Marina Casado – Poesie – Traduzione di Francesca Coppola-Rivista Atelier

Biblioteca DEA SABINA

Marina Casado
Marina Casado

Marina Casado – Poesie –

Traduzione di Francesca Coppola-Rivista Atelier

L’oblio

             “Ma io non sono più io,
              né casa mia è la mia casa”.
             (F. García Lorca)

Non riconosco gli angoli di casa:
sospendono fiori invisibili,
che mai ho guardato.
Fiori neri come il dolore di un astro
o come la memoria lacerata
che assassina il presente.
L’oblio ha la forma infetta
di una fisarmonica abbandonata,
di una qualche stanza vuota
dove i raggi lunari non giungono.
Le pareti confessano che mi hanno vista piangere
e una bimba, in lontananza, si accomiata in silenzio.

Tutto è silenzio adesso.

L’oblio pende dalle pareti
come un astro invisibile,
eppure inconfutabile.

Non ci sono più gatti a Roma

           A Rafael Alberti.

Non ci sono più gatti a Roma.
Li ho cercati inutilmente
nelle aurore di Trastevere
tra le rovine cadenzate del Colosseo.
Ci sono però artisti di strada
che mai hanno toccato un pennello,
che espongono in vie decadenti d’estate
identici paesaggi di incerta attribuzione,
con una casa accanto al fiume e un cielo afono
stanco di far piovere.
Ci sono caffè gialli, disabitati quasi,
che servono cappuccini a sei euro
presso la stazione Termini;
pellegrini diretti alle gelaterie;
turisti mascherati da cristiani,
esausti e accaldati,
seduti nei banchi di San Pietro,
vicino a un cartello che recita:
                                       “Ingresso riservato ai fedeli”.

Ci ricordo invasi da fantasmi
sotto la luna piena del Foro di Traiano.
L’amore sulle labbra, una canzone lontana di Battiato
che non colmava la solitudine del paesaggio.
Ognuno è il signore della propria sconfitta
– “Guarda Nerone dal Monte Tarpeio[1]” –
e anche le più gloriose civiltà
serbano il precipizio tatuato in cima.

No; non ci sono più gatti a Roma.

Non è possibile che nessuno rimanga

Ho imparato molto presto
l’ingranaggio dell’assenza.
Essere triste consiste
nell’inventare un bosco
in cui potersi rifugiare
quando nessuno rimane,
riempirlo di leoni e di baci
e di tutti i racconti
che un tempo ci narrarono
per farci addormentare.
Ho spinto la porta lentamente
con la speranza di trovare
qualcuno ad aspettarmi.
Tra me e la pioggia c’era solo il tuo corpo
             e questa malinconia che mi brucia
             e la schiera di leoni
             che scordasti di piantare sulle rive del mio pianto.
Qualcuno canta lontano e mi ricorda che la morte
è una casa mite con pareti azzurre
dove le logiche della paura
                          si dimenticano presto.

Di questo nulla è possibile? Lo comprendi?
Non ho ancora imparato
l’ingranaggio dell’assenza.

 

 

Biografia di Marina Casado- (Madrid, 1989) è docente di Lingua e Letteratura spagnola a Madrid. Laureata in Giornalismo e dottore di ricerca in Letteratura spagnola, è autorice di cinque raccolte poetiche: Los despertares (Ediciones de la Torre, 2014), Mi nombre de agua (Ediciones de la Torre, 2016), De las horas sin sol (Huerga y Fierro, 2019), Este mar al final de los espejos (Torremozas, 2020) y Los ojos fríos del vals (BajAmar, 2022). Ha pubblicato due saggi: El barco de cristal. Referencias literarias en el pop-rock (Líneas Paralelas, 2014) e La nostalgia inseparable. Oscuridad y exilio en la obra de Rafael Alberti (Ediciones de la Torre, 2017). Del 2021 è il suo primo romanzo, Los doce reinos del Tiempo (Ediciones de la Torre). Ha coordinato diverse antologie, come De viva voz. Antología del Grupo Poético Los Bardos (Ediciones de la Torre, 2018). È stata finalista al Premio Adonáis de Poesía nel 2018, 2019 e 2020; nel 2019 ha vinto il Segundo Premio de Poesía Jóvenes Creadores del Ayuntamiento de Madrid e, nel 2020, il Premio Carmen Conde de Poesía para Mujeres con la silloge Este mar al final de los espejos. Tra gli altri, ha ricevuto il Primer Premio del VI Certamen Literario SER Madrid Sur e quello del XV Certamen de Relato Corto Eugenio Carbajal. Alcuni dei suoi componimenti sono apparsi in riviste come Ærea, Piedra del Molino, El Coloquio de los Perros. È stata tradotta in francese e in portoghese e ha preso parte a festival di poesia internazionali: Versalados (Cádiz), Raias Poeticas (Portugal), Voix Vives (Toledo), ELVA (Gran Canaria) e Primavera Poética (Lima). Scrive con frequenza per El País.

Traduzione di Francesca Coppola ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Letteratura spagnola presso l’Università di Salerno. Attualmente lavora come docente a contratto presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” e l’Università eCampus. I suoi interessi di ricerca, a cui ha dedicato contributi scientifici di vario genere, vertono prevalentemente sulla poesia spagnola del Novecento. È autrice di una monografia dal titolo: Lo perdido en la poesía del exilio de Rafael Alberti: “objetos, cosas y fetiches” en Pleamar, Retornos de lo vivo lejano, Ora marítima, Baladas y Canciones del Paraná, (Madrid, Visor, 2021).

 

[1] Il verso appartiene al romance “Mira Nero de Tarpeya”, in cui si narra di come Nerone assistesse indifferente allo spettacolo della capitale divorata dalle fiamme che lui stesso aveva appiccato.

POESIE ORIGINALI

El olvido (De las horas sin sol, Huerga y Fierro, 2019)

           “Pero yo ya no soy yo,
             ni mi casa es ya mi casa.”
             (F. García Lorca)

No reconozco los rincones de mi casa.
Cuelgan de ellos flores invisibles
que nunca había mirado:
flores negras como el dolor de un astro
o como la memoria malherida
que asesina el presente.
El olvido cobra la forma infecta
de un acordeón abandonado,
de alguna habitación vacía
donde no llegan los rayos de la luna.
Las paredes confiesan que me han visto llorar
y una niña, muy lejos, se despide en silencio.

Todo es silencio ahora.

El olvido cuelga de las paredes
como un astro invisible,
pero tan cierto.

 

Ya no hay gatos en Roma (Este mar al final de los espejos, Torremozas, 2020)

           A Rafael Alberti.

Ya no hay gatos en Roma.
Los busqué inútilmente
entre las madrugadas del Trastevere
y por las ruinas cadenciosas del Coliseo.
Hay en cambio pintores ambulantes
que jamás manejaron un pincel,
que exponen en las calles ruinosas del verano
idénticos paisajes de dudosa autoría,
con una casa junto al río y un cielo afónico
cansado de llover.
Hay cafés amarillos, casi deshabitados,
que sirven capuchinos a seis euros
cerca de la estación de Termini;
peregrinos camino de las heladerías;
turistas que camuflan su ateísmo,
calurosos y exhaustos,
en las bancadas de San Pedro,
junto a un cartel que reza:
                                       “Entrada solo para fieles”.

Nos recuerdo invadidos de fantasmas
bajo la luna llena del Foro de Trajano.
El amor en los labios, una canción lejana de Batiatto
que no llenaba la soledad de aquel paisaje.
Cada uno es el poseedor de su propia derrota
–“Mira Nero de Tarpella…”–
y hasta las civilizaciones más gloriosas
llevan el precipicio tatuado en la cumbre.

No; ya no hay gatos en Roma.

No es posible que no quede nadie (Los ojos fríos del vals, BajAmar, 2022).

He aprendido muy pronto
el mecanismo de la ausencia.
Estar triste consiste
en inventar un bosque
al que poder marcharnos
cuando no quede nadie,
cubrirlo de leones y de besos
y de todos los cuentos
que un día nos contaron
para poder dormir.
He empujado la puerta muy despacio
con la esperanza de encontrarme
a alguien que me esperara.
Entre la lluvia y yo solo estaba tu cuerpo
             y esta melancolía que me abrasa
             y los racimos de leones
             que olvidaste plantar a orillas de mi llanto.
Alguien canta a lo lejos y me recuerda que la muerte
es una casa dócil con paredes azules
donde pronto olvidamos
                          las razones del miedo.

Nada de esto es posible, ¿lo comprendes?
Aún no he aprendido
el mecanismo de la ausencia.

 

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La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).


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