Roberto CESCON-La poesia dov’è- Cinque poesie inedite-
Rivista «Nuovi Argomenti»
LA POESIA DOV’È
D’improvviso mi ha chiamato per sentire
la mia voce farsi avanti nello schermo
che ogni volta non so cosa mi aspetta
in questo spiccare bianco sempre prossimo a venire.
Ero proteso tutto in quel silenzio
finché la monetina di un messaggio
mi ha ricordato Pietro, la terapia di oggi,
e la ruspa dalla strada e le voci di operai
sono entrate nel silenzio della mia.
Allora sono uscito dalla stanza
per la lavatrice e prima un sorso d’acqua.
Mentre stendevo, è venuto il verbo
per il primo verso, che ho scritto di ritorno.
Poi lo sguardo si è posato sulla libreria,
un altro libro mi ha chiamato, di un amico, le poesie,
un brindisi a un comune altrove
con gli amici che non ci sono più.
L’ho sfogliato lasciando ancora entrare
la sua voce che conosco e ho pensato di cambiare
un connettivo, giusto per il limite di undici,
chissà perché poi la paura di varcare
quelle colonne d’Ercole, cosa mai potrà succedere?
Ho pensato ai miei amici lontani
e all’ultima volta, tutti insieme a cena
con le vite distanti e lo stare bene
nel ricordo della prossima.
Ho cancellato due versi, nessuno li vedrà
e tra poco anch’io li scorderò
o forse torneranno a ruminare
finché non troverò il modo di trovarli.
Per quanto sono state mie quelle parole?
E in quale gesto torneranno?
Adesso dovrei mettermi un maglione,
fa più freddo ma il mio corpo
è come non volesse rassegnarsi
al finire dell’estate. Resisto
davanti allo schermo, un altro verso,
una frase girata, la sposto giù
e dal forno mi arriva il profumo del plumcake
e l’avviso di una mail. Resisto ancora
anche se all’inizio, giuro, volevo fare altro,
è da ieri che devo far la spesa,
ma la mente ora chiede un corpo,
si protende con le dita al tuo silenzio
e ti chiama mentre accadono cose,
ma davvero accadono fuori?
*
Libertà, ma davvero
provi a immaginarla
nelle moltitudini che chiedono
incompiute e originali, anche tu
un tempo l’hai creduto, ma quanto te ne serve
per uscire dall’eterno
della scena che rincorri nella mente?
Magari la confondi con il desiderio
ma l’altro, le parole che pronuncia
sono per un altro, che non è qui
e forse neanche esiste, e voi, a tratti
lo intuite, siete ignoti l’una all’altro.
Tu sei questo corpo che spicca dalla terra
quando senti il profumo
di un dolce dal forno per l’indomani
magari sotto un porticato, d’estate…
ma dove vuoi andare
che qualcuno ti tira sempre giù…
Potresti dire che tutto accade
nel tempo in cui viviamo, ma è lo spazio
delle tue parole che fa diventare tempo
lo spazio tuo e degli altri.
Vorresti l’altra luce
che intuisci dal contorno dei palazzi
ma fissi i panni stesi, un oleandro
sotto il cornicione e questo muoversi
di tutti e di ciascuno
nel continuo disfarsi degli eventi.
*
Mentre parlo risuona la mia voce
nel dubbio di sentirla non più mia.
Prova a spostarti, mi dici, sono i muri
ma inciampo ancora
tra quanto dico e quanto sento…
Dicevi che a questo taglio d’esistenza
vuoi solo il meglio da una relazione
senza scorie della vita a due,
eppure ci sei stata e ti piaceva.
Ti basta quella che hai
e poi perché fallire ancora?
A me fa male invece ammettere
di entrare in una vita predelusa…
Arrivati qui (mentre torna
l’altra voce sfasata, sono io
che parlo? E tu cosa senti?), un allarme
dal buio, come inizio
qualcosa che non può iniziare?
*
Da quale parte il canto di due uccelli
lassù, chissà se due, indistinguibili
per me che non so distinguerli
tra i rami radi prima della primavera
e quei suoni nei miei passi
che seguono un futuro che proviene
da altri passi, in un tempo
come ora che mi tocca e non si muove
e l’improvviso frusciare delle foglie
per una biscia o altro che non indovino
come quest’odore nella voce
affiorano i pensieri
non così diversi da quei rami
o dai cinghiali nel bosco
invisibili e presenti
così è scritto all’imbocco del sentiero
e la mia lingua viene da lì
e lì finisce, mai del tutto
in un flusso antichissimo che dai muscoli
proviene e ci fa stare
in questi corpi, nei possibili futuri.
*
Sono i piedi nell’acqua e l’onda nuova
arriva negli occhi e non finisce
quante parti di te
nella sabbia e nel mare antichissimo
che in un tempo vasto che non vedi
avresti visto spaccato da rocce
e poi rocce spagliate dai fiumi
sfarinare in questa sabbia
e segni a non finire
nell’aria di opere e intenzioni
si parlano da un prima che verrà
adesso, altrove
mentre il sole sposta l’ombra
attorno a te esseri antichissimi
partoriti da millenni, millenni di volte,
come tutte le altre volte sono qui
quante parti di te e di loro sono state il mare
adesso, nella luce
dove trovarti
fuori dagli occhi.
Breve biografia di Roberto Cescon
Roberto Cescon è nato nel 1978 a Pordenone, dove vive e insegna.Ha pubblicato Vicinolontano (Campanotto 2000) e il saggio Il polittico della memoria (Pieraldo 2005). Suoi racconti sono apparsi nell’antologia Scontrini (Baldini&Castoldi 2004) e sulle riviste «Tina» e «ombelicale» – di cui è stato redattore. Il suo ultimo lavoro è La gravità della soglia (Samuele editore 2010). Sue poesie sono state pubblicate su diverse riviste tra cui «Nuovi argomenti», «Atelier» ecc. È tra i curatori della«Festa di poesia» di Pordenone e collabora all’organizzazione dei festival letterari «Pordenonelegge» e «notturnidiversi». È tra gli organizzatori del Premio Teglio Poesia e del Premio Castello di Villalta. Cura il blog «ipoetisonovivi.com».
Non vorrei mandare via i fantasmi da queste stanze – vorrei solo non facessero più male i lettini rossi ancora intatti la crema per le mani della mamma e la mia voce che anticipa il ritornello della fiaba. È un dolore che mi incastra sulla soglia di ogni stanza, e sa di vita che è stata in questa casa vuota e piena mentre mi muovo scoordinata pensando da che parte cominciare ad aprirla.
Chi resta
Nel toccare le camicie e i pantaloni, di vigogna e le scarpe con i lacci è rapita da ogni gesto che una volta scivolava senza quel nitore strano. Dopo un anno la stupisce la memoria delle dita – l’abitudine è un cassetto che si chiude inosservato.
La mia casa
Sulla soglia del silenzio resta tutta la memoria delle voci che avevamo. Io le avverto rare, vere e le faccio balenare tra il passo e il cuore.
Nel giardino milanese due note di lettura
Guido Oldani:”Nella Milano in cui alberga ancora la zavorra del tardo serenismo, da un lato continua un certo tratteggio del mitomodernismo, dall’altro dò vita al realismo terminale quale possibile poetica non legata alle singole culture. È Augusto Pivanti che mi indica il presente lavoro di Fabia Tolomei. Siamo al tempo del progressivo impoverimento del linguaggio e proprio qui sta la ragione della leggibilità di questi versi. La giovane Tolomei, infatti, dispone di un suo respiro verbale adeguato e consistente. Nel giardino che sembra quasi essere quello del privato, colloquia con il proprio tempo che le fa da specchio e gli interlocutori sono sempre modicamente presenti, così da non ramificare troppo la scrittura in risaputi generi poetici”.
Augusto Pivanti:”Fabia Tolomei è “una di famiglia”: della sua – di quella dalla quale proviene, alla quale geneticamente appartiene – e, in lettura più vasta, di una famiglia che – se anche non fosse, ma è, altroché se è – sarebbe stata “inventata” dall’autrice, debitrice come ella appare, in questa opera prima, ad un senso di adesione alla circolarità degli affetti, ad un desiderio incontenibile e incomprimibile di essere parte (de)scrivente in una forma di “partecipazione che tutto vede”, a cui nulla sfugge e dalla quale nulla fugge per manifesto bene-essere nel collocarsi entro il proprio fotogramma.”
Le cose che importano Fabia Tolomei
Pagine 70
Prezzo 13 euro
ISBN 978-88-94944-66-2
prefazione di Silvia Secco- Samuele Editore-Pordenone
E se
e se dell’amore dovessi dire
non lo direi con le parole
ad occhi chiusi forse lo direi
e le mani intrecciate
o forse non lo direi affatto
perché l’amore è una voce
che in silenzio il silenzio ascolta
Numeri primi
Nella vita avrei amato
le moltiplicazioni,
(magari un altro figlio intorno
ai quaranta’anni)
e invece hanno prevalso
le divisioni, le separazioni dai luoghi,
(quando non erano sottrazioni)
così ora sento più vicini i numeri
dispari, meglio se primi
(tanto i conti non tornano)
che un resto lasciano certo
una via ancora possibile
forse a un ricalcolo.
Trasloco
Tutto era stato caricato
sul camion del trasloco
che aspettava rombando sulla strada,
che una bimba facesse quel passo
di lasciare la sua infanzia
smarrita sugli scalini
della vecchia casa
in una scatola di cartone,
stretta nel cerchio convulso
della braccia, dove stava
coi nati, stranita anche la gatta
Signorina Poesia
è come una donna
che per le vie del centro passa
o forse è ancora una ragazza
che incede leggera, senza lasciare
traccia ma che sa andare oltre
intraprendente
sulla spalla la sua giacca
e s’apre di nuovo
il tuo sorriso inatteso
aggrappato a quel tuo
forte fragile stelo,
come l’ultima Nerina
del tuo giardino
in un filo di voce
sospeso : – Sei tu, sei tu,
quella che mi piace –
Come ramo lacerato dal vento
hai una ferita esposta
Semmai un giorno si saldasse
avresti una parte di te più dura.
Bisognerebbe tagliarlo lo sai,
perché ramifichi ancora
ma il taglio non è la cura
Ieri ho messo via il nostro
inverno in grandi scatole
di cartone nonostante il tempo
fuori fosse avverso.
L’ho posto tra maglioni, felpe
sciarpe e pantaloni
di fustagno, preoccupata
che stesse bene e al caldo.
Ma ho ancora tanto freddo
e trattengo per noi (di nuovo
bambini), guai un mal,
un plaid e dei vecchi golfini
Da Capo a Fine:
il moto circolare della memoria e della poesia
Scrive Alberto Bertoni in La poesia contemporanea (Il Mulino edizioni, 2012), che “la memoria di un poeta è tutto: la memoria che il poeta riceve, la memoria che il poeta trasmette”, ed in questo piccolo scrigno di versi, seconda raccolta poetica edita per l’autrice di Pordenone, dopo Il tempo rubato (Samuele Editore, 2013), Maria Milena Priviero affida appunto alla memoria la cifra stilistica della propria narrazione poetica la quale, per sua natura, rifiuta la linea temporale – caratteristica della prosa – per sgranarsi, velata dall’emotività e dalla lontananza del ricordo, quasi come una corona di rosario.
Se, sempre citando Bertoni, intendiamo anche etimologicamente il Verso come un “volgere”, un infinito tornare indietro, ecco che il titolo di questa raccolta si chiarifica nel suo senso musicale di reiterazione: “Da capo al fine”, appunto, che non intende condurci ad alcun luogo d’approdo in maniera lineare, ma che circolarmente, continuamente, ci propone di ricominciare. Si tratta, come dice l’autrice, di un “infinito lato del finire”: una litania di ricordi di voci, visioni, sentimenti e vissuto, che attraverso la delicata traduzione poetica rinominano un “piccolo mondo antico” senza però costringerlo a ritornare del tutto in superficie, per lasciarlo lì, in una smorzata e calma luce che non vuole per forza delinearne in maniera plastica i contorni e che quasi lo tutela, nella sfera della verosimiglianza, dalla crudeltà del reale. In questo senso il microcosmo di Da capo al fine, se pure descritto, è un giardino segreto, che un tempo è stato consistenza di nomi e cognomi, parentela, stagioni, luoghi fisici ed abitanti dei luoghi, e che ora l’autrice ci permette di sbirciare (“Li vedo i giorni alle spalle / in dissolvenza”) come da una breccia della recinzione, da un minimo spiraglio, per il quale ciò che ci è consentito di guardare ci appare nuovo, diverso: “Eppure c’è un luogo / dove vorrebbero posarsi, tornare / sulle rive di un fiume un lago, / di uno stagno se non del mare”.
Le trentanove poesie di Da capo al fine definiscono, con una limpida ed al contempo soffusa capacità descrittiva priva d’artifici retorici – dove “l’ombra era ombra, nitida / senza sfumature e il verde / era verde, secco nell’erba / e la nuvola era bianca, bianca / nell’azzurro” – un vero e proprio stato in luogo, dal quale non ci allontaniamo veramente mai. Il luogo fisico ed insieme emotivo di questa raccolta poetica è, infatti, quello circolare di un lago: il piccolo laghetto della Burida a Porcia, vicino Pordenone, luogo d’origine e di ritorno – anche biograficamente – di Maria Milena, dal quale è visibile la sua casa (“In fondo è sempre ritorno / un luogo”) e che si fa culla del ricordo, utero nativo di gestazione poetica, punto di chiusura del cerchio e nuovamente capo di ripartenza. Sulle rive di questo minuscolo tondo d’Arcadia dall’acqua quieta, quasi la vediamo camminare lentamente (“chè lei era così / sempre un po’ distratta / sempre un passo avanti a se stessa”); quasi vediamo ciò che la sua memoria vede: una donna, di spalle, a volte bambina (la bimba di “Trasloco”), a volte matura signora del presente (“Così alla fine sono qui / con le mani nella terra / a interrare i germogli”), altre volte “signorina” (la splendida ragazza della copertina e di “La sera prima”), che ricorda il proprio vissuto, e che a volte si siede, ricordando, “abbracciandosi i ginocchi”, quasi a difendere la propria visione dal pericolo del nuovo (“questa voglia di restare alla finestra / questa voglia di quiete di assenza / sommessamente mi fa chiudere la porta”). Nomino volutamente l’Arcadia, a definizione di questo luogo reale ed immaginario, in quanto contesto classico di pacificazione e terra quasi mitica d’armonia, poiché qui si colloca anche la peculiare caratteristica della poetica di Maria Milena Priviero: una parola discreta, piana e quasi sommessa, molto vicina alla sfera colloquiale. Quella stessa parola poetica senza “rumore”, dalle “rime non crepuscolari / ma verdi, elementari”, a lungo cercata da Giorgio Caproni ad esempio, poeta la cui voce sovente riecheggia all’interno di questi versi.
Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone con un indirizzo che predilige la poesia. Fin dall’inizio riprende il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò diverse opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti (poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano). La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura.
Samuele Editore raccoglie l’eredità di quel grande momento storico assumendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che l’Editore colloca a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo (ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore). Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena. Usato nel medesimo significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni è adesso concetto fondante e ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni della Samuele Editore.
Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando coi maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con partecipazioni a Festival importanti (Pordenonelegge, Residenze Estive, Libri in Cantina, Salone del Libro di Torino, Book City, Ritratti di Poesia, Più Libri più Liberi) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore vanta una presenza nei maggiori blog e siti letterari, ma anche sulla stampa nazionale quale Il Corriere della Sera, L’Espresso, L’Avvenire, L’Unità, Il Manifesto, Il Piccolo, Il Gazzettino, Il Messaggero Veneto, Poesia, Il Segnale. Nel 2013 L’Espresso lo intervista scrivendo: la Casa Editrice produce in pochi anni un buon catalogo di giovani poeti. Canzian è anche un critico letterario on line, e ha capito, tra i primi, che è finita l’epoca delle riviste letterarie e che la critica, militante o no, è passata a discutere sul Web. Nel 2015 Giovanna Rosadini lo cita nella Lettura del Corriere della Sera come una delle realtà eroiche rappresentative della piccola editoria italiana. Nel 2021 su Ansa il suo nuovo progetto Laboratori critici viene paragonato a quello di Feltrinelli de Sotto il vulcano – idee, narrazioni, immagini.
A maggio 2013 Samuele Editore apre alla poesia internazionale pubblicando poesie inglesi tradotte in italiano. Dal 2015 Samuele Editore ha iniziato a proporre volumi in doppia lingua anche di poeti italiani affrontando la tematica della traduzione e dell’autotraduzione. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival, la presentazione nel 2015 a Managua in Nicaragua e la partecipazione al convegno del NEMLA nel 2019 a Washington DC. In questa direzione l’attenzione a livello internazionale che viene riconosciuta alla Samuele Editore si concretizza nel 2021 con la partecipazione al Festival Mahalla a Istanbul.
Nel novembre 2015 Samuele Editore lancia il suo primo ciclo di poesia intitolato Una Scontrosa Grazia, con sede a Trieste. Un progetto che vede un incontro ogni due settimane con autori editi dall’Editore e con autori non editi ma di sicuro interesse nel panorama nazionale. Nel febbraio 2016 apre un ciclo intitolato Callisto a Venezia, presso Palazzo Grimani, conclusosi nel 2017. Nel 2017 apre un ciclo pordenonese intitolato Poesia in Incisoria, conclusosi nel 2018. Nel 2018 a Trieste apre il ciclo Poesia agli Specchi conclusosi nel 2019. A questi si sono affiancati nel tempo Animula Vagula Blandula (Maniago), I Poeti di Scilla alla Biblioteca Pagliarani (Roma), Intelligenti Pauca (Milano).
Diventato nel tempo un contenitore culturale che non si occupa esclusivamente dei propri autori ma allarga gli eventi e i cicli al dialogo tra poeti di diversa provenienza e pubblicazione, già dal 2013 Samuele Editore inizia a organizzare diversi Festival Letterari, tra questi: Poesia tra le acque di Polcenigo (Polcenigo, 2013), Il soggiorno dei poeti e degli artisti (Arta Terme, 2013), Verdarti (Porcia, 2014), I territori dell’uomo (Maniago, 2014), Premio Carducci in Carnia ne Il Comune Rustico (Arta Terme, 2015), Crambe Tataria (San Quirino, 2016), Libri in Cantina Poesia (Susegana, 2016/2017), Le notti del mito (Trieste, Udine, Pordenone, Milano, Napoli, Roma, 2018), Il Festival della Letteratura Verde (Porcia, 2018/2021), Panorami Poetici (Spilimbergo, 2019/2021), Varieazioni (Rotondi, 2021, per la parte letteraria).
Nel 2019 la Samuele Editore integra la propria proposta di eventi entrando nei Centri Commerciali con presentazioni alternative. Tra le location GranFiume di Fiume Veneto e Belforte di Monfalcone.
Nel 2016 fonda il portale di promozione della Poesia Laboratori Poesia.
Dal 2019 la Samuele Editore è distribuita in tutta Italia da Fastbook.
Dal 2020 la Samuele Editore apre una rubrica d’arte e letteratura dal titolo Pre-Dizioni sul noto portale ArteMagazine.
Nel 2020 Samuele Editore apre il canale podcast nel sito con interventi e letture dei maggiori poeti italiani e internazionali.
A luglio 2021 Marta Goldin disegna il nuovo logo di Laboratori Poesia
Dal 2021 la Samuele Editore entra in giuria e cura le edizioni del Premio Bologna in Lettere, sezione poesia inedita.
Dal 2021 assume la direzione della Collana Gialla e Gialla Oro di Pordenonelegge accanto a Gian Mario Villalta, Roberto Cescon e Augusto Pivanti, e ne cura le pubblicazioni.
A novembre 2021 fonda la rivista semestrale di Poesia e Percorsi letterari Laboratori critici, per la direzione di Matteo Bianchi.
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