Guido Mazzoni – Poesie da “I mondi”-Biblioteca DEA SABINA

Biblioteca DEA SABINA

Guido Mazzoni – Poesie da “I mondi”-

Guido Mazzoni è nato a Firenze nel 1967, vive a Roma. Insegna letteratura all’Università di Siena. Ha pubblicato i libri di poesia. È tra i fondatori del sito culturale «Le parole e le cose»..

Quando si smette di cercare

Quando si smette di cercare
se stessi nei ricordi,
quando quello che si vede, come un’ombra
che copre le cose e si rivela,
è il flusso puro, la vita che diventa
solo un segno di sé, un telo che divide.

*

Elephant and Castle

Gli stormi scossi quando il treno
esce dalla terra, il cielo nero
oltre gli sciami dei segnali e il vento
che nasce tra i binari e si disperde
tra i capannoni, le serre abbandonate, le colonne
dei camion nella nube, l’erba medica
ai lati della strada, nel colore
che copre la città mentre le luci
dei lampioni colpiscono le nuvole –

e la calma di quando si comprende
che la vita esiste e non significa,
mentre il vagone ridiscende e il vostro
volto riflesso scompare dalla plastica
dove le dita muovono la brina.

Essere questo, nella prima
onda del ritorno, un vuoto liquido
sopra la rete delle strade, un giorno
che ripete se stesso;
quando si impara a vivere il presente
senza pensare di non appartenergli, e la grande
periferia da attraversare è il mondo vero,
il proprio posto nel campo delle forze.

*

AZ 626

Ora che le nubi ci lasciano vedere
per intero la curva della terra, nella forma
dei sobborghi senza forma dove dovremo vivere,
ascolto il flusso del sangue nella cuffia alla fine della musica
guardando i mondi degli altri che si incrociano col mio, le loro reti
di paura e desiderio dentro il tubo fragilissimo –

o i gesti che li legano al presente
quando fissano il ghiaccio sul lago inverosimile,
la nostra vita umana otto chilometri più in basso.
Ora so che non ha senso rompere
la miopia che ci fa esistere, vedo diversamente
le monadi che ci proteggono, le loro trame nel disordine;
seguo le macchie di luce che il sole
getta sul paesaggio, il cielo puro e indifferente.

*

Dearborn Bridge

Il fumo dell’acqua sul bordo
del fiume che congela, un pomeriggio vuoto,
le barche prigioniere nella luce perfetta di un giorno senza scopo
quando ogni istante basta a se stesso
e alle cose che ripete – il celeste
tra i grattacieli, i viali in ombra,
i nostri volti nelle nuvole riflesse
sui muri a specchio, i passanti che riformano
dietro di noi la parete degli altri –

e i lineamenti dentro le stazioni, mentre dicono
che le persone sono inconoscibili,
cercano equilibri in mezzo ai propri simili,
vogliono placare desideri, essere vive
qualche attimo compiuto oltre il presente,
quando lo svincolo si chiude per mostrare
il lago, le file delle case, queste piante
che incidono il gelo e si conservano, altri esseri
nei vagoni, mentre siedono ed esistono –

e non c’è un senso ma un infinito adattamento,
l’equilibrio impercettibile che una forma
di vita impone a se stessa. Fra poco ti riassorbirà,
una persona che cammina avrà il tuo volto, questo corpo
fatto d’acqua ti sembrerà normale. Copriremo
con le parole il vuoto che abbiamo potuto vedere –
solo disordine oltre le nuvole e i nomi,
i segni splendidi a nascondere le cose.

*

Pure Morning

L’urto delle gocce sulle foglie,
la condensa, la luce che rischiara
i gerani strappati e ancora vivi nel vapore
del ghiaccio che si scioglie,
la terra sparsa sul balcone dai vasi – vedevamo
una periferia enorme oltre le grate
del terrazzo e nelle luci
di casa le persone vivere,
mettere nel buio le stanze illuminate; e poi più in là
tra gli spazi vuoti, i fili e il muro
della circonvallazione, cominciava
la rete dei viali e la metropoli
immensa si mostrava. Dopo, se il cielo
diventava chiaro e le colonne
dei fari segnavano le strade, il rombo
fuori dai vetri era pieno
delle vite che vedevo
rapprendersi in quegli attimi, quando la fila
delle auto si ferma e ci guardiamo
esistere dai finestrini, tra i fanali,
il loro cerchio nel cono della pioggia, dentro i secoli
che ora mi vengono incontro
dai campi coltivati, dai caselli
di Milano se la nebbia si dischiude. Ogni vita
è solo se stessa: questa luce
bassa sulle case, i primi treni
che aprono il vento e ci sorprendono
in una specie di torpore,
la pastiglia nel bicchiere, gli adolescenti,
nel video, che cantano il dolore;
quando sembra che la mente nasconda
a se stessa il gesto di fuggire
la mattinata pura, i fatti nudi,
nel rumore di tutti il tempo che si perde
per essere solo ciò che siamo adesso,
per diventare solo solitudine.

Guido Mazzoni è nato a Firenze nel 1967, vive a Roma. Insegna letteratura all’Università di Siena. Ha pubblicato i libri di poesia La scomparsa del respiro dopo la caduta (in Poesia contemporanea. Terzo quaderno italiano, a cura di Franco Buffoni, Guerini, 1992), I mondi (Donzelli, 2010), La pura superficie (Donzelli, 2017), Grammaire. Choix de poèmes, 1997-2017, traduzione francese di Benoit Gréan (Thonon-les-Bains, Alidades, 2019) e i saggi Forma e solitudine (Marcos y Marcos, 2002), Sulla poesia moderna (Il Mulino, 2005), Teoria del romanzo (Il Mulino, 2011), I destini generali (Laterza, 2015). Le sue poesie sono state tradotte in arabo, cinese, inglese, spagnolo. È tra i fondatori del sito culturale «Le parole e le cose».