Goliarda Sapienza -Poesia “L’università di Rebibbia”-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Goliarda Sapienza -Poesia “L’università di Rebibbia”-
Finisce anche in carcere, Goliarda Sapienza, per furto. È il 1980. E tutto ciò che scrive fino alla sua morte non uscirà per nessuna casa editrice.(Dal sito dell’editore Giulio Einaudi)
“L’università di Rebibbia”.
A mia madre
Quando tornerò
sarà notte fonda
Quando tornerò
saranno mute le cose
Nessuno m’aspetterà
in quel letto di terra
Nessuno m’accoglierà
in quel silenzio di terra
Nessuno mi consolerà
per tutte le parti già morte
che porto in me
con rassegnata impotenza
Nessuno mi consolerà
per quegli attimi perduti
per quei suoni scordati
che da tempo
viaggiano al mio fianco e fanno denso
il respiro, melmosa la lingua
Quando verrò
solo una fessura
basterà a contenermi e nessuna mano
spianerà la terra
sotto le guance gelide e nessuna
mano si opporrà alla fretta
della vanga al suo ritmo indifferente
per quella fine estranea, ripugnante
Potessi in quella notte
vuota posare la mia fronte
sul tuo seno grande di sempre
Potessi rivestirmi
del tuo braccio e tenendo
nelle mani il tuo polso affilato
da pensieri acuminati
da terrori taglienti
potessi in quella notte
risentire
il mio corpo lungo il tuo possente
materno
spossato da parti tremendi
schiantato da lunghi congiungimenti
Ma troppo tarda
la mia notte e tu
non puoi aspettare oltre
E nessuno spianerà la terra
sotto il mio fianco
nessuno si opporrà alla fretta
che prende gli uomini
davanti a una bara.
Breve biografia di Goliarda Sapienza (1924-1996) nacque a Catania da famiglia socialista rivoluzionaria. A partire dai sedici anni visse a Roma, dove studiò all’Accademia di Arte Drammatica. Negli anni Cinquanta e Sessanta recitò come attrice di teatro e di cinema lavorando, tra gli altri, con Luchino Visconti (in Senso), Alessandro Blasetti e Citto Maselli. Al suo primo romanzo, Lettera aperta (1967), seguirono Il filo di mezzogiorno (1969), L’università di Rebibbia (1983), Le certezze del dubbio (1987) e, postumi, L’arte della gioia (1998), i racconti Destino coatto (2002), Io, Jean Gabin (2010), Il vizio di parlare a me stessa (2011), le poesie Siciliane (2012) e Ancestrale (2013), La mia parte di gioia (2013), Elogio del bar (2014), Tre pièces e soggetti cinematografici (2014), Appuntamento a Positano (2015) e Lettere e biglietti (2021).”
(Dal sito dell’editore Giulio Einaudi)
Finisce anche in carcere, Goliarda Sapienza, per furto. È il 1980. E tutto ciò che scrive fino alla sua morte non uscirà per nessuna casa editrice.
“Il carcere è uno sconosciuto pianeta che pure gira in un’orbita vicinissima alla nostra città. Di questo pianeta tutti pensano di sapere tutto esattamente come la Luna senza esserci mai stati. Perché chi ha avuto la ventura di andarci, appena fuori si vergogna e ne tace o, chi non se ne vergogna s’ostina a considerarla una sventura da dimenticare». Sono queste le parole di Goliarda Sapienza che ci introducono nella città penitenziaria vista dai suoi occhi e raccontata nel suo libro
Fonte -L’Angolo della Cultura- Articolo di Cinzia Rigolli
Buoncompleanno Goliarda Sapienza!
Blog, Roma tra le pagine
Oggi Goliarda Sapienza avrebbe compiuto 98 anni ma è una data convenzionale perché, come racconta Angelo Pellegrino, marito e curatore della sua opera, è molto probabile che la Gattoparda sia stata registrata all’anagrafe mesi dopo la nascita da suo padre Giuseppe Sapienza, avvocato socialista molto impegnato politicamente in quegli anni, e da sua madre Maria Giudice, figura di spicco del socialismo rivoluzionario dell’epoca.
I suoi genitori si sposarono in seconde nozze, entrambi con figli delle precedenti relazioni, dando vita ad una famiglia allargata, rumorosa e stimolante la cui eco risuonerà sempre tra le righe della scrittrice siciliana. Le danno il nome di un fratello germano morto affogato tre anni prima in un agguato di mafia e questa paura dell’acqua la ritroveremo in alcune pagine.
Il padre le impedisce di studiare nelle scuole pubbliche per via del Fascismo e la sua formazione avviene in casa dove un precettore, il professore Jsaya, si occuperà della sua educazione formale mentre l’ambiente colto e le frequentazioni dei genitori le consentiranno un’ educazione all’Arte già dai primissimi anni di vita.
A diciassette anni, in piena occupazione fascista, pur non avendo concluso il ciclo di studi necessari,Goliarda parte alla volta di Roma con la madre Maria Giudice: frequenterà la Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico.
Sola, bilanciandomi su passi brevi ed energici, sprizzanti coraggio altezzoso, adattavo i miei piccoli piedi alla camminata piena di autosufficienza virile di Jean Gabin.
da ” Io, Jean Gabin”.
Goliarda Sapienza a Roma
I primi anni a Roma non sono facili, le difficoltà dovute alla guerra e la preoccupazione per le sorti del padre in carcere fanno si che Goliarda, pur intenzionata a portare a termine i suoi studi non riesca a farlo.
Di fatti, dopo mesi di sforzo per ripulire la dizione dall’accento siciliano marcatissimo, un giorno entrando in Accademia un suo professore la avverte che i fascisti la stanno cercando e abbandona per prudenza gli studi.
Il suo antifascismo è concreto, si unisce alla Brigata Garibaldi dove diviene sottotenente, si nasconde in un convento nei pressi di Via Piave – fatto descritto in modo sublime ne “Il filo di mezzogiorno” edito da La Nave di Teseo- e, purtroppo, conosce la tortura.
Finita la guerra riprende la sua carriera di attrice, va a vivere con la madre in un appartamento del quartiere africano, conosce Francesco Maselli e con lui realizza diversi documentari neorealistici la cui atmosfera è perfettamente descritta in ” Appuntamento a Positano”.
Non ho potuto ed in piedi sono rimasta.
Difficile è cadere.
da Ancestrale
La madre muore il 5 febbraio 1953, per Goliarda è un duro colpo, ai genitori e alla loro perdita è dedicata “Ancestrale” la sua sola raccolta di poesie.
In seguito al lutto avrà una crisi depressiva che le costerà diversi elettroshock, da questa esperienza scaturisce la biografia delle contraddizioni: la trilogia di romanzi composta da “Lettera Aperta”, “Il Filo di Mezzogiorno” e “Io Jean Gabin” che precede e prepara “L’arte della Gioia”.
Quello che colpisce in questi libri è la spinta alla vita e la lucida analisi che della stessa fa l’autrice che sembra essere preda della follia. La realtà dalla sua penna prende forma e danza davanti a noi come immagini di un dagherrotipo e non resta che lasciarci travolgere dalla sua potenza.
Nel 1961, proprio quando esce “Lettera Aperta” che avrà un discreto successo, tanto da rischiare lo Strega, il rapporto con Citto Maselli si incrina e, sebbene, sia lui il primo promotore della scrittrice Goliarda Sapienza interrompono la loro convivenza pur restando in contatto per tutta la vita.
E mi è venuta come l’impressione che non ci si voglia mai disfare delle cose brutte che ci cascano tra le mani perchè pensiamo che la nostra presenza le possa migliorare.
da ” Lettera Aperta”
Dopo Maselli che succede?
Goliarda resta nel suo amatissimo attico ai Parioli, affacciato sul verde di Villa Glori, dove ogni anno ancora oggi il suo cactus fiorisce a metà autunno e che tante battaglie le è costato negli anni della difficile gestazione dell’ Arte della Gioia. Scrive, insegna recitazione, vive. Quegli anni sono tutti raccontati nei taccuini un cui nuovo volume è da poco uscito per Einaudi e che non vedo l’ora di poter leggere. Ad un certo punto intervengono due esperienze importanti la storia d’amore diventata poi un matrimonio con Angelo Pellegrino, curatore della sua opera e collaboratore alla stesura dell’Arte della Gioia e l’esperienza del carcere raccontata in un dittico composto da “L’ Università di Rebibbia” e “Le Certezze del dubbio”.
Il Carcere è sempre la febbre che rivela la malattia del corpo sociale: continuare ad ignorarlo può portarci a ripetere il comportamento del buon cittadino tedesco che ebbe l’avventura di vivere nel non lontano regime nazista.
da ” L’università di Rebibbia”
Sono anni difficili ma non smette di scrivere, lei che non avrebbe mai voluto farlo per paura della miseria, eppure per “L’Arte della Gioia” si trova a combattere come una leonessa. Modesta, la carusa tosta del libro, tra rifiuti editoriali e vicissitudini quotidiane non sempre felici, viene alla luce quando Goliarda non può più vederla prendere il volo.
“L’Arte della Gioia” resta l’ultimo vero capolavoro della letteratura del Novecento. Complesso, faticoso a tratti, nel libro una figura femminile sui generis tanto disturbante quanto d’ispirazione per molte di noi, viene liberata da una penna felice, lucida e acuta, colta e raffinata che giocando con le parole ci catapulta fuori dai nostri pregiudizi e rischia di donarci un nuovo sguardo e una nuova consapevolezza.
Vi consiglio di prendervi il vostro tempo, leggerlo e farlo vostro.
Prima c’è un bicchiere di vino, poi una sigaretta, infine un taccuino su cui scrivere le cose che non si vogliono perdere.
da “La mia parte di gioia”
Cosa rimane di Goliarda Sapienza in città a parte i suoi libri ? Un premio letterario e una biblioteca.
Ogni individuo ha il suo segreto che porta chiuso in sé fino dalla nascita, segreto di profumo di tiglio, di rosa, di gelsomino, profumo segreto sempre diverso sempre nuovo unico irripetibile, segreto di impronte digitali graffito inesplicabile sempre nuovo sempre diverso sempre unico irripetibile. Ogni individuo ha il suo segreto, non violate questo segreto, non lo sezionate, non lo catalogate per vostra tranquillità. Ogni individuo ha il suo segreto, ogni individuo ha la sua morte.
da ” Il filo di mezzogiorno”
Perché ho voluto dedicarle un articolo?
Sono molto legata alla figura di Goliarda Sapienza, ho letto tutti i suoi libri e, per un progetto terminato tempo fa, ho cercato le sue tracce in città, conosciuto suo marito, il suo amico ed editore Beppe Costa , visitato casa sua. Questa indagine alla scoperta della scrittrice Sapienza mi ha lasciato un’ eredità importante dandomi spunti di riflessione preziosi che hanno ribaltato il mio punto di vista sull’ editoria e il mio essere madre e donna.
Perché lei insegna, senza nessuna pretesa accademica che la gioia e la libertà sono un diritto naturale per ciascuna anche quando il prezzo da pagare è alto, perché la sua prosa è un dono che magari non apprezzi subito ma ti resta sotto pelle e continua a lavorarti dentro anche quando credi di aver smesso di pensarci.
Aldilà dei pregiudizi, delle mode del momento leggere i suoi libri significa assistere ai cambiamenti di una donna e della città che abita. Lei descrive una Roma che corrisponde ai suoi stati d’animo. Una città che si evolve e cambia adeguandosi ai suoi cambiamenti e accompagnandola nelle sue elucubrazioni.
Vi chiedo solo questo: non cercate di spiegarvi la mia morte, non la sezionate, non la catalogate per vostra tranquillità, per paura della vostra morte, ma al massimo pensate – non lo dite forte la parola tradisce – non lo dite forte ma pensate dentro di voi: è morta perché ha vissuto.
da ” Il filo del mezzogiorno”