Poesie di Leopold Staff prestigioso autore è considerato un maestro della poesia polacca-Biblioteca DEA SABINA
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Poesie di Leopold Staff prestigioso autore è considerato un maestro della poesia polacca
Leopold Staff è nato nell’attuale Ucraina all’epoca dell’Impero austro-ungarico, il prestigioso autore è considerato un maestro della poesia polacca, forse il più influente di tutto il ventesimo secolo.Fu un rappresentante del classicismo e del simbolismo, mostrando nel corso della sua cinquantennale carriera letteraria una grande disponibilità al cambiamento.
SERA
(Leopold Henryk Staff)
Sto sdraiato su una barca
nel silenzio della sera.
Stelle sopra di me,
stelle sotto di me
e stelle dentro di me.
TOLSTOJ
Tolstoj scappò dalla tristezza,
aveva tutto, dunque non aveva niente.
Vado felice nell’afa delle strade,
padrone della mia ombra.
PRIMAVERA
Siedo nel giardino.
Tutto è vecchio da sempre.
Il sole, gli alberi, i fiori.
Solo io sono giovane,
come mio nipote,
come tanti nipoti,
perché ve n’è molti.
Ridono di me.
Anche io.
DOS MOI POU STO
Voglio toccare il cielo, ma la mia scala è troppo corta.
Come poggiarla a terra?
Ah, poter arrivare alle nuvole!
ULTIMO DELLA MIA GENERAZIONE
Ultimo della mia generazione,
gli amici diletti ho seppelliti.
Ho visto come cambia la vita e come
la vita sono cambiato anch’io.
Ho guardato al futuro con serenità,
ho amato l’uomo e la natura,
ho venerato la franchezza e la libertà
fratello delle nubi alla ventura.
No, non mi hanno adescato gli osanna,
la fama, una statua marmorea.
Resterà di me una deserta stanza
e una quieta, taciturna gloria.
Poesie di Leopold Staff tradotte da Paolo Statuti
Ars poetica
Un’eco dal cuore sussurra:
“Prendimi prima ch’io languisca,
Che diventi diafana, azzurra,
Che impallidisca, che sparisca!”
Come una farfalla l’afferro,
Non già per sbalordire il mondo,
Ma per render l’attimo eterno,
Perché tu comprenda a fondo.
E il verso che viene dal bardo,
Vestito di suoni e d’arcano,
Sia limpido come uno sguardo,
Sia come una stretta di mano.
1932
Gli alberi alti
Oh, degli alberi alti che c’è di più bello,
Forgiati dalla sera nel bronzeo tramonto,
Sul rivo che prende i colori d’un vanello,
E che il verde riflesso fa sembrar più fondo.
L’odore dell’acqua, glauco all’ombra, oro al sole,
Nel senzavento assonnato ondeggia a stento,
Mentre i grillini dalle campestri dimore
Tritano la quiete con forbici d’argento.
Poi tutto tace, la solitudine affoga,
Già scuro diventa degli alberi l’ombrello,
Dal quale come spettro l’anima si snoda…
Oh, degli alberi alti che c’è di più bello!
1936
* * *
Quando il vento a dicembre è più acuto e freddo,
Quando già gozzovigliano le bufere,
E la terra irrigidisce sotto la neve
E la vita e la morte vanno a braccetto;
Quando la notte la sua vetta ha toccato
E tutto il mondo grida il suo dolore:
A un tratto sentiamo – noi Iperbòrei –
Quel grido incredibile: “Il Signore è nato!”
Oh, prodigio! Sempre Dio quando è dicembre
Nasce! Ma è poi vero, nasce realmente,
Se questa voce si rinnova ogni anno?
Infelici! ciechi! sordi! In verità
Il Dio eterno nasce dall’Eternità,
E può il mondo generarlo – senza affanno?
1927
Giordano Bruno
Come possiamo onorare Giordano Bruno
E la sua opera così preclara,
Per questo ci vorrebbe un fulmine,
Che desse al mondo la scossa necessaria.
Considerate se anche voi avete
Nel cuore e nella voce il suo fuoco,
Perché lui si onorò con le fiamme,
Con le quali si rivestì sul rogo.
1954
* * *
Ultimo della mia generazione,
Gli amici diletti ho seppelliti.
Ho visto come cambia la vita e come
La vita sono cambiato anch’io.
Ho guardato al futuro con serenità,
Ho amato l’uomo e la natura,
Ho venerato la franchezza e la libertà
Fratello delle nubi alla ventura.
No, non mi hanno adescato gli osanna,
La fama, una statua marmorea.
Resterà di me una deserta stanza
E una quieta, taciturna gloria.
1957
Uomo
Leggo la storia
E vedo cosa hai fatto
Per millenni, o Uomo!
Hai ucciso, hai ammazzato,
E continui a meditare
Come farlo meglio.
Mi domando se sei degno
D’essere scritto con la maiuscola.
1957
Un’occhiata al futuro
Dunque come si scrive un grande verso?
Non scialacquando comete nel cielo
E neanche attaccando il cavallo Pegaso
A una biga, turbando la quiete dell’universo.
Ma battendo il tuo cuore con la mano
Sotto i tasti delle costole, come con le biade,
Pensando al pane che sfamerà i tuoi
E il forestiero – il pane eterno e quotidiano.
Battere col pugno il petto, come campana bronzea,
Finché di parole tremende non sia gonfio:
Oppressione, schiavitù, tirannia, galera!
E come fiume di sangue un canto da te non sgorgherà,
Che negli spazi grida come bandiera
Dell’uomo l’amore e dell’uomo la libertà.
Leopold Staff
Leopold Staff nacque il 14 novembre 1878 a Lwów e morì il 31 maggio 1957 a Skarżysko Kamienne. Debuttò nel 1901 con la raccolta di versi “Sny o potędze” (Sogni di potenza). Seguirono: “Dzień duszy” (Il giorno dell’anima, 1903), „Ptakom niebieskim” (Agli uccelli celesti, 1905), „Gałąź kwitnąca” (Il ramo in fiore, 1908), “Uśmiechy godzin” (I sorrisi delle ore, 1910), “W cieniu miecza” (All’ombra della spada, 1911), “Łabędź i lira” (Il cigno e la lira, 1914). Nelle prime raccolte del giovane poeta troviamo non solo “silenzi, ricordi, sospiri”, come egli scrive in una poesia, ma anche un’intera collezione di motivi e immagini del modernismo. Conformemente alla moda dell’epoca, Staff cantava la tristezza del mondo e dell’anima. Il paesaggio dell’autunno e della notte parlava del mondo interiore dell’uomo, del “mare tenebrarum” dell’anima. Le visioni delle “città buie”, dei “tetri boschi”, dei temporali, delle tenebre, dicono che la vita del subcosciente non è armonia, ma caos, è scontro di istinti che si contrappongono. Scaturisce da queste immagini la coscienza della imperfezione, della disarmonia e addirittura la “bassezza” e la “bestialità” dell’uomo. Ma l’importanza e il posto di Staff nella poesia polacca non furono determinati da questa esperienza malinconica e crepuscolare, ma bensì dalla sua successiva rinuncia a queste immagini e stati d’animo convenzionali che egli stesso del resto aveva coltivato. Un nuovo eroe lirico prende il posto del decadente rassegnato. L’amore per la vita diventa il principale postulato, la nuova parola d’ordine delle nuove tendenze. Dopo il rifiuto del Nirvana e della Morte, Staff – come una notevole parte degli scrittori del tempo, tra cui Żeromski, Brzozowski, Berent, Korczak, si assume il compito di creare nuovi valori esistenziali, un nuovo modello di uomo, un nuovo “mondo di elementi”, rifiutando la debolezza umana e la “paura del mondo”. Tutto ciò trova particolarmente espressione nel poema filosofico “Il maestro Twardowski”, e in alcune liriche famose, come ad es. “Il fabbro”, in cui il protagonista forgia il suo “temprato, valoroso, forte e fiero” cuore, o “Il cavaliere” che si batte per il suo destino umano, o ancora il poema “Adamo” del 1914, in cui l’eroe oltre a lottare per la trasformazione del suo mondo interiore, lotta anche per la trasformazione di quello esteriore.
Nella raccolta “Ścieżki polne” (Sentieri di campagna), uscita nel 1919, e in molti altri versi scritti dopo la guerra, Staff crea figure ancora più indipendenti, come l’eroe-viandante e l’eroe-artefice, mostrando come nel lavoro-lotta l’uomo conquista la fierezza, l’orgoglio, raggiunge l’armonia e la pienezza della vita.
Staff portò nella poesia della “Giovane Polonia” – movimento letterario nato alla fine del secolo e durato fino al 1914 circa – una nota di ottimismo, di vitalità che ne ravvivò l’atmosfera decadente. Egli inoltre “tenne a battesimo” i poeti dello “Skamander” – Iwaszkiewicz, Lechoń, Wierzyński, Słonimski e Tuwim, cioè i poeti di quella corrente letteraria che si svolse dopo il 1919 e il cui contributo fu decisivo per la rinascita della poesia polacca dopo l’indipendenza riconquistata nel 1918.
Nel 1927 uscì la sua raccolta “Ucho igielne” (Cruna d’ago) e nel 1932 – “Wysokie drzewa” (Gli alberi alti). Nel 1936 apparve il volume “Barwa miodu” (Il colore del miele), di cui fa parte la lirica “Ars poetica” che può essere considerata come un compendio del programma poetico di Staff in quel periodo della sua creazione.
Pur traendo ispirazione anche dal movimento simbolista, Staff mantenne di fronte ad esso la sua indipendenza, affermando che la parola non doveva essere soltanto il mezzo per suggerire un’immagine o una impressione, ma anche il mezzo per raggiungere una piena comprensione tra lettore e poeta. Su quest’uso della parola, più vicino alla concezione propria ai classici, Staff ha eretto l’edificio della sua poesia. Il suo classicismo si nutre ugualmente dei poeti francesi del XVI e XVII secolo, ch’egli ha tradotto. L’architettura di Roma, Venezia, Firenze, la scultura antica, Michelangelo e la pittura del Rinascimento si fondono nella sua poesia con il paesaggio polacco. L’espressione poetica di Staff andò continuamente evolvendosi: egli si compiace di creare nuove parole, rime preziose. “I poeti – ha scritto Mieczysław Jastrun – di solito si fossilizzano nelle proprie abitudini e predilezioni formali, perfezionando la maniera iniziata nella giovinezza. Staff invece ha sempre cambiato, rinnovato i mezzi d’espressione, ha arricchito la sua tematica assieme alle nuove generazioni di poeti”.
La cultura di Staff fu vasta e veramente europea. Egli compì anche magistrali versioni da varie letterature – dall’italiano ad es. tradusse i Fioretti di san Francesco, prose di Leonardo e poesie di Michelangelo.
Nel 1946 uscì “Martwa pogoda” (Tempo morto) e nel 1954 “Wiklina” (Il vimine). La sua ultima opera “Dziewięć muz” (Le nove muse) fu pubblicata postuma nel 1958. Soprattutto la raccolta “Il vimine” fu per gli amanti della sua poesia un’autentica sorpresa per la diversità dello stile e della visione del mondo. Ecco cosa scrisse in proposito il poeta Mieczysław Jastrun: “Il mondo di Staff, finora così sicuro, incastonato nella tradizione umanistica, comincia a vacillare. Attraverso i veli squarciati e le forme infrante si vede un più autentico autoritratto del poeta , come se egli avesse rivoltato il suo abito di gala, senza spaventarsi del fatto che proprio lui, che sembrava scolpire il marmo, ha iniziato a intrecciare comuni ceste di vimini e che in quelle ceste ha cominciato a trasportare pietre”.
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