a non cercà risposte.

Semo legato le ma’,

mejio non toccacce

unu co natru,

mejio a facce l’auguri a sopra

comme è stato sempre fatto:

“Comme stai, tutto vè?”

“Se tira avanti”

e via lu prossimu

cuscì…

Semo leato lu sorrisu,

perché ammó,

finarmente,

la vocca non se vede,

a sta bbuscata.

Non jela poi fa, a nasce!

E comme fai?

Non se po’ scavargà,

lu cunfì,

tra l’amore che pórti

e l’ipocrisia che ce tè ritti.

 

Piccolo ciclamino-

 

Il piccolo ciclamino ha vissuto un sacco di inverni.
Lui, col freddo, sta bene.

Riesce a mettere foglie nuove, verdi, forti.
E fiorire.

Ha imparato che, quando fuori non è l’ambiente che vorrebbe, fare finta di morire sia l’unica soluzione.
Morire.
Ritirarsi, mettere la testa sottoterra, non respirare.
Non soffrire.
Non inutilmente.

Aspettare il momento giusto,
saperlo fare, in silenzio.

Prima o poi arriverà l’ora in cui tutto sarà.
Tutto.
E la mortificazione estiva apparirà come un ricordo lontano.

Il ciclamino ha da insegnare molto.

Sto prendendo appunti…

 

 

 

Ecco, vedi

mi inviti a non mollare, a non darla vinta a chi tenta di ostruire un sogno, ad essere più forte delle barriere, ad insistere, ad essere me stessa.

Vedi…

tu non sai quanto io sia caparbia, quanto io sappia essere determinata, e quanta ribellione contengono le mie idee.

Però sono stanca, stanca di far finta di essere nel torto, stanca di chinare il capo.

Stanca di mani chiuse, stanca di voci dubbie.

In certi labirinti, si rischia solo di perdersi.

Resto fuori, con la delusione da gestire.

I papaveri, sbocceranno lo stesso.

Più rossi che mai!

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

All’alba sarò pronta.

All’alba sarò pronta.

Presto, prestissimo.

Prima che il rumore copra il canto degli uccelli, prima che il sole scaldi la fronte, prima…

Prima.

Prenderò una strada secondaria, quella con vista mare.

Lascerò spaziare i pensieri trattenuti dietro i vetri, scioglierò le ginocchia semi bloccate dalla quarantena.

Camminerò finché avrò fiato.

Domani.

 

La senti com’è fresca, l’aria?

La senti com’è fresca, l’aria?

Mi ricorda quando, ragazzina, la respiravo tutta, col naso, a bocca chiusa.

E, camminavo, senza ancora sapere dove volessi andare.

Perché, mi avevano detto che, non era importante cosa volessi fare ma, era importante fare ciò che si doveva.

Io mi nascondevo sotto le lenzuola, la sera, che sapevano di fieno o di paglia, a seconda delle stagioni.

Lì, nascosta, parlavo sola.

Mi ripetevo i desideri a voce alta, i sogni, le cose che avrei voluto fare.

Credevo che, se lo avessi detto a voce alta, qualcuno mi avrebbe sentita, esaudita.

Lo faccio ancora, quando vado a camminare.

C’è un piccolo tunnel che attraverso solitamente, lì mi escono i pensieri a voce alta; in quei venti passi mi ritrovo, torno indietro, volo via…

E, i pensieri rimangono lì, sotto il tunnel, adagiati nell’aria fresca…

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

La senti com’è fresca, l’aria?
Mi ricorda quando, ragazzina, la respiravo tutta, col naso, a bocca chiusa.
E, camminavo, senza ancora sapere dove volessi andare.
Perché, mi avevano detto che, non era importante cosa volessi fare ma, era importante fare ciò che si doveva.

Io mi nascondevo sotto le lenzuola, la sera, che sapevano di fieno o di paglia, a seconda delle stagioni.
Lì, nascosta, parlavo sola.
Mi ripetevo i desideri a voce alta, i sogni, le cose che avrei voluto fare.
Credevo che, se lo avessi detto a voce alta, qualcuno mi avrebbe sentita, esaudita.

Lo faccio ancora, quando vado a camminare.
C’è un piccolo tunnel che attraverso solitamente, lì mi escono i pensieri a voce alta; in quei venti passi mi ritrovo, torno indietro, volo via…

E, i pensieri rimangono lì, sotto il tunnel, adagiati nell’aria fresca…

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Vedi,

è arrivato settembre,

di già.

Un nuovo ciuffo di capelli sbiaditi,

un sorriso mancato,

una carezza stanca,

la sera.

Ho provato a seminare il coraggio,

nascondendo la paura

nella tasca di dentro;

non so se ce l’ho fatta,

non lo so.

Ho messo in moto le mani.

Le mani sono il fulcro

di ogni cosa.

Le mani sanno piangere,

accarezzare,

lottare.

Sanno fare l’amore.

Sanno stringere il tempo passato,

ricamando il domani

su finestre di vento.

Ho esorcizzato il dolore,

con le mani.

Ho cucito ferite di carne

e poesia.

Ci ho aperto la via,

nuova,

con le mani.

Ho invitato sui fiori

le api,

a impollinare la notte,

di stelle cadute

per me.

 

 

Le sensazioni sono immagini scritte sulla pelle.

E la pelle che invecchia è un album di foto.

Sto invecchiando, si, me ne accorgo dalla difficoltà a fare la salita.

Dal fiatone.

Dai piedi, uno in special modo, che appoggio male e che si ribella.

Manca l’acqua durante il percorso.

L’acqua fresca, di sorgente, quella che nasce per dissetarsi, per ristorare le labbra dall’arsura.

Gli odori però, li ho immagazzinati.

Ogni profumo una foto.

L’erba, il grano alto appena dieci centimetri, la borragine.

Le ho tutte qui, le loro immagini.

Sulla pelle piena di rughe.

Piena di curve.

Piena di poesia.

 

 

Immensa, stasera

Immensa, stasera

da contenermi tutta

me e tutte le mie paure

le mie angosce

le mie domande sospese

e il tuo ventre

accogliente grembo

dalla pelle bianca

sentiero degli amanti

palpito degli audaci

viatico dei coraggiosi

Non ti somiglio

sei troppo bella

luna

 

 

Vedi,

 

sembra alquanto inutile ripeterti in quale modalità va presa la vita.

Con leggerezza, con estrema leggerezza.

Senza entrare dentro alla sostanza, ai problemi, alle cose che le tue mani toccano.

Vedi,

dare poco di sé è sempre molto riduttivo ma, dare troppo, è da sempre penalizzante.

È una colpa.

Non ne trarrai benefici.

Dare tutta te stessa sarà il tuo male.

Il tuo difetto più grande.

Il tuo tarlo nello stomaco.

Rimani in superficie, cerca di capirlo.

Galleggia, se vuoi salvarti.

Di solito, dopo il mezzo secolo, si comincia a capire.

Di solito.

O anche no.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Gioia nel condividere una fetta di crostata

Scapijiata non póco

co l’aria de mare

sempre pronta a lottà

pe checcosa che vale

che fatica a fa der bène

a difende l’ambiente

sai lo vello che d’è?

Lu còre enorme de la jente!

(Su questa foto faccio schifo, mascherina e vestita di cenci, a fine raccolta, ma voglio farvi vedere quanta gioia porta il nostro gruppo.

Gioia nel condividere una fetta di crostata e sapere di aver lottato per una giusta causa)

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

 

Le ali delle parole

 

Le parole hanno le ali.
Inutile tentare di trattenerle, tutto inutile.

Andate, adagiatevi su nuovi lidi, su nuove scogliere, su nuove pagine.

Non so se qualcuno vorrà leggervi, non lo so.
Ma non è a questo che penso, ora.

Penso alla grazia, alla leggerezza, alla profondità che dovrò donarvi.
Penso ai probabili sensi che, teoricamente, potrete accarezzare.
Il gusto, il tatto, la vista, l’udito.

E quell’odore, inconfondibile, che saprete emanare.

Spiccate il volo, andate.

E grazie a chi, ancora una volta, crede in me.
In voi.

 

È lenta la pioggia.

Come una carezza lieve, quella che si fa ad un bambino quando dorme e non lo si vuole svegliare.

Malinconica, però.
Come tutta la scala del grigio, così precariamente in equilibrio tra il bianco e il nero.

I colori, certo, quelli sono altro.
Come quel prato, dove mi riempivo i polmoni di vita.
Dove il silenzio firmava un patto d’alleanza col verde ed io mi sentivo una regina sul trono dell’infinito.

Piove.
Lento lento.

Il grano ringrazia.

Io…
scriverò della malinconia.
Ancora.

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo-Foto di Franco Leggeri

 

 

Le pecore.

Quanto le ho odiate, le pecore.

Le ho odiate come non ho mai odiato niente altro.

Tantissimo.

Poverine, ma che c’entravano loro?

Ne avevano una quindicina, i miei, e mi mandavano a pascolarle.

Avevo il terrore che si venisse a sapere.

Magari dalle mie compagne di classe, quelle che, nei pomeriggi liberi, passeggiavano in piazza.

Oppure dai compagni, i maschi.

Cosa avrebbero pensato, se avessero saputo?

E poi, era tempo rubato ai compiti, ai miei amati libri.

Oh mio Dio!

Ci ho messo quasi quarant’anni per dirlo ad alta voce.

“Ho pascolato le pecore, si, io.”

Per tanti anni.

Lì, in quei prati verdi, dove qualcuno cantava che ci nascono speranze…

 

Vedi,

ci sono luoghi, nel corpo,

dove nessuno immagina il dolore.

Dove nessuno parla dei segni scalfiti nella carne,

a colorare il grigio di inverni sterili,

come murales astratti.

E questo carico,

che si fa peso e forza, qui, sulla mia schiena.

E tento di non curvarmi, saltando ostacoli

che faccio finta siano niente.

Scendono giù,

sulle vertebre stanche

come cerchi in uno stagno,

dove i sassi tirati recano fastidio.

E creano onde.

Ma quanto fascino hanno

le cose complicate

e quanto profumano

la pelle

le ostinazioni di cui mi vesto.

Sono questo.

Nuda e vulnerabile.

Poi forte.

Vestita solo di spine.

 

L’unico mio rifugio…

 

E poi mi dici… parla.

Che, il mio ammalarmi spesso, deriva da una stanchezza interiore, che il corpo sente le emozioni negative, il malessere, il sonno stentato.

Ma a chi vuoi che interessino le mie lagne?
Le mie paranoie malinconiche, il mio turbamento quando mi affaccio dalla finestra e non vedo più il mare?

Forse sono troppo sensibile, soffro pure per un saluto mancato, figurati…

No, non mi va di parlare.
L’unico amico sincero è questo foglio.
Il mio confidente.

L’unico mio rifugio…

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo

 

Siamo nati

 

Siamo nati

per essere felici

si parlava l’altra sera…

Vedi

sono nata piangendo

modellata dall’urlo

di mia madre

certi inizi

li porti dentro

non si dimenticano

Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo
Sonia TROCCHIANESI-Poetessa Operaia di Fermo