Gabriella Musetti-Poesie da “Un buon uso della vita”-Biblioteca DEA SABINA

 

Biblioteca DEA SABINA

Gabriella Musetti
Gabriella Musetti

Poesie di Gabriella Musetti, da “Un buon uso della vita”

Gabriella Musetti nata a Genova. Organizza “Residenze Estive” Incontri residenziali di poesia e letteratura. Dirige “Almanacco del Ramo d’Oro, Nuova serie”, semestrale di poesia e cultura. E’ socia della Società Italiana delle Letterate. Ha fondato, insieme ad altre, la casa editrice Vita Activa: www.vitaactivaeditoria.it.
Ha curato numerose pubblicazioni saggistiche tra cui: “Sconfinamenti. Confini passaggi soglie nella scrittura delle donne” (2008);“Dice Alice” (2015), “Oltre le parole. Scrittrici triestine del primo Novecento” (2016).
In poesia ha pubblicato: “Mie care” (2002), “Obliquo resta il tempo” (2005); “A chi di dovere” (2007), Premio Senigallia; “Beli Andjeo” (2009), “Le sorelle” (2013), “La manutenzione dei sentimenti” (2015).

Le storie sono all’inizio
tutte uguali
nasci da un ventre aperto
dal buio vedi la luce
ma subito la storia cambia
secondo il luogo lo status
il modo e l’accoglienza
non c’è una regola prescritta
uguale a tutti
ognuno trova a caso la sua stanza
chi bene – felice lui o lei – chi
con dolore

***

è morta questa mattina è morta
ma non si è accorta di morire
rideva come una bambina
su un prato in primavera
rideva anche di sera (e pure di mattina)
– s’è messa in salvo – qualcuno dice
volata via sopra una rondine
un po’ di soppiatto un po’ per avveduta
consolazione – la scelta unica rimasta
quasi sicura

***

era morta con la luna storta
era morta sopra un cuscino estraneo
di un vicino fuori della sua casa
come faceva a spiegare
a chi gliel’avesse chiesto
che era uscita in giardino
solo a fumare una sigaretta
scavalcata la finestra s’era trovata
nella casa buia decisa
a seguire il suo destino?

***

lei (invece) era morta di notte
tra le botte della sera e quelle del mattino
s’era sottratta all’impeto
alla colpa perfino alla desolazione
e la solitudine che la penetrava
non dava godimento alcuno

***

era morta mentre sedeva in classe
prima della lezione d’italiano
s’era spenta come una lampada
accasciata sullo sterno senza un sospiro
senza avvedersene
e anche i giovani entranti
la guardavano appena
come dormiente

***

era morta al supermercato tra la folla
da sola aveva attraversato il varco
senza avvertire famiglia o amici
senza permesso senza preparazione
come un balzo della mente
come improvvisa decisione
da attuare in fretta
e non tornare indietro

***

era morta davanti allo specchio
mentre si truccava per uscire
un occhio spalancato uno chiuso
a tirare la linea sulla palpebra
la traccia l’attesa la sorpresa
ciò che vide nell’orbita spenta
era denso e molle come placenta

***

lei era morta andando a riprendere
la figlia a danza
per errore aveva aperto
quella stanza e s’era trovata
ingarbugliata nella sua vita
senza trovare neppure una via
d’uscita