Guido I Duca di Spoleto e Camerino-Palio dei Fontanili del Borgo Testa di Lepre
-AMARCORD-
Borgo Testa di Lepre-IL PALIO DEI FONTANILI – Guido da Spoleto e l’importanza della MILIZIA DI CAMPAGNA- Piccola ricerca storica per la ProLoco di Testa di Lepre-
Articolo di Franco Leggeri
Testa di Lepre- 12 luglio 2018- Guido da Spoleto e l’importanza della MILIZIA DI CAMPAGNA-
Ricerca Storica, di larga massima, sull’impiego delle Milizie della Campagna Romana-Milizie Rusticane. I fatti narrati avvennero nell’anno 846 d.C.
E’ a Lorium, nella Valle dell’Arrone zona fontanile di MezzaLuna e laghetti di MezzaLuna è intitolata una delle battaglie dimenticate dell’ antichità. Qui nell’ 846 d.C. i saraceni venivano sconfitti da “milizie della Campagna Romana” (come le definisce lo storico francese Prudenzio da Troyes)
Tra i vari documenti che ho consultato, il più esaustivo è stato quello che ho trovato scritto negli annali di Prudence de Troyes dove si legge testualmente:” Guy, magravede Spolète accurt l’appel du Pape Sergio II avec le concurs des Romaines il reporte une grande victoire sur les mecreants, battus par les milicies de la campanie romaine”.
Traduzione di Franco Leggeri: “ Guido, margrave di Spoleto, accorse all’appello del Papa Sergio II , e con il concorso dei Romani riporta una grande vittoria sui miscredenti, battuti con l’aiuto determinante delle Milizie della Campagna Romana-Milizie Rusticane”.
Guido I Duca di Spoleto e Camerino-Palio dei Fontanili del Borgo Testa di Lepre
La vittoria suscitò ammirazione tra i Romani che iniziarono a chiamare questi luoghi Castrum Guidi, in ossequio a Guido I Duca di Spoleto e Camerino, quindi è questa l’origine del nome CASTEL di GUIDO. E a memoria del fatto che questa fu zona di pirateria restano le torri di avvistamento sparse nella campagna , denominate TORRI SARACENE-
La ProLoco di Testa di Lepre organizza il Primo Palio dei Fontanile al fine di rievocare la vittoria sui saraceni da parte delle Milizie contadine della Campagna Romana guidate da GUIDO I Duca di Spoleto e Camerino.
P.S. Voglio aggiungere una nota sull’impiego e importanza della MILIZIA CONTADINA-
La battaglia del Fiume TREBBIA. Dell’889 d.C. tra Berengario e Guido II da Spoleto –
Trascrivo la cronaca della seconda giornata, della guerra tra Berengario e Guido da Spoleto si legge testualmente Guerra del TREBBIA del’889 d.C:” Dopo una tregua, nella quale Guido poté rifare più numeroso e potente il suo esercito. La seconda giornata fu combattuta sul fiume Trebbia: stavano per Guido cinquecento fanti francesi capitanati da Ascanio di lui fratello, seicento cavalli sotto gli ordini di un Guaisino e di un Uberto, una schiera di giovani toscani, mille fanti di Camerino, cento pedoni guidati da un Alberico: un Ranieri guidava un’altra banda , trecento corazze un Guglielmo, e altre trecento un Ubaldo: seguivano parecchie migliaia di uomini di campagna( MILIZIA DI CAMPAGNA) più usati ,avvezzi, all’aratro che alle armi.Anche Berengario aveva con se tremila Friulani capitanati da Gualfredo, a cui aveva ceduto o promesso il marchesato del Friuli, mille e cinquecento corazze guidate da Unroco, mille e duecento cavalli tedeschi, altri cinquecento cavalli sotto gli ordini di un Alberico e una forte schiera di fanti e milizie rusticane.
Il figlio di Guido I, Guido II aveva imparato dal padre l’importanza della Milizia di Campagna per vincere le battaglie come dimostra la cronaca sopra riportata.
Articolo di Franco Leggeri
Borgo Testa di Lepre-Fiumicino -ROMA
NOTA IMPORTANTE Questo è un post per la pagina facebook CAMPAGNA ROMANA, quindi, non è esaustivo, analiticamente, storicamente, ma la ricerca più articolata e analitica la consegnerò alla ProLoco di Testa di Lepre.
N.B.Foto di Franco Leggeri- Le foto sono a disposizione di TUTTI e libere .
Altre foto sono su Facebook-CAMPAGNA ROMANA BENE COMUNE
Luca Calderoni Presidente della Proloco Testa di LepreBorgo Testa di Lepre-Bandiere del Palio dei FontaniliBorgo Testa di Lepre-Bandiere del Palio dei FontaniliBorgo Testa di Lepre-Bandiere del Palio dei FontaniliMaria Rita RASTELLI Segretaria della ProLoco del Borgo TESTA di LEPREBorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMABorgo Testa di Lepre-IL PALIO DEI FONTANILIBorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMABorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMABorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMABorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMABorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMABorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMALuca Calderoni Presidente della Proloco Testa di LepreVicePresidente Proloco di Testa di Lepre ,Luigi ContiLogo Proloco Testa di LepreBorgo Testa di LepreBorgo Testa di LepreBorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMABorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMABorgo Testa di Lepre Comune di Fiumicino -ROMABorgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–Borgo Testa di Lepre-” IL PALIO DEI FONTANILI “–
Proloco del Borgo di Testa di Lepre- il 14 ottobre 2018 avrà luogo la Cerimonia del Premio CAMPAGNA ROMANA.
Testa di Lepre 10 ottobre 2018- La cerimonia della consegna delle targhe del Premio CAMPAGNA ROMANA 2018 si svolgerà al bivio di Fregene-località Testa di Lepre- via Aurelia –Coop.della Carne di Testa di Lepre il 14 ottobre 2018 dalle ore 14:00 sino alle ore 16:00.
Luigino Milani e Marco Procaccini, nostri concittadini, svolgeranno le funzioni di “padroni di casa” accogliendo i Premiati e le Autorità presenti . Luigino e Marco per ogni Premiato leggeranno le motivazioni del premio assegnato.
Lo scopo principale del Premio è di evidenziare i valori di fratellanza e il Bene Comune tra i Cittadini del Borgo di Testa di Lepre. I premiati sono Cittadini che hanno dato lustro e valenza culturale , con le loro Opere ed il loro Lavoro , alla nostra terra. Con questo Premio il nostro Borgo vuole essere non più “terra di confine”, ma parte attiva del Comune di Fiumicino. L’energia della Proloco non è esaurita con il Palio dei Fontanili e con Premio” CAMPAGNA ROMANA”. Dopo questo evento del Premio, giunto alla sua quarta edizione , daremo vita e “consistenza” ad altre iniziative.
Nell’effervescenza e sublime “contesto” di bellezza e di Cultura che è la Campagna Romana, la Proloco, con le pur poche risorse finanziarie, proverà ad essere, anche se in piccolo ,promotore ed attrattore culturale del Borgo di Testa di Lepre ormai conosciuto come la “Perla della Campagna Romana”.
Proloco Testa di LepreLUCA CALDEROLI Presidente Proloco TESTA di LEPREVicePresidente Proloco di Testa di Lepre ,Luigi ContiMaria Rita RASTELLI Segretaria della ProLoco del Borgo TESTA di LEPRE-Fiumicino-ROMALuca Calderoni e Luigi Conti Presidente e Vice-Presidente Proloco TESTA di LEPRELogo Proloco Testa di Lepre
Brucia. Brucia il peccato. Brucia il lusso. Brucia il vizio. Brucia il demonio. Brucia la depravazione. Brucia la perdizione.
Brucia la febbre di conquista, nel volto di Girolamo Savonarola (1452-1498): il rivoluzionario, il moralizzatore, il profeta dei Piagnoni.
Le fiamme illuminano i suoi occhi spiritati, quasi in estasi di fronte a quello spettacolo di purificazione.
È il 7 febbraio 1497 e nel grande falò al centro di Piazza della Signoria bruciano migliaia di oggetti: specchi, cosmetici, vestiti di lusso, arpe, bombarde, cetre, chitarre, liuti, ciaramelle, cornamuse, flauti, ghironde, vielle, e ancora dadi, profumi, livree, parrucche, carte da gioco, libri immorali, manoscritti con canzoni profane, dipinti.
Sandro Botticelli ammira i suoi capolavori ardere: errori di gioventù finalmente riparati, opere infamanti che non infangheranno più il suo buon nome.
Dipinti pagani, che ritraggono figure mitologiche e che parlano di sensualità e di passione: Venere, Marte ed Ercole bruciano nel rogo. Brucia il mostruoso Centauro, bruciano i satiri giocherelloni.
Brucia il suo passato di peccato alla corte dei Medici, brucia la vergogna di artista cortigiano foraggiato dalla borghesia fiorentina; brucia per sempre l’epoca in cui dipingeva cicli ispirati al Decameron di Boccaccio e opere piene di allegorie pagane, brucia l’esaltazione del trionfo della vita.
Un-altro-falò-delle-vanità-
Girolamo Savonarola (Fra Bartolomeo, 1498, olio su tavola, Museo nazionale di San Marco, Firenze)
Per anni Sandro aveva prestato la sua arte per celebrare matrimoni e allietare banchetti di vino ed orge.
Poi era arrivato Savonarola ed era morto Lorenzo il Magnifico, e tutto era cambiato. Tutte le vecchie sicurezze si erano infrante, il trionfo della vita aveva lasciato il passo all’annuncio della morte e del giudizio finale e Sandro si era sentito profondamente colpevole per aver dato volto a quel magistero artistico tanto aspramente condannato dal “santo frate”.
Così, in questo martedì grasso che non era mai stato così magro, e terrificante ed esaltante, lo stesso pittore è corso alla sua bottega per fare razzìa delle sue opere e gettarle nel rogo.
Si guarda intorno e percepisce un’eccitazione generale.
È un’antica usanza, a Firenze, quella di accendere il grande falò per l’ultimo giorno di carnevale: tutto il popolo si adopera per portare in piazza legna, frasche e paglia, e poi lasciarsi andare a danze orgiastiche per tutta la notte.
Savonarola ha deciso di rispettare l’usanza anche quest’anno, ma con una piccola differenza: perché oggi saranno proprio le orge a bruciare sul falò: orge di ogni genere. Ogni forma di lascivia e impudicizia è destinata a finire nel grande rogo: che siano statue di uomini e di donne nudi o quadri dei grandi maestri del tempo, o strumenti musicali, o libri, o canzonieri. Ognuno porta ciò che vuole, e gli artisti stessi fanno a gara per purificare le proprie opere.
Baccio della Porta ha portato tutti i suoi disegni di studi sul corpo umano.
Ha 24 anni e in città è molto amato “per la virtù sua – scrive Vasari – assiduo al lavoro, quieto e buono di natura et assai timorato di Dio”. A Bartolomeo piace la vita quieta e fugge le pratiche viziose e molto gli dilettano le predicazioni, e cerca sempre “le pratiche delle persone dotte e posate”. Naturale, quindi che si sia letteralmente invaghito di Savonarola, tanto da essere spesso ospite nel convento dei frati domenicani, con cui ha stretto amicizia al punto che dopo la morte di Girolamo arriverà a farsi egli stesso frate domenicano. Sta anche preparando un ritratto del grande predicatore e ora ammira soddisfatto trasformarsi in cenere i suoi disegni in cui compaiono le figure nude di uomini e donne.
Al suo fianco, Lorenzo Di Credi osserva le fiamme con il sorriso tra le labbra. Allievo di Verrocchio e amico del Perugino e di Leonardo da Vinci, si è fatto conoscere con opere di arte sacra come la Madonna di piazza e L’Annunciazione, ma non aveva disdegnato di accettare committenze profane come il Ritratto di Caterina Sforza e la Venere. Ma il passato è alle fiamme, ormai. E nel suo futuro c’è solo il fervore religioso.
Un altro falò delle vanità (San Domenico e gli Albigensi) è ricordato nel dipinto del pittore spagnolo Pedro Berruguete
È un orgia casta, quella che si consuma attorno al fuoco, un delirio mistico e violento. Non ha convinto tutti, il frate riformatore: i suoi nemici si sono barricati in casa, altri sono venuti in piazza solo per guardare. Altri ancora sono confusi.
Come Cosimo, che osserva Savonarola, ascolta i suoi anatemi parola per parola. Ammira nei suoi occhi quella luce interiore che hanno gli uomini di fede, ammira la forza, ammira il rigore. Ma quando torna a casa e passa per via Tornabuoni, osserva compiaciuto le botteghe degli artisti, i bordelli, i mercati, e deve ammettere di sentirsi a suo agio tra i condannati.
Chi invece non ha alcun dubbio è lui: il nuovo “re di Firenze”, che si è guadagnato il favore del popolo riformando le tasse e abolendo l’usura e dopo aver rovesciato il regime dei Medici ha sfidato nientemeno che il Papa. Al suo fianco ci sono i fedelissimi Domenico da Pescia e Silvestro da Firenze.
Sono passati tredici anni da quando Girolamo ha messo per la prima volta piede in Firenze. Nella capitale del Rinascimento il frate ferrarese aveva trovato una città ricca, vivace, aperta al riso e al gioco; insomma il trionfo dell’immoralità e dell’indecenza. Più che la culla di una nuova civiltà il feretro di una nuova Sodoma.
Girolamo aveva iniziato subito a lanciare i suoi strali: il castigo divino – aveva annunciato – si sarebbe abbattuto sulla città per la corruzione del clero e dei costumi, per la lussuria, l’idolatria, le credenze astrologiche, la sodomia, il lassismo, la simonia. E aveva conquistato subito il cuore del popolo e dei poveri, che vedevano in lui il riscatto promesso dal Vangelo.
Si era scagliato con sempre più ferocia contro i capi della città che sono “superbi e corrotti, sfruttano i poveri, impongono tasse onerose, falsificano la moneta”.
Si era guadagnato così anche il sostegno dei nemici dei Medici. Lorenzo il Magnifico aveva cercato in ogni modo di fermarlo: con le buone e con le cattive. Lo aveva minacciato di confino e Girolamo aveva risposto che non se ne curava e anzi aveva predetto la prossima morte del principe. “Io sono forestiero e lui cittadino e il primo della città; io ho a stare e lui se n’ha a andare: io a stare e non lui”.
Poi Lorenzo gli aveva contrapposto un frate agostiniano, Mariano della Barba, che non era riuscito a reggere minimamente il confronto con il profeta della Rivoluzione.
Quando poi era diventato priore del convento domenicano, Girolamo si era rifiutato di rendere omaggio al principe come il suo nuovo ruolo avrebbe richiesto e come avevano fatto i suoi predecessori, né si era fatto ammansire dai doni e delle elemosine. E la sua cerchia dei fedeli era aumentata a dismisura.
Con la morte di Lorenzo de’ Medici, nell’aprile del 1492, quella Sodoma sembrava giunta finalmente sull’orlo del tracollo e il “Predicatore dei disperati” si era assunto il compito di salvarla dalla dannazione.
Monumento al frate domenicano in Piazza Savonarola a Firenze
Sinistri presagi avevano accompagnato la morte del Magnifico: durante una terribile tempesta un fulmine aveva colpito la cupola di Santa Maria del Fiore, lo stemma dei Medici era finito in mille pezzi e il medico di Lorenzo era stato trovato morto in fondo a un pozzo.
Tutti segnali, aveva spiegato il domenicano giunto da Ferrara, che l’Apocalisse era imminente. Dal pulpito del Duomo aveva lanciato i suoi strali contro l’immoralità dei fiorentini, l’arte rinascimentale, ma anche la ricchezza e il lusso della stessa Chiesa in mano al famigerato Alessandro VI Borgia.
Due anni dopo a suggellare la fine di un’epoca era arrivata l’invasione dell’esercito francese.
Carlo VIII era infatti determinato a prendersi anche la corona del Regno di Napoli che gli spettava – sosteneva – per supposti diritti ereditari.
Messosi in marcia sull’Italia con 30mila soldati di cui 8mila mercenari svizzeri, il 17 novembre 1494 era entrato a Firenze. Girolamo aveva enfatizzato il pericolo di saccheggi e violenze puntando il dito contro l’incapace Piero dei Medici, che prima si era schierato dalla parte degli aragonesi attirandosi l’ostilità del Re di Francia, poi si era arreso clamorosamente asservendosi del tutto al francese. Il popolo si era quindi indignato e ribellato e lo aveva cacciato dalla città proclamando la Repubblica.
Passato Carlo VIII, il potere è passato al governo democratico della Repubblica, ma in realtà è il predicatore domenicano ad aver assunto il pieno controllo della città e a dettare le regole a cui tutti, volenti o nolenti, devono adeguarsi.
Il supplizio di Savonarola – (Francesco di Lorenzo Rosselli, 1498 – Museo di S. Marco, Firenze)
Ora a Firenze non si gioca più in pubblico, le taverne sono serrate e le donne sono state costrette a rinunciare ad abiti troppo scollati e lascivi. La nuova Sodoma è diventata una nuova Gerusalemme, una terra santa dove si sperimenta una nuova forma di democrazia. Morale e popolare. Dove non sono più le regole del tiranno a dettare legge, ma quelle di Dio. O per meglio dire, del suo portavoce in tonaca bianca e mantella nera.
Una nuova democrazia, libera della corruzione dei potenti, ma assoggettata a un padre padrone che non insegue i propri interessi personali, ma decide per il bene della comunità e opera secondo giustizia. Il problema è che è lui il solo a decidere cosa è bene e cosa è giusto.
I gruppi politici si sono divisi in molte fazioni: i Bianchi (repubblicani) i Bigi (favorevoli ai Medici), i Frateschi o Piagnoni (sostenitori di Savonarola) e Arrabbiati o Palleschi (nemici giurati del frate). I Bianchi cercano di farsi valere sui Piagnoni e iniziano le prime frizioni: le proposte di legge di Girolamo per proibire le vesti scollate e le acconciature troppo elaborate vengono bocciate dal governo della città.
Intanto papa Borgia cerca in tutti i modi di liberarsi dell’ingombrante e ribelle frate: ha provato a spedirlo a predicare a Lucca, ma ha dovuto rinunciare per le proteste del popolo fiorentino. Poi lo ha convocato a Roma per interrogarlo, ma Girolamo ha rifiutato adducendo motivi di salute, e ha inviato una memoria scritta.
Lapide in piazza della Signoria a Firenze che ricorda il rogo di Savonarola
In seguito sono arrivate le sospensioni dagli incarichi, divieti di predicare e altri provvedimenti disciplinari, che Borgia ha dovuto puntualmente revocare a causa delle pressioni ricevute dai fiorentini. In compenso il frate non manca di attaccare il papa pubblicamente: “Noi non diciamo se non cose vere, ma sono li vostri peccati che profetano contra di voi, noi conduciamo li uomini alla simplicità e le donne ad onesto vivere, voi li conducete a lussuria e a pompa e a superbia, ché avete guasto il mondo e avete corrotto li uomini nella libidine, le donne alla disonestà, li fanciulli avete condotto alle soddomie e alle spurcizie e fattoli diventare come meretrici”.
L’ultimo tentativo per rabbonirlo è la nomina a cardinale, che Savonarola rifiuta sprezzante: “Io non voglio cappelli, né mitre né grandi né piccole; non voglio se non quello dato ai santi: un cappello rosso, un cappello di sangue, questo desidero”. E sarà accontentato, prima di quanto egli stesso non immagini.
Il falò in piazza della Signoria è l’ultimo grande atto della rivoluzione di Savonarola: dalle infiammate prediche è arrivato finalmente al rogo delle vanità; ma non lo sa, il nuovo padrone di Firenze, che la prossima a bruciare sul rogo – appena quindici mesi dopo, in quella stessa piazza – sarà la sua carne.
Prof Arnaldo Casali
Fonte-
Festival MedioevoGubbio- festival del medioevo
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