Maria José de Lancastre-Fernando Pessoa-Immagini della sua vita-
ADELPHI EDIZIONI
DESCRIZIONE
– Fernando Pessoa è passato in pochi anni da autore noto a pochi ad astro della mitologia letteraria moderna. La sua Lisbona, la sua vita dai soggetti multipli, il baule pieno di manoscritti che facevano nascere ogni volta nuove fisionomie di scrittori, fanno ormai parte dei sogni di ogni lettore. Tanto più preziosa sarà questa biografia per immagini che per la prima volta raccoglie le tracce fotografiche della vita di Pessoa, in apparente opposizione con Pessoa stesso, il quale una volta confessò in una lettera una sua «certa riluttanza a farmi delle fotografie». Sono testimonianze intrise di un sottile fascino, che riesce a intaccare con l’irrealtà pessoana anche le immagini più normali. E finalmente ci appariranno qui i volti e i luoghi che furono la scena della sua vita. Nella sua fuga sapiente dalla realtà quotidiana, Pessoa ancora una volta riuscirà vincitore.
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-EMANUELA TESEI , romanzo “ La Danza di Sole e Luna”.
EMANUELA TESEI , nata a Roma da genitori sabini originari di Monte Santa Maria di Poggio Nativo-
Fernando Pessoa:“L’unica prefazione di un libro è la mente di chi lo legge“.
Articolo di Franco Leggeri-Scrivere la recensione per il romanzo di Emanuela Teseinon cosa è semplice. Potrei descrivere l’opera di Emanuela come se fosse una sceneggiatura di un film, raccontare le scene , ma , forse, non è così che riuscirei ad esprime al meglio le sensazioni e le emozioni che mi hanno coinvolto . Proverò, semplicemente, a mettere in ordine il turbine di sorprese che mi hanno segnato ed è di questi sentimenti e sensazioni che proverò a scrivere cercando di delineare il quadro ed esaltarne il ritratto finale. Sin dalla prima pagina dell’opera di Emanuela Tesei si entra nella scenografia, risucchiati dalla scena abbracciati dalle canzoni di Vasco Rossi e Guccini. Ti trovi ad essere attore della graffiante poetica dei versi di così bene incastonati all’interno di una pagina dove, appunto, si trovano in scena sia Diana che Apollo. Prendere Majakovskij, i suoi versi, per alimentare la pagina, incidere la pagina, è che fa Emanuela Tesei , lei utilizza la penna come scalpello, e rafforzare il pensiero che l’autrice getta sul bianco della pagina così come il ferro sull’incudine un battere e levare e, come il maniscalco che forgia il ferro, così l’autrice ne modella e, poi, ricama il pensiero scritto. E il Gaber di “porta romana bella”, quel Gaber, che conosco, è il sottolineato usato per descrivere la traccia sonora nel ricordo del quartiere Bravetta, Forte Bravetta , la Pisana. Come scrive l’autrice siamo in una barchetta che naviga nel mar dello Stromboli , ed ecco che ti accorgi di questo mare “verticale” di “questa montagna di mare” , e scopri che stai navigando in un oceano di parole che ti risucchiano in labirinto kafkiano. In questo labirinto hai, sei fortunato, la sirena , colonna sonora, di voci amiche di cantanti che condividi, nel gusto, con l’autrice la quale non ti lascia in balia del nulla , ma si fa essa stessa bussola e faro in questo oceano di sentimenti. Puoi sostare a Rieti, ascoltando i dialoghi di Platone con Carmide, e ammirare il ponte romano che si offre allo sguardo quando il Velino è in magra. E dopo, sempre in un progredire di scenari nuovi, vai , campo lungo della regia, al Terminillo e ti aggrappi alla sua altitudine e, quindi, provi a riemergere, come il ponte romano, perché , se vuoi riemergere, devi sapere che :”non può piovere per sempre” come dice il Corvo nel film omonimo. Il romanzo di Emanuela è un labirinto, il mio Dedalo, com’è il mio Castelnuovo nei ricordi e nelle poesie che scrivo. Se in Castelnuovo ad ogni angolo trovi una nuova epigrafe che narra una storia, così ad ogni pagina scritta da Emanuela Tesei entri, navighi, a fianco di un nuovo personaggio. Poi ti fermi e ti ristori, prendi fiato, ti disseti con i versi Alda Merini:” … inquietudini segrete disparvero, perché eravamo vicine a dio, e la nostra sofferenza era arrivata al fiore….”. E come dimenticare di aver incontrato nelle pagine del libro Eraclito e i Pink Floyd ? Emanuela Tesei riesce a farli camminare insieme Eraclito e i Pink Floyd come compagni di strada; questi giganti cosi si vedono assieme, con l’immaginazione puoi vederli disegnati nelle crepe del muro che trovi al ciak iniziale del romanzo :” E camminare per il Borgo sabino (Monte Santa Maria o Castelnuovo di Farfa?), i sui vicoli o “sentieri” , che l’autrice immagina come vene senza luce ed è allora che lei invoca la Via Lattea e la stella Vega perché il protagonista è assetato di Sole, mentre Orfeo , figlio della Poesia, guida il lettore nelle melodie che si riflettono sulle pietre “antiche” delle case. L’Autrice con uno stile unico, è la sua prima opera letteraria, riesce, è capace di creare tensione fino a renderla palpabile. Le “musiche” la colonna sonora è la zattera che riesce a “traghettarti “sulla riva opposta e così il lettore torna a riva dopo aver navigato questo “mare verticale”. Concludo questa impressione “ a caldo” scrivendo, credo di poterlo fare, che l’autrice ha scritto , incredibile performance di Emanuela, in modo di poter permettere al lettore di solidarizzare con il suo protagonista, seguendolo nei suoi alti e bassi. In questo romanzo l’autrice è capace, è stata capace, di descrivere la nostra società in modo crudo e graffiante, i capitoli li ha “rifiniti” e lavorati anche con la carta vetrata, ma il risultato finale è stato che il romanzo “Danza di Sole e Luna” , ad ogni capitolo, il lettore si trova di fronte a un dipinto dai colori dalle innumerevoli luci generate dalle mille facce del “diamante” della fantasia. Queste impressioni a caldo non sono un prologo, ne una prefazione e neanche una introduzione al lavoro di Emanuela. La Danza di Sole e Luna sarà una lettura che spingerà il lettore ad affidare le sue emozioni a questa trama affascinante che , ne sono sicuro, il ritmo, altissimo, del susseguirsi dei capitoli sarà capace di rimanere impresso nel intimo , il lavoro di Emanuela, è destinato a lasciare un segno profondo .
Articolo di Franco Leggeri
La scrittrice Emanuela TESEI, nata a Roma da genitori sabini originari di Monte Santa Maria di Poggio Nativo, è una gradita scoperta letteraria del tutto casuale. Emanuela TESEI è la vincitrice assoluta , con il romanzo La Danza di Sole e Luna, della XIV edizione del Premio Letterario Internazionale “Gaetano Cingari” 2019.
Contatti:
e.mail.: emefsoleluna@yahoo.com
Pagina Facebook: La danza di Sole e Luna.
Dell’autore di grandi versi, scrittore e diplomatico messicano, Nobel per la letteratura nel 1990, sempre accanto a emarginati e oppressi, si preferisce ricordare quasi unicamente la parabola finale. Glissando su affermazioni valide a ogni latitudine: “La ricerca dell’identità nazionale è un passatempo intellettuale, a volte anche un affare di sociologi disoccupati” oppure “Quando una società si corrompe, a imputridire per primo è il linguaggio”
Mai come in questi tempi appare importante la riflessione politica di Octavio Paz sulla parola e sul linguaggio che lui espresse in questi termini: “Quando una società si corrompe, a imputridire per primo è il linguaggio. La critica della società inizia quindi con la grammatica e il ristabilimento dei significati” (Pos data, 2005). La parola appare al poeta messicano come un elemento necessario per rimarcare il fatto che fa parte integrante della cultura; la cultura é l’identità di un popolo e si mostra anche attraverso il linguaggio. Quando il linguaggio si appiattisce e si impoverisce per cedere il posto all’immediatezza (o a insistenti termini presi in prestito da altre lingue), noi pian piano ci allontaniamo dall’essenza, dalla creatività, dalla complessità e soprattutto dalla nostra capacità di autocritica. Octavio Paz nelle sue opere ha continuamente ribadito l’importanza della creatività della parola e del linguaggio. Saggista, giornalista, diplomatico messicano, premio Nobel per la letteratura, è considerato il poeta di lingua spagnola più importante della seconda metà del Novecento: “Non è poeta chi non abbia sentito la tentazione di distruggere il linguaggio o di crearne un altro, chi non abbia provato il fascino della significazione indicibile” (Vento Cardinale, 1985). La società e la politica furono per lui sempre inscindibili dall’arte poetica, anzi, la sua poesia d’avanguardia si fece veicolo di istanze sociali e di problemi politici, mettendo in luce una società corrotta che aveva fatto della merce l’unico valore visibile.
Nato nel 1914 a Città del Messico da una famiglia borghese, in cui il sangue spagnolo si era unito a quello indigeno messicano, a soli 19 anni pubblica la prima raccolta di poesie dal titolo Luna Silvestre. Grazie alla sua professione di diplomatico viaggia molto: vive a lungo negli Stati Uniti, in Spagna, Francia e persino in India e in Giappone, ove conosce la filosofia che influenzerà una parte sostanziale dei suoi scritti.
Il primo viaggio lo porta nello Yucatan, ove si misura col profondo passato della storia messicana, con l’antica civiltà Maya, la povertà e le lotte di parte della popolazione. Giunge a Mérida l’11 marzo 1937 e vi rimane per 65 giorni. Qui aderisce al progetto educativo di una scuola secondaria per i figli di indigeni, di operai e contadini, che gli era stato proposto dagli amici Octavio Novaro Fiora del Fabro e Ricardo Cortés Tamayo. Octavio nella scuola, e proprio a quel periodo appartengono le pagine di “Tra la pietra e il fiore” (1941), un ampio “inno tra le rovine” o meglio, come dirà più tardi “maleza entre escombros” (“erba tra le macerie”), un tema che lo accompagnerà come una ferita aperta per tutta la vita.
Sempre 1937, Paz ha più di 20 anni, partecipa come rappresentante del suo Paese al II Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura, che quell’anno si propone di supportare i repubblicani in Spagna durante la Guerra civile. Vi partecipano, tra gli altri, André Malraux, César Vallejo e Pablo Neruda. Alla fine della seconda guerra mondiale diviene segretario dell’ambasciata messicana a Parigi entrando in contatto con il movimento surrealista e André Breton. Come incaricato d’affari arriva in Giappone e, infine, negli anni 60, è ambasciatore in India. Qui, nel 1968, rassegna le dimissioni per protestare contro il governo messicano, responsabile di una brutale repressione di studenti che manifestavano in piazza delle Tre Culture a Tlatelolco, Città del Messico, alla vigilia dei Giochi Olimpici. È il 2 ottobre 1968. Lasciato l’incarico, si dedica all’insegnamento presso università americane ed europee. Continua l’instancabile attività di promotore della cultura tenendo lezioni e fondando nuove riviste, come Plural (1971-1976) e Vuelta (1976). Paz non si limita a scrivere, ma trasforma le parole in azioni concrete. Politicamente propende a sinistra come il padre Octavio Paz Solorzano, avvocato zapatista. Più tardi invece adotterà un atteggiamento politico liberal-conservatore, simile a quello del nonno Irineo, che era stato vicino a Porfirio Diaz, presidente della Repubblica del Messico per tre mandati diretti, dal 1876 al 1911.
Così Paz desta polemiche quando divien aspro critico della insurrezione zapatista del 1994 e del subcomandante Marcos. Il 7 gennaio 1994 sul quotidiano messicano La Jornada scrive: “È una ribellione irreale, condannata al fallimento. Non corrisponde alla situazione del nostro paese, né alle sue necessità ed aspirazioni attuali”. Ma poi “pian piano, scopre lo stile originale dei proclami di Marcos, l’idealismo sincero, la sensibilità con cui esprime i sentimenti degli indigeni. Ricordandogli quando lui stesso, negli anni 30, era andato nello Yucatan a lavorare con gli indigeni. A conquistare il poeta è un’identificazione personale più che ideologica: non fu la guerriglia, ma la prosa di Marcos e la sua vocazione per il mondo indigeno”. Così scrive il messicano Jorge Volpi nel saggio La guerra y las palabras: una historia intelectual del 1994, in cui analizza il controverso rapporto tra Marcos e Octavio Paz
Ricordiamo che fu grande conoscitore di lingue, di tradizioni, affascinando soprattutto grazie al riflesso delle culture preispaniche rievocate in tante pagine. Tra gli scritti migliori ricordiamo: Il labirinto della solitudine, i saggi su Fernando Pessoa e Luis Cerneda, pubblicati in Italia dal Melangolo nel 1988, i trattati Congiunzioni e disgiunzioni e El Arco y la lira. Il labirinto della solitudine, scritto nel 1950, è il primo tentativo compiuto da un messicano per arrivare alla conoscenza piena della propria identità culturale. Paz tenta di far luce sull’anima del suo popolo e ne esamina perciò la storia, la politica, l’economia, ma spesso va al di là, aprendo le frontiere del Messico sul mondo. Nel labirinto della solitudine non si avventurano i soli messicani, ma tutti gli uomini: queste 250 pagine rappresentano una profonda meditazione sulla condizione umana. Altra sua opera è Suor Juana o le insidie della fede, monumentale biografia dedicata a Suor Juana Inés de la Cruz, straordinaria figura di religiosa e poetessa messicana del XVII secolo.
L’introduzione è a cura di Dario Puccini, uno dei massimi studiosi italiani di letteratura spagnola e ispano americana, studioso di suor Juana, e autore nel 1967 di un fondamentale saggio su di lei. Secondo Puccini l’incontro tra Paz e la suora messicana ha il carattere di un coinvolgimento totale. Nel riflettere sul mondo del Vice Reame della Nuova Spagna (1535-1821), all’interno dell’Impero coloniale spagnolo, Octavio Paz compie una profonda riflessione sul ruolo dell’intellettuale alle soglie della modernità: “Da un lato la società in cui visse suor Juana ci aiuta a comprenderla, dall’altro ce la nasconde. Suor Juana come ognuno di noi, è l’espressione della sua epoca, ma anche la negazione, l’eroina e la vittima”. Nel doppio ruolo della società e della protagonista, risiede il grande tema di un’opera che è allo stesso tempo critica letteraria e analisi del rapporto tra cultura e sistema totalitario.
La poesia come atto di liberazione, a perenne memoria, è teorizzata nel libro El Arco y la Lira, una riflessione nata dopo l’incontro con le culture orientali durante la sua permanenza in Giappone e India. Come Goethe, pensa che la poesia sia ricerca ininterrotta di senso, momentanea riconciliazione, presenza. Tutta l’inesausta attività ruota attorno a un solo tema: “Si scrive per essere ciò che siamo e che non siamo. Nell’uno e nell’altro caso cerchiamo noi stessi. E se abbiamo la fortuna di trovarci scopriamo che siamo uno sconosciuto”. Nascono così testi poetici come Libertad bajo palavra (1949), Aguila o sol? (1951), Agua y viento (1959), Topoemas (1971). Il mondo indigeno e in particolare quello azteco lo ritroviamo in Piedra del sol (1957): 584 endecasillabi in cui il passato precolombiano diventa fonte di suggestioni filosofiche. A partire dagli anni 80 del secolo XX, giungono riconoscimenti letterari internazionali, anzitutto l’importante Premio Cervantes, ricevuto nel 1981. Definito “l’orafo dei segni” per la cura e l’eleganza dei suoi versi, si afferma come innovatore del costume letterario e delle concezioni culturali.
Nel 1990 gli è assegnato il premio Nobel per la Letteratura per “l’appassionata scrittura dai vasti orizzonti, caratterizzata da un’intelligenza sensuale e da una integrità umanistica”. Octavio Paz scompare il 20 aprile 1998 in Messico, nella sua casa di Coyacan, dopo una lunga malattia. Rimane una delle figure chiave del XX secolo e tale rimarrà nel tempo, quel tempo nel quale rintracciò l’esperienza sovrannaturale come dimensione originaria dell’esistenza e trasmutazione di sé: “Le pietre sono tempo / Il vento / secoli di vento / Gli alberi sono tempo / gli uomini sono pietre / Il vento / si avvolge su se stesso e si sotterra / nel giorno di pietra / L’acqua non c’è, ma gli occhi brillano” (Versante Est, 1969).
Periodico online dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia-ANPI-
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