Bertolt Brecht-Poesie-

Biblioteca DEA SABINA

Bertolt Brecht 
Bertolt Brecht

Bertolt Brecht-Poesie-

 

AL MOMENTO DI MARCIARE MOLTI NON SANNO

Al momento di marciare molti non sanno

che alla loro testa marcia il nemico.

La voce che li comanda

e’ la voce del loro nemico.

E chi parla del nemico

e’ lui stesso il nemico.

 

PER CHI STA IN ALTO

Per chi sta in alto

parlare di mangiare e’ cosa bassa.

Si capisce: hanno gia’

mangiato, loro.

Chi sta in basso deve andarsene dal mondo

senza aver mangiato

un po’ di carne buona.

Per pensare di dove venga e dove

vada, chi e’ in basso,

nelle belle serate,

troppo e’ sfinito.

I monti e il mare grande

non li hanno ancora visti

che il loro tempo gia’ e’ passato.

Se chi e’ in basso non pensa

alla bassezza, mai

potra’ venire in alto.

Bertold Brecht
Bertold Brecht

 

IL PANE DEGLI AFFAMATI E’ STATO MANGIATO

Il pane degli affamati e’ stato mangiato.

Non si sa piu’ cos’e’ la carne. inutilmente

e’ stato versato il sudore del popolo.

Gli allori sono stati

tagliati.

Dalle ciminiere delle fabbriche di munizioni

sale fumo.

Bertolt Brecht 
Bertolt Brecht

 

QUELLI CHE PORTANO VIA LA CARNE DALLE TAVOLE

Quelli che portano via la carne dalle tavole

insegnano ad accontentarsi.

Coloro ai quali il dono e’ destinato

esigono spirito di sacrificio.

I ben pasciuti parlano agli affamati

dei grandi tempi che verranno.

Quelli che portano all’abisso la nazione

affermano che governare e’ troppo difficile

per l’uomo qualsiasi.

Bertolt Brecht 
Bertolt Brecht

 

CHI STA IN ALTO DICE: PACE E GUERRA

Chi sta in alto dice: pace e guerra

sono di essenza diversa.

La loro pace e la loro guerra

sono come il vento e la tempesta.

La guerra cresce dalla loro pace

come il figlio dalla madre.

Ha in faccia

i suoi lineamenti orridi.

La loro guerra uccide

quel che alla loro pace

e’ sopravvissuto.

Bertolt Brecht 
Bertolt Brecht

 

QUANDO CHI STA IN ALTO PARLA DI PACE

Quando chi sta in alto parla di pace

la gente comune sa

che ci sara’ la guerra.

Quando chi sta in alto maledice la guerra

le cartoline precetto sono gia’ compilate.

 

QUELLI CHE STANNO IN ALTO

Quelli che stanno in alto

si sono riuniti in una stanza.

Uomo della strada

lascia ogni speranza.

I governi

firmano patti di non aggressione.

Uomo qualsiasi,

firma il tuo testamento.

Bertolt Brecht
Bertolt Brecht

 

SUL MURO C’ERA SCRITTO COL GESSO

Sul muro c’era scritto col gesso:

vogliono la guerra.

Chi l’ha scritto

e’ gia’ caduto.

 

CHI STA IN ALTO DICE

Chi sta in alto dice:

si va alla gloria.

Chi sta in basso dice:

si va alla fossa.

 

LA GUERRA CHE VERRA’

La guerra che verra’

non e’ la prima. Prima

ci sono state altre guerre.

Alla fine dell’ultima

c’erano vincitori e vinti.

Fra i vinti la povera gente

faceva la fame. Fra i vincitori

faceva la fame la povera gente egualmente.

 

QUANDO LA GUERRA COMINCIA

Quando la guerra comincia

forse i vostri fratelli si trasformeranno

e i loro volti saranno irriconoscibili.

Ma voi dovete rimanere eguali.

Andranno in guerra, non

come ad un massacro, ma

ad un serio lavoro. Tutto

avranno dimenticato.

Ma voi nulla dovete dimenticare.

Vi verseranno grappa nella gola

come a tutti gli altri.

Ma voi dovete rimanere lucidi.

 

MIO FRATELLO AVIATORE

Avevo un fratello aviatore.

Un giorno, la cartolina.

Fece i bagagli, e via,

lungo la rotta del sud.

Mio fratello e’ un conquistatore.

Il popolo nostro ha bisogno

di spazio. E prendersi terre su terre,

da noi, e’ un vecchio sogno.

E lo spazio che s’e’ conquistato

sta sui monti del Guadarrama.

E’ di lunghezza un metro e ottanta,

uno e cinquanta di profondita’.

 

GENERALE, IL TUO CARRO ARMATO E’ UNA MACCHINA POTENTE

Generale, il tuo carro armato e’ una macchina potente

spiana un bosco e sfracella cento uomini.

Ma ha un difetto:

ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere e’ potente.

Vola piu’ rapido d’una tempesta e porta piu’ di un elefante.

Ma ha un difetto:

ha bisogno di un meccanico.

Generale, l’uomo fa di tutto.

Puo’ volare e puo’ uccidere.

Ma ha un difetto:

puo’ pensare.

Bertolt Brecht
Bertolt Brecht

 

 

Nelle città venni al tempo del disordine,

quando la fame regnava.

Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte

e mi ribellai insieme a loro.

Cosí il tempo passò

che sulla terra m’era stato dato.

Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.

Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.

Feci all’amore senza badarci

e la natura la guardai con impazienza.

Cosí il tempo passò

che sulla terra m’era stato dato.

Al mio tempo, le strade si perdevano nella palude.

La parola mi tradiva al carnefice.

Poco era in mio potere. Ma i potenti

posavano piú sicuri senza di me; o lo speravo.

Cosí il tempo passò

che sulla terra m’era stato dato.

Le forze erano misere. La meta

era molto remota.

La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me

quasi inattingibile.

Cosí il tempo passò

che sulla terra m’era stato dato.

 

I bambini giocano alla guerra

I bambini giocano alla guerra.

E’ raro che giochino alla pace

perché gli adulti

da sempre fanno la guerra,

tu fai “pum” e ridi;

il soldato spara

e un altro uomo

non ride più.

E’ la guerra.

C’è un altro gioco

da inventare:

far sorridere il mondo,

non farlo piangere.

Pace vuol dire

che non a tutti piace

lo stesso gioco,

che i tuoi giocattoli

piacciono anche

agli altri bimbi

che spesso non ne hanno,

perché ne hai troppi tu;

che i disegni degli altri bambini

non sono dei pasticci;

che la tua mamma

non è solo tutta tua;

che tutti i bambini

sono tuoi amici.

E pace è ancora

non avere fame

non avere freddo

non avere paura.

Bertolt Brecht
Bertolt Brecht

 “Generale – il tuo carro armato”.

Generale, dietro la collina
Ci sta la notte crucca e assassina
E in mezzo al prato c’è una contadina
Curva sul tramonto, sembra una bambina
Di cinquant’anni e di cinque figli
Venuti al mondo come conigli
Partiti al mondo come soldati
E non ancora tornati
Generale, dietro la stazione
Lo vedi il treno che portava al sole?
Non fa più fermate, neanche per pisciare
Si va dritti a casa senza più pensare
Che la guerra è bella, anche se fa male
Che torneremo ancora a cantare
E a farci fare l’amore
L’amore dalle infermiere
Generale, la guerra è finita
Il nemico è scappato, è vinto, battuto
Dietro la collina non c’è più nessuno
Solo aghi di pino e silenzio e funghi
Buoni da mangiare, buoni da seccare
Da farci il sugo quando viene Natale
Quando i bambini piangono
E a dormire non ci vogliono andare
Generale, queste cinque stelle
‘Ste cinque lacrime sulla mia pelle
Che senso hanno dentro al rumore di questo treno?
Che è mezzo vuoto e mezzo pieno
E va veloce verso il ritorno
Tra due minuti è quasi giorno
È quasi casa, è quasi amore

L’ANALFABETA POLITICO (BRECHT)
“Il peggiore analfabeta
è l’analfabeta politico.
Egli non sente, non parla,
nè s’importa degli avvenimenti politici.
Egli non sa che il costo della vita,
il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina,
dell’affitto, delle scarpe e delle medicine
dipendono dalle decisioni politiche.
L’analfabeta politico è così somaro
che si vanta e si gonfia il petto
dicendo che odia la politica.
Non sa l’imbecille che dalla sua
ignoranza politica nasce la prostituta,
il bambino abbandonato,
l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi,
che è il politico imbroglione,
il mafioso corrotto,
il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.”

Bertolt Brecht
Bertolt Brecht

 

 

-Bertolt Brecht IL PEGGIOR ANALFABETA È L’ANALFABETA POLITICO –
La nostra civiltà è intrisa di un profondo analfabetismo, eppure tutti sanno leggere e scrivere. Bertolt Brecht, grande poeta e drammaturgo della prima metà del ’900, traccia il profilo del nuovo analfabeta, per l’appunto l’analfabeta politico, il peggiore della categoria.
Oltre la porta di casa tutto ciò che c’è è affare che non riguarda se stessi. Eppure questa ignoranza produce effetti drammaticamente deleteri perché fa regredire l’uomo da cittadino a suddito il quale non fa altro che apprendere apaticamente e subire le decisioni dall’alto. Brecht ci riporta anche degli atteggiamenti esteriori del nostro analfabeta. “Si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica”.
La frase è tipica e, ahimè, troppo diffusa nella nostra società. La politica è affare di tutti e non si manifesta solo in senso stretto prendendo parte a questo o quel partito politico. Essere politicizzati significa comprendere di far parte di una società complessa, di una realtà che non può e non deve rimanerci indifferente.
“Zoon politikon” diceva Aristotele, l’uomo è un “animale politico” e questa caratteristica è insita nella natura dell’essere umano. Rimanere indifferenti dinanzi alla società in cui si vive, riempendosi la bocca di espressioni come: “la politica è sporca”, “lo stato è corrotto”, “è già tutto deciso”, ci preclude di essere parte attiva, di avere un ruolo.
Chi non pone rimedio alla propria ignoranza politica non sa scindere il bene dal male di una comunità. Brecht in maniera probabilmente anche molto forte fa una carrellata di esempi lampanti delle conseguenze del considerare la politica altro da sè, fuori dalla propria sfera di interessi.
“Il bambino abbandonato, la prostituta, l’assaltante, il mafioso corrotto” sono solo alcuni esiti. Certamente la politica oggi non ci invita ad un suntuoso banchetto, ma nello stesso tempo non possiamo non partecipare alla mensa perchè i piatti non sono di nostro gradimento.