La riflessione in forma di Poesia sulla guerra di Bertolt Brecht
Bertolt Brecht
Dopo l’incendio del Reichstag da parte dei nazisti, il 28 febbraio 1933, Brecht decise di fuggire dalla Germania e recarsi in Danimarca con la famiglia. Aveva previsto la catastrofe imminente che l’ascesa del nazismo avrebbe portato con sé.
Anche in esilio Bertolt Brecht tuttavia non smise di denunciare con forza, attraverso la poesia, ogni tipo di oppressione e disuguaglianza. Non dimenticò la sua causa sociale e dedicò le sue poesie contro la guerra al popolo, che in silenzio è costretto a patire le decisioni prese dai potenti.
Agli occhi dell’intellettuale tedesco la guerra non è altro che una delle massime espressioni degli interessi capitalistici praticata ai danni dei più umili.
I suoi versi verranno raccolti nel 1939 nella celebre silloge Poesie di Svendborg, considerata la summa poetica dell’impegno antinazista di Brecht.
Oggi quella raccolta appare come una drammatica profezia della Seconda guerra mondiale, al pari del quadro Guernica di Pablo Picasso che denunciava l’opera di distruzione messa in atto dalla Germania di Hitler.
Brecht assistette alla drammatica escalation che portò a una delle guerre più drammatiche della storia e raccontò quel tragico sviluppo storico tramite il climax ascendente dettato dai suoi versi.
Scopriamo le poesie contro la guerra di Bertolt Brecht che oggi sono un invito a riflettere su quanto sta accadendo in seguito all’invasione russa dell’Ucraina.
Generale di Bertolt Brecht-
Generale, il tuo carro armato
è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
Quando la guerra comincia di Bertolt Brecht
Forse i vostri fratelli si trasformeranno
e i loro volti saranno irriconoscibili.
Ma voi dovete rimanere eguali.
Andranno in guerra, non
come ad un massacro,
ad un serio lavoro. Tutto
avranno dimenticato.
Ma voi nulla dovete dimenticare.
Vi verseranno grappa nella gola
come a tutti gli altri.
Ma voi dovete rimanere lucidi.
Chi sta in alto dice pace e guerra di Bertolt Brecht
Sono di essenza diversa.
La loro pace e la loro guerra
son come vento e tempesta.
La guerra cresce dalla loro pace
come il figlio dalla madre.
Ha in faccia
i suoi lineamenti orridi.
La loro guerra uccide
quel che alla loro pace
è sopravvissuto.
La guerra che verrà di Bertolt Brecht
La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
C’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
Faceva la fame. Fra i vincitori
Faceva la fame la povera gente egualmente.
Quelli che stanno in alto di Bertolt Brecht
Quelli che stanno in alto
si sono riuniti in una stanza.
Uomo della strada
lascia ogni speranza.
I governi
firmano patti di non aggressione.
Uomo qualsiasi,
firma il tuo testamento.
Mio fratello aviatore di Bertolt Brecht
Mio fratello era aviatore
Un giorno ricevette la cartolina.
Fece i bagagli, e andò via,
Lungo la rotta del sud.
Mio fratello è un conquistatore.
Il popolo nostro ha bisogno
Di spazio. E prendersi terre su terre,
Da noi, è un vecchio sogno.
E lo spazio che si è conquistato
È sui monti del Guadarrama.
È lungo un metro e ottanta
E di profondità uno e cinquanta…
Al momento di marciare di Bertolt Brecht
Al momento di marciare molti non sanno
che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
è la voce del loro nemico.
E chi parla del nemico
è lui stesso il nemico.
Quando chi sta in alto parla di pace di Bertolt Brecht
Quando chi sta in alto parla di pace
la gente comune sa
che ci sarà la guerra.
Quando chi sta in alto maledice la guerra
le cartoline precetto sono già compilate.
Sul muro c’era scritto col gesso di Bertolt Brecht
Sul muro c’era scritto col gesso:
vogliono la guerra.
Chi l’ha scritto
è già caduto
Simone Belladonna “Gas in Etiopia” -NERI POZZA EDITORE
«La guerra d’Etiopia non è stata soltanto la più grande campagna coloniale della Storia contemporanea, ma anche, probabilmente, la miccia che ha fatto scoppiare la seconda guerra mondiale. Mussolini cominciò a prepararla…
SINOSSI-
Dall’introduzione di Angelo Del Boca: «La guerra d’Etiopia non è stata soltanto la più grande campagna coloniale della Storia contemporanea, ma anche, probabilmente, la miccia che ha fatto scoppiare la seconda guerra mondiale. Mussolini cominciò a prepararla sin dal 1925 e volle che fosse una guerra rapida, micidiale, assolutamente distruttiva. Per questa ragione mandò in Africa orientale mezzo milione di uomini armati alla perfezione, tanti aeroplani da oscurare il cielo, carri armati e cannoni in numero tale da sguarnire le riserve della madrepatria. E per essere sicuro della vittoria, autorizzò anche l’uso di un’arma proibita, l’arma chimica, sulla quale l’autore in questo libro ha raccolto con grande perizia tutte le informazioni possibili.
Per cominciare, ha esplorato, per primo, gli archivi americani del FRUS, dove sono raccolti i dispacci degli alti funzionari degli Stati Uniti sulla preparazione della campagna fascista contro l’Etiopia. Si tratta di documenti di estrema importanza, perché rivelano le mosse del fascismo in armi e ne analizzano, giorno dopo giorno, la pericolosità per la pace nel mondo.
Poiché il libro costituisce, in primis, la denuncia dell’impiego dei gas velenosi e mortali e di tutti gli inganni perpetrati negli anni per nascondere quei crimini, l’autore non ha trascurato dati accurati che offrissero un quadro completo dei diversi gas utilizzati, dei sistemi per utilizzarli, dei risultati ottenuti. Si tratta di migliaia di tonnellate di iprite e di fosgene scaricate soprattutto dagli aeroplani sui combattenti etiopici e sulle popolazioni indifese […].
Gli orrendi crimini del fascismo vennero, come è noto, cancellati dalla propaganda del regime, rimossi dai documenti e dai moltissimi libri pubblicati dai massimi protagonisti della guerra, come Badoglio, Graziani, Lessona, De Bono, dai gerarchi, dai giornalisti e da semplici gregari. Questa sconcertante autoassoluzione proseguì anche nel dopoguerra e nei decenni a seguire, mentre ogni tentativo di ristabilire la verità veniva prontamente ostacolato […].
Perché l’Italia venga a conoscere la verità su quei tremendi crimini bisognerà attendere il 1996, quando il ministro della Difesa, Domenico Corcione, farà alcune parziali ammissioni. Inutilmente, il governo imperiale etiopico ha cercato di trascinare Badoglio, Graziani e altre centinaia di criminali di guerra sul banco degli imputati. Tanto Londra che Washington hanno esercitato sull’imperatore Hailé Selassié ogni sorta di pressioni per dissuaderlo dall’istituire, come era giusto e legittimo, una Norimberga africana». Dall’introduzione di Angelo Del Boca
L’Autore-
Simone Belladonna
Simone Belladonna è laureato in Scienze Internazionali e Studi Europei. È da sempre appassionato di politica e storia. Fa parte del consiglio di redazione di Rivista Europae e lavora come Account Strategist a Google, in Irlanda. Gas in Etiopia è il suo primo libro.
Virginia Woolf-Pensieri di pace durante un’incursione aerea (agosto 1940)
TOMMASO MONTANARI
TOMMASO MONTANARI:” Nadia Fusini ha tradotto in questi giorni questo testo struggente, e lo ha fatto come atto di resistenza alla guerra: a questa sporca guerra di conquista nazionalista, e ad ogni altra guerra. Pubblicarlo qui oggi è il nostro modo di essere vicini alle donne ucraine sotto le bombe russe, e alle donne russe le cui vite sono ora diversamente distrutte. Nessuno come Virginia Woolf ha saputo esprimere la radicale alterità delle donne rispetto alla guerra: eterno “gioco” bestiale dei maschi, frutto della loro (della nostra) puerile e omicida volontà di potenza. Se qualcuno avesse ancora un dubbio sul fatto che liberarsi dal dominio maschile (nei pensieri, nelle parole, nelle opere) non è un obiettivo (solo) delle donne, ma di tutta l’umanità, questo drammatico 8 marzo di guerra serve a toglierselo una volta per tutte”. (Tomaso Montanari)
Adeline Virginia Woolf
Adeline Virginia Woolf (Londra 1982 – Rodmell 1941) –I tedeschi erano su questa casa la notte scorsa e quella prima. Eccoli di nuovo. È una strana esperienza stare sdraiati al buio e sentire il ronzio di un calabrone che in qualsiasi momento può pungerti a morte. È un rumore che interrompe il pensiero freddo e coerente della pace. Eppure è un rumore che assai più delle preghiere e degli inni dovrebbe costringerci a pensare alla pace. A meno di non riuscire a pensare alla pace, ognuno di noi, ognuna di noi – non questo corpo qui, in questo letto, bensì milioni di corpi non ancora nati – rimarremo al buio ad ascoltare questo rantolo di morte sulla testa. Cerchiamo di pensare che cosa si può fare per creare il solo rifugio antiaereo efficace, mentre in collina i cannoni sparano e i fari tastano le nuvole, e qua e là, a volte vicino, a volte lontano, cade una bomba.
Su in cielo dei giovani uomini inglesi e dei giovani uomini tedeschi si combattono. Sono uomini i difensori, sono uomini gli attaccanti. Alla donna inglese non vengono consegnate le armi, né per combattere il nemico, né per difendersi. Lei deve giacere al buio disarmata stanotte. Eppure se crede che il combattimento in cielo è una battaglia tra gli inglesi per proteggere la libertà, e i tedeschi per distruggere la libertà, anche lei deve lottare, per quanto può, dalla parte degli inglesi. Ma come può lottare per la libertà senza armi da fuoco? Fabbricando armi, oppure vestiti o cibo. Ma c’è un altro modo di combattere per la libertà senza armi; possiamo combattere con la mente. Possiamo ‘fabbricare’ idee, che aiuteranno il giovane uomo inglese che combatte su in cielo a sconfiggere il nemico.
Ma perché le idee siano efficaci, dobbiamo essere in grado di spararle. Dobbiamo metterle in atto. Così il calabrone in cielo risveglia un altro calabrone nella mente. Ce n’era uno questa mattina, che ronzava nel Times; era una donna che diceva: “Le donne non hanno voce nelle questioni politiche”. Non c’è nessuna donna nel Gabinetto; né in nessun posto di responsabilità. Tutti quelli che producono le idee, e sono in grado di attuarle, sono uomini maschi. Ecco un pensiero che affossa il pensiero, e incoraggia l’irresponsabilità. Perché allora non sprofondare la testa nel cuscino, turarsi le orecchie e abbandonare la futile attività di produrre idee? Ci sono altri tavoli, oltre ai tavoli dei militari e ai tavoli delle conferenze. Ma rinunciando al pensiero privato, al pensiero del tavolo da tè, perché ci sembra inutile, non priviamo il giovane inglese di un’arma che potrebbe essergli utile? Non stiamo esagerando la nostra incapacità, solo perché la nostra capacità ci espone magari all’insulto, al disprezzo? “Non cesserò di conbattere con la mente” scrive Blake. Combattere con la mente significa pensare contro la corrente, e non a favore.
La corrente scorre veloce e violenta. Straripa a parole dagli altoparlanti e dai politici. Ogni giorno ci dicono che siamo un popolo libero, che combatte per difendere la libertà. Questa è la corrente che ha trasportato il giovane aviatore fino in cielo, e lo tiene lì, tra le nuvole. Quaggiù, protetti da un tetto, con una maschera antigas a portata di mano, è nostro compito bucare i palloni gonfiati d’aria e smascherare i germi di verità. Non è vero che siamo liberi. Siamo tutti e due prigionieri stasera: lui imprigionato nella sua macchina con un’arma a portata di mano, noi sdraiate nel buio con una maschera antigas a portata di mano. Se fossimo liberi saremmo all’aperto, a ballare, o a teatro, o seduti alla finestra a parlare. Che cosa ce lo impedisce? “Hitler!” esclamano unanimi gli altoparlanti. Chi è Hitler? Che cos’è Hitler? Aggressione, tirannia, amore forsennato del potere, rispondono. Distruggetelo, e sarete liberi.
Sulla mia testa ora il rimbombo degli aerei è come la sega sul ramo di un albero. Va in tondo, e sega il ramo proprio sopra la mia casa. E nel cervello un altro rimbombo comincia. “Le donne capaci” così diceva Lady Astor nel Times di stamani, “vengono frenate, ostacolate, sottomesse per via dell’inconscio hitlerismo nel cuore degli uomini”. È vero, noi siamo ostacolate. E questa sera siamo tutti egualmente prigionieri: gli uomini inglesi negli aerei, le donne inglesi nei letti. Ma se lui smette di pensare, può essere ucciso; e lo stesso vale per noi. E allora pensiamo per lui. Cerchiamo di portare alla coscienza l’inconscio hitlerismo che tutti ci opprime. È il desiderio di aggressione; il desiderio di dominare e schiavizzare. Perfino nel buio delle tenebre lo si può vedere chiaramente. Vediamo vetrine di negozi che brillano, e donne che guardano, donne truccate, donne vestite di tutto punto ‒ donne con le labbra rosse, le unghie rosse. Sono schiave che cercano di fare schiavi. Se potessimo liberarci dalla schiavitù, libereremmo anche gli uomini dalla tirannia. Gli Hitler sono generati dagli schiavi.
Cade una bomba. I vetri della finestra tremano. I cannoni antiaerei entrano in azione. Là, in cima al colle, sotto una rete fatta di pezzi di stoffa verde e marrone, che imitano i colori delle foglie d’autunno, si nascondono i cannoni. Ora sparano tutti insieme. Il giornale radio delle nove ci dirà: “Quarantaquattro aerei nemici sono stati abbattuti nella notte, dieci dal fuoco antiaereo”. E una delle condizioni della pace, dicono gli altoparlanti, dev’essere il disarmo. Non ci dovranno essere mai più armi, né esercito, né marina, né forza aerea nell’avvenire. I giovani uomini non saranno più addestrati a combattere con le armi. Il che sveglia un altro calabrone nelle camere del cervello ‒ un’altra citazione: “Combattere contro un nemico reale, guadagnare onore immortale e la gloria uccidendo dei perfetti sconosciuti, e tornare a casa con il petto coperto di medaglie e di decorazioni, quello era il colmo della speranza… A questo era stata dedicata finora tutta la mia vita, la mia educazione, la mia formazione, tutto…”.
Queste sono le parole di un giovane uomo inglese che ha combattuto nell’ultima guerra. Davanti alle quali, gli attuali pensatori possono onestamente credere che scrivendo “disarmo” su un pezzo di carta in una conferenza dei ministri avranno fatto tutto ciò che si doveva fare? Otello non farà più il suo mestiere, ma sarà sempre Otello. Il giovane aviatore su in cielo non è guidato soltanto dalle voci degli altoparlanti; è guidato da voci che ha dentro di sé ‒ antichi istinti, istinti incoraggiati e nutriti dall’educazione e dalla tradizione. Lo dobbiamo biasimare per questo? Si potrebbe forse sopprimere l’istinto materno, al comando di un gruppo di politici seduti intorno al tavolo? Facciamo conto che fra le condizioni di pace ci fosse questa, imperativa: “Fare figli sarà ristretto a una piccolissima classe di donne accuratamente selezionate” ‒ lo accetteremmo? O non dovremmo dire: “L’istinto materno è la gloria della donna. A questo è stata dedicata finora la mia vita, la mia educazione, la mia preparazione, tutto…”. Ma se fosse necessario, per il benessere dell’umanità, per la pace nel mondo, che la maternità venisse controllata, e l’istinto materno messo a tacere, le donne ci proverebbero. Gli uomini le aiuterebbero. Le onorerebbero per il loro rifiuto di fare figli. Offrirebbero altre possibilità alla loro potenza creativa. Anche questo deve far parte della nostra lotta per la libertà. Dobbiamo aiutare i giovani uomini inglesi a strapparsi dal cuore l’amore delle medaglie e delle decorazioni. Dobbiamo creare attività più onorevoli per chi cerca di dominare in se stesso l’istinto al combattimento, l’inconscio hitlerismo. Dobbiamo compensare l’uomo per la perdita delle armi.
Il rumore di sega sulle nostre teste aumenta. Tutti i riflettori puntano in alto. Verso un punto che sta esattamente sopra questo tetto. In qualunque momento può cadere una bomba in questa stanza. Uno due tre quattro cinque sei… passano i secondi. La bomba non cade. Ma durante i secondi di attesa, il pensiero si blocca. Anche il sentire si blocca, tranne la sensazione opaca della paura. Un chiodo crocefigge l’essere tutto contro un’asse di legno duro. L’emozione della paura e dell’odio è sterile, non fertile. Non appena la paura passa, la mente si riprende e d’istinto rivive e cerca di creare. Siccome la stanza è al buio, creare può soltanto grazie alla memoria. Si protende verso il ricordo di altri agosti ‒ a Bayreuth, a sentire aWagner; a Roma, a passeggiare per la campagna romana; a Londra. Riaffiorano le voci degli amici. Frammenti di poesia. Ognuno di questi pensieri, anche nella memoria, è assai più positivo, rinfrescante, consolatore e creativo di quell’opaco spavento, fatto di paura e di odio. Perciò, se vogliamo compensare quel giovane uomo della perdita della gloria e delle armi, gli dobbiamo aprire l’accesso ai sentimenti creativi. Dobbiamo fare felicità. Dobbiamo liberarlo dalla macchina. Dobbiamo tirarlo fuori dalla sua prigione, all’aperto. Ma a che cosa serve liberare il giovane inglese, se il giovane tedesco e il giovane italiano rimangono schiavi?
I riflettori accesi sulla pianura hanno finalmente scovato l’aereo. Dalla finestra si vede un piccolo insetto argentato che si gira e rigira alla luce. I cannoni sparano e sparano. Poi smettono. Probabilmente l’incursore è stato colpito dietro il colle. L’altro giorno, uno dei piloti è atterrato sano e salvo in un campo qui vicino. In un buon inglese, ha detto a chi l’ha catturato: “Come sono contento che il combattimento è finito!”. Al che un uomo inglese gli ha dato una sigaretta, e una donna inglese gli ha dato una tazza di tè. Questo starebbe a dimostrare che se si riesce a liberare l’uomo dalla macchina, il seme non cade in un suolo completamente sterile. Il seme può essere ancora fertile.
Finalmente tutti i cannoni hanno smesso di sparare. I riflettori si sono tutti spenti. Il buio naturale della notte d’estate ritorna. Si sentono nuovamente gli innocenti rumori della campagna. Una mela cade per terra. Un gufo bubbola, volando da un albero all’altro. E mi viene in mente una frase quasi dimenticata di un vecchio scrittore inglese: “Si svegliano i cacciatori in America…”. Mandiamo dunque queste note frammentarie ai cacciatori che si sono appena alzati in America, a uomini e donne, il cui sonno non è stato ancora interrotto dal rumore della mitragliatrice, nella fede e nella speranza che ci pensino, e generosamente e caritatevolmente le trasformino in qualcosa di utile. E ora, in questa buia metà del mondo, a nanna.
Adeline Virginia Woolf (Londra 1982 – Rodmell 1941) è stata una scrittice, saggista e attivista inglese. Tra le principali esponenti della letteratura del XX secolo, è stata attivamente impegnata nella lotta per la parità di diritti tra i sessi.
FONTE-sito web “VOLERE LA LUNA”
– Laboratorio di cultura politica e di buone pratiche-Tomaso Montanari-
BERLINO-10 maggio 1933 :”L’incendio di libri nella Germania nazista”.
L’incendio di libri nella Germania nazista Berlino 10 maggio1933
Erano passati poco più di quattro mesi da quando Adolf Hitler salì al potere quando, il 10 maggio 1933 , ebbe luogo a Berlino e in altre città tedesche il Bücherverbrennungen, il rogo dei libri .
Il nazionalsocialismo, già in quei primi mesi di governo, aveva gettato le basi per la dittatura e mosse quei primi passi che avrebbero portato alle tragedie degli anni successivi: Hitler ottenne poteri speciali dal Parlamento, aprì il primo campo di concentramento a Dachau e prese iniziò il boicottaggio dei negozi ebraici. Questi primi atti, che cominciarono a influenzare direttamente la vita di uomini che l’ideologia nazista considerava nemici della Germania , furono subito accompagnati dalla loro prima uccisione simbolica, quella dei libri .
I falò sono stati promossi dall’Associazione nazionalsocialista degli studenti tedeschi e il ministro della Propaganda Joseph Goebbels li ha coordinati per darvi il massimo risalto. Nella notte del 10 maggio, decine di migliaia di libri, 25.000 volumi nella sola Berlino, furono dati alle fiamme davanti a politici, professori, studenti e migliaia di altri sostenitori nazisti .
Tra le opere in fiamme c’erano i libri dei più grandi teorici e figure letterarie del socialismo, da Karl Marx a Bertold Brecht, autori stranieri come Ernest Hemingway e Jack London, scrittori tedeschi contrari al nazismo come Thomas Mann, Erich Kästner, Heinrich Mann e Ernst Gläser. Furono bruciate anche Bibbie e pubblicazioni dei Testimoni di Geova , la biblioteca e gli archivi dell’Istituto per la scienza della sessualità, accusato agli occhi dei nazisti per le sue opinioni liberali sull’omosessualità e il transessualismo, e i libri di autori ebrei. Franz Kafka, Arthur Schnitzler, Franz Werfel, Max Brod e Stefan Zweig. In quello che è stato il più grande libro in fiamme mai visto nel mondo occidentale,Venne Bruciata Tutta la cultura e nazista considerata anti-tedesca per motivare politici e razziali : la lunga storia del fanatismo aveva raggiunto nella Germania nazista il suo apice.
Negli anni dopo il 1933, in Germania e nei territori occupati dai nazisti durante la guerra, ci furono numerosi altri fuochi di libri, ma fu da quel 10 maggio che fu sancito il principio totalitario per il quale ogni opera scritta doveva conformarsi ‘ Ideologia nazionalsocialista. La battaglia per la distruzione di tutte le diverse espressioni culturali interesserebbe poi anche l’arte e la musica considerate “degenerate” .
Gli incendiari volevano colpire sia chi aveva scritto e letto quei volumi, sia l’unica possibilità di poterli ripensare. I libri Furon Bruciata alter ego in quanto di uomini che quegli quegli volevano EliminaçÃ, e che poi Sarann uccisi nei lager . “Dove bruci libri, finisci per bruciare anche uomini”, aveva avvertito un secolo prima il poeta tedesco Heinrich Heine. Nel 1933 le sue opere furono date alle fiamme anche dagli incendi nazisti.
Durante l’ incendio di Berlino , avvenuto nella piazza davanti all’Università, Goebbels ha pronunciato un odioso discorso sull ‘”intellettualismo ebraico”, dicendo che gli studenti farebbero bene a “dare fuoco allo spirito malvagio del passato” . Oggi, nella stessa piazza , un’opera d’arte dell’israeliana Micha Ulmann ricorda quanto accaduto . Si tratta di un vero e proprio monumento commemorativo, sotterraneo, ma visibile a tutti attraverso una lastra trasparente posta all’altezza del pavimento: chi la guarda vede una piccola biblioteca, con scaffali vuoti.
Fonte: Scuola e memoria – L’incendio di libri nella Germania nazista
25 Aprile 1945-“ALDO DICE 26X1” – L’ITALIA VENNE LIBERATA IN 24 ORE
L’insurrezione finale dei partigiani che portò alla Liberazione delle principali città d’Italia ebbe inizio il 24 e il 25 aprile nelle grandi città del Nord, dopo la diffusione del messaggio in codice comunicato dai vari comandi regionali del CLN: «Aldo dice 26×1»
Pochi sanno che fu principalmente il Partito comunista che riuscì ad imporre la vittoriosa insurrezione popolare dell’aprile 1945. Così Togliatti scriveva a Longo nei giorni precedenti: «E’ nostro interesse vitale che l’armata nazionale e il popolo si sollevino in un’unica lotta per la distruzione dei nazifascisti prima della venuta degli alleati. Questo è indispensabile specialmente nelle grandi città come Milano, Torino, Genova, ecc. che noi dobbiamo fare il possibile per liberare con le nostre forze ed epurare integralmente dai fascisti». Per dirigere l’insurrezione di Milano venne insediato un Comitato insurrezionale composto da Luigi Longo per i comunisti, Sandro Pertini per i socialisti e Leo Valiani per gli azionisti. Gli Alleati anglo-americani, il Vaticano e le forze conservatrici della Resistenza erano contrari all’insurrezione e tentarono con tutti i mezzi di sabotarla e di farla fallire a Milano come a Torino e a Genova. Senza la risoluta iniziativa del Partito comunista, del Partito d’Azione e delle altre forze di sinistra, l’insurrezione del Nord non ci sarebbe stata, come non ci fu a Roma, dove le forze conservatrici vi si opposero ed ebbero il sopravvento.
25 Aprile 1945
Questa contrarietà delle forze della Reazione si spiega in primo luogo con le ambiguità degli alleati ango-americani, che nutrivano una costante preoccupazione per la forza militare e organizzativa dei comunisti, che infatti non ricevettero quasi mai aiuti militari dagli anglo-americani (che preferivano supportare le brigate autonome o quelle legate a forze più conservatrici, in primo luogo quelle cattoliche, badogliane, monarchiche, ecc.). Diversi storici a tal riguardo hanno collegato questa tendenza con lo stesso “proclama di Alexander” fatto 13 novembre 1944, con cui il comandante in capo delle truppe alleate nel Mediterraneo feldmaresciallo inglese Harold Alexander invitava via radio i partigiani ad abbandonare la lotta armata e tornare a casa. In quel durissimo inverno il movimento partigiano si era pressoché dimezzato, mantenendosi operativi in particolar modo le brigate Garibaldi guidate dai comunisti, che con i loro 50 mila effettivi costituirono più dell’80% delle forze partigiane rimaste combattenti anche nel momento più difficile della Resistenza Partigiana.
25 Aprile 1945
Gli anglo-americani volevano un’Italia sottomessa e umiliata, in cui ci fosse una sostanziale continuità dell’ordine sociale, con la mera differenza di voler instaurare un governo loro sottomesso in un’ottica antisovietica. Per tale motivo accarezzarono anche l’idea di “salvare” Mussolini per poterlo eventualmente utilizzare politicamente in chiave anticomunista nel dopoguerra. Ma tutto questo fu impedito dalla forza vigorosa dei comunisti, dei socialisti e degli azionisti, che liberando le città del Nord Italia e sconfiggendo autonomamente numerose divisioni tedesche seppero riscattare l’orgoglio del Paese, mostrandone la forza di un popolo rinnovato dalla lotta condotta contro i nazifascisti. Se l’Italia dopo divenne una semi-colonia degli USA e della NATO ciò è dovuto in primo luogo alla scelta di campo realizzata dalla Democrazia Cristiana di De Gasperi e alle elezioni truccate manovrate dalla CIA nel 1948. La storia più gloriosa d’Italia è figlia delle azioni del movimento operaio e della sua avanguardia comunista. Tutto il resto è spregevole servilismo verso il padronato e i suoi alleati stranieri.
26/04/2017 Il 26 aprile 1937 nazisti e italiani bombardarono la cittadina basca durante la guerra civile spagnola. Fu il primo atto di terrorismo bellico compiuto contro una popolazione inerme e ispirò il celebre quadro di Picasso. Un monito che purtroppo è quantomai attuale, come ci ricorda di continuo anche il Papa.
Nei giorni in cui gli Stati Uniti hanno testato in Afghanistan “la madre di tutte le bombe” e il dittatore della Corea del Nord Kim Jong-un minaccia nuovi test nucleari, fanno venire i brividi le parole pronunciate dal comandante dell’aviazione nazista Goering a proposito del bombardamento della cittadina basca di Guernica, avvenuto giusto 80 anni fa, il 26 aprile 1937, durante la guerra civile spagnola: 1654 persone spazzate via dalle bombe furono solo un esperimento fatto per provare “l’effetto psicologico demoralizzante della distruzione delle città dall’alto”. Non interessava dunque colpire obiettivi militari, ma solo uccidere.
Quel deliberato massacro di una popolazione inerte, di cui ci macchiammo anche noi italiani con la nostra aviazione a seminare morte accanto ai velivoli tedeschi, ispirò uno dei quadri più celebri di tutti i tempi, “Guernica” di Pablo Picasso. Un dipinto sconvolgente nella sua maestosità, di 8 metri per 3,5, che l’artista realizzò in quello stesso anno per l’esposizione universale di Parigi. Quel 26 aprile a Guernica, cittadina profondamente cattolica, era un bel lunedì di sole e c’era il mercato che radunò dalle campagne circa tremila contadini. Dalle 16.30, per tre lunghissime ore, i bombardieri scesero in picchiata sganciando una pioggia di ordigni che distrusse il 70% della cittadina. Gli animali feriti e terrorizzati fuggivano calpestando uomini, donne e bambini anche loro in fuga.
Un orrore che Picasso riprodusse con il suo stile inimitabile. La scena si svolge al buio, un’oscurità squarciata dalle fiamme. Il posto centrale è occupato dalla figura di un cavallo allucinato. Nella bocca ha una sagoma che ricorda quella di una bomba. Alla sua sinistra, dietro un toro furente, una donna si dispera con in braccio il figlio morto.
Fu un esperimento dicevamo, un terribile laboratorio fatto anche per testare nuove armi in vista del nuovo conflitto mondiale che sarebbe scoppiato due anni dopo. Come non pensare allora anche al conflitto siriano che, come ha ammesso il ministro della Difesa russo Serguej Shoig al giornale spagnolo El Paìs, sta servendo al Cremlino anche per sperimentare nuove armi (circa 150) e perfezionare l’addestramento dei suoi piloti. Papa Francesco non si stanca di ripeterlo, come ha fatto dopo l’ultimo attento al Cairo: ““Il Signore converta i cuori delle persone che seminano terrore, violenza e morte, e anche il cuore di quelli che fanno e trafficano le armi“”.
Il capolavoro di Picasso da 80 anni dice la stessa cosa e non a casa la sua riproduzione campeggia in forma di arazzo nella Sala del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ma forse nessuno dei potenti della Terra lo ha mai guardato davvero.
Pablo Ruiz y Picasso, semplicemente noto come Pablo Picasso è stato un pittore, scultore e litografo spagnolo di fama mondiale, considerato uno dei protagonisti assoluti della pittura del XX secolo.
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