Rudolf Rocker, Anarchismo, politica, comunità. Scritti in un tempo di crisi (1919-1947)- Orthotes Editrice -Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Rudolf Rocker, Anarchismo, politica, comunità. Scritti in un tempo di crisi (1919-1947)- Orthotes Editrice –
Descrizione del libro di Rudolf Rocker, Anarchismo, politica, comunità. Gli scritti raccolti in questo libro affrontano un problema delicato per il pensiero anarchico di ogni tempo: il rapporto con la politica. Rudolf Rocker si misurò con questo tema in fasi diverse della sua vita intellettuale e militante, studiando la storia del socialismo e concentrandosi sulla scissione esiziale tra le due ali principali di quella tradizione, che si consumò negli ultimi decenni dell’Ottocento: da un lato, i socialisti che si richiamavano al marxismo immaginavano che si potessero utilizzare le istituzioni statali quale strumento di affrancamento dei lavoratori; da un altro lato, gli anarchici pensavano che l’ambizione di trasformare la politica dello Stato in un’arma di emancipazione degli oppressi finisse invariabilmente nella più prosaica integrazione delle classi subalterne nelle logiche del potere. Si trattava di due paradigmi apparentemente inconciliabili. Lo sviluppo del totalitarismo, tuttavia, costrinse Rocker a interrogarsi coraggiosamente sui cambiamenti epocali che esso aveva determinato, spingendolo a cercare strade alternative per il pensiero e le pratiche anarchiche: tra le macerie del secolo, ipotizzò pertanto che si potesse costruire un rapporto diverso con la politica, finanche con la tanto vituperata democrazia, e tentò di delineare un’inedita prospettiva municipalista.
Rudolf Rocker (1873-1958) è stato uno dei principali esponenti dell’anarchismo tedesco. Esule in Gran Bretagna, alla fine del XIX secolo fu anima del movimento operaio ebraico londinese, cui impresse un tono spiccatamente libertario. Rientrato in Germania dopo la Prima guerra mondiale, prese parte alla Rivoluzione del 1918-19 e in seguito fu tra i protagonisti della rinascita del sindacalismo d’azione diretta. Costretto ad abbandonare di nuovo il suo paese, ormai in mano al nazismo, Rocker si stabilì negli Stati Uniti, dove continuò con inesauribile energia il suo impegno militante, attraverso una gran mole di scritti, discorsi e proposte coraggiose, che contribuirono alla rinascita dell’anarchismo nel secondo dopoguerra.
– Rudolf Rocker (Nato a Magonza nel 1873, Rudolf Rocker iniziò a occuparsi attivamente di politica prima dei vent’anni, avvicinandosi alla corrente dei Jungen, i giovani, che criticavano dall’interno il Partito socialdemocratico di Germania dell’anziano Wilhelm Liebknecht, di Karl Kautsky e August Bebel, invischiati in una politica riformista e parlamentarista che, a loro giudizio, frenava gli aneliti rivoluzionari delle masse sfruttate. Nel Partito si aprì un aspro confronto conclusosi nel 1891 al Congresso di Erfurt, con l’espulsione della corrente minoritaria. Nacque quindi l’Unione dei Socialisti Indipendenti, con il proposito di far convivere le correnti socialiste di sinistra e parte del mondo anarchico. Gli Indipendenti furono molto attivi nelle lotte sociali almeno fino al 1895 e attirarono l’attenzione di polizia e magistratura, che non risparmiarono i mezzi destinati alla repressione. Lo stesso Rocker fu costretto a lasciare il Paese per evitare gli arresti: si stabilì a Parigi, continuando un autonomo processo di formazione sui principali testi dell’anarchismo teorico, per poi trasferirsi a Londra nel 1894.
Sin dagli anni Settanta, la capitale britannica era diventata meta anche di tanti ebrei che sfuggivano alle persecuzioni nell’impero zarista: spesso in transito, per lo più verso le Americhe; non pochi rimanevano, per scelta o per mancanza di alternative e di risorse: affollavano così i quartieri poveri, vivendo in condizioni di estremo bisogno o sfruttati sanguinosamente con lavori privi di qualsiasi garanzia. In tale contesto, gli anarchici locali si facevano promotori di legami nuovi e organizzazione, di accrescimento culturale e morale, attraverso giornali in lingua yiddish, scuole, attività teatrali, sindacati, in un tempo in cui il movimento operaio socialista non era del tutto immune da sentimenti antisemiti. Attivissimo in questo contesto fino alla Prima guerra mondiale, il «goy» (non ebreo) Rocker divenne un leader del movimento e rimase nel ricordo tramandato tra gli operai ebrei dell’East End un vero e proprio «nuovo Mosè».
Allo scoppio della Grande guerra, Rocker fu vittima dell’Aliens Restriction Act approvato dal Parlamento britannico il 5 agosto 1914: fu internato il 2 dicembre 1914; la sua compagna Milly Wittcop (1877-1955), anarchica ucraina, e il figlio maggiore, Rudolf jr., seguirono la sua stessa sorte alcuni mesi dopo, il 28 luglio 1916. Riuscì a tornare in Germania soltanto nel 1918, mentre scoppiava la rivoluzione dei consigli, presto repressa nel sangue in tutto il paese, da Berlino (dove furono assassinati Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht) a Monaco (dove venne tra gli altri trucidato Gustav Landauer).
[di Gianfranco Ragona]
Orthotes è una casa editrice indipendente, plurale e democratica.
Si occupa prevalentemente di saggistica filosofica, considerando il “filosofico” nella sua accezione più semplice e caratteristica, e cioè come uso del sapere a vantaggio degli esseri umani, donne e uomini.
ὅτι μὲν τοίνυν μία γέ τις ἡ ὀρθότης παντὸς ὀνόματος καὶ πρώτου καὶ ὑστάτου…
La casa editrice opera nella convinzione che ogni lavoro culturale ben sviluppato e argomentato sia un lavoro filosofico, inerisca esso alle scienze teoretiche (filosofia, critica, analisi), a quelle pratiche (etica, politica, società), o poietiche (arti musicali, figurative, tecniche).
In funzione di questi principi operativi Orthotes definisce il proprio orientamento, indipendente e non programmatico, cercando di volgere lo sguardo verso la “retta direzione” di un sapere che rischiara e illumina perché di se stesso insegna l’uso.
“Tutto dipende dalla orthotes, dalla correttezza dello sguardo. In virtù di questa correttezza, il vedere e il conoscere diventano retti, cosicché alla fine si rivolgono direttamente all’idea suprema e si fissano in questa direzione. Così dirigendosi l’apprensione si conforma a ciò che deve essere veduto. Questa è l’e-videnza dell’ente. Per effetto di questo adeguarsi dell’apprensione in quanto idein all’idea, si costituisce una omoiosis, una concordanza del conoscere con la cosa stessa. In questo modo dal primato dell’idea e dell’idein sull’aletheia nasce un mutamento dell’essenza della verità”.
Martin Heidegger, Dell’essenza della verità
Orthotes non è già la verità ma il muoversi del capo e degli occhi verso essa. In questo incrociarsi permane lo spazio, l’eccedenza, la distanza che la filosofia ha il compito di colmare.
Orthotes Editrice-La nostra storia
Orthotes nasce come idea nel 2010. La casa editrice è stata l’approdo, per certi versi la soluzione, a cui ha portato il dialogo tra un gruppo di studiosi di filosofia, poi amici, che si sono incontrati per la prima volta a Torino nel marzo del 2010 in occasione di un seminario – durato una settimana – tenuto da Emanuele Severino. Quelle discussioni (delle primissime si ha traccia in un blog che ancora fluttua incontrollato nella rete come lo scheletro del cane Laika a bordo dello Sputnik 2) ruotavano attorno ad alcune questioni poste dal pensiero di Lacan, di Žižek e Stiegler, oltre che da quello di Severino stesso, e in genere alle direzioni che la filosofia contemporanea stava seguendo. Ci accorgemmo però quasi subito che prepotente tornava in superficie un’esigenza: quella di capire se ci fosse, e se sì quale fosse, il luogo ideale per fare filosofia, considerandola come sapere irriducibile alle quattro mura dell’accademia, o a una necessaria individuazione geografica e strumentale (come il laboratorio per lo scienziato, o il tribunale per l’avvocato). Eravamo cioè alla ricerca di uno spazio topologico che potesse funzionare come luogo (al tempo lo definimmo virtuale) altro dall’Università, in cui il sapere filosofico potesse muoversi con maggiore libertà, non informato e intossicato cioè dalle istanze del potere politico ed economico (ci parve un dato di fatto sommamente criticabile in quanto insormontabile).
Convenimmo infine (eravamo alla fine del 2010) che lo spazio di cui andavamo alla ricerca non era già presente o “da occupare”, ma che avremmo dovuto crearlo noi. Una casa editrice (non stavamo ancora considerando gli aspetti operativi, il lavoro era tutto da fare!) era il luogo che avrebbe potuto costituire una stazione meteorologica di analisi del sapere filosofico – e più in generale della cultura contemporanea (storiche rimangono nella mia mente le ore passate a parlare del ruolo del capitalismo o della democrazia a partire da film come RoboCop e 300 o della musica di Cage e delle avanguardie).
Il passaggio fu repentino: individuato l’ideale della casa editrice come base del nostro comune lavoro di ricerca sullo statuto del sapere, e poi facendo di essa la traccia silenziosa della nostra frequentazione, delle letture, delle proposte, fummo in grado di trasformare questo sapere (rispetto al quale lo spazio editoriale sarebbe stato il nucleo di emanazione) in un saper fare qualcosa (di questo sapere).
A inizio 2011 Luisa Muraro accettò di lasciarci pubblicare un suo libro (che aveva visto la luce molti anni prima e solo come dispensa), e stampammo in una micro tiratura di sole 50 copie Tre lezioni sulla differenza sessuale (il primo libro pubblicato da Orthotes). Era un libro ancora solo per noi e pochi altri. Un tentativo di orientamento. In breve seguì una ristampa di 300 copie. E di lì a qualche mese vennero le prime traduzioni (Il resto indivisibile di Žižek e Emancipazione/i di Laclau, Reincantare il mondo di Stiegler, etc.). Poi nel febbraio 2012, soddisfatti di quanto stavamo facendo, Orthotes venne ufficialmente fondata. Da quei primi anni a oggi il passo è stato breve. Ci siamo semplicemente lasciati trascinare dall’onda su cui eravamo saliti. Quella che continua a srotolarsi potente sotto di noi.
Ancora qualcosa sul nome Orthotes. Dalla primissima idea di un luogo (Ort in tedesco), siamo passati a quella di correttezza del vedere (orthotes). Questa è possibile quando, ovunque si sia, si fissi nella giusta direzione. Ma, ci tengo a sottolineare, è la direzione a essere giusta, non ciò verso cui si volge lo sguardo, che continua a restare lontano e dunque confuso, inafferrabile.
E allora potremmo fermarci a dire, provvisoriamente, che non esistono luoghi della verità in quanto tale. Sta tutto a noi. Sono la nostra apprensione, il nostro orientamento, a dirci se la strada per casa è quella giusta.
Orthotes è così: questo spazio di tentativi, supposizioni, approssimazioni e possibilità aperte dal sapere e che precedono ciò verso cui tutti gli sforzi tendono (tenderanno) a convergere.
Diego Arturo Giordano
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