I poeti lavorano? Sulla precarietà e il mestiere del poeta | L’Altrove-Biblioteca DEA SABINA
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I poeti lavorano? Sulla precarietà e il mestiere del poeta | L’Altrove-
Nel panorama culturale contemporaneo, la figura del poeta è permeata da una serie di immagini ideologiche e storiche che si riflettono nel modo in cui la società percepisce la sua attività. Il poeta è spesso visto come un “creatore” che vive nel distacco dalla realtà materiale, immerso in un mondo ideale, al di fuori delle logiche economiche che governano le altre professioni. Tuttavia, la realtà di molti poeti non è quella di una vita consacrata solo all’arte, ma quella di una figura costantemente in bilico tra l’attività letteraria e lavori più o meno precari, volti a garantirne la sopravvivenza economica. In questo saggio, si analizzerà il rapporto tra poesia ed economia, esplorando le modalità con cui i poeti riescono a mantenersi, le sfide del mercato editoriale e il lavoro precario che caratterizza la loro esistenza, attraverso esempi storici e contemporanei.
Lavorare per scrivere: una necessità antica
L’idea che il poeta non abbia bisogno di lavorare è una costruzione culturale piuttosto recente e idealizzata. Se si guarda alla tradizione occidentale, si scopre che fin dai tempi antichi i poeti hanno dovuto conciliare la scrittura con il lavoro. Esiodo, uno dei primi poeti della Grecia arcaica, si presenta come agricoltore; Virgilio, celebrato cantore dell’età augustea, fu sostenuto economicamente dal mecenatismo imperiale. Dante Alighieri fu coinvolto nella vita politica fiorentina prima dell’esilio, e Francesco Petrarca ebbe incarichi diplomatici e ecclesiastici. Giovanni Boccaccio lavorò come impiegato e ambasciatore, incarichi che gli garantivano un sostentamento regolare.
Anche nella modernità la condizione del poeta non è stata mai quella di un professionista nel senso economico. Leopardi, sebbene nobile, fu costantemente alla ricerca di impieghi presso corti e biblioteche. Giovanni Pascoli fu insegnante per tutta la vita, e Gabriele D’Annunzio, pur godendo di fama e privilegi,
affidò spesso a mecenati e amanti benestanti.
L’immaginario del poeta: dal Romanticismo alla realtà
Nel XIX secolo, la figura del poeta era quella di un individuo “divino”, ispirato e dotato di una sensibilità unica. Il poeta romantico viveva spesso ai margini della società, ma la sua marginalità era quasi mitizzata, visto che l’arte che produceva veniva considerata espressione pura di un genio superiore. L’immaginario collettivo ha perpetuato questa visione, dove il poeta è rappresentato come un essere estraneo alle necessità quotidiane, lontano dalla logica del guadagno. Tuttavia, se guardiamo alla storia, vediamo che i poeti non sono mai stati estranei alla necessità di un lavoro economico. Lo stesso Leopardi, uno dei più grandi poeti italiani, visse una vita segnata da difficoltà economiche. Sebbene sia noto per le sue opere filosofiche e poetiche, Leopardi lavorò come correttore di bozze e svolse altre mansioni, come il restauro di manoscritti, per guadagnarsi da vivere.
Oggi, però, la figura del poeta non ha più l’aura romantica di un tempo, e la necessità di mantenersi economicamente si fa sempre più urgente. La precarietà economica dei poeti contemporanei è uno degli aspetti che più di ogni altro caratterizza la vita dei creatori di poesia.
Il mercato editoriale contemporaneo e la precarietà del poeta
Il mercato editoriale contemporaneo è particolarmente ostico per i poeti, che sono costretti ad affrontare una realtà di scarsità di risorse e di una domanda limitata. La poesia, purtroppo, non ha più la stessa rilevanza commerciale che ha avuto in passato, e la pubblicazione di una raccolta poetica non garantisce un reddito sufficiente a sostenere un autore. A conferma di questa tendenza, secondo l’ISTAT, la maggior parte degli scrittori in Italia guadagna meno di 10.000 euro l’anno dalla propria attività letteraria, il che li costringe a cercare altre fonti di reddito.
Un altro fattore che contribuisce alla precarietà dei poeti è la logica del “mercato delle idee” che permea l’editoria contemporanea. Molti poeti si trovano a dover “adattare” la propria produzione per rispondere alle richieste del mercato, spesso rinunciando alla libertà creativa in cambio di maggiore visibilità o guadagni. Questo aspetto di compromesso tra arte e commercio ha suscitato molte riflessioni nel mondo della critica. Pierre Bourdieu, nel suo saggio La distinzione, ha analizzato come le dinamiche economiche influenzino il campo culturale, con la cultura che diventa sempre più un “bene di consumo”, soggetto alle stesse leggi del mercato. La poesia, quindi, diventa un prodotto che deve confrontarsi con le logiche di domanda e offerta.
- Lavori e vita quotidiana dei poeti: esempi storici e contemporanei
Un aspetto interessante è l’evoluzione dei lavori che i poeti svolgono per mantenersi. Sebbene la figura del poeta possa sembrare isolata dal mondo del lavoro, molti autori storici hanno dovuto affrontare la necessità di procurarsi un reddito attraverso attività diverse dalla scrittura. Si pensi, per esempio, a Eugenio Montale, che pur essendo uno dei maggiori poeti italiani del Novecento, lavorò come impiegato alle ferrovie, un lavoro che gli permetteva di sostenere economicamente la sua attività poetica. La sua carriera letteraria, infatti, si sviluppò parallelamente a una vita segnata da impegni professionali lontani dal mondo dell’arte.
Giuseppe Ungaretti fu docente universitario e giornalista. Pier Paolo Pasolini fu insegnante, romanziere, regista, sceneggiatore: la sua produzione letteraria fu sempre accompagnata da un’intensa attività intellettuale e pubblica. Aldo Palazzeschi, che proveniva da una famiglia agiata, poté dedicarsi più liberamente alla scrittura, ma anche lui scrisse per giornali e riviste per mantenersi. Amelia Rosselli, figura centrale della poesia del secondo Novecento, lavorò come traduttrice, editor e musicista, e solo in tarda età ottenne un certo riconoscimento istituzionale. Un altro esempio è quello di Umberto Saba, il cui mestiere di libraio fu essenziale per garantire la sua autonomia economica. Sebbene il suo lavoro non fosse direttamente legato alla poesia, Saba sfruttò il suo contatto con i libri e gli scrittori per alimentare la sua passione letteraria. La sua attività di libraio gli consentì di vivere in un ambiente stimolante e di fare della poesia un’attività secondaria, seppur fondamentale per la sua identità.
Oggi, i poeti italiani contemporanei si trovano a fare i conti con una realtà simile, ma amplificata dalla precarietà del lavoro intellettuale. Molti di loro sono anche insegnanti, traduttori, giornalisti, curatori editoriali o lavorano nel campo della comunicazione. Le figure di poeti come Maria Grazia Calandrone o Franco Arminio sono emblematiche di come il poeta moderno, pur essendo un autore rispettato, debba reinventarsi continuamente per sopravvivere economicamente. Calandrone, oltre a scrivere, è stata per anni curatrice di eventi letterari e svolge un’intensa attività di sensibilizzazione culturale, mentre Arminio è noto per la sua attività di scrittore e per la sua costante presenza come divulgatore culturale, con un’intensa attività pubblica legata alla promozione della poesia.
La condizione dei poeti precari: la moltiplicazione dei ruoli
Un fenomeno che sta prendendo piede nella società contemporanea è quello della moltiplicazione dei ruoli per i poeti, che sono costretti a diversificare continuamente la propria attività professionale. La figura del poeta contemporaneo non è più quella di un autore che vive solo di scrittura, ma quella di un intellettuale che si impegna in molteplici attività collaterali. Se da un lato questo moltiplicarsi di impegni può essere visto come una forma di creatività e adattabilità, dall’altro rappresenta una spia della precarietà in cui vivono molti poeti. Ad esempio, molti poeti contemporanei sono anche critici letterari, insegnanti di scrittura creativa, moderatori di eventi culturali e autori di testi per la televisione o per il web.
In un articolo apparso su “Il Post” nel 2016, si legge che molti poeti contemporanei italiani non vivono della propria scrittura: tra gli esempi citati vi sono Mariangela Gualtieri (fondatrice del Teatro Valdoca, dunque anche drammaturga), Franco Buffoni (accademico e traduttore), Milo De Angelis (insegnante di lettere), Valerio Magrelli (docente universitario e saggista). Persino figure molto stimate come Vivian Lamarque hanno mantenuto lavori paralleli (psicologa, insegnante) per sostenersi.
Un recente studio condotto da “Jacobin Italia” sottolinea come il poeta oggi sia costretto a muoversi in una dimensione “semi-amatoriale”: pubblicazioni con piccole case editrici, letture pubbliche retribuite con gettoni simbolici, occasioni di visibilità legate a premi letterari che spesso non garantiscono stabilità. Il “mercato” della poesia in Italia è sostanzialmente asfittico: nonostante un notevole fermento creativo, la distribuzione è limitata, e i circuiti accademici o editoriali sono ristretti.
Il poeta come lavoratore culturale
In questo contesto, è utile inquadrare la figura del poeta come “lavoratore culturale”. L’espressione, cara ad alcuni movimenti degli anni Settanta, definisce chi produce beni simbolici non direttamente valorizzabili sul mercato. Il poeta lavora, dunque, ma il suo lavoro non è riconosciuto come tale: non riceve tutele, contributi previdenziali, compensi proporzionati.
Il caso di Alba Donati è emblematico. Poetessa, critica, operatrice culturale, ha fondato una biblioteca in un borgo toscano (Lucignana), la “Libreria sopra la Penna”, diventata simbolo di resilienza culturale. Il suo lavoro poetico si intreccia con un’attività organizzativa, imprenditoriale e comunicativa. Tuttavia, anche nel suo caso, il successo è arrivato grazie a una molteplicità di ruoli e iniziative, non solo alla scrittura poetica in senso stretto.
Scrittura e sopravvivenza: strategie e percorsi
Molti poeti e poetesse scelgono di lavorare nell’insegnamento, nell’editoria, nel giornalismo, nella traduzione. Si pensi a Nadia Agustoni, che affianca alla scrittura poetica il lavoro redazionale; o a Laura Pugno, che ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid e lavora nell’ambito delle politiche culturali. La poeta Elisa Biagini insegna scrittura creativa e letteratura anglo-americana, e tiene laboratori in Italia e all’estero.
L’autonomia economica della poesia passa anche attraverso nuove forme di produzione e diffusione: reading performativi, crowdfunding, autopubblicazione, festival. Alcuni poeti lavorano nel teatro, nella musica, nell’arte visiva, creando contaminazioni che permettono visibilità e reddito.
Il nodo politico ed estetico della marginalità
La marginalità economica della poesia solleva interrogativi profondi: è solo una questione di mercato o riflette una crisi più ampia del valore simbolico nella società contemporanea? L’economista e saggista Mariana Mazzucato ha parlato dell’importanza di ridefinire cosa consideriamo “valore” nel capitalismo contemporaneo: in quest’ottica, il poeta incarna una figura che produce valore culturale e spirituale, ma che non trova riscontro nei parametri economici attuali.
D’altra parte, la stessa marginalità è stata rivendicata come forma di resistenza. Giovanna Cristina Vivinetto ha sottolineato come la poesia rappresenti uno spazio di libertà espressiva, in grado di sfuggire alle logiche dell’utile. Ma tale “libertà” ha un costo, e spesso si traduce in instabilità, isolamento, sacrifici materiali.
Quale riconoscimento per il lavoro poetico?
Alcuni paesi prevedono forme di sostegno agli scrittori e poeti: borse di studio, residenze, premi statali. In Italia, la “Legge Bacchelli” garantisce un vitalizio a cittadini illustri che si trovano in stato di necessità economica; tra i beneficiari, anche poeti e scrittori come Mario Luzi. Ma si tratta di eccezioni e non di un sistema strutturale.
Occorre invece pensare a un riconoscimento sistemico del lavoro intellettuale e poetico: tutele previdenziali, compensi adeguati per letture pubbliche, laboratori, pubblicazioni; politiche culturali che valorizzino la poesia non solo come patrimonio, ma come pratica viva e generativa.
Le difficoltà economiche e professionali spingono i poeti a farsi “tuttofare” della cultura: il poeta non è più solo un creatore di versi, ma un operatore culturale a 360 gradi, chiamato a lavorare in contesti sempre più eterogenei e a rispondere a richieste non sempre legate alla poesia. Come ha sottolineato Alfonso Berardinelli, uno dei più importanti critici letterari italiani, “il poeta del nostro tempo è spesso un ‘artista-problema’, costretto a confrontarsi con un mondo che non ha più bisogno di lui come simbolo di purezza o di separazione dal quotidiano, ma come produttore di contenuti che possano rispondere alle esigenze di un mercato in continua evoluzione”.
Il mestiere del poeta oggi
Alla luce di queste considerazioni, la domanda “I poeti lavorano?” trova una risposta affermativa, ma con un significato nuovo. I poeti non sono più figure isolate che vivono nella torre d’avorio della poesia, ma professionisti che devono affrontare le difficoltà economiche di un mercato in continua mutazione. Il poeta moderno è costretto a moltiplicare i suoi impegni e a trasformarsi in una figura versatile che non solo scrive, ma si impegna anche in molteplici attività culturali per sopravvivere. Sebbene la poesia non abbia mai avuto un alto ritorno economico, la sua funzione sociale e culturale rimane di grande valore. In un’epoca in cui la cultura è sempre più mercificata, il poeta si trova ad essere un operaio del pensiero e delle parole, costretto a lavorare in un campo che non garantisce un reddito stabile. Tuttavia, nonostante le difficoltà, la poesia continua a essere una delle forme artistiche più pure e autentiche, e i poeti, pur tra mille difficoltà, mantengono intatto il loro impegno verso l’arte e la cultura.
FONTE-L’Altrove è un Blog di poesia contemporanea italiana e straniera
L’Altrove -Chi siamo
“La poesia non cerca seguaci, cerca amanti”. (Federico García Lorca)
Con questo presupposto, L’Altrove intende ripercorrere insieme a voi la storia della poesia fino ai giorni nostri.
Si propone, inoltre, di restituire alla poesia quel ruolo di supremazia che ultimamente ha perso e, allo stesso tempo, di farla conoscere ad un pubblico sempre più vasto.
Troverete, infatti, qui tutto quello che riguarda la poesia: eventi, poesie scelte, appuntamenti di reading, interviste ai poeti, concorsi di poesia, uno spazio dedicato ai giovani autori e tanto altro.
Noi de L’Altrove crediamo che la poesia possa ancora portare chi legge a sperimentare nuove emozioni. Per questo ci auguriamo che possiate riscoprirvi amanti e non semplici seguaci di una così grande arte.
Dalila e Daniela, le fondatrici.
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