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FIUMICINO-Fregene Torre di Maccarese nota come Torre Primavera-Fotoreportage di Franco Leggeri
Campagna Romana.
FIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre Primavera
foto originali(2019) di Franco Leggeri per REDREPORT.
La torre “Primavera” si trova nei pressi di Fregene in fondo a viale Clementino nord-ovest. Fu fatta edificare sui resti di un’antica villa di Ciriaco Mattei in località “Primavera” alla foce dell’Arrone. Il nome “Primavera”, che riguarda l’intera area circostante la torre, deriva dal microclima particolarmente favorevole a cui la zona è soggetta. E’ qui che viveva la mandria di bufale degli antichi proprietari della zona, i Rospigliosi.
Oltrepassato il caseggiato ci appare la massiccia mole della torre Primavera, alta 15 metri e a pianta quadrata. La torre possiede 4 piani e ogni piano ha un salone e due stanzette e per salire in cima c’è una scala. All’interno della torre c’è una botola che conduce ad un passaggio sotterraneo, che passa sotto l’Arrone. E’ molto profondo e lungo circa un kilometro e porta fino al Castello di Maccarese. La torre subì nel’ 500 un restauro che modificò la parte inferiore rendendola a sperone e rinforzò gli angoli con l’inserimento di blocchi di travertino. Fu voluta come molte altre torri di avvistamento, da Pio IV per sventare il pericolo delle incursioni Saracene che affliggevano frequentemente le popolazioni costiere.
L’ambiente naturale è purtroppo oggi deturpato dalla presenza del depuratore di Fregene. Fu comunque in occasione dei lavori di installazione di questo impianto, che fu ritrovata una barca romana che localizzerebbe in quest’area l’antico porto di Fregene. L’architetto Maurizio Silenzi nel suo libro “Il Porto di Roma” sostiene una suggestiva tesi che afferma la localizzazione di un porto sul fiume Arrone e la presenza di un faro allineato con quello più noto del porto di Claudio di Fiumicino.
La torre Primavera sarebbe stata ubicata e costruita proprio sopra i resti del faro di Claudio. Silenzi porta a prova di ciò anche alcuni rilievi topografici e un’analisi approfondita del materiale esistente sotto l’intonaco più recente della torre che presenta l’inserimento di numerose pezzature marmoree bianche reperibili solo in siti dove sono presenti manufatti del periodo romano. L’Architetto afferma che la torre è stata costruita ristrutturando, in parte, murature esistenti con mattoni di fornace più recenti e mescolando materiali marmorei recuperati che facevano parte di un’antica costruzione riferibile al faro sull’Arrone.
Sulla torre Primavera c’è anche un’altra curiosità da riferire: forse le torri erano due! Infatti alcuni archeologi hanno individuato i resti di una costruzione antica anche sulla sponda di ponente dell’ Arrone. C’era un tempo dunque in cui le costruzioni erano due, ipotesi suggestiva ma probabilmente i resti sono di una villa della famiglia dei Cesi da cui prende il nome la zona Cesolina.
FIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre Primavera
Montopoli di Sabina (RI)-50 ANNI DEL CROSSODROMO DI PONTESFONDATO
Andrea Fiori
Italia Nostra lancia SOS urgente AGRO ROMANO A RISCHIO- PONTI ROMANI-TORRI MEDIOEVALI- CASALI STORICI
AGRO ROMANO PATRIMONIO A RISCHIO:
A) PONTI ROMANI;
B) TORRI MEDIOEVALI;
C) CASALI STORICI E VILLE RINASCIMENTALI E BAROCCHE.
Punto 19-Castel di Guido –Casale della Bottaccia.
Italia Nostra lancia un SOS urgente per segnalare alle amministrazioni (Comuni, Municipi, e Provincia) e alle Sovrintendenze competenti il patrimonio a rischio dell’Agro romano, il cui ambito storico va oltre i confini del Comune di Roma.
Ci sono dieci ponti romani, 15 torri medioevali e 28 casali da salvare, il cui crollo (o la saturazione edilizia dell’area in cui sono collocati) comporta in ogni caso la perdita e l’ulteriore imbarbarimento dell’Agro.I casi più eclatanti sono due. Il primo è villa Catena, importante complesso tardo-rinascimentale situato nel Comune di Poli, il cui bellissimo Parco (di 80 ettari) con fontane, ninfei, alberature secolari e padiglioni, corre il rischio di essere lottizzato con ville di lusso a carattere speculativo!
Come villa Pamhili negli anni Sessanta salvata dalla dura battaglia di Italia Nostra, così la battaglia per salvare villa Catena deve diventare la battaglia- simbolo del 2008 della nostra Associazione per salvare quello che resta dell’Agro romano.
L’altro caso è quello di Tor Chiesaccia, importante fortilizio medioevale, antica domus-culta posta al decimo chilometro della via Laurentina, minacciata da un nuovo insediamento che rischia di accerchiarla e di renderla di fatto invisibile dagli assi stradali !
Le domuscultae erano antiche circoscrizioni agricole intorno a Roma, oggi la nuova circoscrizione, l’XI Municipio e il Comune, deve dare a Tor Chiesaccio la tutela che merita, salvaguardando l’identità delle nostre periferie minacciata dal dilagare di un’edilizia anonima e priva di qualità.
Non c’è soltanto il centro storico da tutelare, attorno a Roma c’è un territorio altrettanto “storico”, perché intimamente legato alla storia della
Censimento a cura di Luigi Cherubini, già Consigliere della sezione romana di Italia Nostra, le nuove emergenze sono indicate da asterisco
città, chiamato “Agro romano”. Che non è formato soltanto da un insieme disorganico di borgate, da una periferia intensiva di palazzoni, da “non luoghi”, come i nuovi centri commerciali. C’è tutta un’intelaiatura, una trama, formata da antichi percorsi, di monumenti minori, purtroppo a rischio.
A) PONTI ROMANI
Erano considerati una delle sette meraviglie del mondo antico eppure, sia che si tratti di ponti di acquedotti che di ponti stradali, neanche la vetustà e la nobiltà dell’origine li salva dal degrado che nei casi più drammatici può portare al crollo del manufatto (il ponte della Mola di San Gregorio di sassola crollò nel ’65, il ponte Amato vicino Gallicano nel ‘46 ).
1. Ponte Barucelli (via della Baroccella, località “Valle Martella”, comune di Gallicano) o “Diruto” sono i 2 ponti dell’Aniene Nuovo e dell’Acqua Claudia legati fra loro sul fosso dell’Acqua Nera. Soffocati dalla vegetazione e in degrado.
2. Ponte del Diavolo (Canale Monterano, località Prati di Canale) su diverticolo della Clodia sul fosso del Diavolo…Minaccia crollo (al confine tra i comuni di Monterano e Manziana)
3. Ponte del Diavolo (2 km a nord dell’osteria di Nerola) della Salaria. Reso invisibile dalla vegetazione (comune di Scandriglia)
4. Ponte del Fienile (dell’Aniene Nuovo sull’Acqua Traversa) reso invisibile dalla vegetazione (comune di Gallicano)
5. Ponte della Selciatella * (ponticello stradale ad una arcata della Prenestina-Polense sull’Acqua Rossa) in VIII Municipio, soffocato
dalla vegetazione e completamente dimenticato, benché accompagnato da una strada romana ad antichi poligoni di basolato, non viene riportato nemmeno dalla Carta dell’Agro.
6. Ponte di Nona (km 14,5 Prenestina) al IX miglio della via, a 6 arcate sul fosso omonimo Insediamenti presso le arcate (V Municipio) mancanza di cartellonistica
7. Ponte della Valchetta (stazione di Labaro) della Flaminia sul Cremera (o Valchetta) a due arcate. Fortemente degradato e dimenticato tra gli svincoli e la vegetazione infestante (XX Municipio)
8. Ponte S.Antonio (san Gregorio di sassola) dell’Aniene Nuovo sull’Acqua Raminga, lungo 120 mt. alto 30. Minacciato da fenditura (comune di San Gregorio da Sassola)
9. Ponte San Pietro (San Vittorino) dell’Acqua Marcia sul fosso della Mola, reso invisibile dalla vegetazione (comune di San Gregorio da Sassola)
10. Ponti sul Fosso Scuro* (Zagarolo, località Colle Pizzuto) sono due ponti affiancati della Claudia e della Marcia, sul Fosso Scuro, completamente obliterati, giacciono in fondo alla scarpata tra la moderna lottizzazione di Colle Pizzuto (dove nessuno li conosce!) e la bretella Fiano San Cesareo, tra una vegetazione infestante e discariche di immondizia, sono un simbolo dell’imbarbarimento in cui è caduto l’Agro Romano.
B) TORRI MEDIOEVALI
Sono uno dei simboli dell’Agro e hanno dato il nome a tanti quartieri e località periferiche.Tralasciando quelle in degrado, le torri medioevali attualmente in pericolo di crollo (ricordiamo che nel ’51 crollò in parte Tor Tre Teste e nel ‘70 torre Appia, ormai dimenticata) sono:
1. Due Torri (a 300 mt. sulla sin. del km 10,5 Casilina) ne resta in piedi solo una (VIII Municipio)
2. Tor Chiesaccia * (a 100 metri sulla sin del km 10 della via Laurentina) questa antica domus culta dell’XI Municipio corre il rischio di essere nascosta da un nuovo insediamento.
3. Tor Chiesaccio (via di Tor Pagnotta) assai malridotta accanto a elettrodotto (XI Municipio)
4. Torre Cornazzano (2000 mt a sud del km 10 Claudia) già semi- crollata. Circolo ippico nei paraggi (Comune di Anguillara Sabazia)
5. Torre dei Santi Quattro * (a 300 metri sulla sin km 13,3 Tuscolana) VIII Municipio mortificata da nuove costruzioni, questa bellissima torre sormontata da merli ghibellini (a coda di rondine) corre il rischio di venire completamente accerchiata dalle case e diventare invisibile
6. Torre del Bosco (200 mt sulla ds del km 26,5 Cassia) o “Torraccia del Bosco”, avanzato degrado e pericolo di crollo (XX Municipio), in contatto visivo con il casale-torre della Merluzza
7. Torre di Acqua Raminga (dintorni San Vittorino) dimezzata
verticalmente da un crollo, fu sede dei partigiani dei Castelli
(Comune di San Gregorio da Sassola)8. Torre di Centocelle* (ds km 8,3 Casilina) VIII Municipio
minacciata da nuove costruzioni.9. Torre di Pietra Pertusa* (100 metri sulla sin km 18 Flaminia) villa
privata, resa praticamente invisibile da nuove alberature (XX
Municipio10. Tor di Quinto (da non confondere con Tor di Quinto Lazzaroni
trasformata in villa di lusso) (via omonima) al V miglio da Roma, presso il ponte dell’Acqua Traversa della Flaminia, vedetta di ponte Milvio, ora semidiruta (XX Municipio)
11. Torre di Procoio ( su un’altura sulla sin. del chilometro 8,5 Tiberina) semidiruta (Comune di Riano)
12. Torre di S. Eusebio (a 800 mt sulla ds del km 12 Tiburtina, via Affile) o “Torraccio”, assai malridotta con vistosa fenditura sul lato nord (V Municipio) vicino torre moderna della Mercedes
13. Torre Fiora (sul fosso omonimo, tra Cretone e Monterotondo) assai malridotta con imminente pericolo di crollo (comune di Palombara Sabina)
14. Torre La Pasolina (su un poggio a ovest di Colonna) diroccata e pericolante (comune di Colonna)
15. Torretta della Marcigliana (ds della via omonima) a guardia del fosso Formicola, semidiruta (IV Municipio)
16.Torre della Bottaccia a guardia del Casale della Bottaccia ,semidirutta (XIII MUNICIPIO)
C) CASALI STORICI E VILLE RINASCIMENTALI E BAROCCHE
Anche i casali, le abitazioni più tipiche dell’Agro, sono spesso in abbandono e in degrado. Sia che si tratti di casali-torre, che di casini di caccia e di villeggiatura in luoghi ameni e panoramici che di osterie lungo le strade, malgrado l’importanza storica e paesaggistica, le pubbliche amministrazioni non se ne curano.
Qui si segnalano i casi più gravi, dato l’imminente pericolo di crollo e di perdita definitiva (ricordiamo la scomparsa di tanti casali caratteristici, come l’Osteria degli Spiriti all’intersezione Appia Nuova/Latina), ma anche di incuria che alla lunga porta al degrado strutturale dell’edificio. Eppure si tratta di casali storici, che per secoli hanno caratterizzato il paesaggio suburbano e agricolo romano conferendogli un’impronta inconfondibile.
1. Belvedere Righetti (Trullo, collina di monte Cucco) singolare padiglione cilindrico del 1825, in degrado (XV Municipio)
2. Casal Castruccio (tra Poli e Gallicano) casale-torre medioevale in degrado (comune di Poli)
3. Casal Nuovo (Villalba, a 700 mt sulla sin. km 25 Tiburtina) o “Bernini” del XVII sec., casale-torre con due garitte, della famiglia Consorti, in degrado (comune di Guidonia-Montecelio)
4. Casal Vecchio o delle Vittorie* sulla destra km 16 via Palombarese (Comune di Fonte Nuova) casale-torre in abbandono
5. Casale del Barco o Barco D’Este (a 100 metri sulla ds del km 24,5 Tiburtina) casino di caccia degli Este (attribuito all’ arch. ferrarese Galvani! Datato 1550 circa, su torre medioevale) ora dell’impresa di travertino Caucci e in degrado. Un tetto sfondato in mezzo alle cave. (Comune di Tivoli)
6. Casale della Caffarella (via omonima) o “Vacchereccia”, costruito dalla fam.Caffarelli nel 1586, rivendita latticini: tetti sfondati e in degrado (XI Municipio)
7. Casale de’Pastini* (Villalba) casale-torre in abbandono in mezzo alla cave di travertino (Comune di Guidonia-Montecelio)
8. Casale Faustiniano* (via Faustiniana, Comune di Poli) bel casale- torre medioevale in abbandono
9. Casale Pietralata (via di Pietralata) casale-torre in degrado (V Municipio)
10. Casale S.Antonio (100 mt sulla ds. del km 17 Nomentana) o “Saccoccia”, su torre medioevale era di proprietà dei monaci di S.Antonio, ora privato, (la tenuta è lottizzata e tra poco uno dei casali-torre più belli della campagna romana sarà soffocato da nuove abitazioni). (comune di Guidonia Montecelio)
11. Casale San Giovanni in Camporazio (100 mt sulla ds del km 32,8 via Polense) ora Barberini, cinquecentesco, costruito in calcare rosa sulle tracce di antico castello medioevale, con ponticello d’accesso del 1911 e cascata, in abbandono (VIII Municipio)
12. Casale Torlonia* (via Appia Antica, civico 240) l’ epigrafe del 1853 è minacciata da rampicanti (XI Municipio)
13. Casino Aureli (Palombara a ds della strada per Marcellina) XVIII sec. (Epigrafe Heic Dulcis Otia Ruris) in abbandono vicino al “Palazzetto” (comune di Palombara Sabina)
14. Casino Colonna* (Marino, ingresso) il casino è reso invisibile da un’edilizia anonima anni Ottanta mentre su uno dei portali seicenteschi (attribuiti all’architetto Girolamo Rainaldi!) recentemente è addossato un garage (Comune di Marino)
15. Castel Giubileo (sin km 12 Salaria) casale diroccato su una collina boscosa, difesa per tre lati dall’ansa del Tevere, era un antico castello pare costruito per il 1° giubileo del 1300 (IV Municipio)
16. Cervelletta (via di Tor Cervara) palazzetto del ’600 su torre del XIII sec., i casali rustici dai tetti sfondati sono in abbandono (V Municipio)
17. Colle Canoro (Castel Madama ds A 24) XVIII sec. ora rimessa di legna, in abbandono (comune di Castel Madama)
18. Falcognana di Sotto (ds km 15 Ardeatina) o “Falcognana vecchia” antico castello Cenci in abbandono (XII Municipio)
19. La Bottaccia (via di Castel di Guido) o “Bottacchia”, già casale di caccia dei Pamphili, c’era una carrozza-ambulanza per portare a Roma i malati della campagna, ora diroccata e in avanzato degrado (XIII Municipio)
20. La Certosa (via di Pavona, 300 mt a nord di Palazzo Morgano) di origine conventuale, in abbandono e in degrado (XII Municipio) 21. Osteria del Pavone (Cassia/via di Campagnano) dalla
caratteristica insegna di un pavone, ora abbandonata e in degrado
(comune di Campagnano)22. Osteria del Tavolato* (in mezzo alla via Appia Nuova, dopo
Tor Fiscale) autoricambio (un’osteria storica delle più famose
dell’Agro è dimenticata e in abbandono) (X Municipio)23. Osteria della Moletta (Palombarese/via di Mentana) ormai
semi-diroccata (comune di Fonte Nuova)24. Palazzo Morgano (via di Pavona) in abbandono e in degrado
(XII Municipio)25. Torre Nova (ds km 12,5 Casilina) ristrutturato nel 1601 da
Giovanni Fontana per gli Aldobrandini (iscrizione Clemente VIII
Pont Opt) Il casale con la chiesa sono in degrado (VIII Municipio) 26. Triangolo Barberini* (Palestrina, lungo l’Olmata di Palestrina) attribuito all’arch. Francesco Contini singolare costruzione a forma di Triangolo, in abbandono con i casali della
tenuta (Comune di Palestrina)27. Villa Catena* (Poli, via Polense) (attribuito arch. Annibal Caro
fine XVI sec.) in abbandono, il grande parco con i casini nobili corre
il rischio di essere lottizzato per ville di lusso (Comune di Poli)28. Villa York* (XVI Municipio, zona Bravetta) attribuita arch. Giovanni Antonio De Rossi (Seicento) in abbandono con i casali
della tenuta
Roma Museo Paleontologico Polledrara di Cecanibbio, la preistoria a due passi dal centro di Roma.
Articolo scritto dal Prof.Arnaldo Gioacchini – Membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale Unesco.-
-Foto di Franco Leggeri-
Diciamo subito che il termine polledrara non si riferisce ad allevamenti di polli o similari che dir si voglia, ma bensì ad un recinto per cavalli (puledri) e che la località di Cecanibbio, nonostante il nome che sembrerebbe di fantasia, esiste davvero e si trova fra la via Aurelia e la Boccea a circa sei chilometri dall’incrocio che dalla statale porta a Fregene, andando però dalla parte opposta verso l’interno e non verso il mare.
La Polledrara di Cecanibbio, la quale come luogo e nome alla maggior parte delle persone non dice assolutamente nulla essendo peraltro completamente sconosciuta ai più, gode invece di fama internazionale fra gli archeologi e i paleontologi di tutto il mondo per tutta una serie di motivi ed in particolare per alcuni che a seguire cercheremo di spiegare in maniera dignitosa. Nel Pleistocene medio- superiore (300.000 anni fa), la campagna romana si presentava come è oggi il cuore dell’Africa, ciò vuoi per motivi climatici, che per quelli ambientali con grande varietà e ricchezza di vegetazione ed una forte presenza di corsi d’acqua e di grandi zone paludose; un habitat questo che permise la sopravvivenza di una fauna estremamente varia ad iniziare dall’elefante antico (Palaeoloxodon antiquus), un gigante di circa 6 metri d’altezza con zanne di 4 metri e mezzo, per proseguire poi con rinoceronti, bufali (tanti stando ai ritrovamenti), lupi, cervi, cinghiali ed anche scimmie della specie macaco, per non dire poi di varie specie di rettili (tartarughe d’acqua e di terra incluse) e di uccelli particolarmente di specie acquatica.
Ma la Polledrara di Cecanibbio è famosa fra gli esperti soprattutto perché in una estensione di circa un chilometro quadrato si trova un grande accumulo di resti fossili degli animali succitati mantenutisi in maniera eccezionale ed ivi accumulati in un alveo torrentizio (un torrente di circa 40 metri di larghezza con una profondità di un metro e mezzo che le portò con le sue piene, una sorta quasi di Arrone ante litteram; Arrone che, attualmente, per inciso, scorre non lontano da lì) furono inglobati perfettamente nei sedimenti vulcanici ivi “sparati” dal vulcano Sabatino (ora lago di Bracciano – tutti i laghi del Lazio sono il frutto del riempimento acqueo di ex coni vulcanici) tali da conservarsi, fino ai nostri giorni, in maniera ineccepibile per la “gioia” degli specialisti di cui sopra e per la curiosità ed il piacere visivo dei visitatori di oggi.
I primi indizi di questo ampio giacimento di fauna fossile si ebbero già nel 1984 quando in una ricognizione di superficie la Soprintendenza Archeologica individuò lungo i fianchi di una collinetta un gran numero di resti, con, a seguire, delle ricerche più approfondite, fatte in loco successivamente in vari periodi.
Nel corso degli anni l’area ha restituito resti non completi di una cinquantina di elefanti antichi, tra cui – per la prima volta in Italia – sette crani di individui adulti appartenenti a questa specie. Ma anche, tramite la campagna di scavo iniziata nel 2011, un reperto assolutamente straordinario (sempre di elefante antico) di cui vale la pena di parlare visto e considerato che si tratta di una vera e propria “tragedia” animale nella quale incappò un rappresentante di tale specie.
Ecco la stupefacente storia emersa dalle ricerche effettuate. Uno di questi elefanti giganti scivolò all’interno di una grande e profonda fossa completamente piena di vischioso fango e, purtroppo per lui, cadde dentro con le zampe messe in malo modo, in particolare quelle posteriori, tanto da non poter più spingersi in alto verso la liberazione, anzi, probabilmente quei pochi movimenti che riuscì a fare complicarono ulteriormente la sua situazione avviandolo verso una bruttissima fine ed anzi esponendolo ai brutali attacchi animali ed umani che mai si sarebbero verificati se fosse stato libero di muoversi disponendo a difesa, verso qualsiasi direzione, le sue tremende zanne e la sua potente proboscide. C’è da dire che l’esemplare fossile della Polledrara di Cecanibbio con il fatto che rimase bloccato in posizione anatomica verticale ha permesso degli studi particolarmente esaustivi su questa specie e delle precise comparazioni con gli elefanti dei nostri giorni.
A proposito degli attacchi che l’elefante prigioniero subì vanno segnalati quelli che effettuò l’uomo preistorico nello specifico l’Homo Heidelbergensis (ritrovato, in prima battuta, presso Haidelberg in Germania ed antenato dell’Homo Sapiens) che stanziava anche lui nella zona, probabilmente proprio per le ampie opportunità di caccia che essa offriva. Anzi, come dimostrato dagli istrumenti rinvenuti intorno alla carcassa del grande animale, lo macellò letteralmente fratturandogli anche le ossa sia a scopo alimentare che per trarne strumenti appunto di quella natura. E di ciò vi è assoluta certezza in quanto le analisi effettuate al microscopio elettronico, pure tramite l’Università La Sapienza, hanno infatti evidenziato, su alcuni oggetti usati dall’Homo Heidelbergensis, delle sicure tracce lasciate dal taglio della pelle, della carne e dell’osso. Va anche detto che la capacità cerebrale dell’Homo Heidelbergensis è praticamente quasi uguale alla nostra per cui non si può escludere totalmente che il Palaeoloxodon antiquus fu spinto volutamente nella fangaia per poi poter infierire su di esso con il minor pericolo possibile considerando la mole la forza dell’animale che libero di muoversi sarebbe stato un avversario estremamente poderoso molto difficile da uccidere.
Fra l’altro non è da trascurare, sempre alla Polledrara di Cecanibbio, il fatto del ritrovamento dei resti fossili di bufali visto e considerato che, fino a questi rinvenimenti, mai nel Pleistocene medio – superiore tali animali erano stati, fino ad allora, documentati nell’Europa meridionale. Attualmente questo luogo, molto particolare e molto speciale, è visitabile dal pubblico sia in gruppi che singolarmente (guardare per informazioni orari e giorni su internet digitando “Polledrara di Cecanibbio”) in maniera estremamente intelligente attraverso delle funzionali passerelle aeree che evitano, in tal modo, il calpestio di questa interessantissima area preistorica. Dimenticavo di dire che dei grandi e bei pannelli illustrativi a colori fanno vedere come doveva presentarsi tutta la zona 300.000 anni fa sia in ambito botanico che animale.
Articolo scritto dal Prof.Arnaldo Gioacchini – Membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale Unesco
Foto di Franco Leggeri-
Fiumicino Fotoreportage del BORGO di TRAGLIATA-
Il Borgo di TRAGLIATA-La Storia di Tragliata in pillole-Fotoreportage di Franco Leggeri
Al km 29 della Via Aurelia, tra Torrimpietra e Palidoro, sulla destra, in direzione delle colline, si dirama la Via del Casale Sant’Angelo, che porta verso Bracciano.Percorrendo questa strada che si snoda in aperta campagna tra i grandi poderi coltivati o lasciati a pascolo per bovini e ovini, sulla destra al km 8,5 si diparte la via di Tragliata che porta al castello omonimo per terminare dopo pochi chilometri al crocevia con la Via di Santa Maria di Galeria, Via dell’Arrone e la Via di Boccea. Il toponimo di Tragliata, riportato in antichi documenti come Talianum o Taliata, sembra derivare da “tagliata”, nome dato ai sentieri scavati nel tufo di origine etrusca.
Il Castello di Tragliata-Località molto suggestiva, abitata fin dall’antichità più remota, come testimoniato da ritrovamenti etruschi e romani inglobati nelle costruzioni successive. Il castello, eretto tra il IX e il X secolo, aveva una funzione di difesa e di avvistamento ed era collegato visivamente con altre torri circostanti, come la vicina Torre del Pascolaro; trasformato successivamente in un grande casale ad uso abitativo ed agricolo, in alcuni tratti si possono notare avanzi di muratura precedente appartenenti alle opere di sostegno del fortilizio.
Allo stato attuale, Tragliata si presenta come un borgo in magnifica posizione elevata, situato com’è su di una specie di rocca isolata in mezzo alla vallata del Rio Maggiore, ed è costituito da vari fabbricati che si affacciano su di un grande spazio erboso.I fianchi della collina sono scavati in più parti dalle tipiche grotte, utilizzate nel corso dei secoli come magazzini o ricovero di animali. Di proprietà privata, il castello è stato recentemente convertito in azienda agrituristica adibita a ricezione. Interessanti i grandi silos sotterranei di epoca etrusca utilizzati per la conservazione dei cereali.
BORGO di TRAGLIATA:Un giorno senza sole
Fotoreportage di Franco Leggeri-
Campi profughi in Sabina-Provincia di RIETI-1939-1945-
Provincia di RIETI-1939-1945-
Ricerca Storica Campi profughi in Sabina-
A cura di Franco Leggeri-
Elenco dei greci sfollati dalla Libia internati nei comuni della provincia di Rieti
Ufficio internati, A4 bis, Internati stranieri e Spionaggio 1939-1945, Busta 9, Fascicolo 65/1 Nucleo greco-ortodosso sfollato da Tripoli
Questura di Rieti
Elenco nominativo dei 172 civili greci internati nei comuni della provincia di Rieti.
Una parte degli internati proviene dal campo di concentramento di Ferramonti, un’altra da Montecatini.
I comuni di internamento sono:
Accumoli , Antrodoco, Ascrea, Amatrice, Borgocollefegato (Borgorose), Borbona, Castel di Tora, Collalto Sabino, Cottanello, Cittaducale, Cittareale, Configni, Fara Sabina, Leonessa, Montenero Sabino, Montopoli di Sabina, Marcetelli, Petrella Salto, Posta, Pescorocchiano.
-Fonte-
Archivio Centrale dello Stato
Ministero dell’Interno, Direzione generale pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati. Archivio generale, Ufficio internati, A4 bis, Internati stranieri e Spionaggio 1939-1945, Busta 9, Fascicolo 65/1 Nucleo greco-ortodosso sfollato da Tripoli
Sigla
AC00867
Documenti
A cura di Franco Leggeri-
Bibliografia e Fonti
L’ordine pp. 88-89,225-L’Italia Libera del 25 settembre 1943.D.Sensi, “pagine partigiane”, in Corriere Sabino del 15 aprile del 1945. G.Allara, “ Dopo Anziao: la battaglia del Monte Tancia”, in Aa.Vv., La guerra partigiana in Italia, Edizioni Civitas, Roma 1984, pp.66 e 67. Musu-Polito, Roma ribelle, pp. 114-115. Bentivegna-De Simone, Operazione via Rasella…., pp 89-90., Roma e Lazio 1930-1950.., pp.542,545. Piscitelli, Storia della Resistenza.., pp.325,326,327.
Giuseppe Mogavero- La resistenza a Roma-1943-1945-Massari Editore.
Roma- Municipio XIII, Quartiere Casalotti-Le Catacombe della via Boccea
Il Vescovo della Diocesi di Porto e Santa Rufina, Mons. Diego BONA , recentemente scomparso, ha riportato al culto dei fedeli e all’attenzione degli archeologi le Catacombe dei Santi martiri MARIO, MARTA, AUDIFAX e ABACUC- Il 19 gennaio 1994 ,festa di San Mario, il Mons. Diego BONA guidò una processione di circa 500 fedeli verso le Catacombe ripristinando così un’antica tradizione popolare che si era persa nel corso degli anni. Nei pressi delle Catacombe vi è una piccola chiesetta dedicata a San Mario e Marta, eretta nel 1700 e restaurata nel 1871. In questa chiesetta ,nel 1909, il giovane sacerdote Don Giuseppe RONCALLI, futuro papa Giovanni XXIII- il Papa Buono, venne a celebrare la messa in memoria del fratello Mario. Papa Giovanni XXIII amava la via Boccea e la Campagna Romana durante le sue escursioni egli si deliziava nel gustare “ la buona ricotta di Boccea” che Gli veniva offerta dai pastori romani. A ricordo della presenza in questi luoghi di Papa Giovanni è stata posta in essere, nel 2004, una epigrafe marmorea nella chiesetta di Santa Maria sita all’interno del Castello della Porcareccia nel quartiere Casalotti.
Breve Storia dei Santi MARIO, MARTA, AUDIFAX e ABACUC.
Ultimo santuario della via Cornelia era quello dei martiri MARIO, MARTA, AUDIFAX e ABACUC. Nel Martirologio Geronimiano sono ricordati il 16 e 20 gennaio. Sembrerebbe che il vero dies natalis fosse il 20 gennaio, in cui sono stati commemorati nel Sacramentario Gelasiano antico ( Saccr.Gel.,p.131; nel Gelasiano di S.Gallo invece sono anticipati al giorno 19 e vi mancano ABACUC e AUDIFAX (Gel. S. Gallo, p.20) .Di questi Martiri non si hanno notizie sicure.Secondo la passio (Acta SS. Gennaio, II, Parigi, 1863, pp. 578-583.) Mario e Marta erano nobili persiani; al tempo di Claudio il Gotico vennero a Roma , insieme con i figli Abacuc e Audifax per venerare i sepolcri degli Apostoli e aiutare i carcerati per la Fede.Arrestati a loro volta furono condannati dal prefetto Musciano e condotti sulla “ via Cornelia miliaro tertio decimo ad Nymphas Catabassi”: Mario, Abacuc e Audifax furono “decollati sub arenario” e i loro corpi bruciati; Marta invece “in Nympha necata est”. La Matrona Felicita raccolse i resti dei primi tre, Mario,Abacuc e Audifax, ed il corpo di Marta dal pozzo in cui era stato gettato, e li seppellì “ sub die tertio decimo Kalendas febraurium” (B.SS.VIII, p.165. Dall’indicazione topografica “ ad Nymphas” è nata la fantomatica martire Ninfa-cf.B.SS.,IX,p.1009).
I corpi dei Martiri sarebbero stati trasferiti da Papa Pasquale I nella Basilica di S. Prassede ( Lib. Pont.II, p. 64.).
Foto Gallery e Articolo sono di Franco Leggeri-
Roma, «Occupanti e ricchi»: il Campidoglio sfratta i furbetti della casa.

Roma- 22 novembre 2017-Segni particolari: ricchi, con multiproprietà e anche residenti fuori Roma. In Comune li chiamano «occupanti abusivi e benestanti». E sono pronti a sfrattarli. È la categoria di inquilini scoperta dal Campidoglio nelle case popolari dell’amministrazione. Dal censimento in mano alla giunta Raggi, emerge che nei 23mila alloggi Erp (Edilizia residenziale pubblica) ci sono 2mila persone che – semplicemente – non dovrebbero starci. Perché? I loro redditi non rispondono ai requisiti richiesti. In due parole: sono ricchi.
O meglio: «Stanno bene». Altro che meno abbienti. Nella casistica c’è di tutto e di più: da chi ha la casa popolare e altri 18 immobili di proprietà, a chi risulta residente altrove, anche fuori Roma, a chi a fine anno denuncia redditi tra i 70mila e i 90mila euro. In tutto, sono 2.000 gli irregolari scoperti dal Comune.
L’assessore alle Politiche abitative, Rosalba Castiglione, in una lettera aperta (che pubblichiamo qui sotto) li chiama «cari cittadini benestanti» e li invita a fare armi e bagagli quanto prima e a lasciare liberi gli appartamenti a chi ne ha davvero bisogno. «Cari, sì, proprio ‘cari’, perché costate alla collettività un prezzo altissimo e il più alto è proprio quello che pagano le famiglie in attesa della casa popolare sin dal 2000 – scrive Castiglione – senza contare i costi legati al personale, alle azioni di sgombero e al tempo impiegato per rintracciarvi».
LA GIUNGLA
Non ci sono solo i 2000 «benestanti» abusivi. Tra coloro che occupano il patrimonio pubblico ci sono anche 1.600 persone, sempre secondo il report interno del Comune, subentrate negli alloggi popolari i cui legittimi assegnatari sono deceduti. Una successione dinastica, che l’amministrazione vuole interrompere quanto prima.
Se alla fine si fanno due conti ecco cosa emerge: un inquilino su cinque è fuori legge. Si tratta di ladri, per Castiglione. In quanto hanno «rubato il diritto alla casa ai nostri concittadini in difficoltà».
La situazione nella Capitale è più che mai articolata. Se si scorrono i numeri in possesso del Campidoglio, sono oltre 10.500 i nuclei in attesa di una casa popolare (le graduatorie non scorrono dal 2000). E altre 1.400 si trovano dentro ai residence, strutture di assistenza al temporanea in via di chiusura. Anche le cifre fornite dall’Ater (l’ente regionale) seguono sempre questo trend: su 48mila case quelle occupate senza requisiti sono oltre 6mila. Il Comune intanto invita gli abusivi a compiere «un gesto di onestà» e quindi a lasciare «spontaneamente» l’alloggio per assegnarlo «subito» a chi ne ha il diritto.
Discorso ancora diverso per i palazzi occupati da movimenti antagonisti e migranti: a Roma sono 71, in generale gli sgomberi latitano. L’ultimo, la scorsa estate, in via Curtatone. Su questo fronte il Comune per arrivare finalmente a una stretta può contare sull’asse con il Viminale, esplicitato dalla direttiva del ministro dell’Interno Marco Minniti.
La lettera
«Quella ignobile abitudine
di prendersi alloggi altrui»
Cari cittadini benestanti occupanti abusivi delle case popolari, è a voi che mi rivolgo, dopo aver completato il censimento su circa 23 mila appartamenti dell’Edilizia Residenziale Pubblica di Roma Capitale. Eh sì, dopo decenni di lassismo l’Amministrazione capitolina ha finalmente voluto fare la vostra conoscenza. Abbiamo rispolverato una pratica dimenticata, ovvero il censimento degli assegnatari e degli occupanti abusivi delle case popolari. Non è stato un impegno da poco. I nostri uffici hanno lavorato duramente per incrociare i dati e far venire alla luce la verità. Come sapete gli alloggi popolari hanno uno scopo preciso e inderogabile: essere abitati dai nostri concittadini che un appartamento sul libero mercato, al momento, non se lo possono permettere.
Cari, sì, proprio ‘cari’, perché costate alla collettività un prezzo altissimo e il più alto è proprio quello che pagano le famiglie in attesa della casa popolare sin dal 2000, senza contare i costi legati al personale, alle azioni di sgombero e al tempo impiegato per rintracciarvi. Ora però sappiamo che tra voi ci sono circa 2 mila persone che hanno redditi alti, possiedono già immobili o sono residenti altrove, dentro ma anche fuori i confini capitolini. Un vostro degno rappresentante è proprietario di ben 18 immobili.
Altri hanno redditi di 70 mila, 80 mila, fino anche a 90 mila euro all’anno. Siamo quindi certi che sarà facile per voi trovare presto un’altra e più lussuosa sistemazione. Abbiamo scoperto anche più di 1.600 persone subentrate negli alloggi popolari i cui legittimi assegnatari sono deceduti. Abbiamo già iniziato a liberare alcuni Nostri alloggi popolari, che sono stati assegnati ai legittimi aventi diritto. Parliamo di famiglie deluse, che si sono sentite abbandonate dalla propria amministrazione, che avevano perso anche la stessa speranza, che hanno pianto e abbracciato i dipendenti comunali quando si sono viste assegnare la casa. Ve lo racconto perché vorrei che aveste ben chiaro di chi si sta parlando, perché viene proprio da chiedersi con quale coraggio e quale coscienza abbiate “rubato” il diritto alla casa ai nostri concittadini in difficoltà.
Pensavate che non sarebbe mai arrivata a Roma un’Amministrazione determinata e onesta? Allora vi spiego una cosa. Noi riteniamo che sia finalmente giunto il momento di mettere fine a questa ignobile abitudine di usare le case popolari di Roma Capitale come se fossero le proprie, a danno di altri cittadini e dell’intera collettività. La giustizia che chiedono queste famiglie è la stessa che deve essere fatta propria da ogni singolo cittadino. Perché una cosa è certa e invitiamo tutti ad esserne coscienti: una volta che gli permetteremo di spirare forte, il vento della legalità soffierà a beneficio di tutti. A voi, occupanti abusivi benestanti delle case popolari, oggi rivolgo l’invito a fare un gesto di onestà. Lasciate spontaneamente l’alloggio e lo assegneremo subito a chi ha diritto.
Rosalba Castiglione
Assessora al Patrimonio
e alle Politiche abitative
di Roma Capitale
THOMAS ASHBY- Fotografo e Archeologo della Campagna Romana-Sabina .
Thomas Ashby – Middlesex , 1874-1931- Appena sedicenne accompagnò il padre in un viaggio in Italia e rimase così affascinato dal nostro Paese che nel 1897, laureatosi a Oxford, grazie a una borsa di studio si trasferì a Roma dove divenne ben presto direttore della Scuola Britannica, allora aveva la sede nel Palazzo Odescalchi in Piazza Santi Apostoli.
Thomas Ashby fu amico e collaboratore , oltre che allievo, dell’Archeologo romano Rodolfo Lanciani. Ashby percorse la Campagna Romana e Sabina, oltre l’Abruzzo e la Sardegna, in lungo e in largo , a piedi e in bicicletta, con lo scopo di raffrontare i dati archeologici e topografici con la realtà dei luoghi e dei monumenti.
Ashby proseguiva così l’Opera di Antonio Nibby , grande archeologo di Amatrice, e di Giuseppe Tomassetti. L’opera di Ashby sarebbe poi stata continuata , dopo di lui, dal suao discepolo Giuseppe Lugli che così lo ricorda:” Quante gite abbiamo fatto insieme nel Lazio, nella Sabina e nell’Etruria con tutti i mezzi disponibili e per più giorni di seguito! Ashby fu profondo conoscitore, come nessun altro, del terreno ,camminatore instancabile , compagno simpaticissimo, senza pretese e sempre contento, ovunque ci fermassimo a mangiare e a dormire; senza invidia e gelosia , ma prodigo di notizie e di insegnamenti verso tutti quelli che si rivolgevano a lui”.
Ashby è attentissimo a cogliere ogni dettaglio di quanto gli sta intorno e riesce a scoprire e a documentare la storia dei luoghi che visita risalendo il più possibile indietro nel tempo.
La vastissima raccolta delle oltre novemila fotografie è raggruppata , secondo il metodo topografico con cui Ashby lavorava sotto i nomi delle strade consolari: SALARIA,NOMENTANA,TIBURTINA.VALERIA, COLLATINA,PRENESTINA, LABICANA, LATINA, APPIA, ARDEATINA,LAURENTINA, OSTIENSE, SEVERIANA, AURELIA, CASSIA, CLODIA e FLAMINIA.
Strade consolari che ritroviamo nelle sue Opere: The Classical Topography of Roman Campagna, forse la sua Opera più importante (scritta all’età di 28 anni) e il conosciutissimo Topography Dictionary of Ancient Rome.
L’Opera di Ashby è stata anche oggetto di due splendidi cataloghi e di una prestigiosa mostra fotografica allestita dalla British School di Roma.