L’inventore geniale son io
D’ogni dottrina che nega Dio.
Ho spappolato la teodicea
E la scodello come purea.
Sbatto le ali e il mio sangue gela,
S’alza e s’abbassa la nera vela.
Il piedistallo sembra un altare…
Tutto il mondo vorrei profanare.
Ma fin da adesso darò il tormento
A chi è in catene sul pavimento.
*
FORRA
Un gallo lontano, accecato dalla canicola,
Intossicato dalle cicale, canta;
Anche lui fuori orario, come l’anima sfatta
Che nel tugurio del mio corpo formicola.
*
VENDEMMIA
Bussi alle porte dell’aurora,
Nell’aria cristallina
Nuda ti ergi all’orizzonte
Dove il trono di Venere scintilla
E trascolorano le foglie,
Gli Amori ti festeggiano, sui colli
I grappoli dorati già s’inchinano.
Protenderò le mani alla tua luce
Come un fiume risvegliato dal sole.
*
SPECCHIO DEI GAUDENTI
– Davvero non coltivi alcun sospetto
Che i corpi stian scemando nel sepolcro?
Rinuncia, almeno oggi, ad esser ciocco.
– Ti parla questo catafalco austero
Dove il legno dei feretri ha premuto
Senza ritegno il suo damasco nero.
– Alla corte del Nulla sei vissuto
Due volte pazzo!, ora dovrai capire
Non dico la maestà del firmamento
Ma un solo, microscopico concetto:
La boria, il fasto, le liete compagnie
Se li è ingoiati il putrido fermento
Che nutre i vermi di lingue lascive.
Breve biografia di Mario Marchisio è nato a Torino nel 1953. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha compiuto studi letterari e teologici. È stato redattore della rivista La Clessidra dal 1995 al 2004, dirigendo nello stesso periodo una collana di poesia per le Edizioni Joker di Novi Ligure. Tra le opere recenti di poesia, ricordiamo: Versi giocosi e satirici (1999), Il sipario della schiena (2003), Il viandante. Poesie d’amore (2003), Tre giornate. Poesie edite e inedite (2013), Epigrammi, parodie, satire (2022). In prosa: I dialoghi di Incmaro (1999), Elogio della pittura (2014), Poesia e prosa ad armi pari. Conversazioni sulla letteratura (2015), Ricerca di Dio e labirinto del mondo (2020), Chi vive se ne pente. Dodici racconti e una farsa (2020).
Biblioteca DEA SABINA
-La rivista «Atelier»-
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
Direttore responsabile: Giuliano Ladolfi Coordinatore delle redazioni: Luca Ariano
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Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.
Arch. Maurizio PETTINARI-Ricerca storica sulla Sabina-Foto di FILIPPO ROCCI: (Fara in Sabina,1881- Rieti, 1965).
Foto di FILIPPO ROCCI:Immagini di vita rurale, ritratti di contadini. Fotografo gentiluomo, cronista per immagini, è riuscito a mostrare la vita contadina, la durezza del lavoro in maniera innovativa e non statica. Suo il merito di aver mostrato la vita del villaggio di capanne a Talocci.
Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.Foto di FILIPPO ROCCI –La Sabina Immagini di vita rurale, ritratti di contadini.
-Angelo Maria RICCI- Poeta e letterato della SABINA-Poesie sacre , Sonetti ed Epigrammi-
Angelo Maria Ricci-
Da Poesie sacre di Angelo Maria Ricci, Sonetti ed Epigrammi.
RICCI, Angelo Maria. – Nacque a Mopolino di Capitignano (L’Aquila) il 24 settembre 1776 da Serafino e da Giuseppa Pica, entrambi di nobili famiglie, Morì a Rieti il 1° aprile 1850. Un ramo del casato Ricci era presente anche a Rieti dall’inizio del XVII secolo. Il padre ricopriva l’incarico di regio tesoriere dei Borbone.
Per gli studi superiori, Angelo Maria si trasferì a Roma nel Collegio Nazareno degli scolopi. Suoi maestri furono padre Carlo Giuseppe Gismondi, per le materie scientifiche, e padre Francesco Antonio Fasce, per quelle letterarie. Prima ancora di concludere gli studi entrò a far parte dell’Arcadia con il nome di Filidemo Liciense. Già nel 1792 vedevano la luce a Napoli alcune sue poesie, raccolte nel volumetto Omaggio poetico, dedicato a Domenico di Gennaro, duca di Cantalupo. Quattro anni più tardi, sempre a Napoli, fu la volta del De gemmis, poemetto latino per il matrimonio di Francesco III di Borbone con Maria Clementina d’Austria. I fatti del 1798-99 si fecero sentire anche al Nazareno: Angelo Maria, come tutti i giovani nobili non romani, prese la via del ritorno in famiglia. Il cardinale Stefano Borgia lo riportò a Roma, dove fu insignito del cavalierato gerosolimitano; si accostò agli studi biblici riprendendo la volontà di conciliare la scienza con la religione e diede alla luce la Cosmogonia mosaica, fisicamente sviluppata e poeticamente esposta in sei meditazioni filosofico-poetiche (Roma 1802), in contrasto con le teorie materialistiche e sensistiche. A Napoli entrò in contatto con i nobili-poeti Tommaso Gargallo, marchese di Castel Lentini, e Carlantonio de Rosa, marchese di Villarosa. Manifestò un certo entusiasmo per la svolta napoleonica e re Giuseppe Bonaparte lo fece capodivisione della Real Segreteria. Da Gioacchino Murat ebbe la cattedra universitaria di eloquenza. Ricci manifestò in modo evidente la sua riconoscenza: nel 1809 pubblicò un canto in ottava rima intitolato La pace; in un’altra ode, La verità, pubblicata l’anno dopo, definì Murat «di Goffredo assai maggior nel senno», anteponendolo all’eroe della Gerusalemme liberata. La musa murattiana raggiunse il culmine con I fasti di Gioacchino Murat (1813); non a caso, ottenne l’incarico di istitutore dei principini Achille e Luciano e di lettore personale della regina.
Angelo Maria Ricci Poesie sacre , Sonetti ed Epigrammi.
Dopo il congresso di Vienna e il ritorno di Ferdinando di Borbone Ricci mutò rotta, da un lato, ponendo fine alla sua simpatia per le idee innovative e i nuovi progetti politici, dall’altro, manifestando apertamente una volontà di pace e tranquillità. Scrisse quindi un’ode per l’imperatore Francesco I: A sua Maestà C.R.A. Francesco I Imperatore d’Austria per lo stabilimento del nuovo Regno Lombardo Veneto (Venezia 1816). E pubblicò la composizione Il simulacro d’Augusto nel tempio dell’immortalità (Napoli 1816) per l’arrivo a Napoli dello stesso Francesco I d’Austria (II come imperatore del Sacro Impero). I Borbone confermarono a Ricci una serie di incarichi: fece parte della commissione dei teatri e venne nominato revisore dei testi teatrali.
Ricopriva indubbiamente un ruolo significativo all’interno dell’intellettualità napoletana, tanto da essere chiamato a collaborare con Gioachino Rossini per il libretto di una cantata. Il giovane musicista pesarese era stato convocato a Napoli dall’impresario Domenico Barbaja e il successo dell’opera Elisabetta, regina d’Inghilterra (1815), affidata a Rossini per celebrare l’onomastico del principe ereditario Francesco di Borbone, indusse Barbaja a trattenerlo a Napoli con nuovi incarichi. Per uno di questi fu scelto come librettista proprio Ricci. Si trattava di celebrare il genetliaco di Ferdinando I e ribadire tutta la forza della restaurazione napoletana. La cantata intitolata Pel faustissimo giorno natalizio di Sua Maestà il Re Ferdinando IV, nostro Augusto Sovrano (Napoli 1816) doveva fungere da prologo al ballo La virtù premiata del compositore viennese Robert Wenzel.
Angelo Maria Ricci Poesie sacre , Sonetti ed Epigrammi.
Le precarie condizioni di salute e una grave malattia del padre indussero Ricci a lasciare la città partenopea. Con la moglie Isabella Alfani, nobile nolana, e con quattro figli, nel dicembre del 1817 tornò a Mopolino. Il soggiorno non fu duraturo. Nel 1819 si trasferì definitivamente a Rieti nell’elegante palazzo neoclassico, realizzato alla fine del Settecento dal padre su progetto dell’Re Ferdinando IV, . Nello stesso 1819 vide la luce a Livorno, presso l’editore Glauco Masi, L’Italiade, poema epico in dodici canti, iniziato a Napoli dopo la caduta di Murat e il ritorno dei Borbone.
Le gesta di Carlo Magno contro Desiderio, ultimo re dei Longobardi, facevano da sfondo alla complessa trama dell’opera. Il tema era lo stesso dell’Adelchi manzoniano, ma con un’ottica ribaltata; per Ricci la caduta del Regno dei Longobardi rappresentava un soggetto di alta epopea e segnava l’alleanza tra trono e altare, il ritorno del dominio austriaco e la fondazione del Regno lombardo-veneto. I conservatori e l’ala austriacante dell’intellettualità del tempo si entusiasmarono. Di diverso avviso la Biblioteca italiana: Giuseppe Acerbi censurò il poema, definendolo «vergognoso per un italiano» (Rati, 2007, p. 15).
Angelo Maria Ricci Poesie sacre , Sonetti ed Epigrammi.
L’ambiente reatino, particolarmente sensibile alle istanze papaline, ispirò a Ricci la composizione del San Benedetto, poema in ottava rima, scritto forse anche su sollecitazione dello stesso papa Pio VII, che vide la luce nel 1824 a Pisa. L’anno seguente, sempre a Pisa, pubblicò la Georgica de’ fiori, dedicata a Maria Beatrice d’Este, arciduchessa d’Austria e duchessa di Massa e Carrara, che proprio in quegli anni si andava occupando nel suo territorio di floricoltura. Nell’estate del 1826 tornò per qualche mese a Napoli nella speranza di veder migliorare le non buone condizioni di salute della moglie. Fu ospite nella villa dei conti di Camaldoli. Nel 1827 venne stampato a Rieti L’orologio di Flora: ventiquattro odi anacreontiche nate dalla constatazione che dal maggio all’agosto alcuni fiori si aprivano e chiudevano in ore precise. Tre anni dopo pubblicò un’altra opera di versi nuziali – il poema Conchiglie (Roma 1830), in cui le nozze divine di Oceano e Teti erano augurio per le nozze umane di Maria Cristina, figlia di Maria Isabella regina delle Due Sicilie, con Ferdinando VII, sovrano di Spagna.
Il 27 settembre 1828 era morta la moglie Isabella. Bertel Thorvaldsen curò il monumento funebre collocato nella chiesa reatina di S. Giovenale dove riposavano le ceneri della donna. Il dolore di Ricci fu consegnato a una raccolta di Elegie, con due edizioni: l’una pisana del 1828 e l’altra romana di due anni dopo. Del 1832 fu la traduzione dell’Elegia biblica di Ruth, per le nozze di Ferdinando II di Borbone con Maria Cristina di Savoia. Nel 1837 Ricci pubblicò a Roma Gli sposi fedeli.
La linea classicista sembrava incrinarsi, l’elemento storico veniva infatti evidenziato anche dal sottotitolo di Storia italo-gotica-romantica, e i personaggi Teodorico, Amalasunta, Atalarico, Goti, Ariani, Cattolici si muovevano sullo scenario del VI secolo italiano. Dopo molteplici traversie, Nigilda e Childerico sarebbero riusciti a coronare il loro sogno. Il modello manzoniano era nell’aria e forse più: una peste, il ritiro di Nigilda in convento per evitare di essere sedotta da Crispo, erano indubbiamente elementi di contatto con I promessi sposi. Di certo, l’edizione ricciana ebbe successo: ben quattro edizioni si susseguirono in pochissimo tempo.
Nel 1840 Ricci fece ristampare a Roma tutte le sue poesie di argomento religioso sotto il titolo di Poesie sacre. Acciacchi personali e familiari resero difficoltosi gli ultimi anni della sua vita.
Angelo Maria Ricci Poesie sacre , Sonetti ed Epigrammi.
L’Arcadia convocò in suo onore un’adunanza il 10 dicembre 1852; per quella ricorrenza Giuseppe Gioachino Belli scrisse e recitò un sonetto commemorativo.
Fonti e Bibl.: La corrispondenza intercorsa fra Angelo Maria Ricci e l’amico Bertel Thorvald-sen dal 1820 al 1838 è conservata a Copenaghen, The Thorvaldsens Museum Archives. A. Sacchetti Sassetti, La vita e le opere di A.M. R., Rieti 1898; G. Rati, A.M.R. e la polemica romantica, in Otto/Novecento, III (1979), 3-4, pp. 61-80 (riedito in Id., Saggi danteschi e altri studi, Roma 1988, pp. 159-181); G. Formichetti, Un classicista austriacante e papalino, in Ottocento nel Lazio, a cura di R. Lefevre, Roma 1982, pp. 239-251; Atti. Celebrazione del II centenario della nascita di A.M. R. (1776-1850), Rieti 1983; G. Formichetti, I testi e la scrittura. Studi di letteratura italiana, Roma 1990, pp. 275-282; M.F. Apolloni, Un poeta mecenate di se stesso: A.M. R. e gli affreschi di Pietro Paoletti in Palazzo Ricci a Rieti, in Ricerche di storia dell’arte, 1992, vol. 46, pp. 35-48; R. Messina, Iconografia di A.M. R. Architettura, scultura, pittura, grafica, Rieti 1996; Tre cantate napoletane. Musica di Gioachino Rossini, a cura di I. Narici – M. Beghelli – S. Castelvecchi, Pesaro 1999, pp. XXI-XXXI; G. Rati, La polemica intorno all’Italiade e altri saggi su A.M. R., Roma 2007; Arte e cultura nel Palazzo Ricci di Capitignano, a cura di G. Paris – F.S. Ranieri – A. De Angelis, Rieti 2011.
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