Poesie scelte di NINA BERBEROVA, poetessa russa-Pubblicate dal blog Avamposto-Biblioteca DEA SABINA

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Poesie scelte di NINA BERBEROVA, poetessa russa-Pubblicate dal blog Avamposto-

Nina Berberova (San Pietroburgo 1901 – Philadelphia 1993) esordì come poeta giovanissima, quando ancora viveva in Russia. Emigrata prima a Berlino nel 1922, poi a Parigi nel 1923 insieme a Vladislav Chodasevič – uno dei maggiori poeti russi del Novecento –, continuò a coltivare la poesia, pubblicando però quasi esclusivamente saggi, romanzi e racconti. Solo ottantenne, dopo i riconoscimenti ottenuti dal volume di memorie Il corsivo è mio, decise di raccogliere in volume una scelta delle sue liriche composte fra il 1921 e il 1983, molte inedite, altre apparse nelle riviste russe dell’emigrazione tra gli anni Venti e i Sessanta.

NINA BERBEROVA, poetessa russa

NINA BERBEROVA
Poesie scelte

Primo frammento

 

Non può il cuore smettere di amare.

Imbrunisce il giorno, passano gli anni,

e il cuore continua la sua esistenza

e ascolta le stagioni e le acque.

Il cuore continua a vivere.

Così sulla piazza, del tutto

a sproposito continua a farci ridere

il mangiatore di spade coperto di ferite.

E il prestigiatore che

fiammeggia come una cometa

e ha la bocca bruciacchiata

rammenta a questo cuore che:

non ha la forza di smettere di amare,

vuole vivere, del tutto a sproposito,

è così fragile, così piccolo,

non respira ma trema,

e pare divenuto vecchissimo

per i naufragi e le offese,

i banchi di sabbia, i mari e le foci.

Ma il cuore continua a vivere:

non scricchiolerà sotto lo stivale,

non struggerà nel fuoco.

………………………………………………

 

 

***

 

In questa notte senza vento oppure

in questi due tranquilli giorni d’inverno,

mentre io e te non parlavamo

la mia vita si è riempita di stelle piano piano.

 

Intanto sotto la coperta ruvida della slitta

pensavo allora a un ragazzo,

il mio palmo gelava sotto il guanto

e le redini si imbrogliavano.

 

E ora guardo: nell’arco sotto i sonagli

di nuovo sussulta la terra

e i nudi campi ineguali corrono

verso di me, lembi fruscianti.

 

Pietroburgo, 1921

 

 

Cinque Gennaio

 

Con una candela accenderà mio padre

durante la cena le candele ai nostri posti,

saranno inconsueti i discorsi

e il riso, e il pesce, e il vino.

 

La mia radiosa festa alla vigilia dell’Epifania,

il mio secondo Natale –

non conosco resistenza

all’agitarsi del mio cuore.

 

Pietroburgo, 1921

 

 

P.P.M.

 

Prima del triste e difficile addio

non dire che non ci sarà altro incontro.

Ho il dono segreto e strano

di farmi da te ricordare.

 

In un altro paese, nell’esilio lontano,

un tempo, quando verrà il tempo,

ti ripeterò con un’unica allusione,

un verso, un moto della penna.

 

E tu leggi come il pensiero mi ha ridato

e le tue parole di un tempo e l’ombra,

guarda di lontano come ho trasfigurati

questo giorno o quello appena trascorso.

 

Quale altro incontro vuoi per noi?

Con un unico verso ti restituisco

i tuoi passi, inchini, sguardi, parole –

di più da te non mi è dato.

 

Berlino, 1923

 

 

***

 

Mettere ai tuoi nudi piedi tutto questo mondo terribile

dove il cantante di strada col cappello teso ci evita,

dove angeli con impermeabili consunti e laceri

vagano lungo i marciapiedi sotto una pioggia funebre.

 

Sotto una pioggia funebre, sulle pietre della città,

mettere la legge di tutte le leggi e il segreto della creazione,

tutto questo assurdo mondo pieno di luci artificiali,

dove tu e io viviamo bisbigliando i nostri desideri.

 

Sono sola al mondo e non c’è un’altra me,

sei solo al mondo e non c’è un altro te,

e in noi c’è un amore unico, amico mio caro,

fino alla morte, fino alla fine. E poi ancora dopo la morte.

 

1926

 

 

***

 

Per me questa sera è troppo chiara,

per me questo vento è troppo silenzioso,

bellissimo è solo l’orizzonte:

confine di vive acque lontane.

 

Come una cucitura tra due teli

è troppo eterno, troppo diritto,

è parte di configurazioni universali

che non ci è dato smembrare.

 

La stessa linea diritta

unisce il tuo chiaro sguardo

alla luna che sorge sulle acque,

alla stella sul crinale delle montagne.

 

E forse ancora non sappiamo

come irrevocabili si innalzino

qui dalla terra verticali

e a quelle altezze ci conducano.

 

Cannes, 1927

 

 

***

 

La beatitudine divenga pure dolore,

l’amore diventi tradimento,

della schiuma spruzzata sulla riva

solo il sale resti sulle pietre.

 

E sulla croce dell’amata tomba,

dove rodono i vermi i morti occhi,

sacrilega passi più di una volta la tempesta,

turbando il cadavere con la sua forza notturna.

 

E sia. Ma la vita voleva essere

grandiosa, femminea e limpida,

e non posso rassegnarmi e dimenticare

la sua alba profetica e bellissima.

 

Parigi, 1930

 

 

D.K.

 

Per la vita perduta volevo amare,

per la vita perduta mi è impossibile amare.

Puoi dimenticare molte cose, puoi perdonare molte cose,

ma non devi inchinarti davanti a ciò che nulla vale.

 

Non da facili successi nasce questo mio orgoglio,

per la felicità della quiete ho pagato non poco:

ché nessuno mai mi ha detto – non piangere,

e perdono non l’ho ancora detto a nessuno.

 

Al suono del flauto danza il serpente sul bastone,

una dopo l’altra cadono cieche le spighe…

Solitudine, è regale il tuo incedere,

indocilità, è alta la tua voce spietata!

 

NINA BERBEROVA, poetessa russa

 

NINA BERBEROVA Scrittrice russa naturalizzata statunitense (Pietroburgo 1901 – Filadelfia 1993). Emigrata nel 1922, solo nel 1925 si stabilì in Francia. Nella rivista dell’emigrazione russa, Poslednie novosti (“Ultime novità”), pubblicò alcune opere narrative che descrivono la realtà della periferia parigina. Al primo romanzo Poslednie i pervye (“Gli ultimi e i primi”, 1930), seguirono Povelitel´nica (1932; trad.it. La sovrana, 1996) e Bez zakata (“Senza tramonto”, 1938). Sulle Sovremennye Zapiski (“Memorie contemporanee”) intanto usciva una serie di brevi racconti (si ricorda Akkompaniatorša, 1935; trad. it. L’accompagnatrice, 1987), raccolti più tardi nel volume Oblegčenie učasti (1949; trad. it. Alleviare la sorte, 1988). Aveva intanto cominciato a dedicarsi al genere biografico, con Čajkovskij. Istorija odinokoj žizni (1936; trad. it. Il ragazzo di vetro. Čajkovskij, 1993) e Borodin (1947; trad. it. Genio e regolatezza. Aleksandr Borodin, 1993). Trasferitasi negli Stati Uniti dal 1950, insegnò letteratura russa alla Yale University e alla Princeton University. Preceduto dalla traduzione in lingua inglese (The italics are mine, 1969), nel 1972 apparve l’autobiografico Kursiv moj (trad. it. Il corsivo è mio, 1989), considerato la sua opera migliore. Nella sua produzione, che vede in primo piano un mondo femminile fatto di figure dominanti e creature succubi, si riflette il destino dell’emigrazione russa. –Fonte Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani

 

Testi selezionati da Antologia personale. Poesie 1921- 1933 (trad. di M. Calusio, Passigli, 2004)

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«Avamposto» è uno spazio di ricerca, articolato in rubriche di approfondimento, che si propone di realizzare un dialogo vivo rivolto allo studio della poesia attraverso un approccio multidisciplinare, nella consapevolezza che una pluralità di prospettive sia maggiormente capace di restituirne la valenza, senza mai sfociare in atteggiamenti statici e gerarchizzanti. Ma «Avamposto» è anche un luogo di riflessione sulla crisi del linguaggio. L’obiettivo è interrogarne le ragioni, opponendo alla tirannia dell’immediatezza – e alla sciatteria con la quale viene spesso liquidata l’esperienza del verso – un’etica dello scavo e dello sforzo (nella parola, per la parola). Tramite l’esaltazione della lentezza e del diritto alla diversità, la rivista intende suggerire un’alternativa al ritmo fagocitante e all’omologazione culturale (e linguistica) del presente, promuovendo la scoperta di autori dimenticati o ritenuti, forse a torto, marginali, provando a rileggere poeti noti (talvolta prigionieri di luoghi comuni) e a vedere cosa si muove al di là della frontiera del già detto, per accogliere voci nuove con la curiosità e l’amore che questo tempo non riesce più a esprimere. 

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