Chantal Delsol -La fine della cristianità e il ritorno del paganismo- Biblioteca DEA SABINA

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Chantal Delsol
Chantal Delsol La fine della cristianità

Chantal Delsol -La fine della cristianità e il ritorno del paganismo-

Edizioni Cantagalli-Siena

Descrizione

Il futuro dell’Occidente è pagano. Siamo in un declino da spossatezza, barbarie e cancel culture. Sedici secoli di cristianesimo stanno per finire e oggi siamo testimoni di un’inversione normativa e filosofica che inaugura una nuova era; un’era che non sarà atea o nichilista, come molti credono, ma pagana. La cristianità ha esaurito il suo tempo lasciando spazio a nuove religioni, ad un politeismo che venera gli alberi, la terra, le balene. La transizione è brutale, difficile da accettare per i difensori di un’epoca in via di estinzione.

Dovremmo rimpiangere i tempi passati quando il divorzio era proibito come così l’istruzione superiore delle ragazze? Dobbiamo vivere nella speranza che la cristianità risorga dalle sue ceneri affermando la sua forza morale? Chi vive in questa malinconica nostalgia è già stato cancellato da un mondo che, nel bene o nel male, ormai è cambiato radicalmente.

Il grande Pan è tornato. Il cristianesimo deve inventarsi un altro modo per sopravvivere. Quello del semplice testimone. Dell’agente segreto di Dio.

Breve Biografia di Chantal Delsol

Chantal Delsol (Parigi 1947) filosofa, scrittrice, docente di filosofia politica, autorevole protagonista del mondo intellettuale francese. Editorialista di «Le Figaro», è membro della Académie des Sciences morales et politiques dell’Institut de France. Autrice di importanti opere tradotte in diverse lingue, tra le quali ricordiamo: Le Souci con-temporain (1996, 2004), premio Mousquetaire; L’Étatsubsidiaire (1992), premio della Académie des Sciences morales et politiques, trad. it. Lo Stato e la sussidiarietà; Histoire desidéespolitiques de l’Europe centrale, con Michel Maslowski (1998), premio della Académie des Sciences mo-rales et politiques; Éloge de la singularité, essai sur la modernité tardive (2000), premio Raymond-de-Boyer-de-Sainte-Suzanne dell’Accademia francese, trad. it. Elogio della singolarità. Saggio sulla modernità tardiva.

La fine della cristianità e il ritorno del paganismo è Disponibile in libreria dall’ 11 novembre 2022.

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Edizioni Cantagalli srl

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Un estratto del libro

CRISTIANITÀ
E IL RITORNO DEL PAGANESIMO

Traduzione e cura di Antonio Tombolini

 

Non abbiamo ancora preso piena coscienza della pro- fonda trasformazione che si sta producendo nel nostro tempo: la fine di una civiltà vecchia di sedici secoli. Dopo molte esitazioni, uso questa agghiacciante parola: “ago- nia”. Infatti la morte della cristianità1 non è affatto una morte improvvisa. D’altronde, salvo poche eccezioni, le civiltà non conoscono una morte improvvisa: si estin- guono a poco a poco, in numerosi sussulti. La cristianità combatte da due secoli per non morire, e in questo con- siste quella commovente ed eroica agonia. È così antica che ha creduto all’inizio di poter beneficiare di una sorta di immortalità: non era forse segnata dal sigillo della tra- scendenza? E poi si è creduta, come certi anziani, troppo vecchia per morire. La Chiesa è eterna per i cattolici: ci sarà sempre un gruppo di fedeli, sia pure sparuto, a costitu- irla. Ma la cristianità è qualcosa di completamente diverso. Si tratta della civiltà ispirata, ordinata, guidata dalla Chie- sa. Sotto questo aspetto possiamo dire che la cristianità è durata sedici secoli, dalla battaglia del fiume Frigido, nel 394, fino alla seconda metà del XX secolo, con il successo dei sostenitori dell’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Le cosiddette riforme sociali sono essenziali per ca-

1 In francese il termine Chrétienté ha l’iniziale maiuscola, che va usata per distinguere le civiltà (Islam come civiltà e islam come religio- ne, per esempio). In italiano abbiamo optato per l’iniziale minuscola, dato che tale distinzione abitualmente non è così categorica (ndc).

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Chantal Delsol – La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo © 2022 Edizioni Cantagalli S.r.l. – Siena

pire l’inizio e la fine. Infatti questa è davvero una civiltà, in altre parole: un certo modo di vivere, una visione dei confini tra il bene e il male.

L’incredibile energia con cui la cultura cristiana lotta da due secoli per non morire dimostra chiaramente che ha davvero formato un mondo, un mondo coerente in tutti gli ambiti della vita, chiamato cristianità. Non sono d’accordo con Emmanuel Mounier quando dice che non c’è stata alcuna civiltà cristiana: «La cristianità è una “spa- ventosa illusione” […]. Il cristianesimo è un’alternativa nel fondo del cuore […], non un consolidamento che si sta- bilisce con il tempo e con il numero»2. Mounier descrive qui il suo desiderio, non certo la realtà. Il cristianesimo ha costruito una civiltà, che è vissuta secondo le sue leggi e i suoi dogmi, tra mille difficoltà, per sedici secoli.

L’eredità controrivoluzionaria

La stagione dei Lumi, che inizia forse molto presto (con Montaigne? con Vico?) e culmina nella grande Rivoluzio- ne, mette in discussione la cristianità, attacca la civiltà cri- stiana, cioè dei modi di essere, una morale, delle convin- zioni profonde.

La Rivoluzione francese non si è potuta compiere se non in opposizione al cristianesimo, che era fin dall’origi- ne e fino a poco tempo fa, ce ne dimentichiamo troppo, il principale nemico della modernità3.

2 e. mounier, Cristianità nella storia, Ecumenica Editrice, Bari 1979, pp. 227-228 (or. fr. Feu la Chrétienté [1950], Desclée de Brouwer, Paris 2013, p. 51).

3 Con l’eccezione, ovviamente, dei protestanti. Il termine cristia- nesimo qui include essenzialmente cattolici e ortodossi.

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Gli storici hanno mostrato chiaramente quanto la Ri- voluzione francese del 1789, che è la quarta del suo genere in Occidente, sia stata particolare rispetto alle precedenti. Le rivoluzioni olandese, inglese e americana, per rove- sciare il vecchio ordine sociale, si sono appoggiate su una base religiosa come Archimede sulla sua leva. In questi tre paesi regnava la religione riformata, che opponeva pochi ostacoli alle nuove idee. La Rivoluzione francese invece poggiava sul nulla, perché la religione cattolica dominan- te ne rifiutava tutti i princìpi, a cominciare dalla libertà e dall’uguaglianza. La conseguenza fu che le prime tre rivo- luzioni non degenerarono in utopie vendicative e ridicole, ma instaurarono regimi stabili e crearono società in cui la politica e la religione potevano appoggiarsi l’una sull’altra. La Rivoluzione francese sfociò invece in una guerra perpe- tua tra la Chiesa e lo Stato, con tutte le sue conseguenze: quando si priva completamente della vita spirituale, la po- litica cade inevitabilmente in eccessi sinistri. Quanto alla Chiesa, ridotta allo stato di nemico pubblico e perenne- mente in rivolta contro le leggi e i costumi, andava lenta- mente indebolendosi.

Le prime rivoluzioni moderne fondate sulla libertà fu- rono delle conquiste protestanti. Per questo le democrazie anglosassoni di oggi non hanno rifiutato i riferimenti re- ligiosi all’interno perfino della politica: non si disdegna la propria culla. D’altra parte, come scrive Pascal Ory:

«La Rivoluzione francese, al contrario delle altre tre, non si è potuta appoggiare a una religione che, questa volta, era cattolica, apostolica e romana. I valori che sosteneva si contrapponevano frontal- mente a quelli del Magistero romano, facendo del-

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la Chiesa cattolica per più di un secolo il principale organismo antiliberale del mondo occidentale»4.

A partire dall’inizio del XIX secolo, infatti, la Chiesa cat- tolica si erge come baluardo contro la modernità. E poiché la libertà moderna si fa strada come un destino ineluttabile e non può crollare, dal momento che sono i suoi avversari a rendersi ridicoli, la Chiesa nel giro di un secolo e mezzo perderà a poco a poco il suo potere, il suo credito e la sua influenza: «I secoli moderni sono una crociata contro il cri- stianesimo», diceva José Ortega y Gasset5. È la caduta della cristianità come civiltà cristiana.

La cristianità come civiltà è il frutto del cattolicesimo, religione olistica, che sostiene una società organica, rifiuta l’individualismo e la libertà individuale. Era naturale che si scontrasse con la modernità e, una volta arrivata quest’ul- tima al proprio apice, il suo destino era quello di scompa- rire. Quando in occasione del Concilio Vaticano II, negli anni ’60 del XX secolo, la Chiesa riconobbe finalmente la libertà religiosa, «rivoluzione copernicana» (J. Isensee) preparata dall’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII, nel 1963, ciò avvenne nel corso di accesi dibattiti interni6. E infatti si trattava addirittura di proclamare esattamente il contrario di quanto aveva decretato Pio IX nel Sillabo,

  1. 4   ory, Qu’est-ce qu’une nation?, Gallimard, Paris 2020, p. 161.
  2. 5  J. ortega y gasset, Il tema del nostro tempo. La vita come dialogo

tra l’io e la circostanza, SugarCo, Milano 1985, p. 116 (or. spagn. El tema de nuestro tiempo. El ocaso de las revoluciones. El sentido histórico de la teo- ría de Einstein, Calpe, Madrid 1923).

6 J.-m. mayeur (dir.), Storia del cristianesimo. Religione-Politica-Cul- tura, vol. 13, Crisi e rinnovamento dal 1958 ai giorni nostri, Borla-Città Nuova, Roma 2002, pp. 79 e 107 (or. fr. Histoire du christianisme, t. XIII, Crises et renouveau, de 1958 à nos jours, Desclée, Paris 2000, pp. 69 e 109).

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un secolo prima… Che cosa significa questo capovolgi- mento, e qual è il suo scopo? Si può capire che la Chiesa non voglia, di fronte agli assalti della modernità, rimanere una fortezza assediata. Tuttavia essa è la sentinella di una verità più che di una reputazione. È molto difficile com- prendere questo evidente cambiamento di rotta, che rati- fica la fine dell’olismo cattolico e un timido ingresso nella società moderna dell’individualismo – poiché significa che «l’uomo deve essere considerato non come l’“oggetto” della vita sociale o come uno dei suoi elementi passivi, ma come il suo “soggetto”, il suo fondamento e il suo fine»7. Tuttavia, anche se la Chiesa avesse voluto, così facendo, riconciliarsi con i tempi, sarebbe stato troppo tardi. La tar- da modernità, che inizia dopo la seconda guerra mondiale, considera la Chiesa come un’istituzione decisamente ob- soleta, perché poggia su una verità e fa uso dell’autorità per sostenerla. Durante la seconda metà del XX secolo e l’inizio del XXI, le divergenze si accumuleranno. Il liberali- smo/libertarismo imperante rappresenta l’esatto opposto del modo di pensare ecclesiale.

Oggi, la stragrande maggioranza del clero e dei fedeli è legata ai moderni princìpi di libertà di coscienza e di re- ligione – tranne qualche piccolo gruppo che peraltro non oserebbe difendere apertamente le proposizioni del Silla- bo. E più ancora: la maggior parte del clero e dei fedeli nutre rammarico e rimpianto ricordando la radicalità del Sillabo.

A partire dall’inizio del XIX secolo incomincia la lun- ga campagna di difesa cristiana. Antoine Compagnon ha mostrato fino a che punto, nei due secoli che ci hanno pre-

7 Ibid., p. 107 (or. fr. p. 110).

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ceduto, abbia sovrabbondato la letteratura antimoderna8. All’interno di questa letteratura, subito dopo la Rivoluzione emerge, e sempre più chiaramente, l’ossessione della fine della cristianità.

Il mio intento non è quello di fare la cronistoria di que- sta presa di coscienza con i suoi drammatici sussulti, ma semplicemente di mostrare, brevemente e a mo’ di in- troduzione, come il pensiero cristiano abbia progressiva- mente rinunciato alla cristianità. Non si può definirlo un tradimento, anche se si tratta di una serie di concessioni, ognuna delle quali vorrebbe essere l’ultima mentre già lascia la porta aperta a quella successiva. Il tradimento in effetti presuppone un’alternativa, ma in questo caso non si vede altra scelta possibile – le soluzioni estreme per salva- re la cristianità sono state tentate nel XX secolo e si sono rivelate peggiori del male. Non si può chiamarlo una ri- nuncia, che presuppone un’indifferenza, una fatica, quan- do si guarda all’estrema combattività, alla fede ardente che anima tutta una genealogia di scrittori cristiani, da Juan Donoso Cortés fino a William Cavanaugh, passando per Jacques Maritain e tanti altri. Questa storia di due secoli segna piuttosto una graduale assuefazione a una situazio- ne inizialmente ritenuta inaccettabile, una lunga catena di compromessi di varia portata e, alla fine, una situazione in cui non resta nulla. È la storia di una sconfitta dove tutto è stato aspramente conteso, ma dove nulla è stato salvato, e come si vedrà, nemmeno l’essenziale: la storia concreta di un’agonia, o se si vuole, di una lotta all’ultimo sangue, persa in anticipo.

8 A. ComPagnon, Gli antimoderni, Neri Pozza, Vicenza 2017 (or. fr. Les antimodernes, Gallimard, Paris 2005).

 

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