ROMA- ricerca chiesa di SANT’APOLLINARE a SELVA NERA
Roma- Municipi XIII-XIV-La chiesa di Sant’Apollinare a Selva Nera- Ricerche Archeologiche dell’Associazione Cornelia Antiqua-
Oggi una ricognizione di “Cornelia Antiqua” ha rinvenuto dei ruderi di casali nei pressi di via Cumiana, fra Selva Nera e Boccea (immagini 3-8). Poiché un rudere indica una persistenza insediativa anche assai dilatata nel tempo, è probabile che proprio in tale punto sorgesse la chiesina o cappella che nella carta di Eufrosino (ricordiamo: 1547) è indicata come Sant’Apollinare.
Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali. Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo ! Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com-Cell-3930705272-ROMA- ricerca chiesa di SANT’APOLLINARE a SELVA NERA
Il toponimo Malagrotta (“Mola Rupta”) appare per la prima volta nel 955 in un codice dei Camaldolesi: qui è annotata, infatti, la vendinta di metà di un casale di proprietà della nobile Costanza, chiamato Casa Nobula, in contrada “Mola Rupta”.
In altri documenti del periodo, derivati dall’Archivio dei Camaldolesi, si parla di altri casali presso tale “Mola Rupta”.
L’origine del nome si spiega con la presenza di un mulino in rovina presso il fiume Galeria (una “mola rupta”, appunto) presumibilmente a causa di una piena dello stesso.
In una bolla di Innocenzo IV (1249), invece, con Molarupta s’intende non un semplice sito di campagna ricco di casali, ma di un vero e proprio castrum al centro di un fondo con le chiese di S. Maria e S. Apollinare.
Giuseppe Tomassetti annota: “Ecco pertanto che il sito è cresciuto, per così dire, di grado ed è un castello. Quanto alle chiese suddette, non è questa la prima menzione di esse leggendosi [di esse] già nella bolla di Leone IX” (pontefice dal 1049 al 1054) come dipendenti dalla diocesi di Porto.
ROMA- ricerca chiesa di SANT’APOLLINARE a SELVA NERA
Abbiamo, quindi, che all’importante e vasto fondo di Mola Rupta-Malagrotta lungo il Galeria si lega il nome di Sant’Apollinare sin dalla metà dell’XI secolo.
È nella carta di Eufrosino Della Volpaia (1547; immagine 1) che ritroviamo la nostra chiesa. Coi dovuti raffronti (nell’immagine 2 una ricostruzione da google) possiamo situarla con certezza nella zona dell’attuale Selva Nera. Avendo l’accortezza di capire che il nord si trova a sinistra, possiamo intuire come la nostra Sant’Apollinare sorgesse approssimativamente lungo il fosso dell’Acquasona (segnato in azzurrino) poco prima di una grande ansa. L’Acquasona scende, appunto, da Selva Nera e si getta nel Galeria all’altezza del cosiddetto “Dazio”, dove s’incrociano via di Boccea, via Casal Selce e via della Storta.
Scrive Thomas Ashby nel saggio sulla mappa di Eufrosino:”S. Apolina(re). Quello che si vede sembra un edifizio rovinato, forse una chiesa o cappella … Doveva essere vicino al segnale Acquasona … ora però non si vedono che mattoni sparsi per terra. Credo che vi sia stato un fondo appartenente alla chiesa di S. Apollinare in Roma, che non ho potuto rintracciare”.
ROMA- ricerca chiesa di SANT’APOLLINARE a SELVA NERA
Il possibile sito ove sorgeva questa chiesa o cappella dovrebbe quindi trovarsi non distante dall’Acquasona.
Oggi una ricognizione di “Cornelia Antiqua” ha rinvenuto dei ruderi di casali nei pressi di via Cumiana, fra Selva Nera e Boccea (immagini 3-8). Poiché un rudere indica una persistenza insediativa anche assai dilatata nel tempo, è probabile che proprio in tale punto sorgesse la chiesina o cappella che nella carta di Eufrosino (ricordiamo: 1547) è indicata come Sant’Apollinare.
Poco sotto, sempre nella carta di Eufrosino (immagine 1), possiamo scorgere la scomparsa torre di Mucciafore. Questa doveva trovarsi sulla piccola altura raggiungibile da via Mezzenile, la traversa a destra di via della Storta. Il luogo è alatament probabile poiché da lì l’osservatore poteva dominare il crocicchio della Boccea (con la strada che saliva da Malagrotta) nonché il ponte sul fiume Galeria.
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Roma -Torretta di Porta Pertusa-Fotoreportage di Franco Leggeri
-Roma Municipio XIII-
-Fotoreportage di Franco Leggeri –Torretta di Porta Pertusa-
Roma -Torretta di Porta Pertusa-Fotoreportage di Franco Leggeri
Fotoreportage di Franco Leggeri Torretta di Porta Pertusa-di questa Torre che si trova a Roma ,sulla via Aurelia vicino al Vaticano di fronte all’ingresso dell’Ospedale San Carlo di Nancy, esisteva una sola foto in B/N. risalente agli anni 1940.
La storia in beve-Il Tomassetti parla di questa Torretta e la chiama “torretta nei pressi di Porta Pertusiam…(1)”. Il Tomassetti cita gli Atti Capitolini e citazioni della Camera Apostolica.
Questa Torretta è l’ultima delle torri di avvistamento della via Aurelia immediatamente a ridosso , linea d’aria (100/150 metri) dalle mura vaticane proprio di fronte a Porta Pertusa in posizione strategica sopra a Via Baldo degli Ubaldi in posizione dominante Valle Aurelia e Valle del Gelsomino-Via Gregorio VII. Dalla Torretta era possibile vedere Villa Carpegna e la Torre Rossa,oggi non più esistente ma ricordata dalla via omonima (poi è stato scoperto che Torre Rossa è in essere e pubblicherò foto e storia..).La Torretta ha una altezza di circa 7 m. La base di 3 m. circa.
La torretta si trova all’interno della Villa Pacelli in via Aurelia civ. 290 di fronte all’ospedale San Carlo . Nel 1947 Pio XII donò la villa Pacelli alla Congregazione Oblati di Maria Immacolata che ancora la possiedono , la villa è sede Generalizia della Congregazione.
Per le foto si ringrazia Monsignor Gilberto Pinon Gaytàn- Padre Generale della Congregazione Oblati di Maria Immacolata che mi ha ricevuto e mi ha permesso di scattare le foto . Per ultimo allego anche la foto in B/N del 1940-
(1)- Durante la Repubblica Romana del 1849 i francesi cercarono, ma invano, di aprirla per attaccare Garibaldi il quale aveva piazzato l’artiglieria repubblicana nei giardini vaticani.
È strutturata su tre aperture: due accessi secondari posti ai lati del portale principale, contornato da un maestoso bugnato. Attualmente è murata, e si trova su viale Vaticano, vicino alla via omonima, in corrispondenza del torrione di San Giovanni (restaurato da papa Giovanni XXIII che vi risiedette negli ultimi tempi del suo pontificato) che costituisce il baluardo sud-occidentale delle originali mura leonine.
L’epoca di edificazione, come anche per la porta Cavalleggeri, è alquanto controversa. Come l’altra, sembra dover risalire al tempo del rientro dei papi dalla cattività avignonese, quindi verso la fine del XIV secolo, quando i pontefici, di ritorno a Roma da Avignone con un consistente seguito, fissarono definitivamente la loro dimora in Vaticano (abbandonando la precedente residenza del Laterano) e le tre aperture delle mura leonine[1] si rivelarono insufficienti a soddisfare le esigenze del conseguente incremento demografico ed edilizio. Venne aperta forando le mura originarie, da cui il nome, e sembra dovesse servire solo per un utilizzo da parte della Curia e non per il traffico cittadino. Stefano Piale, basandosi sul fatto che non ne esistono menzioni precedenti all’umanista Flavio Biondo, ritiene che fu aperta dall’antipapa Giovanni XXIII, facendola quindi risalire al primo quarto del XV secolo. Di contro, potrebbe invece esserci un riferimento in un documento del 1279.
Praticamente nessuna citazione fa riferimento alla posterula situata poco oltre la porta, della quale esiste una sola testimonianza che la definisce “porta Palatii”.
Il restauro più consistente, insieme a quello dell’intero tratto occidentale di mura, sembra si possa far risalire a papa Pio IV, nel 1565, che però non vide la fine dei lavori, sebbene presso la porta sia stata apposta, in memoria, una lapide con lo stemma dalla sua casata, i Medici.
Fu probabilmente chiusa e riaperta in varie occasioni, di una sola delle quali però si ha notizia, poiché un documento del 1655 riferisce che fu aperta per l’arrivo a Roma della regina Cristina di Svezia[2].
^Dalle cronache del Gigli per l’anno 1655 apprendiamo: “La sera delli 20 Decembre arrivò a Roma la Regina alle doi hore di notte, et entrò per porta Pertusa, la quale già stava murata, et allora fu aperta per tale effetto.” (L. G.Cozzi, “Le porte di Roma”, F.Spinosi Ed., Roma, 1968 – nota 13 pag. 363)
Bibliografia
Mauro Quercioli, “Le mura e le porte di Roma”, Newton Compton, 1982
Laura G. Cozzi, “Le porte di Roma”, F. Spinosi Ed., Roma, 1968
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Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
FIUMICINO – Il Restauro del Castello di Porto
Castello di Porto
Nel 1930 l’Architetto Giuseppe Breccia Fratadocchi riceve l’incarico di restaurare il Castello di Porto presso Fiumicinoed adeguarlo alle esigenze di una nuova destinazione. La Congregazione dei Figli di Santa Maria Immacolata che lo aveva appena acquistato dalla Diocesi di Porto e Santa Rufina , Castello un tempo era la sede episcopale. L’antico Episcopio di Porto , fortificato nel XIII secolo da Papa Callisto II e nel XVI secolo da Papa Sisto IV assumendo la forma di Palazzo-Fortezza, aveva conosciuto , nel corso dei secoli, periodi di abbandono e subendo gravi danni , alternati a periodi di rinascita caratterizzati da interventi di riqualificazione e abbellimento sia nel cortile e sia nella chiesa. Al momento della vendita il Castello si presentava in grave stato di degrado e con numerosi episodici rimaneggiamenti e lavori di manutenzione provvisoria. In precedenza Papa Pio XI aveva suggerito il nome dell’Ingegner Carlo Castelli , progettista di sua fiducia, per curare il restauro. La necessità di recuperare il monumento per l’uso di un Istituto religioso a scopo educativo e con annesso appartamento riservato al Vescovo Cardinale , spinge il Cardinale Tommaso Boggiani, Vescovo della Diocesi suburbicaria di Porto, a rivolgersi al giovane allievo dell’Accademico Giovannoni. Già allora le più accreditate teorie del restauro nei casi di riuso di edifici storici auspicavano riusciti percorsi progettuali tali da garantire la vitalità stessa del monumento, in questo caso si trattava cioè di fare del Castello un “Monumento Vivente” sia pure nel rispetto di criteri fisiologici. L’Arch. Breccia segue le teorie del restauro dei monumenti già diffuse in Francia da Louis Cloquet e definite “restauri di innovazione” da Giovannoni. L’Architetto Breccia si entusiasma talmente al tema che, forte della stima del Cardinale Boggiani, costituisce una propria Impresa Edile assumendo il ruolo di progettista , Direttore dei Lavori e impresario al fine di ottenere ogni garanzia sul risultato finale . Nel novembre dello stesso anno, 1930, organizza una visita al Cantiere per il Sindacato Provinciale Fascista Ingegneri. L’esigenza di una nuova camerata proposta nel precedente studio della Diocesi con un corpo di fabbricato aggiunto ad un solo piano sul lato Sud-Ovest, ha il sapore della consueta ed estranea superfetazione la quale verrebbe a turbare l’imponente chiarezza del volume che si erige nella solitudine del paesaggio della foce del Tevere. L’Architetto Breccia opta pertanto per quella che egli considera la sola alternativa possibile: la demolizione della facciata Sud, assai modesta e di chiara fattura ottocentesca a due e tre livelli, e la ricostruzione della stessa sopraelevata di un piano ed avanzata di circa 1,8 metri dal filo della facciata precedente , cioè una soluzione in analogia con gli interventi di riallineamento ,allora frequenti, nelle riconfigurazioni urbanistiche dei centri storici . La nuova facciata, semplice, a intonaco, si caratterizza con elementi propri dell’architettura del Castello; un coronamento con merli nell’antica facciata d’origine poi nascosti dal volume ottocentesco ed il piccolo aggetto dell’ultimo piano , continuo e poggiante su mensole, elemento suggerito da un altro fronte del Castello. L’Architetto Breccia vuole evidenziare bene il nuovo volume aggiunto limitandone l’estensione e lasciando in vista , sul lato destro, il filo dell’antica facciata con una accentuata rientranza. Inoltre elimina la copertura provvisoria a due spioventi del grande torrione sulla via Portuense per sostituirla con un tetto a quattro spioventi che appoggia sulla antica merlatura ripristinata. Anche la torre mozzata dell’angolo Sud-Ovest viene liberata della copertura ad uno spiovente e e ripristinata la merlatura . Il Castello , così liberato da ogni sporadica deformazione , recupera un’immagine che si caratterizza per coerenza stilistica . Il lavoro incontrerà i più ampi consensi , ma L’Architetto Breccia dovrà rinunciare all’attività di costruttore edile , risultata troppo costosa e non compatibile con il suo carattere di appassionato Architetto. Lo stesso Cardinale Boggiani gli commissionerà poi il progetto della propria tomba da realizzarsi a Bosco Marenco (Alessandria). La Congregazione ancora nel dopoguerra si rivolgerà a lui per altri importanti lavori da eseguirsi nel palazzo romano sito in via del Mascherone.
Il Castello di PortoIl Castello di PortoAssociazione CORNELIA ANTIQUA-Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage,organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Ad Ovest di Boccea , a circa 2500 m. di distanza , dal Castello di Boccea-Laghetti dei Salici, è conservato il Casale di Testa di Lepre di sopra. Nel secolo XII il Casale apparteneva alla Basilica di Santa Maria Maggiore , alla quale il possedimento fu confermato dal Papa Celestino III nell’anno 1192. Tutta la tenuta , compreso il Casale, entrò, poi, a far parte dei beni del Patrimonio della Basilica di San Pietro. Vi subentrarono, poi, come proprietari gli Orsini e nel 1453 il Principe Francesco Orsini vendette tutta la tenuta di Testa di Lepre, insieme al Castrum dirutm (Castello di Boccea-Laghetti dei Salici) al nobile Pandolfo Anquillara.Il Casale di Testa di Lepre di sopra (Casale di Testa di Lepre di sotto si trova a circa 4 km a Sud, è invece completamente moderno), anche se notevolmente rimaneggiato, mostra ancora la caratteristica forma di Casale Torre con alta Torretta centrale incorporata in altri fabbricati.
Una Torretta doveva esistere nel posto ove è ora il Casale di Malvicino, circa 2 km a Nord di Testa di Lepre. L’esistenza della Torre è indicata in un disegno del Catasto Alessandrino di Papa Alessandro VII, in cui è raffigurata una costruzione a tre piani munita di merlatura.
Testa di Lepre e Malvicino dovevano costituire due importantissimi posti di vedetta per il controllo della via che univa i due Castelli di Boccea (Laghetti dei Salici) e di Tragliata.
Su di un picco , , circa a 5 km ad Ovest di Boccea, sorge il Castello di Tragliata ora rimaneggiato e trasformato in un Casale. Il Castello di Tragliata è ricordato sin dal tempo di papa Leone I con il nome fundus Talianum. Il fortilizio , anche se mancano i documenti a conferma , dovette probabilmente essere stato costruito contemporaneamente, coevo, a quello di Boccea (Laghetti dei Salici). Da un documento del 1201 si apprende che un certo Giacomo padrone del Castello di Tragliata:non si hanno notizie sul Casato di tal Giacomo.Alla fine del XIV secolo Tragliata , insieme al castello di Boccea, appartenevano alla famiglia dei Crescenzi. Il Castello è stato ora incorporato in un grande Casale e solo in alcuni tratti delle pareti della collina si notano avanzi di murature appartenenti alle opere di sostegno del fortilizio. (Giovanna Maria De Rossi)
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Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-
Associazione Cornelia Antiqua
CERVETERI – La Necropoli della Banditaccia-
Articolo di TATIANA CONCAS
Fotoreportage di Claudia FILIPPONI per Associazione Cornelia Antiqua
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CERVETERI (ROMA)-3 ottobre 2022-L’antica Via degli Inferi, via cava etrusca che attraversa la necropoli della Banditaccia, era stata creata per mettere in comunicazione l’abitato di Caere (Cerveteri), con la sua immensa Necropoli. In questo modo si univa il regno dei vivi con quello dei morti, separati dalla valle del Fosso del Manganello.
La via consiste in una tagliata etrusca totalmente ricavata nel banco tufaceo, corredata da numerosissime tombe scavate a varie altezze.
L’ampio pianoro tufaceo deriva dalle eruzioni del Vulcano Sabatino, situato a nord ovest di Roma, la cui attività iniziò circa 600.000 anni fa.
Il deposito ignimbritico, prodotto dalla colata piroclastica, fu tagliato interamente a mano dagli Etruschi, mediante l’utilizzo di picconi e cunei di legno.
Tutto quello che vediamo oggi quindi, non è stato costruito, ma scavato nel tufo!
A partire da luglio 2004 la necropoli della Banditaccia è entrata a far parte della lista dei siti patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
Articolo di Tatiana CONCAS-Associazione CORNELIA ANTIQUA-
Si ringrazia Claudia FILIPPONI per le splendide foto
Tatiana Concas-Associazione CORNELIA ANTIQUAFotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Fotoreportage di Claudia FILIPPONI – La Necropoli della Banditaccia-Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
La nave romana “LIBURNA”: Un capolavoro da salvare
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Articolo e foto di Tatiana CONCAS
FIUMICINO (Roma)- ISOLA SACRA–27 ottobre 2022-Oggi,noi dell’associazione Cornelia Antiqua, ci siamo recati nel quartiere Isola Sacra di Fiumicino per visitare il cantiere navale dove è in costruzione la “Liburna” e, finalmente, conoscere i Maestri d’ascia impegnati in questa Opera navale , unica al mondo.
La Liburna rappresenta una ricostruzione fedele, a grandezza naturale, di una veloce nave romana da guerra del primo secolo dopo Cristo, di cui attualmente non esistono resti archeologici rinvenuti (ad eccezione di alcuni rostri, armamenti, anfore, ecc.), in quanto solitamente, tali imbarcazioni affondano nel mare.
L’Opera è stata realizzata, esclusivamente, grazie alla passione e all’abilità della famiglia Carmosini (l’ultima famiglia di Maestri d’ascia del Lazio e della Toscana), assieme ai fedeli amici ed aiutanti, Mino Cuccuru e Giuseppe Barucca.
L’impresa ebbe inizio circa 24 anni fa, grazie al progetto del defunto maestro Francesco Carmosini (padre di Oscar), che sognava di realizzare questa grande ricostruzione della nave romana sin dalla sua giovane età.
I lavori, inizialmente intrapresi senza alcun aiuto economico, furono sovvenzionati alcuni anni fa, grazie ad un piccolo finanziamento dalla Provincia di Roma, ma, ahimè, purtroppo questo contributo non fu sufficiente per acquistare il materiale necessario per completare l’Opera.
La Liburna ,infatti, misura ben 35 metri di lunghezza, 9 di altezza e 12 di larghezza.
La Liburna è stata costruita studiando ed applicando, il più fedelmente possibile, la tecnica e i materiali che venivano utilizzati all’epoca (come i sistemi di incastro e l’ossatura dell’impalcatura) e, quindi, sarebbe perfettamente in grado anche di navigare.
La Liburna è un capolavoro studiato ed apprezzato da molti ricercatori ed Università italiane e straniere, essa costituisce un’importante testimonianza storica dell’antico sistema navale ,portuale – logistico della Roma imperiale.
Nonostante ciò, per mancanza di fondi, la Liburna è ancora incompleta ma, non essendo munita di un’apposita copertura, risulta esposta alle intemperie, che stanno, impietosamente, provocando il degrado del materiale impiegato il quale, per la maggior parte , è legno pregiato.
Proprio per tale motivo il Comitato Promotore SAIFO (Sistema Archeo-ambientale Integrato Fiumicino Ostia), insieme al suo portavoce, il consigliere Raffaele Megna, si stanno prodigando al fine di reperire le risorse necessarie per completare, tutelare e rendere fruibile quest’Opera a tutta la collettività.
A breve, infatti, prenderà il via un vasto crowdfunding (una grande raccolta fondi internazionale), che avrà come obiettivo, oltre alla conclusione dei lavori, anche la musealizzazione dell’Opera.
La Liburna , ad Opera ultimata, era destinata al “Museo delle Navi”, nei pressi dell’Aeroporto Internazionale “Leonardo da Vinci” di Fiumicino, ma ,per questioni logistiche ed economiche, è stato sviluppato un nuovo progetto di esposizione e valorizzazione della nave romana.
A breve sarà firmata la concessione dell’area e del giardino pubblico limitrofo (ora in stato di abbandono) che verrà lasciata in gestione a SAIFO (Sistema Archeo-ambientale Integrato Fiumicino Ostia) da parte della Regione Lazio.
Questo nuovo progetto prevede di lasciare la Liburna, posizionandola meglio, all’interno dell’area “cantiere” in cui attualmente si trova e proteggendola con una copertura idonea .
Con questa Idea-Progetto sarà possibile creare un Museo proprio a ridosso delle case popolari e la presenza della Liburna costituirà un importante “Polo Culturale” per il Quartiere Isola Sacra di Fiumicino.
Articolo e foto di Tatiana CONCAS-Associazione CORNELIA ANTIQUA
Tatiana CONCAS-Associazione CORNELIA ANTIQUAnave romana “LIBURNA”nave romana “LIBURNA”nave romana “LIBURNA”nave romana “LIBURNA”nave romana “LIBURNA”nave romana “LIBURNA”Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali. Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo ! Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com- Cell-3930705272-nave romana “LIBURNA”nave romana “LIBURNA”
Biblioteca DEA SABINA-Associazione Cornelia Antiqua
-ROMA -Municipio XIII-
-CASTEL di GUIDO -Prima della Storia “il Paleolitico” –
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo-Biffacciali in osso(1/2 grandezza naturale)
-Riassunto –
In questa Ottava Campagna di scavo sono stati scoperchiati 70 mq della superficie frequentata dall’Uomo durante il Paleolitico inferiore ed i risultati conseguiti sostanzialmente non modificano quanto era stato notato in precedenza.-(Atti Soc. Tosc. Sci.Nat.,Mem.,Seria A,95 (1988)-
Abstract – The eight excavation at the Palaeolithic site 01 Castel di Guido. This excavation brought to light 70 p/m of an area which was frequented by human beings during the Lower Palaeolithic. The results of such an excavation do not alter what was previously pointed aut.
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo-Biffacciali in osso(1/2 grandezza naturale)
Nel mese di settembre del 1988 ha avuto luogo l’ottava campagna di scavo nella stazione del paleolitico inferiore sita a Castel di Guido, a circa venti km da Roma sulla Via Aurelia. Hanno preso parte a questa campagna di scavo il tecnico del Dipartimento di Scienze Archeologiche Ivano Bigini, una decina di studenti dell’Università di Pisa e di Roma, alcuni membri dell’Archeo-Club pisano e il geologo Dott. Giovanni Boschian di Trieste.
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo-Particolare di un clasto di tufo giacente sulla Tufite.
Si è proceduto con gli operai ad asportare, su un’area di 70 mq, il deposito a tufite in direzione della presumibile testata della vallecola, tufite che copriva per circa un metro di spessore la superficie di calpestio dell’uomo del paleolitico inferiore. Questa tufite, nella campagna precedente non era stata asportata con i mezzi meccanici perché conteneva parte di almeno due carcasse di elefante antico, i cui resti erano disposti caoticamente, generalmente in posi-zione inclinata ; si rinvennero pure alcune zanne che con un’estremità arrivavano a contatto con la formazione a sabbia che costituisce, come noto, il piano di calpestio dei cacciatori del paleolitico inferiore.Lungo la zona situata alla base della parete est del deposito era- no presenti numerosi grossi clasti di tufo a scorie nere, alcuni giacenti direttamente sulla sabbia, al di sopra di uno stradello di tufite e infine alcuni sovrapposti. Questo fatto lascia adito all’ipotesi che l’alto morfologico naturale non debba distare molto dalla superficie di scavo ed inoltre dopo la formazione della valle per sgretolamento in diversi momenti del tufo, si sia avuta la deposizione di detti clasti sino alla copertura del deposito con la tufite la quale avrebbe trascinato gli ultimi frammenti di tufo che troviamo sovrapposti. In questa parte dello scavo vi sono scarsi i reperti lasciati dall’uomo che, pur giacendo direttamente sopra la sabbia, erano contenuti in una formazione di circa cinque cm di spessore, costituita da sabbie più o meno “ferrettizzate” e da minuti clasti lacustri, condizione di giacitura questa, per la quale si potrebbero anche avanzare alcune ipotesi. Allo stato attuale della ricerca preferisco, però, attendere lo scoperchiamento completo dell’alto sul lato est, che certamente porterà dati utili per l’interpretazione di questa situazione caotica rispetto alla regolare sedimentazione che si nota nella parte centrale e comunque distante dai due alti morfo- logici che delimitano ad est e ad ovest la vallecola. La superficie a sabbia presenta una lieve inclinazione, che era già stata notata nella campagna precedente (MALLEGNI et alii, 1986), da sud verso nord- est dove si nota una faglia inversa che ha determinato uno scalino di circa venti cm nella formazione a sabbia.
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo-Clasti di tufo alla base dell’alto morfologico Est.
I dati emersi da questa ottava campagna di scavo nulla aggiungono, di nuovo, a quanto era stato rilevato con gli scavi del 1985 in merito al meccanismo di deposizione dei resti lasciati dall’uomo e precisamente «l’aspetto del giacimento quale noi lo conosciamo è in realtà l’assetto finale risultato di una dinamica evolutiva dipendente da un processo erosivo differenziale continuato; questo ha mantenuto esiguo lo spessore del giacimento asportando i materiali più sottili, sabbiosi, distruggendone altri, e provocando magari a più riprese il disseppellimento degli oggetti più grossolani. Questo processo avrebbe avuto come risultato una sorta di «compressione» dello spessore del giacimento: oggetti cronologicamente differenti, anche se culturalmente omogenei, verrebbero oggi a trovarsi affiancati; si potrebbe così spiegare la grande variabilità nell’aspetto superficiale»(PITTI et alii, 1986). Infatti, come già si è detto nelle precedenti Comunicazioni, (LONGO et alii, 1981; FORNACIARI et alii, 1982; PITTI et ahi, 1983, 1984, 1986; RADMILLI, 1985), spesso si rinvengono nei frammenti ossei e negli strumenti ricavati da osso caratteri superficiali completamente diversi che vanno da una patina molto fresca ad una patina che denota un alto grado di alterazione chimica. È verisimile, però, che l’alterazione chimica sia soprattutto dovuta al “percolato”, nel tempo, delle acque che attraversarono la tufite che ricoprì la superficie frequentata dall’uomo, anziché al fattore tempo, perché anche se non siamo in grado di valutare quanto a lungo la valle sia stata un luogo, seppure stagionale, di sosta dei cacciatori paleolitici è, altresì ,probabile che questo sito non sia stato frequentato per millenni.
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo-Superficie di calpestio con i resti lasciati dall’Uomo
Le caratteristiche fisiche superficiali degli oggetti avevano fatto dubitare, inizialmente, della loro posizione in sito, quindi, si è avuto il modo di accertare, data la vasta area finora scavata, che i reperti, siano essi manufatti o frammenti ossei, sono depositati direttamente sulla formazione a sabbia, cioè sulla superficie di calpestio dei cacciatori del paleolitico inferiore, che hanno una posizione orizzontale, in alcuni casi le ossa sono in connessione anatomica. Inoltre è molto significativo il fatto che ,spesso, gli strumenti ed i ciottoli calcarei sono stati rinvenuti in un’area ristretta. L’assenza degli scarti di lavorazione viene a documentare, come già si è detto (RADMILLI, 1985),che siamo in presenza di una stazione usata dai cacciatori paleolitici come luogo per la macellazione degli animali e ciò, fra l’altro, si rileva da alcune ossa che presentano i caratteristici segni dovuti alla macellazione, oltre al fatto che, per la posizione che occupavano nell’animale vivente, le ossa finora rinvenute vengono a documentare una selezione, ad opera dell’uomo, di parti dell’animale abbattuto che, staccate dal corpo, venivano portate nell’«accampamento».
Questa situazione, si capisce, non esclude la possibilità che alcune delle ossa provengano dalla tufite soprastante che aveva trascinato quanto rinveniva nel suo movimento, ivi compresi i resti ossei ed i manufatti, culturalmente omogenei a quelli della nostra stazione, che erano presenti sulla superficie soprastante la nostra valle. Infatti, anche se con una percentuale minima (2%) (controllabile perché su di ogni reperto è stato posto un segno distintivo della sua giacitura) la posizione verticale o inclinata, la giacitura seppure su un sottile velo di tufite di alcune ossa e manufatti, la posizione di alcune zanne di elefante che furono trovate al di sopra di alcune ossa più piccole direttamente a contatto con la sabbia, sono tutte prove della provenienza di alcuni oggetti dalla tufite.
Ma da questa situazione al dire, com’è stato detto agli studenti da un mio amico geologo “Quaternarista”, che la tufite è paragonabile alla pasta di una torta nella quale i pinoli vanno sempre a fondo (non i pinoli, in realtà, ma l’uvetta) e pertanto non si tratta di una giacitura primaria dei reperti poggianti sulla formazione a sabbia, bensì della loro provenienza dalla tufite è se non altro azzardato, perché il nostro geologo «ghiottone» visitò lo scavo quando i reperti erano stati asportati e pertanto non ha avuto il modo di accertare le condizioni della loro giacitura, ché ,altrimenti, avrebbe certamente emesso un altro giudizio, non lasciando, così, nell’incertezza alcuni studenti e purtroppo anche alcuni dei miei collaboratori.
Lo scavo ha restituito cinquecento settantuno reperti tra frammenti ossei e manufatti e questi ultimi costituiscono il 10% sul totale degli oggetti rinvenuti. Le ossa appartengono in prevalenza ad un elefante antico, quindi, al bove primigenio, al cavallo ed a rari cervi, cioè a specie la cui presenza, con le stesse percentuali, era stata notata già nelle precedenti campagne di scavo. I reperti provenienti dalla tufite sono rappresentati, per la loro caratteristica deposizione, da due zanne di elefante, da un frammento di cranio e una mandibola ,sempre di elefante, da due frammenti ossei di Bos e da tre manufatti. Tutti gli altri oggetti sono in sito.
Nella categoria degli strumenti sono presenti manufatti su calcare selcioso, su selce, questi ultimi generalmente di piccole e piccolissime dimensioni quali un bifacciale di selce il cui asse maggiore è di 4,4 cm, e su osso. Per la lavorazione degli strumenti su osso venivano usati “scheggioni” staccati da ossa lunghe di elefante ed in due bifacciali il tallone laterale presenta le tipiche caratteristiche della tecnica del distacco di tipo clactoniano. Quest’anno sono stati rinvenuti cinque bifacciali, di cui quattro con patina fresca, ed il quinto con superficie alterata per azione chimica. Mentre nei bifacciali su osso, che erano stati rinvenuti nelle precedenti campagne di scavo, era sempre presente il tallone conservato, quest’anno, invece, due esemplari presentano il tallone asportato mediante distacco di schegge ed in tutte e cinque gli esemplari la lavorazione conferisce loro un profilo lievemente sinuoso (Fig. 3). Abbiamo così ancora una volta la prova che per avere una conoscenza quanto più vicina alla realtà sulle caratteristiche della tipologia e della tecnologia dei manufatti necessita scavare su un’area quanto più vasta possibile. I bifacciali finora rinvenuti a Castel di Guido, sia quelli su osso, che quelli su calcare selcioso rientrerebbero, per la tecnica di lavorazione, nell’acheuleano medio ma oggi noi sappiamo, soprattutto dopo lo studio dell’industria acheuleana di Torre in Pietra come per la distinzione in acheuleano antico, medio e superiore o evoluto non siano sufficienti le sole caratteristiche tecnologiche e tipologiche, perché proprio a Torre in Pietra sono stati trovati associati bifacciali che per la loro tecnica di lavorazione apparterrebbero sia all’acheuleano medio che a quello superiore.
Fra gli strumenti ossei sono presenti alcuni che hanno un ritocco molto scadente lungo uno dei margini e alcuni esemplari confermano il distacco delle schegge dalla diafisi mediante la tecnica clactoniana. Nell’industria litica, oltre ai consueti ciottoli non lavo- rati, alcuni di siltite, e quindi in cattivo stato di conservazione, sono stati trovati una ventina di strumenti ricavati da piccoli ciottoli, per la cui definizione tipologica mi sembra necessario sia opportuno ultimare lo scavo e avere così una visione completa di questa «micro industria» che sappiamo accompagnare i “macro strumenti” in alcune industrie del paleolitico inferiore. Sono stati, inoltre, rinvenuti alcuni ciottoli rotti a metà lungo l’asse minore, un chopper, un chop – ping tool, quattro ciottoli con ritocco lungo un margine ed un bifacciale su calcare selcioso. Un altro esemplare proviene dalla tufite soprastante . Anche quest’anno, come nelle campagne precedenti, alcuni brevi tratti della superficie di calpestio erano privi di reperti ed il significato di questa assenza probabilmente si potrà conoscere a scavo e studio ultimati.
Castel di Guido- Ottava Campagna di scavo-Resti ossei contenuti nella Tufite.
BIBLIOGRAFIA
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PITTI C., RAOMILLI A.M. (1986) – Sesta campagna di scavo nella stazione del Paleolitico inferiore a Castel di Guido presso Roma. Atti Soc. Tosc. SCo Nat., Mem., Ser. A, 92, 339-350.
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MALLEGNI F., RAOMILLI A.M. (1988) – Human temporal bone from the lower Palaeolithic site of Castel di Guido, near Rome, Italy. Am. lourn. Phys. Anthrop., 76, 175-) 82.
(ms. preso il 15 dicembre 1988; ult. bozze il 31 dicembre 1988)
Ricerca Bibliografica e documentazione a cura di Franco Leggeri per l’Associazione Cornelia Antiqua
Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”
ROMA MUNICIPIO XIII-Tenuta di ACQUAFREDDA-Tomba etrusca del VII sec. a.C.
All´interno della tenuta Acquafredda la presenza dell´uomo risale alla Preistoria. Molto probabilmente vi è stata la presenza degli Etruschi: si sta infatti studiando una grotta che, presumibilmente, è una tomba rupestre ipogea. La presunta tomba è scavata nel tufo ed è costituita da un camerone iniziale, sorretto da un grande pilastro di tufo, da cui parte un lungo corridoio, ai cui lati si aprono a coppia, in forma simmetrica, quattro cappelle laterali. I contadini l´hanno sempre chiamata la “grotta”, ma la struttura è quella di una tomba etrusca del VII secolo a.C.
Fonte e bibliografia-Franco Leggeri- Monografia TORRI SEGNALETICHE –TORRI SARACENE- della Campagna Romana Edizione DEA SABINA- Giuseppe e Francesco Tomassetti -LA CAMPAGNA ROMANA- sito web WWW.ABCVOX.INFO-Il Suburbio di Roma-GAR-XVIII Circoscrizione – Associazione SestoAcuto-TENUTA DELL’ACQUAFREDDA- MURA LEONINE- INVASIONI BARBARE- Thomas Ashby-Biblioteche private-Biblioteca Nazionale-Fonti e Memorie-dell’Agro Romano- Catasto di Pio VI-
Foto originali di Franco Leggeri per Associazione Cornelia Antiqua-
Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Associazione CORNELIA ANTIQUA-Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Torre dell’ACQUAFREDDARoma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
CARTOLINE DALL’INFERNO-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia.
Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia
Castel di Guido-12 marzo 2022-Il Casale della Bottaccia è, risulta, in stato di abbandono già dal 1964, come documentato da una foto in possesso della soprintendenza dei BB.CC.; in tale foto si vede anche la presenza di alcuni infissi e dei tetti oggi tutti crollati e del fienile di cui oggi rimane solo la parte basamentale.
Nel 1992 i tetti sono mancanti in alcune parti del fabbricato come si vede dalla foto in “Elisabetta Carnabuci, Antiche Strade – Lazio- Via Aurelia, I.P.Z.S., Roma 1992”; dalla quale si nota anche come a quel tempo le aperture non fossero ancora state murate e la tettoia all’ingresso fosse ancora in piedi. Nello stesso volume si afferma che la proprietà sembra essere ancora della famiglia Pamphili.
Oggi (2018) dopo appelli ,anche d’ITALIA NOSTRA, e tante promesse di politici in cerca di voti, il Sito Archeologico Casale della Bottaccia è ancora in stato di abbandono , di degrado e regno incontrastato della prostituzione.
-Associazione CORNELIA ANTIQUA-
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CARTOLINE DALL’INFERNO-Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della Bottaccia.
Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaCastel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaAssociazione CORNELIA ANTIQUA– Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. 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CASTEL DI GUIDO Palio del 1988CASTEL DI GUIDO- IL PALIO DELLA MEZZA LUNA
ROMA MUNICIPIO XIII-Associazione CORNELIA ANTIQUA-
CASTEL DI GUIDO- IL PALIO DELLA MEZZA LUNA.
La Storia-
Il Gran Visir di Tunisi , Sultano dell’Islam, era il più potente in armi sul Mediterraneo nel sec. IX. Il Gran Visir, dopo aver occupato la Sicilia, progetta la conquista di Roma per tentare di “islamizzare” tutte le popolazioni cristiane. Siamo nell’anno 846; gli eredi di Carlo Magno si stavano “dividendo” l’Europa centrale. L’Italia, in particolare Roma, non aveva difese militari, navali e terrestri , che potessero far fronte alla potentissima armata islamica. Il progetto del Gran visir è diventa operativo nell’agosto dell’846. In quell’offensiva viene occupata e distrutta la città di Porto Romano, sede vescovile sin dal 221 .
Le armate saracene risalirono il Tevere e saccheggiarono e incendiarono la Basilica di San Paolo anche se i romani opposero una strenua difesa come nel Liber Pontificalis. I Saraceni si
Insediarono a Roma occupando saccheggiando la Basilica vaticana asportando tra le altre cose anche l’Altare ricoperto da una lamina in oro. Papa Sergio II, non potendo fare appello né ai Principi Carolingi e né al Duca di Napoli anch’egli alle prese con l’invasione saracena , il Papa invocò l’intervento del Duca Guido I di Spoleto. Guido rispose all’appello di Papa Sergio II e intervenne , con una efficientissima cavalleria, nella città di Roma liberandola dai Saraceni.
Le truppe saracene non potendo fuggire per via Tevere si riversarono sulla via Aurelia . Sulle colline di Lorium Guido da Spoleto, dopo aspra battaglia, ebbe ragione dei saraceni . Per la vittoria di Lorium fu determinante il contributo dei militi rurali meglio conosciti e ricordati “milizie di campagna” che presidiavano la domus-culta ora Castel di Guido. Il racconto della battaglia si legge negli “Annales” di Prudence di Troyes:” Guy, margrave de Spolète accourt l’appel du Pape avec le concours des Romains il
Castel di Guido-chiesa dello SPIRITO SANTO
remporte une grande victoire sur les mecreants, battus par les milicies de la campanie romaine”-( Guido, margave di Spoleto, accorse all’appello del Papa Sergio II e con il concorso dei Romani riporta una grande sui miscredenti, battuti con l’aiuto delle milizie della Campagna Romana). Lorium, infatti, oltre ad essere sede vescovile di una Diocesi minore, era anche una delle più importanti “ Domus-Cultae” (Aziende Agrarie Pilota); queste Aziende erano state istituite circa cento anni prima da Papa Zaccaria con il fine di sostituire, rimpiazzare , le mancate forniture di grano proveniente dalla Sicilia verso Roma essendo l’isola divenuta dominio saraceno e, quindi, non esportava più il grano verso la capitale del cristianesimo. La Domus-Culta godeva per la sua importanza strategica , fornitura di grano a Roma, di una forte ed agguerrita guarnigione di “MILITI-RURALI”, che oltre alla custodia delle culture e degli allevamenti , in caso di bisogno, divenivano guerrieri audaci nel respingere gli attacchi di possibili invasori. Ricordiamo che le invasione saracene diedero origine alla costruzione delle
Casale della Bottaccia
torri semaforiche di segnalazione, a Castel di Guido è in essere, anche se mal ridotta, la TORRE DELLA BOTTACCIA della cui storia avremo modo di parlare.Il clamore della vittoria conseguita da Guido da Spoleto e dalla guarnigio dei Militi-Rurali sollevò il popolo romano dal “terrore saraceno” che da quel giorno presero a chiamare le colline di Lorium con il titolo di Castrum Guidi, in omaggio al Duca di Spoleto, lasciando nell’oblio l’antico nome romano di Lorium. A conferma di questa ricostruzione e tesi storica che l’occupazione saracena dell’846 palesava il progetto di “islamizzazione” , se l’operazione militare fosse riuscita, del cuore stesso della cristianità sta il ripetuto tentativo d’invasione perpetrato dagli islamici , appena tre anni dopo nell’849 , fermato nella famosa battaglia navale ricordata con il nome di Battaglia di Ostia. In quegli anni Papa Leone IV costruì, a difesa del Vaticano, le famose Mura Leonine e stipulò un “Patto marinaro” per la difesa delle coste con le città di Gaeta, Napoli ed Amalfi e fu così stroncato il progetto di invasione saracena di Roma.
Casale della Bottaccia
Comunque da quel momento iniziarono le incursioni piratesche sulle coste laziali che si protrassero per secoli . Queste incursioni piratesche distrussero il territorio della maremma e determinarono il trasferimento delle popolazioni dalle coste alle zone interne .I nuovi insediamenti diedero vita ai numerosi Borghi che furono edificati negli 900 e 1000.
S.E. Cardinale AGOSTINO CASAROLI al Palio edizione del 1988-
IL PALIO-
Dal 1984, quando la minaccia di distruzione del nostro territorio sembrava incombente per un insano progetto di deturpazione e di degrado, alcuni appassionati della difesa paesaggistica e conoscitori ed estimatori della Storia di questi luoghi, LORIUM e CASTEL DI GUIDO, riuniti nella Cooperativa Portuensis , rievocando la storia dell’antica e mitica battagli di Lorium, la più sconosciuta , ma di fatto la più autentica LIBERAZIONE di ROMA, diedero vita, idearono e realizzarono, alla manifestazione folkloristica del
Castel di Guido-La TORRE DELLA BOTTACCIA
PALIO della MEZZALUNA. Nel 1984 furono le contrade minuscole dell’antica Lorium, Castel di Guido, a celebrare e rievocare l’evento storico. Le Contrare che parteciparono alla manifestazione furono: CASTELLO,BOTTACCIA, PONTE ARRONE, MURATELLA. Negli anni successivi la partecipazione fu allargata ad altre otto Contrade, questo per ricordare che tutti i cavalieri della Campagna Romana “MILITI-RURALI”, accorsero alla difesa di Roma e della cristianità . Il Comune di Roma dopo anni di partecipazione con il Gonfalone e le Rappresentanze ha voluto dare al Palio della Mezza Luna il massimo riconoscimento , abbinando la manifestazione e alla gara cavalleresca dei nostri Butteri, degni eredi degli antichi Cavalieri , la Lotteria nazionale “Città di Roma”.
Castel di Guido-Il giovane Buttero DOMENICO FRACARELLI
Si auspicava l’adesione alla manifestazione di tutti gli antichi Borghi medievali della Diocesi di Porto e Santa Rufina: Porto Romano, Santa Marinella, Cerveteri, Bracciano, Riano Flaminio, Castelnuovo di Porto, Sasso, Castel San Giuliano, La Storta, Cesano, Isola Farnese, Isola Sacra, Formello , Sacrofano, Borghi che sono il cuore dell’antica civiltà della Maremma Portuense.
On. Mario BACCINI
Trascrizione del testo del Libro dell’On. MARIO BACCINI.
Dall’antico Agro Portuense all’Area Metropolitana di Roma-Ovest (Libro Bianco di Mario Baccini)
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