Il Pittorialismo -scuola fotografica di Oscar Rejlander ed Henry Peach Robinson
Il Pittorialismo
Il Pittorialismo –
Oscar Rejlander ed Henry Peach Robinson vengono considerati come dei precursori di una scuola fotografica che conobbe il suo momento di massimo splendore tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo e che ricopre un ruolo di capitale importanza per lo sviluppo delle tecniche analogiche di post-produzione: il “Pittorialismo”. L’obiettivo dei fotografi pittorialisti era di elevare il mezzo fotografico alla stessa dignità artistica della pittura e della scultura. In quegli anni, infatti, la maggior parte degli artisti “visivi” considerava la fotografia come un mero strumento di riproduzione meccanica della realtà, sprovvista quindi di ogni dignità creativa. I Pittorialisti intendevano dimostrare che la produzione di un’immagine fotografica richiedeva abilità tecniche e senso estetico del tutto paragonabili a quelle di qualsiasi altra forma d’arte. I fotografi che parteciparono attivamente allo sviluppo e alla vita di questa corrente gravitavano intorno a due “club” fotografici, in qualche modo retti e indirizzati da due figure di straordinaria importanza: il “Photo-Club de Paris”, sorto per volere del pittore e fotografo francese Robert Demachy (1859-1936), e l’associazione americana “Photo-Secession”, che aveva il suo promotore nel grande Alfred Stieglitz (1864- 1946).
Charles-Henri Favrod, Direktor des Fotomuseums “Musee de l’Elysee” in Lausanne, aufgenommen am 13. Maerz 1992 im Park des Museums. (KEYSTONE/Str)
Charles-Henri Favrod è scomparso alle soglie dei novant’anni il «padre» del Museé de l’Elysée di Losanna.
Parigi. In un’intervista rilasciata a «Le Temps» nel 2015, aveva detto: «Vi immaginate com’era il mondo prima di duplicarlo, prima di inventariarlo, prima di fotografare ognuna delle cose che lo costituiscono? La gente non aveva idea; come immaginare il Louvre quando si vive ad Angoulême? Ci sono due invenzioni fenomenali nel XIX secolo: la fotografia e la psicoanalisi, due fondamenti».
Scomparso a Morges lo scorso 15 gennaio, quasi novantenne, Charles-Henri Favrod (giornalista, fotografo, scrittore, storico, erudito, collezionista, direttore editoriale) torna qui a sottolineare l’enorme portata del cambiamento che ha travolto il mondo dopo l’invenzione della fotografia, arte alla quale ha dedicato buona parte della sua vita.
Charles-Henri Favrod
Nato a Montreux il 21 aprile del 1927, dopo gli studi umanistici all’Università di Losanna si dedica al giornalismo, sia come reporter per la «Gazette de Lausanne» sia come critico letterario per il supplemento «La Gazette littéraire». È corrispondente di guerra in Indocina e in Algeria, dove si impegnerà attivamente per la decolonizzazione del Paese, tanto da essere poi insignito della Médaille de la Reconnaissance algérienne. Dirige le Éditions Rencontre per le quali si occupa dell’enciclopedia Edma e degli «Atlas des voyages»: sono i primi anni Sessanta e Favrod lavora già in stretto contatto con i fotografi. Diventa responsabile de La Guilde du livre dell’editore Albert Mermoud, e a lui si deve la creazione della Fondation suisse pour la photographie nel 1974. «Ho passato il mio tempo a reclamare un museo della fotografia, prosegue nella stessa intervista, trovavo insensato che non esistesse alcun luogo per presentare la fotografia, e soprattutto per spiegarla. L’inizio delle mie proteste risale agli anni Cinquanta, il museo è nato nel 1985!».
Il museo in questione è il Musée de l’Elysée di Losanna, il primo in Europa a essere consacrato esclusivamente alla fotografia, e costruito su quello che era stato il Cabinet des estampes. «Desideravo esporre i più grandi come i più giovani, nell’idea di costituire una collezione, perché un museo senza collezione è un’assurdità». Nei suoi spazi passeranno le immagini dei più noti autori internazionali, da Capa a Man Ray, da Atget a Henri Cartier-Bresson, da William Klein a Robert Frank a Lee Friedlander.
Charles-Henri Favrod
E quando dopo dieci anni, come previsto dalla legge cantonale, deve lasciare la direzione dell’Elysée, è con qualche dissapore che si separa dalla sua creatura, anche se subito dopo la Fratelli Alinari lo incarica dell’apertura del Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari, che avverrà nel 2006. Favrod affida proprio al museo la conservazione della sua sterminata collezione, dalla quale provengono le opere che lui stesso seleziona per «Cento fotografi del XX secolo», la mostra con la quale nel 2007 l’istituzione fiorentina rende omaggio alla sua attività di collezionista. Intanto continuano a susseguirsi attività e pubblicazioni, a ribadire una passione per l’immagine che le sue parole spiegano bene: «La fotografia cattura il mio interesse perché mi fornisce delle informazioni. Desiderio di riconoscere, piacere di guardare. E senza dubbio anche perché essa permette d’ingannare un po’ la morte».
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