Roma-La Grande Sfida: Gian Lorenzo Bernini Vs Francesco Borromini-Il Genio Ammaliatore ed Il Genio Rigoroso-Biblioteca DEA SABINA

Biblioteca DEA SABINA

Roma-La Grande Sfida: Gian Lorenzo Bernini Vs Francesco Borromini-Il Genio Ammaliatore ed Il Genio Rigoroso-

Gian Lorenzo Bernini: Il Genio Ammaliatore. -Francesco Borromini: Il Genio Rigoroso.

Nella Roma del XVII secolo, due straordinari artisti barocchi, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini, si sfidarono in una rivalità epica. Le loro personalità e stili artistici erano completamente diversi, ma entrambi hanno lasciato un’impronta indelebile sulla città eterna.

Gian Lorenzo Bernini: Il Genio Ammaliatore. –Francesco Borromini: Il Genio Rigoroso. 

Gian Lorenzo Bernini: Il Genio Ammaliatore

Gian Lorenzo Bernini: Il Genio Ammaliatore. Architetto, scultore, pittore (Napoli 1598 – Roma 1680), figlio di Pietro. È il massimo protagonista della cultura figurativa barocca. Esordì giovanissimo, attirando su di sé l’attenzione del card. Scipione Borghese, che gli commise quattro gruppi statuarî (ora tutti conservati nella Galleria Borghese, Roma), eseguiti fra il 1616 e il 1624. Il primo, Enea e Anchise, rivela ancora l’influenza (e forse la collaborazione) del padre, mentre nel David, nel Ratto di Proserpina e specialmente nell’Apollo e Dafne, capolavoro del suo periodo giovanile, si dimostra artista compiuto, nel movimento della composizione e nel modellato pieno di sfumature pittoriche. Nel baldacchino di S. Pietro (1624-33), opera insieme di architetto e scultore, e poi nella fontana del Tritone, si precisa la ricerca berniniana di forme mosse, impostate su ritmi di linee curve; il S. Longino in S. Pietro è già una piena espressione dell’ideale barocco di una forma liberamente espansa nello spazio. Il monumento sepolcrale di Urbano VIII in S. Pietro fissa il modello del sepolcro barocco, solenne e fastoso ma intensamente pittorico nel movimento delle masse plastiche. Salito al trono Innocenzo X, il B. cadde in disgrazia; in questa parentesi amara della sua vita scolpì La Verità scoperta dal Tempo (Gall. Borghese, Roma), iniziata nel 1644, e L’estasi di s. Teresa (1647, Roma, S. Maria della Vittoria), l’opera forse più intensamente poetica dell’artista, in cui sfruttando i più sottili artifici prospettici, seppe avvolgere il gruppo di una calda luminosità. Innocenzo X, riconciliatosi col B., gli affidò l’incarico della fontana dei Quattro Fiumi in Piazza Navona, compiuta nel 1651, forse il punto più alto raggiunto dall’arte barocca, per la fusione dell’elemento plastico e paesistico e per il pittorico legarsi delle forme ai giuochi d’acqua. Nel 1647 gli fu commessa la decorazione dei pilastri e delle navate di S. Pietro. Per Alessandro VII, immaginò la scenografia plastica della cattedra di S. Pietro (1661) e scolpì le statue per la cappella Chigi in S. Maria del Popolo e la Maddalena e il S. Girolamo del duomo di Siena; per Clemente X ideò la decorazione di ponte S. Angelo; fece in S. Pietro la tomba di Alessandro VII (1672-78) e la statua giacente della Beata L. Albertoni in S. Francesco a Ripa (1674). Fu anche grande ritrattista, come mostrano i suoi molti busti, di straordinaria vivezza. Enorme fu, nei secc. 17° e 18°, l’influenza del B. sulla scultura italiana e straniera. Il B. riassume l’ideale classico del Barocco romano: per il quale, infatti, il classicismo non è scolastico esempio ma modo d’intendere la realtà nella sua pienezza e universalità. ▭ Il Bernini era già famoso come scultore quando (1625) iniziò la sua attività di architetto col rifacimento della chiesa di S. Bibiana e il restauro del pal. di Propaganda Fide. Dalla sobrietà formale di questi primi lavori si stacca di colpo col baldacchino di S. Pietro, in cui il motivo classico delle colonne tortili è svolto nell’impetuosa ascesa delle spirali. Incerta è la parte del B. nella costruzione di pal. Barberini, benché sia sicuramente sua l’audace invenzione prospettica dei finestroni a strombo; sua è la geniale impostazione prospettica del pal. di Montecitorio e suo il progetto, poi alterato, di pal. Odescalchi. Nel 1656 iniziò la costruzione del portico di S. Pietro, straordinario esempio di architettura aperta ai più larghi effetti di luce e atmosfera, e creò la Scala Regia, in Vaticano, le tre piccole chiese a pianta centrale di S. Andrea al Quirinale (1658), di Castelgandolfo (1660), dell’Ariccia (1668). Al colmo della sua fama, il B. fu invitato da Luigi XIV a preparare un progetto per la facciata del Louvre; e a tale scopo egli si recò a Parigi (1665), ma il suo magnifico disegno non fu accettato, forse per il sopravvenire, in Francia, di un più rigoroso gusto classicistico. Del soggiorno a Parigi è importante testimonianza il Diario tenutone dallo Chantelou. Il B. eseguì per Luigi XIV anche un grande monumento equestre, che ora, trasformato in parte, si trova nel parco di Versailles.

Francesco Borromini: Il Genio Rigoroso

Francesco Borromini: Il Genio Rigoroso. Architetto (Bissone 1599 – Roma 1667), col suo antagonista G. L. Bernini è una delle due più originali e importanti figure dell’architettura del sec. 17° in Italia. Dopo un soggiorno a Milano, venne forse nel 1614 a Roma, dove fu impiegato come intagliatore e scalpellino nella fabbrica di S. Pietro. Fu protetto, e avviato alla professione di architetto, da C. Maderno, suo conterraneo e parente, dopo la morte del quale (1629) il B. seguitò a lavorare in S. Pietro (specialmente nella realizzazione del baldacchino) e al palazzo Barberini (scala ellittica, disegno delle grandi finestre) alle dipendenze del Bernini, col quale si pose ben presto in aperto contrasto. L’attività autonoma del B. comincia (1634) con la costruzione del convento e della chiesa di S. Carlino alle Quattro Fontane (ma la facciata della chiesa, del 1667, è l’ultimo suo lavoro). Seguono una cappella in S. Lucia in Selci (1638-39) e le trasformazioni del Palazzo Spada e del Palazzo Falconieri (1640 circa); il palazzo Carpegna (oggi accademia di S. Luca: 1635-50); il convento e l’Oratorio dei Filippini (1637-50); la tomba Merlini in S. Maria Maggiore (1644 circa); il restauro di S. Giovanni in Laterano (1646-49); i lavori con G. e C. Rainaldi per il palazzo Pamphili (1645-50) e per S. Agnese in Piazza Navona (1653-57); la chiesa di S. Ivo alla Sapienza (già nel 1632 si era iniziata la collaborazione del B. alla Sapienza) e quella di S. Maria dei Sette Dolori; la chiesa e il Collegio di Propaganda Fide; il campanile di S. Andrea della Fratte; la cappella Spada in S. Girolamo alla Carità (1660 circa), ecc. Fuori di Roma fece l’altare dell’Annunziata ai SS. Apostoli di Napoli (1640-42), altri altari ideò per la chiesa di S. Maria degli Angeli a Faenza e di S. Paolo a Bologna; a Frascati trasformò la Villa Falconieri; a S. Martino al Cimino realizzò, in collaborazione con M. de Rossi, l’ampliamento del borgo. Condusse vita solitaria e ansiosa, che si concluse con il suicidio. La sua architettura, aspramente censurata dalla critica neoclassica e oggi nuovamente apprezzata, è, nei suoi caratteri formali, opposta a quella del Bernini. Al contrario di questo, il B. cerca una contrazione dello spazio costruttivo, riduce al minimo il valore delle masse ed esaspera quello delle linee, insiste sul disegno dei minimi particolari decorativi, introduce forme assolutamente nuove (volute, cartocci, arabeschi, ecc.), complica il tracciato delle piante, si compiace di geniali e audacissimi espedienti costruttivi; ma soprattutto, più che alla maestà e alla monumentalità dell’insieme, mira a ottenere in tutto l’edificio, fino ai particolari più minuti, una serrata continuità di ritmo. Il B. curava personalmente tutti i particolari dell’ornamento, facendo così, della sua architettura, una specie di miracolo di tecnica e, insieme, di stile. Grande fu il fascino del B. sull’architettura barocca europea. La sua nuova tematica spaziale esercitò profondo influsso sul Guarini e sugli architetti dei paesi tedeschi e boemi, mentre il suo nuovo repertorio formale e il suo felice innesto di forme organiche sulle strutture architettoniche erano stimolanti sulle generazioni successive sino al rococò. Soprattutto impegnativo fu il dibattito, aperto dal B., sulla validità del sistema formale classico e sul carattere espressivo delle più ardite soluzioni tecniche.