Hermann Hesse-Poesie- Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Hermann Hesse-Poesie-
IO TI CHIESI
Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste.
“Tienimi per mano”
Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle…
Tienila stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto…
Tienimi per mano…
portami dove il tempo non esiste…
Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano…
nei giorni in cui mi sento disorientato…
cantami la canzone delle stelle dolce cantilena di voci respirate…
Tienimi la mano,
e stringila forte prima che l’insolente fato possa portarmi via da te…
Tienimi per mano e non lasciarmi andare…
mai…
Felicità: finché dietro a lei corri
non sei maturo per essere felice,
pur se quanto è più caro tuo si dice.
Finché tu piangi un tuo bene perduto,
e hai mete, e inquieto t’agiti e pugnace,
tu non sai ancora che cos’è la pace.
Solo quando rinunci ad ogni cosa,
né più mete conosci né più brami,
né la felicità più a nome chiami,
allora al cuor non più l’onda affannosa
del tempo arriva, e l’anima tua posa.
CANZONE DI VIAGGIO
Sole, brilla adesso dentro al cuore,
vento, porta via da me fatiche e cure!
Gioia più profonda non conosco sulla terra,
che l’essere per via nell’ampia vastità.
Verso la pianura inizio il mio cammino,
sole mi fiammeggi, acqua mi rinfreschi;
per sentire la vita della nostra terra
apro tutti i sensi in festa.
SCRITTO SULLA SABBIA
Che il bello e l’incantevole
Siano solo un soffio e un brivido,
che il magnifico entusiasmante
amabile non duri:
nube, fiore, bolla di sapone,
fuoco d’artificio e riso di bambino,
sguardo di donna nel vetro di uno specchio,
e tante altre fantastiche cose,
che esse appena scoperte svaniscano,
solo il tempo di un momento
solo un aroma, un respiro di vento,
ahimè lo sappiamo con tristezza.
E ciò che dura e resta fisso
non ci è così intimamente caro:
pietra preziosa con gelido fuoco,
barra d’oro di pesante splendore;
le stelle stesse, innumerabili,
se ne stanno lontane e straniere, non somigliano a noi
– effimeri-, non raggiungono il fondo dell’anima.
No, il bello più profondo e degno dell’amore
pare incline a corrompersi,
è sempre vicino a morire,
e la cosa più bella, le note musicali,
che nel nascere già fuggono e trascorrono,
sono solo soffi, correnti, fughe
circondate d’aliti sommessi di tristezza
perché nemmeno quanto dura un battito del cuore
si lasciano costringere, tenere;
nota dopo nota, appena battuta
già svanisce e se ne va.
Così il nostro cuore è consacrato
con fraterna fedeltà
a tutto ciò che fugge
e scorre,
alla vita,
non a ciò che è saldo e capace di durare.
Presto ci stanca ciò che permane,
rocce di un mondo di stelle e gioielli,
noi anime-bolle-di-vento-e-sapone
sospinte in eterno mutare.
Spose di un tempo, senza durata,
per cui la rugiada su un petalo di rosa,
per cui un battito d’ali d’uccello
il morire di un gioco di nuvole,
scintillio di neve, arcobaleno,
farfalla, già volati via,
per cui lo squillare di una risata,
che nel passare ci sfiora appena,
può voler dire festa o portare dolore.
Amiamo ciò che ci somiglia,
e comprendiamo
ciò che il vento ha scritto
sulla sabbia.
SULL’AMORE
Si chiama amore ogni superiorità,
ogni capacità di comprensione,
ogni capacità di sorridere nel dolore.
Amore per noi stessi e per il nostro destino,
affettuosa adesione ciò che l’Imperscrutabile
vuole fare di noi anche quando
non siamo ancora in grado di vederlo
e di comprenderlo –
questo è ciò a cui tendiamo.
PERCHE’ TI AMO
Perché ti amo, di notte son venuto da te
così impetuoso e titubante
e tu non me potrai più dimenticare
l’anima tua son venuto a rubare.
Ora lei e’ mia – del tutto mi appartiene
nel male e nel bene,
dal mio impetuoso e ardito amare
nessun angelo ti potrà salvare.
TI PREGO
Quando mi dai la tua piccola mano
Che tante cose mai dette esprime
Ti ho forse chiesto una sola volta
Se mi vuoi bene?
Non è il tuo amore che voglio
Voglio soltanto saperti vicina
E che muta e silenziosa
Di tanto in tanto, mi tenda la tua mano
IL PRINCIPE
Volevamo costruire assieme
una casa bella e tutta nostra
alta come un castello
per guardare oltre i fiumi e i prati
su boschi silenti.
Tutto volevamo disimparare
ciò che era piccolo e brutto,
volevamo decorare con canti di gioia
vicinanze e lontananze,
le corone di felicità nei capelli.
Ora ho costruito un castello
su un’estrema e silenziosa altura;
la mia nostalgia sta là e guarda
fin alla noia, ed il giorno si fa grigio
– principessa, dove sei rimasta?
Ora affido a tutti i venti
i miei canti arditi.
Loro devono cercarti e trovarti
e svelarti il dolore
di cui soffre il mio cuore.
Devono anche raccontarti
di una seducente infinita felicità,
devono baciarti e tormentarti
e devono rubarti il sonno –
principessa, quando tornerai?
VIENI CON ME
Vieni con me!
Devi affrettarti però –
sette lunghe miglia
io faccio ad ogni passo.
Dietro il bosco ed il colle
aspetta il mio cavallo rosso.
Vieni con me! Afferro le redini –
vieni con me nel mio castello rosso.
Lì crescono alberi blu
con mele d’oro,
là sogniamo sogni d’argento,
che nessun altro può sognare.
Là dormono rari piaceri,
che nessuno finora ha assaggiato,
sotto gli allori baci purpurei –
Vieni con me per boschi e colli!
tieniti forte! Afferro le redini,
e tremando il mio cavallo ti rapisce.
SONO UNA STELLA
Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
che mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell’orgoglio e dall’orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.
ANNIVERSARIO
Nel suo vecchio splendore ardente
ed in tutto lo sfarzo voluttuoso
oggi si alza davanti a te l’intero sogno
di quella notte calda d’estate.
E tremando di passioni trasognate,
premi disperandoti con feroce ardore
le piene, belle, spesso baciate
e rosse labbra sulla mia immagine.
STANCO D’AMORE
Nei rami s’addormenta cullando
il vento stanco. La mia mano
lascia un fiore rosso sangue
morire lacerato sotto un sole rovente.
Ho già visto fiorire e morire
molti fiori;
vengono e vanno gioie e dolori,
e custodirli nessuno può.
Anch’io ho sparso
nella vita il mio sangue;
non so però, se mi dispiace,
so solo, che sono stanco.
ROSA PURPUREA
Ti avevo cantato una canzone.
Tu tacevi. La tua destra tendeva
con dita stanche una grande,
rossa, matura rosa purpurea.
E sopra di noi con estraneo fulgore
si alzò la mite notte d’estate,
aperta nel suo meraviglioso splendore,
la prima notte che noi godemmo.
Salì e piegò il braccio oscuro
intorno a noi ed era così calma e calda.
E dal tuo grembo silenziosa scrollasti
i petali di una rosa purpurea.
COME PESANO
Come pesano queste giornate!
Non c’è fuoco che possa scaldare,
non c’è sole che rida per me,
solo il vuoto c’è,
solo le cose gelide e spietate,
e perfino le chiare
stelle mi guardano sconsolate
da quando ho saputo nel cuore
che anche l’amore muore.
Biografia di Hermann Hesse-Scrittore tedesco (Calw, Württemberg, 1877 – Montagnola, presso Lugano, 1962). Autore tra i più significativi della prima metà del Novecento, nelle sue opere esplorò i territori della ricerca spirituale individuale spingendosi oltre ogni convenzione culturale e letteraria. Influenzato di lontano dal pietismo fiorito nella patria sveva, si rivolse al mondo orientale alla ricerca di un’umanità purificata, al di là dei contrasti del mondo moderno; determinante a tale riguardo fu l’incontro con la psicanalisi. Premio Nobel per la letteratura nel 1946, tra le sue opere più importanti occorre citare Demian (1919), Siddhartha (1922) e Der Steppenwolf (1927).
Figlio di un missionario protestante e della figlia di un missionario cultore di orientalistica, fu anch’egli avviato a studi teologici, che però non concluse. Dedito stabilmente alla letteratura a partire dal 1904, si trasferì in Svizzera, di lì intraprendendo viaggi fra cui particolarmente importante quello compiuto in India nel 1911. Durante la prima guerra mondiale, cui fu avverso quale pacifista e antinazionalista, si occupò di assistenza ai prigionieri. Divenne cittadino svizzero nel 1923. Fra i molti riconoscimenti che ottenne nella seconda parte della sua lunga vita figura anche il premio Nobel per la letteratura (1946).
<em>Esordì con Romantische Lieder (1899), iniziando una maniera che ha fatto parlare di lui come dell'”ultimo paladino del Romanticismo”. Seguirono, sotto pseudonimo, Hinterlassene Schriften und Gedichte von Hermann Lauscher (1901), fogli di diario di un sognatore alla ricerca di una via per uscire dal proprio isolamento. Dopo le due biografie Franz von Assisi e Boccaccio (1904), prima autentica affermazione di H. fu il Peter Camenzind (1904). Autobiografico è il successivo romanzo Unterm Rad (1906). Melanconica ironia si nota nei racconti riuniti in Diesseits (1907), Nachbarn (1908), Umwege (1912) e Schön ist die Jugend (1916). Patetiche vicende di esseri umani infelici per naturale disposizione o per altrui incomprensione presentano i romanzi Gertrud (1910) e Rosshalde (1914), fra i quali cronologicamente si colloca il libro di memorie Aus Indien (1913). Al termine della guerra, pubblicava sotto pseudonimo (Emil Sinclair) il romanzo Demian (1919), contro il mondo fatiscente della borghesia. Sulla medesima traccia, ma con toni ancora più spietati specie in ordine alla critica sociale, si pone qualche anno dopo il romanzo Der Steppenwolf (1927), opera fondamentale nel suo genere, biografia di un individuo scisso in una doppia personalità, personaggio emblematico di una civiltà, come quella borghese postbellica, traversata da flussi di follia. Su un’altra linea è invece Siddhartha (1922), che segue la via che il figlio di un bramino percorre verso la purificazione, cui tenne dietro, sospeso fra sogno e realtà, il romanzo di ambiente medievale Narziss und Goldmund (1930). Il racconto surrealistico Die Morgenlandfahrt (1932) preannuncia il romanzo simbolistico Das Glasperlenspiel (1943), opera dal piano assai ambizioso, con un messaggio per la civiltà del futuro che risulta però di difficile decifrabilità. Ha lasciato inoltre altre numerose opere di saggistica, memorialistica, oltre a una vasta produzione lirica cui attese durante tutto il corso della vita (raccolta pressoché definitivamente nei due volumi di Gedichte del 1942 e 1947).
FONTE–Istituto della Enciclopedia Italiana