Franco Leggeri Fotoreportage- ROMA Municipio XI-Malagrotta- Scavi Archeologici
Malagrotta- anno 2008-Scavi Archeologici a ridosso della discarica più grande d’Europa
Franco Leggeri Fotoreportage-Roma-Municipio XI-Scavi Archeologici-Lungo la Via di Malagrotta, subito a ridosso della più grande discarica d’Europa, stanno venendo alla luce le antichissime vestigia di una necropoli. Questi nuovi scavi sono poco distanti da quelli di via Castel Malnome-Piana del Sole dove sono venute alla luce oltre 300 sepolture. La prima menzione di “Molarupta” è dell’anno 995, si trova negli annali Camaldolesi che citano una permuta al Monastero di S.Gregorio del fondo Notula da parte di Costanza e negli anni 1014 e 1067 risulta come “casale” come scrive il Nibby.
Mentre il Tomassetti scrive che il nome Molarupta, poi Molarotta e Malagrotta, deriverebbe da una mola sul fiume Galeria sono ancora visibili i resti. Ma il nome di Malagrotta, secondo una leggenda medioevale deriva dalla tana , mala grotta, di un terribile drago che terrorizzava queste terre, il drago fu sconfitto da un Anguillara.. Questa leggenda ha ispirato lo scultore Mauro Martoriati che ha realizzato una scultura, tra il surreale e il metafisico, alta più di tre metri e pesante 10 quintali utilizzando ferro riciclato ; la scultura è stata collocata nei giardini comunali di Anguillara. Ancora una volta ci si trova di fronte al dilemma di chi vuole portare alla luce i tesori nascosti di questa Valle Galeria e chi, invece, vuole seppellire la valle con i rifiuti. Tutta l’area intorno è piena di siti archeologici che testimoniano i periodi che vanno dal Neolitico al Medioevo.
Il toponimo della zona deriverebbe dal latinoMola Rupta (“mola rotta”), nome originato della mola presente sul vicino rio Galeria che si ruppe, tramandando così ai posteri l’attuale toponimo.[1] La prima menzione di Mola Rupta risale al 955, in merito alla cessione di una parte della tenuta da parte di una certa Costanza nobildonna romana; nel 1242 in una bolla di papa Innocenzo IV è menzionato un castrum Molaruptae, dove erano presenti due chiese, Santa Maria e Sant’Apollinare; nel 1299papa Bonifacio VIII confermò il casale come possesso dei monaci benedettini di San Gregorio al Celio in Roma. Nel XIX secolo Malagrotta faceva parte della tenuta di Castel di Guido, di proprietà dei principi Borghese, ed ospitava un casale, un granaio, una chiesa ed un fontanile.[2]
Una leggenda popolare vuole che il toponimo tragga invece origine da una grotta nella quale abitava un minaccioso drago, contro il quale il Papa indisse una crociata a cui parteciparono i principali baroniromani: questa storia fiabesca è stata narrata dal poeta romanesco Augusto Sindici nel sonetto Malagrotta[3] dell’opera XIV leggende della campagna romana:
«Quanno so a Malagrotta, a la salita,
er Drago, prima che je se avvicini
er grosso de la squadra inferocita,
vola a l’assarto su li più vicini.»
(Augusto Sindici, XIV leggende della Campagna Romana – Malagrotta, Roma 1902.)
La località è nota per la presenza della ex discarica omonima, ormai da alcuni anni chiusa e in gestione “post mortem”, che per molti anni ha accolto i rifiuti solidi urbani di Roma e di parte della sua provincia.
La discarica secondo alcuni era la più grande d’Europa[4]: estesa su 240 ettari, accoglieva tra le 4 500 e le 5 000 tonnellate di rifiuti ogni giorno, e produceva 330 tonnellate di fanghi e scarti di discarica ogni anno. A Malagrotta, che è di proprietà dell’imprenditore Manlio Cerroni di Pisoniano[5], arrivavano anche i rifiuti urbani prodotti nello Stato di Città del Vaticano e parte dei rifiuti speciali degli aeroporti di Ciampino e Fiumicino.
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Faustina Minore Imperatrice, sposa di Marco Aurelio, visse a Lorium
Faustina Minore, virtuosa sposa di Marco Aurelio o dissoluta adultera?
Faustina Minore visse a Lorium attuale Castel di Guido-La storia antica, scritta dagli uomini, narra le imprese compiute dagli uomini, le donne appaiono solo in relazione ai loro padri,mariti, o figli. Raramente conosciamo i loro pensieri, la verità sulla loro vita coniugale, le loro gioie o infelicità. Spesso sono state riferite verità di comodo sul loro conto. Perciò ricostruire la biografia di personaggi femminili dell’antichità romana comporta numerose difficoltà perché la loro vita è passata attraverso il filtro di chi scrive e quello degli stereotipi che la società del tempo ha voluto trasmettere. Di una donna della Roma antica il più delle volte si è preferitoricordare la sua dedizione alla casa e alla cura dei figli, dunquerelegarla nel ruolo domestico e riproduttivo. Ma rappresentare un modello ideale di femminilità, incentrato sulla maternità e sulla subalternità, era da tempo diventato inattuale nella società romana, soprattuttonell’età imperiale perchéle donne erano colte, intraprendenti, potevano disporre del proprio patrimonio avuto indote, accumulare notevoli ricchezze e avere pertanto un ruolo di primo piano nella vita economica e politica.
Aureus -Faustina Minore Imperatrice, sposa di Marco Aurelio
I giudizi sulle donne potenti, emancipate, come le Auguste del II secolo d. C.,furono spesso malevolie hanno lasciato ai posteriuna fama tutt’altro che positiva, ma furono espressi non tanto per amore di verità, quanto per una misoginia di cui era affetta la società romana. Tali giudizi negativi sono tuttavia contrapposti alla diffusione ufficiale di immagini, monete, sculture che rappresentano anche le donne di poterenei loro ruoli di madri amorevoli o spose virtuose. Dobbiamo tenere presente tutto ciòquando consideriamo anche quanto è stato tramandato sulla figura di Faustina Minore, figlia di Antonino Pio e Faustina Maggiore.
Faustina Minore Imperatrice, sposa di Marco Aurelio, visse a Lorium
“Dolce, amorevole, semplice”. Con queste parole l’imperatore Marco Aurelioha descritto nei suoi “Pensieri”(riflessioni in lingua greca, pubblicate anche con altri titoli:“Colloqui con sé stesso”, o “Meditazioni”, o “Ricordi”, o “A sé stesso”)la sua sposa Faustina Minore (che chiameremo in seguito semplicementeFaustina), adoperando nel descriverla i tradizionali stereotipi del modello ideale femminile, come si voleva che fosse la matrona ideale. Il loro matrimonio avrebbe garantito la continuità della dinastia, perchéla fanciulla rappresentava il passaggiodel potere dal padre Antonino Pio al marito Marco Aurelio.Nella biografia dell’imperatore scritta daGiulio Capitolino, uno degli autori della “Storia Augusta” è Marco Aurelio stesso ad affermare che la fanciulla gli “aveva portato in dotel’Impero”.
Il matrimonio fu celebrato con grande sfarzo, Antonino Pio distribuì ai soldati il consueto donativo che serviva a ottenere il consenso e la benevolenza degli eserciti. Per solennizzare ulteriormente l’avvenimento furono emesse monete in oro, argento e bronzo.
Faustina fu eccezionalmente prolifica, diede alla luce tredici figli dei quali molti morirono in tenera età. Cinque femmine raggiunsero l’età adulta, dei maschi sopravvisse soltanto Commodo, il futuro imperatore (il suo gemello era morto all’età di quattro anni). In occasione della nascita della primogenita, aFaustina fur iconosciuto il titolo di“Augusta”, che da un punto di vista giuridico non prefigurava un ruolo politico definito, ma sotto il profilo sociale era un onore di grande prestigio. La sua fecondità, di buon auspicio per la discendenza, era lodata e ammirata.
Faustina Minore Imperatrice, sposa di Marco Aurelio, visse a Lorium
Secondo alcuni storici moderni, il matrimonio non poté certo definirsi felice, fu piuttosto un’unione di convenienza.Faustina era promessa a Lucio Vero, fratello adottivo di Marco Aurelio (Antonino li aveva adottati entrambi designandoli suoi successori). Anche Marco Aurelio aveva rotto il suo precedente fidanzamento per obbedire al volere di Antonino e poter diventare suo successore, come avvennenel 161. Egli divise il potere imperiale, come stabilito dal padre, con il fratello adottivo Lucio Vero di cui si tramanda fosse “assai meno virtuoso di lui”. Durante la guerra contro i Parti si abbandonò a una vita di divertimenti mentre i suoi luogotenenti si occupavano dell’impresa militare. Marco Aurelio tollerava le leggerezze del fratello, ma quando agli inizi del 169 Lucio Vero morì,egli poté governare più saggiamente senza dover nascondere i difetti delfratello. Sebbene amasse la pace fu costretto a sostenere molte guerre: contro i Parti, contro i Quadi e i Marcomanni, popolazioni germaniche che abitavano a nord del Danubio.
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Faustina lo seguì in due spedizionie per aver accompagnato il marito in campagne di guerra, ricevette il titolo di “mater castrorum”,ossia “madre degli accampamenti militari”, con il quale compare su iscrizioni e monete, titolo che rappresentava un ruolo pubblico accanto all’imperatore, anche se Marco Aurelio, secondo il racconto del biografo della “Storia Augusta”,continuava a lodare le sue qualità domestiche, ringraziando gli Dei per avergli concessa una moglie così fedele, così amabile, e di una lodevole semplicità di costumi.Il ruolo di materna protettrice dei luoghi militari, e quindi dei soldati, era importante per rafforzare la loro lealtà nella protezione delle frontiere dell’Impero. Tuttavia,gli scrittori della “Storia Augusta”,con malevole voci la accusarono discarsa fedeltà coniugale, e in seguitoanche altri si mostrarono concordi nel tramandare la sua condotta libertina.
Faustina Minore Imperatrice, sposa di Marco Aurelio, visse a Lorium
Edward Gibbon, storico inglese del XVIII secolo, ad esempio,nel suo famoso testo “Storia e decadenza dell’impero romano”, dà credito a tali maldicenze o verità manipolate e scrive:
“Faustina non è meno famosa per le sue disonestà che per la sua bellezza. La grave semplicità di quel Principe filosofo non era capace di fermare la licenziosa incostanza di lei, o di frenare quella sfrenata passione che le faceva spesso trovare un merito personale nel più vile degli uomini. Marco Aurelio pareva o insensibile ai disordini di Faustina, o il solo in tutto l’Impero che l’ignorasse. Ciò gli procurò disonore. Egli promosse molti degli amanti di lei a cariche onorevoli e lucrose, ma per trent’anni continui le diede prove invariabili della più tenera confidenza e di un rispetto che non terminò se non con la di lei vita.”
Faustina fuanche accusata di avere avuto una relazione con un gladiatore, da cui sarebbe nato Commodo. Gli scrittori della “Storia Augusta” raccontano che a Gaeta, residenza imperiale di villeggiatura, Faustina gradisse particolarmente la compagnia di marinai e gladiatori. Sempre secondo le stesse fonti, questa nascita illegittima avrebbe spiegato la totale depravazione di Commodo (il figlio che successe a Marco Aurelio), e la sua attrazione maniacale per gli spettacoli gladiatori durante il suo principato, al punto di scendere nell’arena e di combattere lui stesso.
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Altra notizia contraria alla buona fama di Faustina è riportata sia da Cassio Dione siadalla “Storia Augusta”: Faustina era coinvolta nell’usurpazione del 175 di Avidio Cassio. Quest’ultimo era un valido comandante militare di origine siriana, che aveva combattuto contro i Parti. Poiché Marco Aurelio era gravemente malato, Faustina avrebbe indotto segretamente Avidio Cassio a prepararsi per l’usurpazione in modo che, se fosse successo qualcosa al marito, il comandante avrebbe potuto sposarla e ottenere insieme a leiil potere. Diffusasi la falsa notizia della morte di Marco, Avidio Cassio si era proclamato imperatore. Quando si scoprì che l’imperatore era in vita, Avidio Cassio fu ucciso dai suoi soldati. Marco Aurelio si era rifiutato di leggere i documenti che avrebbero potuto comprovare la colpevolezza della moglie.A chi lo esortava a ripudiare la moglie, se proprio non voleva farla eliminare, egli ricordava che in tal caso avrebbe dovuto restituire la dote, cioè l’impero che gli era stato trasmesso dal matrimonio con la figlia di Antonino.
Faustina Minore Imperatrice, sposa di Marco Aurelio, visse a Lorium
Cassio Dione riporta la notizia che Faustina poteva essere morta anche a causa del suo coinvolgimento nell’usurpazione del 175 d.C. e che si fosse suicidata.
Altre fonti, molto più tarde, ad esempio Giovanni Antiocheno (uno storico bizantino, cronista del VII secolo)confermano la versione che Avidio Cassio era stato istigato proprio dalla moglie di Marco Aurelio. La notizia di questo ruolo attivo di Faustina nell’usurpazione di Avidio Cassio,ripetuta più volte dagli scrittori antichiè oggi considerata frutto della volontà di metterla in cattiva luce. La complicità di Faustina nella rivolta di Avidio Cassio per alcuni studiosi moderninon merita alcuna credibilità, secondo altri, invece, Faustina aveva in mente un disegno politico ben preciso nel caso della morte del marito, mantenere il proprio potere fino a quando il figlio Commodonon fosse in grado di succedere al padre.
Ma le dicerie per denigrare Faustina non finiscono qui. Marco Aurelio aveva fatto sposare Lucilla, una delle figlie avute da Faustina,con Lucio Vero (suo fratello d’adozione, che era stato promesso sposo di Faustina, prima del suo fidanzamento con Marco Aurelio). Si vociferò allora che Faustina avesse commesso adulterio con il genero e che lo avesse poi avvelenato per vendicarsi di lui che aveva rivelato la loro relazione alla moglie Lucilla.
Tutte queste voci furono smentite dall’atteggiamento di Marco Aurelio.Nel 176, all’età di 56 anni,Faustina morì per malattia in Asia Minore, precisamente ad Halala, ai piedi della catena del Monte Tauro, che sarà ribattezzata Faustinopoli in suo onore. Marco Aurelio fu molto provato dalla sua morte.Il Senato la dichiarò Dea, la sua immagine fu rappresentata nei templi a lei dedicati con gli attributi di Giunone, di Venere e di Cerere, e fu decretato che i giovani sposi andassero nel giorno nuziale a porgere voti dinanzi all’altare della “diva Faustina”, protettrice delle nozze che si auspicavano prolifiche come quelle di lei.
Anche nelle lettere scambiate tra Frontone, scrittore e oratore, e Marco Aurelio, Faustina appareessere stata una buona madre, premurosa e attenta alla salute dei figli e una buona e virtuosa moglie di un imperatore filosofo.
Faustina Minore Imperatrice, sposa di Marco Aurelio, visse a Lorium
Il ritratto malevolo di Faustina lasciato ai posteri è viziato sicuramente dalla propaganda negativa di chi voleva infangarla. Trenta anni di matrimonio accanto a un uomo di grande cultura e umanità, Marco Aurelio, tredici figli, due campagne al seguito del marito nella seconda delle quali morì, non sono elementi sufficienti per assolverla da tante accuse?Il figlio dato da Faustina a Marco Aurelio, Commodo, manifestò un carattere decisamentenegativo e tra i suoi eccessi si segnalò la passione per i giochi gladiatorii. Pernon far ricadere su Marco Aurelio il disonoredi aver generato un principe degenere,i misogini accusarono di adulterio Faustina attribuendole un amante gladiatore. L’imperatore era riabilitato a scapito del fango gettato sulla moglie. Anche la comprensione nei confronti delle malefatte della donna apportarono a lui un aura di superiore saggezza, e lo resero un modello di clemenza.
“Le accuse di dissolutezza appaiono assurde fino al ridicolo e all’irriverenza dinanzi alla romana fecondità di questa imperatrice che sembra in ciò rinnovare le matrone degli antichi templi.” Così la difende animosamente Ettore Paratore, illustre studioso della latinità, che per sottolineare le sue virtù di madre e di sposa ricorda un medaglione in cui l’Augusta Faustina è rappresentata con due suoi figlioli e un terzo sulle ginocchia. Posta sul retro è incisa questa didascalia “FecunditasAugustae” alludendo alla prolificità dell’Augusta Faustina nel cui volto Paratore vede “l’ultimo sorriso di quell’armonica esemplare civiltà romana che culturalmente trionfava sia in Marco Aurelio, sia in lei.”Nota: molti sono i ritratti di Faustina, nelle varie età della vita, quello qui riprodotto è di Faustina giovane, e si può ammirare nei Musei Capitolini
Faustina Minore Imperatrice, sposa di Marco Aurelio, visse a Loriium
Roma- Articolo e xilografia del 1883-La nostra Signora ama , si vede, la solitudine e le vie non battute . Sfidando il sol leone , s’è cacciata in mezzo al campo biondeggiante di spighe . Cammina , cammina noncurante. Quanto strazio fanno i suoi piedini crudeli! Quanti gambi scavezzati , quante spighe schiacciate ! Ma ella non ci pensa ; aspira con voluttà l’aria pura dei campi ; gode di un po’ di libertà , lontana dalle noie e dai rumori cittadini; mentre il suo sguardo vaga nei prati verdi , o segue le capricciose curve dei monti lontani , l’orecchio ascolta misteriosi e delicati concerti degli uccelli, e i bisbigli delle aure fra i rami .
Castel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleo
ROMA CAPITALE- Municipio XIII- Il mausoleo di Castel Di Guido.
L’unico edificio monumentale ,attualmente visitabile solo su richiesta alla Sovraintendenza Archeologica , visibile a Castel di Guido è il mausoleo che si trova al disotto della chiesa della Spirito Santo sulla quale è stata edificata e che ne ripropone, se pur parzialmente, le dimensioni se pur in forma ortogonale .Il sepolcro , sia pure conservato solo per il piano inferiore, è in condizioni eccellenti: è a pianta circolare , con pilastro centrale rotondo e cinque grandi nicchie radiali , con arcosoli per le deposizioni, che sono , per motivi costruttivi, uno nella nicchia centrale , due in quelle sui lati e tre nelle nicchie di fianco all’entrata; l’ambulacro è coperto da volta a botte anulare . Il corridoio , il cui ingresso è situato a sul lato sinistro della chiesa, è anch’esso voltato e provvisto di arcosoli . L’ipogeo riceveva luce da feritoie a “bocca di lupo”. La tomba , costruita in laterizio, con materiali per lo più di riutilizzo , è databile tra la fine del III e l’inizio del IV secolo e trova riscontro in alcuni esemplari di altre zone del suburbio romano (Mausuleo di Romolo sull’Appia , Tor Pignattara, Tor de Schiavi nel complesso dei Gordiani). Per analogia con questi ultimi è possibile ipotizzare nel Mausoleo di Castel di Guido le presenza di un piano superiore coperto a cupola e dotato di una facciata della chiesa, il cui portico insiste sul corridoio d’accesso al sepolcro. Fonte –Castel di Guido dalla Preistoria all’Età moderna, Palombi editore. Foto di Franco Leggeri scattate in occasione Apertura Mausoleo di Castel di Guido- 12 Settembre 2012-Visita organizzata da ROBERTO MASSACCESI, Presidente dell’Associazione A.S.CULTURALE CASTEL DI GUIDO- Manifestazione “UN BORGO IN FESTA.” Le foto sono riproducibili assieme ai disegni del mausoleo.
Apertura Mausoleo di Castel di Guido- 12 Settembre 2012-Visita organizzata da ROBERTO MASSACCESI, Presidente dell’Associazione A.S.CULTURALE CASTEL DI GUIDO- Manifestazione “UN BORGO IN FESTA.”Apertura Mausoleo di Castel di Guido- 12 Settembre 2012-Visita organizzata da ROBERTO MASSACCESI, Presidente dell’Associazione A.S.CULTURALE CASTEL DI GUIDO- Manifestazione “UN BORGO IN FESTA.”Castel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleoCastel Di Guido Il mausoleo
RomaCapitale- Municipio XIII-Il complesso antico attualmente disposto su via di Casalotti all’angolo con via Borgo Ticino venne alla luce già nei primi anni 30 in modo del tutto occasionale, durante l’esecuzione di alcuni lavori agricoli in area.In un primo momento, nel 1930 in seguito agli scavi intrapresi dalla Soprintendenza, furono rinvenuti resti parziali di un mosaico a soggetto marino raffigurante Tritoni e Nereidi afferente ad un ambiente termale piuttosto esteso; un deposito di dolia – i grandi contenitori di derrate alimentari in terracotta – disposti irregolarmente in un ambiente sorretto da pilastri in laterizio; alcune strutture murarie anch’esse in opera laterizia; scorie di fusione di una fornace per il vetro Già due anni più tardi vennero poi rinvenuti nella stessa area una necropoli e una cisterna con alcuni cunicoli sotterranei ad essa collegati ed un pozzo, che facevano pensare sempre più ad un abitato stratificatosi nel corso del tempo ma comunque stabile e ben organizzato. Si giunse così ad interpretare l’intero sito come quello di una villa romana abitata in varie epoche, con una prima fase verosimilmente di epoca repubblicana su cui si appoggiò l’attuale villa sicuramente da attribuirsi alla piena età imperiale, costituita da una pars rustica con pavimenti in coccio pesto e laterizio e da una pars privata a carattere residenziale probabilmente a due piani, con mosaici ed intonaci dipinti con annesso un edificio termale. E’ ipotizzabile che essa restò in uso fino almeno al V sec. d.C.
In seguito, negli anni 80, grazie all’ausilio sempre più efficace della fotografia aerea, il sito venne più chiaramente a delinearsi nella sua estensione, diviso e tagliato dalla strada moderna.
Nel 2000, grazie ai fondi per il Giubileo, la Soprintendenza potè continuare gli scavi, durante i quali si rinvennero altri edifici termali e tutta una nuova parte della villa con un settore riutilizzato con funzione artigianale in età tardoantica. Il rinvenimento di alcune fistulae plumbee recanti l’iscrizione Calpurnia Cacia M(arcellina) hanno verosimilmente individuato in questo nome la proprietaria del fondo. Resti di strada basolata nei pressi della villa in direzione di P.zza Ormea fanno pensare ad un diverticolo della via Cornelia ad uso esclusivo degli abitanti della villa.
Riaperto al pubblico nel 2012, il sito – curato dal Gruppo Archeologico Romano – è fruibile alla popolazione attraverso visite guidate gratuite da richiedersi al GAR ; www.gruppoarcheologico.it.
Il Medioevo nel XIII Municipio, Quartiere Casalotti. Fuori dal traffico della Via Boccea, in una discontinuità edilizia, c’è il Castello della Porcareccia , noto anche con il nome “Castello aureo”, che domina il suo borgo medievale. Il fortilizio, in posizione strategica, è costruito su di uno sperone roccioso. Anticamente vi era una torre di avvistamento, ora scomparsa. Il Castello attualmente presenta modifiche strutturali evidenti. Il toponimo deriva da “Porcaritia”. Nel passato questa era una località al centro di boschi di querce e,quindi, luogo più che mai adatto all’allevamento dei maiali. Il primo documento che parla del Castello è una lapide del 1002, che si trova nella Chiesa di Santa Lucia delle Quattro Porte ,dove si legge che un prete “romanus” dona la tenuta della Porcareccia ai canonici di Monte Brianzo. Nel 1192 Papa Celestino III dà la cura del fondo ai canonici di Via delle Botteghe Oscure. Il Papa Innocenzo III affidò una parte della tenuta all’Ordine Ospedaliero di Santo Spirito. La tenuta passò, dopo la crisi fondiaria del 1527, ai principi Massimo e nel 1700 ai Principi Borghese, quindi ai Salviati e ai Lancillotti. Attualmente proprietaria del Castello è la Famiglia Giovenale che lo possiede dal 1932. Il portale d’ingresso è imponente e su di esso vi è lo stemma di Sisto IV. Prima di accedere al cortile interno, nel “tunnel”, in alto, si notano dei fori passanti sedi di una grata metallica che,alla bisogna, veniva calata per impedire assalti ed irruzioni di nemici .Nel giardino del Castello vi è, in bella mostra, una stele commemorativa di un funzionario imperiale delle strade. La stele probabilmente era riversa in terra perché presenta evidenti segni di ruote di carro. Vicino vi è una lapide funeraria con incisi dei pavoni, antico simbolo di morte. Sono visibili altri reperti di epoca romana, come frammenti di capitelli e spezzoni di colonne. In bella mostra, montata alla rovescia, vi è una vecchia macina a mano, una simile è nel cortile della Chiesa di Santa Maria di Galeria. Nel piazzale interno c’è la Chiesetta di Santa Maria la cui costruzione risale al 1693. Ciò che colpisce nella chiesa è la bellezza dell’Altare in legno intagliato, come dice uno dei proprietari, il Sig. Pietro Giovenale:”l’Altare è stato costruito dai prigionieri austriaci della Grande Guerra che qui erano stati internati”. Nel 1909, giusto un secolo fa, in questa Chiesa celebrava la Messa il giovane prete Don Angelo Roncalli, il futuro Papa Buono,Giovanni XXIII il quale veniva in questi luoghi per goderne la bellezze naturali e gustare”la buona ricotta” che Gli veniva offerta. La tenuta della Porcareccia fu anche antesignana della “guerra delle quote latte”. Ci narra la storia che nel periodo di carestia si diede il massimo sviluppo all’allevamento dei suini per sfamare la popolazione di Roma, come si legge in una bolla di Papa Urbano V nel 1362 che decretava “libertà di pascolo ai suini in qualsiasi terreno e proprietà…”. Per segnalare la presenza degli animali furono messi dei campanelli alle loro orecchie e chiunque ne impediva il pascolo incorreva in pene severissime. A seguito delle proteste della Germania,all’epoca maggior produttrice ed esportatrice di suini in Europa, il Papa Sisto IV nel 1481, riaffermò il documento di Avignone di Urbano V. Davanti al Castello, divisa dalle case del Borgo a chiudere la Piazza, c’è la chiesa parrocchiale, costruita negli anni 1950/54, dedicata alle S.s. Rufina e Seconda, martiri della Via Boccea. Come tutti i castelli che si rispettano, anche questo ha il suo fantasma che si aggira nei cunicoli sotterranei inesplorati che si diramano dal Castello nella campagna circostante. Ma alla domanda che rivolgo al Sig. Giovenale se esiste il fantasma egli risponde con un sorriso.
N.B. Le foto originali sono di Franco Leggeri- Fonte articolo: Autori Vari- Si Evidenzia che gli Alunni di Casalotti hanno realizzato un pregevole lavoro sulle origini e la Storia del Castello- Intervista con il Sig. Giovenale di Franco Leggeri- L’articolo è solo una sintesi di uno studio molto più esaustivo e completo sul Medioevo e i sistemi difensivi di Roma e della Campagna Romana – TORRI SARACENE-TORRI DI SEGNALAZIONI – realizzato da Franco Leggeri
Castel di Guido-Restaurata la scalinata della chiesa dello SPIRITO SANTO
Castel di Guido- 10 dicembre 2016-La nostra chiesa dello SPIRITO SANTO è raggiungibile tramite una scalinata, in mattoni rossi posti di taglio. La scalinata è stata realizzata negli anni del ventennio fascista. Nell’aprile del 1932 mentre Mussolini transitava sulla via Aurelia per raggiungere le Bonifiche di Maccarese si fermo e ,su preghiera del parroco, fece realizzare la scalinata. Le scale sono in perfetto stile ventennio. La scalinata è diventata il “cuore “ della piazza di Castel di Guido. La scalinata introduce il fedele o il visitatore nell’atmosfera medievale che si respira all’interno della magnifica chiesa parrocchiale. Don Luigi Bergamin, l’attuale parroco, ha fatto scelte progettuali, per l’intervento manutentivo , compatibili con le esigenze di sicurezza, corrimano in ferro ed abbattimento barriere architettoniche come da normativa di Legge. Don Luigi ci ha spiegato:” l’intervento ha mantenuto in essere tutte le tipologie costruttive esistenti , coniugando sicurezza e funzionalità”. Prosegue Don Luigi:”l’intervento ha operato al fine di migliorare le caratteristiche di resistenze e di portanza. Inoltre nel piano centrale, spazio tra la prima e la seconda scalinata, è stata eseguita una perimetrazione , in mattoni , ed evidenziata quest’area rispetto a quella verde contigua. La posa in opera ,stesura, di un misto di cava, ghiaia macinata bianca, risalta ed evidenzia tutta la solennità della nostra chiesa.”
Questo restauro, se pur non “appariscente”, è stato eseguito mediante il risarcimento dei laterizi con boiacca di malta di cemento additivata , lavoro eseguito tutto manualmente. Chiosa e precisa Don Luigi:” prima del restauro è stata eseguita una accurata pulizia di tutta la scalinata. Operazione eseguita tutta a mano mediante ripetuti passaggi di spazzola di crino vegetale e acqua ,previa operazione di pre-consolidamento dove la superficie presentava un grado di deterioramento avanzato fino alla completa asportazione delle polveri e dei grassi. Le croste nere e i depositi sono stati asportati anche questi manualmente.”
Castel di Guido-Restaurata la scalinata della chiesa dello SPIRITO SANTOCastel di Guido-Restaurata la scalinata della chiesa dello SPIRITO SANTOCastel di Guido-Restaurata la scalinata della chiesa dello SPIRITO SANTOCastel di Guido-Restaurata la scalinata della chiesa dello SPIRITO SANTO
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj LandiPrincipessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi –Proprietaria della tenuta e del Casale della Bottaccia fece eseguire gli scavi archeologici del 1748-furono trovate le statue di : Giunone velata,Domizia sotto le spoglie di Diana, varie tombe cristiane.
Biografia-Teresa Orsini Doria (1788-1829), gravinese e fondatrice delle Suore Ospedaliere della Misericordia -Nacque a Gravina in Puglia, ducato della sua famiglia, il 23 Marzo 1788, giorno di Pasqua, da Domenico Principe di Solofra e da Faustina Caracciolo dei Principi della Torella. Fu battezzata solennemente lo stesso 23 marzo nella cattedrale, vicino al palazzo Orsini, dove Vincenzo Maria Orsini, futuro papa Benedetto XIII (1649-1730) era stato battezzato, più di cento anni prima. Teresa rimase orfana di padre ad appena due anni. Lei era la primogenita e sua Madre Faustina era in attesa del secondo figlio. Allora il nonno Filippo, noto per la sua fede e buona condotta, si occupo della sua educazione, poi fu affidata alle cure delle Suore del monastero della Sapienza di Napoli, dove ricevette sotto la guida delle monache della Sapienza il sacramento della cresima il 15 maggio 1801, nella cappella dell’educandato. A dodici anni Teresa venne trasferita a Roma per terminare il corso dei suoi studi, prima dalle Orsoline, poi dalle Benedettine di Tor De’ Specchi. La sofferenza causata dalla morte del padre e la lontananza dalla madre non fece irrigidire il suo cuore, al contrario, fece maturare ancor più la sua comprensione della sofferenza altrui. Avendo terminato l’iter formativo, all’età di venti anni, scelse la vita matrimoniale, sposando il principe Luigi Andrea Doria Pamphili Landi (di Roma). Ebbe quattro figli che amò teneramente. La vita di Teresa è un esempio dell’amare e del servire cristianamente, è una dimostrazione di come deve essere il vero amore cristiano, gratuito e disinteressato. Dio le aveva donato tutte le virtù fisiche e morali: era una vera nobildonna, sposa felice, madre affettuosa, donna di carità impegnata nel sociale, al servizio dei malati, dei diseredati e degli emarginati della società del suo tempo. Nel suo umile servizio agli altri spesso dimenticava se stessa, per lei non esistevano difficoltà ed ostacoli quando si trattava di stare vicino a coloro che ne avevano bisogno: familiari, parenti, amici e persone sconosciute, tutti quelli che in quel momento particolare rappresentavano il Signore sofferente. Pur appartenendo ad una delle più illustri famiglie romane, non dimenticò la gente semplice, pertanto seppe armonizzare i suoi impegni sociali con la carità verso gli altri. Vide lo sfacelo morale e materiale che la rivoluzione francese aveva portato in Europa e a Roma soprattutto, dove ella viveva. Questo era per Teresa terreno fecondo per esercitare la grande carità di Cristo. Organizzò molte iniziative caritatevoli a favore dei più diseredati: malati pellegrini, carcerati abbandonati, donne in difficoltà, ecc.; sempre presente in ogni ambiente di dolore, pronta nel curare, con le sue stesse mani, le piaghe del corpo e i disagi dello spirito. Perché la fiaccola da lei accesa non si estinguesse, ma proseguisse nel tempo, pensò ed attuò un suo progetto di carità: radunò attorno a sé delle giovani donne che, senza motivo di lucro, donassero la vita a sollievo dei malati negli ospedali, dove essi giacevano abbandonati a loro stessi. Nacquero così, il 16 maggio 1821, all’interno dell’ospedale San Giovanni in Roma, con regole proprie, le Suore Ospedaliere della Misericordia, continuatrici dell’opera di Teresa Orsini Doria tra i malati. Perfetta nobildonna romana, corteggiata, stimata, ammirata, onorata per la sua ricchezza, per la sua straordinaria bellezza, per la sua intelligenza ….ma tutto ciò non le bastò. Da ricca che era…, Teresa Orsini si fece piccola: piccola per stare in mezzo ai bisognosi, ai diseredati, ai malati poveri, fra gli ultimi. Oltre a essere sposa e madre, Teresa andò in cerca della sofferenza per soccorrerla e per risolvere, alla radice, i problemi della malasanità romana con metodi moderni, con la congregazione religiosa delle Suore Ospedaliere della Misericordia, attivissime ancora oggi in tutto il mondo. Una laica, dunque, che pensava e agiva, impegnata nella famiglia e nel sociale con indicazioni che molti decenni dopo il Concilio Vaticano II recepirà. Gran parte della popolazione malata di Roma conosceva quella bellissima e ricchissima giovane signora; eppure la vedevano semplicissima nel prodigarsi a curare piaghe, dolori fisici e spirituali, ad addolcire i lamenti, portando con la sua carità Gesù Cristo a tutti. Il suo era un attivismo sereno, quasi dovesse presagire la sua precoce scomparsa avvenuta a 41 anni di età, consumata dall’amore per gli altri. Non a caso Teresa Orsini è conosciuta come “martire della carità”. Consumata dalle fatiche morì il 3 luglio 1829. E’ dedicata a Teresa Orsini una via cittadina.
Casale della BottacciaCasale della Bottaccia
Fonte:
Cristina Siccardi, Da ricca che era…., Vita e opere di Teresa Orsini Doria, Società San Paolo, Alba (Cuneo) 2006
Carlo Caputo, Teresa Orsini, Principessa di Gravina, Mamma esemplare, Nobildonna di carità – Matera 2005
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi
BREVE STORIA CONGREGAZIONE DELLE SUORE OSPEDALIERE DELLA MISERICORDIA ( HOSPITALER SISTERS OF MERCY)
La Congregazione delle Suore Ospedaliere della Misericordia, Istituto di diritto Pontificio, nato nel 1821 dal grande cuore del1a Serva di Dio la Principessa Teresa Orsini Doria Pamphili Landi, sotto gli auspici del Papa Pio VII.
Teresa nacque nella piccola città di Gravina di Puglia, il 23 Marzo 1788, da Domenico Orsini, principe di Solofra e da Faustina Caracciolo dei principi della Torella. Era ancora fanciulla quando rimase orfana di padre mentre la mamma era in attesa del secondo figlio. Il nonno paterno Filippo conosciuto e noto per la sua fede e buona condotta, si occupò della sua educazione. Così Teresa condusse l’infanzia e l’adolescenza presso i vari Monasteri educativi: prima dalle Suore Domenicane della Sapienza in Napoli, poi presso le Orsoline e le Benedettine di via Tor de Specchi a Roma. La sofferenza causata dalla morte del padre e la lontananza dalla madre, non fece irrigidire il suo cuore, al contrario, fece maturare ancor più la sua comprensione per la sofferenza altrui. Avendo terminato l’iter formativo, a1l’età di vent’anni, scelse la vita matrimoniale, sposando il principe Luigi Andrea Doria Pamphili Landi di Roma. Dal felice matrimonio nacquero quattro figli, che Teresa desiderò educare personalmente, rompendo cosi, l’usanza dell’epoca di affidare la prole a Balie di campagna.
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi
Tutta la vita di Teresa scorreva costantemente felice, nel vero termine cristiano della parola: amava e timorata di Dio, amava la sua Chiesa, amava i1 marito, amava i figli e congiunti, amava gli amici. La porta dei suoi Palazzi sia a Roma che ad Albano erano sempre aperte, a coloro che desideravano la sua accogliente carità, sia coi suoi saggi consigli e la sua amorevole comprensione e sia la sua compagnia intelligente, attenta ed affettuosa. Nessuno rimaneva disdegnato di lei, nessuno rimaneva senza il suo aiuto. Teresa pur appartenendo ad una delle più illustra famiglie romane, non dimenticò la gente semplice, pertanto seppe armonizzare i suoi impegni sociali, con la carità verso gli altri ed aveva la giusta temperanza di costumi. Era una vera nobildonna di sangue e di spirito, curava l’arte e gli oggetti di antichità: commetteva scavi archeologici sia ne1la villa Pamphili sia in Lorio sulla via Aurelia. In quest’attività tipica ad una nobildonna, ella unì quella della carità e di servizio.
La vita di Teresa, è un esempio dell’amare e de1 servire cristianamente, è una dimostrazione di come deve essere il vero amore cristiano, gratuito e disinteressato. Dio le aveva donato tutte le virtù fisiche e morali: era una vera nobildonna romana, sposa felice, madre affettuosa, educando il figli al santo timor di Dio, al servizio della Chiesa e dell’umanità sofferente, donna impegnata nel sociale al servizio dei malati, diseredati ed emarginati della società del suo tempo.
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi
Nel suo umile servizio agli altri, spesso dimenticava se stessa, sia nel dormire che nel mangiare; per lei non esistevano difficoltà ed ostacoli quando si trattava di stare vicino a coloro che ne avessero bisogno: famigliari, parenti; amici, persone sconosciute, tutti quelli che in quel momento particolare rappresentavano il Cristo sofferente, in altre parole, sapeva essere vicina a chi piangeva, a chi soffriva, a chi moriva, ma non solo; sapeva condividere anche le gioie e le felicità umane. Teresa, tante virtù umane e spirituali, dove le aveva appreso? Ella apparteneva a molte confraternite religiose, ma amava di più quella dell’Addolorata alla quale si sentiva più vicina nella sofferenza della Croce e vedendo il volto di Cristo in tutte le miserie umane: Teresa è vissuta durante la rivoluzione Francese e subendola con la sua famiglia tutte le loro angherie fino a quella della rinnegazione alla Fede Cattolica. Con il ritorno a Roma dall’esilio di Francia il Papa Pio VII, trovò miseria, fame e distruzione ovunque. Egli si rimboccò le maniche, come si vuol dire e chiedendo aiuto a tutte le persone di buona volontà per alleviare la sofferenze umane. Teresa unita alla sue Consorella di confraternite si è messa a capo fitto organizzando e lavorando con Esse.
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi –
Nel 1820, la vita di Teresa ebbe una svolta, costretta per quattro mesi a letto da una grave forma di malattia reumatica, rimessasi in salute, ricominciò il suo volontariato, con le visite negli ospedali, di S. Giacomo detto dagli Incurabili, della Consolazione, dalla Trinità dei pellegrini e di San Giovanni. Quasi ogni giorno con qualche consorella si recava all’Ospedale degli Incurabili (ora San Giacomo) dove si prodigava con le sue mani a servire e medicare le piaghe spirituali, avvolte anche materiali dei poveri infermi e lasciava loro ogni volta una generosa offerta per farle sopravvive. Non tutte le consorelle si comportavano decentemente come lei, presentandosi vestite con troppa ricercatezze. Teresa dovette, modestamente ed affettuosamente fargliele notare come era solita, invitandole a condividere la sua carità ed umiltà. Il suo modo amabile di ammonire con l’esempio e con le parole, faceva si che esse si emendassero, esprimendo esplicitamente la gratitudine. Il Papa Pio VII, per questi meriti la nominò Dama della pubblica beneficenza . La carità di Teresa era una delle virtù principali che originariamente, insieme alle consorelle
delle varie confraternite serviva con tale carità ed umiltà, che sorprendeva tutti coloro, cha conoscendo la sua posiziona sociale, non dimostrava mai ribrezzo verso alcuna malattia. Con il suo esempio sollecitava anche le consorelle a servire i malati con analogo spirito di carità evangelica; dall’ospedale dagli incurabili spesso passava ad esercitare la sua carità nell’ospizio dalla Trinità dei Pellegrini, dove dal Papa era stata eletta priora. Alcune volte tornando da qualche ricevimento (per la sua posizione aristocratica che non
poteva mancare) anzi che andare a casa passava nell’Ospizio, dove deponeva le vestimenta da cerimonia e indossava quelli per l’assistenza ai numerosi convalescenti e pellegrini che si recavano a Roma per visitare le sacre reliquie degli Apostoli e dei Martiri ivi depostevi. Nel 1820, cominciò a pensare, ispirandosi dell’esempio di vita dei Fondatori ospedalieri come San Francesco di Sales e San Vincenzo Dé Paoli, alla fondazione di un opera femminile che si dedicasse senza scopo di lucro all’assistenza dei malati negli ospedali. Teresa affrontava le situazioni con la assidua preghiera e Lume dall’alto. La prima fondazione avvenne nel 1820 presso la Parrocchia dalla Madonna dei Monte a Roma. Teresa con alcune consorelle si dedicavano con speciale servizio a domicilio per le malate che non trovando posto negli ospedali esse rimanevano abbandonate nelle proprie case; quest’associazione di volontarie era chiamata Suore della carità .
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi
Un Deputato Ospedaliero di San Giovanni responsabile dell’andamento assistenziale dello stesso ospedale, vedendo il proficuo lavoro che queste suore cosi chiamate facevano tanto del bene nella Parrocchia della Madonna dei Monti; invitò la Principessa Teresa Orsini Doria a trasportare tale istituzione nell’ospedale di San Giovanni (detto allora “Sancta Sanctorum”). Teresa pensò, perché defraudare l’assistenza a domicilio alle povere inferme? Quindi, pensò ed attuò di fondare un altro gruppo di volontarie che si dedicassero a tempo pieno e senza scopo di lucro al servizio delle inferma ricoverate nella struttura di Sancta Sanctorum. Teresa, tra le sua amiche trovò quattro giovani che il giorno 16 Maggio dal 1821, le suddette, dopo aver partecipato alla Santa Messa nella Chiesa di San Marcello al Corso , furono dalla stessa principessa Teresa accompagnate all’ospedale di San Giovanni con previo avviso ai responsabili presentandole agli Amministratori e Sanitari. Poiché queste giovani non erano pratiche di fare assistenza diretta, Teresa le mise sotto la sorveglianza di Professori, affinché gli dessero nozioni di medicina e chirurgia; infatti le nostre consorelle furono adibite oltre all’assistenza diretta anche alla bassa chirurgia consistente nel fare medicazione e piccoli interventi, quindi la prima scuola per Infermiere sorta a Roma, è stata quella che Teresa ha voluto per l’assistenza ai malati. Teresa Orsini; accompagnando le quattro giovani nell’ospedale di San Giovanni, disse ai Deputati e Sanitari presenti, “il mio compito è finito”, ma essi risposero che non era il caso di lasciar sola la comunità nascente che aveva bisogno di guida, sostegno morale, materiale e di contattare tra l’Amministrazione e la comunità religiosa. Così la Principessa è vissuta e ha avviata la congregazione SOM dirigendola e difendendola, fino alla sua morte avvenuta il 3 Luglio 1829.
Teresa per questa famiglia religiosa ha molto sofferto, sia da personale laico dirigente e non, e persone ecclesiastiche il quale non vedevano di buon occhio perché in quanto a Roma esisteva tale istituto religioso che si dedicasse all’assistenza diretta ai malati (mentre le suore di carità di San Vincenzo de Paoli e le Brignoline di Genova erano ospedaliere si, ma solo per la direzione dei servizi infermieristici e domestici). La nostra Fondatrice, dopo tanto pregare e soffrire chiese aiuto al Monsignor Giuseppe Antonio Sala il quale con regole proprie e interessamento diretto dal Papa Leone XII il quale approvò le Costituzioni con Motu Proprio il 3 Gennaio 1826 e riapprovato con decreto di lode da Gregorio XVI nel 1831. Quattro sorelle possono sembrare un piccolo numero, ma alla Principessa non interessava il numero ma l’ideale, poiché nel tempo il numero si sarebbe sviluppato, sotto la spinta ed il fuoco dell’ideale.
Le nostre prime Costituzioni approvate come tutte le altre con i tre voti di Castità, Povertà e Obbedienza, vi è aggiunto quello dell’Ospitalità cioè per l’assistenza diretta ai malati ricoverati nelle strutture. Nell’anno santo del 1825 Teresa con l’auspicio del Papa Leone XII fondò, il gruppo delle Lauretane,
per l’assistenza alle donne traviate che volevano ravvedersi da una vita scandalosa e volessero costruirsi o ricostruirsi una famiglia. Teresa è stata la Superiora perpetua di questa opera benefica, infatti queste donne lavoravano tele grosse e filavano il lino, altre venivano impiegate come domestiche presso persone oneste che le accoglievano. Teresa molte volte per affrontare la situazione di mantenimento per questa benefica istituzione si è più volte tassata con i propri beni. Purtroppo alla sua morte, la fondazione, perse la guida e il necessario sostentamento per cui l’istituto dopo qualche decennio fu assorbito dalla Congregazione delle Suore del Buon Pastore.
Questa vita di Teresa, senza tregua, queste sacrificarsi senza limiti per il prossimo, questo rifiutare gli agi dalla vita, non potavano non turbare la sua salute. Infatti all’età di quarantun’anni morì, lasciando nel profondo dolore la famiglia, le sue istituzioni benefiche e tutti i poveri della città di Roma che piangendo la acclamavano con il titolo di Santa. Era il 3 Luglio 1829.
L’amore e benedizione di Dio fece sviluppare il seme gettato e la Chiesa presse atto di questa ricchezza. Le suore ospedaliere di San Giovanni attirarono l’attenzione del Papa Leone XII quando egli visitò nel 1825 l ‘Ospedale di San Giovanni. L’Amore attualizzato nel servizio disinteressato, costituirono un binomio che ha portato questa nobile dama di carità a consumare la sua vita come sposa, come madre,
come benefattrice, come fondatrice e organizzatrice indefessa del volontariato del suo tempo; ella espletò la sua carità con un’infinità di modi, soprattutto con la sua instancabile presenza là dove giacevano miserie umane, ella per prima cercava di lenire con sue stesse mani. Molte pagine d’oro vi sono nella lunga storia dell’Istituto.In tempi calamitosi le suore hanno compiuto eroici sacrifici, offrendo la loro vita nel coscienzioso adempimento del loro apostolato. Nel 1837, Roma fu colpita dal Colera, le suore nei loro ardui sforzi per tutte le necessità dei malati erano chiuse insieme ad essi nell’
isolamento, sei di esse contagiate dal “morbo”, morirono con gli stessi ammalati nello spazio di circa un mese. Nel 1854 l ‘epidemia colerica scoppiò nuovamente a Roma, durante i periodi bellici molte giovani suore sono morte contagiate dalle malattie (tifo nero, TBC, spagnola ecc.) specialmente nella seconda guerra mondiale, i feriti provenivano da ogni parte d’Italia, affollarono i reparti ospedalieri. Le suore, svolgendo anche servizi di pronto soccorso e sale
operatorie, offrirono il loro servizio non solo con competenza professionale, ma di carità e conforto a tutti i feriti, moribondi e congiunti colpiti dal grave disastro della guerra. Durante quelli anni le suore oltre il contagio soffrirono la denutrizione, e la TBC ebbe il sopravento che mieto una trentina di consorelle tutte sotto i trent’anni; realizzando in pieno il Vangelo di Gesù: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri fratelli”(GV. 15,1-3).
Il Concilio Vaticano II, con il suo spirito di rinnovamento, ha ridato alla Chiesa una nuova vitalità che ha anche influito sul nostro Istituto. Infatti un alba nuova è sorta all’orizzonte. L’Istituto che per volere pontificio “dalla sua fondazione era ristretto ai soli bisogni dello stato Pontificio” e successivamente dell’Italia apre nuovi orizzonti per estendere il suo apostolato ospedaliero in varie parti del mondo.
Oggi, la famiglia religiosa delle Suore Ospedaliere della Misericordia come il buon Samaritano del Terzo millennio forte dell’ eredità spirituale della loro Madre Fondatrice, continua la sua opera di carità attraverso l’opera di Misericordia professata con uno speciale voto di Ospitalità. Le suore sono presenti non solo in Italia ma anche nei diversi paesi del mondo: Svizzera, Stati Uniti, Polonia, India, Filippine, Madagascar e Nigeria, per testimoniare la Misericordia negli Ospedali, nelle Case di cura, nei dispensari, nelle Case di Riposo per gli anziani, nelle scuole, nei lebbrosari, nei centri sociali, nelle parrocchie e nelle missioni. La Congregazione è sotto la speciale protezione di Maria Santissima Madre della Misericordia.
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj LandiPrincipessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj LandiPrincipessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi
LAMEZIA TERME (CZ) – 10 APRILE 2016 – Obbedienza a Dio o agli uomini? Come sono cambiati i diritti delle donne nel corso del tempo? Madri surrogate di un tempo o uteri in affitto della nostra epoca? Normalità o perversione di pratiche utilizzanti la donna come merce di scambio? Esiste un habitus femminile non influenzato dalle mode del tempo? Questi i temi principali sui quali si è discusso nel corso della presentazione del libro della docente di storia e filosofia: Miriam Rocca Rivestita di bellezza divina.
La donna nel mistero di Dio, della Tau editrice sabato alle 18,30 al Teatro Umberto di Lamezia Terme, affollato per l’occasione. All’incontro moderato dalla docente e giornalista Dora Anna Rocca, cofondatrice dell’associazione WWW: What Woman Want nata in difesa della parità di genere, hanno relazionato Luca Parisoli docente di Storia della filosofia antica e medievale presso il Dipartimento di Studi umanistici dell’ Università della Calabria di Rende, oltre che docente di storia della filosofia francescana presso la Pontificia Università Antonianum romana e presso l’Istituto Teologico cosentino di Rende e la dott.ssa Giorgia Gargano laurea, con lode in numismatica presso l’Università La Sapienza di Roma, specializzata in Archeologica Classica, che da dodici anni svolge incarichi per il coordinamento di cantieri di scavo archeologico per la Soprintendenza Archeologica della Calabria e si occupa inoltre di didattica della storia e dell’archeologia.
Miriam Rocca è già nota per aver scritto testi che hanno una attenzione particolare per la figura femminile Il volto femminile della filosofia edito da Rubbettino che ha ottenuto il secondo posto al premio nazionale di filosofia “Le figure del pensiero” e Umanità a due. Identità e differenza di genere edito da If Press nel 2014. Ad impreziosire il nuovo testo della Rocca la prefazione del direttore dell’Ufficio comunicazioni e cultura della Conferenza episcopale calabra DonGiovanni Scarpino e i preziosi contributi di Monsignor Costantino Di Bruno, tratti dai suoi Scritti teologici: La Donna nella scrittura.
Un libro quello della Rocca in cui la donna viene osservata da tanti punti di vista e sfaccettature e non per posizionarla in schemi ben definiti o stereotipati ma per far comprendere quale l’habitus specifico ed adatto a ciascuna donna, splendente se indossato alla luce del mistero divino, un abito che la riveste anche di bellezza imperitura. Ha spiegato l’autrice: «Nella filosofia di genere la donna è vista come alterità dell’uomo, ma se per la Bibbia questa alterità indica completamento, per il pensiero filosofico indica contrapposizione. La Bibbia dunque attribuisce più alta dignità alla donna».
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