Concerviano-(RIETI)- Abbazia benedettina di San Salvatore Maggiore-
DESCRIZIONE
San Salvatore Maggiore è una abbazia Benedettina, sita sul monte Letenano nell’attuale frazione di Pratoianni del comune di Concerviano (RI). Fu fondata nel 735 d.C., in epoca longobarda, da monaci dell’abbazia di Farfa. Sorta sulle rovine di una preesistente villa romana, nell’891 d.C. fu incendiata dai Saraceni; successivamente ricostruita nella seconda metà del X secolo entrò in competizione con l’abbazia di Farfa nel controllo del territorio. Schieratasi con gli imperatori nella lotta per le investiture, è denominata per questo abbazia imperiale. Nel Trecento iniziò la decadenza, fino a che nel Seicento papa Urbano VIII, in forza della bolla Singulari diligentia del 12 settembre 1629, la soppresse unendola all’abbazia di Farfa.
Negli ultimi anni è stata parzialmente ristrutturata grazie a fondi europei; attualmente è di proprietà del Comune di Concerviano.
L’arte pittorica impreziosisce non solo la basilica ma anche altri spazi interni ed esterni dell’Abbazia di Santa Maria di Farfa.
Al centro della volta di una campata del chiostro rinascimentale è raffigurata l’𝗜𝗺𝗺𝗮𝗰𝗼𝗹𝗮𝘁𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗯𝗮𝗺𝗯𝗶𝗻𝗼 che presenta particolari legati alla diffusione di linguaggi internazionali – in particolare nordici – che investì anche l’Abbazia farfense a causa dei suoi legami, più o meno variabili, con il centro monastico di Subiaco dove già nel primo Quattrocento è documentata una cospicua presenza di monaci tedeschi e spagnoli.
“Gli stessi caratteri stilistici distinti da una linea fortemente marcata, la medesima ridondanza dei panneggi, il piglio espressivo fortemente caricato seppure reso con trame più arrotondate, si ritrovano identici nel pittore che realizzò la decorazione dell’abside della cappella del Crocifisso del complesso agostiniano di Sant’Oliva a Cori, datato 1507. Da quest’ultima decorazione è discesa la proposta di individuare una maestranza, denominata Maestro di Cori, autrice di una serie di cicli pittorici, da San Pietro di Anticoli Corrado alla parrocchiale di Pietrasecca, poco oltre il confine abruzzese.
Strettamente coerenti nei contenuti formali e tutte riferibili al primo decennio del Cinquecento, sembrano tuttavia l’ultima e finale evoluzione stilistica di Desiderio da Subiaco il quale, sulla spinta della pittura umbra, aggiunge un timbro devozionale che addolcisce linee ed espressioni riducendo la verve caricaturale in contenuti e toni più pacati” (“Spazi della preghiera, spazi della bellezza. Il Complesso abbaziale di Santa Maria di Farfa”, Palombi Editori, 2015, p. 144-146).
Il codex farfensis 29 è considerato la più antica raccolta agiografica dell’Abbazia di Farfa, redatto dai monaci del cenobio dalla seconda metà del IX secolo, seguendo le vicende e l’espansione territoriale dell’Abbazia.
L’Abbazia di Farfa, fondata in territorio reatino, si espande nell’ Umbria e nell’alto Lazio fino alla Tuscia meridionale dove, nel VIII secolo aveva vasti possedimenti amministrati dalla cella di S. Maria al Mignone e, nel XI secolo estende il suo dominio fino al mare.
Il leggendario farfense, certamente riporta testi più antichi, riguardanti il territorio sabino, si arricchisce aggiungendo vite di martiri e confessori venerati dalle popolazioni che vivevano nei territori acquisiti dalla Abbazia nel corso della sua espansione.
In un atto del 939, il monastero ottiene un possedimento confinante “de una parte via publica quae pergit ad sanctam Severam”. Questa doveva essere una chiesa importante perchè era raggiunta da una via publica, verrà poi chiamata Santa Severella, fino a scomparire del tutto ed oggi localizzata presso le rovine di Cencelle, in località Farnesiana. Forse in questo periodo i monaci farfensi si interessano al culto di s. Severa ed inseriscono la sua passione nel loro leggendario.
Il codice farfense 29, descritto dal Poncelet nel Catalogus del 1009, è membranaceo scritto su due colonne. La scrittura è una tipizzazione romanesca della carolina, un tempo chiamata minuscola farfensis, con inizio scritto in rosso. La narrazione comprende due passioni che si sviluppano nei fogli 91v-94v con la passione di san Massimo (fol. 91v-93v) e quella della moglie e dei suoi figli (fol. 93v-94v).
La prima passione: “VIII kal Novembres Natale sancti Maximi martyris” (25 ottobre), narra la vicenda di san Massimo, “comite milinario”, di famiglia cristiana, che viene mandato con i suoi soldati dall’imperatore Costanzo a Civitavecchia “Centumcellis” per controllare i lidi romani. Qui Massimo converte i suoi soldati e viene richiamato a Roma dall’imperatore per essere interrogato; si incontra a Pigris (Pyrgi – Santa Severa) con la moglie Seconda ed i figli Severa, Calendino e Marco; lascia la famiglia e prosegue per Roma, dove Costanzo lo manda a scavare la sabbia in località “Fidina” (Fidene) insieme a 124 dei suoi soldati convertiti, qui verranno sottoposti ad immani fatiche, quindi, condannati alla decapitazione ed i loro corpi dati alle fiamme. Furono sepolti dal beato Marcello, nella stessa cripta dove erano condannati a scavare la sabbia, ”sub die octavo kalendas novembris in clibo cucumeris ab urbe miliario secundo ubi florent orationes…”.
Patto di Fratellanza fra tutti i Castelnuovo d’Italia
Brano dalla “Rassegna Stampa” in Appendice al libro “Castelnuovo, la Riva Sinistra del Farfa” di Franco Leggeri
–L’idea nacque nel dicembre 2003 in occasione dell’annuale Sagra del “Superzampone”-Il 12 e 13 febbraio del 2004 si incontrarono i Sindaci di otto Comuni. Castelnuovo di Farfa fu rappresentato dal vicesindaco Bruno Burbuglini in sostituzione del Sindaco Reno Ricci. Riporto di seguito una delle tante rassegne stampa del mio Archivio privato –
-A CASTELNUOVO RANGONE (Modena) SI SONO INCONTRATI I PRIMI CITTADINI DEI CENTRI CHE PORTANO QUESTO NOME-
Un patto tra le «Castelnuovo d’Italia» Vogliono creare una rete di promozione turistico-culturale Mauro Saroglia CASTELNUOVO NIGRA Sapevate che «Castelnuovo» è il nome più diffuso tra i Comuni d’Italia? Forse no, ma converrete che la notizia, per quanto curiosa, non appare sorprendente. Comunque sia, nell’intero Bel Paese sono ben ventiquattro i Comuni che si fregiano di questo nome: più di uno per regione, in media. Il 12 e 13 febbraio scorsi i sindaci di otto «Castelnuovo» italiani – precisamente: Roberto Alperoli di Castelnuovo Rangone, Modena; Simone Brogi di Castelnuovo Berardenga, Siena; Bruno Burbuglini, vicesindaco di Castelnuovo Farfa, Rieti; Giuseppe Macera di Castelnuovo Parano, Prosinone; Giorgio Musso di Castelnuovo Don Bosco, Asti; Alberto Tognoni di Castelnuovo Magra, La Spezia; Pier Antonio Varutti di Castelnovo del Friuli, Pordenone; e Matteo Sergio Bracco di Castelnuovo Nigra, a tenere alto l’onore della Valle Sacra e del Canavese più in generale – si sono dati convegno a Castelnuovo Rangone, dove hanno solennemente stretto il «Patto di fratellanza tra i Castelnuovo d’Italia»: la denominazione ha un sapore vagamente risorgimentale, ma le intenzioni dei sindaci, in realtà, sono molto più «modem», dal momento che con questo atto si intende creare una rete di promozione turistico-culturale, dalla quale tutti possano trarre benefici I primi cittadini dei vari Castelnuovo si erano conosciuti a dicembre, in occasione della «Festa del Superzampone» organizzata in terra emiliana, festa alla quale erano stati invitati dall’amministrazione comunale e dall’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi. Tra i rappresentanti di queste comunità, accomunate dal medesimo nome, la simpatia e la sintonia erano nate immediatamente; si era quindi deciso di dare forma stabile a queste occasioni di incontro e confronto. «Nell’incontro che abbiamo avuto a metà febbraio – spiega Matteo Bracco – sono stati messi in cantiere alcuni appuntamenti, scambi culturali, iniziative promozionali. Con il patto siglato, è nostra intenzione valorizzare le identità comunali e regionali, mettendo in circolo idee, esperienze, sensibilità, e affermando i valori di una comunità integrata e solidale. E’ questo, secondo noi, il modo più genuino di dare corpo al concetto di federalismo, un federalismo solidale e che parte dal basso». Il «patto» tra i Comuni, in questo modo, diventerà quindi una buona spinta per gli amministratori pubblici a confrontarsi sul proprio lavoro, magari offrendosi reciprocamente idee e soluzioni; ma soprattutto potrà diventare, per i cittadini, l’occasione di conoscere a fondo altre realtà regionali. Tra le iniziative già messe in cantiere, e che prenderanno corpo nei prossimi mesi, c’è ad esempio una <card>, che darà la possibilità ai cittadini che visiteranno gli altri Castelnuovo di ottenere sconti e agevolazioni; oltre a questo, c’è l’intenzione di realizzare un depliant informativo comune, che valorizzi le potenzialità turistiche dei singoli paesi. Ma i Castelnuovo che, per il momento si sono «federati» sono soltanto otto… «E’ vero – conclude Bracco -, ma non vogliamo certo fermarci qui: è nostra ferma intenzione riuscire ad associare tutti i Castelnuovo d’Italia».
Brano dalla “Rassegna Stampa” in Appendice al libro “Castelnuovo, la Riva Sinistra del Farfa” di Franco Leggeri
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