A cura di Luisa Franchi dell’Orto- Introduzione di Mario Torelli-
-Editori Riuniti-Roma
DESCRIZIONE
Gli scritti etruscologici di Ranuccio Bianchi Bandinelli coprono l’intero arco dei cinquant’anni della sua attività di studioso: dal 1925, quando venne pubblicata la sua tesi di laurea su Chiusi, fino al 1973, quando apparve l’ultima sua monumentale opera “Etruschi e Italici prima del dominio di Roma”. I saggi raccolti in questo volume sono disposti cronologicamente e servono a documentare il percorso critico e intellettuale di Bianchi Bandinelli, caratterizzato da un lato da una costante continuità di interesse per il fenomeno artistico etrusco-italico, dall’altro da un fondamentale e profondo rinnovamento delle sue posizioni negli anni successivi al 1960.
INDICE
Premessa
Nota del curatore
Parte prima. Storia e problemi dell’arte etrusca
Arte etrusca
La città etrusca
La casa etrusca
La posizione dell’Etruria nell’arte dell’Italia antica
“Illusionismo” nel bassorilievo italico
Datazione e motivi dell’arte tardoetrusca
Parte seconda. Topografia
Questioni generali di topografia etrusca
Riassunto storico e delimitazione del territorio chiusino
Roselle
L’esplorazione di Roselle
Parte terza. Pittura
Necropoli di Vulci
Un “pocolom” anepigrafie del museo di Tarquinia
Le tombe tarquiniesi delle Leonesse e dei Vasi dipinti
Le pitture delle tombe arcaiche
La mostra di pittura etrusca a Firenze
Parte quarta. Scultura
I caratteri della scultura etrusca a Chiusi
Il “Bruto” capitolino scultura etrusca
Il putto cortonese del museo di Leida
Marmora Etruriae
La kourotrophos Maffei del museo di Volterra
Qualche osservazione sulle statue acroteriali di Poggio Civitate (Murlo)
Elenco delle abbreviazioni
Figure
Illustrazioni
Indice dei nomi e delle cose notevoli
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Articolo di Renato Caputo:”Stato e società civile nel giovane Karl Marx”-
Al contrario delle illusioni degli idealisti, per Karl Marx nella modernità a dominare è il duro realismo, il particolarismo imperante nella società civile con il suo fondamento meramente empirico, immediato: il bisogno pratico dell’individuo egoista, la brama di profitto e l’implacabile legge del mercato.
La rivoluzione politica borghese ha costituito per Karl Marx e Friedrich Engels un progresso decisivo nella storia spazzando via la commistione immediata di vita sociale e politica propria del mondo feudale che separava il cittadino dalla comunità statuale, negando ogni sovranità popolare, essendo il popolo confinato in una serie di corporazioni, ceti e gilde gelose custodi delle proprie libertà-privilegi. “L’emancipazione politica è al tempo stesso la dissoluzione della vecchia società. La rivoluzione politica è la rivoluzione della società civile. Quale era il carattere della vecchia società? La feudalità. La vecchia società civile aveva immediatamente un carattere politico ossia gli elementi della vita borghese, come per esempio la proprietà, famiglia o il tipo di lavoro erano, nella forma della signoria fondiaria, del ceto e della corporazione, innalzati a elementi della vita statale. In tale forma essi determinavano il rapporto del singolo individuo verso la totalità dello Stato, vale a dire il suo rapporto politico, cioè il suo rapporto di separazione ed esclusione dalle altre parti costitutive della società civile. Quell’organizzazione della vita del popolo, infatti, non elevava il possesso e il lavoro ad elementi sociali, ma piuttosto portava a compimento la separazione dalla totalità statale e li costituiva (possesso e lavoro) in società particolari all’interno della società” [1].
Dunque, nel sistema feudale l’uomo non era libero, né la società civile indipendente, ma la posizione dell’individuo rispetto allo Stato era fissata dalla nascita e le libertà in quanto privilegi determinavano sfera politica e civile. Come osserva a ragione a questo proposito Marx: “le funzioni e le condizioni vitali della società civile rimanevano ancor sempre politiche, anche se politiche nel senso della feudalità, ovvero che escludevano l’individuo dalla totalità statale, trasformavano il rapporto particolare della sua corporazione con la totalità dello Stato nel suo proprio rapporto universale con la vita del popolo, così come la sua determinata attività e situazione civile nella sua attività e situazione universale. Come conseguenza di questa organizzazione, l’unità dello Stato, come coscienza, volontà e attività dell’unità dello Stato, il potere universale dello Stato, appare altrettanto necessariamente come affare particolare di un sovrano separato dal popolo e dai suoi servitori” [2]. D’altra parte a un certo grado di sviluppo dei mezzi di produzione e di scambio, feudali “le condizioni nelle quali la società feudale produceva e scambiava, vale a dire l’organizzazione feudale dell’agricoltura e della manifattura, in una parola i rapporti feudali di proprietà, non corrisposero più alle forze produttive già sviluppate. Quelle condizioni, invece di favorire la produzione, la inceppavano. Esse si trasformarono in altrettante catene. Dovevano essere spezzate, e furono spezzate” [3].
La rivoluzione “fece necessariamente a pezzi (… ) tutte le espressioni della separazione tra il popolo e la sua comunità” [4] e sostituì al privilegio quale espressione politica dell’età feudale “il diritto puro e semplice, il diritto uguale” [5]. In tal modo la gestione della cosa pubblica, dello Stato cessava d’esser affare particolare d’un sovrano o d’un ceto politico particolare per divenire “affare universale”.
Nella fase più radicale e avanzata della lotta per il potere le esigenze politiche erano talvolta entrate in contraddizione con il loro presupposto strutturale, la proprietà privata borghese, fondamento della società civile moderna. Tale contraddizione era stata astrattamente superata mediante il terrore. I giacobini si erano illusi di poter riplasmare, configurare lo Stato politico moderno sul modello antico, reprimendo nel terrore le “manifestazioni vitali” della società civile borghese. “Robespierre, Saint-Just ed il loro partito sono caduti perché hanno scambiato la comunità antica, realisticamente democratica, che poggiava sul fondamento della schiavitù reale, con lo Stato moderno rappresentativo, spiritualisticamente democratico, che poggia sulla schiavitù emancipata, sulla società civile. Che colossale illusione essere costretti a riconoscere e sanzionare nei diritti dell’uomo la società civile moderna, la società dell’industria, della concorrenza generale, degli interessi privati perseguenti liberamente i loro fini, dell’anarchia, dell’individualità naturale e spirituale alienata a se stessa, e volere poi nello stesso tempo annullare nei singolo individui le manifestazioni vitali di questa società, e volere modellare la testa politica di questa società nel modo antico!” [6].
Nel fuoco della lotta la differenza fra emancipazione politica e sociale tendeva a sfumare, dal momento che la rivoluzione costituiva un passaggio necessario e decisivo alla realizzazione d’entrambe e l’inadeguato sviluppo delle forze produttive impediva il porsi di problematiche che non corrispondevano a un bisogno storico reale. Così i giacobini, per difendere la rivoluzione di contro a conservatori e reazionari, avevano finito per doverne combattere lo stesso presupposto reale, la struttura sociale per cui si battevano, come appare evidente nel conflitto con la Montagna e i Girondini.
La rivoluzione permanente, dunque, non poteva superare il momento del terrore quale negazione determinata del feudalesimo, ma solo astratta delle proprie basi strutturali, della proprietà privata, se in contrasto con le superiori esigenze dello Stato che le impedivano di realizzare l’emancipazione sociale. “Certo: in tempi in cui lo Stato politico nasce violentemente, come Stato politico, dalla società borghese, quando l’emancipazione umana cerca di realizzarsi sotto forma di emancipazione politica, lo Stato può e deve giungere fino a sopprimere la religione, ad annientare la religione; ma solo nel modo in cui perviene a sopprimere la proprietà privata, cioè coll’imposizione di un limite massimo, colla confisca, coll’imposta progressiva, appunto come giunge alla soppressione della vita con la ghigliottina. Nei momenti in cui la vita politica sente più specialmente se stessa, essa cerca di soffocare il proprio presupposto, la società borghese e i suoi elementi, e di porsi per l’uomo come la reale e perfetta vita del genere umano. E questo può aver luogo soltanto tramite una violenta opposizione alle proprie condizioni di vita, solo in quanto la rivoluzione si dichiari permanente, e il dramma politico termina perciò necessariamente con la restaurazione della religione, della proprietà privata, di tutti gli elementi della società borghese, come la guerra si conclude con la pace” [7]. L’emancipazione politica è, in effetti, “gravata da un limite interno, strutturale, che le impedisce di rispondere alla questione cui essa conduce (con il suo stesso «fallimento»), quella dell’avvento dell’universalità concreta” [8].
Non erano sorte le condizioni oggettive per l’emancipazione sociale, in quanto “una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che non siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza” [9]. Né era sorta l’esigenza soggettiva nei suoi rappresentanti più avanzati – non essendo germogliato un bisogno effettivo dell’emancipazione sociale neppure nei sanculotti.
Dunque, solo la prima negazione: la rivoluzione della società civile, la dissoluzione dei precedenti assetti di proprietà su cui si fondava il feudalesimo era conforme ai bisogni effettuali dell’epoca, mentre la seconda negazione era destinata a restare un mero dover essere [10]. La borghesia manteneva salde nelle proprie mani le redini del processo storico e così, compiuta la prima negazione, la seconda venne archiviata, ridotta dal Termidoro a fantasma o utopia. Del resto, “non basta che il pensiero spinga verso la realizzazione; la realtà stessa deve spingersi verso il pensiero” [11]. Tanto più che “la sentimentale borghesia ha dovunque sacrificato la rivoluzione al suo dio, la Proprietà. La controrivoluzione ora ripudia questo dio” [12]. Riassumendo: non appena la furia trasformatrice dell’intero assetto della vecchia società si arrestò, il poetico, l’epico cittadino rivoluzionario lasciava progressivamente il campo al prosaico uomo borghese [13].
Articolo di Renato Caputo
Note:
[1] B. Bauer, K. Marx, La questione ebraica, traduzione italiana di M. Tomba, Manifestolibri, Roma 2004, p. 197.
[2] Ibidem.
[3] K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito comunista [1848], in Id., Opere complete 1845-1848, vol. VI, tr. it. di P. Togliatti, Ed. Riuniti, Roma 1978, p. 491.
[4] B. Bauer, K. Marx, La questione…, op. cit., p. 197
[5] K. Marx e F. Engels, L’ideologia tedesca, tr. it di F. Codino, Editori Riuniti, Roma 1967, p. 311.
[6] Id., La sacra famiglia [1845], traduzione italiana di A. Zanardo, Editori riuniti, Roma 1967, p. 160.
[7] B. Bauer, K. Marx, La questione…, op. cit., pp. 368-69.
[8] E. Kouvélakis, Critica della cittadinanza; Marx e la “Questione ebraica”, tr. it. di N. Augeri, in «Marxismo Oggi» 1, Milano 2005, p. 74.
[9] K. Marx, Per la critica dell’economia politica [1859], tr. it. di E. Cantimori Mezzomonti, Editori Riuniti, Roma, 19693, p. 5.
[10] Così, per esempio, “fintanto che le forze produttive non sono ancora abbastanza sviluppate da rendere superflua la concorrenza, e quindi continueranno a provocare sempre di nuovo la concorrenza, le classi dominate vorrebbero l’impossibile se avessero la «volontà» di abolire la concorrenza e con essa lo Stato e la legge. Del resto, prima che le condizioni siano sviluppate al punto di poterla produrre, questa «volontà» nasce soltanto nell’immaginazione degli ideologi.” K. Marx e F. Engels, L’ideologia tedesca, tr. it di F. Codino, Ed. Riuniti, Roma 1967, p. 314.
[11] K. Marx, Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione [1843], in Id., Scritti politici giovanili, a cura di Luigi Firpo, Einaudi, Torino 1975, p. 406.
[12] K. Marx, F. Engels, Opere complete, marzo 1853 – febbraio 1854, tr. it. di F. Codino, vol. XII, Ed. Riuniti, Roma 1978, p. 39.
[13] Non appena la potenza trasformatrice si arresta, proprietà privata e religione finiscono per riprodursi su nuove basi. Prodotto della rivoluzione politica, anche al di là degli scopi dei differenti attori, non è altro che la rivoluzione borghese, il cui risultato sancisce quali leggi dello Stato i rapporti fondamentali della società civile. Il dibattito sul superamento dello Stato in Marx è in parte viziato dal fatto che il giovane Marx aveva in mente lo Stato hegeliano-borghese, lo Stato politico de La questione ebraica, lo Stato che definisce democratico. Solo in seguito al sorgere dell’idea di uno Stato socialista questa problematica sarà in parte superata.
Fonte- Associazione La Città Futura- | Via dei Lucani 11, Roma | Direttore Responsabile Adriana Bernardeschi – Articolo di Renato Caputo
Ambiente e salute nel territorio del Poligono Interforze Salto di Quirra
Autore: M. Cristaldi, M. Coraddu, C. Foschi, L. Triolo
DESCRIZIONE-Dal 1956 il Poligono Interforze Salto di Quirra (PISQ) situato nella provincia dell’Ogliastra ha visto coesistere addestramento e sperimentazione militare – con conseguenti emissioni inquinanti, chimiche e fisiche –, con tradizionali attività agropastorali condotte nei territori confinanti e anche al suo interno. Gli agenti inquinanti sono molteplici e le esposizioni, multifattoriali. Nel testo sono riportati gli effetti tossicologici per l’ambiente e la salute umana di tali agenti, emessi anche in conseguenza della distruzione di armamenti obsoleti mediante brillamenti. Gli studi epidemiologici condotti sulle popolazioni esposte sono stati limitati. I risultati delle ricerche riportate nel libro sono scaturiti da un’indagine avviata nel 2011 dal Procuratore della Repubblica di Lanusei che si è avvalso delle consulenze fornite dalle ricerche sperimentali e dalle valutazioni condotte da vari esperti sui soggetti esposti nei territori del PISQ. Nel 2012 il Parlamento ha approvato la relazione della Commissione d’Inchiesta sull’inquinamento militare che prevedeva, oltre alle bonifiche e alla cessazione delle attività militari inquinanti, anche la drastica riduzione del territorio militarizzato in Sardegna. L’inchiesta della Procura di Lanusei, attraverso l’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio alcuni responsabili militari del Poligono per “omissione dolosa e aggravata di cautele contro infortuni e disastri”. Il processo di 1° grado si è concluso in data 10 novembre con l’assoluzione di tutti gli imputati “perché non c’è prova idonea che abbiano commesso il fatto contestato”
Formato 15×21 cm., 584 pagine.
Pubblicato a dicembre 2021.
INDICE
Premessa. In ricordo di Mauro Cristaldi
a cura di Angelo Baracca ed Ernesto Burgio
Prefazione
Impatto nocivo delle attività e delle sperimentazioni militari
2.1 Armi chimiche e batteriologiche – 2.2 Armi nucleari – 2.3 Basi all’estero – 2.4 La situazione in Sardegna – 2.5 Inquinamento elettromagnetico di origine militare
Il poligono Interforze Salto di Quirra (Pisq)
3.1 Inquadramento geografico – 3.2 Cenni storico-geografici sul Pisq – 3.3 Sperimentazioni ed esercitazioni effettuate nel Pisq – 3.3.1 Missili e razzi – 3.3.2 Altri armamenti – 3.3.3 Brillamento e smaltimento di ordigni – 3.3.4 – Emissioni elettromagnetiche – 3.4 Storia della «Sindrome di Quirra» attraverso le fonti note
Inquinanti chimici e fisici immessi in atmosfera, nel suolo, nelle acque e nelle matrici biologiche
4.1 Residui inquinanti di attività militari varie, in aree terrestri e marine – 4.2 Analisi delle emissioni inquinanti e della valutazione del rischio – 4.2.1 Emissioni e inquinamento atmosferico: modelli teorici – 4.2.2 Inquinamento atmosferico: dati sperimentali – 4.2.3 Inquinamento dei suoli: dati sperimentali – 4.2.4 Analisi di elementi e composti tossici in campioni minerali, vegetali e animali
Inquinamento di siti interni ed esterni al Pisq caratterizzati da specifici impatti delle attività militari
Monitoraggio elettromagnetico ambientale presso il Pisq
6.1 Strumentazioni utilizzate – 6.2 Quadro normativo – 6.3 Dati sperimentali e conclusioni
Effetti biologici
7.1 Studio della mutagenesi in situ per l’identificazione degli effetti biologici dei contaminanti ambientali – 7.1.1 Test di mutagenesi – 7.1.2 Dati sperimentali derivanti da biomonitoraggio ambientale effettuato nel Pisq – 7.2 Effetti del’inquinamento sugli ecosistemi, con particolare attenzione alla matrice faunistica – 7.2.1 Ricerche su anfibi e rettili nei pressi delle grotte Is Angurtidorgius – 7.2.2 Ricerche su micromammiferi terragnoli – 7.3 Effetti biologici delle radiazioni del radar di Capo San Lorenzo su cellule in coltura – 7.3.1 Rischio biologico – 7.3.2 Meccanismi d’azione – 7.3.3 materiali e metodi – 7.3.4 Risultati sperimentali – 7.3.5 Conclusioni – 7.4 Determinazione dei rapporti isotopici dell’uranio ed effetti biologici di radioisotopi in matrici biologiche – 7.5 Effetti biologici di nanoparticelle contenenti elementi tossici – 7.5.1 Nanoparticelle in tessuti umani – 7.6 Bioaccumulo di radioisotopi in tessuti umani
Analisi epidemiologiche
Processo in corso e commissioni di inchiesta parlamentari
9.1 Aggiornamento iter processuale – 9.2 Conclusioni delle commissioni d’inchiesta parlamentari sull’inquinamento di origine militare (Uranio impoverito e altro)
Conclusioni
Appendici
Ia) Schede tossicologichei – Ib) Valutazione degli effetti biologici del particolato – II) Valutazione della relazione peritale del prof. Mario Mariani, incaricato dal Gup Nicola Clivio – IIIa) – Sentenza dell’ufficio del Giudice per l’udienza preliminare, Tribunale di Lanusei – IIIb) – Decreto dell’ufficio del Giudice per l’udienza preliminare, Tribunale di Lanusei
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