Il Castello di Boccea sorge sul “fundus Bucciea” che domina la valle del fiume Arrone e il fondo denominato anticamente “Ad Nimphas Catabasi”, sito al decimo miglio dell’antica via Cornelia,(domina il ristorante i SALICI sito sulla via Boccea). Si accede da una via sterrata all’interno della campagna e, come d’incanto, si vedono i resti del vecchio castello, luogo dove albergano le fiabe e ciò che rimane di una architettura delle allucinazioni per chi ha voglia di emozioni, le grandi emozioni, con un percorso iniziatico alla fantasia. Della vecchia costruzione , oltre ai cunicoli e gallerie, è visibile il Torrione, costruito in pietra selce e mattoni con rinforzi di possenti barbacani, necessari per contenere ed arginare il progressivo cedimento del banco tufaceo che costituisce la base naturale del fabbricato. Il Castello domina i boschi dove, nel 260 d.C. furono martirizzate S.s. Rufina e Seconda, mentre nelle vicinanze, al XIII miglio della stessa via Cornelia, nel 270 d.C. sotto l’Imperatore Claudio il Gotico, subirono il martirio Mario e Marta con i figli Audiface ed Abachum, famiglia nobile di origine persiana, come si legge nel Martirologio Romano”Via Cornelia melario terbio decimo ad urbe Roma in coementerio ad Nimphas, sanctorum Marii, Marthae, Audifacis et Abaci, martyrum”. Le prime tracce cartacee documentali del Castello si trovano nella bolla di Papa Leone IV, conservata negli archivi vaticani,tomo I pag. 16, con la quale si conferma la donazione al monastero di San Martino del “fundus Buccia” e delle chiese dei Santi Martiri Mario e Marta. Il Papa Adriano IV nel 1158 confermò alla basilica vaticana il Castello e i fondi di Atticiano, Colle e Paolo. In un antico atto conservato in Vaticano, al fascicolo 142,si legge che nel 1166 Stefano, Cencio e Pietro, fratelli germani e figli del fu Pietro di Cencio, cedettero a Tebaldo, altro fratello, la loro porzione del Castello di “Buccega”. Sempre dal medesimo archivio si apprende che Giacomo, Oddo, Francesco e Giovanni di Obicione, Senatori di Roma nell’anno 58 ( 1201), stabilivano che la basilica di San Pietro possedesse e godesse tutti i beni e gli abitanti del Castello di Buccia fossero sotto la protezione del Senato. Si stabilì che anche i canonici del Castello usufruissero dei privilegi e consuetudini accordati ai loro vicini, cioè come l’esercitavano nei loro castelli i figli di Stefano Normanno, Guido di Galeria e Giacomo di Tragliata (Vitale, “Storia diplomatica dei Senatori di Roma”, pag. 74 ). Da una bolla di Gregorio IX del 1240 si ha notizia di un incendio che distrusse il Castello e che il Pontefice ordinò di prelevare il denaro necessario alla ricostruzione direttamente dal tesoro della Basilica Vaticana (Bolla vaticana Tomo I, pag.124).In un lodo del 1270,che tratta di una lite di confini della tenuta,si menziona tra i testimoni Carbone,Visconte del Castello di Boccea. Il Castello subì nel 1341 l’attacco di Giacomo de’ Savelli, figlio di Pandolfo che, dopo averlo preso, scacciò gli abitanti e lo incendiò. Papa Benedetto XII, che era ad Avignone, scrisse al Rettore del patrimonio di San Pietro di”costringere quel prepotente a risarcire il danno”. Dopo il saccheggio da parte del Savelli il luogo rimase deserto secondo il Nibby mentre il Tomassetti, nella sua opera (pag.153) ci descrive il castello e la tenuta ancora abitato da una popolazione di 600 anime, cifra ricavata dalle quote sulla tassa del sale dell’anno 1480/81, durante il papato di Sisto IV. Della trasformazione da Castello a Casale di Boccea, moderna denominazione, si trova traccia nel Catasto Alessandrino del 1661,dove la costruzione viene indicata come “Casale con Torre”. Va ricordato che da 20 ettari di uliveto di Boccea si produceva l’olio destinato ai lumi della Basilica Vaticana, come si può desumere dalla cartografia seicentesca di G.B.Cingolani dove si legge”seguita a destra il procoio pure detto delle Vacche Rosse del Venerabile Capitolo di San Pietro, chiamato Buccea, olium Buxetum”. Attualmente il Casale di Boccea è in ristrutturazione con destinazione turistico-alberghiera, con un grande ristorante nel quale troneggia un imponente camino seicentesco in pietra. Altre tracce del passato sono i vari stemmi papali inseriti nei muri ed un frantoio manuale di recente ritrovamento, del tutto simile a quelli del Castello della Porcareccia e di Santa Maria di Galeria. – articolo e foto di FRANCO LEGGERI
Castello di BocceaCastello di BocceaCastello di BocceaCastello di BocceaCastello di BocceaCastello di BocceaCastello di BocceaCastello di BocceaCastello di BocceaCastello di BocceaCastello di Boccea
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo-Superficie di calpestio con i resti lasciati dall’Uomo
ROMA -Municipio XIII-CASTEL di GUIDO -Prima della Storia, il Paleolitico –
Associazione Cornelia Antiqua
Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali. Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo ! Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Riassunto –In questa Ottava Campagna di scavo sono stati scoperchiati 70 mq della superficie frequentata dall’Uomo durante il Paleolitico inferiore ed i risultati conseguiti sostanzialmente non modificano quanto era stato notato in precedenza.-(Atti Soc. Tosc. Sci.Nat.,Mem.,Seria A,95 (1988)-
Abstract – The eight excavation at the Palaeolithic site 01 Castel di Guido. This excavation brought to light 70 p/m of an area which was frequented by human beings during the Lower Palaeolithic. The results of such an excavation do not alter what was previously pointed aut.
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo-Biffacciali in osso(1/2 grandezza naturale)
Nel mese di settembre del 1988 ha avuto luogo l’ottava campagna di scavo nella stazione del paleolitico inferiore sita a Castel di Guido, a circa venti km da Roma sulla Via Aurelia. Hanno preso parte a questa campagna di scavo il tecnico del Dipartimento di Scienze Archeologiche Ivano Bigini, una decina di studenti dell’Università di Pisa e di Roma, alcuni membri dell’Archeo-Club pisano e il geologo Dott. Giovanni Boschian di Trieste.
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo- Particolare di un clasto di tufo giacente sulla Tufite.
Si è proceduto con gli operai ad asportare, su un’area di 70 mq, il deposito a tufite in direzione della presumibile testata della vallecola, tufite che copriva per circa un metro di spessore la superficie di calpestio dell’uomo del paleolitico inferiore. Questa tufite, nella campagna precedente non era stata asportata con i mezzi meccanici perché conteneva parte di almeno due carcasse di elefante antico, i cui resti erano disposti caoticamente, generalmente in posi-zione inclinata ; si rinvennero pure alcune zanne che con un’estremità arrivavano a contatto con la formazione a sabbia che costituisce, come noto, il piano di calpestio dei cacciatori del paleolitico inferiore.Lungo la zona situata alla base della parete est del deposito era- no presenti numerosi grossi clasti di tufo a scorie nere, alcuni giacenti direttamente sulla sabbia, al di sopra di uno stradello di tufite e infine alcuni sovrapposti. Questo fatto lascia adito all’ipotesi che l’alto morfologico naturale non debba distare molto dalla superficie di scavo ed inoltre dopo la formazione della valle per sgretolamento in diversi momenti del tufo, si sia avuta la deposizione di detti clasti sino alla copertura del deposito con la tufite la quale avrebbe trascinato gli ultimi frammenti di tufo che troviamo sovrapposti. In questa parte dello scavo vi sono scarsi i reperti lasciati dall’uomo che, pur giacendo direttamente sopra la sabbia, erano contenuti in una formazione di circa cinque cm di spessore, costituita da sabbie più o meno “ferrettizzate” e da minuti clasti lacustri, condizione di giacitura questa, per la quale si potrebbero anche avanzare alcune ipotesi. Allo stato attuale della ricerca preferisco, però, attendere lo scoperchiamento completo dell’alto sul lato est, che certamente porterà dati utili per l’interpretazione di questa situazione caotica rispetto alla regolare sedimentazione che si nota nella parte centrale e comunque distante dai due alti morfo- logici che delimitano ad est e ad ovest la vallecola. La superficie a sabbia presenta una lieve inclinazione, che era già stata notata nella campagna precedente (MALLEGNI et alii, 1986), da sud verso nord- est dove si nota una faglia inversa che ha determinato uno scalino di circa venti cm nella formazione a sabbia.
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo- Clasti di tufo alla base dell’alto morfologico Est.
I dati emersi da questa ottava campagna di scavo nulla aggiungono, di nuovo, a quanto era stato rilevato con gli scavi del 1985 in merito al meccanismo di deposizione dei resti lasciati dall’uomo e precisamente «l’aspetto del giacimento quale noi lo conosciamo è in realtà l’assetto finale risultato di una dinamica evolutiva dipendente da un processo erosivo differenziale continuato; questo ha mantenuto esiguo lo spessore del giacimento asportando i materiali più sottili, sabbiosi, distruggendone altri, e provocando magari a più riprese il disseppellimento degli oggetti più grossolani. Questo processo avrebbe avuto come risultato una sorta di «compressione» dello spessore del giacimento: oggetti cronologicamente differenti, anche se culturalmente omogenei, verrebbero oggi a trovarsi affiancati; si potrebbe così spiegare la grande variabilità nell’aspetto superficiale»(PITTI et alii, 1986). Infatti, come già si è detto nelle precedenti Comunicazioni, (LONGO et alii, 1981; FORNACIARI et alii, 1982; PITTI et ahi, 1983, 1984, 1986; RADMILLI, 1985), spesso si rinvengono nei frammenti ossei e negli strumenti ricavati da osso caratteri superficiali completamente diversi che vanno da una patina molto fresca ad una patina che denota un alto grado di alterazione chimica. È verisimile, però, che l’alterazione chimica sia soprattutto dovuta al “percolato”, nel tempo, delle acque che attraversarono la tufite che ricoprì la superficie frequentata dall’uomo, anziché al fattore tempo, perché anche se non siamo in grado di valutare quanto a lungo la valle sia stata un luogo, seppure stagionale, di sosta dei cacciatori paleolitici è, altresì ,probabile che questo sito non sia stato frequentato per millenni.
Le caratteristiche fisiche superficiali degli oggetti avevano fatto dubitare, inizialmente, della loro posizione in sito, quindi, si è avuto il modo di accertare, data la vasta area finora scavata, che i reperti, siano essi manufatti o frammenti ossei, sono depositati direttamente sulla formazione a sabbia, cioè sulla superficie di calpestio dei cacciatori del paleolitico inferiore, che hanno una posizione orizzontale, in alcuni casi le ossa sono in connessione anatomica. Inoltre è molto significativo il fatto che ,spesso, gli strumenti ed i ciottoli calcarei sono stati rinvenuti in un’area ristretta. L’assenza degli scarti di lavorazione viene a documentare, come già si è detto (RADMILLI, 1985),che siamo in presenza di una stazione usata dai cacciatori paleolitici come luogo per la macellazione degli animali e ciò, fra l’altro, si rileva da alcune ossa che presentano i caratteristici segni dovuti alla macellazione, oltre al fatto che, per la posizione che occupavano nell’animale vivente, le ossa finora rinvenute vengono a documentare una selezione, ad opera dell’uomo, di parti dell’animale abbattuto che, staccate dal corpo, venivano portate nell’«accampamento».
Questa situazione, si capisce, non esclude la possibilità che alcune delle ossa provengano dalla tufite soprastante che aveva trascinato quanto rinveniva nel suo movimento, ivi compresi i resti ossei ed i manufatti, culturalmente omogenei a quelli della nostra stazione, che erano presenti sulla superficie soprastante la nostra valle. Infatti, anche se con una percentuale minima (2%) (controllabile perché su di ogni reperto è stato posto un segno distintivo della sua giacitura) la posizione verticale o inclinata, la giacitura seppure su un sottile velo di tufite di alcune ossa e manufatti, la posizione di alcune zanne di elefante che furono trovate al di sopra di alcune ossa più piccole direttamente a contatto con la sabbia, sono tutte prove della provenienza di alcuni oggetti dalla tufite.
Ma da questa situazione al dire, com’è stato detto agli studenti da un mio amico geologo “Quaternarista”, che la tufite è paragonabile alla pasta di una torta nella quale i pinoli vanno sempre a fondo (non i pinoli, in realtà, ma l’uvetta) e pertanto non si tratta di una giacitura primaria dei reperti poggianti sulla formazione a sabbia, bensì della loro provenienza dalla tufite è se non altro azzardato, perché il nostro geologo «ghiottone» visitò lo scavo quando i reperti erano stati asportati e pertanto non ha avuto il modo di accertare le condizioni della loro giacitura, ché ,altrimenti, avrebbe certamente emesso un altro giudizio, non lasciando, così, nell’incertezza alcuni studenti e purtroppo anche alcuni dei miei collaboratori.
Lo scavo ha restituito cinquecento settantuno reperti tra frammenti ossei e manufatti e questi ultimi costituiscono il 10% sul totale degli oggetti rinvenuti. Le ossa appartengono in prevalenza ad un elefante antico, quindi, al bove primigenio, al cavallo ed a rari cervi, cioè a specie la cui presenza, con le stesse percentuali, era stata notata già nelle precedenti campagne di scavo. I reperti provenienti dalla tufite sono rappresentati, per la loro caratteristica deposizione, da due zanne di elefante, da un frammento di cranio e una mandibola ,sempre di elefante, da due frammenti ossei di Bos e da tre manufatti. Tutti gli altri oggetti sono in sito.
Nella categoria degli strumenti sono presenti manufatti su calcare selcioso, su selce, questi ultimi generalmente di piccole e piccolissime dimensioni quali un bifacciale di selce il cui asse maggiore è di 4,4 cm, e su osso. Per la lavorazione degli strumenti su osso venivano usati “scheggioni” staccati da ossa lunghe di elefante ed in due bifacciali il tallone laterale presenta le tipiche caratteristiche della tecnica del distacco di tipo clactoniano. Quest’anno sono stati rinvenuti cinque bifacciali, di cui quattro con patina fresca, ed il quinto con superficie alterata per azione chimica. Mentre nei bifacciali su osso, che erano stati rinvenuti nelle precedenti campagne di scavo, era sempre presente il tallone conservato, quest’anno, invece, due esemplari presentano il tallone asportato mediante distacco di schegge ed in tutte e cinque gli esemplari la lavorazione conferisce loro un profilo lievemente sinuoso (Fig. 3). Abbiamo così ancora una volta la prova che per avere una conoscenza quanto più vicina alla realtà sulle caratteristiche della tipologia e della tecnologia dei manufatti necessita scavare su un’area quanto più vasta possibile. I bifacciali finora rinvenuti a Castel di Guido, sia quelli su osso, che quelli su calcare selcioso rientrerebbero, per la tecnica di lavorazione, nell’acheuleano medio ma oggi noi sappiamo, soprattutto dopo lo studio dell’industria acheuleana di Torre in Pietra come per la distinzione in acheuleano antico, medio e superiore o evoluto non siano sufficienti le sole caratteristiche tecnologiche e tipologiche, perché proprio a Torre in Pietra sono stati trovati associati bifacciali che per la loro tecnica di lavorazione apparterrebbero sia all’acheuleano medio che a quello superiore.
Fra gli strumenti ossei sono presenti alcuni che hanno un ritocco molto scadente lungo uno dei margini e alcuni esemplari confermano il distacco delle schegge dalla diafisi mediante la tecnica clactoniana. Nell’industria litica, oltre ai consueti ciottoli non lavo- rati, alcuni di siltite, e quindi in cattivo stato di conservazione, sono stati trovati una ventina di strumenti ricavati da piccoli ciottoli, per la cui definizione tipologica mi sembra necessario sia opportuno ultimare lo scavo e avere così una visione completa di questa «micro industria» che sappiamo accompagnare i “macro strumenti” in alcune industrie del paleolitico inferiore. Sono stati, inoltre, rinvenuti alcuni ciottoli rotti a metà lungo l’asse minore, un chopper, un chop – ping tool, quattro ciottoli con ritocco lungo un margine ed un bifacciale su calcare selcioso. Un altro esemplare proviene dalla tufite soprastante . Anche quest’anno, come nelle campagne precedenti, alcuni brevi tratti della superficie di calpestio erano privi di reperti ed il significato di questa assenza probabilmente si potrà conoscere a scavo e studio ultimati.
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo-Resti ossei contenuti nella Tufite.
BIBLIOGRAFIA
RADMILLI A.M., MALLEGNI F., LONG a E., MARIANI R. (1980) – Reperto umano con industria acheuleana rinvenuto presso Roma. Atti Soc. Tosc. Se. Nat., Mem., Ser. A, 86, 203-214.
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FORNACIARI G., MALLEGNI F., PITTI C., RADMILLI A.M. (1982) – Seconda campagna di sca- vo nella stazione del paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. Se. Nat., Mem., Ser. A, 88, 287-301.
PITTI C., RADMILLI A.M. (1983) – Terza campagna di scavo nella stazione del paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. Se. Nat., Mem., Ser. A, 89, 179-187.
MALLEGNI F., MARIANI-COSTANTINI R., FORNACIARI G., LONGO E., GIACOBINI G., RAOMILLI A.M. (1983) – New european fossi! hominid material from an acheulean site near Rome (Castel di Guido). Am. lour. Phys. Anthrop., 62, 263-274.
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PITTI C., RAOMILLI A.M. (1986) – Sesta campagna di scavo nella stazione del Paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. SCo Nat., Mem., Ser. A, 92, 339-350.
MALLEGNI F., RAOMILLI A.M. (1987) – Settima campagna di scavo nella stazione del Paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. SCoNat., Mem., Ser. A, 93, 235-251.
MALLEGNI F., RAOMILLI A.M. (1988) – Human temporal bone from the lower Palaeolithic site of Castel di Guido, near Rome, Italy. Am. lourn. Phys. Anthrop., 76, 175-) 82.
(ms. preso il 15 dicembre 1988; ult. bozze il 31 dicembre 1988)
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ROMA ABBACCHIO ROMANO la produzione dei Borghi Castel di Guido e Fiumicino TESTA di LEPRE
Riferimenti gastronomici: - l’Abbacchio Romano, il giovanissimo agnello lodato da Giovenale con la frase stupenda«… il più tenero del gregge, vergine d’erba, più di latte ripieno di sangue…» fa parte del repertorio di secondi piatti della cucina tradizionale romana e laziale. Riferimenti storici, che risalgono a tempi antichissimi: A Campo Vaccino fin dal 300 si teneva il mercato degli abbacchi, degli agnelli, dei castrati e delle pecore. – Nei regesti farfensi del secolo X troviamo le norme che regolavano gli stazzi ed i ricoveri per gli ovini. – I Papi, dopo la caduta dell’Impero Romano, vietarono alle pecore di pascolare in tutta la Campagna Romana, prima di Sant’Angelo di settembre (29 settembre) ed imposero l’uscita da tutto il territorio, a Sant’Angelo di maggio (3 maggio), quindi il bestiame si rimetteva in movimento per raggiungere i freschi pascoli degli Appennini e sfuggire alla calura estiva. – Nel 17 ottobre 1768 fu emanato un editto firmato dal Cardinale Carlo Rezzonico, per regolare la vendita degli abbacchi. – Padre Zappata nel suo saggio sull’abbacchio, tratto dal volume «Roma che se va» del 1885, descrive le lotte ingaggiate nei secoli precedenti, tra mercanti di campagna che intendevano abbacchiare (uccidere gli abbacchi) ed il governo pontificio che intendeva quanto meno frenare o addirittura proibire l’iniziativa dal mese di settembre fino alla settimana di passione. – La Repubblica romana nel 1798 sancì la libertà di abbacchiare- – Trinchieri in «Vita di pastori nella Campagna Romana» anno 1953, scrive che «per un gregge di 4000 pecore occorre un’estensione di pascolo di circa 430 rubbia nel periodo invernale, mentre in quello primaverile (dal 16 marzo al 24 giugno) sono sufficienti 400 rubbia». Riferimenti culturali: – Ercole Metalli, nel suo libro «Usi e costumi della campagna romana», anno 1903, mette in risalto, nel descrivere la masseria, che è «il Buttero, a trasportare a Roma abbacchi»; – Dalla raccolta di usi e di consuetudini vigenti nella provincia di Roma della CCIAA dell’anno 1951, al capitolo X, si mettono in evidenza i modi, le forme di contrattazione, di compra-vendita degli abbacchi; – Nel catalogo-mostra «I nostri 100 anni» documenti fotografici dell’agro romano, troviamo numerose fotografie sulla pastorizia; una in particolare riporta «l’abbacchiara», mezzo utilizzato per il trasporto degli abbacchi morti. 4. Riferimenti statistici: – Nel 1598 furono consumati a Roma 73.000 agnelli – Nel 1629 furono consumati a Roma 165.797 agnelli su di una popolazione che contava 115.000 anime. – Nicola Maria Nicolaj, nella sua stima, dal titolo «Memorie, leggi ed osservazioni sulle campagne e sull’Annona di Roma», Roma 1803, volume III, cap. «Scandaglio della spesa e fruttato di un anno d’una massaria di pecore bianche vissane composta di capi num. 2.500 … presi i ragguagli sopra diverse massarie dell’Agro Romano … spese …introito: rimangano num. 1540 agnelli da vendersi al macello, quali possono valutarsi sc. 1.80 uno per l’altro, che in tutto scudi 2772». – la tenuta di Castel di Guido: da una comunicazione tra il direttore dell’azienda e la sede centrale del Pio Istituto viene riportato che nel mese di ottobre del 1969 l’azienda ha consegnato alle dispense ospedaliere 4209 abbacchi, 16 animelle – la tenuta di Castel di Guido: dalla contabilità di masseria siglata dal Vergaro e dal direttore nel 1958, nel 1960, nel 1965 e nel 1967 si riscontra la produzione e la vendita di abbacchi. Fonte : -Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali- – Pittori dell’ottocento e Campagna Romana- _Piatti tipici della Regione Lazio-
Riferimenti sociali ed economici, quali la presenza di produttori che da anni effettuano questo tipo di produzione: – la tenuta di Castel di Guido: da una comunicazione tra il direttore dell’azienda e la sede centrale del Pio Istituto viene riportato che nel mese di ottobre del 1969 l’azienda ha consegnato alle dispense ospedaliere 4209 abbacchi, 16 animelle – la tenuta di Castel di Guido: dalla contabilita’ di masseria siglata dal Vergaro e dal direttore nel 1958, nel 1960, nel 1965 e nel 1967 si riscontra la produzione e la vendita di abbacchi.
La carne di “Abbacchio Romano” deve essere immessa al consumo provvista di contrassegno, costituito dal logo riportato in calce al presente disciplinare, a garanzia dell’origine e dell’identificazione del prodotto. La marchiatura deve essere effettuata al mattatoio. La carne è posta in vendita al taglio o confezionata, secondo i tagli di cui all’art. 5. La confezione reca obbligatoriamente sulla etichetta a caratteri di stampa chiari e leggibili, oltre al simbolo grafico comunitario e relative menzioni in conformità alle prescrizioni del normativa comunitaria vigente e alle informazioni corrispondenti ai requisiti di legge le seguenti ulteriori indicazioni: – la designazione “Abbacchio Romano” deve essere apposta con caratteri significativamente maggiori, chiari, indelebili, nettamente distinti da ogni altra scritta ed essere seguita dalla menzione Indicazione Geografica Protetta e/o I.G.P; - il nome, la ragione sociale, l’indirizzo dell’azienda produttrice; – il logo deve essere impresso sulla superficie della carcassa, in corrispondenza della faccia esterna dei tagli; - il logo è costituito da un perimetro quadrato composto da tre linee colorate, verde, bianco e rosso, interrotto in alto da una linea ondulata rossa che si collega ad un ovale rosso all’interno del perimetro e contenente una testa di agnello stilizzata. Il perimetro è interrotto, in basso, dalla scritta a caratteri maiuscoli rossi “I.G.P.”. In basso, all’interno del perimetro quadrato, è riportata l’indicazione del prodotto “ABBACCHIO” in caratteri maiuscoli di colore giallo, e “ROMANO” a caratteri maiuscoli di colore rosso. I riferimenti di colore espressi in pantone sono riportati all’Art.9. È vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista. E’ tuttavia ammesso l’utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a marchi privati, purché questi non abbiano significato laudativo o siano tali da trarre in inganno il consumatore, dell’indicazione del nome dell’azienda dai cui allevamenti il prodotto deriva, nonché di altri riferimenti veritieri e documentabili che siano consentiti dalla normativa comunitaria, nazionale o regionale e non siano in contrasto con le finalità e i contenuti del presente disciplinare. La designazione “Abbacchio Romano ” deve figurare in lingua italiana.
CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”
ROMA La VILLA ROMANA delle COLONNACCE di Castel di Guido, “Il Giardino Antico”
Castel di Guido-I visitatori che in questi giorni , a seguito delle varie manifestazioni organizzate dalla LIPU, sono stati ospiti del GAR a Villa Romana delle Colonnacce e qui guidati dal mitico Archeologo Luca nel tour tra gli scavi archeologici. Durante la visita alla Villa Romana molti ospiti sono stati incuriositi dalla presenza di alcuni alberi , muniti di cartello con la relativa descrizione di Plinio, che si trovano nell’angolo in fondo all’area archeologica sono alcuni esemplari di : CIPRESSO,LECCIO,FRASSINO e NOCCIOLO.
CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”
Questi alberi sono qui a testimoniare che, tra fine dell’età repubblicana e primi decenni dell’epoca imperiale, come si può anche leggere nelle Opere di Plinio il Vecchio, Plinio il Giovane, Catone e Columella , il giardinaggio non è più considerato una occupazione produttiva, ma anche attività svolta per piacere e diletto. Celebre il brano di Plinio il Vecchio: “I decoratori di giardini distinguono, nell’ambito del mirto coltivato, quello tarantino a foglia piccola, il nostrano a foglia larga, l’esastico a fogliame densissimo, con le foglie disposte a file di sei” ed ancora: “Esistono anche dei platani nani, che sono costretti artificialmente a rimanere di piccola altezza”.
Nota e foto sono di Franco Leggeri
Il mitico LUCA- Archeologo GAR-Veterano di Villa delle ColonnacceCASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”CASTEL DI GUIDO, VILLA ROMANA DELLE COLONNACCE : “Il Giardino Antico”
Dott.ssa Giuseppina Castagnetta -Presidente Municipio XIII di ROMA CAPITALE
Roma- 18 febbraio 2018-Il Municipio XIII rende nota a tutta la cittadinanza la riapertura del Mausoleo di Castel Di Guido detto di Antonino Pio, dopo circa quindici anni di chiusura al pubblico. Un risultato di grande valore per il territorio e per i suoi cittadini. Si tratta di uno dei luoghi storici e archeologici più importanti del territorio e parco archeologico dell’Aurelia.
Esso fa infatti parte di un più ampio sito di età romana, che comprende la villa e l’azienda agricola, forse attribuibile all’imperatore Antonino, anch’esso da riportare alla luce. Sul mausoleo fu poi edificata la chiesa dello Spirito Santo, tutt’oggi in funzione, che ne ricalca il perimetro e che fu anche chiesa templare. Così, dopo oltre un decennio di chiusura, che lo ha di fatto sottratto alla conoscenza degli utenti, possiamo restituire questo antico sepolcro alla pubblica fruizione e all’interezza della struttura di cui è parte integrante. Una fruizione gratuita per tutti i cittadini, che potranno ora avere un ulteriore sito di riferimento e di interesse in questo territorio, accanto all’oasi naturalistica Lipu, alla vicina villa romana delle Colonnacce e all’azienda agricola di Castel di Guido. Ciò è frutto dell’interessamento e dell’impegno della Commissione VI Commercio Sviluppo locale e turismo di questo municipio che ha trovato la disponibilità e la collaborazione della Sovrintendenza ai Beni di Roma, per la realizzazione di questa ambita e doverosa riapertura.
Le aperture sono previste ogni seconda domenica del mese, da marzo a giugno, dalle 10 alle 12. Questo il calendario completo: 11 marzo – 08 aprile – 13 maggio – 10 giugno
Per la riapertura del Mausoleo si ringrazia per il fattivo e concreto interessamento:
Dott.ssa Giuseppina Castagnetta -Presidente Municipio XIII di ROMA CAPITALE-
Angelica Ardovino-M5S-Presidente Commissione VI-Commercio-Sviluppo locale e Turismo del Municipio XIII-
Dott.ssa Giuseppina Castagnetta -Presidente Municipio XIII di ROMA CAPITALEAngelica Ardovino-M5S Presidente Commissione VI Commercio-Sviluppo locale e Turismo Municipio XIII di ROMA CAPITALEComunicato riapertura Mausoleo di Castel di Guido-Angelica Ardovino-M5SCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoApertura Mausoleo di Castel di Guido- 12 Settembre 2012-Visita organizzata da ROBERTO MASSACCESI, Presidente dell’Associazione A.S.CULTURALE CASTEL DI GUIDO- Manifestazione “UN BORGO IN FESTA.”Apertura Mausoleo di Castel di Guido- 12 Settembre 2012-Visita organizzata da ROBERTO MASSACCESI, Presidente dell’Associazione A.S.CULTURALE CASTEL DI GUIDO- Manifestazione “UN BORGO IN FESTA.”Castel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel di Guido-chiesa Spirito SantoCASTEL DI GUIDO Chiesa dello Spirito Santo.CASTEL di GUIDO-Premio CAMPAGNA ROMANA 2016- Dott.ssa GIUSEPPINA CASTAGNETTA-Presidente Municipio XIII di ROMA CAPITALECASTEL di GUIDO-Premio CAMPAGNA ROMANA 2016- Dott.ssa GIUSEPPINA CASTAGNETTA-Presidente Municipio XIII di ROMA CAPITALECASTEL di GUIDO-Premio CAMPAGNA ROMANA 2016-CASTEL di GUIDO-Premio CAMPAGNA ROMANA 2016- Dott.ssa GIUSEPPINA CASTAGNETTA-Presidente Municipio XIII di ROMA CAPITALE e il Futuro di Castel di GuidoCASTEL di GUIDO-Premio CAMPAGNA ROMANA 2016-PREMIO CAMPAGNA ROMANA 2016- Dott.ssa ALESSANDRA MANCUSO Per il suo costante impegno nell’opera d’integrazione degli Ospiti del CSM con la realtà di Castel di Guido.CASTEL di GUIDO-Premio CAMPAGNA ROMANA 2016- Dott.ssa GIUSEPPINA CASTAGNETTA-Presidente Municipio XIII di ROMA CAPITALE e la Poetessa Antonella ProiettiPREMIO CAMPAGNA ROMANA 2016- ANTONELLA PROIETTI Poetessa e operatrice culturale di Castel di GuidoCASTEL di GUIDO-Premio CAMPAGNA ROMANA 2016- Signora VIRGINIA FERRARA e la Dott.ssa GIUSEPPINA CASTAGNETTA-Presidente Municipio XIII-ROMA CAPITALEPREMIO CAMPAGNA ROMANA 2016- DOMENICO FRASCARELLI Al buttero artista e poeta della Campagna Romana.Angelica Ardovino-M5S Presidente Commissione VI Commercio-Sviluppo locale e Turismo Municipio XIII di ROMA CAPITALE
Sorgono le torri-La torre è presente nella fortificazione come elemento isolato o inserito nelle mura. Nel primo Medioevo e alle origini del Feudalesimo la torre apparve come elemento architettonico comune alle fortificazioni e ai castelli feudali o, isolata, quale posto di osservazione e difesa avanzata. La funzione della torre era prettamente difensiva, la costruzione dalla pianta per lo più quadrata e di dimensioni ristrette, mentre l´interno era diviso in piani con pavimenti, scale di legno e a volte collegato a sotterranei destinati alla raccolta di provviste in caso di assedio. L´utilizzazione della torre, comunque, trovò un notevole incremento e sviluppo nelle città comunali quando da costruzione esplicitamente militare divenne una sorta di “status symbol” nobiliare. La costruzione delle torri andò infittendosi nel nucleo centrale dell´abitato secondo una planimetria simile a quella delle torri guerresche dei castelli. Il Gregorovius ritiene che a Roma, nel XII secolo, ci fossero 900 torri. Anche se il numero può sembrare esagerato, la città doveva effettivamente apparire ricca di tali costruzioni, segni delle dimore baronali. Le lotte fra fazioni o quelle del Papa e il Senato contro i baroni con conseguente confisca e distruzione di case, torri e palazzi della parte soccombente, furono, insieme a fenomeni naturali come il terremoto del 1348, tra le cause prime della notevole perdita di tali monumenti storici. è in parte alle esigenze di difesa, come si è detto, e in parte alla necessità di segnalare la giurisdizione che si deve la costruzione di quel sistema di torri delle quali è costellata la campagna romana. Nell´agro romano di torri di segnalazione e di vedetta, dette “vigilae”, che da un centro fortificato si irradiavano sin sulla spiaggia, si ha notizia dal tempo di Gregorio Magno. Molte torri sono però scomparse, ma sopravvissero, come nel caso di Tor Vergata, nel nome della località nella quale sorgevano, permettendo così di ricostruire l´antica rete delle proprietà, della viabilità e della difesa. Per la storia che ci interessa, fra il decimo e l´undicesimo secolo l´aristocrazia laziale, che aveva le sue basi territoriali nella provincia, acquistò una nuova importanza politica. Essa si alleò con il papa nella difesa della città e delle campagne contro le incursioni saracene. Esponente di questo nuovo patriziato di soldati fu Alberico, capostipite dei conti di Tuscolo. Nell´undicesimo secolo il papato riacquistò in Europa un rilievo preminente e, conseguentemente, le abbazie procedettero alla ricomposizione delle proprietà e alla riaggregazione delle popolazioni rurali in abitati fortificati posti in luoghi elevati dominanti la campagna: i cosiddetti “incastellamenti”. L´esempio delle abbazie fu seguito anche dai signori feudali. Per i privati, i castelli fortificati furono una garanzia di difesa della proprietà, ma anche una base di appoggio. Per la Chiesa il borgo fortificato, vantaggioso all´inizio a fini difensivi, divenne in breve la premessa di un passaggio di poteri nelle mani dei signorotti locali.
P.S. per ogni Torre sarà pubblicato un report fotografico ed una breve storia.
Tutte le foto sono di Franco Leggeri
TORRE IN PIETRA- Torre di PagliaccettoFREGENE -Torre PrimaveraTorre dell’ACQUAFREDDAPALIDORO-Torre PerlaTorretta TROILITorretta dei MASSIMI
Signora GRAZIA AMICI, ideatrice e realizzatrice Evento :Testa di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .60 anni della Storia del nostro Borgo
L’organizzatrice dell’Evento GRAZIA AMICI mi ha accolto con queste parole :” Questa mostra fotografica è stata realizzata per raccontare 60 anni della Storia del Borgo.”
L’esposizione inaugurata il 29 giugno , nell’Aula Magna della scuola elementare di Testa di Lepre, resterà aperta sino al 30 luglio 2017.
TESTA di LEPRE- 25 luglio 2017-Un viaggio fotografico per raccontare 60 anni della Storia del Borgo. La mostra nasce da un’idea di Grazia Amici, che già aveva realizzato, nel 2010, un calendario con 50 foto d’Epoca dal titolo “RICORDI”. La mostra è stata allestita dai Volontari all’interno della scuola elementare di Testa di Lepre. “L’esposizione ”, ci spiega Grazia Amici ,” è un percorso fotografico che racconta i 60 anni di Storia dell’Ente Maremma laziale. Ho cercato di selezionare le foto in modo di raccontare la quotidianità della vita nella Campagna Romana degli anni ‘50-60 del secolo scorso. La mostra evidenzia le necessità e le speranze di una vita migliore dell’intera Comunità di Testa di Lepre. Le foto sono state scattate dagli stessi protagonisti. Ho raccolto le foto con la formula classica “ FUORI LE FOTO DAI CASSETTI” e per questo ringrazio tutti gli abitanti “storici” del Borgo.” Chiosa Grazia Amici: ”Ringrazio le Autorità che ci hanno onorato con la loro presenza , il Sindaco Montino e la Direzione dell’Ente Maremma che ci ha fornito foto e assistenza storica. Un ringraziamento particolare ,debbo sottolinearlo , lo rivolgo alla Signora GIOVANNA ONORATI che ci rappresenta nel Consiglio comunale di Fiumicino e per le belle parole scritte da lei sul Registro dei visitatori e che voglio citare:“La Storia siamo noi, con i nostri ricordi, con ciò che hanno fatto i nostri nonni. Bellissima mostra e complimenti al Comitato che sempre si adopera per migliorare , rallegrare e far vivere la nostra Comunità , piccola, ma con un GRANDE CUORE-.”
Sicuramente sarà editato un libro sulla Storia del Borgo. Posso anticipare la notizia che la Signora Grazia Amici ha in progetto , ci sta lavorando in sinergia con altre persone, la realizzazione di una grande iniziativa Culturale relativa al Borgo di TESTA DI LEPRE , alla Campagna Romana e alle sue bellezze.
Franco Leggeri-Blog–WWW.ABCVOX.INFO– Voce della Campagna Romana
TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.Signora GRAZIA AMICI, ideatrice e realizzatrice Evento :Testa di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” .60 anni della Storia del nostro BorgoSignora GIOVANNA ONORATI- Consigliere comunale di FIUMICINOTESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.S.E. Cardinale EUGENIO TISSERANT-TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del nostro BorgoTESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.S.E. Cardinale EUGENIO TISSERANTTESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del nostro BorgoTESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del nostro BorgoTESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra fotografica “MEMORIE di VITA” . 60 anni della Storia del Borgo.TESTA di LEPRE-Mostra 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ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.
Roma-Municipio XII-Quartiere Massimina–26 maggio 2017-Degrado e abbandono dell’area archeologica sita tra via Romano Guerra –via della Massimilla e il Centro Commerciale civico 14.
Nel 2004 , se ricordo bene nel mese di novembre, durante la fase di sbancamento per la costruzione del Centro Commerciale venne rinvenuta una Villa rustica , una cisterna e una necropoli databile IV-III sec. A.C.
Nel 2009 furono eseguiti gli scavi , vedi foto allegate, sull’area archeologica (residuo di aera) che ora si presenta nel più degrado assoluto.
Tutti noi cittadini ci auguriamo che i nuovi Amministratori sappiano, finalmente, valorizzare la Storia e i siti Archeologici del Quartiere Massimina.
Pubblicheremo, sul nostro Blog ABC VOX, tutto il materiale che riusciremo a recuperare relativo alla Storia e all’Archeologia di Massimina.
Nota di FRANCO LEGGERI
Report fotografico delle fasi di scavo del 2009 – foto di Franco Leggeri
ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.
-Bisogna fare una distinzione tra le donne di Atene e di Sparta. Le ateniesi non godevano di diritti propri come gli schiavi. Le fanciulle non potevano uscire dagli appartamenti loro riservati detti ginecei. Uscivano solo per le feste religiose. Il marito veniva scelto dal padre all’interno del gruppo parentale. Anche nel matrimonio le donne continuavano la loro vita da recluse e dovevano rimanere appartate nei banchetti. Paradossalmente quelle delle classi più umili, lavorando fuori casa, andando nei campi o nei mercati, godevano di più libertà di movimento. A Sparta una buona madre doveva essere sana, robusta e vigorosa, tutte le cose che avrebbe trasmesso poi ai nascituri. Per questo motivo venivano indirizzate all’ attività sportiva ed erano soggette ad un minor controllo sociale delle ateniesi. Solo quelle delle classi inferiori si dedicavano ai lavori domestici.
Donna Romana
ROMA
-La donna Romana era più libera della donna greca in quanto poteva partecipare ai banchetti, andare a teatro o al circo. Il suo ruolo era all’interno della casa, nella famiglia. Era considerata per tutta la vita allo stesso livello di un figlio minorenne. Non sempre il matrimonio coincideva con l’amore. Il motivo del matrimonio (termine che non a caso deriva da MATER = MADRE) andava invece ricercato nei figli. Ci si sposava innanzitutto per avere dei figli legittimi, cioè riconosciuti dalla legge. L’istruzione dei figli era compito della madre nei primi anni. Successivamente i maschi venivano affidati a un maestro. L’istruzione delle ragazze terminava a 12 anni.
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