-Grazia DELEDDA il Romanzo “Il Paese del Vento “-Editore TREVES
-Articolo di Pietro NARDI scritto per la Rivista PEGASO diretta da Ugo OjettiN°12 del 1931
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Grazia DELEDDA il Romanzo “Il Paese del Vento “-Editore TREVESGrazia DELEDDA il Romanzo “Il Paese del Vento “-Editore TREVESGrazia DELEDDA il Romanzo “Il Paese del Vento “-Editore TREVESGrazia DELEDDA il Romanzo “Il Paese del Vento “-Editore TREVESGrazia DELEDDAGrazia DELEDDA
Breve Biografia di Grazia Deleddaè stata una delle più importanti e influenti scrittrici italiane del Diciannovesimo e del Ventesimo secolo, e nel dicembre 1927 vinse il premio Nobel per la letteratura, la prima donna italiana a farlo. Deledda fu esponente, anche se a modo suo, del verismo e del decadentismo, e scrisse sempre molte storie di contadini e paesani della sua terra, la Sardegna.
Grazia Deledda nacque a Nuoro, in Sardegna, nel settembre del 1871. Apparteneva a una famiglia benestante ed era la quinta di sette fratelli e sorelle. Ebbe un’istruzione intermittente – un po’ a scuola e un po’ con un insegnante privato – e iniziò a scrivere molto giovane, per conto suo. Le sue prime pubblicazioni arrivarono quando non aveva ancora 20 anni e il suo primo libro di qualche successo fu Anime oneste, del 1895. Pochi anni dopo, nel 1899, Deledda conobbe il mantovano Palmiro Madesani, che sposò pochi mesi più tardi trasferendosi con lui a Roma.
A Roma Deledda continuò a scrivere e pubblicare romanzi. Elias Portolu, uscito nel 1903, ottenne subito un buon successo e Deledda poté dedicarsi con grande intensità alla scrittura. In pochi anni pubblicò moltissimi libri e opere teatrali, tra cui: Dopo il divorzio, Cenere, L’edera e Canne al vento. Il suo successo fu tale che il marito si licenziò dal lavoro come funzionario al ministero delle Finanze per diventarne l’agente di sua moglie. In tutto Deledda pubblicò 56 opere in circa 40 anni di carriera e fu apprezzata e tradotta anche all’estero.
Grazia DELEDDA
Nel 1927, Deledda fu insignita del premio Nobel per la Letteratura “per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”. Il Nobel di Deledda fu tecnicamente quello del 1926, che la commissione del premio aveva deciso di trattenere per un anno non avendo trovato un candidato adatto a riceverlo. Deledda fu la prima donna italiana a vincere un Nobel e la seconda italiana a vincerlo per la Letteratura, dopo Giosué Carducci nel 1906. Deledda morì per un tumore al seno, il 15 agosto 1936. Cosima, quasi Grazia un racconto autobiografico rimasto incompiuto, fu pubblicato postumo con il titolo Cosima.
Fonte Il Post- direttore Luca Sofri
Grazia DELEDDAGrazia DELEDDARivista PEGASO diretta da Ugo OjettiN°12 del 1931
-Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982-
Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982Lidia SENES- Poesie “Le Parole della Notte”-Lalli Editore 1982
Articolo di Lelio La Porta-A quasi 85 anni di distanza, ormai, dalla sua morte Antonio Gramsci resta l’intellettuale comunista di più grande rilievo che l’Italia abbia mai conosciuto, preso a modello e studiato a fondo anche in America Latina. Mentre in Italia, invece, l’élite intellettuale delle classi dominanti lavora alla lenta disintegrazione del pensiero che il grande comunista di Ales ci ha lasciato in eredità.
Erano le 4,10 del 27 aprile del 1937. Ricordava Tatiana Schucht, cognata di Antonio Gramsci, che “…venne un ultimo respiro rumoroso e sopravvenne il silenzio senza rimedio”. Così moriva, per emorragia cerebrale a quarantasei anni, il comunista sardo. Aveva ottenuto la libertà il 21 aprile. In Sardegna, il padre Francesco attendeva con ansia di poter riabbracciare il figlio, almeno uno dei quattro figli maschi, visto che Gennaro combatteva in Spagna al fianco dei repubblicani, Mario era ufficiale in Africa e Carlo si trovava a Milano. Antonio aveva scritto a casa; voleva tornare in Sardegna; lo attendevano proprio il 27 aprile. Poi arrivò la notizia della morte e la scena del padre che, in preda alla disperazione, cominciò ad urlare: “Assassini, me l’hanno ammazzato”. Francesco Gramsci sopravvisse al dolore appena due settimane: morì il 16 maggio. A Mosca c’erano gli altri affetti privati di Gramsci. Ricordava il suo secondogenito Giuliano che, insieme al fratello Delio, fu accompagnato da Togliatti in una località fuori Mosca, dove li raggiunse la notizia della morte di Gramsci; soprattutto per Giuliano ciò significava che “moriva in me la speranza di conoscerlo, e dal mio subcosciente per la prima volta emerse la certezza di non averlo mai visto” [1].
A Roma, la cognata Tatiana e il fratello Carlo provvidero al funerale che si svolse sotto il temporale. Ora le ceneri di Gramsci si trovano al cimitero acattolico della Piramide Cestia in Roma e ogni 27 aprile quante e quanti vogliono si ritrovano lì per depositare un fiore rosso su quell’urna. Così è stato anche il 27 aprile appena trascorso; fra il canto dell’Internazionale e chi, quasi sommessamente, ma non per questo in modo meno appassionato, si raccoglieva in preghiera, si è celebrata la cerimonia laica della memoria. C’erano dei giovani, pochi, ma c’erano; e chi si è recato in quel luogo nel pomeriggio ha riferito che altri giovani, anche non italiani, sono andati a deporre un fiore. Qualcuno dei presenti ha affrontato il discorso sull’assoluta mancanza di conoscenza di Gramsci da parte dei nostri giovani: è noto, si sta lavorando (va riconosciuto su questo terreno l’impegno costante sia della International Gramsci Society sia della Università popolare “Antonio Gramsci”), ma è difficile fare breccia nel conformismo dell’indifferenza che giunge a proporci persone (questo risulta da diverse indagini rese pubbliche da alcune trasmissioni televisive) che non sanno neanche cosa sia il 25 aprile.
Di fronte a quell’urna non può non tornare alla mente l’immagine di Pasolini, raccolto in una riflessione politico-ideologica che fu l’ispirazione di uno dei canti più alti della poesia italiana del Novecento, in lode dell’impegno civile: “Le ceneri di Gramsci” (1954). Vi si legge:
Uno straccetto rosso, come quello
arrotolato al collo ai partigiani
e, presso l’urna, sul terreno cereo,
diversamente rossi, due gerani.
Lì tu stai, bandito e con dura eleganza
non cattolica, elencato tra estranei
morti: Le ceneri di Gramsci…
Anche la televisione di Stato si è ricordata di Gramsci trasmettendo dapprima su Rai 3 e, in serata e in replica, su Rai Storia un programma su Gramsci nell’ambito de “Il Tempo e la Storia”. Ospite del conduttore Massimo Bernardini, il professor Mauro Canali. Del professore ci siamo già occupati su queste colonne [2] inserendolo nella cerchia sempre più ampia, purtroppo e a dire il vero, degli edificatori di storie romanzate e a base thriller aventi come oggetto Gramsci e i suoi rapporti con il Partito Comunista e, in specie, con Togliatti. Nel corso della trasmissione del 27 è arrivato a definire la prima edizione dei Quaderni del carcere (tanto per intenderci, quella edita da Einaudi in sei volumi tematici a partire dal 1948) una sorta di silloge delle note carcerarie senza senso; non sfugge l’acredine dell’affermazione dietro la quale si nasconde, neanche tanto velatamente, l’antitogliattismo come metodo di ricerca e di interpretazione storica. Sa il professor Canali in quali condizioni Togliatti intraprese l’opera di lettura e di interpretazione delle note gramsciane? Risposta: “Palmiro Togliatti è in Spagna, dove nell’estate del 1936 era scoppiata la guerra civile (…) Ricevute le prime fotocopie, a Barcellona, sotto i bombardamenti degli aerei fascisti, al lume di candela, Togliatti e alcuni collaboratori iniziano il lavoro di interpretazione dei quaderni” [3]. L’esito di lungo periodo di questo lavoro fu l’edizione einaudiana che, pure, suscitò perplessità sia circa la correttezza sia circa la legittimità dei criteri prescelti; in ogni caso è fuor di dubbio che la frammentarietà dei materiali e lo stesso modo di stesura adottato da Gramsci autorizzavano la scelta togliattiana che non era segnata da pregiudiziali politico-ideologiche ma dalla necessità di diffondere il più possibile il pensiero gramsciano. D’altronde lo stesso Valentino Gerratana, a cui, come ricordato dal professor Canali, va attribuita la realizzazione dell’edizione critica dei Quaderni pubblicata da Einaudi nel 1975, ricordava i meriti dell’edizione tematica che non doveva assolutamente essere demonizzata [4]. Il professor Canali ha avuto modo di soffermarsi anche sulle Lettere dal carcere sostenendo che, a causa della scelta togliattiana, non erano in grado di fornire alla loro prima apparizione un’immagine adeguata del rivoluzionario sardo. Questo parere cozza con la realtà del Premio Viareggio assegnato alle epistole gramsciane nel 1947 e con le recensioni autorevolissime di Garin [5] e di Croce [6] , la prima delle quali già metteva in evidenza la forte umanità dell’autore di quelle missive. Inoltre, come non prendere in considerazione le dodicimila copie delle Lettere vendute ancor prima dell’assegnazione del Premio?
Che ci fossero divaricazioni fra Gramsci e il Partito, e quindi Togliatti, già dalla famosa lettera del 1926 al Pcus, è evidente. Ma da qui ad immaginare (di questo si tratta) un complotto ordito dai dirigenti comunisti italiani contro il leader chiuso nel carcere fascista a partire dalla lettera di Grieco del 1928 ce ne corre, sottovalutando, fino a dimenticarlo del tutto, il ruolo che nella vicenda della lettera ebbe il giudice istruttore Macis [7]. Ancora davanti alle telecamere il professor Canali ha sostenuto questa sua congettura arrivando alla spudorata proposizione del suo libro come testo da cui trarre utili riflessioni intorno a Gramsci in generale e, più in particolare, intorno ai rapporti fra Gramsci e Togliatti [8]. Non è intenzione di chi scrive ergersi a insegnante di tal maestro, ma non sarebbe stato più decente affidare al pubblico la lettura di qualche autorevole biografia gramsciana (e ce ne sono altre oltre quella di Fiori)? Così come non sarebbe stato più opportuno proporre come luogo della memoria gramsciana, invece del carcere di Turi, l’urna nel Cimitero acattolico a Roma, magari ricordando che a pochi passi c’è anche l’urna di Antonio Labriola? Oppure, invece di proporre come film lo splendido Uccellacci e uccellini di Pasolini, adducendo come motivazione il fatto che il grande regista era notoriamente gramsciano, non sarebbe stato più utile, proprio dal punto di vista della conoscenza, suggerire il film di Lino Dal Frà intitolato Antonio Gramsci. I giorni del carcere (1977), pur con tutte le sue imprecisioni?
Dato che abbiamo speso alcune parole per la perfomance televisiva del professor Canali, sembra il caso di dire altre due parole anche sul professor Francesco Perfetti, allievo di Renzo De Felice, docente di Storia contemporanea alla Luiss e direttore della rivista “Nuova storia contemporanea”, anch’egli fra i consulenti scientifici di Rai Storia. E’ comparsa sul quotidiano della Cei, “Avvenire”, in data 19 aprile u. s., un’intervista al professor Perfetti in cui si sostiene che “se la Resistenza non portò alla deriva rivoluzionaria lo si deve al ruolo decisivo delle componenti cattolica e liberale”. Quello che impressiona in costoro è la pervicace e difficilmente incrinabile tendenza ideologica che li spinge a dimenticare l’oggetto del loro stesso discorso, cioè la storia. Mi sembra di ricordare (credo che le compagne e i compagni che mi stanno leggendo vorranno supportarmi) che nell’aprile del 1944 sbarcò dalle parti di Napoli un signore, di nome Palmiro Togliatti, che, dopo anni di esilio a cui era stato costretto dal fascismo, radunò intorno a sé il suo Partito, cioè il Partito comunista, dicendo che andava costruito un ampio fronte unitario antifascista e che la questione istituzionale andava rimandata alla fine della guerra contro il fascismo e il nazismo. Il 22 aprile del 1944 si costituiva a Salerno il primo governo dell’Europa occidentale a partecipazione comunista, presieduto da Badoglio. Insomma, professor Perfetti, la svolta di Salerno è un’altra invenzione di Togliatti o è l’atto costitutivo dell’unità antifascista su cui si fondò il movimento resistenziale, che è l’unica rivoluzione che l’Italia postunitaria abbia mai avuto e che ebbe la sua acme nella Costituzione repubblicana, democratica e, appunto, antifascista scritta dai comunisti insieme alle altre forze politiche antifasciste?
Di fronte a questo scempio operato da intellettuali alla ricerca di un ubi consistam ancorato alla fin troppo abusata categoria dell’anticomunismo, a noi non resta che rivolgerci all’urna di Gramsci e riflettere. Mettere in gioco se stessi è la molla della politica, ritenere che dall’assunzione di una responsabilità da parte di un singolo possa derivare il destino del mondo: questa è la politica, la passione politica. Gramsci è il nostro maestro lungo la strada che conduce a quell’assunzione di responsabilità che è l’anticamera della trasformazione del mondo. Dal silenzio di quell’urna si deve trarre la necessità del fare politica; in modo intransigente, responsabile e convinto.
AutoreLelio La Porta–Fonte Ass. La Città Futura-
Antonio Gramsci
Note:
[1] Le testimonianze riportate sono tratte da G. Fiori, Vita di Antonio Gramsci, Laterza, Roma-Bari, 2008, p. 336 e A. Gramsci, Vita attraverso le lettere, a cura di G. Fiori, Einaudi, Torino, 1994, p. 389
[3] Antonio A. Santucci, Antonio Gramsci 1891-1937, Sellerio editore, Palermo, 2005, p. 136
[4] Si veda V. Gerratana, Prefazione in A. Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica dell’Istituto Gramsci, Einaudi, Torino, 1975
[5] E. Garin, Le Lettere di Gramsci, “Leonardo”, giugno-agosto 1947
[6] B. Croce, Recensione delle “Lettere dal carcere”, Quaderni della critica, 8, luglio 1947. Sarà il caso di ricordare la reazione di Togliatti alla recensione crociana nella quale, secondo il segretario comunista, Gramsci veniva avvicinato eccessivamente al campo idealistico marcandone la sua distanza da un certo comunismo (P. Togliatti, Antonio Gramsci e don Benedetto in Id., Scritti su Gramsci, a cura di G. Liguori, Editori Riuniti, Roma, 2001, pp. 129-130)
[7] R. Giacomini, Il giudice e il prigioniero. Il carcere di Antonio Gramsci, Castelvecchi, Roma, 2014
[8] M. Canali, Il tradimento. Gramsci, Togliatti e la verità negata, Marsilio, Venezia, 2013
Ambiente e salute nel territorio del Poligono Interforze Salto di Quirra
Autore: M. Cristaldi, M. Coraddu, C. Foschi, L. Triolo
Ambiente e salute nel territorio del Poligono Interforze Salto di Quirra
DESCRIZIONE-Dal 1956 il Poligono Interforze Salto di Quirra (PISQ) situato nella provincia dell’Ogliastra ha visto coesistere addestramento e sperimentazione militare – con conseguenti emissioni inquinanti, chimiche e fisiche –, con tradizionali attività agropastorali condotte nei territori confinanti e anche al suo interno. Gli agenti inquinanti sono molteplici e le esposizioni, multifattoriali. Nel testo sono riportati gli effetti tossicologici per l’ambiente e la salute umana di tali agenti, emessi anche in conseguenza della distruzione di armamenti obsoleti mediante brillamenti. Gli studi epidemiologici condotti sulle popolazioni esposte sono stati limitati. I risultati delle ricerche riportate nel libro sono scaturiti da un’indagine avviata nel 2011 dal Procuratore della Repubblica di Lanusei che si è avvalso delle consulenze fornite dalle ricerche sperimentali e dalle valutazioni condotte da vari esperti sui soggetti esposti nei territori del PISQ. Nel 2012 il Parlamento ha approvato la relazione della Commissione d’Inchiesta sull’inquinamento militare che prevedeva, oltre alle bonifiche e alla cessazione delle attività militari inquinanti, anche la drastica riduzione del territorio militarizzato in Sardegna. L’inchiesta della Procura di Lanusei, attraverso l’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio alcuni responsabili militari del Poligono per “omissione dolosa e aggravata di cautele contro infortuni e disastri”. Il processo di 1° grado si è concluso in data 10 novembre con l’assoluzione di tutti gli imputati “perché non c’è prova idonea che abbiano commesso il fatto contestato”
Formato 15×21 cm., 584 pagine.
Pubblicato a dicembre 2021.
INDICE
Premessa. In ricordo di Mauro Cristaldi
a cura di Angelo Baracca ed Ernesto Burgio
Prefazione
Impatto nocivo delle attività e delle sperimentazioni militari
2.1 Armi chimiche e batteriologiche – 2.2 Armi nucleari – 2.3 Basi all’estero – 2.4 La situazione in Sardegna – 2.5 Inquinamento elettromagnetico di origine militare
Il poligono Interforze Salto di Quirra (Pisq)
3.1 Inquadramento geografico – 3.2 Cenni storico-geografici sul Pisq – 3.3 Sperimentazioni ed esercitazioni effettuate nel Pisq – 3.3.1 Missili e razzi – 3.3.2 Altri armamenti – 3.3.3 Brillamento e smaltimento di ordigni – 3.3.4 – Emissioni elettromagnetiche – 3.4 Storia della «Sindrome di Quirra» attraverso le fonti note
Inquinanti chimici e fisici immessi in atmosfera, nel suolo, nelle acque e nelle matrici biologiche
4.1 Residui inquinanti di attività militari varie, in aree terrestri e marine – 4.2 Analisi delle emissioni inquinanti e della valutazione del rischio – 4.2.1 Emissioni e inquinamento atmosferico: modelli teorici – 4.2.2 Inquinamento atmosferico: dati sperimentali – 4.2.3 Inquinamento dei suoli: dati sperimentali – 4.2.4 Analisi di elementi e composti tossici in campioni minerali, vegetali e animali
Inquinamento di siti interni ed esterni al Pisq caratterizzati da specifici impatti delle attività militari
Monitoraggio elettromagnetico ambientale presso il Pisq
6.1 Strumentazioni utilizzate – 6.2 Quadro normativo – 6.3 Dati sperimentali e conclusioni
Effetti biologici
7.1 Studio della mutagenesi in situ per l’identificazione degli effetti biologici dei contaminanti ambientali – 7.1.1 Test di mutagenesi – 7.1.2 Dati sperimentali derivanti da biomonitoraggio ambientale effettuato nel Pisq – 7.2 Effetti del’inquinamento sugli ecosistemi, con particolare attenzione alla matrice faunistica – 7.2.1 Ricerche su anfibi e rettili nei pressi delle grotte Is Angurtidorgius – 7.2.2 Ricerche su micromammiferi terragnoli – 7.3 Effetti biologici delle radiazioni del radar di Capo San Lorenzo su cellule in coltura – 7.3.1 Rischio biologico – 7.3.2 Meccanismi d’azione – 7.3.3 materiali e metodi – 7.3.4 Risultati sperimentali – 7.3.5 Conclusioni – 7.4 Determinazione dei rapporti isotopici dell’uranio ed effetti biologici di radioisotopi in matrici biologiche – 7.5 Effetti biologici di nanoparticelle contenenti elementi tossici – 7.5.1 Nanoparticelle in tessuti umani – 7.6 Bioaccumulo di radioisotopi in tessuti umani
Analisi epidemiologiche
Processo in corso e commissioni di inchiesta parlamentari
9.1 Aggiornamento iter processuale – 9.2 Conclusioni delle commissioni d’inchiesta parlamentari sull’inquinamento di origine militare (Uranio impoverito e altro)
Conclusioni
Appendici
Ia) Schede tossicologichei – Ib) Valutazione degli effetti biologici del particolato – II) Valutazione della relazione peritale del prof. Mario Mariani, incaricato dal Gup Nicola Clivio – IIIa) – Sentenza dell’ufficio del Giudice per l’udienza preliminare, Tribunale di Lanusei – IIIb) – Decreto dell’ufficio del Giudice per l’udienza preliminare, Tribunale di Lanusei
SILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINASILOGRAFI SARDI 1935-BIBLIOTECA DEA SABINA
Roma- 22 novembre 2017-Segni particolari: ricchi, con multiproprietà e anche residenti fuori Roma. In Comune li chiamano «occupanti abusivi e benestanti». E sono pronti a sfrattarli. È la categoria di inquilini scoperta dal Campidoglio nelle case popolari dell’amministrazione. Dal censimento in mano alla giunta Raggi, emerge che nei 23mila alloggi Erp (Edilizia residenziale pubblica) ci sono 2mila persone che – semplicemente – non dovrebbero starci. Perché? I loro redditi non rispondono ai requisiti richiesti. In due parole: sono ricchi.
O meglio: «Stanno bene». Altro che meno abbienti. Nella casistica c’è di tutto e di più: da chi ha la casa popolare e altri 18 immobili di proprietà, a chi risulta residente altrove, anche fuori Roma, a chi a fine anno denuncia redditi tra i 70mila e i 90mila euro. In tutto, sono 2.000 gli irregolari scoperti dal Comune.
L’assessore alle Politiche abitative, Rosalba Castiglione, in una lettera aperta (che pubblichiamo qui sotto) li chiama «cari cittadini benestanti» e li invita a fare armi e bagagli quanto prima e a lasciare liberi gli appartamenti a chi ne ha davvero bisogno. «Cari, sì, proprio ‘cari’, perché costate alla collettività un prezzo altissimo e il più alto è proprio quello che pagano le famiglie in attesa della casa popolare sin dal 2000 – scrive Castiglione – senza contare i costi legati al personale, alle azioni di sgombero e al tempo impiegato per rintracciarvi».
LA GIUNGLA
Non ci sono solo i 2000 «benestanti» abusivi. Tra coloro che occupano il patrimonio pubblico ci sono anche 1.600 persone, sempre secondo il report interno del Comune, subentrate negli alloggi popolari i cui legittimi assegnatari sono deceduti. Una successione dinastica, che l’amministrazione vuole interrompere quanto prima.
Se alla fine si fanno due conti ecco cosa emerge: un inquilino su cinque è fuori legge. Si tratta di ladri, per Castiglione. In quanto hanno «rubato il diritto alla casa ai nostri concittadini in difficoltà».
La situazione nella Capitale è più che mai articolata. Se si scorrono i numeri in possesso del Campidoglio, sono oltre 10.500 i nuclei in attesa di una casa popolare (le graduatorie non scorrono dal 2000). E altre 1.400 si trovano dentro ai residence, strutture di assistenza al temporanea in via di chiusura. Anche le cifre fornite dall’Ater (l’ente regionale) seguono sempre questo trend: su 48mila case quelle occupate senza requisiti sono oltre 6mila. Il Comune intanto invita gli abusivi a compiere «un gesto di onestà» e quindi a lasciare «spontaneamente» l’alloggio per assegnarlo «subito» a chi ne ha il diritto.
Discorso ancora diverso per i palazzi occupati da movimenti antagonisti e migranti: a Roma sono 71, in generale gli sgomberi latitano. L’ultimo, la scorsa estate, in via Curtatone. Su questo fronte il Comune per arrivare finalmente a una stretta può contare sull’asse con il Viminale, esplicitato dalla direttiva del ministro dell’Interno Marco Minniti.
La lettera
«Quella ignobile abitudine
di prendersi alloggi altrui»
Cari cittadini benestanti occupanti abusivi delle case popolari, è a voi che mi rivolgo, dopo aver completato il censimento su circa 23 mila appartamenti dell’Edilizia Residenziale Pubblica di Roma Capitale. Eh sì, dopo decenni di lassismo l’Amministrazione capitolina ha finalmente voluto fare la vostra conoscenza. Abbiamo rispolverato una pratica dimenticata, ovvero il censimento degli assegnatari e degli occupanti abusivi delle case popolari. Non è stato un impegno da poco. I nostri uffici hanno lavorato duramente per incrociare i dati e far venire alla luce la verità. Come sapete gli alloggi popolari hanno uno scopo preciso e inderogabile: essere abitati dai nostri concittadini che un appartamento sul libero mercato, al momento, non se lo possono permettere.
Cari, sì, proprio ‘cari’, perché costate alla collettività un prezzo altissimo e il più alto è proprio quello che pagano le famiglie in attesa della casa popolare sin dal 2000, senza contare i costi legati al personale, alle azioni di sgombero e al tempo impiegato per rintracciarvi. Ora però sappiamo che tra voi ci sono circa 2 mila persone che hanno redditi alti, possiedono già immobili o sono residenti altrove, dentro ma anche fuori i confini capitolini. Un vostro degno rappresentante è proprietario di ben 18 immobili.
Altri hanno redditi di 70 mila, 80 mila, fino anche a 90 mila euro all’anno. Siamo quindi certi che sarà facile per voi trovare presto un’altra e più lussuosa sistemazione. Abbiamo scoperto anche più di 1.600 persone subentrate negli alloggi popolari i cui legittimi assegnatari sono deceduti. Abbiamo già iniziato a liberare alcuni Nostri alloggi popolari, che sono stati assegnati ai legittimi aventi diritto. Parliamo di famiglie deluse, che si sono sentite abbandonate dalla propria amministrazione, che avevano perso anche la stessa speranza, che hanno pianto e abbracciato i dipendenti comunali quando si sono viste assegnare la casa. Ve lo racconto perché vorrei che aveste ben chiaro di chi si sta parlando, perché viene proprio da chiedersi con quale coraggio e quale coscienza abbiate “rubato” il diritto alla casa ai nostri concittadini in difficoltà.
Pensavate che non sarebbe mai arrivata a Roma un’Amministrazione determinata e onesta? Allora vi spiego una cosa. Noi riteniamo che sia finalmente giunto il momento di mettere fine a questa ignobile abitudine di usare le case popolari di Roma Capitale come se fossero le proprie, a danno di altri cittadini e dell’intera collettività. La giustizia che chiedono queste famiglie è la stessa che deve essere fatta propria da ogni singolo cittadino. Perché una cosa è certa e invitiamo tutti ad esserne coscienti: una volta che gli permetteremo di spirare forte, il vento della legalità soffierà a beneficio di tutti. A voi, occupanti abusivi benestanti delle case popolari, oggi rivolgo l’invito a fare un gesto di onestà. Lasciate spontaneamente l’alloggio e lo assegneremo subito a chi ha diritto.
Rosalba Castiglione Assessora al Patrimonio
e alle Politiche abitative
di Roma Capitale
ROMA-21/11/2017 – Rilancio della Tenuta di Castel di Guido: oggi in Consiglio regionale si è svolto un incontro insieme a tutti i soggetti interessati per condividere eventuali proposte migliorative anche attraverso il coinvolgimento dei comitati dei cittadini. Completato il lavoro preliminare, si può ora alla pubblicazione del Bando, che sarà presentato a gennaio.
Tutela del bene pubblico ed equilibrio finanziario. L’obiettivo è quello di sostenere funzioni che sono prettamente pubbliche, dall’incubatore di idee al centro di ricerca per la valorizzazione dei sottoprodotti della coltivazione, straordinaria opportunità di lavoro per i giovani ricercatori. Indispensabile che ci sia una complementarietà tra lo svolgimento delle funzioni di natura strettamente pubblica e l’interesse dell’investimento dei privati.
“C’è stata una piena condivisione dei contenuti e dei criteri delle Linee guida del Bando di valorizzazione su cui hanno lavorato gli esperti dell’Università della Tuscia bilanciando tutti gli aspetti sollevati dal mondo dell’associazionismo, dalla garanzia dei livelli occupazionali al rilancio di tutte le vocazioni di questo straordinario patrimonio alle porte di Roma che deve finalmente essere un modello di eccellenza gestionale”- così in una nota congiunta Alessandra Sartore, assessore al Bilancio, Patrimonio e Demanio, e Carlo Hausmann, assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca.
ROMA- 21 novembre 2017-“Le condizioni di degrado e abbandono di Castel di Guido sono tali che non si può più far finta di nulla: è arrivata la stagione dell’assunzione di responsabilità da parte di tutti. Oggi la Regione Lazio, con gli assessori Sartore e Hausman, ha presentato le linee guida di un bando che mantiene la proprietà pubblica del bene e pone le condizioni per un serio rilancio della tenuta. Gestione aziendale multifunzionale, difesa della biodiversità, indirizzo biologico dei processi agricoli e valorizzazione ambientale e archeologica”. Così, in una nota, la Cgil di Roma e del Lazio e la Flai Cgil di Roma e del Lazio.
I sindacati quindi proseguono: “Abbiamo chiesto nell’audizione odierna e ottenuto nel bando una premialità sul fronte della buona occupazione e abbiamo posto il tema della salvaguardia degli attuali livelli occupazionali. Ma nonostante l’urgenza, da tutti condivisa, di intervenire per il rilancio di uno straordinario patrimonio quale è Castel di Guido, oggi abbiamo registrato, al di la’ delle reciproche dichiarazioni di disponibilità, ancora una volta una non più sostenibile divergenza di intenti tra Comune di Roma, proprietaria dell’azienda e la Regione Lazio titolare della tenuta”.
“Una divergenza che, ci pare di capire, rischia di mettere in discussione lo stesso bando regionale che noi valutiamo atto propedeutico allo sviluppo della tenuta e della stessa azienda di Castel di Guido. Non è più accettabile che reciproche diffidenze politiche possano costituire un impaccio se non un vero ostacolo al raggiungimento di obiettivi che dovrebbero veder collaborare istituzioni locali, il cui fine non può che essere, nel caso di specie, il rilancio di questa straordinaria risorsa ambientale, agricola e archeologica”.
“Ci appelliamo alla Regione Lazio e al Comune di Roma – concludono -perché al tavolo per Roma convocato dal ministro Calenda per dopodomani si trovino per Castel di Guido le condizioni necessarie a definire una strategia comune e una collaborazione istituzionale in cui a prevalere sia il bene comune e non l’interesse di parte”.
Roma, 17 novembre 2017 – “La Tenuta di Castel di Guido con i suoi 2000 ettari di terra rappresenta un luogo d’identità pubblica di rilevante significato e può divenire il simbolo delle più importanti e significative sfide ambientali del nostro secolo, modello pubblico di eccellenza di agricoltura biologica e sociale, e centro di ricerca per la valorizzazione e trasformazione del Food Waste con l’utilizzo di sottoprodotti della coltivazione per ottenere Bio-prodotti con ridotte emissioni di CO2”. Così in una nota la Sindaca di Roma Virginia Raggi.
Azienda Agricola Castel di GuidoAzienda Agricola Castel di Guido
Roma, 17 novembre 2017 – “La Tenuta di Castel di Guido con i suoi 2000 ettari di terra rappresenta un luogo d’identità pubblica di rilevante significato e può divenire il simbolo delle più significative sfide ambientali del nostro secolo, modello pubblico di eccellenza di agricoltura biologica e sociale, e centro di ricerca per la valorizzazione e trasformazione del food Waste con l’utilizzo di sottoprodotti della coltivazione per ottenere bioprodotti con ridotte emissioni di CO2”. Così in una nota la sindaca di Roma Virginia Raggi.
“L’azione di rinnovo – spiega l’assessore alla sostenibilità ambientale di Roma Capitale Pinuccia Montanari – è già iniziata questa estate con la firma di un protocollo d’intesa con l’Ente Nazionale del Microcredito per la realizzazione di progetti di agricoltura sociale che, nello svolgere uno specifico ruolo di reinclusione e reinserimento lavorativo di persone svantaggiate, si esprimono in varie forme come fattorie didattiche, agri-nido e agri-ospizi, orti sociali,
pettherapy. È anche prevista la creazione di un ‘Centro di formazione per Migranti’ per l’insegnamento delle migliori pratiche agricole e della lingua italiana. Si punterà anche sull’educazione ambientale e alimentare, sul benessere animale con un’attenzione speciale agli animali domestici che risiederanno presso la Tenuta”.
Castel di Guido-Azienda Agricola Comunale
“Dopo anni di abbandono delle aziende agricole questa amministrazione sta facendo molti sforzi per riconvertirle e valorizzarle. Non vogliamo rinunciare a questa grande opportunità ambientale che risponde pienamente ai principi dell’economia circolare e per questo abbiamo avviato con la Regione un’importante interlocuzione per costruire sinergie positive a Roma per la gestione di Castel di Guido. La sfida rappresenta una grande opportunità per dimostrare come anche il pubblico, unito alle università e centri di ricerca, può diventare un centro di eccellenza”, conclude Raggi.
AZIENDA AGRICOLA Castel di GuidoAzienda Agricola Castel di GuidoAzienda Agricola Castel di GuidoAzienda Agricola Castel di Guido
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