Roma- 29 gennaio 2022-Gli ultimi giorni del primo mese dell’anno (Gennaio), sono denominati i “giorni della Merla”. Non tutti, però, sanno il vero motivo per il quale il 29-30 e 31 gennaio di ogni anno sono chiamati in questo modo. Ecco allora la leggenda dettagliata dei giorni della Merla.
Giorni della Merla – ecco la vera leggenda:
La leggenda narra che c’era una volta una merla bianca candida che veniva perseguitata dal mese di gennaio, freddo e gelido. Ogni volta che la merla decideva di uscire durante i giorni del primo mese dell’anno per poter fare provviste di cibo, gennaio si divertiva a spargere neve, freddo e piogge su tutto il territorio, impedendo così al volatile di cibarsi.
Un anno, però, la merla decise di farsi delle provviste durante il mese di dicembre, che le sarebbero bastate anche per tutto il mese di gennaio, che all’epoca contava solo 28 giorni. Passati i 28 giorni la merla credeva di aver fregato gennaio, ma in realtà così non era. Gennaio, infatti, incattivito dal doppio gioco della merla, decise di chiedere aiuto a febbraio, facendosi prestare tre giorni. Quando la merla uscì fuori dal suo habitat, ecco che si scatenò una vera e propria bufera di neve e gelo, che la costrinse a ripararsi per tutto il mese di febbraio all’interno del comignolo di un camino. Quando la merla potette uscire dal comignolo le sue penne erano ormai tutte nere a causa della fuliggine e da quel momento in poi i merli sono di colore nero. In seguito a questa leggenda gli ultimi giorni del mese di gennaio sono considerati i più freddi e gelidi della stagione invernale.
Credo che sviluppiamo molte nostre connessioni logiche quando incontriamo un elemento che non è facilmente collocabile e ci diamo il tempo di giocarci su, intrecciando diverse opinioni. La scorsa settimana, in quarta elementare, è nata un’interessante discussione mentre stavamo riepilogando le grandi invenzioni che hanno cambiato la vita di uomini e donne all’alba della storia. «L’agricoltura è la più grande invenzione», ricorda Tommaso, che ci tiene alla terra. Riguardando i libri che abbiamo in classe e consultando internet, collochiamo questa svolta epocale intorno al 7.000 avanti Cristo. Nella larga striscia del tempo che colora due pareti della nostra classe, scriviamo questa data col colore dei popoli che vivevano in Mesopotamia. «Nel 6.000 avanti Cristo è stato scoperto l’aratro», afferma Michele. «La prima macchina – aggiungo io – perché non era solo un prolungamento efficace degli arti di noi umani».
«Ma quella non è una scoperta, è un’invenzione-, corregge l’iperlogico Mario, aggiungendo -. La scoperta è una cosa che già c’era, l’invenzione è una cosa che inventi tu, non è già stata fatta». Alessandro: «L’invenzione è che costruisci qualcosa». Alessia: «Allora anche l’agricoltura è un’invenzione».
Nicla: «Per me è una scoperta».
Lorenzo: «È tutte e due. Hanno scoperto che si poteva seminare, fare queste cose qui, però hanno anche inventato, perché hanno deciso di farlo». Emilia: «Forse è scoperta, perché non è un oggetto». Seriana: «L’agricoltura non è un oggetto». Emilia: «Non è tipo una macchina». Diego: «Non la potevano creare l’agricoltura. Esisteva da tantissimi anni, però non l’avevano scoperta». Lorenzo: «Quella non è agricoltura, è nascita». Diego: «Appena sono comparse le piante con i semi, le piante che si possono mangiare, è stata creata l’agricoltura, ma l’uomo l’ha scoperta dopo tanto tempo». Emilia: «Forse l’hanno inventata perché una scoperta è quando c’è già qualcosa che non si sa e poi si scopre, ma l’agricoltura può essere un’invenzione perché l’ha fatta l’uomo. Non c’era prima che l’uomo la inventasse». Maia: «Forse, in un certo senso, era un po’ scoperta e un po’ invenzione. Loro hanno scoperto che se mettevano tanti semi di un certo albero crescevano tanti alberi, ma in un certo senso l’hanno un po’ inventata perché nessuno, prima che lo scoprissero, l’aveva mai fatto». Serina: «Una persona mangia una pesca e anche senza farci caso butta un seme, poi un mese dopo vede che nasce un albero. E allora può darsi che è stata scoperta così». Manuel: «Tutte e due le cose. All’inizio l’hanno scoperta: hanno preso un seme, poi l’hanno piantato e poi è stata un’invenzione, perché l’hanno rifatto ancora». Lorenzo: «Darwin ha scoperto l’evoluzione, non poteva mica inventarsela, c’era già. Non poteva averla inventata perché c’era già l’uomo, se no non c’era Darwin».
Fonte Articolo- Il Sole 24 ORE scritto da Franco Lorenzoni
Franco Lorenzoni-È un maestro elementare e insegna a Giove, in Umbria. Nato a Roma nel 1953, nel 1980 ha fondato ad Amelia la Casa-laboratorio di Cenci, un centro di sperimentazione educativa. Il suo ultimo libro è I bambini pensano grande (Sellerio).
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“Le dieci giornate della vera agricoltura e piaceri della villa”.
Breve Biografia-
Agostino Gallo-(1499-1570) Nasce ,con tutta probabilità, prima del 14 maggio del 1499, a Cadignano, odierna frazione di Verolanuova, nella piana bresciana, a poco più d’una ventina di chilometri da Brescia.E’ stato uno dei protagonisti dell’agronomia cinquecentesca.
Il Gallo pubblica, nel 1564, “Le dieci giornate della vera agricoltura e piaceri della villa.” L’opera conosce l’immediato successo, che nel Cinquecento si traduce nella ristampa abusiva, a Venezia, di una successione di edizioni che sottraggono all’autore ogni guadagno. Pubblichiamo 12 belle tavole xilografiche a piena pagina alcune delle quali acquarellate (vedi foto).Costretto dalle abitudini dei librai veneziani l’autore bresciano amplia, per ripubblicarla, l’opera, che si converte prima nelle Tredici giornate, la cui seconda edizione porta un’appendice di sette giornate, che in un’edizione successiva sono ricomposte, nel 1572, secondo un piano espositivo nuovo, nelle Venti giornate. La discutibile correttezza dei librai veneziani ha obbligato l’autore a ristrutturare l’opera, nella versione definitiva un capolavoro che riedita, in veste originalissima, tutto lo scibile agronomico di quei tempi. Lo scibile agronomico di Gallo, fu il primo ad introdurre in Italia la coltivazione del riso e del trifoglio,si fonda su quello dei grandi autori latini, in primo luogo di Lucio Columella, il massimo agronomo dell’antichità, ma l’agricoltura che prende corpo nelle pagine dell’opera rinascimentale è radicalmente diversa da quella del mondo latino, è la nuova agricoltura irrigua della Val Padana, l’agricoltura in cui l’acqua spezza la sovranità del frumento inserendo nella rotazione le foraggere che consentono il più ricco allevamento, l’allevamento da cui derivano i formaggi Piacentini e Lodigiani, gli antenati del Parmigiano Reggiano e grana padano. È l’agricoltura in cui hanno conquistato il proprio posto, nei campi lombardi, il mais, pianta americana, il riso, coltura araba proveniente dall’Andalusia, il gelso, destinato al baco da seta, una coltura fino a pochi decenni prima siciliana e calabrese, di cui Gallo comprende per primo le straordinarie potenzialità nel pedecollina prealpino.Autentico teorico delle nuove colture foraggere, Gallo propone la prima analisi razionale della tecnologia casearia lombarda, la tecnologia del formaggio grana, una tecnologia unica nel vastissimo panorama caseario europeo.Altrettanto interessanti di quelle casearie le pagine sulla trasformazione dell’uva in vino, nelle quali Gallo attesta la radicale differenza tra i vini italiani e quelli della Francia, dove si è già imposto il gusto moderno del vino, tanto che, come ricorda l’autore bresciano, i cavalieri francesi sono incapaci di bere il vino lombardo, che è ancora il vino medievale, acetoso, oscuro e torbido, privo di ogni aroma, perduto nella troppo lunga fermentazione. Non meno significative le pagine sull’agrumicoltura del Garda, al tempo di Gallo ricchissima attività economica fondata su una tecnologia sericola eccezionalmente avanzata.Iniziata con Gallo, l’agronomia europea del Rinascimento si compirà col capolavoro dell’epoca, l’opera del francese Olivier de Serres, che non cita mai l’autore italiano.
Il Libro-
Agostino Gallo “Le venti giornate dell’agricoltura e dei piaceri della Villa” stampato a Torino appresso gli eredi di Bevilacqua nel 1580.
Rara edizione cinquecentesca torinese di questa celebreopera, apparsa per la prima volta a Brescia nel 1564 col titolo di ”Le dieci giornate” e successivamente ampliata fino a diventare ”Le tredici giornate” (Venezia, 1566; col complemento delle ”Sette giornate” apparse nel 1569) ed infine ”Le vinti giornate” (Venezia, Percaccino, 1569). Sotto forma di dialogo tra Vinceno e Giovan Battista, l’opera affronta una moltissimi argomenti riguardanti l”agricoltura, la gastronomia: alimenti e loro conservazione, animali, , apicoltura, caccia e pesca, floricoltura e frutticoltura, olio, vino, risicoltura.
Bello stemma del dedicatario Emanuele Filiberto di Savoia sul frontespizio. acquerellato all’epoca.
Illustrato con 12 belle tavole xilografiche a piena pagina alcune delle quali acquarellate (vedi foto).
AGRICOLTURA-L’aratro pesante invenzione che cambiò il mondo dell’agricoltura medievale-
AGRICOLTURA-L’aratro pesante-La grande invenzione che cambiò radicalmente il mondo dell’agricoltura medievale fu quella dell’aratro pesante. In epoca antica e durante l’alto medioevo era ben noto il cosiddetto aratro semplice, uno strumento a vomere (la parte che taglia la terra) simmetrico e in legno che riusciva a malapena a scalfire superficialmente le zolle del terreno e quindi non rimescolava granché la terra, garantendo raccolti di scarsa rilevanza.
Inoltre erano strumenti molto fragili, che poco si adattavano al duro terreno del nord Europa, che in effetti neppure i romani avevano mai coltivato in maniera seria e continuativa (per non parlare dei barbari, che spesso non ci provavano neppure).
Dal nord della Francia al resto d’Europa
Attorno all’undicesimo secolo, però, nel nord della Francia fece la sua comparsa un nuovo tipo di aratro, chiamato presto aratro pesante, in cui il vomere era asimmetrico, mentre lo strumento in generale era dotato di ruote e, dato che non doveva più essere per forza spinto da un uomo e poteva essere quindi appesantito per farlo entrare più in profondità, necessitava di essere attaccato a buoi o cavalli.
Fu una rivoluzione: l’aratro pesante, come il nome lascia intendere, penetrava più profondamente nel terreno, rimestando completamente le zolle e garantendo una produttività maggiore dei campi. Questo favorì, nel giro di pochi decenni, un poderoso aumento demografico che solo la venuta della peste avrebbe interrotto; inoltre, buoi e cavalli trovarono ampio impiego, anche grazie alle successive invenzioni del giogo frontale per i primi e del collare da spalla per i secondi, portando anche a una sempre più netta distinzione tra contadini ricchi – che potevano permettersi il nuovo aratro, già di per sé costoso, e gli animali che servivano a metterlo in funzione – e contadini poveri.
Roma- 17 novembre 2017-Il Campidoglio guarda allo sviluppo di ambiti economici innovativi ed ecocompatibili. La Tenuta di Castel di Guido con i suoi 2000 ettari di terra è un esempio che “rappresenta un luogo d’identità pubblica di rilevante significato e può divenire il simbolo delle più significative sfide ambientali del nostro secolo, modello pubblico di eccellenza di agricoltura biologica e sociale, e centro di ricerca per la valorizzazione e trasformazione del food Waste con l’utilizzo di sottoprodotti della coltivazione per ottenere bioprodotti con ridotte emissioni di CO2”. A sottolinearlo la sindaca Virginia Raggi.
“L’azione di rinnovo è già iniziata questa estate con la firma di un protocollo d’intesa con l’Ente Nazionale del Microcredito per la realizzazione di progetti di agricoltura sociale che, nello svolgere uno specifico ruolo di reinclusione e reinserimento lavorativo di persone svantaggiate, si esprimono in varie forme come fattorie didattiche, agri-nido e agri-ospizi, orti sociali, pet-therapy. È anche prevista la creazione di un Centro di formazione per Migranti per l’insegnamento delle migliori pratiche agricole e della lingua italiana. Si punterà anche sull’educazione ambientale e alimentare, sul benessere animale con un’attenzione speciale agli animali domestici che risiederanno presso la Tenuta”, spiega l’Assessora alla sostenibilità ambientale di Roma Capitale Pinuccia Montanari.
“Dopo anni di abbandono delle Aziende Agricole questa Amministrazione sta facendo molti sforzi per riconvertirle e valorizzarle. Non vogliamo rinunciare a questa grande opportunità ambientale che risponde pienamente ai principi dell’economia circolare e per questo abbiamo avviato con la Regione un’importante interlocuzione per costruire sinergie positive a Roma per la gestione di Castel di Guido. La sfida rappresenta una grande opportunità per dimostrare come anche il pubblico, unito alle università e centri di ricerca, può diventare un centro di eccellenza”, conclude la Sindaca. Un nuovo modello ed una visione innovativa della città per una Roma sempre più proiettata in un futuro fiorente.
Roma, 21 gennaio 2017- – “Accogliamo positivamente la comunicazione ,da parte della Regione Lazio, dell’uscita entro aprile del bando per la riqualificazione della Tenuta agricola di Castel di Guido, azienda che da anni necessità di un’operazione di rilancio. Si tratta di un bene importantissimo per il territorio, con grandi potenzialità inespresse ,che merita di essere valorizzato con serietà e impegno”. Così David Granieri, presidente di Coldiretti Roma e Lazio, ha sottolineato che :”per questo è fondamentale proseguire lungo il percorso già avviato all’insegna della massima condivisione e trasparenza evitando episodi e situazioni che possano inficiare il lavoro svolto finora e i futuri obiettivi di crescita”.
ROMA-18 gennaio 2017 ore 16.08 “Dopo il tavolo tecnico di coordinamento per la valorizzazione della tenuta di Castel Di Guido, una nostra delegazione è stata ricevuta dagli assessori Hausmann e Sartore che hanno ribadito l’intenzione di indire al più presto un bando per la gestione della tenuta”. Così, in una nota , il comitato Campagna Romana Bene Comune che vede tra gli aderenti la Cgil di Roma e del Lazio, la Cgil di Roma nord Viterbo Civitavecchia, la Flai Cgil e l’Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica).
“Tra le criticità emerse – continua la nota – la scarsa chiarezza da parte del Comune di Roma sulla gestione corrente e i piani futuri. Se infatti la proprietà dei terreni e degli immobili é rientrata alla Regione Lazio il 28 dicembre scorso, l’azienda agricola biologica Castel Di Guido é di proprietà del Comune di Roma e quindi personale, macchinari, trattori, animali e fieno per la loro alimentazione sono gestiti dal Comune. Per questo motivo, chiediamo un incontro con l’assessorato competente. Esprimiamo infine la nostra perplessità sulla proposta di valorizzazione di Castel di Guido del presidente della Commissione Ambiente Daniele Diaco e resa nota nei giorni scorsi, in quanto non emerge l’identità agricola della tenuta. E’ per noi fondamentale capire se la posizione di Diaco rispecchi la volontà del Comune di Roma. Per quanto ci riguarda, la mobilitazione continua e a breve terremo un sit in davanti al Campidoglio”
I Buoni prodotti della nostra Campagna Romana-L’olio extravergine di oliva è alla base della piramide che rappresenta l’alimentazione mediterranea e l’ulivo è tra i simboli che rappresentano tutto il bacino del Mediterraneo.
Le sue infinite proprietà nutrizionali ne fanno quasi più un farmaco che un alimento; grazie all’alto contenuto di grassi monoinsaturi, se ne consiglia l’uso a chi presenta problemi cardiovascolari o ha la necessità di controllare e il proprio colesterolo.
L’olio extravergine è indispensabile nelle diete dei bambini perché contribuisce allo sviluppo corporeo, al processo di mielinizzazione del cervello e alla formazione dell’apparato scheletrico. Aiuta gli adulti a combattere l’altero sclerosi, aiuta l’organismo nella resistenza alle infezioni ma soprattutto è un fortissimo antiossidante quindi allontana la formazione di tumori, aiuta il benessere del fegato, riduce il rischio di diabete e regola la giusta funzionalità gastro intestinale.
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