MASSIMO D’AZEGLIO Artista -Rivista PAN n° Settembre 1935

Biblioteca DEA SABINA

-Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO-

Rivista PAN n° Settembre 1935

Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO
Biblioteca DEA SABINA-Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO-Rivista PAN n° Settembre 1935
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l Pittore MASSIMO D’AZEGLIO-
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Biblioteca DEA SABINA-Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO-Rivista PAN n° Settembre 1935
Biblioteca DEA SABINA-Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO-Rivista PAN n° Settembre 1935

Biblioteca DEA SABINA-Il Pittore MASSIMO D’AZEGLIO-

Biografia-Fonte Enciclopedia TRECCANI-

Massimo Taparelli marchese d’Azeglio (Torino, 24 ottobre 1798 – Torino, 15 gennaio 1866) è stato un politico, patriota, pittore e scrittore italiano. Vita e opereQuartogenito del marchese Cesare Taparelli d’A.; dopo una brillante giovinezza, dedita soprattutto allo studio della pittura (1820-30 a Roma), frequentò nel 1831 a Milano il cenacolo del Manzoni, del quale sposò la figlia Giulia. Di questi anni sono i suoi romanzi (Ettore Fieramosca o La disfida di Barletta, 1833, Niccolò de’ Lapi ovvero I Palleschi e i Piagnoni, 1841; La Lega Lombarda, incompiuto, scritto nel 1845 e pubblicato postumo nel 1871). Sviluppatasi negli anni 1843-44, attraverso colloqui col cugino Cesare Balbo, la passione politica, accettò nel 1845 di fare per il movimento liberale un viaggio per le Romagne, le Marche e la Toscana e al ritorno scrisse Gli ultimi casi di Romagna (1846), pagine ostili alle sètte ma ancor più al malgoverno papale, e auspicanti apertamente una cospirazione pubblica. Espulso dal governo toscano per tale opuscolo, d’A. all’avvento di Pio IX vide possibile la realizzazione del proprio programma liberale moderato e legalitario (nel 1847 espose il suo pensiero nella Proposta di un programma per l’opinione nazionale italiana), puntando decisamente prima su Pio IX e poi su Carlo Alberto. Scoppiata la guerra, fu aiutante di campo del gen. Durando e fu ferito al monte Berico (10 giugno 1848). In acre polemica con democratici e repubblicani da lui incolpati del fallimento della guerra del 1848-49, declinò l’invito di formare il ministero piemontese: solo il 7 maggio 1849 s’inchinò davanti all’ordine preciso del re. Chiusa la vertenza austriaca (a tal fine fu costretto a sciogliere la Camera), d’A. seppe mantenere, nonostante le pressioni austriache, il sistema costituzionale e riformò radicalmente (1850) i rapporti fra Stato e Chiesa con le leggi Siccardi. Dimessosi il 22 ottobre 1852 per le difficoltà suscitategli dal “connubio” Cavour-Rattazzi, ebbe in seguito incarichi politici di minore importanza (nel novembre 1855 accompagnò il re a Londra e a Parigi, dove ritornò da solo prima della guerra; nel 1859 fu nominato commissario straordinario nelle Romagne, nel genn. 1860 governatore di Milano), mentre i suoi scritti agivano vitalmente sull’opinione pubblica (articoli antiaustriaci sul Morning Chronicle, 1859, De la politique et du droit chrétien au point de vue de la question italienne, 1860); in questi anni, dimenticando ogni precedente dissidio, aiutò il Cavour in momenti delicati (intervento in Crimea, guerra del 1859), ma successivamente il suo moralismo conservatore e paternalistico gli impedì di cogliere il significato degli avvenimenti che si compirono nel 1860 e negli anni seguenti, così si oppose all’unificazione del nord al sud della penisola, giudicandola immatura, e si scagliò, nell’opuscolo Questioni urgenti (1861), contro la prospettiva di portare la capitale a Roma, vedendo in essa un motivo esclusivamente retorico. Solitario e incompreso, d’A. allora scrisse per gl’Italiani, “ancora da fare”, I miei ricordi (incompiuti, si fermano al 1846, pubblicati postumi nel 1867).

Fonte Enciclopedia TRECCANI-