Donatella Gay Rochat– La Resistenza nelle valli valdesi-
Casa Editrice Claudiana-Torino
Il libro in pillole
L’esordio, le illusioni, le sconfitte, le ritirate, la ripresa e le prime vittorie
La lotta politica che cattolici, agnostici e valdesi vissero fianco a fianco
Libertà di coscienza e lotta di liberazione
DESCRIZIONE.
Una ricerca, basata sul confronto di testimonianze dirette, sul primo periodo della guerra partigiana nelle valli valdesi del Piemonte – teatro di lunghe lotte in difesa della religione protestante – a cui ambiente geografico, economico-sociale e religioso conferirono caratteri specifici.
Indice testuale
Introduzione
di Alberto Cavaglion Prefazione alla prima edizione
di Leo Valiani Premessa
1. L’ambiente
2. L’antifascismo e le Valli valdesi fino al 1943
3. L’estate 1943
4. I giorni dell’armistizio
5. La Resistenza in val Pellice dal settembre al dicembre 1943
6. Val Pellice e val Germanasca dal gennaio al marzo 1944
7. Il rastrellamento di marzo
8. La ripresa (primavera 1944)
9. Giugno-luglio: nuova espansione
10. Brevi cenni sugli avvenimenti dall’agosto 1944 alla liberazione
Appendice prima Lettera di Karl Barth ai protestanti di Francia (dicembre 1939) Appendice seconda «Il Pioniere» Anno I, n. 1 – Venerdì 30 giugno 1944
Biografia dell’autore
Donatella Gay Rochat-insegnante, vive e lavora a Torre Pellice.
Fatto prigioniero dopo l’8 settembre e deportato nei lager della Germania nazista per il rifiuto di continuare la guerra a fianco dei tedeschi e dei repubblichini di Salò, il giovane sottotenente valdese Giorgio Girardet tiene fortunosamente un diario, ritrovato quasi integro dalla figlia. Qui se ne propone la parte che va dal marzo 1944 al gennaio 1945 quando, nel campo di Sandbostel – lo stesso di Alessandro Natta, Giovannino Guareschi, Gianrico Tedeschi e tanti altri –, fu il pastore di una piccola rappresentanza evangelica e dove, sorretto da una grande fede e da una forte volontà di reazione, moltiplicherà le occasioni per incontri, gruppi di studio e stabilirà i primi rapporti “ecumenici” con alcuni dei cattolici più aperti presenti nel lager. In quei mesi getterà le basi per la sua lunga vita professionale di pastore, giornalista e studioso, sempre innovatore e sempre aperto al futuro. Al di là del valore di testimonianza storica, queste pagine, attraverso le lenti di una prospettiva certamente parziale, ci permettono di scoprire come alcuni protagonisti di una generazione ora rimpianta abbiano saputo in condizioni drammatiche confrontarsi e gettare le basi culturali e morali per la ricostruzione del Paese.
Giorgio Girardet-Come canne al vento
Indice testuale
Prefazione. Pensiero teologico e fede alla prova di Bruno Rostagno Introduzione di Hilda Girardet
1. Gli Internati Militari Italiani
2. L’antefatto: la resistenza a Lero
3. Silenzi e omissioni
4. Famiglia e formazione
5. Foto e parole: le tracce
6. Quali e quanti lager?
7. A Sandbostel: attività e personaggi
8. Tre sorprese Avvertenza
Parte prima. Lager di Sandbostel
Parte seconda
Parte terza. Studi, conferenze, interventi pubblici nel Lager
Postfazione. Che il mio spirito sia alto o basso, Signore, sii tu con me… di Mirella Abate
Giorgio Girardet-Pastore valdese e giornalista,ha diretto il Centro ecumenico di Agape (To), ha fondato e diretto il settimanale “Nuovi Tempi” e diretto l’Agenzia di Stampa NEV, ed è stato docente di Teologia pratica presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma. Autore di numerose pubblicazioni, si ricorda la trilogia Cristiani perché, Bibbia perché, Protestanti perché, editi da Claudiana.
Hilda Girardet-Laureata in Pedagogia, è stata segretaria di redazione, docente elementare, ricercatrice ed esperta di Psicologia dell’Educazione presso l’Università La Sapienza di Roma. Specializzata nella didattica della storia, è autrice di alcune pubblicazioni sull’insegnamento della storia nella scuola di base.
Editore Claudiana S.r.l.
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L’Alba dell’Italia democratica-Articolo di Valdo Spini-
Il XXV Aprile è festa di tutti e tutte nel nostro paese; dopo l’8 settembre la lunga lotta di Liberazione coinvolse i partigiani e i militari che dissero no a Salò.
La Costituzione è conseguenza di quell’impegno di popolo.
Questo del 25 aprile 2023 non è un anniversario qualsiasi. Si svolge dopo che le elezioni dello scorso settembre hanno dato vita a un governo di destra-centro presieduto da Giorgia Meloni, leader di un partito, Fratelli d’Italia che ha nel suo simbolo la Fiamma tricolore che aveva caratterizzato il Movimento sociale italiano, la formazione politica di estrema destra fondata a suo tempo da reduci e nostalgici del fascismo della Repubblica di Salò. Il modo in cui verrà celebrato il 25 aprile rappresenta quindi un test importante del comportamento degli esponenti di questo partito, che oggi rivestono importantissime cariche istituzionali come la Presidenza del Consiglio e la Presidenza del Senato. Ma è importante allora il modo in cui ci prepariamo a questa ricorrenza noi che ci riconosciamo nella Resistenza e nella lotta di Liberazione e che ci richiamiamo alle tradizioni di quei partiti che l’hanno guidata politicamente.Credo che la cosa importante che dobbiamo sottolineare è il carattere nazionale assunto dalla lotta di Liberazione, un richiamo a cui nessuno si può sottrarre. Da dove parte infatti la Resistenza e dove arriva.
Il 3 settembre 1943 a Cassibile, in Sicilia, viene firmato l’armistizio dal generale Castellano inviato del capo del governo Badoglio e il generale Bedell Smith, inviato dal generale Eisenhower. Solo che questo armistizio non viene annunciato, e tanto meno le nostre truppe vengono a questo avvenimento preparate e informate. Fino a che, l’8 settembre, lo stesso comandante in capo delle truppe alleate, dal suo comando in Algeri, lo rende noto. Seguono a Roma ore concitate, fino a che Badoglio non va alla radio, annuncia l’armistizio con le Forze armate alleate e pronuncia quella frase del tutto incomprensibile: «le Forze armate italiane reagiranno ad eventuali altri attacchi di qualsiasi altra provenienza». Avviene così che circa seicentomila militari italiani vengono catturati senza colpo ferire e inviati nei campi di concentramento, mentre le truppe tedesche occupano il territorio italiano non già liberato dagli Alleati e vi installano il governo collaborazionista della Repubblica Sociale italiana con alla testa Benito Mussolini. È un momento così tragico che fece parlare allo storico Ernesto Galli Della Loggia di “morte della patria”. Rispose il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che non di morte della patria si trattava ma di Rinascita della patria, della nascita dell’Italia democratica. Si riferiva al fatto che in realtà era nata l’Italia democratica e che questa era nata grazie a chi, in questo sfascio totale, aveva preso le armi contro i tedeschi occupanti e i fascisti della Repubblica Sociale italiana.
Cominciò così la lunga lotta di Liberazione che doveva durare per tutto l’aprile del 1945 fino al 5 maggio, la resa della Germania. Una lotta che fu condotta con molto valore anche nelle valli valdesi. La celebriamo il 25 aprile, che è la data dell’insurrezione generale proclamata dal Clnai, Comitato nazionale di liberazione dell’Alta Italia.
Questa lotta fu condotta dai partigiani e dai patrioti (così si chiamarono nella valorosa Massa Carrara), ma anche dagli internati militari, gli Imi che scelsero il campo di prigionia nazista piuttosto che venire a combattere per la Repubblica Sociale. Pensiamo infatti quanto sarebbe stata più lunga la guerra di liberazione se i tedeschi avessero potuto rovesciare qualche centinaio di migliaia di militari a combattere al loro fianco sul fronte italiano. Ma anche le Forze regolari italiane ricostituite al Sud svolsero un ruolo importante nella guerra di Liberazione, in particolare nello sfondamento del fronte ad Alfonsine. Ma un discorso particolare va riservato ai civili. Senza un appoggio dei civili non c’è Resistenza che tenga. Donne e uomini pagarono un prezzo pesantissimo nelle rappresaglie e nelle stragi con cui si cercò invano di fiaccare la Resistenza del popolo italiano.
Ma guardiamo questa vicenda a guerra conclusa. Qual è stata la condizione delle altre nazioni sconfitte. L’Austria, che pure aveva subito l’Anschluss, l’unificazione nel Reich tedesco, occupata e divisa fino al 1955. Il Giappone sotto il proconsolato del generale Mac Arthur fino alla guerra di Corea del 1953. La Germania, occupata e divisa fino al crollo del muro di Berlino nel 1989. Che cosa sarebbe stato dell’Italia se non avesse partecipato, con la Resistenza e la guerra di Liberazione, alla lotta contro il nazifascismo e questa lotta non fosse stata guidata dall’unità dei partiti antifascisti nel Comitati di Liberazione? E nonostante questo il Trattato di pace non fu lieve, ma sarebbe stato assai più duro se non ci fosse stata la Resistenza e la Guerra di Liberazione.
D’altro canto la nostra Costituzione è antifascista, perché non è una Costituzione concessa dai vincitori a una nazione vinta, ma è il frutto della lotta condotta dal popolo italiano contro i nazisti e i fascisti. Noi dobbiamo. rivendicare il carattere nazionale di questa lotta, al cui ricordi e alla cui celebrazione nessuno si può sottrarre. Questo valeva per ieri, ma vale per l’oggi e per il domani.
25 APRILE La Liberazione come festa popolare
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