Ugo Panella – Raccontare l’Afghanistan-Biblioteca DEA SABINA

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Ugo Panella-Fotografo
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Ugo Panella- Raccontare l’Afghanistan

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Raccontare l’Afghanistan è come fare un viaggio tra conflitti, umanità, violenza e droga. I signori della guerra, padroni del paese, hanno fatto dell’Afghanistan la loro cassaforte personale, oltre che spogliato la popolazione civile di qualunque diritto e futuro. Dal 1979, anno dell’invasione sovietica, non c’è mai stato un solo giorno di pace. Guerre e massacri sono da allora l’aspra quotidianità di chi è costretto a vivere in condizioni provvisorie e inventarsi una possibilità di sopravvivenza. Dopo la cacciata dell’Armata Rossa nel 1989, i Talebani presero il potere a metà degli anni ‘90 e lo mantennero fino al 2001, anno dell’abbattimento delle Torri Gemelle.

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Massud “il leone del Panshjir”, artefice della vittoria sui sovietici e successivamente contro i talebani con il suo esercito dei Mujaheddin, venne eliminato dai servizi segreti occidentali per impedirgli di realizzare una rivoluzione in proprio, che sarebbe stata destabilizzante per i molteplici interessi economici in gioco.

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Nel 2001 intervennero l’Alleanza del Nord e i contingenti internazionali per cercare di imporre un assetto politico che garantisse loro un’adeguata presenza sul territorio. Un territorio che è stato da sempre appetibile, da Alessandro Magno agli Inglesi, e anche oggi chi controlla l’Afghanistan controlla di fatto i confini di Cina, Pakistan, India e Russia.

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Ugo Panella-Fotografo-KANDAHAR, AFGHANISTAN – OCTOBER 13: (EDITORS NOTE: Image contains graphic content.) Asan Bibi, 9, (R) and her sister Salima,13, (L) stand in the hallway of Mirwais hospital October 13, 2009 Kandahar, Afghanistan. Both were burned when a helicopter fired into their tent in the middle of the night on October 3rd, according to their father. Three members of the family were killed in the incident. The family belongs to the Kuchi ethnic tribe, nomads living in tents out in the open desert whom are very vulnerable to a war they have little understanding of. Mirwais hospital in Kandahar city is the largest regional hospital in the area, supported by the ICRC and the Afghan government it caters to most of the war wounded in the most hostile part of the country. A recent U.N. report has described 2009 as the deadliest year in terms of civilian casualties in Afghanistan ever since the start of the U.S.-led war against Taliban in the country. In his latest report presented to the Pentagon, Gen. Stanley McChrystal, the U.S. top commander emphasized the need for winning the hearts and minds of the Afghans. The Taliban are now staging suicide attacks and IED blasts in densely populated areas to create a bigger impact as more of Afghan’s war wounded hit the headlines. (Photo by Paula Bronstein/Getty Images)

Oltre agli interessi strategici militari, geopolitici ed economici, fondamentale è il controllo del traffico di eroina, che attualmente rappresenta circa l’80% del PIL nazionale e che fa dell’Afghanistan un narco-Stato. L’Afghanistan è infatti un paese strozzato da un’economia sempre più povera: agricoltura e pastorizia (un tempo principali risorse) sono state compromesse da un territorio disseminato di mine antiuomo e quindi difficilmente coltivabile.

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A Kabul, l’ospedale della Croce Rossa, diretto da Alberto Cairo, ospita centinaia di vittime di queste mine costruite con l’intento di non uccidere ma di mutilare mani, braccia e gambe.

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Questo, a grandi linee, è il panorama politico e umano che costringe l’Afghanistan a sopravvivere al “grande gioco” che le potenze straniere decidono non per portare la pace e la democrazia, ma per una cinica visione del mondo.

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In tale scenario, le donne afgane rappresentano la parte sana di una società che subisce gli eventi. Lavorano, crescono i figli, si scontrano spesso contro una realtà che le vorrebbe sottomesse ed invisibili. Questa loro forza produce futuro

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Ugo Panella-Fotografo
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Ugo Panella ha iniziato la carriera di fotogiornalista documentando i conflitti del Centro America alla fine degli anni ’70, in particolare la guerra civile in Nicaragua e più tardi quella in Salvador. 

La sua passione per la fotografia di denuncia e di impegno civile lo ha in seguito portato in vari luoghi del mondo, dove la vita quotidiana è fatta di violenza e dove la dignità umana non ha valore. 

In Egitto, al Cairo, ha raccontato la vita in un cimitero abitato da un milione di senzatetto che hanno fatto delle tombe la loro dimora; in Bangladesh, la fatica di migliaia di uomini che nel porto di Chittagong smantellano navi cargo a due dollari al giorno. Sempre in Bangladesh, in collaborazione con Renata Pisu, l’inviata di Repubblica, ha fatto conoscere all’opinione pubblica mondiale la condizione di migliaia di ragazze sfigurate dall’acido solforico perché rifiutano le “avances” di uomini violenti. L’inchiesta, ripresa dalle maggiori testate internazionali, ha costretto il governo di quella nazione ad introdurre pene gravissime per chi si rende responsabile di tali crimini.

Con Soleterre Onlus (soprattutto in Ucraina, ma anche in Marocco, Salvador e Guatemala) ha realizzato un reportage sui tumori infantili derivanti da disastri ambientali, illustrando i progetti sanitari e l’assistenza alle famiglie dei bambini malati; mentre in Italia grande scalpore ha destato la sua foto-inchiesta nell’istituto psichiatrico Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello, in Calabria, dove centinaia di persone vivevano in condizioni di abbandono. Quest’ultimo progetto è stato poi tradotto nel libro fotografico “In direzione ostinata e contraria” e in una mostra itinerante.

Ugo Panella-Fotografo
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Ugo Panella è un profondo conoscitore dell’Afghanistan e delle persone che ci vivono, tra paura e resistenza tenace a un regime che toglie diritti e libertà. Da molti anni documenta i progetti di microcredito della Fondazione Pangea Onlus in quel paese.

Ha lavorato anche in Albania, India, Sri Lanka, Filippine, Oman, Cipro, Palestina, Somalia, Etiopia, Sud Africa, Iraq, Ucraina e Sierra Leone. Il suo ultimo lavoro è dedicato ai flussi migratori in Africa, soprattutto da Mali, Nigeria, Gambia e Senegal. 

Nel 2009, a Sarzana, ha ricevuto il premio al fotogiornalismo Eugenio Montale.

Fonte Blog Pane e Scorpioni

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